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    Predefinito IV Domenica di Avvento o Rorate

    Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 75-78

    QUARTA DOMENICA DI AVVENTO
    (Se questa Domenica cade il 24 dicembre, si omette in tale anno, e si recita l'ufficio della Vigilia di Natale, come appresso)


    Eccoci entrati nella Settimana che precede immediatamente la Nascita del Messia: fra sette giorni al più tardi, egli verrà; e secondo la lunghezza del tempo dell'Avvento, la quale varia ogni anno, può accadere che la venuta tanto desiderata abbia luogo fra sei giorni, fra tre giorni o anche domani. La Chiesa conta le ore di attesa; veglia giorno e notte, e i suoi Uffici hanno preso una solennità insolita dal 17 dicembre. Alle Laudi, essa varia ogni giorno le Antifone; ai Vespri, esprime con tenerezza e maestà i suoi desideri di Sposa con brucianti esclamazioni verso il Messia, nelle quali gli da per ciascun giorno un titolo magnifico attinto dal linguaggio dei Profeti.

    Oggi [1] essa da gli ultimi tocchi per commuovere i suoi figli. Li trasporta nella solitudine e mostra loro Giovanni Battista, sulla cui missione li ha già istruiti nella terza Domenica. La voce di quell'austero Precursore risuona nel deserto e si fa sentire fin nelle città, predicando la penitenza, la necessità di purificarsi nell'attesa di colui che sta per apparire. Ritiriamoci in disparte durante questi giorni; o se non possiamo farlo a causa delle nostre occupazioni esteriori, ritiriamoci nel segreto del nostro cuore e confessiamo la nostra iniquità, come quei veri Israeliti che venivano, pieni di compunzione e di fede nel Messia, a completare ai piedi di Giovanni Battista l'opera di preparazione per riceverlo degnamente quando fosse apparso.

    Ora, ecco la santa Chiesa che, prima di aprire il libro del Profeta, ci dice all'ordinario, ma con solennità sempre maggiore:

    Lettura del Profeta Isaia

    Liberazione e trionfo d'Israele.

    Gioiranno il deserto e il sabbione,
    esulterà la steppa e sarà florida;

    qual narciso in fiore fiorirà
    ed esulterà con tripudio e con giubilo.

    Le è conferita la gloria del Libano,
    la magnificenza del Carmelo e del Saron.

    Questi vedranno la gloria del Signore,
    la magnificenza del nostro Dio.

    Rafforzate le mani infiacchite
    e le ginocchia cascanti rinfrancate.

    Dite agli smarriti di cuore: "Fatevi animo,
    non temete; ecco il vostro Dio,

    apporta la vendetta, la divina ricompensa;
    Egli stesso ve l'apporta, e così vi salva”.

    Allora si apriranno gli occhi ai ciechi,
    e si schiuderanno le orecchie al sordi.

    Via sacra aperta agli scampati dall'esilio.

    Allora lo zoppo salterà come un cervo,
    e si scioglierà al canto la lingua del muto,

    perché sgorga l'acqua nel deserto,
    e i rivi corrono per la steppa;

    si cambierà il sabbione in acquitrino,
    e il suolo arido in vene d'acqua;

    dov'era un covile di draghi
    sarà un recinto per greggi e cammelli.

    Ci sarà ivi un sentiero battuto,
    che verrà chiamato "la via sacra";

    non ci passerà persona immonda;
    esso è scorta al cammino,
    e sin gl'insensati non si smarriranno.

    Non sarà quivi alcun leone
    e nessun brigante vi monterà;

    non vi s'incontrerà bestia feroce,
    la percorreranno i riscattati.

    Torneranno i redenti dal Signore
    e giungeranno a Sion con giubilo,
    di perpetua letizia coronati;

    allegrezza e letizia li inonderanno,
    e fuggiranno mestizia e gemito [2].

    (Is 35,1-10)

    Sarà dunque veramente grande, o Gesù, la gioia della tua venuta, se deve risplendere per sempre sulla nostra fronte come una corona! Ma come potrebbe non essere così? Il deserto stesso, al tuo avvicinarsi, fiorisce come un giglio, e acque vive sgorgano dal seno della terra più riarsa. O Salvatore, vieni presto a darci quest'Acqua di cui il tuo Cuore è la fonte, e che la Samaritana, la quale è l'immagine di noi peccatori, ti chiedeva con tanta insistenza. Quest'Acqua è la tua grazia; irrori dunque essa la nostra aridità, e fioriremo anche noi; spenga la nostra sete, e correremo anche noi i sentieri dei tuoi precetti e dei tuoi esempi, o Gesù, con fedeltà, sui tuoi passi. Tu sei la nostra Via e il nostro sentiero verso Dio; e Dio sei tu stesso: tu sei dunque anche il termine del nostro cammino. Noi avevamo perduta la via, ci eravamo sbandati come pecore erranti. Quanto e grande il tuo amore per venire così vicino a noi! Per insegnarci la via del ciclo, tu non sdegni di discendere, e vuoi lare con noi la strada che vi conduce. No, ormai le nostre braccia non sono più stanche; le nostre ginocchia non tremano più; sappiamo che tu vieni nell'amore. Una sola cosa ci rattrista: vedere cioè che la nostra preparazione non è perfetta. Abbiamo ancora molti legami da spezzare; aiutaci, o Salvatore degli uomini! Vogliamo ascoltare la voce del tuo Precursore, e raddrizzare tutto ciò che potrebbe ostacolare i tuoi passi sul cammino del nostro cuore, o divino Bambino! Che siamo battezzati con il Battésimo d'acqua della penitenza; tu verrai quindi a battezzarci nello Spirito e nell'amore.

    MESSA.

    EPISTOLA (1Cor 4,1-5). - Fratelli: Così ci consideri ognuno come servitori di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio. Or quel che si richiede nei dispensatori è che ciascuno sia trovato fedele. A me poi pochissimo importa di essere .giudicato da voi o da un tribunale umano, anzi neppure da me stesso mi giudico; perché sebbene io non mi senta colpevole di cosa alcuna, non per questo sono giustificato, essendo il mio giudice il Signore. Quindi non giudicate avanti il tempo, finché non venga il Signore, il quale metterà in luce ciò che è nascosto nelle tenebre, e manifesterà i consigli dei cuori; allora ciascuno avrà da Dio la lode (che gli spetta).
    La Chiesa pone nuovamente sotto gli occhi dei popoli, in questa Epistola, la dignità del Sacerdozio cristiano, in occasione dell'Ordinazione che si è celebrata la vigilia, e ricorda nello stesso tempo ai sacri Ministri l'obbligo che hanno contratto di mostrarsi fedeli nell'ufficio che e stato loro imposto. Del resto, non spetta alle pecore giudicare il pastore: tutti, sacerdoti e popolo, debbono vivere nell'attesa del giorno della venuta del Salvatore, di quell'ultima venuta il cui spavento sarà tanto grande quanto è attraente la dolcezza della prima e della seconda alla quale prepariamo le nostre anime.
    VANGELO (Lc 3,1-6). - L'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare, essendo, governatore della Giudea Ponzio Pilato, tetrarca di Galilea Erode, tetrarca dell'Iturea e della Traconitide Filippo suo fratello, e tetrarca di Abilene Lisania, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio fu diretta a Gióvainni figlio di Zaccaria nel deserto. Ed egli andò per tutta la regione del Giordano, predicando il battesimo di penitenza in remissione dei peccati: come sta scritto nel libro dei sermoni del profeta Isaia: Voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Ogni valle sarà colmata, ogni monte e colle sarà abbassato, e le vie tortuose saran fatte diritte, e le scabre appianate, ed ogni uomo vedrà la salvezza di Dio.
    Tu sei vicino, o Signore, perché l'eredità del tuo popolo è passata nelle mani dei Gentili, e la terra che avevi promessa ad Abramo non e più oggi che una provincia di quel vasto impero che deve precedere il tuo. Gli oracoli dei profeti si avverano di giorno in giorno; la predizione dello stesso Giacobbe è compiuta: Lo scettro è stato tolto a Giuda. Tutto si prepara per il tuo arrivo, o Gesù! È così che tu rinnoverai la faccia della terra: degnati di rinnovare anche il mio cuore, e sostenere il suo coraggio in queste ultime ore che precedono la tua venuta. Esso sente il bisogno di ritirarsi nel deserto, d'implorare il battesimo della penitenza, di raddrizzare le sue vie: fa' tutto questo in esso, o divin Salvatore, affinché il giorno in cui discenderai il suo gaudio sia pieno e perfetto.

    PREGHIAMO

    Risveglia, Signore, la tua potenza e vieni a soccorrerci con la forza della tua grazia, affinché la tua bontà ci dia più presto quegli aiuti che i nostri peccati fanno ritardare.
    --------------------------------------------------------------------------
    NOTE

    [1] La quarta Domenica di Avvento è chiamata Rorate dalle prime parole dell'Introito; ma per lo più la si denomina Canite tuba, che sono le parole con cui inizia il primo Responsorio del Mattutino, e la prima Antifona delle Laudi e dei Vespri.

    [2] "Le grandiose promesse di questo capitolo hanno ricevuto un parziale compimento all'epoca del ritorno dall'esilio (VI secolo a. C.) e del ristabilimento politico d'Israele. Ma il pensiero del profeta si eleva più in alto e giunge più lontano, la restaurazione nazionale non è che il punto di partenza e la figura della conversione del mondo al vero Dio e del regno del Messia sulla terra, particolarmente alla fine del tempi. Parecchi punti di questa descrizione sono stati realizzati alla lettera da Gesù Cristo (Mt 11,5), e avranno tutti una realizzazione più completa nella nuova creazione che sostituirà l'antica alla fine del tempi (Crampon)" Tobac, Les Prophètes, II, p. 121.

  2. #2
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    Predefinito Dal "Tempio dell'anima" attribuito a suor Reynalda van Eymeren.

    Cap.10. Ed. critica a cura di A.Ampe, Anversa, 1968.

    Ecco come si annuncia il tempo del rinnovamento:

    l'anima comincia a desiderare con tutto il cuore

    l'avvento dello Sposo.

    Lui la consola in svariate maniere,

    tramite i suo santi profeti, dicendole:

    O Gerusalemme, o anima devota,

    vicina è la tua salvezza.

    Perché ti prendono i dolori come di partoriente?

    Non temere, perché io sono con te per salvarti.

    O anima desiderata,

    come potresti non lasciarti afferrare

    dalla brama del tuo cuore

    verso colui che ti attira in mille modi

    e ti supplica di essere totalmente sua?

    Tutti gli araldi che ti manda per annunziare

    la nascita fisica del tuo Diletto,

    li manda altresì per attirarti a sé.

    Egli nacque una volta nel corpo

    appunto per nascere senza posa in te

    secondo lo Spirito.

    Adesso ogni anima si sente rivolgere

    personalmente questo messaggio:

    Per amore di Sion non mi terrò in silenzio,

    per amore di Gerusalemme non mi darò pace,

    finché non sorga come stella la sua giustizia

    e la sua salvezza non risplenda come lampada.

    Allora ti si chiamerà con un nome nuovo.

    Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,

    un diadema regale nella palma del tuo Dio.

    Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,

    né la tua terra sarà più detta Devastata,

    ma tu sarai chiamata Mio compiacimento

    e la tua terra, Sposata,

    perché il Signore si compiacerà di te

    Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,

    egli ti preparerà la strada.

    Voce di uno che grida nel deserto:

    preparate la strada del Signore,

    raddrizzate i suoi sentieri.

    Questo messaggero è il dono

    della grazia luminosa e preveniente

    che prepara e apre

    il cammino di Dio nell'anima,

    sgombra tutto ciò che intralcerebbe

    la venuta del nostro grande Dio e Signore

    e nello stesso tempo procura all’anima

    quanto può disporla per questo amabile incontro.

    Che cosa possiamo fare da noi?

    Che cosa abbiamo che non sia stato ricevuto

    in dono da lui?

    Ma come sono belli i piedi del messaggero

    cioè i raggi della verità divina

    che annunziano all'anima la pace

    e tutti gli altri beni,

    rendendo più ardente l'amore

    e il desiderio dello Sposo!

    Nella sua sete

    la sposa grida dal fondo del cuore,

    là dove Dio regna rendendola beata:

    Tu, assiso sui cherubini rifulgi,

    risveglia la tua potenza

    e vieni in nostro soccorso.

    Signore, irrompi

    nel cielo della mia anima tenebrosa,

    illuminami sensi e facoltà

    che giacciono nell'ombra della morte.

    Signore, piega il tuo cielo e scendi.

    Fammi umile davanti a te.

    Stillate, cieli, dall’alto.

    O Trinità santissima,

    che ti sei unita alla mia anima,

    manda la rugiada della tua misericordia

    e feconda il mio cuore inaridito.

    Il Signore dice attraverso il profeta Osea:

    Sarò come rugiada per Israele;

    esso fiorirà come un giglio.

    Ritorneranno a sedersi alla mia ombra,

    coltiveranno le vigne.

    Le nubi facciano piovere la giustizia.

    O tu, nube splendente del cuore paterno,

    irrora tutto l'intimo mio

    con la pioggia feconda della tua soavità.

    Spandi in me il tuo seme, che rende giusti.

    Si apra la terra del mio cuore e germogli la giustizia.

    Vieni, Signore dell'universo,

    manda i raggi della tua luce

    e rinnova la dimora terrena invasa dai tuoi nemici,

    dove ogni virtù è bandita.

    Vieni a risplendere nella mia mente;

    vieni a porre il tuo seggio nella mia anima,

    a fissare la tua tenda nel mio corpo,

    in nome della gioia, misteriosamente in te celata,

    mentre la tua anima era triste

    e il tuo corpo straziato.

    Poiché sei tu a restaurare l'universo,

    fatti una bella dimora in me,

    adorna il tuo tempio come si addice al re.

    Sì, nobilita il mio spirito,

    che è impronta della tua immagine;

    rendi bella la mia anima, tuo regno e tuo trono;

    purificami il corpo, opera delle tue mani.

    Vieni, dunque, e porta con te ogni bene,

    come si addice a un grande Signore.

    Non sei forse il re degli angeli

    e il Signore dei signori?

    Chi potrebbe prepararsi degnamente alla tua venuta

    e saperti ricevere come conviene?

    Anima mia, tu non puoi ricevere

    un signore più rispettabile, più nobile,

    più amabile del re degli angeli.

    In lui troverai tutto quello che è vero, nobile, giusto,

    puro, amabile, onorato, quello che è virtù.

    Per te, Signore della vita,

    non può esserci altra sposa

    che l'anima in cui hai impresso la tua immagine

    unendola alla luce della tua verità.

    Tu hai sigillato sui nostri volti

    una somiglianza fraterna,

    quando hai fissato la luce dei tuoi occhi su di noi.

    No, davvero, non puoi più abbandonarci.

    O Signore, puoi privarmi di tutti i tuoi doni

    ma non puoi lasciarmi, perché sei la mia vita.

    Non hai forse creato la mia anima

    per generarvi il tuo Verbo eterno?

    Per questo ti prego:

    rendila atta alla tua nobile nascita.

    Quanto grande è l'intimità tra Dio e l'anima,

    eppure che differenza!

    Ecco: lanciando a Dio

    e ricevendo da lui tali frecce d'amore,

    tramite tali esercizi e devozioni,

    preparativi per le prossime nozze,

    i nostri sensi e facoltà spirituali

    si aprono, si dilatano

    fino a poter accogliere l'ospite divino.

    Nel regno dell'anima

    si celebra allora lo sposalizio

    in tripudio di grazie e di doni.

    Per chi seppe così prepararsi,

    aperta è la porta:

    subito lo Sposo li introduce

    nella gioia del cielo.

    Li trasforma in sé,

    li intride di profumo nuziale,

    perché la festa in loro sia senza fine.

  3. #3
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    Predefinito Dalle «Lettere» di san Leone Magno, papa

    Lett. 31, 2-3; Pl 54, 791-793

    Non giova nulla affermare che il nostro Signore è figlio della beata Vergine Maria, uomo vero e perfetto, se non lo si crede uomo di quella stirpe di cui si parla nel Vangelo. Scrive Matteo:
    « Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo» (Mt 1, 1). Segue l'ordine della discendenza umana con tutte le generazioni fino a Giuseppe, al quale era sposata la Madre del Signore. Luca invece, percorrendo a ritroso la successione delle generazioni, risale al capo stesso del genere umano per dimostrare che il primo Adamo e l'ultimo sono della stessa natura.
    Certo l'onnipotenza del Figlio di Dio, per istruire e giustificare gli uomini, avrebbe potuto manifestarsi come già si era manifestata ai patriarchi e ai profeti, sotto l'aspetto di uomo, come quando affrontò la lotta con Giacobbe o dialogò o accettò l'accoglienza di ospite o mangiò persino il cibo imbanditogli. Ma quelle immagini erano soltanto segni di questo uomo che, come preannunziavano i mistici segni, avrebbe assunto vera natura dalla stirpe dei patriarchi che lo avevano preceduto.
    Nessuna figura poteva realizzare il sacramento della nostra riconciliazione, preparato da tutta l'eternità, perché lo Spirito santo non era ancora disceso sulla Vergine, né la potenza dell'Altissimo l'aveva ancora ricoperta della sua ombra. La Sapienza non si era ancora edificata la sua casa nel seno immacolato di Maria. Il Verbo non si era ancora fatto carne. Il Creatore dei tempi non era ancora nato nel tempo, unendo in sé in una sola persona la natura di Dio e la natura del servo. Colui per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, doveva egli stesso essere generato fra tutte le altre creature.
    Se infatti questo uomo nuovo, fatto a somiglianza della carne del peccato (cfr. Rm 8, 3), non avesse assunto il nostro uomo vecchio, ed egli, che è consostanziale con il Padre, non si fosse degnato di essere consostanziale anche con la Madre e se egli, che è il solo libero dal peccato, non avesse unito a sé la nostra natura umana, tutta quanta la natura umana sarebbe rimasta prigioniera sotto il giogo del diavolo. Noi non avremmo potuto aver parte alla vittoria gloriosa di lui, se la vittoria fosse stata riportata fuori della nostra natura.
    In seguito a questa mirabile partecipazione alla nostra natura rifulse per noi, il sacramento della rigenerazione, perché, in virtù dello stesso Spirito da cui fu generato e nacque Cristo, anche noi, che siamo nati dalla concupiscenza della carne, nascessimo di nuovo di nascita spirituale. Per questo l'evangelista dice dei credenti. «Non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Gv 1, 13).

  4. #4
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    Predefinito Dalla «Lettera a Diognèto»

    Cap. 8, 5 - 9, 6; Funk 1, 325-327

    Nessun uomo in verità ha mai visto Dio né lo ha fatto conoscere, ma egli stesso si è rivelato. E si è rivelato nella fede, alla quale soltanto è concesso di vedere Dio. Infatti Dio, Signore e Creatore dell'universo, colui che ha dato origine ad ogni cosa e tutto ha disposto secondo un ordine, non solo ama gli uomini, ma è anche longanime. Ed egli fu sempre così, lo è ancora e lo sarà: amorevole, buono, tollerante, fedele; lui solo è davvero buono. E avendo egli concepito nel cuore un disegno grande e ineffabile, lo comunica al solo suo Figlio.
    Per tutto il tempo dunque in cui conservava e custodiva nel mistero il suo piano sapiente, sembrava che ci trascurasse e non si desse pensiero di noi; ma quando per mezzo del suo Figlio prediletto rivelò e rese noto ciò che era stato preparato dall'inizio, tutto insieme egli ci offrì: godere dei suoi benefici e contemplarli e capirli. Chi di noi si sarebbe aspettati tutti questi favori?
    Dopo aver tutto disposto dentro di sé assieme al Figlio, permise che noi fino al tempo anzidetto rimanessimo in balia d'istinti disordinati e fossimo trascinati fuori della retta via dai piaceri e dalle cupidigie, seguendo il nostro arbitrio. Certamente non si compiaceva dei nostri peccati, ma li sopportava; neppure poteva approvare quel tempo d'iniquità, ma preparava l'era attuale di giustizia, perché, riconoscendoci in quel tempo chiaramente indegni della vita a motivo delle nostre opere, ne diventassimo degni in forza della sua misericordia, e perché, dopo aver mostrato la nostra impossibilità di entrare con le nostre forze nel suo regno, ne diventassimo capaci per la sua potenza.
    Quando poi giunse al colmo la nostra ingiustizia e fu ormai chiaro che le sovrastava, come mercede, solo la punizione e la morte, ed era arrivato il tempo prestabilito da Dio per rivelare il suo amore e la sua potenza (o immensa bontà e amore di Dio!), egli non ci prese in odio, né ci respinse, né si vendicò. Anzi ci sopportò con pazienza. Nella sua misericordia prese sopra di sé i nostri peccati. Diede spontaneamente il suo Figlio come prezzo del nostro riscatto: il santo, per gli empi, l'innocente per i malvagi, il giusto per gli iniqui, l'incorruttibile per i corruttibili, l'immortale per i mortali. Che cosa avrebbe potuto cancellare le nostre colpe, se non la sua giustizia? Come avremmo potuto noi traviati ed empi ritrovare la giustizia se non nel Figlio unico di Dio?
    O dolce scambio, o ineffabile creazione, o imprevedibile ricchezza di benefici: l'ingiustizia di molti veniva perdonata per un solo giusto e la giustizia di uno solo toglieva l'empietà di molti!

  5. #5
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    Predefinito Dalle «Omelie sulla Madonna» di san Bernardo, abate

    Om. 4, 8-9; Opera omnia, ed. Cisterc. 4, 1966, 53-54

    Hai udito, Vergine, che concepirai e partorirai un figlio; hai udito che questo avverrà non per opera di un uomo, ma per opera dello Spirito santo. L'angelo aspetta la risposta; deve fare ritorno a Dio che l'ha inviato. Aspettiamo, o Signora, una parola di compassione anche noi, noi oppressi miseramente da una sentenza di dannazione.
    Ecco che ti viene offerto il prezzo della nostra salvezza: se tu acconsenti, saremo subito liberati. Noi tutti fummo creati nel Verbo eterno di Dio, ma ora siamo soggetti alla morte: per la tua breve risposta dobbiamo essere rinnovati e richiamati in vita.
    Te ne supplica in pianto, Vergine pia, Adamo esule dal paradiso con la sua misera discendenza; te ne supplicano Abramo e David; te ne supplicano insistentemente i santi patriarchi che sono i tuoi antenati, i quali abitano anch'essi nella regione tenebrosa della morte. Tutto il mondo è in attesa, prostrato alle tue ginocchia: dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, la redenzione dei prigionieri, la liberazione dei condannati, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutto il genere umano.
    O Vergine, dà presto la risposta. Rispondi sollecitamente all'angelo, anzi, attraverso l'angelo, al Signore. Rispondi la tua parola e accogli la Parola divina, emetti la parola che passa e ricevi la Parola eterna.
    Perché tardi? perché temi? Credi all'opera del Signore, dà il tuo assenso ad essa, accoglila. Nella tua umiltà prendi audacia, nella tua verecondia prendi coraggio. In nessun modo devi ora, nella tua semplicità verginale, dimenticare la prudenza; ma in questa sola cosa, o Vergine prudente, non devi temere la presunzione. Perché, se nel silenzio è gradita la modestia, ora è piuttosto necessaria al pietà nella parola. Apri, Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra all'assenso, il grembo al Creatore. Ecco che colui al quale è volto il desiderio di tutte le genti batte fuori alla porta. Non sia, che mentre tu sei titubante, egli passi oltre e tu debba, dolente, ricominciare a cercare colui che ami. Levati su, corri, apri! Levati con la fede, corri con la devozione, apri con il tuo assenso.
    «Ecco», dice, «sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1, 38).

  6. #6
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    Predefinito Dal «Commento su san Luca» di sant'Ambrogio, vescovo

    2, 19. 22-23. 26-27; CCL 14, 39-42

    L'angelo, che annunziava il mistero, volle garantirne la veridicità con una prova e annunziò alla vergine Maria la maternità di una donna vecchia e sterile, per dimostrare così che a Dio è possibile tutto ciò che vuole. Appena Maria ebbe udito ciò, si avviò in fretta verso la montagna, non perché fosse incredula della profezia o incerta dell'annunzio o dubitasse della prova, ma perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall'intima gioia. Dove ormai, ricolma di Dio, poteva affrettarsi ad andare se non verso l'alto? La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze.Subito si fanno sentire i benefici della venuta di Maria e della presenza del Signore. Infatti «appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, esultò il bambino nel seno di lei, ed ella fu ricolma di Spirito Santo» (cfr. Lc 1, 41). Si deve fare attenzione alla scelta delle singole parole e al loro significato. Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni percepì per primo la grazia; essa udì secondo l'ordine della natura, egli esultò in virtù del mistero; essa sentì l'arrivo di Maria, egli del Signore; la donna l'arrivo della donna, il bambino l'arrivo del bambino. Esse parlano delle grazie ricevute, essi nel seno delle loro madri realizzano la grazia e il mistero della misericordia a profitto delle madri stesse: e queste per un duplice miracolo profetizzano sotto l'ispirazione dei figli che portano.
    Del figlio si dice che esultò, della madre che fu ricolma di Spirito Santo. Non fu prima la madre a essere ricolma dello Spirito, ma fu il figlio, ripieno di Spirito Santo, a ricolmare anche la madre.
    Esultò Giovanni, esultò anche lo spirito di Maria. Ma mentre di Elisabetta si dice che fu ricolma di Spirito santo allorché Giovanni esultò, di Maria, che già era ricolma di Spirito santo, si dice che allora il suo spirito esultò Colui che è incomprensibile, operava in modo incomprensibile nella madre. L'una, Elisabetta, fu ripiena di Spirito Santo dopo la concezione, Maria invece prima della concezione.
    «Beata — disse — tu che hai creduto» (cfr. Lc 1, 45). Ma beati anche voi che avete udito e creduto: ogni anima che crede concepisce e genera il Verbo di Dio e riconosce le sue opere.
    Sia in ciascuno l'anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio. Se c'è una sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti, poiché ogni anima riceve il Verbo di Dio, purché, immacolata e immune da vizi, custodisca la castità con intemerato pudore. Ogni anima, che potrà mantenersi così, magnifica il Signore come magnificò il Signore l'anima di Maria, e il suo spirito esultò in Dio salvatore.
    Come avete potuto leggere anche altrove: «Magnificate il Signore con me» (cfr. Sal 33, 4), il Signore è magnificato non perché la parola umana possa aggiungere qualcosa alla grandezza del Signore, ma perché egli viene magnificato in noi. Cristo è l'immagine di Dio: perciò l'anima che compie opere giuste e pie magnifica l'immagine di Dio a somiglianza della quale è stata creata, e mentre la magnifica, partecipa in certo modo alla sua grandezza e si eleva.

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    Predefinito Dal «Commento su san Luca» di san Beda il Venerabile, sacerdote

    1, 46-55; CCL 120, 37-39

    «Maria disse: L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore» (Lc 1, 46). Dice: il Signore mi ha innalzato con un dono così grande e così inaudito che non è possibile esprimerlo con nessun linguaggio: a stento lo può comprendere il cuore nel profondo. Levo quindi un inno di ringraziamento con tutte le forze della mia anima e mi do, con tutto quello che vivo e sento e comprendo, alla contemplazione della grandezza senza fine di Dio, poiché il mio spirito si allieta della eterna divinità di quel medesimo Gesù, cioè del Salvatore, di cui il mio seno è reso fecondo con una concezione temporale.
    «Perché ha fatto in me cose grandi l'Onnipotente, e santo è il suo nome» (cfr. Lc 1, 49). Si ripensi all'inizio del cantico dove è detto: «L'anima mia magnifica il Signore». Davvero solo quell'anima a cui il Signore si è degnato di fare grandi cose può magnificarlo con lode degna ed esortare quanti sono partecipi della medesima promessa e del medesimo disegno di salvezza: Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome (cfr. Sal 33, 4). Chi trascurerà di magnificare, per quanto sta in lui, il Signore che ha conosciuto e di santificare il nome, «sarà considerato il minimo nel regno dei cieli» (Mt 5, 19).
    Il suo nome poi è detto santo perché con il fastigio della sua singolare potenza trascende ogni creatura ed è di gran lunga al di là di tutto quello che ha fatto.
    «Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia» (Lc 1, 54). Assai bene dice Israele servo del Signore, cioè ubbidiente e umile, perché da lui fu accolto per essere salvato, secondo quanto dice Osea: Israele è mio servo e io l'ho amato (cfr. Os 11, 1). Colui infatti che disdegna di umiliarsi non può certo essere salvato né dire con il profeta: «Ecco, Dio è il mio aiuto, il Signore mi sostiene» (Sal 53, 6) e: Chiunque diventerà piccolo come un bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli (cfr. Mt 18, 4).
    «Come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre» (Lc 1, 55). Si intende la discendenza spirituale, non carnale, di Abramo; sono compresi, cioè, non solo i generati secondo la carne, ma anche coloro che hanno seguito le orme della sua fede, sia nella circoncisione sia nell'incirconcisione. Anche lui credette quando non era circonciso, e gli fu ascritto a giustizia. La venuta del Salvatore fu promessa ad Abramo e alla sua discendenza, cioè ai figli della promessa, ai quali è detto: «Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa» (Gal 3, 29).
    E' da rivelare poi che le madri, quella del Signore e quella di Giovanni, prevengono profetando la nascita dei figli: e questo è bene perché come il peccato ebbe inizio da una donna, così da donne comincino anche i benefici, e come il mondo ebbe la morte per l'inganno di una donna, così da due donne, che a gara profetizzano, gli sia restituita la vita.

  8. #8
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    Predefinito Dal trattato «Contro Noèto» di sant'Ippòlito, sacerdote

    Cap. 9-12; PG 10, 815-819

    Uno solo è Dio, fratelli, colui che noi non conosciamo per altra via che quella delle Sacre Scritture.
    Noi dobbiamo quindi sapere tutto quanto le divine Scritture ci annunziano e conoscere quanto esse ci insegnano. Dobbiamo credere al Padre, come lui vuole che gli crediamo, glorificare il Figlio come vuole che lo glorifichiamo, ricevere lo Spirito Santo come desidera che lo riceviamo.
    Procuriamo di arrivare a una comprensione delle realtà divine non secondo la nostra intelligenza e non certo facendo violenza ai doni di Dio, ma nella maniera in cui egli stesso volle rivelarsi nelle Sacre Scritture.
    Dio esisteva in sé perfettamente solo. Nulla c'era che fosse in qualche modo partecipe della sua eternità. Allora egli stabilì di creare il mondo. Come lo pensò, come lo volle e come lo descrisse con la sua parola, così anche lo creò. Il mondo cominciò ad esistere, perciò, come lo aveva desiderato. E quale lo aveva progettato, tale lo realizzò. Dunque Dio esisteva nella sua unicità e nulla c'era che fosse coeterno con lui. Niente esisteva se non Dio. Egli era solo, ma completo in tutto. In lui si trovava intelligenza, sapienza, potenza e consiglio. Tutto era in lui ed egli era il tutto. Quando volle, e nella misura in cui volle, egli, nel tempo da lui prefissato, ci rivelò il suo Verbo per mezzo del quale aveva creato tutte le cose.
    Poiché dunque Dio possedeva in sé la sua Parola, ed essa era inaccessibile per il mondo creato, egli la rese accessibile. Pronunziando una prima parola, e generando luce da luce, presentò alla stessa creazione come Signore il suo stesso Pensiero, e rese visibile colui che egli solo conosceva e vedeva in se stesso e che prima era assolutamente invisibile per il mondo creato. Lo rivelò perché il mondo lo vedesse e così potesse essere salvato.
    Questi è la Sapienza che venendo nel mondo si rivelò Figlio di Dio. Tutto fu creato per mezzo di lui, ma egli è l'unico che viene dal Padre.
    Questi poi diede una legge e dei profeti e li fece parlare nello Spirito Santo perché, ricevendo l'ispirazione della potenza del Padre, annunziassero il volere e il disegno del Padre.
    Così dunque fu rivelato il Verbo di Dio, come dice il beato Giovanni che sommariamente riprende le cose già dette dai profeti mostrando che questi è il Verbo, nel quale tutto fu creato. Dice Giovanni: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui, senza di lui nulla è stato fatto» (Gv 1, 1. 3).
    Più avanti dice: Il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo ha conosciuto. Venne presso i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto (cfr. Gv 1, 10-11).

  9. #9
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    BENEDETTO XVI

    ANGELUS

    IV Domenica d'Avvento, 18 dicembre 2005


    Cari fratelli e sorelle!

    In questi ultimi giorni dell’Avvento la liturgia ci invita a contemplare in modo speciale la Vergine Maria e san Giuseppe, che hanno vissuto con intensità unica il tempo dell’attesa e della preparazione della nascita di Gesù. Desidero quest’oggi rivolgere lo sguardo alla figura di san Giuseppe. Nell’odierna pagina evangelica san Luca presenta la Vergine Maria come "sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe" (Lc 1,27). E’ però l’evangelista Matteo a dare maggior risalto al padre putativo di Gesù, sottolineando che, per suo tramite, il Bambino risultava legalmente inserito nella discendenza davidica e realizzava così le Scritture, nelle quali il Messia era profetizzato come "figlio di Davide". Ma il ruolo di Giuseppe non può certo ridursi a questo aspetto legale. Egli è modello dell’uomo "giusto" (Mt 1,19), che in perfetta sintonia con la sua sposa accoglie il Figlio di Dio fatto uomo e veglia sulla sua crescita umana. Per questo, nei giorni che precedono il Natale, è quanto mai opportuno stabilire una sorta di colloquio spirituale con san Giuseppe, perché egli ci aiuti a vivere in pienezza questo grande mistero della fede.

    L’amato Papa Giovanni Paolo II, che era molto devoto di san Giuseppe, ci ha lasciato una mirabile meditazione a lui dedicata nell’Esortazione apostolica Redemptoris Custos, "Custode del Redentore". Tra i molti aspetti che pone in luce, un accento particolare dedica al silenzio di san Giuseppe. Il suo è un silenzio permeato di contemplazione del mistero di Dio, in atteggiamento di totale disponibilità ai voleri divini. In altre parole, il silenzio di san Giuseppe non manifesta un vuoto interiore, ma, al contrario, la pienezza di fede che egli porta nel cuore, e che guida ogni suo pensiero ed ogni sua azione. Un silenzio grazie al quale Giuseppe, all’unisono con Maria, custodisce la Parola di Dio, conosciuta attraverso le Sacre Scritture, confrontandola continuamente con gli avvenimenti della vita di Gesù; un silenzio intessuto di preghiera costante, preghiera di benedizione del Signore, di adorazione della sua santa volontà e di affidamento senza riserve alla sua provvidenza. Non si esagera se si pensa che proprio dal "padre" Giuseppe Gesù abbia appreso – sul piano umano – quella robusta interiorità che è presupposto dell’autentica giustizia, la "giustizia superiore", che Egli un giorno insegnerà ai suoi discepoli (cfr Mt 5,20).

    Lasciamoci "contagiare" dal silenzio di san Giuseppe! Ne abbiamo tanto bisogno, in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il raccoglimento e l’ascolto della voce di Dio. In questo tempo di preparazione al Natale coltiviamo il raccoglimento interiore, per accogliere e custodire Gesù nella nostra vita.

  10. #10

 

 
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