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    Predefinito 24 novembre (14 dicembre) - S. Giovanni della Croce, Dottore della Chiesa

    Il 24 novembre la Chiesa celebra la memoria di S. Giovanni della Croce (il cui nome al secolo era Juan de Jepes y Álvarez, figlio di Gonzalo de Jepes e Catalina Álvarez), grande mistico, riformatore del ramo maschile dell'ordine carmelitano, nonchè dottore della Chiesa.
    Fu amico e confidente di S. Teresa d'Avila. Egli approdò all'intuizione di Teresa dopo aver svolto, in giovane età, sino a 21 anni, diversi mestieri, senza riuscire ad impratichirsi in alcuno di essi (fu falegname, sarto, pittore nonchè accolito presso le agostiniane). Studiò in un collegio di Gesuiti. Entrò nel Carmelo di Medina, nel 1563, assumendo il nome di Giovanni di S. Mattia.
    Dopo la professione (1564), iniziò gli studi teologici a Salamanca, presto riconosciuto come il miglior studente della scuola, per talento e serietà. Alla fine del terzo anno di studi, fu ordinato sacerdote e, di ritorno a Medina per la celebrazione della prima Messa, incontrò provvidenzialmente, per la prima volta, Teresa di Gesù. Stava, infatti, pensando di passare tra i certosini, alla ricerca di una regola più austera, tutta dedita alla meditazione.
    S. Teresa, nonostante le apparenze gracili di Giovanni, trovò in lui la persona che faceva al caso suo, cioè la persona in grado di riformare il ramo maschile dell'ordine.
    Ecco come la santa di Avila racconta quel provvidenziale incontro: «Poco después acertó a venir allí un padre de poca edad, que estaba estudiando en Salamanca, y él fue con otro por compañero, el cual me dijo grandes cosas de la vida que este padre hacía. Llámase fray Juan de la Cruz. Yo alabé a nuestro Señor, y hablándole, contentóme mucho, y supe de él cómo se quería también ir a los cartujos. Yo le dije lo que pretendía y le rogué mucho esperase hasta que el Señor nos diese monasterio, y el gran bien que sería, si había de mejorarse, ser en su misma Orden, y cuánto más serviría al Señor. El me dio la palabra de hacerlo, con que no se tardase mucho. Cuando yo vi ya que tenía dos frailes para comenzar, parecióme estaba hecho el negocio, aunque todavía no estaba tan satisfecha del prior, y así aguardaba algún tiempo y también por tener adonde comenzar», cioè «Parlandogli ne rimasi molto soddisfatta e seppi da lui che desiderava andare tra i certosini... gli dissi che se voleva migliorare avrebbe reso ancor più servizio al Signore rimanendo nel suo Ordine. Egli mi diede la sua parola di aspettare, a patto che non si tardasse molto» (Libro delle Fondazioni, 3, 17).
    Il 28 novembre 1568, Juan de la Cruz, Giovanni della Croce (questo il suo nuovo nome) iniziò, quindi, a Duruelo, la Riforma del Carmelo maschile, secondo lo stile di Teresa di Gesù. I primi anni della nuova vita furono un tempo di grande preghiera e di apostolato tra la povera gente dei paesi vicini.
    Il 2 dicembre 1577 viene « incarcerato » dai confratelli carmelitani, per incomprensioni sorte tra l'antico Ordine e la nuova famiglia teresiana.
    Considerato un ribelle, fu letteralmente rinchiuso in uno stanzino angusto e maleodorante. Vi rimase nove mesi: tempo che ebbe un'importanza centrale e risolutiva nella sua vita.
    Scriverà più tardi: «Una sola grazia di quelle che Dio mi fece in quel luogo non si può pagare con una piccola prigione, anche se fosse durata anni».
    In una poesia di commento al salmo 137 (Super flumina), identificandosi con il popolo d'Israele prigioniero, diceva di quel tempo: « Allì me hirio el amor » (là mi ferì l'amore).
    Ferito dall'amore di Dio, scrisse in carcere alcune poesie che restano tra i versi più sublimi della letteratura spagnola, certamente tra le più elevate composizioni mistiche di tutti i tempi: dieci Romanze trinitarie; un commento-rifacimento poetico del Cantico dei Cantici; il poemetto La fonte.
    Fuggito dalla prigione, Giovanni riprese il suo impegno di educatore e superiore della nuova famiglia carmelitana, prima al Calvario (Jaen), poi a Baeza e a Granada (1582-88), dove scrisse i quattro grandi commenti alle sue poesie: Salita del Monte Carmelo (=S); Notte oscura (=N); Cantico spirituale (=C), Fiamma viva d'amore (=F), lasciandone alcuni incompleti.
    Nel 1591 fu esonerato da ogni incarico di responsabilità ed «esiliato» in Andalusia, a Ubeda (Jaen), dove morì santamente il 14 dicembre 1591 a quarantanove anni.
    In epoca moderna, specie sotto l'influsso New age, da parte di alcuni si è tentato di accostare Giovanni a mistici non cristiani, di solito orientali.
    In realtà, Giovanni della Croce è stato un sincero credente, cristiano e cattolico. Per questo, tali accostamenti vanno ritenuti erronei, inaccettabili e falsificanti.
    Inaccettabile è del resto, a monte, la confusione tra mistica cattolica e mistiche naturalistiche.
    Nella mistica cattolica:
    - per il peccato originale l'uomo non può tendere verso Dio senza la grazia;
    - Dio è un Tu personale;
    - è fondamentale pregarLo, mendicarNe la grazia;
    - la grazia agisce in modo imprevedibile, e chiede all'uomo docilità a tale imprevedibilità che passa attraverso le circostanze carnali della vita;
    - allo spirituale è chiesto di assimilarsi a Cristo, Uomo-Dio, condividendoNe la Croce e la Resurrezione, e i sentimenti di passione per l'umanità concreta.
    Nelle c.d. "mistiche" naturalistiche (buddista o altro):
    - l'ascesa verso l'assoluto è esclusiva opera delle forze naturali dell'uomo;
    - il divino è un assoluto impersonale senza volto, a volte di natura panteista;
    - importa solo la correttezza della tecnica ascetica usata, non ha senso pregare un assoluto che non è un Tu;
    - tutto è pienamente prevedibile, e le circostanze devono essere fuggite, non attraversate;
    - l'asceta giunge all'assoluto azzerando la sua personalità e giungendo a non commuoversi e a non soffrire più per nessuna cosa reale.
    Le differenze evidenti tra le due concezioni, di cui alcuni non tengono conto, mostrano come, ai nostri giorni, stia la più generale confusione tra Cristianesimo e senso religioso, tra fede e credenza, stia cioè la perdita della percezione del Cristianesimo come Avvenimento imprevedibile, che ne specifica l'essenza, differenziandolo marcatamente dalle altre religioni (cfr. per riferimenti il sito CULTURA CRISTIANA).

    Augustinus


  2. #2
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    Dal sito SANTI E BEATI (con aggiunte):

    San Giovanni della Croce, Sacerdote e dottore della Chiesa

    14 dicembre - Memoria

    Fontiveros, Spagna, 24 giugno c. 1540/2 - Ubeda, 14 dicembre 1591

    E' fra i grandi maestri e testimoni dell'esperienza mistica. Entrato nel carmelo ebbe un'accurata formazione umanistica e teologica. Condivise con santa Teresa d'Avila il progetto di riforma dell'Ordine Carmelitano che attuò e visse con esemplare coerenza. Il Signore permise che subisse dolorose incomprensioni da parte dei confratelli d'ordine e di Riforma. In questo cammino di croce, abracciato per puro amore, ebbe le più alte illuminazioni mistiche di cui è cantore e dottore nelle sue opere:' La salita del Carmelo', 'La notte oscura dell'anima', 'Il cantico spirituale' e 'La fiamma viva di'amore'. Fra le più alte voci della lirica spagnola, è il mistico 'del nulla e del tutto', guida sapiente di generazioni di anime alla contemplazione e all'unione con Dio. (Mess. Rom.)

    Sembra sia nato nel 1540, a Fontiveros (Avila, Spagna). Rimase orfano di padre e dovette trasferirsi con la mamma da un luogo all'altro, mentre portava avanti come poteva i suoi studi. A Medina, nel 1563, vestì l'abito dei Carmelitani. Ordinato sacerdote nel 1567 dopo gli studi di filosofia e teologia fatti a Salamanca, lo stesso anno si incontrò con santa Teresa di Gesù, la quale da poco aveva ottenuto dal priore generale Rossi il permesso per la fondazione di due conventi di Carmelitani contemplativi (poi detti Scalzi), perchè fossero di aiuto alle monache da lei istituite. Il 28 novembre 1568 Giovanni fece parte del primo nucleo di riformati a Duruelo, cambiando il nome di Giovanni di San Mattia in quello di Giovanni della Croce. Vari furono gli incarichi entro la riforma. Dal 1572 al 1577 fu anche confessore-governatore del monastero dell'Incarnazione di Avila. Venne erroneamente incolpato e incarcerato per otto mesi per un incidente interno al monastero. Fu in carcere che scrisse molte delle sue poesie. Morì a 49 anni tra il 13 e il 14 dicembre 1591 a Ubeda. (Avvenire)

    Patronato: Mistici, Teologi mistici, Poeti

    Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico

    Martirologio Romano: Memoria di san Giovanni della Croce, sacerdote dell’Ordine dei Carmelitani e dottore della Chiesa, che, su invito di santa Teresa di Gesù, fu il primo tra i frati ad aggregarsi alla riforma dell’Ordine, da lui sostenuta tra innumerevoli fatiche, opere e aspre tribolazioni. Come attestano i suoi scritti, ascese attraverso la notte oscura dell’anima alla montagna di Dio, cercando una vita di interiore nascondimento in Cristo e lasciandosi ardere dalla fiamma dell’amore di Dio. A Ubeda in Spagna riposò, infine, nel Signore.

    Martirologio tradizionale (24 novembre): San Giovanni della Croce Sacerdote, Confessore e Dottore della Chiesa, compagno di santa Teresa nella riforma dei Carmelitani; il cui giorno natalizio si commemora il quattordici Dicembre.

    (14 dicembre): A Ubeda, in Spagna, il natale di san Giovanni della Croce, Sacerdote e Confessore, compagno di santa Teresa nella riforma dei Carmelitani, il quale dal Sommo Pontefice Benedetto decimoterzo fu ascritto fra i Santi, e dal Papa Pio undecimo fu dichiarato Dottore della Chiesa universale (La sua festa però si celebrai il ventiquattro Novembre).

    Quale anno di nascita più probabile viene indicato il 1540, a Fontiveros (Avila, Spagna). Rimase ben presto orfano di padre e dovette trasferirsi con la mamma da un luogo all'altro, mentre portava avanti come poteva i suoi studi e cercava di guadagnarsi la vita. A Medina, nel 1563, vestì l'abito dei Carmelitani e dopo l'anno di noviziato ottenne di poter vivere secondo la Regola senza le mitigazioni. Sacerdote nel 1567 dopo gli studi di filosofia e teologia fatti a Salamanca, lo stesso anno si incontrò con S. Teresa di Gesù, la quale da poco aveva ottenuto dal Priore Generale Rossi il permesso per la fondazione di due conventi di Carmelitani contemplativi (poi detti Scalzi), perchè fossero di aiuto alle monache da lei istituite. Dopo un altro anno - durante il quale si accordò con la Santa - il 28 novembre 1568 fece parte del primo nucleo di riformati a Duruelo, cambiando il nome di Giovanni di S. Mattia in quello di Giovanni della Croce.
    Vari furono gli incarichi entro la riforma. Dal 1572 al 1577 fu anche confessore-governatore del monastero dell'Incarnazione di Avila (non della riforma, ma vi era priora S.Teresa, all'inizio). Ed in tale qualità si trovò coinvolto in un increscioso incidente della vita interna del monastero, di cui fu ritenuto erroneamente responsabile: preso, rimase circa otto mesi nel carcere del convento di Toledo, da dove fuggì nell'agosto 1578; in carcere scrisse molte delle sue poesie, che più tardi commentò nelle sue celebri opere.
    Dopo la vicenda di Toledo, esercitò di nuovo vari incarichi di superiore, sino a che il Vicario Generale (nel frattempo la riforma aveva ottenuto una certa autonomia) Nicola Doria fece a meno di lui nel 1591. E non fu questa l'unica "prova" negli ultimi tempi della sua vita, per lui che aveva dato tutto alla riforma: sopportò come sanno fare i santi. Morì tra il 13 e il 14 dicembre 1591 a Ubeda: aveva 49 anni.
    Il suo magistero era fondamentalmente orale; se scrisse, fu perchè ripetutamente richiesto. Tema centrale del suo insegnamento che lo ha reso celebre fuori e dentro la chiesa cattolica è l'unione per grazia dell'uomo con Dio, per mezzo di Gesù Cristo: dal grado più umile al più sublime, in un itinerario che prevede la tappa della via purgativa, illuminativa e unitiva, altrimenti detta dei principianti, proficienti e perfetti. Per arrivare al tutto, che è Dio, occorre che l'uomo dia tutto di sé, non con spirito di schiavitù, bensì di amore. Celebri i suoi aforismi: "Nella sera della tua vita sarai esaminato sull'amore", e "dove non c'è amore, metti amore e ne ricaverai amore". I suoi scritti furono pubblicati per la prima volta nel 1618. Il processo di beatificazione, iniziato nel 1627, si concluse tre anni dopo. Fu beatificato il 25 gennaio 1675 da Clemente X e fu canonizzato da Benedetto XIII il 27 dicembre 1726, venne proclamato Dottore della Chiesa da Pio XI il 24 agosto 1926, denominandolo Doctor Mysticus.

    Autore: Anthony Cilia

    Fonte: www.ocarm.org

    Anonimo, S. Giovanni della Croce

    Anonimo, S. Giovanni della Croce in estasi, XVII sec.



    Anonimo, S. Giovanni della Croce invita al silenzio ed alla meditazione, XVIII sec.

    Anonimo, S. Giovanni della Croce in meditazione. Si tratta di uno dei tre ritratti conservati al convento carmelitano di Pastrana

    Anonimo, S. Giovanni della Croce in meditazione, XVII sec.



    Salvador Dalì, Cristo di S. Giovanni della Croce, 1951, Kelvingrove Art Gallery, Glasgow

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    Predefinito Dal «Cantico spirituale» di san Giovanni della Croce, sacerdote.

    Per quanto siano molti i misteri e le meraviglie scoperte dai santi dottori e intese dalle anime Sante nel presente stato di vita, tuttavia ne è rimasta da dire e da capire la maggior parte e quindi c’è ancora molto da approfondire in Cristo.

    Egli infatti è come una miniera ricca di immense vene di tesori, dei quali, per quanto si vada a fondo, non si trova la fine; anzi in ciascuna cavità si scoprono nuovi filoni di ricchezze.

    Perciò san Paolo dice di lui: «In Cristo si trovano nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza» (Col 2,3) nei quali l’anima non può penetrare, se prima non passa per le strettezze della sofferenza interna ed esterna. Infatti a quel poco che è possibile sapere in questa vita dei misteri di Cristo, non si può giungere senza aver sofferto molto, aver ricevuto da Dio numerose gra_zie intellettuali e sensibili e senza aver fatto precedere un lungo esercizio spirituale, poiché tutte queste grazie sono più imperfette della sapienza dei misteri di Cristo, per la quale servono di semplice disposizione.

    Oh, se l'anima riuscisse a capire che non si può giungere nel folto delle ricchezze e della sapienza di Dio, se non entrando dove più numerose sono le sofferenze di ogni genere, riponendovi la sua consolazione e il suo desiderio!

    Come chi desidera veramente la sapienza divina, in primo luogo brama di entrare veramente nello spessore della croce!

    Per questo san Paolo ammoniva i discepoli di Efeso che non venissero meno nelle tribolazioni, ma stessero forti e radicati e fondati nella carità, e così potessero comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, per essere ricolmi di tutta la pienezza di Dio (cfr. Ef 3, 17-19). Per accedere alle ricchezze della sapienza divina la porta è la croce. Si tratta di una porta stretta nella quale pochi desiderano entrare, mentre sono molti coloro che amano i diletti a cui si giunge per suo mezzo.

  4. #4
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    Predefinito LLAMA DE AMOR VIVA

    Riporto le parole originali in spagnolo di una celebre poesia di S. Giovanni "fiamma viva d'amore", dalla poetica alta e vibrante. Essa non è altro che il cantico dell'anima in unione mistica con Dio:

    1. ¡Oh llama de amor viva,
    que tiernamente hieres
    de mi alma en el más profundo centro!
    Pues ya no eres esquiva,
    acaba ya, si quieres;
    ¡rompe la tela de este dulce encuentro!

    2. ¡Oh cauterio suave!
    ¡Oh regalada llaga!
    ¡Oh mano blanda! ¡Oh toque delicado,
    que a vida eterna sabe,
    y toda deuda paga!
    Matando. muerte en vida la has trocado.

    3. ¡Oh lámparas de fuego,
    en cuyos resplandores
    las profundas cavernas del sentido,
    que estaba oscuro y ciego,
    con extraños primores
    calor y luz dan junto a su Querido!

    4. ¡Cuán manso y amoroso
    recuerdas en mi seno,
    donde secretamente solo moras
    y en tu aspirar sabroso,
    de bien y gloria lleno,
    cuán delicadamente me enamoras!

    ****

    Traduzione:

    1. O fiamma d’amor viva,
    che tenera ferisci
    dell’alma mia il più profondo centro!
    Poiché non sei più schiva,
    finiscimi se vuoi,
    il velo squarcia a questo dolce incontro!

    2. O dolce cauterio!
    Deliziosa piaga!
    Morbida mano, tocco delicato,
    che sa di eterna vita
    e ogni debito paga!
    Morte in vita, uccidendo, hai tramutato!

    3. O lampade di fuoco,
    nei cui vivi bagliori
    gli abissi più profondi del mio senso,
    prima oscuro e cieco,
    con rara perfezion
    all’Amato or dan luce e calor!

    4. Come mite e amoroso
    ti svegli sul mio seno,
    dove in segreto e solo tu dimori!
    Col tuo dolce respiro
    di bene e gloria pieno,
    quanto teneramente m’innamori!

    (Fiamma viva B, 1, 1 ss.).


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    Predefinito NOCHE OSCURA

    E' un'altra poesia di S. Giovanni. Essa canta quella esperienza, assai comune tra i mistici cattolici, che provano quasi l'abbandono di Dio e, dunque, la sterilità in tutte le cose, persino nella preghiera, dal momento che non si sente più la vicinanza dell'Amato. L'anima, quindi, è spogliata di tutto, affinchè, dopo la prova, possa assaporare la dolcezza di Dio.

    1. En una noche oscura,
    con ansias, en amores inflamada
    ¡oh dichosa ventura!,
    salí sin ser notada
    estando ya mi casa sosegada.

    2. A oscuras y segura,
    por la secreta escala disfrazada,
    ¡Oh dichosa ventura!,
    a oscuras y en celada,
    estando ya mi casa sosegada.

    3. En la noche dichosa
    en secreto, que nadie me veía,
    ni yo miraba cosa,
    sin otra luz y guía
    sino la que en el corazón ardía.

    4. Aquésta me guiaba
    más cierto que la luz del mediodía,
    adonde me esperaba
    quien yo bien me sabía,
    en parte donde nadie parecía.

    5. ¡Oh noche que guiaste!
    ¡Oh noche amable más que la alborada!
    ¡Oh noche que juntaste
    Amado con amada,
    amada en el Amado transformada!

    6. En mi pecho florido
    que entero para él sólo se guardaba,
    allí quedó dormido,
    y yo le regalaba,
    y el ventalle de cedros aire daba

    7. El aire de la almena,
    cuando yo sus cabellos esparcía,
    con su mano serena
    en mi cuello hería
    y todos mis sentidos suspendía.

    8. Quedéme y olvidéme,
    el rostro recliné sobre el Amado,
    cesó todo y dejéme,
    dejando mi cuidado
    entre las azucenas olvidado.

    ****
    Traduzione:

    In una notte oscura
    ma con ansie di amore tutta infiammata,
    o felice ventura,
    uscii, né fui notata,
    stando la mia casa addormentata:

    io nel buio e sicura,
    per la segreta scala, travestita,
    o felice ventura,
    a ogni lume sfuggita,
    tutta la casa mia stando sopita:

    nella notte gioiosa,
    in segreto, e nessuno mi scorgeva,
    né io vedevo cosa,
    senz'altra luminosa guida
    che il raggio che nel cuore ardeva.

    Questo mi conduceva
    più certo della luce in pieno giorno
    à dove mi attendeva
    chi bene io conoscevo
    e dove nessun altro si vedeva.

    Notte che mi hai guidato,
    notte più compiacente dell'aurora,
    o notte che hai legato
    all'Amato l'amata,
    l'amata nell'Amato trasformata!

    Sul mio petto fiorito
    che per lui solo intatto si serbava,
    qui rimase, sopito,
    ed io lo vezzeggiavo
    e il ventaglio di cedri lo aleggiava.

    La brezza dell'altura,
    mentre quei suoi capelli discioglievo,
    con serena frescura
    il collo mi feriva
    e tutti i sentimenti mi rapiva.

    Mi lasciai, mi scordai,
    il viso reclinai sopra l'Amato.
    Tutto cessò, posai,
    ogni pensiero ormai
    avendo in mezzo ai gigli abbandonato.

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    Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1313-1318

    24 NOVEMBRE

    SAN GIOVANNI DELLA CROCE, CONFESSORE


    La Chiesa porta oggi l'omaggio riconoscente del mondo al Carmelo e noi la seguiamo. Sulle orme di santa Teresa di Gesù, sorse a tracciare per le anime in cerca di Dio un cammino sicuro san Giovanni della Croce.

    I trattati di orazione.

    Nel secolo XVI la pietà era seriamente minacciata dalla tendenza dei popoli ad abbandonare la preghiera sociale e la Bontà divina suscitò dei santi, che con la parola e gli esempi di santità provvidero ai bisogni nuovi del tempo. La dottrina non muta e l'ascetica e la mistica del secolo XVI hanno trasmesso ai secoli posteriori l'eco dei secoli precedenti; ma l'esposizione è diventata più didattica, l'analisi più serrata e il loro procedimento adatto alla urgenza di soccorrere le anime, che correvano il rischio di molte illusioni per il loro isolamento. Sotto l'azione dello Spirito Santo sempre feconda, la psicologia degli stati soprannaturali si è fatta più diffusa e più precisa.

    I cristiani dei tempi precedenti pregavano con la Chiesa e vivevano giorno per giorno della vita liturgica della Chiesa e, nelle personali relazioni con Dio, risentivano di questo contatto continuo con la Chiesa. Seguendo docilmente la Madre, lasciandosi portare fra le sue braccia sicure, i cristiani assimilavano senza fatica la santità stessa della Chiesa, perché la sua influenza continua e trasformante li rendeva partecipi delle sue grazie di luce e di unione e di tutte le benedizioni. Ai cristiani si potevano allora applicare le parole del Signore: Se non diventerete come piccoli bambini, non entrerete nel regno dei cieli (Mt 18,3).

    Le scuole di spiritualità.

    Non bisogna stupire se presso quei cristiani non si trova così spesso come oggi l'assistenza di un direttore spirituale particolare. Le guide particolari sono meno necessario quando si cammina in carovana o si fa parte di un'armata. Ne hanno bisogno i viaggiatori isolati, essi non possono farne a meno e tuttavia avranno sempre minore sicurezza di coloro che seguono la carovana o l'armata.

    Gli uomini di Dio dei secoli più recenti, ispirandosi alle varie attitudini delle anime e comprendendo bene quello che abbiamo detto sopra, hanno dato il loro nome a scuole identiche per il fine, ma differenti quanto ai mezzi proposti per fronteggiare i pericoli dell'individualismo. In tale campagna di raddrizzamento, diremmo, e di salvezza, contro il nemico più temibile, che era l'illusione, Giovanni della Croce fu immagine vivente del Verbo di Dìo, penetrando meglio di una spada tagliente fino alla divisione dello spirito e dell'anima, delle giunture e delle midolle, scrutando le intenzioni e i pensieri dei cuori (Ebr 4,12-13). Ascoltiamolo: sebbene moderno, egli è figlio degli antichi.

    La notte oscura.

    "L'anima, egli scrive, dovrà giungere ad avere un sentimento ed una cognizione molto sublime e saporosa intorno a tutte le cose divine ed umane: le mirerà con occhio tanto diverso da quello di prima quanto differisce la luce e la grazia dello Spirito Santo dal senso, il divino dall'umano... (Opere di san Giovanni della Croce, Ediz. della Postulaz. Gen. O.C.D., Roma, La notte oscura dell'anima, i, II, c. IX n. 5). Prima di pervenire alla luce divina della perfetta unione di amore, come in questo mondo è possibile, l'anima deve attraversare la notte oscura, affrontare di solito tenebre così profonde che l'intelligenza umana non comprende e la parola non sa esprimere (ibid., La salita del Monte Carmelo, Proemio n. 1).

    Il passaggio che fa l'anima per giungere alla divina unione possiamo chiamarlo notte per tre ragioni. La prima, da parte del termine donde l'anima si muove, poiché deve andare priva del gusto di tutte le cose mondane che possedeva, rinunziando ad esse: questa rinunzia e privazione è come una notte per gli appetiti e i sensi dell'uomo.

    La seconda, da parte del mezzo o della via che l'anima deve percorrere, ossia la via della fede, la quale è anch'essa oscura, al par della notte, alla nostra intelligenza.

    La terza, da parte del termine di arrivo, che è Iddio, il quale, essendo incomprensibile e infinitamente superiore ad ogni umano intendimento, può dirsi oscura notte per l'anima nella presente vita.

    Le tre notti.

    Abbiamo una figura di queste tre notti nel libro di Tobia, ove leggiamo che l'Angelo comandò al giovane Tobia che lasciasse passare tre notti prima di unirsi alla sua sposa (Tb 6,18). Nella prima notte gli comandò di bruciare nel fuoco il cuore del pesce, simbolo del cuore affezionato e attaccato ai beni mondani, il quale per intraprendere il cammino che lo mena a Dio si deve bruciare e purificare da tutto ciò che è creatura, mediante il fuoco dell'amore divino. In questa purificazione si discaccia il demonio che ha potere sull'anima per l'affetto che ella porta ai gusti delle cose di quaggiù.

    Nella seconda notte l'Angelo disse a Tobia che sarebbe stato ammesso alla compagnia dei santi Patriarchi, che sono i Padri della fede. Dopo esser passata per la prima notte, nella privazione di tutti gli oggetti del senso, l'anima subito entra nella seconda, restandosene sola nella fede, straniera alle cose che cadono sotto i sensi.

    Nella terza notte l'Angelo promise a Tobia che avrebbe conseguita la benedizione, cioè Dio stesso. Mediante la seconda notte che è la fede, Iddio si va comunicando all'anima in modo tanto intimo e segreto da sembrarle un'altra notte, anzi, finché dura la detta comunicazione, una notte molto più oscura delle precedenti. Passata questa terza notte, ossia finita tal sorta di comunicazione di Dio nello spirito, il che avviene ordinariamente in mezzo a fitte tenebre, subito segue l'unione con la sposa, che è la sapienza di Dio; come appunto disse l'Angelo a Tobia che, passata la terza notte, si sarebbe unito con la sua sposa nel santo timor di Dio, il quale timore, quando è perfetto, va congiunto anche al perfetto amore divino che consiste nella trasformazione dell'anima in Dio per amore" (Salita del Monte Carmelo, l. I, cap. II, nn. 1-4).

    Vantaggi della purificazione.

    "O anima spirituale! quando vedrai il tuo appetito offuscato, i tuoi affetti aridi, le tue potenze rese inabili a qualunque esercizio inferiore, non ti prendere pena di ciò, anzi tienlo per buona sorte. Sappi che allora Iddio ti va liberando da te medesima, togliendoti ogni maniera di attività naturale, con la quale, per quanto ti andassero bene le faccende, a causa dell'impurità e lentezza delle tue potenze non opereresti in modo sì giusto, perfetto e sicuro come adesso che Iddio, prendendoti per mano, ti guida come se fossi un cieco, tra le tenebre e per dove tu non sai, né giammai sapresti passare, per quanto bene camminassi con i tuoi piedi e ad occhi aperti" (Notte oscura, l. II, cap. XVI, n. 7).

    Lasciamo che i santi stessi ci descrivano le vie da loro percorse, la meta raggiunta, la ricompensa ottenuta per la loro fedeltà, perché sono le guide riconosciute dalla Chiesa. Ora aggiungiamo che "nelle tribolazioni di questo genere bisogna evitare di eccitare la commiserazione del Signore, prima che l'opera sua sia compiuta. Non è possibile ingannarsi: tali grazie che Dio fa all'anima non sono necessarie alla salvezza, ma bisogna pagarle a un certo prezzo e, se riveliamo troppe difficoltà, potrebbe avvenire che il Signore, per riguardo alla nostra debolezza, ci lasci ricadere in una via inferiore e per la fede sarebbe rovina irreparabile.

    Necessità di avere dei santi.

    Che cosa conta questo, dirà qualcuno, se l'anima può tuttavia salvarsi? È vero; ma la nostra intelligenza non potrebbe mai stimare la superiorità di un'anima che potrebbe diventare emula dei cherubini o dei serafini su quella che si adatta ad essere simile alle gerarchie inferiori. In queste cose, modestia o amore della mediocrità non sono ragionevolmente ammissibili" (La vita spirituale e l'Orazione secondo la sacra Scrittura e la Tradizione monastica, Marne, 1950, c. XIV).

    "Che le anime contemplative si facciano sulla terra numerose, interessa la Chiesa e la gloria di Dio più di quanto sia possibile dire, perché esse sono l'energia nascosta, il motore che sulla terra dà movimento a tutto ciò che costituisce la gloria di Dio e il regno del suo Figlio. È inutile moltiplicare le opere, le industrie, i sacrifici stessi, se la Chiesa militante non possiede dei santi, che la sostengano nel suo stato di via, scelto dal Maestro, per la redenzione del mondo: tutto resterebbe sterile. Tante forze e fecondità sono inerenti alla vita presente, e essa ha così poche attrattive che era cosa opportuna metterne in rilievo il valore" (ivi c. XIX).
    VITA. - Giovanni della Croce nacque il 24 giugno 1524 a Fontiveros, in Spagna. La Vergine Santissima gli mostrò il suo amore salvandolo da un pozzo in cui da bambino era caduto. Giovanissimo, cominciò a mortificarsi e, dopo aver compiuti gli studi nel collegio di Medina, nel 1555 passò a servire i malati nell'ospedale della stessa città. L'anno appresso studiò filosofia presso i Gesuiti e nel 1563 fu accolto dai Carmelitani mitigati che lo mandarono a studiare a Salamanca. Un desiderio di vita più perfetta stava orientandolo verso i Certosini, ma santa Teresa, conosciuta la cosa, gli chiese un colloquio e gli propose la riforma del Carmelo. Egli allora si stabilì con un compagno a Duruelo prima e poi a Mancera. L'opera di riforma gli procurò fatiche e prove, che egli accettò con serenità e ammirabile carità. Fondò numerose case di stretta osservanza, scrisse di Teologia mistica in libri pieni di sapienza, e, premio alle sue fatiche, chiese al Signore di soffrire e di essere disprezzato per Lui. Il Signore accolse il suo desiderio e nel giugno del 1591 cadde in disgrazia del suo Ordine e il 14 dicembre morì a Ubeda in età di 49 anni. Alla morte un globo di fuoco splendente accolse l'anima sua e il corpo emanò odore soavissimo. Il corpo è conservato incorrotto a Segovia. Benedetto XIII lo canonizzò e Pio XI lo dichiarò Dottore della Chiesa.
    La vita divina.

    Nel Carmelo e sui monti, come nelle pianure e nelle vallate, si moltiplichino le anime che riconciliano cielo e terra, attirano benedizioni e allontanano i castighi! Noi, santi per vocazione (Rm 1,7), chiediamo di essere capaci, sul tuo esempio e per la tua preghiera, o Giovanni della Croce, di lasciare agire in noi la grazia divina con tutte le sue possibilità di purificazione e deificazione, per poter dire un giorno insieme con te:

    "O tocco delicato, Verbo Figlio di Dio, che per la delicatezza del tuo essere divino penetri sottilmente la sostanza dell'anima mia e toccandola delicatamente in te tutta l'assorbì in soavi delizie divine, non mai udite nella terra di Canaan, né mai viste in Teman (Bar 3,22). O tocco del Verbo, delicatissimo oltre ogni dire, e per me tanto più delicato, in quanto che, avendo tu scosso i monti e spaccato le pietre dell'Oreb con l'ombra del tuo potere e la forza che ti precedeva, ti lasciasti sentire più soavemente e fortemente dal Profeta nel sibilo di un'aura leggera (3Re 19,11-12). O aura delicata, giacché sei tale, dimmi: Come mai tocchi sì sottilmente e delicatamente, o Verbo Figlio di Dio, pur essendo sì terribile e potente? O felice, felicissima l'anima che toccherai dolcemente. Di' questo al mondo; ma no, non dirlo al mondo, che niente sa di aura delicata, e non ti sentirà, perché non è capace di ricevere e vedere te (Gv 14,17). Ma ben ti vedranno, mio Dio e mia vita, e sentiranno il tuo tocco delicato coloro che, alienandosi dal mondo, si renderanno simili a te nella purezza: essi solo ti potranno sentire e godere. E tanto più delicatamente li toccherai, quanto più nascosto farai dimora nella loro anima, essendo questa già raffinata, pura, libera da tutte le creature e da ogni vestigio e tocco di esse. Ed in tal guisa li celerai, o Signore, nel nascondiglio del tuo volto (che è il Verbo), proteggendoli dalle molestie degli uomini (Sal 30,21).

    ... Tanto delicato poi è l'effetto, l'impronta che lasci in lei, che ogni altro tocco di qualsivoglia cosa, alta o bassa che sia, le sembra grossolano e impuro; anzi il solo considerarlo l'offende, e il trattarlo le riesce di grave pena e tormento" (Fiamma viva d'amore, strofa II, nn. 17-18).

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    Predefinito Tomba di S. Giovanni della Croce (Segovia)


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    Predefinito

    St. John of the Cross

    Founder (with St. Teresa) of the Discalced Carmelites, doctor of mystic theology, b. at Hontoveros, Old Castile, 24 June, 1542; d. at Ubeda, Andalusia, 14 Dec., 1591. John de Yepes, youngest child of Gonzalo de Yepes and Catherine Alvarez, poor silk weavers of Toledo, knew from his earliest years the hardships of life. The father, originally of a good family but disinherited on account of his marriage below his rank, died in the prime of his youth; the widow, assisted by her eldest son, was scarcely able to provide the bare necessities. John was sent to the poor school at Medina del Campo, whither the family had gone to live, and proved an attentive and diligent pupil; but when apprenticed to an artisan, he seemed incapable of learning anything. Thereupon the governor of the hospital of Medina took him into his service, and for seven years John divided his time between waiting on the poorest of the poor, and frequenting a school established by the Jesuits. Already at that early age he treated his body with the utmost rigour; twice he was saved from certain death by the intervention of the Blessed Virgin. Anxious about his future life, he was told in prayer that he was to serve God in an order the ancient perfection of which he was to help bring back again. The Carmelites having founded a house at Medina, he there received the habit on 24 February, 1563, and took the name of John of St. Matthias. After profession he obtained leave from his superiors to follow to the letter the original Carmelite rule without the mitigations granted by various popes. He was sent to Salamanca for the higher studies, and was ordained priest in 1567; at his first Mass he received the assurance that he should preserve his baptismal innocence. But, shrinking from the responsibilities of the priesthood, he determined to join the Carthusians.

    However, before taking any further step he made the acquaintance of St. Teresa, who had come to Medina to found a convent of nuns, and who persuaded him to remain in the Carmelite Order and to assist her in the establishment of a monastery of friars carrying out the primitive rule. He accompanied her to Valladolid in order to gain practi cal experience of the manner of life led by the reformed nuns. A small house having been offered, St. John resolved to try at once the new form of life, although St. Teresa did not think anyone, however great his spirituality, could bear the discomforts of that hovel. He was joined by two companions, an ex-prior and a lay brother, with whom he inaugurated the reform among friars, 28 Nov., 1568. St. Teresa has left a classical dscription of the sort of life led by these first Discalced Carmelites, in chaps. xiii and xiv of her "Book of Foundations". John of the Cross, as he now called himself, became the first master of novices, and laid the foundation of the spiritual edifice which soon was to assume majestic proportions. He filled various posts in different places until St. Teresa called him to Avila as director and confessor to the convent of the Incarnation, of which she had been appointed prioress. He remained there, with a few interruptions, for over five years. Meanwhile, the reform spread rapidly, and, partly through the confusion caused by contradictory orders issued by the general and the general chapter on one hand, and the Apostolic nuncio on the other, and partly through human passion which sometimes ran high, its existence became seriously endangered.

    St. John was ordered by his provincial to return to the house of his profession (Medina), and, on his refusing to do so, owing to the fact that he held his office not from the order but from the Apostolic delegate, he was taken prisoner in the night of 3 December, 1577, and carried off to Toledo, where he suffered for more than nine months close imprisonment in a narrow, stifling cell, together with such additional punishment as might have been called for in the case of one guilty of the most serious crimes. In the midst of his sufferings he was visited with heavenly consolations, and some of his exquisite poetry dates from that period. He made good his escape in a miraculous manner, August, 1578. During the next years he was chiefly occupied with the foundation and government of monasteries at Baeza, Granada, Cordova, Segovia, and elsewhere, but took no prominent part in the negotiations which led to the establishment of a separate government for the Discalced Carmelites. After the death of St. Teresa (4 Oct.,1582), when the two parties of the Moderates under Jerome Gratian, and the Zelanti under Nicholas Doria struggled for the upper hand, St. John supported the former and shared his fate. For some time he filled the post of vicar provincial of Andalusia, but when Doria changed the government of the order, concentrating all power in the hands of a permanent committee, St. John resisted and, supporting the nuns in their endeavour to secure the papal approbation of their constitutions, drew upon himself the displeasure of the superior, who deprived him of his offices and relegated him to one of the poorest monasteries, where he fell seriously ill. One of his opponents went so far as to go from monastery to monastery gathering materials in order to bring grave charges against him, hoping for his expulsion from the order which he had helped to found.

    As his illness increased he was removed to the monastery of Ubeda, where he at first was treated very unkindly, his constant prayer, "to suffer and to be despised", being thus literally fulfilled almost to the end of his life. But at last even his adversaries came to acknowledge his sanctity, and his funeral was the occasion of a great outburst of enthusiasm. The body, still incorrupt, as has been ascertained within the last few years, was removed to Segovia, only a small portion remaining at Ubeda; there was some litigation about its possession. A strange phenomenon, for which no satisfactory explanation has been given, has frequently been observed in connexion with the relics of St. John of the Cross: Francis de Yepes, the brother of the saint, and after him many other persons have noticed the appearance in his relics of images of Christ on the Cross, the Blessed Virgin, St. Elias, St. Francis Xavier, or other saints, according to the devotion of the beholder. The beatification took place on 25 Jan., 1675, the translation of his body on 21 May of the same year, and the canonization on 27 Dec., 1726.

    He left the following works, which for the first time appeared at Barcelona in 1619.
    1. "The Ascent of Mount Carmel", an explanation of some verses beginning: "In a dark night with anxious love inflamed". This work was to have comprised four books, but breaks off in the middle of the third.
    2. "The Dark Night of the Soul", another explanation of the same verses, breaking off in the second book. Both these works were written soon after his escape from prison, and, though incomplete, supplement each other, forming a full treatise on mystic theology.
    3. An explanation of the "Spiritual Canticle", (a paraphrase of the Canticle of Canticles) beginning "Where hast Thou hidden Thyself?" composed part during his imprisonment, and completed and commented upon some years later at the request of Venerable Anne of Jesus.
    4. An explanation of a poem beginning: "O Living Flame of Love", written about 1584 at the bidding of Dona Ana de Penalosa.
    5. Some instructions and precautions on matters spiritual.
    6. Some twenty letters, chiefly to his penitents. Unfortunately the bulk of his correspondence, including numerous letters to and from St. Teresa, was destroyed, partly by himself, partly during the persecutions to which he fell a victim.
    7. "Poems", of which twenty-six have been hitherto published, viz., twenty in the older editions, and recently six more, discovered partly at the National Library at Madrid, and partly at the convent of Carmelite nuns at Pamplona.
    8. "A Collection of Spiritual Maxims" (in some editions to the number of one hundred, and in others three hundred and sixty-five) can scarcely count as an independent work, as they are culled from his writings.

    It has been recorded that during his studies St. John particularly relished psychology; this is amply borne out by his writings. He was not what one would term a scholar, but he was intimately acquainted with the "Summa" of St. Thomas Aquinas, as almost every page of his works proves. Holy Scripture he seems to have known by heart, yet he evidently obtained his knowledge more by meditation than in the lecture room. But there is no vestige of influence on him of the mystical teaching of the Fathers, the Areopagite, Augustine, Gregory, Bernard, Bonaventure, etc., Hugh of St. Victor, or the German Dominican school. The few quotations from patristic works are easily traced to the Breviary or the "Summa". In the absence of any conscious or unconscious influence of earlier mystical schools, his own system, like that of St. Teresa, whose influence is obvious throughout, might be termed empirical mysticism. They both start from their own experience, St. Teresa avowedly so, while St. John, who hardly ever speaks of himself, "invents nothing" (to quote Cardinal Wiseman), "borrows nothing from others, but gives us clearly the results of his own experience in himself and others. He presents you with a portrait, not with a fancy picture. He represents the ideal of one who has passed, as he had done, through the career of the spiritual life, through its struggles and its victories".

    His axiom is that the soul must empty itself of self in order to be filled with God, that it must be purified of the last traces of earthly dross before it is fit to become united with God. In the application of this simple maxim he shows the most uncompromising logic. Supposing the soul with which he deals to be habitually in the state of grace and pushing forward to better things, he overtakes it on the very road leading it, in its opinion to God, and lays open before its eyes a number of sores of which it was altogether ignorant, viz. what he terms the spiritual capital sins. Not until these are removed (a most formidable task) is it fit to be admitted to what he calls the "Dark Night", which consists in the passive purgation, where God by heavy trials, particularly interior ones, perfects and completes what the soul had begun of its own accord. It is now passive, but not inert, for by submitting to the Divine operation it co-operates in the measure of its power. Here lies one of the essential differences between St. John's mysticism and a false quietism. The perfect purgation of the soul in the present life leaves it free to act with wonderful energy: in fact it might almost be said to obtain a share in God's omnipotence, as is shown in the marvelous deeds of so many saints. As the soul emerges from the Dark Night it enters into the full noonlight described in the "Spiritual Canticle" and the "Living Flame of Love". St. John leads it to the highest heights, in fact to the point where it becomes a "partaker of the Divine Nature". It is here that the necessity of the previous cleansing is clearly perceived the pain of the mortification of all the senses and the powers and faculties of the soul being amply repaid by the glory which is now being revealed in it.

    St. John has often been represented as a grim character; nothing could be more untrue. He was indeed austere in the extreme with himself, and, to some extent, also with others, but both from his writings and from the depositions of those who knew him, we see in him a man overflowing with charity and kindness, a poetical mind deeply influenced by all that is beautiful and attractive.

    Bibliography

    The best life of St. John of the Cross was written by JEROME DE SAN JOSÉ (Madrid, 1641), but, not being approved by the superiors, it was not incorporated in the chronicles of the order, and the author lost his position of annalist on account of it.

    Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. VIII, 1910, New York

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    Predefinito Dalla "Imitazione di Cristo"

    Lib. 2, capp. 2-3

    Non fare gran caso se uno è per te o contro di te, ma preoccupati piuttosto che Dio sia con te in tutto quel che fai. Abbi buona coscienza e Dio saprà ben difenderti. Nessuna perversità umana potrà nuocere a colui che Dio vorrà aiutare. Se tu sai tacere e sopportare, sperimenterai senza dubbio l'aiuto del Signore. Egli conosce bene il tempo e il modo di liberarti, e perciò deve rassegnarti alla sua volontà. Spetta a Dio aiutare e liberare da ogni situazione difficile. Spesso giova assai, per meglio conservare l'umiltà, che gli altri conoscano i nostri difetti e li riprendano. Quando uno si umilia per i suoi difetti, placa facilmente gli altri e dà soddisfazione a coloro che gli sono ostili. Dio protegge e libera l'umile, lo ama e lo consola; egli si chiama verso l'umile, gli elargisce grazia abbondante e dopo l'umiliazione lo innalza alla gloria. Egli rivela all'umile i suoi segreti e dolcemente lo attrae e l'invita a sé. L'umile, quando ha ricevuta un'umiliazione, rimane bene in pace, perché sta fisso in Dio e non nel mondo. Non credere di aver fatto alcun progresso se non ti ritieni inferiore a tutti. Mantieni anzitutto in pace te stesso e così potrai pacificare gli altri. L'uomo operatore di pace giova più dell'uomo dotto. L'uomo passionale trae al male anche il bene e facilmente crede al male. L'uomo buono e sereno volge tutto a bene. Chi è veramente in pace non sospetta di nessuno; chi invece è malcontento e inquieto è agitato da molti sospetti: né lui è in pace, né lascia in pace gli altri. Spesso dice quel che non dovrebbe a omette quel che gli converrebbe fare. Egli bada a quel che gli altri devono fare e trascura invece quel ch'è suo dovere. Sii dunque zelante prima con te stesso e così potrai essere zelante anche con il tuo prossimo. Tu sai bene scusare e colorire le tue azioni, ma non vuoi accettare le scuse degli altri. Sarebbe più giusto che tu accusassi te stesso e scusassi il tuo fratello. Se vuoi essere sopportato, sopporta anche tu gli altri.

 

 
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