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    Predefinito 23 settembre - S. Pio da Pietrelcina

    Dal sito SANTI E BEATI:

    San Pio da Pietrelcina (Francesco Forgione), sacerdote

    23 settembre - Memoria

    Pietrelcina, Benevento, 25 maggio 1887 - San Giovanni Rotondo, Foggia, 23 settembre 1968

    Francesco Forgione nasce a Pietrelcina, provincia di Benevento, il 25 maggio 1887. Il 22 gennaio 1903, a sedici anni, entra in convento e da francescano cappuccino prende il nome di fra Pio da Pietrelcina. Diventa sacerdote sette anni dopo, il 10 agosto 1910. Nel 1916 i superiori pensano di trasferirlo a San Giovanni Rotondo, sul Gargano, e qui, nel convento di S. Maria delle Grazie, ha inizio per Padre Pio una straordinaria avventura di taumaturgo e apostolo del confessionale. Il 20 settembre 1918 il cappuccino riceve le stimmate della Passione di Cristo che resteranno aperte, dolorose e sanguinanti per ben cinquant’anni. Muore il 23 settembre 1968, a 81 anni. Dichiarato venerabile nel 1997 e beatificato nel 1999, è canonizzato nel 2002.

    Etimologia: Pio = devoto, religioso, pietoso (signif. Intuitivo)

    Martirologio Romano: San Pio da Pietrelcina (Francesco) Forgione, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che nel convento di San Giovanni Rotondo in Puglia si impegnò molto nella direzione spirituale dei fedeli e nella riconciliazione dei penitenti ed ebbe tanta provvidente cura verso i bisognosi e i poveri da concludere in questo giorno il suo pellegrinaggio terreno pienamente configurato a Cristo crocifisso.

    Quando muore, il 23 settembre 1968, a 81 anni, le stimmate scompaiono dal suo corpo e, davanti alle circa centomila persone venute da ogni dove ai suoi funerali, ha inizio quel processo di santificazione che ben prima che la Chiesa lo elevasse alla gloria degli altari lo colloca nella devozione dei fedeli di tutto il mondo come uno dei santi più amati dell’ultimo secolo.
    Francesco Forgione era nato a Pietrelcina, provincia di Benevento, il 25 maggio 1887. I suoi genitori, Grazio e Giuseppa, erano poveri contadini, ma assai devoti: in famiglia il rosario si pregava ogni sera in casa tutti insieme, in un clima di grande e filiale fiducia in Dio e nella Madonna. Il soprannaturale irrompe assai presto nella vita del futuro santo: fin da bambino egli riceveva visite frequenti di Gesù e Maria, vedeva demoni e angeli, ma poiché pensava che tutti avessero queste facoltà non ne faceva parola con nessuno. Il 22 gennaio 1903, a sedici anni, entra in convento e da francescano cappuccino prende il nome di fra Pio da Pietrelcina. Diventa sacerdote sette anni dopo, il 10 agosto 1910. Vuole partire missionario per terre lontane, ma Dio ha su di lui altri disegni, specialissimi.
    I primi anni di sacerdozio sono compromessi e resi amari dalle sue pessime condizioni di salute, tanto che i superiori lo rimandano più volte a Pietrelcina, nella casa paterna, dove il clima gli è più congeniale. Padre Pio è malato assai gravemente ai polmoni. I medici gli danno poco da vivere. Come se non bastasse, alla malattia si vanno ad aggiungere le terribili vessazioni a cui il demonio lo sottopone, che non lasciano mai in pace il povero frate, torturato nel corpo e nello spirito.
    Nel 1916 i superiori pensano di trasferirlo a San Giovanni Rotondo, sul Gargano, e qui, nel convento di S. Maria delle Grazie, ha inizio per Padre Pio una straordinaria avventura di taumaturgo e apostolo del confessionale. Un numero incalcolabile di uomini e donne, dal Gargano e da altre parti dell’Italia, cominciano ad accorrere al suo confessionale, dove egli trascorre anche quattordici-sedici ore al giorno, per lavare i peccati e ricondurre le anime a Dio. È il suo ministero, che attinge la propria forza dalla preghiera e dall’altare, e che Padre Pio realizza non senza grandi sofferenze fisiche e morali.
    Il 20 settembre 1918, infatti, il cappuccino riceve le stimmate della Passione di Cristo che resteranno aperte, dolorose e sanguinanti per ben cinquant’anni. Padre Pio viene visitato da un gran numero di medici, subendo incomprensioni e calunnie per le quali deve sottostare a infamanti ispezioni canoniche; il frate delle stimmate si dichiara “figlio dell’obbedienza” e sopporta tutto con serafica pazienza. Infine, viene anche sospeso a divinis e solo dopo diversi anni, prosciolto dalle accuse calunniose, può essere reintegrato nel suo ministero sacerdotale.
    La sua celletta, la numero 5, portava appeso alla porta un cartello con una celebre frase di S. Bernardo: “Maria è tutta la ragione della mia speranza”. Maria è il segreto della grandezza di Padre Pio, il segreto della sua santità. A Lei, nel maggio 1956, dedica la “Casa Sollievo della Sofferenza”, una delle strutture sanitarie oggi più qualificate a livello nazionale e internazionale, con 70.000 ricoveri l’anno, attrezzature modernissime e collegamenti con i principali istituti di ricerca nel mondo.
    Negli anni ‘40, per combattere con l’arma della preghiera la tremenda realtà della seconda guerra mondiale, Padre Pio diede avvio ai Gruppi di Preghiera, una delle realtà ecclesiali più diffuse attualmente nel mondo, con oltre duecentomila devoti sparsi in tutta la terra. Con la “Casa Sollievo della Sofferenza” essi costituiscono la sua eredità spirituale, il segno di una vita tutta dedicata alla preghiera e contrassegnata da una devozione ardente alla Vergine.
    Da Lei il frate si sentiva protetto nella sua lotta quotidiana col demonio, il “cosaccio” come lo chiamava, e per ben due volte la Vergine lo guarisce miracolosamente, nel 1911 e nel 1959. In quest’ultimo caso i medici lo avevano dato proprio per spacciato quando, dopo l’arrivo della Madonna pellegrina di Fatima a San Giovanni Rotondo, il 6 agosto 1959, Padre Pio fu risanato improvvisamente, tra lo stupore e la gioia dei suoi devoti.
    “Esiste una scorciatoia per il Paradiso?”, gli fu domandato una volta. “Sì”, lui rispose, “è la Madonna”. “Essa – diceva il frate di Pietrelcina – è il mare attraverso cui si raggiungono i lidi degli splendori eterni”. Esortava sempre i suoi figli spirituali a pregare il Rosario e a imitare la Madonna nelle sue virtù quotidiane quali l’umiltà,la pazienza, il silenzio,la purezza,la carità.“Vorrei avere una voce così forte – diceva - per invitare i peccatori di tutto il mondo ad amare la Madonna”.
    Lui stesso aveva sempre la corona del rosario in mano. Lo recitava incessantemente per intero, soprattutto nelle ore notturne. “Questa preghiera – diceva Padre Pio – è la nostra fede, il sostegno della nostra speranza, l’esplosione della nostra carità”.
    Il suo testamento spirituale, alla fine della sua vita, fu: “Amate la Madonna e fatela amare. Recitate sempre il Rosario”.
    Intorno alla sua figura in questi anni si sono scritti molti fiumi di inchiostro. Un incalcolabile numero di articoli e tantissimi libri; si conta che approssimativamente sono più di 200 le biografie a lui dedicate soltanto in italiano. “Farò più rumore da morto che da vivo”, aveva pronosticato lui con la sua solita arguzia. Quella di Padre Pio è veramente una “clientela” mondiale. Perché tanta devozione per questo san Francesco del sud?
    Padre Raniero Cantalamessa lo spiega così:“Se tutto il mondo corre dietro a Padre Pio – come un giorno correva dietro a Francesco d’Assisi - è perché intuisce vagamente che non sarà la tecnica con tutte le sue risorse, né la scienza con tutte le sue promesse a salvarci, ma solo la santità. Che è poi come dire l’amore”.

    Autore: Maria Di Lorenzo










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    PADRE PIO SACERDOTE E MAESTRO DI SPIRITUALITA'

    Da Padre Pio sacerdote, direttore e maestro di vita cristiana, non poteva non affiorare uno straordinario movimento di preghiera e di spiritualità.

    Già quando giovane sacerdote a porta Madonnella, guidava gli incontri di preghiera, le recite del rosario e le novene alla Madonna Incoronata, aveva forse intravisto nella gente semplice e docile del borgo Castello, i primi "gruppi di preghiera". Ma è a Foggia e poi a S. Giovanni Rotondo che guida, nelle vie della perfezione cristiana, tantissime anime affidate alla sua direzione spirituale. Sono i prodromi di quel grande movimento mondiale che va sotto il nome dei "Gruppi di preghiera di Padre Pio".

    Papa Pio XII, al secolo Eugenio Pacelli, agli inizi del suo Pontificato fa appello a tutti i cristiani perché si facciano promotori di un fecondo e vigoroso movimento di preghiera e di spiritualità. I suoi inviti ad una preghiera in comune, a gruppi, si fanno sempre più pressanti, specialmente allorché si profilano le nubi minacciose della seconda guerra mondiale. Evidente il proposito del Papa di arginare questa grande disgregazione dell'umanità con un intenso e diffuso movimento di preghiera e di spiritualità. "Abbiamo bisogno di forti e serrate falangi di uomini e di giovani, che, tenendosi strettamente uniti a Cristo, almeno ogni mese ricevano il pane di vita, e inducano altri a seguire il loro esempio", così Papa Pacelli il 17 febbraio 1942 " . "Non temiamo ma preghiamo -ripete il 13 marzo 1943". (Fernando da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, ed. Padre Pio da Pietrelcina, S.Giovanni Rotondo, pag. 349).

    Padre Pio, che è legato a Pio XII da un filo invisibile di stima, affetto e condivisione delle drammatiche questioni che toccano la vita della Chiesa e della stessa umanità, conosce molto bene il valore della preghiera. Coglie, allora, l'occasione di dare una risposta concreta, positiva, urgente a questi ripetuti appelli del Papa e si mette subito all'opera innestando nell'humus del fecondo movimento di spiritualità che si irradia da S.Giovanni Rotondo, il Progetto dei "Gruppi di preghiera". Ma lo sviluppo pieno di essi avverrà solo al termine del conflitto e precisamente nel 1947, quando in tutta Italia si vanno formando spontaneamente dei gruppi nel desiderio di pregare per vivificare la vita cristiana. E' lo stesso Padre Pio che al dottore Sanguinetti, che gli ha letto la parola di Pio XII riportata sull'Osservatore Romano, risponde:"Diamoci da fare. Rimbocchiamoci le maniche. Rispondiamo noi per primi a questo appello lanciato dal Romano Pontefice" (MARIANO DA MAGLIANO SANTA CROCE, "Diamoci da fare disse padre Pio a Guglielmo Sanguinetti, in La Casa 22 (1971) 2 p. 19 in Fernando da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Ed. Padre Pio, S.Giovanni Rotondo, pag. 350).

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    Predefinito Dalle Lettere del B. Pio da Pietrelcina

    (Lett. 500; 510; Epist. I, 1065; 1093-1095, Ediz. 1992).

    In forza di questa obbedienza mi induco a manifestarvi ciò che avvenne in me dal giorno cinque a sera, a tutto il sei del corrente mese di agosto 1918.
    Io non valgo a dirvi ciò che avvenne in questo periodo di superlativo martirio. Me ne stavo confessando i nostri ragazzi la sera del cinque, quando tutto di un tratto fui riempito di un estremo terrore alla vista di un personaggio celeste che mi si presenta dinanzi all’occhio della intelligenza.

    Teneva in mano una specie di arnese, simile ad una lunghissima lamina di ferro con una punta bene affilata, e sembrava che da essa punta uscisse fuoco. Vedere tutto questo ed osservare detto personaggio scagliare con tutta violenza il suddetto arnese nell’anima, fu tutto una cosa sola. A stento emisi un lamento, mi sentivo morire. Dissi al ragazzo che si fosse ritirato, perché mi sentivo male e non sentivo più la forza di continuare.
    Questo martirio durò, senza interruzione, fino al mattino del giorno sette. Cosa io soffrii in questo periodo sì luttuoso io non so dirlo. Persino le viscere vedevo che venivano strappate e stiracchiate dietro di quell’arnese, ed il tutto era messo a ferro e fuoco. Da quel giorno in qua io sono stato ferito a morte. Sento nel più intimo dell’anima una ferita che è sempre aperta, che mi fa spasimare assiduamente.

    Cosa dirvi a riguardo di ciò che mi domandate del come sia avvenuta la mia crocifissione? Mio Dio, che confusione e che umiliazione io provo nel dover manifestare ciò che tu hai operato in questa tua meschina creatura!

    Era la mattina del 20 dello scorso mese di settembre, in coro, dopo la celebrazione della santa messa, allorché venni sorpreso dal riposo, simile ad un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni, non che le stesse facoltà dell’anima si trovarono in una quiete indescrivibile. In tutto questo vi fu totale silenzio intorno a me e dentro di me; vi subentrò subito una gran pace ed abbandono alla completa privazione dei tutto e una posa nella stessa rovina. Tutto questo avvenne in un baleno.

    E mentre tutto questo si andava operando mi vidi dinanzi un misterioso personaggio, simile a quello visto la sera del 5 agosto, che differenziava in questo solamente che aveva le mani ed i piedi ed il costato che grondavano sangue. La sua vista mi atterrisce; ciò che sentivo in quell’istante in me non saprei dirvelo. Mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore, il quale me lo sentivo sbalzare dal petto.

    La vista del personaggio si ritira ed io mi avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue. Immaginate lo strazio che esperimentai allora e che vado esperimentando continuamente quasi tutti i giorni. La ferita del cuore gitta assiduamente del sangue, specie dal Giovedì a sera sino al Sabato. Padre mio, io muoio di dolore per lo strazio e per la confusione susseguente che io provo nell’intimo dell’anima. Temo di morire dissanguato, se il Signore non ascolta i gemiti del mio povero cuore e col ritirare da me questa operazione. Mi farà questa grazia Gesù che è tanto buono?

    Toglierà almeno da me questa confusione che io esperimento per questi segni esterni? Innalzerò forte la mia voce a lui e non desisterò dallo scongiurarlo, affinché per sua misericordia ritiri da me non lo strazio, non il dolore, perché lo veggo impossibile ed io sento di volermi inebriare di dolore, ma questi segni esterni, che mi sono di una confusione e di una umiliazione indescrivibile ed insostenibile.

    Il personaggio di cui intendevo parlare nell’altra mia precedente non è altro che quello stesso di cui vi parlai in un’altra mia, visto il 5 agosto. Egli segue la sua operazione senza posa, con superlativo strazio dell’anima. Io sento nell’interno un continuo rumoreggiare, simile ad una cascata, che gitta sempre sangue. Mio Dio! È giusto il castigo e retto il tuo giudizio, ma usami al fine misericordia. Domine, ti dirò sempre col tuo profeta: Domine, ne in furore tuo arguas me, neque in ira tua corripias me! (Ps 6, 2; 37, 1). Padre mio, ora che tutto il mio interno vi è noto, non isdegnate di fare giungere sino a me la parola del conforto, in mezzo a sì fiera e dura amarezza.

    W. Molino, Illustrazione dalla Domenica del Corriere, 1956




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    Predefinito Lettera di Padre Pio dell'8.9.1911 a Padre Benedetto da S. Marco in Lamis

    Epistolario, I, p. 234

    ...mi trovo in campagna a respirare un po' di aria più sana, dietro che ne ho sperimentato la miglioria ... .
    Ieri sera poi mi è successo una cosa che io non so né spiegare né comprendere. In mezzo alla palma delle mani è apparso un po' di rosso quasi quanto la forma di un centesimo, accompagnato anche da un forte e acuto dolore in mezzo a quel po' di rosso. Questo dolore era più sensibile in mezzo alla mano sinistra, tanto che dura ancora. Anche sotto i piedi avverto un po' di dolore. Questo fenomeno è quasi da un anno che si va ripetendo, però adesso per la prima volta glielo dico; perché mi sono fatto vincere sempre da quella maledetta vergogna. Anche adesso se sapesse quante violenza ho dovuto farmi per dirglielo! Molte cose avrei da dirle, ma mi viene meno la parola; solo le dico che i battiti del cuore, allorché mi trovo con Gesù sacramentato, sono molto forti.






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    Predefinito Dalle Lettere di S. Pio al Padre Benedetto di S. Marco in Lamis

    Lettera del 17.10.1918 (in Epistolario I, p. 1089 s.)

    Ho passato e passo ore terribili e tristi; fisico e morale mi danno già morte ad ogni momento. Dio è ignoto al mio spirito! O bene dell'anima mia, dove stai? Dove ti sei andato a nascondere? Dove ritrovarti? Dove cercarti? Non vedi, o Gesù, che l'anima mia ti vuol sentire ad ogni costo? Ti cerca da per ogni dove, ma non ti fai trovare se non nella piena del tuo furore, riempendola di un'estrema turbazione ed amarezza, dandole ad intendere quanto ti si addice e quanto ti si appartenga. Che vale ad esprimere la gravezza della mia posizione?! Ben mio! mi sei privo per sempre?! Ho una voglia di gridare e di lamentarmi con voce superlativamente forte, ma sono debolissimo e le forze non mi accompagnano. Ed intanto cosa farò io mai se non fare ascendere al tuo trono questo lamento: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?... Sarà necessario che io pronunzi il fiat nel mirare quel misterioso personaggio che mi impiagò tutto e non desiste dalla dura, aspra, acuta e penetrante operazione, e non dà tempo al tempo che venga a rimarginare le piaghe antiche, che già su di queste ne viene ad aprire delle nuove con infinito strazio della povera vittima?

    Lettera del 22.10.1918 (in Epistolario, I, p. 1093 s.)

    Cosa dirvi a riguardo di ciò che mi dimandate, del come sia avvenuta la mia crocifissione? Mio Dio! che confusione e che umiliazione io provo nel dover manifestare ciò che Tu hai operato in questa meschina creatura! Era la mattina del 20 dello scorso mese in corso, dopo la celebrazione della Santa Messa allorchè venni sorpreso dal riposo simile ad un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni nonchè le stesse facoltà dell'anima si trovavano in una quiete indescrivibile. In tutto questo vi fu totale silenzio intorno a me e dentro di me; vi subentrò subito una gran pace ed abbandono alla completa privazione del tutto ed una posa nella stessa rovina. Tutto questo avvenne in un baleno. E mentre tutto questo si andava operando, mi vidi dinanzi un misterioso Personaggio, simile a quello visto la sera del 5 agosto, che differenziava in questo solamente che aveva le Mani, i Piedi e il Costato che grondava sangue. La sua vista mi atterrisce; ciò che sentii in quello istante in me non saprei dirvelo. Mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore, il quale me lo sentivo sbalzare dal petto. La vista del Personaggio si ritira ed io mi avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano di sangue. Immaginate lo steazio che esprimentai allora e che vado esperimentando continuamente quasi tutti i giorni. La ferita del cuore gitta assiduamente del sangue, specie dal giovedì a sera fino al sabato. Padre mio io muoio di dolore per lo strazio e per la confusione susseguente che io provo nell'intimo dell'anima! Temo di morire dissanguato se il Signore non ascolta i gemiti del mio povero cuore col ritirare da me questa operazione.
    Mi farà questa grazia Gesù che è tanto buono? Toglierà almeno da me questa confusione che io esperimento per questi segni esterni? Innalzerò forte la mia voce a Lui e non desisterò dallo scongiurarlo affinche per sua Misericordia ritiri da me, non lo strazio, non il dolore, perchè lo veggo impossibile ed io sento di volermi inebriare di dolore, ma questi segni esterni che mi sono di una confusione e di una umiliazione indescrivibile ed insostenibile. Il personaggio di cui intendevo parlare non è altro che quello stesso di cui vi parlai nell'altra mia visto il 5 agosto. Egli segue la sua operazione senza posa, con superlativo strazio dell'anima. Io sento nell'interno un continuo rumoreggiare simile ad una cascata che gitta sempre sangue. Mio Dio! è giusto il castigo e retto il tuo giudizio, ma usami al fine misericordia. Domine, vi dirò sempre col tuo profeta, Domine, ne in furore tuo arguas me, ne in ira tua corripias me!

    Lettera del 20.12.1918 (in Epistolario, I, p. 1105)

    Un fuoco divoratore mi investe tutto e tutto mi tiene in doloroso deliquio. Le fitte tenebre mi coinvolgono tutto; una forza potentissima di essere quasi invisibile mi disperde; e mentre ritento a raccogliere i residuoi dispersi delle mie facoltà, tutto torna a smarrirsi e viene come stritolato ed annullato del tutto. Mio Dio! sono a te in profonda confusione; a te che sei quel che sei. Io ... nulla meschino, degno solo del tuo disprezzo e della tua commiserazione; ma ... rifletto che ho da far col Dio, che è mio. Ah! si, e chi vuole contendermelo? ... Padre, lo strazio che sento nell'animo e nel corpo per l'operazioni avvenute e che perdurano sempre, quando avranno fine? Dio mio, padre mio, io non ne posso più. Mi sento morire di mille morti in ogni istante. Mi sento divorare da una forza misteriosa, intima e penetrante che mi tiene sempre in un dolce, ma dolorosissimo deliquio.












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