Il 3 dicembre la Chiesa celebra la memoria di S. Francesco Saverio Apostolo ed evangelizzatore delle Indie Orientali e del Giappone.
Egli fu proclamato santo il 12 marzo 1622 da papa Gregorio XV, congiuntamente a S. Ignazio di Loyola, S. Teresa d'Avila, S. Isidoro l'agricoltore e S. Filippo Neri.
Condivide con S. Teresa del Bambin Gesù il patronato delle missioni.
La regione spagnola della Navarra lo elesse suo patrono nel 1621; titolo che dal 1657 condivide con S. Firmino. Nel 1985, il Parlamento della Navarra lo qualificò quale “ejemplo señero de inquietud humana e intelectual, de talante entregado y aventurero, del hombre que no desdeñó dificultades ni esfuerzos para recorrer las zonas más alejadas de la tierra. San Francisco Javier es el prototipo de navarro universal abierto a las culturas y a los pueblos del mundo entero, recordado y admirado todavía hoy, por comunidades de gran número de países en todos los continentes”.
Augustinus
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Dal sito SANTI E BEATI:
San Francesco Saverio (Francisco de Jaso Azpilcueta), Sacerdote
3 dicembre - Memoria
Xavier, Spagna, 1506 - Isola di Sancian, Cina, 3 dicembre 1552
Studente a Parigi conobbe sant'Ignazio di Loyola e fece parte del nucleo di fondazione della Compagnia di Gesù. E' il più grande missionario dell'epoca moderna. Portò il Vangelo a contatto con le grandi culture orientali, adattandolo con sapiente senso apostolico all'indole delle varie popolazioni. Nei suoi viaggi missionari toccò l'India, il Giappone, e morì mentre si accingeva a diffondere il messaggio di Cristo nell'immenso continente cinese. (Mess. Rom.)
Patronato: Giappone, India, Pakistan, Missioni, Missionari, Marinai
Etimologia: Francesco = libero, dall'antico tedesco
Martirologio Romano: Memoria di san Francesco Saverio, sacerdote della Compagnia di Gesù, evangelizzatore delle Indie, che, nato in Navarra, fu tra i primi compagni di sant’Ignazio. Spinto dall’ardente desiderio di diffondere il Vangelo, annunciò con impegno Cristo a innumerevoli popolazioni in India, nelle isole Molucche e in altre ancora, in Giappone convertì poi molti alla fede e morì, infine, in Cina nell’isola di Sancian, stremato dalla malattia e dalle fatiche.
Martirologio tradizionale (3 dicembre): San Francesco Saverio, Sacerdote della Compagnia di Gesù e Confessore, Apostolo delle Indie, celeste Patrono della Congregazione e dell'opera della Propagazione della Fede e di tutte le Missioni; il quale si riposò in pace nel giorno precedente.
(2 dicembre): In Sanciano, isola della Cina, il natale di san Francesco Saverio, Sacerdote della Compagnia di Gesù e Confessore, Apostolo delle Indie, illustre per la conversione degli infedeli, per grazie e miracoli; il quale, pieno di meriti e di fatiche, si riposò nel Signore. Lo stesso dal Sommo Pontefice Pio decimo fu eletto e costituito celeste Protettore della Congregazione e dell'opera della Propagazione della Fede; e dal Papa Pio undecimo venne dato e confermato speciale Patrono di tutte le Missioni. La sua festa, per decreto del Papa Alessandro settimo, si celebra il giorno seguente.
La prima memoria solenne del mese di dicembre, il Calendario della Chiesa la dedica a San Francesco Saverio, il più ardito missionario di tutti i tempi, Patrono delle Missioni, insieme con Santa Teresina di Lisieux.
Francesco aveva dieci anni quando il Cardinal Cisneros ordinò la distruzione, per ragioni politiche, del castello di Xavier, nella Navarra, dove era nato nel 1506. L'umiliazione della nobile famiglia feudale non scalfì però il giovane che avrebbe dato ben altra gloria al nome di Xavier, italianizzato in " Saverio ", e diventato, da nome famigliare, nome di battesimo, assai diffuso in tutti i paesi cattolici.
Studente a Parigi, Francesco Saverio aveva conosciuto un altro giovane spagnolo, Ignazio di Loyola. Con lui aveva formato la prima, piccola pattuglia della cosiddetta Compagnia di Gesù, destinata alla più ardimentosa guerriglia per la conquista delle anime.
Poi, Breviario sotto il braccio e Rosario al collo, Francesco era sceso a Venezia, dove era stato ordinato sacerdote. Sfumata, a causa di una guerra, la speranza di un passaggio per la Terrasanta, si era fermato a Roma, sempre a fianco d'Ignazio, pronto a qualsiasi impresa.
Il generale della Compagnia lo scelse tra i missionari per le colonie portoghesi in India. Francesco rispose con le parole degli Apostoli: " Eccomi. Andiamo ". S'imbarcò su una nave mercantile, sprovvisto di tutto, fuor del Breviario e del Rosario. Nei due mesi della traversata soffrì continuamente il mai di mare. Lo curò, curando i malati di bordo.
La sua prima terra di missione fu Goa, possedimento portoghese nel quale il Cristianesimo era già stato importato, ma non predicato e insediato nelle anime. Certo, non poteva essere molto amato, quel Rosario che serviva a contare le bastonate, nelle punizioni corporali degli Indiani!
Francesco Saverio portò invece il suo Rosario nei tuguri dei poveri, al capezzale dei malati, negli antri dei lebbrosi. Girava nei quartieri più squallidi, sonando un campanello, per raccogliere intorno a sé torme di ragazzi laceri e affamati. Lo chiamavano " il grande Padre " e della sua opera si mostravano soddisfatti, tanto il Vescovo quanto il Governatore.
Ma il suo cuore andava più lontano, verso coloro ai quali il messaggio di Cristo non era giunto, neppure con le nerbate. Appena poteva, s'imbarcava per andare tra i pescatori di perle sparsi nelle isolette, eppoi più lontano, nelle Molucche, tra infedeli ancora allo stato semiselvaggio.
Temendo per la sua vita, spesso gli venivano negate le imbarcazioni. " Andrò a nuoto" diceva Francesco Saverio. Cercavano di frenarlo, con la paura degli animali velenosi. Francesco sorrideva: " La fiducia in Dio - diceva - è un buon controveleno ".
Lo attirava un'isola lontana, il Giappone. Dopo mille vicende, riuscì a giungervi, ignaro dei costumi, ignaro della lingua, spesso vittima di curiosi o pericolosi equivoci. Ma non era equivoca la sua carità, che gli procurò un piccolissimo gruppo di convertiti, da lui chiamati " la delizia della mia anima ".
I Giapponesi però si domandavano perché il Cristianesimo, ch'egli predicava, non veniva dalla Cina, dove nascevano le cose più belle. E allora Francesco Saverio pensò di entrare in Cina. Riprese il mare, giunse in Malacca, a Singapore; arrivò a cento miglia da Canton.
Sulla sponda di un'isoIa, aspettava di fare quest'ultima traversata, quando si ammalò. Solo con un giovane cinese, che gli faceva da guida, implorava come il lebbroso evangelico: " Gesù, figlio di David, abbiate pietà di me! ". E Gesù ebbe pietà di lui, facendogli fare un'altra traversata. Il missionario più ardente e più ardito di tutti i tempi morì all'alba, il 3 dicembre del 1552, a soli 46 anni.
Fonte: Archivio Parrocchia
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Sermpe dallo stesso SITO altro profilo biografico:
Questo pioniere delle missioni dei tempi moderni, patrono dell'Oriente dal 1748, dell'Opera della Propagazione della Fede dal 1904, di tutte le missioni con S. Teresa di Gesù Bambino dal 1927, nacque da nobili genitori il 7-4-1506 nel castello di Xavier, nella Navarra (Spagna). Francesco non sarebbe diventato un giurista e un amministratore come suo padre, né un guerriero come i suoi fratelli maggiori, ma un ecclesiastico come un qualunque cadetto del tempo. Per questo nel 1525 si recò ad addottorarsi all'università di Parigi sognando pingui benefici nella diocesi di Pamplona. Il suo incontro con Ignazio di Loyola fu provvidenziale perché lo trasformò da campione di salto e di corsa in araldo del Vangelo, da professore di filosofia in Santo. Assegnato nel collegio di Santa Barbara alla medesima stanza del Saverio, il fondatore della Compagnia di Gesù aveva visto a fondo nell'anima di lui, gli si era affezionato e più volte gli aveva detto: "Che giova all'uomo guadagnare anche tutto il mondo, se poi perde l 'anima? (Mc. 8, 36). Più tardi Ignazio confiderà che Francesco fu "il più duro pezzo di pasta che avesse mai avuto da impastare" e il Saverio, nel fare quaranta giorni di ritiro sotto la direzione d'Ignazio prima d'iniziare lo studio della teologia, pregherà: "Ti ringrazio, o Signore, per la provvidenza di avermi dato un compagno come questo Ignazio, dapprima così poco simpatico".
Il 15-8-1534 anche lui, insieme al Loyola, nella chiesetta di Santa Maria di Montmartre fece voto di castità e di povertà e di pellegrinare in Palestina o, in caso d'impossibilità, di andare a Roma per mettersi a disposizione del papa. Anche lui, all'inizio del 1537, si trovò con gli altri primi sei compagni all'appuntamento fissato a Venezia, ma la guerra scoppiata tra la Turchia e la Repubblica Veneta impedi loro di mandare ad effetto il voto fatto. Ignazio e i suoi discepoli si dedicarono allora all'assistenza dei malati nell'ospedale degl'Incurabili fondato da S. Gaetano da Thiene e, dopo essere stati ordinati sacerdoti, alla predicazione per le piazze in uno strano miscuglio di lingue neo-latine. A Bologna specialmente il Saverio si acquistò fama di predicatore e di consolatore dei malati e dei carcerati, ma in sei mesi si rovinò la salute dandosi ad austerissime penitenze. S. Ignazio lo chiamò a Roma come suo segretario. Nella primavera del 1539 egli prese parte alla fondazione della Compagnia di Gesù e, l'anno dopo, fu mandato al posto di Nicolò Bobadilla, colpito da sciatica, alle Indie Orientali in qualità di legato papale per tutte le terre situate ad oriente del capo di Buona Speranza, in seguito alle insistenti preghiere rivolte da Giovanni III, re del Portogallo, a Ignazio per avere sei missionari.
Durante il penoso viaggio a vela, protrattosi per tredici mesi, il Saverio si sovraspese per l'assistenza spirituale ai 300 passeggeri facenti parte non certo della "buona società", nonostante che per due mesi avesse sofferto il mal di mare. Una notte, all'ospedale di Mozambico, avendolo il medico trovato tremante di febbre, gli ordinò di andare a letto. Poiché un marinaio stava morendo impenitente, gli rispose: "Non posso andarci. Un fratello ha tanto bisogno di me". Stabilitosi nel collegio di San Paolo a Goa, cominciò il suo apostolato (1542) tra la colonia portoghese, che, con la sua vita immorale, scandalizzava persino i pagani. Poi estese il suo ministero ai malati, ai prigionieri ed agli schiavi con tanta premura da meritare il titolo di "Santo Padre" e "Grande Padre". Con un campanello raccoglieva per le strade i fanciulli e ad essi insegnava il catechismo e cantici spirituali.
Dopo cinque mesi il governatore delle Indie lo mandò al sud del paese dove i portoghesi avevano costruito le loro fortezze, avviato i loro commerci e battezzato gl'indigeni e i prigionieri di guerra senza sufficiente preparazione. Molti di essi erano ricaduti nell'idolatria, come i pescatori di perle della costa del Paravi i quali, otto anni prima, avevano chiesto il battesimo per essere difesi dai maomettani. Francesco, che non possedeva il dono delle lingue, con l'aiuto d'interpreti tradusse subito nei loro idiomi le principali preghiere e verità della fede. Poi, per due anni, passò di villaggio in villaggio, a piedi o su disagevoli imbarcazioni di cabotaggio, esposto a mille pericoli, fondando chiese e scuole, facendosi a tutti maestro, medico, giudice nelle liti, difensore contro le esazioni dei portoghesi, salutato ovunque quale Santo e taumaturgo. "Talmente grande è la moltitudine dei convertiti - scriveva egli - che sovente le braccia mi dolgono tanto hanno battezzato e non ho più voce e forza di ripetere il Credo e i comandamenti nella loro lingua". In un mese arrivò a battezzare 10.000 pescatori della casta dei Macua, nel Travancore. Mentre era intento ad amministrare il sacramento, ricevette la triste notizia che 600 cristiani di Manaar avevano preferito lasciarsi uccidere anziché tornare al paganesimo. Ne provò un momento di sconforto: "Sono così stanco di vivere - scrisse - che la migliore cosa per me sarebbe morire per la nostra Santa fede". Lo rattristava il vedere commettere tanti peccati e non poterci fare nulla.
Benché continuamente a disposizione del prossimo, il Santo fu sempre trattato male da ufficiali e mercanti portoghesi, decisi a non permettere che la sua caccia alle anime intralciasse loro la ricerca di piaceri e di ricchezze. Noncurante degli uomini, negli anni successivi (1545-1547) egli aprì nuovi campi all'apostolato. Predicò per quattro mesi nell'importante centro commerciale di Malacca; visitò l'arcipelago delle Molucche; nell'isola di Amboina, presso la Nuova Guinea, riuscì ad avvicinare la popolazione impaurita di un villaggio stando seduto e cantando tutti gl'inni che sapeva; si spinse fino all'isola di Ternate, estrema fortezza dei portoghesi, e più oltre ancora, fino alle isole del Moro, al nord delle Molucche, abitate da cacciatori di teste. Colà agli ospiti indesiderati si servivano pietanze avvelenate. Quando il Saverio decise di visitarle, gli suggerirono di portare con sé degli antidoti, ma egli preferì riporre in Dio tutta la sua fiducia. "Queste isole - scriverà il 20-1-1548 - sono fatte e disposte a meraviglia perché vi ci si perda la vista in pochi anni per l'abbondanza delle lacrime di consolazione... Io circolavo abitualmente nelle isole circondate da nemici e popolate da amici poco sicuri, attraverso terre sprovviste di qualsiasi rimedio per le malattie e prive di qualsiasi soccorso per conservare la vita". Ciononostante egli pregava: "Non allontanarmi, o Signore, da queste tribolazioni se non hai da mandarmi dove io possa soffrire ancora di più per amore tuo".
Dopo tre mesi di fatiche, tornò a Ternate. Il sultano regnante fece buona accoglienza al missionario, ma alla fede cristiana preferì le sue cento mogli e le numerose concubine. Raggiunta Malacca nel dicembre 1547, la Provvidenza fece incontrare al Saverio un fuggiasco giapponese, Anjiro, desideroso di farsi cristiano per liberarsi dal rimorso cagionatogli da un delitto commesso in patria. Il Santo rimase talmente sedotto dalle notizie da lui avute sul Giappone e i suoi abitanti che concepì un estremo desiderio di andarli ad evangelizzare. Dopo aver provveduto per il governo del Collegio di San Paolo a Goa e l'invio di missionari nelle località visitate, parti per il Giappone in compagnia di Anjiro, suo collaboratore. Sbarcò a Kagoshima, nell'isola di Kiu-Sciu, il 15-8-1548. Il principe Shimazu Takahisa lo accolse gentilmente, e mentre egli studiava la lingua del paese, Anjíro convertiva al cattolicesimo oltre un centinaio di parenti e amici. "I Giapponesi - scrisse il Saverio in Europa - sono il migliore dei popoli". Quando il principe, sobillato dai bonzi, vietò ogni ulteriore battesimo, il coraggioso missionario decise di presentarsi addirittura all'imperatore e alle università della capitale, Miyako (Kyoto), ma a causa della guerra civile endemica le università non vollero aprirgli le porte e l'imperatore in fuga non volle riceverlo (1551), perché sprovvisto di doni e poveramente vestito. Si presentò allora in splendidi abiti e con preziosi doni al principe di Yamaguchí che gli concesse piena libertà di predicazione. In breve tempo egli riuscì a creare una fiorente cristianità che formò 1e delizie della sua anima" e ad estenderla nel vicino regno di Bungo.
Quando nell'inverno del 1551, richiamato da urgenti affari, il Saverio ritornò in India, in Giappone c'erano oltre 1.000 cristiani. Le fatiche avevano imbiancato i suoi capelli. Quante volte, sempre immerso nella preghiera, aveva dovuto camminare a piedi nudi e sanguinanti o passare a guado fiumi gelati! Quante volte, affamato e intirizzito, era stato cacciato dalle locande a sassate! Sovente cadde esausto sul ciglio delle strade. Per poter proseguire il suo viaggio talora dovette occuparsi come stalliere presso viaggiatori più fortunati.
Per i Giapponesi, i Cinesi erano i maestri indiscussi di ogni scibile. Essendosi sempre sentito opporre dai bonzi che se la religione cristiana fosse stata vera, i cinesi l'avrebbero già conosciuta, decise di andarli a convertire. Poiché la prigione o la morte erano la sorte che toccava a tutti gli stranieri che cercavano di entrare in quel paese, il Saverio organizzò un'ambasciata alla corte dell'imperatore della Cina, di cui egli avrebbe fatto parte. A Malacca però l'ammiraglio portoghese in carica, irritato perché non era stato scelto lui come ambasciatore, mandò a monte il progettato viaggio denunciando pubblicamente il Santo come falsificatore di bolle papali e imperiali. Senza lasciarsi abbattere dal grave colpo, l'illuminato apostolo il 17-4-1552 approdò all'isola di Sanciano con un servo cinese convertito, Antonio di Santa Fe. Colà trovò antichi amici che gli offersero ospitalità e un contrabbandiere che per 200 ducati si dichiarò disposto a sbarcarli segretamente alle porte di Canton. Ad un amico il Santo scrisse: "Pregate molto per noi, perché corriamo grande pericolo di essere imprigionati. Tuttavia, già ci consoliamo anticipatamente al pensiero che è meglio essere prigionieri per puro amor di Dio, che essere liberi per avere voluto fuggire il tormento e la pena della croce".
Il giorno stabilito il contrabbandiere mancò alla parola data. Nel rigido inverno, il Saverio si ammalò di polmonite, e privo com'era di ogni cura morì in una capanna il 3-12-1552 dopo avere più volte ripetuto: "Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me! 0 Vergine, Madre di Dio, ricordati di me!". Il suo corpo fu seppellito dal servo nella parte settentrionale dell'isola, in una cassa ripiena di calce. Due anni dopo fu trasportato, integro e intatto, prima a Malacca e poi a Goa, dove si venera nella chiesa del Buon Gesù.
Paolo V beatificò il Saverio il 21-10-1619 e Gregorio XV lo canonizzò il 12-3-1622. Si calcola che il Santo missionario abbia conferito il battesimo a circa 30.000 pagani. Il suo continuo peregrinare per lontanissime regioni diede ad alcuni l'impressione che fosse di temperamento volubile. Come legato del papa, pioniere, superiore e provinciale dei Gesuiti, era spiegabile che egli, ardentissimo della gloria di Dio e della salvezza delle anime, sospirasse di prendere visione del suo sterminato territorio per inviarvi gli operai occorrenti. S. Ignazio avrebbe preferito che, invece di pagare di persona, fosse rimasto ad amministrare le missioni dell'India, e avesse inviato a dissodare il terreno altri confratelli. La lettera che gli scrisse per richiamarlo, almeno provvisoriamente, in Europa, giunse quando egli era già morto.
Morte di S. Francesco Saverio