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    Predefinito 16 novembre - S. Gertrude di Helfta, detta la Grande, vergine

    Dal sito SANTI E BEATI (con aggiunte):

    Santa Geltrude (Gertrude) la Grande, Vergine

    16 novembre - Memoria Facoltativa

    Eisleben (Germania), ca. 1256 - Monastero di Helfta (Germania), 1302

    Geltrude, detta la grande, entrò nel monastero cistercense di Helfta. Donna di profonda cultura anche profana, alimentò la sua vita spirituale nella liturgia specialmente eucaristica, nella Scrittura e nei Padri. Ebbe un'elevata esperienza mistica, caratterizzata dal vivo senso della libertà dei figli di Dio e da una tenera devozione all'umanità di Cristo. Precorse il culto al Cuore di Gesù. (Mess. Rom.)

    Etimologia: Geltrude = la vergine della lancia, dal tedesco

    Emblema: Giglio, pastorale, Cuore di Gesù

    Martirologio Romano: Santa Geltrude, detta Magna, vergine, che, fin dall’infanzia si dedicò con grande impegno e ardore alla solitudine e agli studi letterari e, convertitasi totalmente a Dio, entrò nel monastero cistercense di Helfta vicino a Eisleben in Germania, dove percorse mirabilmente la via della perfezione, consacrandosi alla preghiera e alla contemplazione di Cristo crocifisso. Il suo transito si celebra domani.
    (17 novembre: A Helfta vicino a Eisleben nella Sassonia in Germania, anniversario della morte di santa Geltrude, vergine, la cui memoria si celebra il giorno precedente a questo).

    Martirologio tradizionale (16 novembre): Santa Gertrude, Vergine il cui natale si ricorda il giorno seguente.

    (17 novembre): Cosi pure ad Helfta, in Sassonia, il natale di santa Gertrude Vergine, dell'Ordine di san Benedetto, la quale fu Illustre pel dono delle rivelazioni. La sua festa però si celebra il giorno precedente.

    Una grande ricorrenza cade il 16 novembre: quella di S. Gertrude o Geltrude, detta «la grande», per distinguerla da una dozzina di sante che portano questo nome, fu mistica e devota del Sacro Cuore, la quale, pur non essendo mai stata canonizzata uffìcialmente, dal 1738 la sua festa liturgica, dapprima concessa ai monasteri benedettini, fu estesa a tutta la Chiesa. S. Gertrude è patrona delle Indie occidentali.
    Invece delle origini familiari, conosciamo le sue passioni giovanili: letteratura, musica e canto, arte della miniatura. Per una ragazza del suo tempo, queste non sono cose tanto comuni. Gertrude, infatti, ha fatto i suoi studi, ed è certo quindi che veniva da una famiglia benestante. Ma non era figlia di nobili, come hanno scritto alcuni, confondendola con un’altra Gertrude. Comunque, già all’età di cinque anni, la sua famiglia la mette a scuola nel monastero di Helfta, in Sassonia, che all’epoca segue le consuetudini cistercensi.
    E qui Gertrude trova la grande Matilde di Magdeburgo, maestra di spiritualità e anche di bello scrivere: la narrazione delle sue esperienze mistiche, Lux divinitatis, costituisce un elegante testo poetico. Matilde è il personaggio decisivo nella vita interiore di molte giovani che l’avvicinano, maestra di una spiritualità fortemente attratta dal richiamo mistico. A questa scuola cresce Gertrude, che tuttavia non sembra percorrere tranquillamente la frequente trafila alunna-postulante-monaca. Alcune fonti, addirittura, le attribuiscono momenti di vita “dissipata”. Però a 26 anni diventa un’altra; o, come dirà successivamente lei stessa: il Signore, "più lucente di tutta la luce, più profondo di ogni segreto, cominciò dolcemente a placare quei turbamenti che aveva acceso nel mio cuore".
    Una mutazione che sorprende molti, e che lei stessa attribuisce a una visione, seguita poi da altri fenomeni eccezionali come visioni, estasi, stigmate. E in aggiunta vengono a tormentarla le malattie. Ma accade a lei come ad altre donne e uomini misteriosamente “visitati” che l’infermità fisica, invece di fiaccarli, li stimola. Gertrude vorrebbe vivere in solitudine questa avventura dello spirito, ma non sempre può: le voci corrono, arriva al monastero gente per confidarsi, per interrogarla, anche semplicemente per vederla. E questa contemplativa malata ha momenti di stupefacente attivismo, nel contatto con le persone e nell’impegno di divulgatrice del culto per l’umanità di Gesù Cristo, tradotta nell’immagine popolarissima del Sacro Cuore. Accoglie tanti disorientati e cerca di aiutarli. Per raggiungerne altri scrive, sull’esempio di Matilde, e lo fa con l’eleganza che è frutto dei suoi studi.
    Quell’impegno di adolescente e di giovane nelle discipline scolastiche l’ha preparata a essere “apostolo” nel modo richiesto dai suoi tempi. E anche precorritrice di Teresa d’Avila e di Margherita Maria Alacoque.
    La fama di santità l’accompagna già da viva, e dura nel tempo, anche se ci vorrà qualche secolo per il riconoscimento ufficiale del suo culto nella Chiesa universale. Ma per chi l’ha conosciuta e ascoltata, Gertrude è già santa al momento della morte nel monastero di Helfta, all’età di circa 46 anni.

    Autore: Domenico Agasso










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    da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste , trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1282-1287

    16 NOVEMBRE

    SANTA GERTRUDE, VERGINE [1]

    La spiritualità antica.


    La scuola spirituale, che segue san Benedetto, patriarca dei monaci di occidente, si inizia con san Gregorio Magno e in essa fu tanta la libertà che lo Spirito Santo si prese che si videro donne dotate di spirito profetico non meno degli uomini. Basta ricordare santa Ildegarda e santa Gertrude, a fianco della quale stanno con onore santa Metilde e la grande santa Francesca Romana. Lo può costatare chi conosce gli autori più recenti di ascesi e di mistica, come il sapore sia molto diverso e l'autorità dolcissima, che non si impone, ma trascina. In tale scuola nessuno studio, nessuna strategia, nessuna dotta analisi come in altre scuole; procedimenti più o meno riusciti, che non possono essere ripresi senza rischio di esserne stanchi.

    Il Padre Faber rilevò con la sua solita sagacità i vantaggi di tale forma di spiritualità che rispetta la libertà di spirito e, senza metodi rigorosi, produce nelle anime le disposizioni che i metodi moderni non sanno sempre ottenere. - Non si leggono, egli dice, gli scrittori della vecchia scuola spirituale di san Benedetto senza ammirare la libertà di spirito che regna nella loro anima. Ce ne dà esempio chiarissimo santa Gertrude, la quale vive nello spirito di san Benedetto. Lo spirito della religione cattolica è di naturalezza e di libertà e l'antica scuola ascetica dei Benedettini ebbe questa caratteristica. Gli scrittori moderni hanno voluto fissare tutto, causando deplorevolmente più male che bene (Tutto per Gesù, c. VIII, par. 8).

    Gli Esercizi.

    Sono varie le strade, e ogni strada che conduce a Dio attraverso la riforma di se stesso è buona, ma abbiamo solo voluto dire che chi si affida ai suggerimenti di un santo della vecchia scuola non spreca il tempo e, se incontrerà meno filosofia, meno psicologia sulla sua strada ha il vantaggio di essere conquistato dalla semplicità e autorità delle parole e di essere scosso e subito spinto dalla evidenza del contrasto che esiste tra lui e la santità della sua guida. L'anima che si propone di stringere la sua intimità con Dio e ha raggiunto una rettitudine di intenzione e un sincero raccoglimento, se seguirà santa Gertrude, soprattutto gli insegnamenti della sua settimana di Esercizi, ne ricaverà una felice trasformazione. Possiamo assicurare che ne verrà fuori totalmente diversa e si può pensare che vi tornerà più d'una volta e con piacere, perché ricorda di non essersi affatto stancata e di aver goduto piena libertà di spirito. Così lontana dalla santità, forse sarà rimasta confusa nel trovarsi tanto vicina ad un'anima santa, ma accorgendosi di avere con essa un fine comune, stimerà dovere, abbandonare la via pericolosa delle mollezze, che la porterebbe alla rovina.

    Metodo di santa Gertrude.

    Se ci chiedono dove ha tratto la santa il fascino, che esercita su chi appena l'ascolta, rispondiamo che il suo segreto sta nella santità. Non si perde ad insegnare a camminare, ma cammina. Un'anima beata discesa dal cielo, per restare qualche tempo fra gli uomini, parlando la lingua della patria in questa terra di esilio, trasformerebbe tutti coloro, i quali avessero la fortuna di ascoltarla. Santa Gertrude, ammessa già quaggiù alla più intima familiarità con il Figlio di Dio, pare abbia qualcosa dell'accento che avrebbe quell'anima ed è questo il motivo per cui le sue parole sono dardi penetranti, che abbattono ogni resistenza in coloro che si collocano a tiro di essi. La sua dottrina, pura ed elevata, rischiara l'intelligenza, ma tuttavia non c'è dissertazione; il cuore si commuove e tuttavia Gertrude parla soltanto a Dio; l'anima si giudica, si condanna, si rinnova nella compunzione e tuttavia Gertrude non si è impegnata, nemmeno per un momento, a collocarla in uno stato artificioso.

    Scrittura e Liturgia.

    Chi vuole rendersi conto della particolare unzione della sua parola ricerchi la sorgente dei suoi sentimenti e delle espressioni con le quali si traducono. Tutto esce dalla parola divina, non quella soltanto che udì dallo Sposo celeste, ma anche quella che fu suo nutrimento con la lettura dei libri sacri e con la santa Liturgia. Vivendo nel chiostro, attinse continuamente luce e vita alle sorgenti della verace contemplazione nella quale l'anima si disseta alla fonte di acqua viva, che zampilla dalla divina salmodia e dalla parola ispirata dei divini Uffici. Gertrude è così inebriata di questo celeste liquore che non dice parola senza svelare il fascino che vi ha trovato. La sua vita è così assorbita dalla Liturgia che vediamo sempre nelle sue Rivelazioni il Signore che le appare, che le manifesta i celesti misteri, la Madre di Dio e i Santi che si presentano a lei e conversano a riguardo di un'Antifona, di un Responsorio, di un Introito, che Gertrude sta cantando con delizia e del quale gusta tutto il sapore.

    Da questo deriva in lei un lirismo continuo, non ricercato, ma che le è divenuto come naturale; un entusiasmo sacro al quale non si può sottrarre, che la porta a scrivere tante pagine nelle quali la bellezza letteraria giunge all'altezza dell'ispirazione mistica. Nel secolo decimoterzo, prima di Dante, nel monastero della Svezia, Gertrude risolvette il problema della poesia spiritualista. Ora la tenerezza dell'anima sua si effonde in toccante elegia, ora il fuoco che consuma sprizza in cocenti trasporti, ora usa la forma drammatica! per rendere i sentimenti che la dominano. Talvolta i suoi sublimi voli si arrestano e l'emula dei Serafini pare voler ritornare sulla terra, ma per ripartirne presto ed elevarsi maggiormente. Ha luogo una incessante lotta tra la sua umiltà, che la trattiene prona nella polvere e il suo cuore che anela a Gesù che l'attira e le da tante prove di amore.

    Gertrude e Teresa.

    I passi più sublimi di santa Teresa, messi a confronto con le effusioni di santa Gertrude, non ne diminuiscono per noi la meravigliosa bellezza; ci sembra anzi che spesso la vergine tedesca superi la vergine spagnola. Ardente e impetuosa, Teresa non ha la sfumatura malinconica e riflessa di Gertrude. Questa, ben preparata nella lingua latina, continuamente nutrita delle Scritture e dei divini Uffici, che per lei non hanno oscurità, usa un linguaggio ricco e potente, che sembra generalmente superare le mirabili effusioni di Teresa, almeno per chi non ha molta familiarità per queste cose.

    Santa Gertrude si rivolge a tutti.

    Il lettore non si spaventi al pensiero di essere di colpo sotto la guida di un Serafino, mentre la coscienza gli dice che deve ancora percorrere a lungo la via purgativa, prima di sognare di percorre strade che potrebbe anche non raggiungere mai. Ascolti semplicemente Gertrude, la mediti e abbia fede di raggiungere la meta. La santa Chiesa, che ci mette in bocca i salmi del Re Profeta, sa bene che le loro espressioni sorpassano spesso i sentimenti dell'anima nostra, ma sa che il mezzo per arrivare all'unisono con questi cantici divini è il recitarli frequentemente con fede e umiltà, ottenendo così la trasformazione, che nessun altro mezzo avrebbe ottenuta. Gertrude dolcemente ci distacca da noi stessi e ci conduce a Cristo, precedendoci da lontano, ma trascinandoci dietro di sé. Gertrude va diritta al cuore dello Sposo, come è giusto, ma noi dobbiamo esserle già molto riconoscenti se ci conduce ai piedi di lui, come Maddalena, pentiti e trasformati.

    Anche quando scrive per le sue religiose, bisogna guardarsi dal credere che la lettura delle sue pagine commoventissime sia inutile per chi vive la vita nel mondo, perché la vita religiosa esposta da una interprete simile è spettacolo istruttivo e interessante ed eloquentissimo. È forse lecito ignorare che la pratica dei precetti diventa più agevole per chi ha approfondito e ammirato la pratica dei consigli? Il libro della Imitazione non è che il libro di un monaco scritto per i monaci e tuttavia chi sa dire per quante mani passa? Quante persone del secolo non subiscono il fascino degli scritti di santa Teresa? E tuttavia santa Teresa, la vergine del Carmelo, concentra tutti i suoi scritti e la sua dottrina sulla vita religiosa.

    Non analizziamo qui meraviglie che ciascuno deve contemplare direttamente. Nella nostra società, che ha perduto il gusto del linguaggio sicuro e vivo dei tempi ricchi di fede, guasta, per quanto riguarda la pietà, a causa delle scempiaggini e delle presuntuosità mondane dei libri di divozione che tutti i giorni vengono fuori, santa Gertrude stupirà e urterà molti e allora che cosa si deve fare? Quando si è disimparato il linguaggio della pietà antica, che formava i santi, il meglio che si possa fare è impararlo di nuovo e per questo santa Gertrude servirebbe assai bene.

    Gli ammiratori di santa Gertrude sono molti, ma più degli ammiratori conta la Chiesa, la Madre dei fedeli, sempre guidata dallo Spirito Santo, che rende testimonianza alla Santa con la Liturgia. Nella Liturgia infatti la Chiesa raccomanda e glorifica davanti a tutti i cristiani la persona di Gertrude e lo spirito che l'animava con il solenne giudizio contenuto nell'Ufficio della Santa (Dom Guéranger, Les Exercices de sainte Gertrude, 1863, nella prefazione).
    VITA - Santa Gertrude entrò nel 1261 nel monastero di Helfta presso Eisleben, nella Sassonia. Aveva 5 anni ed era per di più orfana. Prove e rinunce, insieme con l'osservanza monastica, formarono l'anima sua e la disposero a ricevere da Dio grazie eccezionali. Influirono su di essa profondamente tre religiose: Gertrude di Hackeborn, sua abbadessa, suor Metilde di Magdeburgo, sorella dell'abbadessa e santa Metilde. A ventiquattro anni circa, fu favorita con divine rivelazioni che raccolse nel suo libro L'Araldo del divino amore. Scrisse anche gli Esercizi e morì il 17 novembre 1301 o 1302. Le sue Rivelazioni furono pubblicate molto tardi e solo nel 1677 fu iscritta nel Martirologio. Le Americhe la scelsero come Patrona e il Nuovo Messico fondò in suo onore una città.
    Elevazione all'Amore divino.

    O rivelatrice del Sacro Cuore, quale miglior preghiera potremmo fare in tuo onore di quella che facciamo, volgendoci al Figlio della Vergine benedetta e dicendo con te : "Luce vespertina dell'anima mia, Mattino fulgente del più dolce chiarore, diventa giorno in me. Amore che rischiari e divinizzi, vieni a me con la tua potenza, vieni e sciogli tutto il mio essere. Distrutta in ciò che sono io, fa' che io sia tutta in te e più non viva nel tempo, ma ti sia unita per l'eternità.

    Tu mi amasti per primo, tu mi scegliesti, tu sei colui che accorri spontaneamente verso la creatura caduta e il fulgore della luce eterna brilla sulla tua fronte. Mostrami il tuo viso tutto raggiante dei fulgori del sole divino. Come può la scintilla esistere, lontana dal fuoco che la produsse? Come si conserva la goccia fuori della sorgente dalla quale è uscita? Perché amasti me, creatura insozzata, o Amore, se non perché mi volevi rendere bella in te? Tu, il fiore delicato prodotto dalla Vergine Maria, mi seduci e mi trascini con la tua bontà misericordiosa. O Amore, mio magnifico meriggio, vorrei mille volte morire, per riposare in te!

    Nell'ora della mia morte, mi sosterrai, o Carità, con le tue parole, dolci più del vino squisito; sarai la mia via, mi aiuterai, o mia Regina, ad arrivare ai pascoli meravigliosi e fertili, che il divin deserto recinge, dove inebriata di felicità, sarò ammessa a godere della presenza dell'Agnello, che è mio Sposo e mio Dio. O Amore, che sei Dio, senza di te cielo e terra non avrebbero da me una speranza, né un desiderio. Compi in me l'unione che tu stesso desideri e tale unione sia il mio termine, la consumazione di tutto il mio essere. Nei lineamenti del mio Dio la tua luce splende come quella dell'astro della sera e quando morirò mostrami il tuo fulgore.

    Amore, Sera mia diletta, la fiamma che eternamente arde nella tua essenza, consumi in quel momento tutte le scorie della mia vita. O mia dolce Sera, fa' che mi addormenti in te di un sonno tranquillo e che io gusti il beato riposo, che hai preparato in te per quelli che ami. Col tuo solo sguardo, così calmo e pieno di fascino, degnati dispone ogni cosa e dirigere i preparativi delle mie nozze eterne. Sii, o Amore, per me una Sera così bella che l'anima mia rapita dica con gioia un dolce addio al corpo e che il mio spirito, tornando al Signore che lo ha creato, riposi in pace sotto la tua ombra amata" (Quinto esercizio: Per rianimare in se stessi l'amore di Dio).
    -------------------------------------------------------------------------
    NOTE

    [1] Dom Guéranger trattò di questa festa nel suo libro Esercizi di Santa Gertrude e riteniamo utile riportare nelle pagine che seguono quanto egli scrisse.

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    SANTA GERTRUDE "LA GRANDE":

    PERDUTAMENTE INNAMORATA DI CRISTO


    Questo mese vi presento una donna vissuta per quarant’anni, cioè quasi tutta la vita, in un monastero medievale. Mi sono chiesto prima se ha ancora un significato oggi alle soglie del Terzo Millennio fare un simile esercizio di memoria storica o, se preferite, un po’ di “archeologia agiografica”. Certo il mondo delle quattro mura del suo monastero non era come il nostro oggi. Qualcuno aggiungerà: è una donna che ha conosciuto una realtà che non è la vera realtà, quella di tutti i giorni. Ha vissuto una vita che non è la nostra vita. Allora perdiamo tempo? Non direi.

    La donna (e monaca) in questione è santa Geltrude di Helfta. Per i tedeschi è “die Heilige Gertrud die Grosse”. “Die Grosse” cioè “la Grande”: non è una donna “santa” (“heilige”) qualsiasi quindi: è l’unica donna nella storia tedesca ad essere chiamata “die Grosse”. Come titolo non c’è male. Con la sua esperienza spirituale e con i suoi scritti si è conquistata inoltre altri due titoli importanti: primo quello di “Teresa di Germania” perché sotto molti aspetti richiama la grande Teresa di Avila e, secondo, di “Teologa del Sacro Cuore” perché con la sua particolare devozione al Cuore divino del Cristo preannunciava e preparava santa Margherita Maria Alacoque che ne sarà la grande apostola. Anche l’iconografia ama rappresentare Geltrude con un cuore visibile nel petto, sul quale si può vedere il Bambino Gesù, in conformità alle parole attribuite a Gesù medesimo: “In Corde Gertrudis invenietis Me” cioè “Nel cuore di Geltrude troverete Me”.

    27 gennaio 1281: la conversione di Geltrude

    Geltrude nacque nel 1256 nella Turingia probabilmente ad Eisleben, a nord ovest di Lipsia. Della sua infanzia rimane solamente un avvenimento decisivo: l’entrata ancora bambina nel monastero cistercense di Helfta nella Sassonia (da qui il nome di Geltrude di Helfta).

    Per vent’anni niente di eccezionale. Lo studio e la preghiera furono la sua attività principale. Era di intelligenza pronta ed acuta che la faceva eccellere tra le sue consorelle (rimase sempre umile lo stesso), e nello studio mise tutta la sua passione ed impegno. Non risparmiò fatica per consolidare la propria cultura nel campo delle lettere, della filosofia, del canto e nell’arte della miniatura. Questa sua dedizione totale allo studio di Geltrude era anche favorita dal “clima culturale” che si respirava in questo monastero (negli ultimi decenni del 1200) dovuto alla presenza di alcune monache eccezionali. Geltrude di Hackeborn, badessa e sua sorella Matilde che diventerà anche lei badessa, e scriverà un’opera di alto valore spirituale il “Liber specialis gratiae”.

    Dal 1270 si era poi ritirata nello stesso monastero di Helfta Matilde di Magdeburgo. Quest’ultima scriverà uno dei capolavori della mistica tedesca “Das fliessende Licht der Gottheit’’ cioè “Il Fluire della Luce della Divinità”.
    Parlando di mistica il teologo G. Moioli distingue due grandi tipologie suggerite dalla stessa storia. La prima è quella della “mistica dell’essenza” (Wesensmystik) rappresentata dalla cosiddetta tendenza “renano-fiamminga” (sec. XIII-XIV) e della “mistica sponsale” (Brautmystik), e seconda, la mistica dell’“assenza” illustrata specialmente dai grandi mistici spagnoli (sec. XVII).

    Con la sua opera Matilde di Magdeburgo cominciava già ad aprire una nuova strada nel campo spirituale superando le forme impersonali e oggettive delle esperienze mistiche precedenti (mistica dell’Essenza), per accogliere sempre più il carattere personale ed affettivo. Si cominciava ad intravedere, sotto l’influsso di una profonda comprensione dell’umanità di Cristo, l’elemento “sponsale” e l’allegoria nuziale della esperienza spirituale, che aveva come fine del proprio itinerario la perfetta unione col Verbo incarnato. Queste idee influenzeranno l’esperienza spirituale e mistica di Geltrude collocandola quindi nella tipologia della “Brautmystik” o “mistica sponsale”.

    Ma la svolta decisiva o “conversione” non venne grazie a questo clima anche se altamente culturale e spirituale che si respirava nel suo monastero. C’è stata una... “spinta” gentile dall’alto (diversa dalla metodologia poco “soft” usata da Dio con Paolo di Tarso sulla via di Damasco). Geltrude pensava con più passione allo studio e alla propria crescita culturale che alle cose religiose e agli impegni spirituali. Questi ultimi li viveva un po’ tiepidamente. Verso la fine del 1280 entrò in crisi: provò l’angosciosa sensazione di sentirsi assolutamente sola, sperduta, inutile e avvilita mentre assisteva al crollo di tutti i suoi ideali umani. Da questo abisso di angoscia e solitudine esistenziale, ella rinacque spiritualmente donandosi a Cristo incondizionatamente e totalmente. Ecco la conversione. Che cosa era avvenuto?

    Era il 27 gennaio 1281 quando ebbe una prima visione del Cristo Redentore, nella sembianza di un adolescente. Scrisse poi lei stessa: “Io lodo, io adoro, io benedico, io ringrazio come posso la vostra sapiente misericordia e la vostra misericordiosa sapienza, perché voi, mio Creatore e mio Redentore, vi sforzaste di ridurre una testa indomabile sotto il vostro giogo soave…”.
    Questa conversione agì particolarmente su due fronti: quello ascetico e culturale. Geltrude riprese con vigore e rigore l’osservanza della regola religiosa, inasprita liberamente con lunghe veglie e digiuni, che culminarono poi in lunga serie di sofferenze e malattie. La seconda svolta si ebbe sui suoi interessi culturali. Geltrude tagliò netto con le discipline profane e si dedicò esclusivamente allo studio della Scrittura, della teologia e delle opere patristiche, privilegiando sant’Agostino, san Gregorio Magno, san Bernardo e Ugo da San Vittore.

    Geltrude “de-scrittrice” della propria esperienza mistica

    Dopo la conversione si preoccupò non solo di studiare per sé ma di fare anche dono agli altri delle scoperte spirituali fatte nelle rivelazioni e nelle riflessioni. Abbiamo così Geltrude scrittrice e de-scrittrice della propria esperienza spirituale.
    Due le opere principali che hanno consacrato Geltrude come una scrittrice di mistica.
    La prima chiamata “Il Messaggero della divina misericordia”. Qui descrisse le visioni e rivelazioni che ella ebbe da Gesù Cristo e la straordinaria confidenza che ebbe con Lui. «È la prima volta, nella storia cristiana che una donna scrive una autobiografia spirituale in cui il rapporto con Dio è narrato in termini così espliciti come un rapporto d’amore. È forse un linguaggio poco abituale oggi tra i cristiani, ma questo cercarsi ed incontrarsi tra uomo e Dio ha usato, spesso, e necessariamente, il linguaggio dell’amore, come nel Cantico dei Cantici.

    Così anche Geltrude. Lei è innamorata di Cristo e Cristo di lei. E Geltrude, come già Bernardo di Clairvaux, racconta dialoghi con Cristo, le carezze, gli abbracci che si scambiano, come farà dopo di lei Angela di Foligno. E Geltrude trova l’immagine del cuore... Nel cuore è il segno dell’amore di Dio per l’uomo, a cui l’uomo può rispondere con lo stesso calore d’amore: “intrare ad cor”, scrive Geltrude. Questo è il solo vero rapporto tra uomo e Dio, entrare nel cuore di Dio poiché il Padre con il Figlio è entrato nel cuore dell’uomo» (Claudio Leonardi).

    La seconda opera ha per titolo “Exercitia Spiritualia septem”. È un “raro gioiello di letteratura ascetico-mistica... Essi consistono in varie preghiere e meditazioni di ispirata bellezza e si dividono in sette differenti esercizi: il primo per recuperare l’innocenza battesimale, il secondo per la conversione spirituale, il terzo per la consacrazione a Dio, il quarto per la rinnovazione della professione religiosa, il quinto per eccitare l’amore divino; il sesto è un’azione di grazie, ed il settimo è un supplemento di soddisfazione per i nostri peccati ed una preparazione alla morte” (Niccolò del Re). Sono Esercizi che hanno un valore ancora oggi (magari chi è sposato integrando il quarto con la rinnovazione delle proprie promesse matrimoniali...). Essi rivelano tutta la personalità di Geltrude ed il suo grandissimo abbandono e confidenza in Dio.

    Messaggio spirituale di Geltrude

    Geltrude è santa e mistica. Ma cosa vuol dire mistica e vita mistica? Ecco la definizione di un teologo.

    “La vita mistica è caratterizzata dalla presa di coscienza della presenza dentro di sé del Dio vivente, il Dio dell’amore. Come tale essa non è il risultato di uno sforzo, perché l’uomo è incapace di accedervi con le sue sole proprie forze. Essa è un dono divino.

    Ma tale dono non può essere conseguito se non si marcia speditamente e con pazienza sul duro sentiero della preghiera, se non ci si impegna a compiere, fedelmente, giorno per giorno, la volontà di Dio, se non si consente a svelare (o riconoscere) la propria profonda miseria e non si rinuncia definitivamente a compiacersi di se stessi; soprattutto, se non si crede ostinatamente nell’amore del Padre, accettando le purificazioni di questo amore” (Giannino Piana).

    E a questa esperienza dell’unione mistica con Dio siamo chiamati tutti, come afferma il Catechismo Universale (n. 2014):

    “Il progresso spirituale tende all’unione sempre più intima con Cristo. Questa unione si chiama mistica, perché partecipa al mistero di Cristo mediante i sacramenti – i santi misteri – e, in lui, al mistero della santa Trinità. Dio chiama tutti a questa intima unione con lui, anche se soltanto ad alcuni sono concessi grazie speciali o segni straordinari di questa vita mistica...”.

    Le esperienze propriamente mistiche sono quindi un dono di Dio. Ma come tutti i doni di Dio anche questo è impegnativo: richiede a tutti pazienza e l’impegno duro nella lotta quotidiana per il bene (ascesi); un dono da mantenere e meritare ancora “portando la propria croce”, nella ricerca e nel compimento pieno di amore della volontà di Dio. Come ha fatto Geltrude e tutti i santi.

    MARIO SCUDU SDB

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    “CRISTO, VITA DELLA MIA VITA”

    “O vita della mia vita, possano gli affetti del mio cuore
    accesi dalla fiamma del tuo amore, unirmi intimamente a Te.
    Possa la mia anima essere come morta
    riguardo a tutto ciò che potrebbe cercare all’infuori di Te.

    Tu sei lo splendore di tutti i colori, la dolcezza di tutti i sapori,
    la fragranza di tutti i profumi, l’incanto di tutte le melodie,
    la tenerezza dolcissima dei più intimi amplessi.
    In Te si trova ogni delizia, da Te scaturiscono acque copiose di vita, a Te attira un fascino dolcissimo,
    per Te l’anima si riempie degli affetti più santi.

    Tu sei l’abisso straripante della Divinità,
    o Re, nobilissimo tra tutti i re,
    o Sovrano eccelso, o Principe chiarissimo,
    o Signore mitissimo, o Protettore potentissimo.
    O Gemma nobilissima di vivificante umanità.
    O Creatore di tutte le meraviglie.

    O Maestro dolcissimo, o Consigliere sapientissimo,
    o Soccorritore benignissimo, o Amico fedelissimo.
    Tu unisci in Te tutti gli incanti di un’intima dolcezza.
    Tu accarezzi con soavità, ami con dolcezza,
    prediligi con ardore, o Sposo dolcissimo e gelosissimo.
    Tu sei un fiore primaverile di pura bellezza,
    o Fratello mio amabilissimo, pieno di grazia e di forza,
    o Compagno giocondissimo, Ospite liberale e generosissimo.

    Io preferisco Te ad ogni creatura,
    per Te rinuncio ad ogni piacere,
    per Te sopporto ogni avversità,
    non cercando in ogni cosa che la tua lode.
    Col cuore e con la bocca confesso che Tu sei il Principio di ogni bene...”.

    (Dalle Rivelazioni, Libro III, Cap. LXVI)

    Preghiera alla Trinità

    “O Fonte delle Luci eterne, Trinità Santa che sei Dio...
    Padre Santo, accoglimi nella tua clementissima paternità...
    Gesù amatissimo, accoglimi nella tua soavissima fraternità,
    Spirito Santo, Dio Amore, accoglimi nella tua benevola misericordia e carità.
    O Amore che unisce, Dio del mio cuore.
    Quando mi assorbirà quel dolcissimo raggio, per essere con Te un solo amore
    e un solo spirito?”.

    (Dagli Esercizi, VI)

    Fonte: Rivista Maria Ausiliatrice, 2000, fasc. n. 10

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    S. Gertrude di Helfta (1256-1301 o 1303)

    La seconda metà del secolo XIII è illuminata dalla mistica germanica la grande Gertrude di Helfta. L'appellativo rappresenta un fiore deposto lungo o al termine del suo cammino ascetico e mistico come omaggio spontaneo, non offerto da autorità accademiche o ecclesiastiche. Esso esalta il suo stile di vita monastica e i suoi pensieri mistici sublimi. La mistica della monaca sassone si incanala ed eleva nell'incontro con il Cristo Verbo incarnato. Una angolazione cristologica che tramite Gertrude si viene delineando è - altra centralità - il cuore di Cristo, articolata anche in una forma iniziale di "teologia del cuore". Nel monastero di Helfta la benedettina Gertrude diventa custode delle rivelazioni, inventrice dei suoi singolari esercizi. Tali esperienze passano nella memoria scritta in lingua germanica primitiva e diventano fonte anche dell'indagine per conoscere le sue visioni del Volto di Cristo. Sono frequenti le soste accanto o davanti o in estatica contemplazione del Volto di Cristo e alquanto abbondanti i resoconti letterari. Il Cristo deformato nella passione e dunque anche il Volto sfigurato sono le icone tra le più raffigurate nella memoria visiva e narrativa della monaca Gertrude. Una rivelazione si fa presente durante il carnevale la domenica di quinquagesima (secondo il calendario liturgico allora vigente). Il Cristo viene a chiedere riparazione al suo cuore palpitante di amore verso gli uomini, il cuore dei quali si compiace in piaceri e dilettazioni terrene e carnali: sono le parole - qui parafrasate - percepite sulle labbra del Signore dalla santa mistica. In questo contesto descrive la visione del sembiante del Cristo straziato nella passione, sostando nella compassione su qualche dettaglio del volto.


    "Verso l'ora terza il Signore Gesù le apparve com'era quando venne legato alla colonna per essere flagellato, in mezzo a due aguzzini di cui uno lo colpiva con due rami spinosi e l'altro con due nodosi flagelli. Tutti e due lo colpivano sul viso, così che il suo santo volto ne era talmente sfigurato da spezzarle il cuore […] Nessuno mai, essa [Gertrude] pensava, era stato ridotto al deplorevole stato nel quale il Signore le appariva in quel momento. La parte infatti del volto che era colpita dalle spine era talmente lacerata che l'occhio stesso appariva ferito ed aperto, mentre l'altra parte era livida e gonfia per i colpi del flagello. Nell'eccesso del dolore il Signore rivolgeva il viso; ma non si sottraeva così ad uno dei carnefici se non per essere colpito più crudelmente dall'altro.
    Volgendosi allora verso di lei, il Signore le disse: "Non hai forse letto ciò che è scritto di me: vidimus eum tamquam leprosum? " "Ah, Signore" - essa rispose - "e come potrei calmare i crudeli dolori del tuo dolce volto? " Il Signore rispose: "Chi si sentirà tocco di amore meditando la mia passione e pregherà per i peccatori, lenirà soavemente ogni mia sofferenza"" (Rivelazioni, 1,4, cap. 15).
    La Mistica Gertrude si premura di palesare altresì il simbolismo celato nella figura dei flagellatori: l'energumeno con il mannello di spine raffigura i laici che peccano pubblicamente; l'aguzzino con il randello rappresenta certi religiosi che peccano contro l'osservanza. Il monito è rapportabile all'ansia di riforma in atto nella Chiesa duecentesca, ad opera prevalentemente dei monaci (istituzione ascetica altomedioevale) e dei frati (i mendicanti di scaturigine allora contemporanea).
    L'icona del Cristo sfigurato nella passione è un leit-motiv, ma non un assoluto né una continuativa unicità. In preparazione alla festa dell'ascensione d'un anno imprecisato, Gertrude sta lenendo le piaghe del Signore mediante l'esclamazione "Gloria a te, soavissima, dolcissima, benignissima, nobilissima, regale, fulgida e sempre tranquilla giocondissima e gloriosissima Trinità per le vermiglie piaghe del mio unico diletto [il Signore Gesù]" tante volte quante erano le piaghe di lui, ben 5.
    466 secondo quanto conteggiato dall'altra mistica di Helfta, la sua consorella Matilde di Hackeborn (1241-1299). Ed ecco che si presenta il Signore, piagato ma in sembiante rasserenato, "più bello di tutti gli angeli", onusto di fiori dorati su ognuna delle numerosissime piaghe. Resta indelebile, commossa impressione il volto amabile con il quale il Signore saluta la sua fedele amica.

    FONTE

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    St. Gertrude the Great

    Benedictine and mystic writer; born in Germany, 6 Jan., 1256; died at Helfta, near Eisleben, Saxony, 17 November, 1301 or 1302. Nothing is known of her family, not even the name of her parents. It is clear from her life (Legatus, lib.I, xvi) that she was not born in the neighbourhood of Eisleben. When she was but five years of age she entered the alumnate of Helfta. The monastery was at that time governed by the saintly and enlightened Abbess Gertrude of Hackerborn, under whose rule it prospered exceedingly, both in monastic observance and in that intellectual activity which St.Lioba and her Anglo-Saxon nuns had transmitted to their foundations in Germany. All that could aid to sanctity, or favour contemplation and learning, was to be found in this hallowed spot. Here, too, as to the centre of all activity and impetus of its life, the work of works-the Opus Dei, as St. Benedict terms the Divine Office - was solemnly carried out. Such was Helfta when its portals opened to receive the child destined to be its brightest glory. Gertrude was confided to the care of St. Mechtilde, mistress of the alumnate and sister of the Abbess Gertrude. From the first she had the gift of winning the hearts, and her biographer gives many details of her exceptional charms, which matured with advancing years. Thus early had been formed betwen Gertrude and Mechtilde the bond of an intimacy which deepened and strengthened with time, and gave the latter saint a prepondering influence over the former.

    Partly in the alumnate, partly in the community, Gertrude had devoted herself to study with the greatest ardour. In her twenty-sixth year there was granted her the first of that series of visions of which the wonderful sequence ended only with life. She now gauged in its fullest extent the void of which she had been keenly sensible for some time past, and with this awakening came the realization of the utter emptiness of all transitory things. With characteristic ardour she cultivated the highest spirituality, and, to quote her biographer, "from being a grammarian became a theologian", abandoning profane studies for the Scriptures, patristic writings, and treatises on theology. To these she brought the same earnestness which had characterized her former studies, and with indefatigable zeal copied, translated, and wrote for the spiritual benefit of others. Although Gertrude vehemently condemns herself for past negligence ( Legatus, II, ii), still to understand her words correctly we must remember that they express the indignant self-condemnation of a soul called to the highest sanctity. Doubtless her inordinate love of study had proved a hindrance alike to contemplation and interior recollection, yet it had none the less surely safeguarded her from more serious and grievous failings. Her struggle lay in the conquest of a sensitive and impetuous nature. In St. Gertrude's life there are no abrupt phases, no sudden conversion from sin to holiness. She passed from alumnate to the community. Outwardly her life was that of the simple Benedictine nun, of which she stands forth preeminently as the type. Her boundless charity embraced rich and poor, learned and simple, the monarch on his throne and the peasant in the field; it was manifested in tender sympathy towards the souls in purgatory, in a great yearning for the perfection of souls consecrated to God. Her humility was so profound that she wondered how the earth could support so sinful a creature as herself. Her raptures were frequent and so absorbed her faculties as to render her insensible to what passed around her. She therefore begged, for the sake of others, that there might be no outward manifestations of the spiritual wonders with which her life was filled. She had the gift of miracles as well as that of prophecy.

    When the call came for her spirit to leave the worn and pain-stricken body, Gertude was in her forty-fifth or forty-sixth year, and in turn assisted at the death-bed and mourned for the loss of the holy Sister Mechtilde (1281), her illustrious Abbess Gertrude of Hackeborn (1291), and her chosen guide and confidante, St. Mechtilde (1298). When the community was transferred in 1346 to the monastery of New Helfta, the present Trud-Kloster, within the walls of Eisleben, they still retained possession of their old home, where doubtless the bodies of St. Gertrude and St. Mechtilde still buried, though their place of sepulture remains unknown. There is, at least, no record of their translation. Old Helfta is now crown-property, while New Helfta has lately passed into the hands of the local municipality. It was not till 1677 that the name of Gertrude was inscribed in the Roman Martyrology and her feast was extended to the universal church, which now keeps it on 15 November, although it was at first fixed on 17 November, the day of her death, on which it is still celebrated by her own order. In compliance with a petition from the King of Spain she was declared Patroness of the West Indies; in Peru her feast is celebrated with great pomp, and in New Mexico a town was built in her honour and bears her name. Some writers of recent times have considered that St. Gertrude was a Cistercian, but a careful and impartial examination of the evidence at present available does not justify this conclusion. It is well known that the Cistercian Reform left its mark on many houses not affiliated to the order, and the fact that Helfta was founded during the "golden age" of Cîteaux (1134-1342) is sufficient to account for this impression.

    Many of the writings of St. Gertrude have unfortunately perished. Those now extant are:
    • The "Legatus Divinae Pietatis",
    • The "Exercises of St. Gertrude";
    • The "Liber Specialis Gratiae" of St. Mechtilde.

    The works of St. Gertrude were all written in Latin, which she used with facility and grace. The "Legatus Divinae Pietatis" (Herald of Divine Love) comprises five books containing the life of St. Gertrude, and recording many of the favours granted her by God. Book II alone is the work of the saint, the rest being compiled by members of the Helfta community. They were written for her Sisters in religion, and we feel she has here a free hand unhampered by the deep humility which made it so repugnant for her to disclose favours personal to herself. The "Exercises", which are seven in number, embrace the work of the reception of baptismal grace to the preparation for death. Her glowing language deeply impregnated with the liturgy and scriptures exalts the soul imperceptibly to the heights of contemplation. When the "Legatus Divinae Pietatis" is compared with the "Liber Specialis Gratiae" of St. Mechtilde, it is evident that Gertrude is the chief, if not the only, author of the latter book. Her writings are also coloured by the glowing richness of that Teutonic genius which found its most congenial expression in symbolism and allegory. The spirit of St. Gertrude, which is marked by freedom, breadth, and vigour, is based on the Rule of St. Benedict. Her mysticism is that of all the great contemplative workers of the Benedictine Order from St. Gregory to Blosius. Hers, in a word, is that ancient Benedictine spirituality which Father Faber has so well depicted (All for Jesus, viii).
    The characteristic of St. Gertrude's piety is her devotion to the Sacred Heart, the symbol of that immense charity which urged the Word to take flesh, to institute the Holy Eucharist, to take on Himself our sins, and, dying on the Cross, to offer Himself as a victim and a sacrifice to the Eternal Father (Congregation of Rites, 3 April, 1825). Faithful to the mission entrusted to them, the superiors of Helfta appointed renowned theologians, chosen from the Dominican and Franciscan friars, to examine the works of the saint. These approved and commented them throughout. In the sixteenth century Lanspergius and Blosius propagated her writings. The former, who with his confrere Loher spared no pains in editing her works, also wrote a preface to them. The writings were warmly received especially in Spain, and among the long list of holy and learned authorities who used and recommended her works may be mentioned:
    • St. Teresa, who chose her as her model and guide,
    • Yepez,
    • the illustrious Francisco Suárez,
    • the Discalced Carmelite Friars of France,
    • St. Francis de Sales,
    • M. Oliver,
    • Fr. Faber,
    • Dom Guéranger.

    The Church has inserted the name of Gertrude in the Roman Martyrology with this eulogy: "On the 17th of November, in Germany (the Feast) of St. Gertrude Virgin, of the Order of St. Benedict, who was illustrious for the gift of revelations."

    Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. VI, New York, 1909

  7. #7
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    Jacinto Vieira, S. Gertrude, 1725, Coro della chiesa del monastero, Aruca

    Giovanni Battista Gaulli detto Il Baciccio, S. Gertrude riceve la comunione dalle mani di Cristo, 1690-1700, Musée du Louvre, Parigi

  8. #8
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    Predefinito Dalle "Rivelazioni" di S. Gertrude

    Le Rivelazioni, III, Capitolo 8

    Un giorno in cui, costretta a letto, non poteva assistere alla S. Messa, disse al Signore tutta turbata: «Ecco, o mio amatissimo Signore, che, per disposizione della tua Provvidenza, oggi non posso assistere al santo Sacrificio. Come posso dunque prepararmi a ricevere il tuo Corpo e il tuo Sangue sacratissimo, dal momento che la mia preparazione abituale consiste nel seguire la S. Messa?».
    Il Signore le rispose: «Poiché mi rivolgi questo rimprovero, ascolta e Io ti intratterrò con un canto che ti riempirà di dolcezza e di amore. Considera dunque che sei stata redenta col mio Sangue e che per trentatre anni mi sono affaticato sulla terra a preparare le tue nozze con me, e questo ti serva come preparazione alla prima parte della Messa.
    Considera che ti ho fatta partecipe del mio Spirito e come mi sono fisicamente affaticato per trentatre anni a preparare le tue nozze, così ho anticipato in ispirito la gioia di questa mia unione con te, e questa sia la seconda parte della Messa.
    Considera poi che sei stata ricolmata di doni dalla mia divinità e riconosci che questa divinità può procurarti, anche in mezzo alle sofferenze fisiche, le più dolci e soavi delizie spirituali, e sia questa la terza parte della tua Messa.
    Considera ancora che sei stata santificata dal mio Amore e riconosci che non hai da te stessa nulla per cui tu possa piacermi, ma che tutto ti viene da me, e questo ti serva come quarta parte della Messa.
    Considera infine a quale altezza sei stata sublimata per questa tua unione con me e come, ogni potere essendomi dato in cielo e in terra, nulla può impedirmi di farti partecipare alla mia gloria: conviene infatti che la sposa del Re sia chiamata regina e come tale sia onorata.
    Compiaciti dunque nel meditare questi favori e non lamentarti di essere stata privata della Messa».

  9. #9
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    DIE 16 NOVEMBRIS

    SANCTÆ GERTRUDIS

    VIRGINIS


    Duplex

    Missa Dilexísti, de Communi Virginum 3° loco, præter Orationem sequentem:

    Oratio

    D
    EUS, qui in corde beátæ Gertrúdis Vírginis jucúndam tibi mansiónem præparásti: ipsíus méritis et intercessióne; cordis nostri máculas cleménter abstérge, et ejúsdem tríbue gaudére consórtio. Per Dóminum.

    Secreta

    A
    CCÉPTA tibi sit, Dómine, sacrátæ plebis oblátio pro tuórum honóre Sanctórum: quorum se méritis de tribulatióne percepísse cognóscit auxílium. Per Dóminum.

    Postcommunio

    S
    ATIÁSTI, Dómine, famíliam tuam munéribus sacris: ejus, quaésumus, semper interventióne nos réfove, cujus sollémnia celebrámus. Per Dóminum.


    FONTE

 

 
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