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    Predefinito 15 settembre - Festa dei Sette Dolori della Beatissima Vergine Maria

    Dal sito SANTI E BEATI:

    Beata Vergine Maria Addolorata

    15 settembre - Memoria

    La memoria della Vergine Addolorata ci chiama a rivivere il momento decisivi della storia della salvezza e a venerare la Madre associata alla passione del figlio e vicina a lui innalzato sulla croce. La sua maternità assume sul calvario dimensioni universali. Questa memoria di origine devozionale fu introdotta nel calendario romano dal papa Pio VII (1814). (Mess. Rom.)

    Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano; signora, dall'ebraico

    Martirologio Romano: Memoria della beata Maria Vergine Addolorata, che, ai piedi della croce di Gesù, fu associata intimamente e fedelmente alla passione salvifica del Figlio e si presentò come la nuova Eva, perché, come la disobbedienza della prima donna portò alla morte, così la sua mirabile obbedienza porti alla vita.

    Martirologio tradizionale (15 settembre): Festa dei Sette Dolori della beatissima Vergine Maria.

    Il senso di pia compassione del popolo cristiano viene espresso nell'immagine della "pietà", cioè della Vergine Addolorata che regge sulle ginocchia il figlio morto appena deposto dalla croce. E’ il momento che riassume l'indicibile dolore di una passione umana e spirituale unica: la conclusione del sacrificio di Cristo, la cui morte sulla croce è il punto culminante della Redenzione. Ma come la morte di Cristo è già implicita, quasi in germe, fin nel primo momento della sua esistenza d'uomo, anche la compassione è implicita nell'iniziale "fiat mihi secundum verbum tuum". Come madre, Maria accetta o subisce implicitamente la sofferenza di Cristo, in ogni momento della sua vita. Ecco perché l'immagine della "pietà", tipica dell'arte gotica tardiva e del Rinascimento (la più nota è quella scolpita dal ventenne Michelangelo) esprime solo un momento di questo dolore della Vergine Madre.
    La devozione, che precede la celebrazione liturgica, ha fissato simbolicamente a sette i dolori della Corredentrice, corrispondenti ad altrettanti episodi narrati dal Vangelo: la profezia del vecchio Simeone, la fuga in Egitto, lo smarrimento di Gesù a dodici anni durante un pellegrinaggio alla Città santa, il viaggio di Gesù al Golgota, la crocifissione, la deposizione dalla croce, la sepoltura. Ma poichè l'oggetto del martirio di Maria è il martirio del Redentore, dal secolo XV si ebbero le prime celebrazioni liturgiche sulla "compassione" di Maria ai piedi della Croce, collocate nel tempo di Passione o dopo le festività pasquali. Nel 1667 l'ordine dei Serviti, interamente dedicato alla devozione della Madonna (i sette santi fondatori nel XIII secolo avevano istituito la "Compagnia di Maria Addolorata") ottenne l'approvazione della celebrazione liturgica dei sette Dolori della Vergine, che durante il pontificato di Pio VII venne accolta nel calendario romano e ricordata nella terza domenica di settembre.
    Pio X fissò la data definitiva del 15 settembre, conservata nel nuovo calendario liturgico, che ha mutato il titolo della festa, ridotta a semplice memoria: non più "Sette Dolori di Maria", ma meno specificamente e più opportunamente: "Vergine Maria Addolorata". Con questo titolo noi onoriamo in particolare il dolore di Maria accettato nella redenzione mediante la croce. E presso la croce che la madre del Cristo crocifisso diviene madre del corpo mistico nato dalla Croce, cioè noi siamo nati, in quanto cristiani, dal mutuo amore sacrificale e sofferente di Gesù e di Maria. Ecco perché oggi si offre alla nostra devota e affettuosa meditazione l'"Addolorata".

    Autore: Piero Bargellini

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    Sempre dallo STESSO SITO altra scheda:

    La Madonna è venerata nel mondo cristiano con un culto di iperdulia, che si estrinseca in vari titoli, quanti le sono stati attribuiti nei millenni per le sue virtù, il suo patrocinio, la sua posizione di creatura prediletta da Dio, per il posto primario occupato nel piano della Redenzione, per la sua continua presenza accanto all’uomo evidenziata anche dalle tante apparizioni.
    Nel calendario delle celebrazioni mariane vi sono: 1° gennaio la B.V.M. Madre di Dio; 23 gennaio lo Sposalizio della B.V.M.; 2 febbraio la Presentazione al Tempio di Gesù e la Purificazione di Maria; 11 febbraio Beata Vergine di Lourdes; 25 marzo l’Annunciazione; 26 aprile B.V.M. del Buon Consiglio; 13 maggio Beata Vergine di Fatima; 24 maggio Madonna Ausiliatrice; 31 maggio Visitazione di M.V.; a giugno Cuore Immacolato di Maria; 2 luglio Madonna delle Grazie; 16 luglio B.V. del Carmelo; 5 agosto Madonna della Neve; 15 agosto Assunzione della Vergine; 22 agosto B.V.M. Regina; 8 settembre Natività di Maria; 12 settembre SS Nome di Maria; 15 settembre B. V. Addolorata; 19 settembre B. V. de La Salette; 24 settembre B.V. della Mercede; 7 ottobre B.V. del Rosario, 21 novembre Presentazione della B.V.M.; 8 dicembre Immacolata Concezione, 10 dicembre B. V. M. di Loreto.
    Inoltre l’intero mese di Maggio è dedicato alla Madonna, senza dimenticare la suggestiva e devota Novena dell’Immacolata, poi vi sono le celebrazioni locali per i tantissimi Santuari Mariani esistenti; come si vede la Vergine ha un culto così diffuso, che non c’è mese dell’anno in cui non la si ricordi e veneri.
    A mio parere però, fra i tanti titoli e celebrazioni, il più sentito perché più vicino alla realtà umana, è quello di Beata Vergine Maria Addolorata; il dolore è presente nella nostra vita sin dalla nascita, con il primo angosciato grido del neonato, che lascia il sicuro del grembo materno per proiettarsi in un mondo sconosciuto, non più legato alla madre e in preda alla paura e spavento; poi il dolore ci segue più o meno intenso, più o meno costante, nei suoi vari aspetti, fisici, morali, spirituali, lungo il corso della vita, per ritrovarlo comunque al termine del nostro cammino, per l’ultimo e definitivo distacco da questo mondo.
    E il dolore di Maria, creatura privilegiata si, ma sempre creatura come noi, è più facile comprenderlo, perché lo subiamo anche noi, seppure in condizioni e gradi diversi, al contrario delle altre prerogative che sono solo sue, Annunciazione, Maternità divina, Immacolata Concezione, Assunzione al Cielo, Apparizioni, ecc. le quali da parte nostra richiedono un atto di fede per considerarle.
    Veder morire un figlio è per una madre il dolore più grande che ci sia, non vi sono parole che possano consolare, chi naturalmente aspettando di poter morire dopo aver generato, allevato ed educato, l’erede e il continuatore della sua umanità, vede invece morire il figlio mentre lei resta ancora in vita, quel figlio al quale avrebbe voluto ridare altre cento volte la vita e magari sostituirsi ad esso nel morire.
    I milioni di madri che nel tempo hanno subito questo immenso dolore, a lei si sono rivolte per trovare sostegno e consolazione, perché Maria ha visto morire il Figlio in modo atroce, consapevole della sua innocenza, soffrendo per la cattiveria, incomprensione, malvagità, scatenate contro di lui, personificazione della Bontà infinita.
    Ma non fu solo per la repentina condanna a morte, il dolore provato da Maria fu l’epilogo di un lungo soffrire, in silenzio e senza sfogo, conservato nel suo cuore, iniziato da quella profezia del vecchio Simeone pronunziata durante la Presentazione di Gesù al Tempio: “E anche a te una spada trapasserà l’anima”.
    Quindi anche tutti coloro che soffrono nella propria carne e nel proprio animo, le pene derivanti da malattie, disabilità, ingiustizia, povertà, persecuzione, violenza fisica e mentale, perdita di persone care, tradimenti, mancanza di sicurezza, solitudine, ecc. guardano a Maria, consolatrice di tutti i dolori; perché avendo sofferto tanto già prima della Passione di Cristo, può essere il faro a cui guardare nel sopportare le nostre sofferenze ed essere comprensivi di quelle dei nostri fratelli, compagni di viaggio in questo nostro pellegrinare terreno.
    Ma la Madonna è anche corredentrice per Grazia del genere umano, perché partecipe dell’umanità sofferente ed offerta del Cristo, per questo lei non si è ribellata come madre alla sorte tragica del Figlio, l’ha sofferta indicibilmente ma l’ha anche offerta a Dio per la Redenzione dell’umanità.
    E come dalla Passione, Morte e Sepoltura di Gesù, si è passato alla trionfale e salvifica Resurrezione, anche Maria, cooperatrice nella Redenzione, ha gioito di questa immensa consolazione e quindi maggiormente è la più adatta ad indicarci la via della salvezza e della gioia, attraversando il crogiolo della sofferenza in tutte le sue espressioni, della quale comunque non potremo liberarci perché retaggio del peccato originale.

    Culto

    La devozione alla Madonna Addolorata, che trae origine dai passi del Vangelo, dove si parla della presenza di Maria Vergine sul Calvario, prese particolare consistenza a partire dalla fine dell’XI secolo e fu anticipatrice della celebrazione liturgica, istituita più tardi.
    Il “Liber de passione Christi et dolore et planctu Matris eius” di ignoto (erroneamente attribuito a s. Bernardo), costituisce l’inizio di una letteratura, che porta alla composizione in varie lingue del “Pianto della Vergine”.
    Testimonianza di questa devozione è il popolarissimo ‘Stabat Mater’ in latino, attribuito a Jacopone da Todi, il quale compose in lingua volgare anche le famose ‘Laudi’; da questa devozione ebbe origine la festa dei “Sette Dolori di Maria SS.” Nel secolo XV si ebbero le prime celebrazioni liturgiche sulla “compassione di Maria” ai piedi della Croce, collocate nel tempo di Passione.
    A metà del secolo XIII, nel 1233, sorse a Firenze l’Ordine dei frati “Servi di Maria”, fondato dai Ss. Sette Fondatori e ispirato dalla Vergine. L’Ordine che già nel nome si qualificava per la devozione alla Madre di Dio, si distinse nei secoli per l’intensa venerazione e la diffusione del culto dell’Addolorata; il 9 giugno del 1668, la S. Congregazione dei Riti permetteva all’Ordine di celebrare la Messa votiva dei sette Dolori della Beata Vergine, facendo menzione nel decreto che i Frati dei Servi, portavano l’abito nero in memoria della vedovanza di Maria e dei dolori che essa sostenne nella passione del Figlio.
    Successivamente, papa Innocenzo XII, il 9 agosto 1692 autorizzò la celebrazione dei Sette Dolori della Beata Vergine la terza domenica di settembre.
    Ma la celebrazione ebbe ancora delle tappe, man mano che il culto si diffondeva; il 18 agosto 1714 la Sacra Congregazione approvò una celebrazione dei Sette Dolori di Maria, il venerdì precedente la Domenica delle Palme e papa Pio VII, il 18 settembre 1814 estese la festa liturgica della terza domenica di settembre a tutta la Chiesa, con inserimento nel calendario romano.
    Infine papa Pio X (1904-1914) fissò, nel 1913, la data definitiva del 15 settembre, subito dopo la celebrazione dell’Esaltazione della Croce (14 settembre), con memoria non più dei “Sette Dolori”, ma più opportunamente come “Beata Vergine Maria Addolorata”.

    Le devozioni

    I Sette Dolori di Maria, corrispondono ad altrettanti episodi narrati nel Vangelo: 1) La profezia dell’anziano Simeone, quando Gesù fu portato al Tempio “E anche a te una spada trafiggerà l’anima”. – 2) La Sacra Famiglia è costretta a fuggire in Egitto “Giuseppe destatosi, prese con sé il Bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto”. – 3) Il ritrovamento di Gesù dodicenne nel Tempio a Gerusalemme “Tuo padre ed io angosciati ti cercavamo”. – 4) Maria addolorata, incontra Gesù che porta la croce sulla via del Calvario. – 5) La Madonna ai piedi della Croce in piena adesione alla volontà di Dio, partecipa alle sofferenze del Figlio crocifisso e morente. – 6) Maria accoglie tra le sue braccia il Figlio morto deposto dalla Croce. – 7) Maria affida al sepolcro il corpo di Gesù, in attesa della risurrezione.
    La liturgia e la devozione hanno compilato anche le Litanie dell’Addolorata, ove la Vergine è implorata in tutte le necessità, riconoscendole tutti i titoli e meriti della sua personale sofferenza.
    La tradizione popolare ha identificato la meditazione dei Sette Dolori, nella pia pratica della ‘Via Matris’, che al pari della Via Crucis, ripercorre le tappe storiche delle sofferenze di Maria e sempre più numerosi sorgono questi itinerari penitenziali, specie in prossimità di Santuari Mariani, rappresentati con sculture, ceramiche, gruppi lignei, affreschi.
    Le processioni penitenziali, tipiche del periodo della Passione di Cristo, comprendono anche la figura della Madre dolorosa che segue il Figlio morto, l’incontro sulla salita del Calvario, Maria posta ai piedi del Crocifisso; in certi Comuni le processioni devozionali, assumono l’aspetto di vere e proprie rappresentazioni altamente suggestive, specie quelle dell’incontro tra il simulacro di Maria vestita a lutto e addolorata e quello di Gesù che trasporta la Croce tutto insanguinato e sofferente.
    In certe località queste processioni, che nel Medioevo diedero luogo anche a rappresentazioni sacre dette “Misteri”, assumono un’imponenza di partecipazione popolare, da costituire oggi un’attrattiva oltre che devozionale e penitenziale, anche turistica e folcloristica, cito per tutte la grande processione barocca di Siviglia.

    Le espressioni artistiche

    Al testo del celebre “Stabat Mater”, si sono ispirati musicisti di ogni epoca; tra i più illustri figurano Palestrina, Pergolesi, Rossini, Verdi, Dvorak.
    La Vergine Addolorata è stata raffigurata lungo i secoli in tante espressioni dell’arte, specie pittura e scultura, frutto dell’opera dei più grandi artisti che secondo il proprio estro, hanno voluto esprimere in primo luogo la grande sofferenza di Maria.
    La vergine Addolorata è di solito vestita di nero per la perdita del Figlio, con una spada o con sette spade che le trafiggono il cuore.
    Altro soggetto molto rappresentato è la Pietà, penultimo atto della Passione, che sta fra la deposizione e la sepoltura di Gesù. Il termine ‘Pietà’ sta ad indicare nell’arte, la raffigurazione dei due personaggi principali Maria e Gesù, la madre e il figlio; Maria lo sorregge adagiato sulle sue ginocchia, oppure sul bordo del sepolcro insieme a s. Giovanni apostolo (Michelangelo e Giovanni Bellini). Capolavoro dell’intensità del dolore dei presenti, è il ‘Compianto sul Cristo morto’ di Giotto.
    Nel Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso (Isernia), secondo l’apparizione del 1888, Gesù è adagiato a terra e Maria sta in ginocchio accanto a lui e con le braccia aperte lo piange e lo offre nello stesso tempo.
    In virtù del culto così diffuso all’Addolorata, ogni città e ogni paese ha una chiesa o cappella a lei dedicata; varie Confraternite assistenziali e penitenziali, come pure numerose Congregazioni religiose femminili e alcune maschili, sono poste sotto il nome dell’Addolorata, specie se collegate all’antico Ordine dei Servi di Maria.
    L’amore e la venerazione per la Consolatrice degli afflitti e per la sua ‘compassione’, ha prodotto, specie nell’Ordine dei Servi splendide figure di santi, ne citiamo alcuni: I Santi Sette Fondatori, s. Giuliana Falconieri, s. Filippo Benizi, s. Pellegrino Laziosi, s. Antonio Maria Pucci, s. Gabriele dell’Addolorata (passionista), senza dimenticare, primo fra tutti, s. Giovanni apostolo ed evangelista, sempre accanto a lei per confortarla e condividerne l’indicibile dolore, accompagnandola fino al termine della sua vita.
    Il nome Addolorata ebbe larga diffusione nell’Italia Meridionale, ma per l’evidente significato, ora c’è la tendenza a sostituirlo con il suo derivato spagnolo Dolores.

    Autore: Antonio Borrelli










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    Predefinito Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate

    (Disc. nella domenica fra l'ottava dell'Assunzione 14-15; Opera omnia, ed. Cisterc. 5 [1968] 273-274)

    Il martirio della Vergine viene celebrato tanto nella profezia di Simeone, quanto nella storia stessa della passione del Signore. Egli è posto, dice del bambino Gesù il santo vegliardo, quale segno di contraddizione, e una spada, dice poi rivolgendosi a Maria, trapasserà la tua stessa anima (cfr. Lc 2, 34-35).
    Una spada ha trapassato veramente la tua anima, o santa Madre nostra! Del resto non avrebbe raggiunto la carne del Figlio se non passando per l'anima della Madre. Certamente dopo che il tuo Gesù, che era di tutti, ma specialmente tuo, era ispirato, la lancia crudele, non poté arrivare alla sua anima. Quando, infatti, non rispettando neppure la sua morte, gli aprì il costato, ormai non poteva più recare alcun danno al Figlio tuo. Ma a te sì. A te trapassò l'anima. L'anima di lui non era più là, ma la tua non se ne poteva assolutamente staccare.
    Perciò la forza del dolore trapassò la tua anima, e così non senza ragione ti possiamo chiamare più che martire, perché in te la partecipazione alla passione del Figlio, supererò di molto, nell'intensità, le sofferenze fisiche del martirio.
    Non fu forse per te più che una spada quella parola che davvero trapassò l'anima ed arrivò fino a dividere anima e spirito? Ti fu detto infatti: «Donna, ecco il tuo figlio» (Gv 19, 26). Quale scambio! Ti viene dato Giovanni al posto di Gesù, il servo al posto del Signore, il discepolo al posto del maestro, il figlio di Zebedeo al posto del Figlio di Dio, un semplice uomo al posto del Dio vero. Come l'ascolto di queste parole non avrebbe trapassato la tua anima tanto sensibile, quando il solo ricordo riesce a spezzare anche i nostri cuori, che pure sono di pietra e di ferro?
    Non meravigliatevi, o fratelli, quando si dice che Maria è stata martire nello spirito. Si meravigli piuttosto colui che non ricorda d'aver sentito Paolo includere tra le più grandi colpe dei pagani che essi furono privi di affetto. Questa colpa è stata ben lontana dal cuore di Maria, e sia ben lontana anche da quello dei suoi umili devoti.
    Qualcuno potrebbe forse obiettare: Ma non sapeva essa in antecedenza che Gesù sarebbe morto? Certo. Non era forse certa che sarebbe ben presto risorto? Senza dubbio e con la più ferma fiducia. E nonostante ciò soffrì quando fu crocifisso? Sicuramente e in modo veramente terribile. Del resto chi sei mai tu, fratello, e quale strano genere di sapienza è il tuo, se ti meravigli della solidarietà nel dolore della Madre col Figlio, più che del dolore del Figlio stesso di Maria? Egli ha potuto morire anche nel corpo, e questa non ha potuto morire con lui nel suo cuore? Nel Figlio operò l'amore superiore a ogni altro amore. Nella Madre operò l'amore, al quale dopo quello di Cristo nessuno altro amore si può paragonare.




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    Predefinito Sabato di Passione - Compassione della B.V.Maria

    Dalle Omelie di Giovanni Giusto Lanspergio sulla Passione di Cristo.

    Homilia XLVII in passionem Christi. Opera omnia, Monsterolii, 1890, t.III, 101-103.


    Non sappiamo di preciso in che momento la Madre del Signore si fece presente alla passione di Cristo suo Figlio. Però ella non ha certamente mai ignorato in spirito quale sarebbe stata la sorte di Gesù: aveva una comprensione penetrante dei profeti e l'avvenimento era stato preannunziato da suo Figlio.
    Certo che quando Gesù è confitto in croce, sua Madre sta lì. Il Signore la vuole con sé nel suo supplizio. L'aveva risparmiata dai travagli del parto e la libererà pure dalle pene connesse alla morte; benché Maria sia morta, non ha sofferto di quel trapasso, tanto che si parlerà della sua dormizione più che della sua morte.
    Adesso però, ai piedi della croce del Figlio, Maria sperimenta la doglie del parto e gli spasimi della morte. Gesù la vuole vicina per affidarla a Giovanni che d'ora in poi veglierà su di lei. Gesù vuole accanto la Madre in quell'ora perché la presenza e il compatire di lei acuiscano la sua propria passione, rendendo così più sovrabbondante la redenzione dell'umanità.
    Soprattutto il Salvatore vuole ai piedi della croce la Madre che lo contempli nei suoi dolori, che sia straziata nell'anima dai supplizi che lui subisce nel corpo. Diverrà così partecipe e cooperatrice della passione di Cristo e della nostra redenzione, come già lo fu dell'incarnazione del Verbo.

    La Vergine sta accanto alla croce: in un mare di dolore, il volto rigato di lacrime, il cuore straziato per le ferite del Figlio. Ella lo vede totalmente in preda ai patimenti e all'angoscia; nel corpo lacerato e sanguinante, dalla pianta dei piedi alla testa non vi è una parte che non sia ferita o contusa.
    Maria vede suo Figlio livido e così sfigurato da non avere più aspetto di uomo. Un lebbroso, un ammasso di piaghe e lividure sta davanti a lei: il più abietto degli uomini. Questa la scena che penetra nel cuore della Madre come una spada: non uno dei particolari del dramma le sfugge o le è risparmiato.
    Però Maria sta ritta sotto la croce non solo con il corpo, ma con fede incrollabile.Ella crede, crede con forza che per Cristo tutto non finisce con la morte. Il terzo giorno egli risorgerà per sua propria potenza.

    Il vangelo ci narra che accanto a Gesù crocifisso stanno la Madre e il discepolo amato. Il Signore amava il discepolo, ma molto di più sua Madre. Una madre straordinaria la sua, con una capacità di affetto per il figlio superiore a quella di qualsiasi altra madre. Nessuna creatura può amare il suo Dio e Creatore, nessuna madre può amare suo figlio come la Vergine Maria. Era il suo figlio unico e su di lui si concentrava tutto l'affetto materno.
    Certo, è così per tante altre mamme. Però lui era figlio soltanto di lei. Cristo non ha avuto un padre terreno. Quanto appartiene alla natura umana o riceviamo da entrambi i genitori, Gesù lo ha avuto dalla Madre e soltanto da lei.
    Come Maria ha dato alla luce il Figlio senza intervento di uomo, così ella ha ricevuto tutto l'amore che di solito i figli spartiscono fra i due genitori. Per di più, ne Figlio Maria ama il suo Dio, il suo Creatore: amore questo, la cui intensità eguaglia la fede assoluta con cui lo riconosce.

    Maria ama nel Figlio colui che l'ha colmata di doni eccelsi, elevandola a un onore e a una funzione ineguagliabili, perché l'ha voluta Madre di Dio. Sopraffatta da tanti benefici, ella cantò: Tutte le genti mi chiameranno beata, perché grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente. Così renderà amore per amore a colui che tanto l'ha amata.
    Per legge di natura amiamo chi ci ama: a veemenza e fedeltà d'amore rispondiamo con la medesima intensità. Maria sapeva che Cristo l'amava di qualsiasi uomo in terra. Poteva non corrispondere in misura superiore a tutti e sopra tutto?
    Ma come tanto ha amato, tanto la Vergine ha patito. Sempre amore e dolore si coniugano quando uno vede soffrire la persona amata. Il martirio che ora Maria subisce alla vista del Figlio torturato e agonizzante nasce dall'immensità del suo amore per lui.

    Gesù vede la Madre addolorata ritta ai piedi della croce. Che madre questa! Non di un uomo soltanto, ma di Dio. Madre splendente del fulgore virgineo, madre più santa di ogni altra; e il cuore di Gesù si sente straziare.
    La Madre invia al cuore del Figlio frecce di amore e di compassione che lo feriscono a morte. A sua volta, l'impeto dell'amore filiale di Gesù e la spada della passione che subisce trafiggono la Madre. Il tormento di ognuno è acuito da quello dell'altro.
    Già si è detto che Cristo volle accanto a sé Maria come cooperatrice della nostra redenzione, per darcela poi un giorno come madre di misericordia. Era dunque necessario che la Madre tenerissima di Cristo sotto la croce ci generasse come figli di adozione. Secondo la natura ella è madre di Cristo; doveva però diventare anche madre adottiva e spirituale di noi tutti. Incorporati in Cristo, siamo le sue membra mistiche; così siamo anche figli di Maria, non secondo la carne, ma per adozione.

    Grazie ai patimenti che Cristo subì per noi, veniamo incorporati in lui mediante la fede e il battesimo; diventiamo suoi fratelli, membra molteplici sotto un solo capo formiamo un solo corpo. Membra del corpo di Cristo, siamo perciò figli di Maria.
    Per sostenere i dolori di questo parto spirituale, Maria, madre nostra, sta ai piedi della croce. Dolori e generazione entrambi spirituali. Simeone aveva predetto che una spada, non materiale ma spirituale, avrebbe trafitto la sua anima. I tormenti che Cristo sopporta nel corpo, Maria li soffre nell'anima, per cui Gesù subisce un doppio martirio, il suo e quello materno. Egli soffre il tormento della Madre non meno della propria passione. Conosce profondamente il cuore verginale di lei e ne percepisce tutti gli spasimi.

    Vedere soffrire il Figlio era per la Madre una pena intollerabile, eppure non poteva staccare gli occhi da lui. Là, ritta e ben viva, lo piange e soffre mille morti.
    Intanto Gesù sente che si avvicina la fine e vuole adempiere verso Maria i suoi doveri filiali. Affida la Madre a Giovanni, affida Giovanni a Maria. Il vangelo giustamente sottolinea che la Vergine continuava a stare presso la croce. Gli apostoli erano fuggiti, gli altri amici rimanevano discosti. Quando Gesù volge lo sguardo a destra e a sinistra, non trova nessuno che lo riconosca. Lei sola, Maria, a onore di tutte le donne del mondo, perdura fedele, sola con lui fra tanti tormenti.

    Gesù vedendo sua madre...Così si esprime il vangelo. Cristo aveva soltanto l'uso della lingua e degli occhi; se ne serve per onorare e servire la madre. La vede e le parla: lo sguardo esprime tenero affetto, le parole sollecitudine concreta.
    Donna, ecco tuo figlio! La chiama donna, non madre. È una delicatezza per il tenero amore della Vergine. Se l'avesse chiamata con il nome dell'affetto filiale, non avrebbe spezzato il suo delicatissimo cuore? Come avrebbe potuto quel cuore sopportare la separazione da un figlio così pieno di amore, tanto nobile e buono? E come avrebbe potuto sentirsi dire: Ecco il tuo figlio, accennando con lo sguardo a Giovanni; poi sentirsi affidata al discepolo con le parole: Ecco la tua madre? Raccomandandoli l'uno all'altra, Cristo unisce quelle due anime vergini.
    Nella persona di Giovanni egli affida a sua madre noi tutti, membra del Corpo mistico di cui è il capo e davvero costituisce Maria la madre di ciascuno di noi tutti.

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    Predefinito Dal Commento al vangelo di Giovanni di Ruperto di Deutz. (Pronuncia: Doitz).

    Comment. in Jo, lib. XIII. PL 169, 789-790.

    Presso la croce su cui è inchiodato il Figlio sta la Madre. Ella soffre dolori spasmodici, come nel travagli del parto quando viene al mondo una creatura. Ha il cuore schiantato per il supplizio del Figlio, come le aveva predetto Simeone: Anche a te una spada trafiggerà l’anima.
    Gesù, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo:” Ecco la tua madre!”. A che titolo il discepolo che Gesù amava è figlio della Madre del Signore e lei stessa è madre di lui? Evidentemente perché Maria aveva dato alla luce la causa della salvezza di tutti, allorché senza dolori aveva messo al mondo dalla propria carne il Dio fatto uomo. Ora invece lo partorisce con atroci dolori, stando presso la croce come è stato predetto.

    Nell'ora della sua passione il Signore ha giustamente paragonato gli apostoli ad una donna in doglie, dicendo: La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Poi soggiunge: Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi rivedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà.
    Se il paragone con la donna che partorisce conviene agli apostoli, calza alla perfezione per questa madre che sta presso la croce di Cristo. Ecco perché un tale Figlio trova una tale Madre simile alla donna quando mette al mondo un figlio. Ma perché dico simile? Maria è davvero donna, davvero madre e in quel momento prova sul serio i dolori del parto. Quel travaglio questa donna non lo conobbe, come le altre madri quando le nacque il bambino. Ora invece ella soffre, è nel dolore e prova tristezza, perché è venuta la sua ora. È l'ora in vista della quale concepì per opera dello Spirito Santo e portò in grembo il nascituro; l'ora per la quale si sono compiuti per lei i giorni del parto; l'ora in cui Dio si è fatto uomo interamente dal suo grembo.

    Quando quest'ora sarà passata, quando la spada avrà trapassato il suo spirito affranto, questa donna non ricorderà più lo strazio della spada, perché un uomo nascerà a questo mondo: egli sarà proclamato come uomo nuovo, che rinnoverà il genere umano e otterrà il dominio eterno su tutto l'universo. Nascerà l'uomo nuovo, quello cioè sottratto alla morte e liberato dalla sofferenza, primogenito tra i morti, trasferito dalle angustie di questa vita all'immensità della patria eterna.
    Poiché la beata Vergine ha sofferto presso la croce i dolori del parto e ha generato la salvezza di tutti noi durante la passione del suo unico Figlio, ella è indiscussa madre di noi tutti. Era giusto quindi che Giovanni si facesse carico di colei che era ormai sua madre, secondo la parola di Gesù: Ecco il tuo Figlio!

    Quando Gesù disse al discepolo: Ecco la tua madre, a buon diritto avrebbe potuto dirlo di qualsiasi altro dei suoi, se fosse stato presente, perché Maria è la madre di tutti. Tuttavia era più bello che ella, come vergine, venisse affidata al discepolo vergine.
    E a questo discepolo fu concessa la grande grazia di descrivere, nel testo evangelico, il Verbo stesso che questa madre aveva partorito nella carne; ed egli nella misura in cui era possibile a un uomo mortale, lo ha fatto meglio di chiunque altro fra tutti i mortali.
    E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. Ciò non significa nei suoi possedimenti, che del resto non aveva e dove comunque non sarebbe andato ad abitare dal momento che egli era uno di coloro i quali, per seguire il Signore avevano lasciato tutto.
    Dobbiamo interpretare l'espressione suddetta nel senso che, all'interno della comunanza di beni ripartita secondo le necessità di ognuno, a Giovanni spettava quanto ci voleva per il sostentamento di Maria.

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    Predefinito Da "Il libretto dell'eterna Sapienza" di Enrico Susone.

    Cap. 17, in Opere, ed. Paoline, Alba, 1971, 314.

    Il dolore della Madre trafigge il cuore del Figlio, e la morte innocente del Figlio caro provoca il martirio dell'afflitta Madre. Egli la guarda e la consola con bontà, ella tende mestamente le mani verso di lui. Preferirebbe morire per lui nei tormenti perché la propria morte le sarebbe meno penosa. Chi dei due soffre di più? Di quale è più grande l'angustia? Sono due dolori insondabili, che non ammettono paragone con nessun altro. Cuore materno, tenero animo di donna, come sopportare tale sconfinata sofferenza? Sia benedetto il tuo tenero cuore, dal dolore senza confronti! Tutto quello che fu mai detto o scritto sulla sofferenza del cuore è come un sogno di fronte alla realtà. Madre del Salvatore, aurora nascente, sii benedetta sopra tutte le creature. Sia benedetto il tuo bel volto, ornato dal rubino dell'eterna Sapienza, come prato fiorito di rose rosse. E tu, affascinante volto del Signore, come tu muori! Corpo splendente di bellezza, come tu pendi! Sangue puro, come scorri caldo sulla Madre che ti generò.

    O amabile Sapienza, nulla mi sarebbe in questa vita più dolce, tu lo sai, che poter piangere senza tregua sulla compassione di un cuore a te totalmente donato. Purtroppo, impedito dall'aridità e dalla durezza, il mio cuore ne è incapace. Insegnami, soave Sapienza del Padre, come debbo comportarmi in questo momento cruciale. La Sapienza risponde al suo servo: Non meditare sulla mia passione da svogliato o alla svelta, soprattutto se disponi di tempo sufficiente; ma rievocala a lungo, con un ricordo posato e cordiale, con dolente compassione. Assapora la dolcezza del legno della Croce, gustalo con affettuosa attenzione. Se non riesci a piangere con Gesù che piange né a soffrire con lui dolente, almeno godi dei benefici a te offerti e ringrazia il cielo di tutti i suoi doni gratuiti. Se non sei toccato dalla compassione e neppure dal desiderio di riconoscenza, se il tuo cuore resta chiuso al ricordo della mia sofferenza, esplora come puoi la mia passione a lode di Dio, e aspetta dalla bontà divina i sentimenti che non puoi ottenere da te. Persevera a chiedere, a bussare, a pregare fino a quando tu non li riceva.

    La meditazione frequente della mia passione ti giova, fra l'altro, per due benefici: per vincere la tristezza disordinata e per diminuire la pena del purgatorio. Con un esempio più che con le parole, ti mostrerò come il mio dolore espelle i dolori dell'anima. C'era un discepolo della Sapienza, il cui nome è nel libro della vita, che all'inizio della sua conversione fu oppresso da una tristezza disordinata e mortale, al punto da non poter leggere, né pregare o fare alcunché di buono. Mentre un giorno sedendo in cella, era tormentato da tale patimento che lo affliggeva in modo incredibile, gli fu detto dall'alto come da una voce intellettuale: Perché siedi ozioso, consumandoti in te stesso? Alzati, medita la mia passione e vincerai il tuo dolore grazie alla mia amarezza. A quelle parole il frate si alzò e si mise a rivivere con fervore la memoria della passione. Da allora fu risanato mediante quella salutare medicina e in seguito non sentì più i morsi della tentazione, grazie a quella pratica costante.

    Ormai è tempo, ‑ dice la Sapienza che se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua! (Mc 8, 34). Sappi che tale devota imitazione mi sarà accetta come se tu avessi perseverato con me e fossi morto insieme con me allora morente. Sarà questa la croce che devi portare, se vuoi essere mio amante. Impara a ricevere derisioni e calunnie come premio dei tuoi atti di virtù e d'obbedienza; impara ad apparire vile e disprezzabile senza che si sospetti quanta pazienza o grazia divina stiano alla radice di tale atteggiamento; impara a passare per incapace o per scemo quando penseranno che pur volendo vendicarti, non osi o non sai farlo; impara a sopportare ciò con pazienza e volentieri per Dio, come meglio puoi, impara a pregare per i nemici e a scusarli, raccomandandoli presso di me. Impara a vincerti in questa lotta trafiggente a imitazione e gloria del Crocifisso. Ogni volta che avrai fatto questo tu renderai attuale la morte del Signore e imprimerai in te l'immagine del Crocifisso.

    Ogni volta che sai dominarti nelle vicissitudini della vita per amore di Dio, tu stai accanto al tuo diletto Crocifisso: siine assolutamente certo. Ecco come dovrai comportarti per essere unito a lui: Compi opere buone, e cammina con innocenza e semplicità nella via del Signore. Qualora tu sia schernito e perseguitato da gente invidiosa, che parli dovunque male di te e non cessi di depravare la tua vita agli occhi di chi ti stima, non turbarti, ma piuttosto rallegrati di ciò; sii pronto in ogni ora a perdonare con sincero affetto i tuoi persecutori, scusa dal fondo del cuore tutte le loro offese, al punto da dimenticarle completamente; per di più, offri consiglio e aiuto opportuno ai tuoi calunniatori. Tutto questo fallo per amore del Crocifisso: egli perdonò i suoi carnefici che non glielo chiedevano e volle giovare ad essi intercedendo per loro presso il Padre.

    Fuggi le gioie del mondo, lascia gli agi e le consolazioni terrene, fuorché per quello che richiede il bisogno. Questa separazione volontaria compensa l'abbandono in cui fui lasciato da tutti, nell'ora della passione. Nel lasciare parenti e amici carissimi diventi un discepolo e un fratello diletto che soffre con me ai piedi della croce. Quando ti spogli della tua volontà propria allora tu vesti la mia nudità. Fai brillare in te l'immagine della mia morte quanto cedi volontariamente a chi ti impugna, ti accusa o ti infligge contrarietà, quando sopporti l'ira e l'impazienza di coloro che ti attaccano con ingiuste parole, quando fai vergognare i tuoi avversari con la dolcezza del tuo cuore e delle tue parole e quando spezzi il loro orgoglio con il sorriso del volto, con la tua bontà e mansuetudine.

    Devi aver sempre in cuore la memoria della mia passione, e riferire ad essa tutte le avversità che soffri: assumila per quanto ti è possibile. Quando per segreta disposizione della mia provvidenza ti sottraggo la consolazione interiore e ti lascio desolato, non cercare altrove conforto, ma comportati come un vero crocifisso: attendi pazientemente, leva lo sguardo al Padre che è nei cieli, abbandona te stesso, getta in Dio ogni tuo pensiero. Quanto sarà maggiore la prova dell'uomo esteriore e l'abbandono dell'uomo interiore unito al volere di Dio, tanto più somigliante sarai al Crocifisso, e più gradito al Padre nella pienezza del suo amore. Proprio l'avversità permette di esaminare la resistenza dei soldati di Cristo.

    Non cedere a soddisfare le tue voglie, ma infrangile virilmente; berrai allora il fiele amarissimo insieme col tuo Diletto. Abbi sete della salvezza di tutti gli uomini, presta ai superiori un'obbedienza devota, e sforzati di portare le tue opere alla perfezione della virtù e al compimento totale.
    Modellati sull'esempio della mia fedelissima Madre, e del discepolo prediletto; conserva sempre il ricordo della mia passione nella memoria del cuore, nel ruminare devoto della preghiera e nell'imitazione affettuosa delle azioni. Se farai ciò, diverrai conforme a me e io ti ricompenserò con abbondanti delizie. Provami con le opere il tuo amore per me. E' giunta la tua ora. Accorri, affrettati a ricevere per me la morte spiritualmente. Quale gloria per il Padre dei cieli vederti accettare una simile croce! Quale gioia per il Maestro dei maestri avere un tale fedelissimo discepolo! Sii il diletto che muore per il suo Diletto e che corrisponde alla sua passione tanto da avere in te gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (Fil 2, 5). Sarai colmato di gloria nei cieli, sarai degno di tutti gli onori celesti. Compagno di Cristo nella grande tribolazione, lo sarai anche nell'immensa consolazione.

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    Predefinito Da "Maria ai piedi della croce" di Giorgio di Nicomedia.

    Oratio VIII In S. Mariam assistentem cruci, in PG 100, 1475-1478.

    Coloro che ne hanno fatto l'esperienza conoscono lo strazio delle ultime raccomandazioni di un morente, come esse penetrino in fondo al cuore provocando vivo dolore. Sono come l'ultima espressione dell'essere amato con il quale si condivise l'esistenza.
    Ai piedi della croce Maria viene a sapere come il Figlio ch'ella conosceva così bene e aveva cura di lei, stava per lasciarla. Ma conosce pure che il Verbo ineffabile le rimarrà perennemente accanto.
    "Madre, d'ora in poi ti sarò accanto in maniera divina e avrò cura di te con l'amore dovuto a mia madre. Avrai con te per figlio il mio discepolo prediletto ed egli ti presterà tutti i servizi che gli ispirerà la sua pietà filiale.
    Grazie a lui voglio colmare il vuoto causato dalla mia assenza per diminuire la tua pena sconfinata.

    Cerca di placare il tuo acuto dolore, allevia l'angoscia che ti contrista pensando al grande dono che ti faccio. Tu hai l'animo a pezzi, consumato da una fiamma interiore devastante e il tuo cuore è ferito in modo spaventoso. Il tuo amore verso di me va ben oltre la capacità naturale, né d'altra parte è possibile che tu non senta nulla. Ma io eliminerò una parte del dolore che ti assilla interiormente donandoti una forza d'animo che sappia dominarlo, poiché sei mia madre.
    Con le ignominie che mi sono inflitte ho voluto ridare onore al disonorato genere umano. Queste stesse ingiurie, mentre per me sofferente nella carne sono segno di immensa gloria, per te sono rivelazione e annunzio della mia grandezza. Accanto a te ora hai il discepolo sul cui petto reclinai il capo; poni fine perciò alle tue sofferenze e, vivendo con lui e con gli altri, occupa il posto lasciato vuoto da me.

    Nella persona di Giovanni intendo affidarti anche gli altri discepoli. Desidero che tu stia insieme con essi, e fino a quando sarai in vita, tu faccia in modo di sostituire la mia presenza fisica. Sii per essi ciò che le madri mostrano di essere per i loro figli; anzi, di più: sii ciò che io rappresentavo per loro quando ero presente.
    A loro volta essi ti porteranno quel rispetto che è proprio di figli sottomessi. Ti venereranno con il culto che si addice alla madre del Signore e io mi comunicherò loro per mezzo tuo, perché abbiano te come mediatrice di pronta riconciliazione con me".
    Dopo aver così amorevolmente parlato alla madre, Cristo si rivolge al discepolo e gli dice: Ecco la tua madre! O eccelso onore per un discepolo, eredità più ricca di qualsiasi bene esistente! Di quale dono di grazia l'amato discepolo diventa messaggero! Ottiene di essere chiamato fratello del Creatore e di ricevere come madre e accogliere con sé la regina dell'universo.

    Ecco la tua madre! "Ecco, - dice Cristo - te l'affido. Poiché ritorno nella mia gloria, la lascio a te al posto della mia visibile presenza. Supplisci a quell'affetto filiale che le avrei dovuto; venerala come si addice alla madre del tuo Signore e Maestro. Poiché ella godrà della mia continua presenza divina, abbia anche il tuo premuroso aiuto, senza mai cedimenti.
    Entrambi, tu con la parola e io con i fatti, elimineremo il suo dolore. Tu confortala adeguatamente. mentre - io le infonderò una forza d'animo incrollabile.
    Io la costituisco madre non soltanto per te ma anche per tutti gli altri; la pongo a guida dei discepoli e voglio che sia onorata in modo speciale per questo privilegio di madre.
    Benché vi abbia ordinato di non chiamare nessuno padre sulla terra, tuttavia voglio che la onoriate e chiamate madre, perché è stata per me una dimora più sublime dei cieli e ha mostrato una volontà del tutto soprannaturale".

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    Predefinito

    da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste , trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1076-1083

    15 SETTEMBRE

    FESTA DEI SETTE DOLORI
    DELLA BEATA VERGINE

    Due feste della Madonna: Natività e Addolorata.


    Dopo il ricordo dell'infanzia di Maria, ecco che la Chiesa subito ci invita a meditare sui dolori, che segnarono la vita della Madre del Messia, Corredentrice del genere umano. Mentre il giorno della nascita consideravamo la grazia, la bellezza della bambina che era nata, non ci si presentava il pensiero del dolore, ma se ci fossimo posta la domanda: "Che cosa sarà mai di questa bambina?", avremmo veduto che se tutte le nazioni dovevano un giorno proclamarla beata, Maria doveva prima soffrire con il Figlio per la salvezza del mondo.

    La sofferenza di Maria.

    Maria stessa ci invita, con la voce della Liturgia, a considerare il suo dolore: "Voi tutti che passate per la strada guardate e vedete e dite se vi è dolore simile al mio... Dio mi ha posta e come stabilita nella desolazione" (Geremia, Lamentazioni, 1,12-13). Il dolore della Santa Vergine è opera di Dio. Predestinandola ad essere Madre del Figlio suo, l'ha unita in modo indissolubile alla persona, alla vita, ai misteri, alla sofferenza di Gesù, perché fosse cooperatrice fedele nell'opera della redenzione, e tra il Figlio e la Madre doveva esservi comunità perfetta di sofferenze. Quando una madre vede che il figlio soffre, soffre con lui e sente, per riverbero, ciò che egli prova e Maria ha sentito nel suo cuore tutto ciò che Gesù ha sofferto nel suo corpo per gli stessi fini, con la stessa fede e con lo stesso amore. "Il Padre e il Figlio, disse Bossuet, dividono per l'eternità la stessa gloria e la Madre e il Figlio dividono nel tempo le stesse sofferenze; il Padre e il Figlio una stessa sorgente di gioia, la Madre e il Figlio uno stesso torrente di amarezza; il Padre e il Figlio lo stesso trono, la Madre e il Figlio la stessa croce. Se si crivella di colpi il corpo di Gesù, Maria ne sente tutte le ferite, se si trafigge la sua testa con le spine, Maria è straziata da tutti quegli aculei, se gli presentano il fiele e aceto, Maria ne beve tutta l'amarezza, se si stende il corpo sulla croce, Maria ne soffre tutto il tormento" (Discorso per la Compassione. Opere oratorie, II, p. 472).

    La Compassione.

    La comunione di sofferenze tra il Figlio e la Madre ci spiega perché è stato scelto il termine Compassione per esprimere i dolori di Maria. Compassione è l'eco fedele, è il contraccolpo della Passione. Patire è soffrire e compatire qualcuno è soffrire con lui, è risentire nel proprio cuore, come se fossero nostre, le sue pene, le sue tristezze, i suoi dolori. La Compassione fu così per la Santa Vergine la comunione perfetta con le sofferenze e la Passione del Figlio e con le disposizioni che lo animavano nel suo sacrificio.

    Perché Maria soffre.

    Parrebbe che Maria, concepita senza peccato, ignara di ogni male, non avrebbe dovuto soffrire. Se Dio, che tanto ama il Figlio, gli diede la sofferenza in eredità, bisogna che la sofferenza sia un bene notevole, ma siccome, dopo il Figlio ama la Santissima Vergine più che tutte le altre creature, anche a lei l'ha offerta come il più ricco dei doni. Del resto unita come era al Figlio, era opportuno e in certo modo necessario che Maria provasse la sofferenza e la morte, perché noi imparassimo da lei, come dal Figlio, ad accettare la sofferenza, che Dio permette per il nostro maggior bene. Maria si offrì liberamente, unì volontariamente il suo sacrificio e la sua obbedienza al sacrificio e all'obbedienza del Figlio Gesù, per portare con lui tutto il peso della espiazione richiesta dalla giustizia divina e non ha sentito i dolori del Figlio solo per simpatia, ma è entrata nella Passione realmente con tutto il suo essere, con il cuore, con l'anima, con l'amore più vivo, con la più serena tranquillità, ha sofferto nel cuore quanto Gesù ha sofferto nella carne e vi sono teologi che affermano che abbia sentito anche nel corpo le stesse sofferenze provate da Gesù nel suo e, dato che alcuni santi hanno avuto l'onore di tale privilegio, ci è permesso pensare che anche Maria lo abbia avuto.

    La sofferenza di Maria viene da Gesù.

    La sofferenza di Maria non comincia solo sul Calvario. La sua infanzia fu senza dubbio tranquilla ed esente da pene. La sofferenza cominciò con Gesù "questo bambino molesto, dice Bossuet, perché dove entra, entra con la sua croce, porta con sé le spine, e le divide con quelli che ama" (Panegirico di san Giuseppe, t. II, 137). "Causa dei dolori di Maria, dice ancora Mons. Gay, è Gesù. Tutto quello che soffre viene da Gesù, si riferisce a Gesù, ha la sua ragione di essere, il suo fondamento in Gesù" (41.a Conferenza alle Madri Cristiane, t. II, 199). La solennità di oggi, che ci presenta Maria al Calvario, ci ricorda, insieme con il dolore supremo, tutti gli altri noti ed ignoti, che riempirono la vita della Santa Vergine. La Chiesa si è fermata a considerarne sette solo, perché questo numero esprime sempre l'idea della totalità e dell'universalità e, nel responsorio del Mattutino, richiama in modo particolare i sette dolori che le procurarono la profezia del vecchio Simeone, la fuga in Egitto, la perdita di Gesù a Gerusalemme, il trasporto della croce, la crocifissione, la deposizione dalla croce e la sepoltura del divin Figlio, dolori che fecero veramente di lei la Regina dei martiri.

    Regina dei martiri.

    Con questo bel titolo la saluta la Chiesa nelle litanie. "Che abbia veramente sofferto, dice san Pascasio Radberto, lo afferma Simeone quando le dice: Una spada trapasserà la tua anima. Di qui è evidente che supera tutti i martiri, perché gli altri hanno sofferto per Cristo nelle loro carni, ma non hanno sofferto nella loro anima, che è immortale, mentre Maria ha sofferto in questa parte di sé, che è impassibile, la sua carne ha sofferto, per così dire, spiritualmente la spada della Passione di Cristo ed è così più che martire. Avendo amato più di tutti, più di tutti ha sofferto e la violenza del dolore trapassò la sua anima, ne prese possesso a testimonianza del suo amore indicibile. Avendo sofferto nella sua anima, fu più che martire, perché il suo amore, più forte della morte, fece sua la morte di Cristo" (Lettera sull'Assunzione, n. 14, PL 30, 138).

    Il suo amore, causa di sofferenza.

    Per misurare l'estensione e l'intensità della sofferenza della Santissima Vergine, bisognerebbe capire quale fu il suo amore per Gesù. Fu amore ben diverso da quello dei Santi e dei martiri. Questi soffrono per Cristo, ma il loro amore addolcisce i tormenti e qualche volta li fa dimenticare. In Maria niente di tutto questo: il suo amore aumenta la sofferenza. "Natura e grazia, dice Bossuet, concorrono a determinare nel cuore di Maria impressioni profondissime. Nulla è più forte e più pressante dell'amore naturale per un figlio e dell'amore che sa dare la grazia per Dio. I due amori sono due abissi dei quali non si penetra il fondo, né si comprende l'immensità... " (Discorso sull'Assunzione, t. III, 493).

    La sofferenza è gioia per Maria.

    Ma, se l'amore è per Maria sorgente di sofferenza, è pure sorgente di gioia. Perciò soffrì sempre con calma inalterabile e grande forza d'animo. Meglio di san Paolo, Maria sapeva che nulla, neppure la morte, l'avrebbe separata dall'amore del suo Figlio, suo Dio.

    Il santo Papa Pio X scriveva che "nell'opera suprema si vide la Vergine ritta presso la croce, oppressa senza dubbio dall'orrore della scena, ma tuttavia felice e gioiosa, perché il Figlio si immolava per la salvezza del genere umano" (Encicl. Ad diem illum, 2 febbraio 1904). Più di san Paolo, Maria sovrabbondava di gioia in mezzo al dolore. In lei, come in Gesù, salve le proporzioni, la gioia più profonda sta insieme alla sofferenza più grande che creatura di quaggiù possa sopportare. Maria ama Dio e la divina volontà più di ogni altra cosa al mondo e sa che sul Calvario si compie questa volontà, che la morte del Figlio offre a Dio il riscatto che Dio esige per la redenzione degli uomini, i quali le sono lasciati come figli suoi e li amerà e già li ama come ha amato Gesù.

    Riconoscenza verso Maria.

    Disse sant'Alberto Magno: Come il mondo tutto è debitore di nostro Signore Dio, così lo è della Vergine per la sua Compassione" (Questione Super Missus, 150). Conosciamo oggi meglio, o Maria, che cosa hai fatto per noi e quanto ti dobbiamo. Tu ti lamentasti perché "guardando gli uomini e cercando fra essi quelli che ricordavano il tuo dolore e ti compativano ne trovasti troppo pochi" (Santa Brigida, Rivelazioni, l. II c. 24). Non vogliamo aumentare il numero dei figli ingrati e ci uniamo perciò alla Chiesa nel ricordare le tue sofferenze e mostrarti la nostra gratitudine.

    Sappiamo, o Regina dei martiri, che una spada di dolore ti trapassò l'anima e che solo lo Spirito di vita e di consolazione poté sostenerti e fortificarti nel momento della morte di tuo Figlio.

    Sappiamo soprattutto che, se tu hai salito il Calvario, se tutta la tua vita, come quella di Gesù, fu un lungo martirio, ciò avvenne perché tu dovevi compiere presso il Redentore e in unione con lui il ruolo che la nostra prima madre, Eva, compì presso Adamo nella nostra caduta. Tu con Gesù ci hai riscattati, con lui e in dipendenza da lui hai meritato de congruo, per convenienza, la grazia che egli meritò de condigno, in giustizia, per ragione della sua dignità infinità. Ti salutiamo così, con amore e riconoscenza, "nostra Regina, Madre di misericordia, nostra vita e nostra speranza" e, sapendo che la nostra salvezza è nelle tue mani, ti consacriamo tutta la nostra vita, perché, sotto la tua potente protezione, con la tua materna guida, possiamo raggiungerti nella gloria del Paradiso ove, con il Figlio, vivi incoronata e felice per sempre. Così sia.

    MESSA

    Il Sacrificio quotidiano della Messa è il Sacrificio del Calvario vestito della magnificenza della Santa Liturgia. Il canto introduttivo ci presenta alcune donne e un solo uomo insieme con la Madre dei dolori ai piedi della Croce nel giorno della grande offerta.

    EPISTOLA (Gdt 13,22-25). - Il Signore t'ha benedetta nella sua potenza, e per mezzo di te ha annientato i nostri nemici. O figlia tu sei benedetta dal Signore Dio altissimo a preferenza di tutte le altre donne della terra. Benedetto sia il Signore, creatore del cielo e della terra, che diresse la tua mano nel troncare la testa del principe dei nostri nemici. Oggi Dio esaltò il tuo nome da essere lodato per sempre dagli uomini, che si ricorderanno in eterno della potenza del Signore. Per essi tu non hai risparmiato la tua vita, e, viste le angustie e le tribolazioni del tuo popolo, ne hai impedita la rovina davanti a Dio. Tu sei la gloria di Gerusalemme, la letizia d'Israele, l'onore del nostro popolo.

    Maria corredentrice.

    Oh, grandezza della nostra nuova Giuditta fra le creature! "Dio, nota il Padre Faber, pare scelga in sé le cose più incomunicabili per comunicarle in modo misterioso a Maria. Vedete come già l'ha posta nei disegni dell'universo del quale la rende quasi causa e parzialmente tipo. La cooperazione della Santa Vergine alla salvezza del mondo ci presenta un aspetto nuovo della sua magnificenza. Né l'Immacolato Concepimento, né l'Assunzione ci danno un'idea più alta di Maria del titolo di Corredentrice. I suoi dolori non erano alla Redenzione necessari, ma nel pensiero di Dio ne erano inseparabili e appartenevano alla integrità del piano divino. I misteri di Gesù non sono forse i misteri di Maria e i misteri di Maria non sono i misteri di Gesù? La verità sembra essere questa: i misteri di Gesù e quelli di Maria sono per Dio un solo mistero. Gesù stesso è il dolore di Maria sette volte ripetuto, sette volte ingrandito. Nelle ore della Passione, l'offerta di Gesù e quella di Maria erano una sola offerta e, sebbene diverse per dignità e valore, erano simili per le disposizioni, avevano lo stesso ritmo, lo stesso profumo ed erano consumate dallo stesso fuoco: oblazione simultanea fatta al Padre da due cuori senza macchia, per i peccati di un mondo colpevole del quale si erano liberamente addossati i demeriti" (Il piede della Croce, ix, 1, 2). Uniamo le nostre lacrime ai tormenti di Gesù e al pianto di Maria. Nella misura in cui l'avremo fatto in questa vita, potremo poi, col Figlio e con la Madre, godere in cielo.

    Nella Messa, al graduale segue il toccante lamento attribuito al beato Jacopone da Todi, francescano, lo Stabat Mater, che sarà per noi un bella formula di preghiera e di omaggio alla Madre dei dolori.

    SEQUENZA

    In piedi, presso la Croce, cui era appeso il figlio, la Madre dei dolori piangeva.

    L'anima sua, che gemeva per la tristezza e la desolazione, era stata trapassata da una spada.

    Quanto era triste, quanto era afflitta quella benedetta Madre di un figlio solo.

    Gemeva e sospirava la tenera Madre, assistendo alle pene del suo augusto figlio.

    Chi non piangerebbe, se vedesse la Madre del Cristo, straziata da pene così acerbe?

    Chi non potrebbe essere triste al vedere la Madre di Cristo con lui in preda al dolore?

    Vide Gesù in mezzo ai tormenti, sottoposto ai flagelli, per i peccati del suo popolo.

    Vide il dolce suo figlio morire senza conforto, ne colse l'ultimo sospiro.

    Orsù, Madre, sorgente di amore, fa' che io senta la violenza della pena e pianga con te.

    Fa' che arda il mio cuore nell'amore di Cristo, Dio, perché io possa piacergli.

    Madre santa, imprimi fermamente nel mio cuore le piaghe del figlio tuo.

    Dividi con me le pene del tuo Figlio straziato, che si degnò di soffrire per me.

    Fa' che finché avrò vita, pianga piamente con te e compatisca al Crocifisso.

    Desidero stare presso la Croce con te e unirmi a te nel pianto.

    Vergine, tra le vergini la più nobile, non essere severa con me, fa' che mi unisca al tuo pianto.

    Fa' che io porti in me la morte di Cristo, che io partecipi alla sua passione, che ne mediti le sofferenze.

    Fa' che le sue ferite siano le mie ferite, che io mi inebrii della croce e del sangue del tuo figlio.

    Le fiamme non mi tormentino: nel giorno del giudizio, sii tu, o Vergine, la mia difesa.

    O Cristo, quando dovrò morire, fa' che la Madre mi conduca alla palma della vittoria.

    Quando il corpo morirà, fa' che l'anima raggiunga la gloria del Paradiso. Così sia.

    VANGELO (Gv 19,25-27) - In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre e la sorella di lei, Maria di Cleofa, e Maria la Maddalena. Or Gesù, vedendo sua madre e, vicino a lei, il discepolo che gli era caro, disse alla madre: Donna, ecco il tuo figlio. Poi disse al discepolo: Ecco tua madre. E da quel momento la prese il discepolo in casa con sé.

    In piedi presso la Croce.

    "Stabat iuxta crucem". Bisogna mettersi ben vicini alla Croce e bisogna essere in piedi. In piedi, perché questo è l'atteggiamento del coraggio e perché si resta così più vicini al Signore.

    Unico modo per fare questo è essere con la Santa Vergine. Non si potranno mai unire le due prime parole alla terza senza il tecum, se ciò non avviene con Maria e in Maria. La Croce è troppo spaventosa.

    Lo stabat di Maria è dominato da quello di Gesù, elevato sopra la terra, che tutto attira a sé, appunto perché elevato sopra la terra.

    Maria è in piedi per essere il tratto di unione... la Mediatrice. La sua testa e il suo cuore sono alti, per essere vicini al Figlio, i suoi piedi toccano la nostra terra, per essere vicino a noi, che siamo pure suoi figli. È in piedi, perché è nostra Madre: "Ecco, tua Madre". e Maria può dire come Gesù: "Trarrò tutto a me, come madre". Per il mistero della Croce, tutta l'umanità è attirata a Gesù e a Maria... (P. Dehau, La Compassione della Vergine).

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    Predefinito STABAT MATER (testo latino)

    Stabat mater dolorosa
    iuxta crucem lacrimosa,
    dum pendebat filius.
    Cuius animam gementem
    contristatam et dolentem
    pertransivit gladius.

    O quam tristis et afflicta
    fuit illa benedicta
    Mater unigeniti!

    Quae maerebat et dolebat,
    pia Mater, dum videbat
    nati poenas incliti!

    Quis est homo, qui non fleret,
    Matrem Christi si videret
    in tanto supplicio?

    Quis non posset contristari
    Christi Matrem contemplari
    dolentem cum filio?

    Pro peccatis suae gentis
    vidit Iesum in tormentis
    et flagellis subditum;

    Vidit suum dulcem natum
    moriendo desolatum,
    dum emisit spiritum.

    Eia Mater, fons amoris,
    me sentire vim doloris
    fac, ut tecum lugeam!

    Fac, ut ardeat cor meum
    in amando Christum deum,
    ut sibi complaceam!

    Sancta Mater, istud agas,
    crucifixi fige plagas
    cordi meo valide!

    Tui nati vulnerati
    tam dignati pro me pati
    poenas mecum divide!

    Fac me vere tecum flere,
    crucifixo condolere,
    donec ego vixero!

    Iuxta crucem tecum stare
    te libenter sociare
    in planctu desidero.

    Virgo virginum praeclara,
    mihi iam non sis amara:
    fac me tecum plangere.

    Fac, ut portem Christi mortem,
    passionis fac consortem
    Et plagas recolere!

    Fac me plagis vulnerari,
    cruce fac inebriari
    ob amorem filii!

    Inflammatus et accensus
    per te, Virgo, sim defensus
    in die iudicii!

    Fac me cruce custodiri
    morte Christi praemuniri,
    confoveri gratia!

    Quando corpus morietur,
    fac, ut animae donetur
    Paradisi gloria! Amen.

  10. #10
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    Predefinito

    Hans Baldung Grien, Mater dolorosa, 1516 circa, Museum of Fine Arts, Budapest

    El Greco, Vergine Maria (addolorata), 1590 circa, Musée des Beaux-Arts, Strasburgo

    Hans Memling, Mater dolorosa, 1480 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze

    Hans Memling, La Vergine addolorata mostra l'Uomo dei Dolori, 1475 o 1479, National Gallery of Victoria, Melbourne

    Hans Memling, La Vergine addolorata mostra l'Uomo dei Dolori, 1480 circa, Museo de la Capilla Real, Granada

    Artus Quellin I, Mater dolorosa, 1650, Sint-Jacobskerk, Antwerp

    Francisco Salzillo, Dolorosa, 1755, Iglesia de Jesus, Murcia

 

 
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