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Discussione: Maria corredentrice?

  1. #1
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    Maria è Corredentrice, e cioè, Cooperatrice nella Redenzione di Cristo.
    eugenius, stante anche il testo di papa benedetto XVI su gesù di prossima publbicaizone, mi pare che il casali qui sbagli.

    benedetto XVI ha escluso esplicitamente un quarto dogma mariano, che proclami maria CO-Redentrice. anzi, ha detto chiaramente che trova questa idea sbagliata.

    per cui casali può avere le sue idee, ma direi che non sono proprio quelle ufficiali della chiesa cattolica.

  2. #2
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    poi vorrei sapere QUALI sono i testi pontifici dove si dice chiaramente , esplicitamente, e senza possibilità di equivoco che Maria è CO-Redentrice con cristo.

    Mediatrice è diverso da CO-Redentrice, ok?

  3. #3
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    Vorrei ricordare che nel testo che deve uscire su Gesù, Benedetto XVI parla come dottore privato - l'ha detto lui stesso. Quindi, non fa pienamente testo. Sarebbe come l'opinione di un qualsiasi altro teologo.
    Quanto alla verità di Maria corredentrice e mediatrice di grazie, si tratta di verità scomode, specie a causa dell'eresia ecumenista oggi imperante (v. QUI).
    Ad ogni buon conto si tratta di verità da sempre professate nella fede della Chiesa.
    QUI comunque puoi trovare un'ampia sintesi.

  4. #4
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    Il mistero di Maria Corredentrice nel magistero pontificio

    Mons. Arthur Burton Calkins


    I. Introduzione

    È mio privilegio illustrare la posizione del magistero papale a riguardo della stretta collaborazione della Madonna all’opera della nostra Redenzione. Questo è anche un impegno importante, e perciò sono particolarmente grato al nostro attuale Santo Padre, il papa Giovanni Paolo II, il quale, nei suoi insegnamenti, ha fornito indicazioni così numerose ed importanti sul ruolo Corredentivo della Madonna[1].

    Recentemente egli ha offerto una eccellente introduzione sullo sviluppo di questo importante punto di dottrina nella sua udienza generale del 25 ottobre 1995. Essa contiene moltissimo dello sviluppo storico in una maniera notevolmente succinta e perciò vorrei citare sin dall’inizio quell’importante discorso:

    Dicendo che «Maria Vergine è riconosciuta e onorata come vera Madre di Dio, Madre del Redentore»[2], il Concilio attira l’attenzione sul legame esistente tra la maternità di Maria e la Redenzione.

    Dopo aver preso coscienza del ruolo materno di Maria, venerata nella dottrina e nel culto dei primi secoli quale Madre verginale di Gesù Cristo e quindi Madre di Dio, nel Medioevo la pietà e la riflessione teologica della Chiesa approfondiscono la sua collaborazione all’opera del Salvatore

    Questo ritardo si spiega con il fatto che lo sforzo dei Padri della Chiesa e dei primi Concili Ecumenici, incentrato com’era sul mistero dell’identità di Cristo, lasciò necessariamente nell’ombra altri aspetti del dogma. Sarà solo progressivamente che la verità rivelata potrà essere esplicitata in tutta la sua ricchezza. Nel corso dei secoli la Mariologia si orienterà sempre in funzione della Cristologia. La stessa divina Maternità di Maria viene proclamata nel Concilio di Efeso soprattutto per affermare l’unità personale di Cristo. Analogamente avviene per l’approfondimento della presenza di Maria nella storia della salvezza.

    Alla fine del secondo secolo San Ireneo, discepolo di Policarpo, pone già in evidenza il contributo di Maria all’opera di salvezza. Egli ha compreso il valore del consenso di Maria al momento dell’Annunciazione, riconoscendo nell’obbedienza e nella fede della Vergine di Nazaret al messaggio dell’angelo l’antitesi perfetta della disobbedienza e dell’incredulità di Eva, con effetto benefico sul destino dell’umanità. Infatti, come Eva ha causato la morte, così Maria, col suo “sì”, è divenuta “causa di salvezza” per se stessa e per tutti gli uomini[3]. Ma si tratta di un’affermazione non sviluppata in modo organico e abituale dagli altri Padri della Chiesa.

    Tale dottrina, invece, viene sistematicamente elaborata per la prima volta, alla fine del decimo secolo, nella “Vita di Maria” di un monaco bizantino, Giovanni Geometra. Maria è qui unita a Cristo in tutta l’opera Redentrice partecipando, secondo il piano divino, alla croce e soffrendo per la nostra salvezza. Ella è rimasta unita al Figlio «in ogni azione, atteggiamento e volontà»[4]

    In Occidente San Bernardo, morto nel 1153, rivolgendosi a Maria, così commenta la presentazione di Gesù al tempio: «Offri Tuo Figlio, sacrosanta Vergine, e presenta al Signore il frutto del Tuo seno, per la nostra riconciliazione con tutti offri l’ostia santa, gradita a Dio»[5].

    Un discepolo e amico di San Bernardo, Arnaldo di Chartres, mette in luce in particolare l’offerta di Maria nel sacrificio del Calvario. Egli distingue nella Croce «due altari: uno nel cuore di Maria, l’altro nel corpo di Cristo. Il Cristo immolava la Sua carne, Maria la Sua anima». Maria s’immola spiritualmente in profonda comunione con Cristo e supplica per la salvezza del mondo: «Quello che la Madre chiede il Figlio lo approva, il Padre lo dona»[6].

    Da questa epoca in poi altri autori espongono la dottrina della speciale cooperazione di Maria al sacrificio redentore[7].

    Poiché il Santo Padre, dunque, ha tracciato i punti principali di questo tema nel suo sviluppo teologico, è mio compito quello di indicare gli sviluppi più importanti di questo argomento nel magistero stesso. Così come porterebbe ad aspettarci la trattazione dello sviluppo storico fatta dal Papa, l’attenzione specifica alla collaborazione di Maria all’opera della Redenzione è cosa relativamente nuova nel magistero papale[8]. Soltanto dopo aver meditato a lungo su questo mistero, come Maria stessa (Cfr Lc 2,19.51), la Chiesa comincia a dare insegnamenti su di esso in modo più solenne.

    A. Epoca moderna: dal 1740 ad oggi

    Sarebbe senza dubbio altamente istruttivo ed interessante ricercare i primi adombramenti della dottrina della Mediazione Mariana nel magistero papale delle prime epoche della vita della Chiesa, ma dobbiamo lasciare questo compito ad altri ricercatori[9]. Secondo una consuetudine largamente accettata il periodo moderno della codificazione del magistero pontificio ha inizio con il pontificato di Benedetto XIV (1740-1758)[10] mentre una successiva notevole concentrazione e consolidamento della dottrina Mariana ha inizio con il pontificato del Venerabile Pio IX (1846-1878). È precisamente questo periodo moderno del magistero papale che noi intendiamo qui studiare.

    B. Intima connessione tra Corredenzione e Mediazione

    Infine dobbiamo chiarire ancora un punto prima di iniziare ad analizzare i testi stessi. Autori del recente passato hanno spesso trattato insieme la Corredenzione e la Mediazione mariana sotto il titolo generale di “Mediazione”[11]. Il noto mariologo padre Gabriele M. Roschini, (OSM), ad esempio, afferma che alcuni mariologi restringono il titolo di «Mediatrice» alla seconda fase della Mediazione (alla cooperazione di Maria alla distribuzione della grazia), riservando il titolo di “Corredentrice” alla prima fase; ma anche questa prima fase, egli sostiene, è una vera e propria mediazione, dal momento che è una partecipazione all’opera mediativa di Cristo[12]. Ciò consegue logicamente dal fatto che entrambe queste fasi possono essere viste come suddivisioni dell’ampia categoria della «Mediazione mariana», ovvero di quello che il padre Besutti, di venerata memoria, aveva costantemente descritto nella sua Bibliografia Mariana fin dal 1968 come «Maria nella storia della salvezza (historia salutis)»[13]. Queste due fasi della Redenzione vengono spesso differenziate in “oggettiva” e “soggettiva”, come pure con altre distinzioni[14]. Infatti, molti dei documenti pontifici che prenderemo in esame insegnano chiaramente che la cooperazione della Madonna alla distribuzione della grazia scaturisce direttamente dal Suo ruolo Corredentivo[15]. Per questa ragione si vedrà che non pochi dei testi pontifici che citeremo a sostegno della Corredenzione mariana possono essere anche citati giustamente a sostegno della Mediazione di Maria.

    II. Una questione di terminologia

    Il termine Corredentrice di solito richiede alcune spiegazioni preliminari nella lingua inglese, perché spesso il prefisso “co” evoca immediatamente una visione di completa uguaglianza. Per esempio un co-firmatario di un conto bancario o un comproprietario di una casa è considerato un coeguale rispetto all’altro firmatario o proprietario. Di conseguenza il primo timore di molti è che il descrivere Maria SS.ma come Corredentrice la ponga allo stesso livello del suo Figlio Divino ed implichi che Essa è “Redentrice” allo stesso modo di Lui, riducendo così Gesù «ad essere la metà di una coppia di Redentori»[16]. In Latino, però, dal quale il termine Corredentrice proviene, il significato è sempre quello secondo il quale la cooperazione o collaborazione di Maria alla Redenzione è secondaria, subordinata, dipendente da quella di Cristo e -proprio in forza di tutto questo- qualcosa che Dio «liberamente ha voluto accettare... in quanto costituisce una parte non necessaria, ma tuttavia meravigliosamente amabile di quell’unico grande prezzo»[17] pagato dal suo Figlio per la Redenzione del mondo. Come osserva Mark Miravalle:

    Il prefisso “co” non significa uguaglianza ma deriva dalla parola latina “cum”, la quale significa “con”. Il titolo di Corredentrice applicato alla Madre di Gesù, mai intende mettere Maria su un livello di eguaglianza con Gesù Cristo, il divino Signore di tutte le cose, nel processo salvifico della Redenzione dell’umanità. Ma denota piuttosto la condivisione unica e singolare con il suo Figlio nell’opera salvifica di Redenzione della famiglia umana. La Madre di Gesù partecipa all’opera redentiva di suo Figlio il Salvatore, il quale solo ha il potere di riconciliare l’umanità con il Padre nella sua gloriosa divinità e umanità.[18]

    Sebbene si possa discutere sull’uso del termine Corredentrice[19] per la possibile confusione che potrebbe risultare da esso e proporre l’espressione prediletta di Pio XII, alma socia Christi (amata socia di Cristo)[20], è ugualmente sostenibile che non c’è nessun’altra parola la quale ponga in così netto e chiaro rilievo la partecipazione della Madre di Dio alla nostra Redenzione[21]. Inoltre, come vedremo, tale termine è stato consacrato dall’uso, specialmente dall’uso magisteriale sia nel passato che nel presente.

    A. Primi usi nel Magistero

    La parola “Corredentrice” fa la sua apparizione iniziale a livello magisteriale attraverso i pronunciamenti ufficiali delle Congregazioni Romane durante il regno del papa San Pio X (1903-1914) ed allora entra nel vocabolario papale.

    1. Il termine ricorre per la prima volta negli Acta Apostolicae Sedis in una risposta ad una richiesta fatta da padre Giuseppe M. Lucchesi, Priore Generale dei Serviti (1907-1913), nella quale si domandava l’elevazione di grado della festa dei Sette Dolori della beata Vergine a duplice di seconda classe per l’intera Chiesa. La Sacra Congregazione dei Riti, nell’accondiscendere alla richiesta, esprimeva il desiderio che così «si accresca il culto della stessa Vergine Addolorata e siano sempre più incoraggiati la pietà dei fedeli ed il loro sentimento di riconoscenza verso la misericordiosa Corredentrice del genere umano»[22].

    2. Cinque anni più tardi la Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, in un decreto firmato dal Cardinal Mariano Rampolla, esprimeva la sua approvazione verso la pratica di aggiungere al nome di Gesù quello di Maria nel saluto «Siano lodati Gesù e Maria», al quale si risponde «Ora e Sempre»: Vi sono Cristiani i quali hanno una devozione così tenera verso Colei che è la Beatissima fra le vergini da essere incapaci di ricordare il nome di Gesù senza accompagnarlo con il nome glorioso della Madre, nostra Corredentrice, la Beata Vergine Maria[23].

    3. Appena sei mesi dopo questa dichiarazione, il 22 gennaio 1914, la stessa Congregazione concedeva un’indulgenza parziale di 100 giorni per la recita di una preghiera di riparazione a nostra Signora, che cominciava con le parole Vergine benedetta. Ecco la parte di quella preghiera che ci interessa: Vergine benedetta, Madre di Dio, volgete benigna lo sguardo dal cielo, ove sedete regina, su questo misero peccatore, vostro servo. Esso, benché consapevole della sua indegnità, a risarcimento delle offese a voi fatte da lingue empie e blasfeme, dall’intimo del suo cuore vi benedice e vi esalta come la più pura, la più bella e la più santa di tutte le creature. Benedice il vostro santo nome, benedice le vostre sublimi prerogative di vera Madre di Dio, sempre Vergine, concepita senza macchia di peccato, di Corredentrice del genere umano[24].

    Sulla base di questi ultimi due esempi Monsignor Brunero Gherardini commenta che l’autorità di quel Dicastero (la Sacra Congregazione del Sant’Uffizio), oggi denominato «per la dottrina della fede», è tale da conferire ai suoi interventi l’ufficialità del pensiero cattolico[25].

    4. La prima utilizzazione del termine da parte di un papa ricorre in un’allocuzione di Pio XI (1922-1939) ai pellegrini provenienti da Vicenza il 30 novembre 1933: Il Redentore non poteva, per necessità di cose, non associare la Madre Sua alla Sua opera, e per questo noi la invochiamo col titolo di Corredentrice. Essa ci ha dato il Salvatore, l’ha allevato all’opera di Redenzione fino sotto la croce, dividendo con Lui i dolori dell’agonia e della morte, in cui Gesù consumava la Redenzione di tutti gli uomini[26].

    5. Il 23 marzo 1934, commemorazione quaresimale dell’Addolorata, Pio XI riceveva due gruppi di pellegrini spagnoli, uno dei quali era composto da membri delle Congregazioni Mariane della Cataloña. L’Osservatore Romano non pubblicò il testo del discorso del Papa, ma piuttosto ne riportava le osservazioni principali fatte a questi gruppi. Notando con piacere gli stendardi mariani portati da questi pellegrini, commentava che essi erano venuti a Roma per celebrare con il Vicario di Cristo non solo il XIX centenario della divina Redenzione, ma anche il XIX centenario di Maria, il Centenario della Sua Corredenzione, della Sua universale Maternità[27].

    Egli continuava, rivolgendosi specialmente ai giovani, dicendo che essi devono: seguire il pensiero ed il desiderio di Maria Santissima, che è nostra Madre e Corredentrice nostra: dovevano sforzarsi ad essere, anch’essi, corredentori ed apostoli, secondo lo spirito dell’Azione Cattolica, ch’è appunto la cooperazione del laicato all’apostolato gerarchico della Chiesa[28].

    6. Infine il papa Pio XI si riferiva alla Madonna come Corredentrice il 28 aprile 1935 in un radiomessaggio per la chiusura dell’Anno Santo, a Lourdes: O madre di pietà e di misericordia, che fosti vicino al tuo figlio dolcissimo, mentre Egli consumava la Redenzione del genere umano sull’altare della croce, partecipando dei suoi dolori e come Corredentrice... conservaci, ti chiediamo ed accresci nel corso dei giorni i frutti preziosi della Redenzione e della Tua compassione[29].

    A causa di questo uso del termine Corredentrice nei documenti e discorsi magisteriali da parte del Supremo Pontefice il canonico René Laurentin scriveva così nel 1951, a riguardo dell’impiego di quest’ultimo: utilizzato o difeso da due Papi, sebbene nel più modesto esercizio del loro magistero supremo, il termine richiede, d’ora in avanti, il nostro rispetto. Sarebbe gravemente temerario, come minimo, attaccare la sua legittimità[30].

    Da quell’affermazione alquanto sfumata il noto studioso francese ha di molto cambiato la sua posizione, dicendo che il titolo di corredentrice che è stato coniato per Lei, e a Lei comunemente attribuito dai mariologi - ma non accettato dagli Atti della Santa Sede [sic! N. d. R.] né dal Concilio - converebbe prima di tutto e a rigor di termini allo Spirito Santo»[31].

    Nondimeno, crediamo che la sua precedente difesa della legittimità del termine può reggersi da sé. Successivamente osserveremo come il termine è stato ritenuto dal magistero pontificio.

    B. Il Concilio Vaticano II

    Un ulteriore argomento addotto contro l’uso di questo termine è il fatto che esso è stato evitato dal Concilio Vaticano II. Se da una parte questa osservazione è vera, essa richiede però numerosi chiarimenti. Innanzitutto si deve ricordare che il Concilio fu convocato proprio in un momento in cui la dottrina e la pietà mariana avevano raggiunto un apice[32], che si era via via edificato a livello popolare sin dall’apparizione della Madonna a Santa Caterina Labouré nel 1830[33] ed a livello magisteriale dall’epoca della definizione dogmatica dell’8 Dicembre 1854[34]. Questo avvenimento mariano ebbe una notevole accelerazione durante i 19 anni di regno del Servo di Dio Papa Pio XII (1939-1958) con la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria il 31 ottobre 1942[35], la definizione dogmatica dell’Assunzione della Beata Vergine il 1 novembre 1950[36], l’istituzione della festa del Cuore Immacolato di Maria nel 1944[37] e della regalità di Maria nell’Anno Mariano del 1954[38].

    In secondo luogo, e come conseguenza di questo ampio “movimento mariano”, molto studio è stato dedicato al ruolo di Maria nella storia della salvezza, specialmente agli argomenti della Corredenzione e della Mediazione[39]. Non fa meraviglia, quindi, che una buona parte dei vescovi entrarono in Concilio con il desiderio di vedere un’esauriente trattazione di tali questioni. padre Michael O’Carroll, (CSSp), ci informa che dei 54 vescovi che al Concilio volevano un pronunciamento conciliare su Maria Corredentrice, 36 domandavano una definizione e 11 un dogma di fede su questo argomento[40]. Sulla questione connessa della Mediazione di Maria, egli ci dice che 362 vescovi desideravano un pronunciamento conciliare sulla Mediazione di Maria mentre 266 di essi ne chiedevano la definizione dogmatica[41].

    In terzo luogo, proprio nello stesso periodo un’altra corrente si stava avanzando nell’orientamento principale della vita cattolica, quella della “sensibilità ecumenica”. Perciò i “Praenotanda” al primo abbozzo di documento o schema conciliare sulla Madonna contenevano queste parole:

    Sono state omesse alcune espressioni e vocaboli usati dai Sommi Pontefici che, pur essendo in sé verissimi, potrebbero essere solo difficilmente comprensibili ai fratelli separati (in questo caso i Protestanti). Fra gli altri vocaboli si devono annoverare i seguenti: Corredentrice del genere umano (San Pio X, Pio XI)[42]…

    Questa proibizione originaria fu rispettata rigorosamente e quindi il termine “Corredentrice” non fu usato in nessuno dei documenti ufficiali promulgati dal Concilio e, innegabilmente, la «sensibilità ecumenica» fu un fattore primario nella sua esclusione[43], assieme ad una avversione per il linguaggio generale della mediazione da parte di teologi più progressisti[44].

    C. Il Capitolo VIII della Lumen Gentium

    Date queste disparate correnti presenti sullo sfondo del Concilio, ci si sarebbe potuti aspettare il prevalere del minimalismo dottrinale sull’intera questione della Corredenzione/Mediazione mariana. Quantunque il clima del Concilio non fosse favorevole per l’assimilazione piena di essa, ne fu gettato un solido fondamento, specialmente a riguardo dell’argomento della Corredenzione mariana o della collaborazione di Maria all’opera della Redenzione. Ecco come il papa Giovanni Paolo II ha recentemente riassunto la questione nella sua udienza generale del 13 dicembre 1995:Nel corso delle sessioni conciliari, emerse il voto di molti Padri di arricchire ulteriormente la dottrina mariana con altre affermazioni sul ruolo di Maria nell’opera della salvezza. Il particolare contesto in cui si svolse il dibattito mariologico del Vaticano II non permise l’accoglienza di tali desideri, pur consistenti e diffusi, ma il complesso della elaborazione conciliare su Maria rimane vigoroso ed equilibrato e gli stessi temi, non pienamente definiti, hanno ottenuto significativi spazi nella trattazione complessiva.
    Così, le esitazioni di alcuni Padri dinanzi al titolo di Mediatrice non hanno impedito al Concilio di usare una volta tale titolo, e di affermare in altri termini la funzione mediatrice di Maria dal consenso all’annuncio dell’angelo alla maternità nell’ordine della grazia (cfr Lumen Gentium, 62). Inoltre, il Concilio afferma la sua cooperazione «in modo tutto speciale» all’opera che restaura la vita soprannaturale delle anime (ibid., n. 61)[45].
    Questa è un’osservazione acuta fatta da una persona che ha continuato a meditare e sviluppare questi stessi temi. Per quanto mi risulta, è il primo riconoscimento pubblico ufficiale, da parte di un Papa, delle correnti del Concilio che diedero forma alla stesura del capitolo VIII della Lumen Gentium. Vi si fa anche un benevolo riferimento ai Padri che desideravano «arricchire ulteriormente la dottrina mariana con altre affermazioni sul ruolo di Maria nell’opera della salvezza».

    Nonostante il termine “Corredentrice” non ricorra in alcun luogo nei documenti del Concilio, si deve riconoscere che il concetto fu tuttavia espresso. Infatti il Concilio insegna molto più chiaramente e coerentemente sul ruolo corredentivo di Maria che sul Suo ruolo nella distribuzione della grazia, anche se la parola “Mediatrice” viene usata solo una volta nel n. 62. Così il n. 56 della Lumen Gentium parla esplicitamente della collaborazione di Maria all’opera della Redenzione: Abbracciando, con tutto l’animo e senza peso alcuno di peccato, la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale Ancella del Signore alla persona e all’opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione sotto di Lui e con Lui, con la grazia di Dio onnipotente[46].

    Nello stesso paragrafo si trova un’ulteriore specificazione sulla natura attiva del servizio di Maria: Giustamente quindi i santi Padri ritengono che Maria non fu strumento meramente passivo nelle mani di Dio, ma che cooperò alla salvezza dell’uomo con libera fede e obbedienza. Infatti, come dice sant’Ireneo, essa «obbedendo divenne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano». Onde non pochi antichi Padri nella loro predicazione, volentieri affermano con Ireneo che «il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione coll’obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva legò con la sua incredulità, la Vergine Maria sciolse con la fede»; e fatto il paragone con Eva, chiamano Maria «madre dei viventi», e affermano spesso: «la morte per mezzo di Eva, la vita per mezzo di Maria»[47].

    I Padri Conciliari, dunque, parlano chiaramente di una collaborazione attiva di Maria all’opera di Redenzione e la illustrano con il parallelo Eva/Maria, che si trova già negli scritti dei Padri sub-Apostolici, San Giustino Martire (+ 165), Ireneo (+ dopo il 193) e Tertulliano (+ 220)[48].

    Inoltre, i Padri Conciliari prendono le mosse dalla fondazione del principio generale della collaborazione di Maria all’opera di Redenzione per sottolineare la natura personale «dell’unione della madre col Figlio nell’opera della salvezza» (Matris cum Filio in opere salutari coniunctio) durante la vita nascosta di Gesù (n. 57) e la sua vita pubblica (n.58). Infine, nel n. 58 mettono in rilievo come Essa serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cfr Gv 19,25) soffrendo profondamente col suo unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata[49].

    Il Concilio, dunque, non insegna soltanto che Maria fu generalmente associata a Gesù nell’opera della Redenzione nel corso della sua vita, ma che Essa associò se stessa al suo sacrificio e consentì ad esso. Inoltre i Padri Conciliari osservano nel n. 61 che Maria col soffrire col Figlio suo morente in croce, cooperò in modo tutto speciale all’opera del salvatore, coll’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime[50].

    Maria non solo consentì al sacrificio, ma unì se stessa ad esso. In questi due rilievi finali troviamo una sintesi del precedente insegnamento pontificio sulla Corredenzione, come pure uno stabile punto di riferimento per l’insegnamento dei papi postconciliari.

    Monsignor Brunero Gherardini fa notare che, con o senza l’uso del termine Corredentrice, gli osservatori protestanti hanno riconosciuto proprio chiaramente la posizione cattolica sulla partecipazione di Maria alla Redenzione. Essi vedono ogni partecipazione umana all’opera della salvezza dell’uomo, sebbene secondaria e subordinata, come contraria al principio di Lutero del solus Christus e pertanto «un furto a Dio ed a Cristo»[51]. Dunque nell’elaborare l’insegnamento magisteriale sulla collaborazione di Maria alla Redenzione, abbiamo a che fare con più che soltanto la possibile giustificazione del termine Corredentrice, ma con un dato fondamentale della teologia cattolica, una materia della quale non si tratterà facilmente nel dialogo ecumenico semplicemente sostituendo una parola o una frase con un’altra che sembri più neutra[52].

    D. Uso del termine in Giovanni Paolo II

    Data questa storia recente, è di non poco significato che, senza fanfara, ma pubblicamente, Giovanni Paolo II abbia riabilitato la parola Corredentrice ed abbia usato tale termine o un’espressione affine almeno cinque volte in dichiarazioni pubblicate, senza menzionare i suoi numerosi riferimenti al concetto che questo termine rappresenta. Passiamo velocemente in rassegna il suo uso del termine Corredentrice[53].

    1. Nei saluti ai malati dopo l’udienza generale dell’8 settembre 1982 il Papa diceva: Maria, pur concepita e nata senza macchia di peccato, ha partecipato in maniera mirabile alle sofferenze del suo divin Figlio, per essere Corredentrice dell’umanità[54].

    2. Nella festa del suo santo patrono, San Carlo Borromeo, nel 1984 il Papa proponeva questi pensieri nel discorso dell’Angelus, ad Arona: Alla Madonna - la Corredentrice - San Carlo si rivolge con accenti singolarmente rivelatori. Commentando lo smarrimento di Gesù dodicenne nel Tempio, egli ricostruisce il dialogo interiore, che poté intercorrere tra la Madre e il Figlio, e soggiunge: «Sopporterai dolori ben più grandi, o Madre benedetta, e continuerai a vivere; ma la vita ti sarà mille volte più amara della morte. Vedrai consegnato nelle mani dei peccatori il tuo figlio innocente… Lo vedrai brutalmente crocifisso, tra dei ladri; vedrai il suo fianco santo trapassato dal crudele colpo di lancia; vedrai, infine, effondere il sangue che tu gli hai dato. E tuttavia non potrai morire!» (Dall’omelia pronunciata nella Cattedrale di Milano la domenica dopo l’Epifania 1584)[55].

    3. Il 31 gennaio 1985 in un discorso nel Santuario Mariano di Guayaquil, in Ecuador, parlava così: Maria ci precede e ci accompagna. Il silenzioso itinerario che comincia con la sua Immacolata Concezione e passa per il «sì» di Nazareth che la rende Madre di Dio, trova sul Calvario un momento particolarmente importante. Anche là, accettando ed assistendo al sacrificio di suo Figlio, Maria è aurora della redenzione; ... Spiritualmente crocifissa col Figlio crocifisso (cfr Gal 2,20), contemplava con amore eroico la morte del suo Dio «consentendo amorosamente alla immolazione della vittima, che ella stessa aveva generato» (Lumen Gentium, 58). … Effettivamente, sul Calvario, ella si unì al sacrificio del Figlio che tendeva alla fondazione della Chiesa; il suo cuore materno condivise fino in fondo la volontà di Cristo di «riunire insieme tutti i figli di Dio che erano dispersi» (Gv 11,52). avendo sofferto per la Chiesa, Maria meritò di diventare la Madre di tutti discepoli del suo Figlio, la Madre della sua unità...

    I Vangeli non ci parlano di un’apparizione di Gesù risorto a Maria. In ogni modo, poiché ella fu in modo speciale vicina alla croce del Figlio, dovette avere anche un’esperienza privilegiata della sua risurrezione. Effettivamente, il ruolo corredentore di Maria non cessò con la glorificazione del Figlio[56].

    Nel testo riportato sopra, abbiamo una splendida dimostrazione delle varie maniere in cui è descritta dal Papa la collaborazione di Maria alla Redenzione, culminante nel riferimento al Suo “ruolo di Corredentrice”. Si deve notare che egli presenta qui il ruolo corredentivo in riferimento all’affermazione di Paolo, «Io sono stato crocifisso con Cristo» (Gal 2,20) ed anche in riferimento al mistero del Suo Cuore.

    4. Il 31 marzo 1985, domenica delle Palme e Giornata Mondiale della Gioventù, il Papa parlava in questi termini dell’immersione di Maria nel mistero della passione di Cristo: Nell’ora dell’Angelus di questa domenica delle Palme, che la Liturgia chiama anche domenica della Passione del Signore, il nostro pensiero corre a Maria immersa nel mistero di uno smisurato dolore. Maria ha accompagnato il Figlio suo divino nel più discreto nascondimento, tutto meditando nell’intimo del proprio cuore. Sul Calvario, ai piedi della croce, nella vastità e nella profondità del sacrificio materno, ha accanto Giovanni, l’apostolo più giovane. …

    Al desiderio del Redentore faccia generoso riscontro il desiderio nostro, auspice Maria, la Corredentrice, alla quale eleviamo con piena effusione la nostra preghiera[57].

    5. Similmente, commemorando il sesto centenario della canonizzazione di Santa Brigida di Svezia, il 6 ottobre 1991, egli diceva: Brigida guardò a Maria come a modello e sostegno nei vari momenti della sua esistenza. Di Maria proclamò con vigore il divin privilegio dell’immacolato Concepimento. Ne contemplò la sorprendente missione di Madre del Salvatore. La invocò come Immacolata, Addolorata e Corredentrice, esaltandone il ruolo singolare nella storia della salvezza e nella vita del popolo cristiano[58].

    Con la massima naturalezza e senza richiamare un’eccessiva attenzione a questo uso della parola Corredentrice, il Pontefice ha semplicemente ripreso l’uso della terminologia che era stata impiegata nella Liturgia e dai teologi sin dal tardo Medio Evo[59] e che è stata anche utilizzata dal Magistero all’inizio di questo secolo, e specialmente dal papa Pio XI, come abbiamo già visto. Ora non si può più sostenere che il termine Corredentrice «non è stato ritenuto dal magistero pontificio»[60].

    Papa Giovanni Paolo II, tuttavia, ha fatto molto più che semplicemente riabilitare l’uso di una parola e mostrare che essa ha un uso legittimo. Egli ha fatto un altro gesto benevolo nella direzione di quei «numerosi Padri (del Concilio Vaticano II i quali) desideravano arricchire ulteriormente la dottrina mariana con altre affermazioni sul ruolo di Maria nell’opera della salvezza»[61], proprio come fece riproponendo la discussione della Mediazione mariana nella sua Enciclica Redemptoris Mater[62] dopo che quest’ultima era largamente uscita dagli ambienti teologici[63]. Egli ha mostrato ancora una volta che il magistero è al di sopra della mera “correttezza teologica” ed è consapevole della continuità con la Tradizione. Inoltre continua a scoprire i molteplici aspetti del ruolo corredentivo di Maria, come vedremo.

    III. Cooperazione di Maria all’opera della Redenzione

    Ora rimane da indicare la prospettiva costante del magistero pontificio sul ruolo corredentivo di Maria, una questione di molto più grande che quella del mero uso del termine Corredentrice. Sebbene prolungherebbe eccessivamente il nostro studio citare ogni testo disponibile su questo vasto argomento, nondimeno intendo illustrarne ciascuno dei punti principali con brani rappresentativi dei vari pontificati. Così facendo mi sforzerò di seguire l’orientamento di base che abbiamo già rilevato nel capitolo VIII della Lumen Gentium, che segue anche l’ordine storico indicato dal papa Giovanni Paolo II nel discorso dell’udienza generale del 25 ottobre 1995[64], cioè innanzitutto stabilendo la collaborazione di Maria all’opera della Redenzione come “Socia del Redentore” e “Nuova Eva” e poi trattando la Sua partecipazione attiva nell’offerta del sacrificio della nostra Redenzione. Sarà immediatamente chiaro, comunque, che ogni testo citato qui riportato si adatterà spesso a più di una categoria.

    A. “Socia” del Redentore

    Il concetto di Maria come intimamente associata alla vita, sofferenza e morte di Cristo ha profonde radici nella tradizione cristiana. Perciò descriverla come socia o compagna del Redentore (Socia Redemptoris)[65] è divenuto un modo consueto di riconoscere il Suo ruolo attivo nella Redenzione. Il primo uso esplicito di questa terminologia per quanto riguarda Maria ricorre negli scritti di Ambrogio Autperto (+ 784), ma egli usa la forma verbale sociata per esprimere l’idea. «Allo stato della conoscenza presente, è Ekbert di Schonau (+ 1184) ad usare per primo il nome socia per Maria»[66]. Come abbiamo già indicato, il papa Pio XII aveva una particolare predilezione per il termine socia Christi in riferimento alla collaborazione di Maria alla Redenzione, collaborazione secondaria e subordinata, ma nondimeno reale; però, come vedremo, egli seguiva qui una traccia ben definita.

    Il Venerabile papa Pio IX (1846-1878) nella Costituzione apostolica Ineffabilis Deus dell’8 dicembre 1854 enunciò un principio di capitale importanza per la Mariologia, che da lungo tempo era stato sostenuto dalla scuola teologica Francescana[67], cioè che Dio, «con un solo e medesimo decreto» ha stabilito «l’origine di Maria e l’Incarnazione della Divina Sapienza»[68]. Sulle basi di questo principio, frequentemente confermato dal magistero[69], l’intima associazione di Maria con Gesù nell’opera della Redenzione è assiomatica e, perciò, Pio IX dichiara nella stessa Costituzione Apostolica:

    In conseguenza di ciò, come Cristo, Mediatore fra Dio e gli uomini, assunta la natura umana, distrusse il decreto di condanna che c’era contro di noi, attaccandolo trionfalmente dalla croce; così la santissima Vergine, unita con Lui da un legame strettissimo e indissolubile, fu insieme con Lui e per mezzo di Lui, l’eterna nemica del velenoso serpente, e ne schiacciò la testa col suo piede verginale[70].

    Il papa Leone XIII (1878-1903) nell’enciclica sul Rosario del 1 settembre 1883, Supremi Apostolatus, sostiene sulle stesse basi che Maria è la «socia di Gesù nell’opera della salvezza degli uomini» (servandi hominum generis consors):

    Infatti, l’Immacolata Vergine, prescelta a divenire la Madre di Dio, e per ciò stesso associata all’opera dell’umana redenzione ha presso il Figlio tanta Grazia e potere che mai maggiore ebbe né potrà avere creatura sia umana come angelica[71].

    Questo breve testo, che parla così chiaramente di Maria come socia di Cristo nell’opera della nostra salvezza, getta anche il fondamento per la Sua Mediazione. Il Santo Padre sviluppa esattamente la stessa linea di argomentazione nella sua enciclica sul Rosario del 5 settembre 1895, Adiutricem Populi, chiamando letteralmente Maria «collaboratrice nel compiere il sacramento della redenzione degli uomini» (sacramenti humanae redemptionis patrandi administra)[72] e così mettendo in evidenza il Suo ruolo di Corredentrice nel passato e di Mediatrice nel presente: (Dopo la sua assunzione al Cielo) di là, infatti ella, per divina disposizione, cominciò a vegliare sulla Chiesa, e ad assisterci e proteggerci come una madre; così che, dopo essere stata collaboratrice nel compiere il sacramento della redenzione degli uomini, è ora collaboratrice, quasi con poteri pieni, nella applicazione di quella grazia che perennemente promana dalla redenzione[73].

    Infine, nella Costituzione Apostolica Ubi Primum del 2 ottobre 1898 egli osserva che Maria fu «cooperatrice nella redenzione del genere umano» e «sempre il rifugio principale e sovrano dei cattolici, nelle loro difficili prove»[74].

    Il papa San Pio X (1903-1914), nella sua Lettera Enciclica Ad Diem Illum del 2 febbraio 1904, nella commemorazione del cinquantesimo anniversario della proclamazione dell’Immacolata Concezione, si riferisce a Maria come «costante compagna di Gesù» (assidua comes) nel porre questa domanda:

    Chi potrà pensare che a torto o meno giustamente abbiamo affermato che Maria è il più grande e più sicuro aiuto per raggiungere la conoscenza e l’amore di Cristo; quando vediamo che ella «fu assidua compagna di Cristo dalla casa di Nazareth al luogo del Calvario»; che conobbe i segreti del suo Cuore come nessun altro; che amministra con diritto di madre i tesori dei suoi meriti?[75]

    Nella stessa Enciclica il santo continua a riferirsi a Maria come «partecipe delle sofferenze e socia di Cristo» (particeps passionum Christi sociaque)[76].
    Seguendo la linea di pensiero sviluppata dal Venerabile Pio IX e Leone XIII, Pio XI presenta la Concezione Immacolata di Maria come una preparazione necessaria per il Suo ruolo di «socia nella redenzione dell’umanità» (generis humani consors) nella sua Lettera del 28 gennaio 1933 Auspicatus Profecto al Cardinal Binet: Giacché l’augusta Vergine, concepita senza macchia originale, è stata scelta quale Madre di Cristo affinché fosse resa compartecipe della redenzione del genere umano; per la qual cosa certamente ha ottenuto presso il Figlio grazia e potere tali che né natura angelica né umana possono conseguirne uno maggiore[77].

    Durante il suo pontificato il Servo di Dio papa Pio XII (1939-1958) volle mostrare particolare benevolenza nel descrivere Maria come l’alma socia di Cristo (alma socia Christi)[78].

    Nel suo radiomessaggio a Fatima del 13 maggio 1946 usava la forma verbale per descrivere l’intima collaborazione di Maria alla Redenzione: Egli, il Figlio di Dio, riflette sulla Madre celeste la gloria, la maestà, l’impero della sua regalità; perché associata come Madre e Ministra al Re dei Martiri nell’opera ineffabile dell’umana Redenzione, gli è sempre associata, con potere quasi immenso nella distribuzione delle grazie che dalla Redenzione derivano[79].

    Nel testo suddetto notiamo ancora una volta il consueto concatenamento della Corredenzione con la Mediazione nell’insegnamento papale.

    Nella Costituzione apostolica Munificentissimus Deus del 1 novembre 1950, con la quale dichiarò dogma di fede l’assunzione di Maria al Cielo, Pio XII si riferisce a Lei come «la generosa socia del Divino Redentore» (generosa Divini Redemptoris socia)[80]. Egli volle sottolineare tale associazione anche nella sua Enciclica sulla Regalità di Maria, Ad Caeli Reginam dell’11 ottobre 1954, spiegando che «nel compimento dell’opera di Redenzione Maria Santissima fu certo strettamente associata a Cristo»[81], che Ella è «sua socia nell’opera della redenzione»[82] e quindi citando Francesco Suarez con la conseguenza che come Cristo, per il titolo particolare della redenzione, è nostro Signore e nostro Re, così anche la Vergine Beata (è nostra Signora) per il singolare concorso prestato alla nostra redenzione[83].

    Infine, nella sua grande Lettera Enciclica sul Sacro Cuore di Gesù, Haurietis Aquas del 15 maggio 1956, descrive Maria come «sua (del nostro Redentore) socia nell’opera di rigenerazione dei figli di Eva alla vita della Grazia»[84].
    Il Servo di Dio papa Giovanni XXIII (1958-1963) fa due allusioni alla Madonna come socia dell’opera di redenzione. In un Radiomessaggio ai fedeli dell’Ecuador, si riferisce a Maria come a «Colei la quale, nella sua vita terrena, fu tanto intimamente associata all’opera di Cristo»[85] e il 9 dicembre 1962 alla canonizzazione di Piergiuliano Eymard, Antonio Pucci e Francesco da Camporosso, osserva: Accanto a Gesù si trova la Madre sua, Regina Sanctorum Omnium, suscitatrice di santità nella Chiesa di Dio, e suo primo fiore di grazia. Intimamente associata alla Redenzione, nei disegni eterni dell’Altissimo, la Madonna, come ha cantato Severiano di Gabala «è la Madre della salvezza, la fonte della luce divenuta visibile» (PG 56, 498)[86].

    Il Servo di Dio papa Paolo VI (1963-1978), nel corso del suo pontificato, seguì strettamente le linee sviluppate nell’VIII capitolo della Lumen Gentium. Nella sua allocuzione principale a conclusione della terza sessione del Concilio Vaticano II, quella in cui dichiarò Maria Madre della Chiesa ed ancora una volta le affidò la Chiesa[87], dice: La realtà della Chiesa invero non si esaurisce nella sua struttura gerarchica, nella sua liturgia, nei suoi sacramenti, nei suoi ordinamenti giuridici. La sua intima essenza, la sorgente prima della sua efficacia santificatrice sono da ricercarsi nella mistica unione con Cristo; unione che non possiamo pensare disgiunta da Colei che è la Madre del Verbo Incarnato, e che Gesù Cristo stesso ha voluto tanto intimamente a sé unita per la nostra salvezza[88].

    Egli parla similmente di Maria nella Esortazione Apostolica Signum Magnum del 13 maggio 1967, chiamandola «Madre di Cristo e sua intimissima socia»[89] e «cooperatrice nel restaurare la vita soprannaturale nelle anime»[90]. Nel Credo del Popolo di Dio (Professio Fidei) del 30 giugno 1968, descrive Maria come congiunta da uno stretto ed indissolubile vincolo al mistero della Incarnazione e Redenzione»[91]. Ugualmente nell’Esortazione Apostolica Marialis Cultus del 2 febbraio 1974 parla di Maria come la «socia del Redentore»[92] e «Madre e Socia del Salvatore»[93]. Infine, nell’udienza generale del 21 dicembre 1977 la chiamava «l’alma socia del Redentore»[94].

    Nel messaggio ai Vescovi ed al popolo del Cile, il 24 novembre 1974, Paolo VI definisce Maria come «associata misteriosamente e per sempre all’opera di Cristo»[95], sottolineando così i suoi ruoli corredentivo e mediativo. Ma l’uso più singolare da lui fatto del termine si trova nella Lettera del 13 maggio 1975, È con sentimenti, al Cardinal Leone Jozef Suenens nella ricorrenza del quattordicesimo Congresso Mariano Internazionale. In tale lettera dichiarava:

    La Chiesa Cattolica, del resto, ha sempre creduto che lo Spirito Santo, intervenendo in modo personale, anche se in comunione inscindibile con le altre Persone della SS.ma Trinità, nell’opera dell’umana salvezza (cfr G. Philips, L’union personelle avec le Dieu vivant. Essai sur l’origine et le sens de la grace crée, 1974) ha associato a se stesso l’umile vergine di Nazareth»[96].

    Ciò che suscita qui particolare interesse è il fatto che Paolo VI parla in effetti di Maria come «socia dello Spirito Santo nell’Opera dell’umana salvezza».

    Non fa meraviglia che il papa Giovanni Paolo II abbia continuato a presentare Maria come la “Socia del Redentore”, pienamente in linea con l’insegnamento dei suoi predecessori e del Concilio Vaticano II. In un importante discorso ad un’udienza generale pronunciato il 4 maggio 1983 il Santo Padre così si esprime: Carissimi Fratelli e sorelle, in questo mese di maggio leviamo gli occhi verso Maria, la Donna che è stata associata in maniera unica all’opera di riconciliazione dell’umanità con Dio. Secondo il piano del Padre, Cristo doveva compiere quest’opera mediante il suo sacrificio; a Lui però sarebbe stata associata una Donna, la Vergine Immacolata, la quale si pone così davanti ai nostri occhi come il modello più alto della cooperazione all’opera della salvezza. ...

    Il “si” dell’Annunciazione non costituì soltanto l’accettazione della maternità proposta, ma significò soprattutto l’impegno di Maria a servizio del mistero della redenzione. La redenzione fu opera del Figlio; Maria vi si associò ad un livello subordinato. La sua partecipazione, tuttavia, fu reale ed impegnativa. Dando il suo consenso al messaggio dell’Angelo, Maria accettò di collaborare a tutta l’opera di riconciliazione dell’umanità con Dio, così come il suo Figlio l’avrebbe di fatto attuata[97].

    Credo che la trattazione fatta da Giovanni Paolo II di questa questione possa servire come una appropriata ricapitolazione di questa sezione del nostro studio. Rileviamo attentamente alcune cose che il Papa considera molto importanti nel presente discorso: (1) Maria è la Donna che è stata «associata in una maniera unica all’opera di riconciliazione dell’uomo con Dio» e perciò è (2) «il modello più alto di cooperazione all’opera della salvezza». (3) Il suo “sì” al momento dell’Annunciazione «significò ... (il suo) impegno a servizio del mistero della redenzione». (4) Anche se «la Redenzione fu opera del suo Figlio», nondimeno «Maria vi è associata ad un livello subordinato». Notiamo che la terza e la quarta di queste affermazioni fanno chiaramente eco al brano del n. 56 della Lumen Gentium. Ma si può notare ancora che la prima asserzione della associazione senza eguale di Maria all’opera di riconciliazione dell’umanità con Dio è anch’essa un riflesso fedele della dichiarazione del n. 61 della Lumen Gentium, secondo la quale Maria «fu su questa terra l’alma madre del divino Redentore, compagna generosa del tutto eccezionale, e umile ancella del Signore». Infine, si potrebbe anche sostenere che la seconda affermazione su Maria come il più alto modello di cooperazione all’opera della salvezza consegue immediatamente dal n. 53 della Lumen Gentium nel quale si dichiara che Maria «è riconosciuta quale sovreminente e del tutto singolare membro della Chiesa e sua figura ed eccellentissimo modello nella fede e nella carità».

    B. La nuova Eva

    Abbiamo già rilevato sopra il ritorno del Concilio Vaticano II alle fonti patristiche nel presentare Maria come la “Nuova Eva”, nel n. 56 della Lumen Gentium[98]. Questo è pure un tema che i Pontefici Romani del ventesimo secolo hanno impiegato al fine di mettere in rilievo il ruolo collaborativo di Maria. Ecco un esempio che proviene dal magistero del papa Benedetto XV (1914-1922). Nell’omelia del 13 maggio 1920 per la canonizzazione di San Gabriele dell’Addolorata e di Santa Margherita Maria Alacoque dichiarava:

    Ma, infatti, un intimo vincolo tiene insieme queste due cose: la sofferenza di gesù e il dolore di Maria. Infatti, come il primo Adamo ebbe come compagna nel peccato una “donna”, così il secondo volle partecipe nella riconquista della nostra salvezza colei che, chiamando donna dalla croce, la dichiarò seconda Eva, vale a dire la Madre ineffabilmente addolorata di tutti gli uomini, per la cui vita Egli stesso moriva[99].

    Il papa Pio XII ha ripreso il tema in numerose occasioni. Ecco un estratto dalla sua allocuzione ai pellegrini provenienti da Genova, del 22 aprile 1940:

    Non sono forse Gesù e Maria i due sublimi amori del popolo cristiano? Non sono essi il novello Adamo e la novella Eva, che l’albero della croce riunisce nel dolore e nell’amore a riparare la colpa dei nostri progenitori dell’Eden...?[100]

    Nella sua Lettera Enciclica Mystici Corporis del 29 giugno 1943 egli descrive Maria «come una nuova Eva»[101] e nella sua Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus del 1 novembre 1950, con la quale definì solennemente il dogma dell’Assunzione di Maria al cielo, attira la nostra attenzione sull’antichità di questo tema: Ma in particolare va ricordato che, fin dal secolo II, Maria Vergine viene presentata dai Santi Padri come nuova Eva, strettamente unita al nuovo Adamo, sebbene a Lui soggetta, in quella lotta contro il nemico infernale, che, com’è stato preannunziato dal protovangelo, si sarebbe conclusa con la pienissima vittoria sul peccato e sulla morte, sempre congiunti negli scritti dell’Apostolo delle genti[102].

    Come Eva era soggetta ad Adamo, sottolinea il Pontefice, così lo è la nuova Eva al nuovo Adamo. Nondimeno, continua, ella è «strettamente unita a Lui in quella lotta contro il nemico infernale che...si sarebbe conclusa con la pienissima vittoria sul peccato e sulla morte». In questo modo egli mantiene in equilibrio la verità Cattolica che riconosce sia Gesù come l’unico Redentore sia Maria come subordinata e tuttavia “strettamente unita a Lui” nell’opera della Redenzione.

    Nella Lettera Enciclica Ad Caeli Reginam dell’11 ottobre 1954 Pio XII continua ad ampliare questa analogia tra Eva e Maria, richiamando la testimonianza di Sant’Ireneo:

    Da queste premesse si può così argomentare: se Maria, nell’opera della salute spirituale, per volontà di Dio, fu associata a Cristo Gesù, principio di salvezza, e in maniera simile a quella con cui Eva fu associata ad Adamo, principio di morte, sicché si può affermare che la nostra redenzione si compì secondo una certa “ricapitolazione”, per cui il genere umano, assoggettato alla morte per causa di una vergine, si salva anche per mezzo di una Vergine...[103]

    Nella Professio Fidei o “Credo del Popolo di Dio” del 30 giugno 1968, il papa Paolo VI unisce i temi strettamente connessi di “Socia del Redentore” e di “Nuova Eva” nel formulare la fede della Chiesa nella Vergine Maria: Associata ai misteri della incarnazione e della redenzione con un vincolo stretto ed indissolubile, la Vergine Santissima, l’Immacolata, «al termine della sua vita terrena è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste» e configurata a suo Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti; e noi crediamo che la Madre santissima di Dio, nuova Eva, “Madre della Chiesa”, «continua in cielo il suo ufficio materno» riguardo ai membri di Cristo, «cooperando alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti»[104].

    Questo articolo è davvero un capolavoro di sintesi dei principali dogmi mariani, cioè della Maternità divina, della Verginità perpetua, della Concezione Immacolata, dell’Assunzione al cielo, mentre sottolinea, allo stesso tempo, la Maternità spirituale di Maria ed i suoi ruoli corredentivo e mediativo.

    Infine, notiamo una garbata allusione che Paolo VI fa al tema della “Nuova Eva” nell’Esortazione Apostolica Marialis Cultus del 2 febbraio 1974, affermando che «Maria, la Donna Nuova, è accanto a Cristo, l’Uomo nuovo, nel cui mistero solamente trova vera luce il mistero dell’uomo»[105].

    Al principio di questo lavoro abbiamo già preso in considerazione la catechesi del papa Giovanni Paolo II sulla collaborazione di Maria all’opera della nostra Redenzione, del 25 ottobre 1995, la quale dà rilievo alle intuizioni fondamentali dei Santi Padri e specialmente di Sant’Ireneo[106] su Maria come antagonista di Eva: Alla fine del secondo secolo sant’Ireneo, discepolo di Policarpo, pone già in evidenza il contributo di Maria all’opera della salvezza. Egli ha compreso il valore del consenso di Maria al momento dell’Annunciazione, riconoscendo nell’obbedienza e nella fede della Vergine di Nazaret al messaggio dell’angelo l’antitesi perfetta della disobbedienza e dell’incredulità di Eva, con un effetto benefico sul destino dell’umanità. Infatti come Eva ha causato la morte, così Maria, col suo «sì», è divenuta “causa di salvezza” per se stessa e per tutti gli uomini (cfr Adv. Haer. 3.22,4; SC 211,441)[107].

    Il 22 giugno 1994 nel discorso per l’udienza generale il Santo Padre, riflettendo sul testo di Genesi 2,4-25, fa questi commenti su Maria come la Nuova Eva[108], “la prima alleata di Dio”: Ma dal testo successivo della Genesi risulta altresì che nel disegno divino la cooperazione del uomo e della donna doveva attuarsi, su un piano superiore, nella prospettiva dell’associazione del nuovo Adamo e della nuova Eva. Infatti nel protovengelo (cfr Gn 3,15) l’inimicizia viene stabilita fra il demonio e la donna. Prima nemica del maligno, la donna è la prima alleata di Dio (cfr Mulieris Dignitatem, n. 1). In quella donna possiamo riconoscere, alla luce del Vangelo, la Vergine Maria. [...]

    Maria viene, inoltre, impegnata nell’alleanza definitiva di Dio con l’umanità, alla venuta del Salvatore. Questo ruolo supera tutte le rivendicazioni anche più recenti dei diritti della donna: Maria è intervenuta in modo sovreminente ed umanamente impensabile nella storia dell’umanità, e con il suo consenso ha contribuito alla trasformazione di tutto il destino umano.

    Ancora: Maria ha cooperato allo sviluppo della missione di Gesù, sia col darlo alla luce, allevarlo, stargli accanto negli ultimi anni della vita nascosta; sia poi, durante gli anni del ministero pubblico, col sostenerne in modo discreto l’azione, a cominciare da Cana, dove ottenne la prima manifestazione del potere miracoloso del Salvatore: come dice il Concilio, fu Maria che «indusse, con la sua intercessione, Gesù Messia a dare inizio ai miracoli» (Lumen Gentium, n. 58).

    Soprattutto, Maria ha cooperato con Cristo all’opera redentrice, non solo preparando Gesù alla sua missione, ma anche unendosi al suo sacrificio per la salvezza di tutti (cfr Mulieris Dignitatem, nn. 3-5)[109].

    Nella citazione suddetta il papa Giovanni Paolo II chiama Maria “prima alleata di Dio”. Nell’originale italiano, in cui egli fa questa riflessione, si può fare forse più immediatamente il collegamento tra questa parola e la parola alleanza, che vuol dire patto. Con il suo fiat Maria, parlando a nome di tutta l’umanità, è entrata in alleanza con Dio, la nuova alleanza che sarà sigillata nel sangue di Gesù. Ascoltiamo come il Santo Padre prosegue nello sviluppo di questa idea nel discorso per l’udienza generale del 24 gennaio 1996, nel quale commentava il versetto di Genesi 3,15, «Io porrò inimicizia tra te e la donna»: Le parole del Protovangelo rivelano, inoltre, il singolare destino della donna che, pur avendo preceduto l’uomo nel cedere alla tentazione del serpente, diventa poi, in virtù del piano divino, la prima alleata di Dio. Eva era stata l’alleata del serpente per trascinare l’uomo nel peccato. Dio annuncia che, capovolgendo questa situazione, Egli farà della donna la nemica del serpente. ...
    Chi è questa donna? Il testo biblico non riferisce il suo nome personale, ma lascia intravedere una donna nuova, voluta da Dio per riparare la caduta di Eva: ella è chiamata, infatti, a restaurare il ruolo e la dignità della donna e a contribuire al cambiamento del destino dell’umanità, collaborando mediante la sua missione materna alla vittoria divina su satana.
    Alla luce del Nuovo Testamento e della tradizione della Chiesa, sappiamo che la donna nuova annunciata dal Protovangelo è Maria, e riconosciamo nella sua “stirpe” (Gn 3,15) il figlio, Gesù, trionfatore nel mistero della Pasqua sul potere di satana.
    Osserviamo altresì che l’inimicizia, posta da Dio fra il serpente e la donna, si realizza in Maria in duplice modo. Alleata perfetta di Dio e nemica del diavolo, ella fu sottratta completamente al dominio di satana nell’immacolato concepimento, quando fu plasmata nella grazia dallo Spirito Santo e preservata da ogni macchia di peccato. Inoltre, associata all’opera salvifica del Figlio, Maria è stata pienamente coinvolta nella lotta contro lo spirito del male.
    Così, i titoli di Immacolata Concezione e di Cooperatrice del Redentore, attribuiti dalla fede della Chiesa a Maria per proclamare la sua bellezza spirituale e la sua intima partecipazione all’opera mirabile della redenzione, manifestano l’opposizione irriducibile fra il serpente e la nuova Eva[110].

    Qui, ancora una volta, l’insegnamento del papa Giovanni Paolo II ci presenta, in un modo appropriato di riassumere, il magistero dei suoi predecessori. Egli identifica chiaramente Maria come la “donna” del Genesi e quindi «la nuova Eva». La definisce inoltre come «alleata perfetta di Dio e nemica del diavolo», «Cooperatrice del Redentore». L’intera esposizione pone un forte accento sul ruolo corredentivo di Maria, che è quello di «contribuire a cambiare il destino dell’umanità, cooperando attraverso la sua materna missione alla vittoria di Dio su Satana». In questo contesto la Sua Immacolata Concezione non è vista come un mero ornamento personale, ma come rimozione dalla dominazione di Satana proprio affinché Ella possa essere pienamente «associata all’opera salvifica del Figlio ... nella lotta contro lo spirito del male».

    IV. Partecipazione attiva di Maria al sacrificio del Calvario

    Ora procediamo a considerare l’apice dell’attività corredentiva della Madonna, ossia la Sua partecipazione alla Passione e Morte del Suo Figlio. Il papa Giovanni Paolo II, nella catechesi molto significativa fatta il 25 ottobre 1995, ci fornisce una visione generale della crescita dell’intuizione della Chiesa sulla partecipazione attiva di Maria alla Redenzione. Egli commenta che l’intuizione di Ireneo che Maria, «con il Suo “sì”, divenne “causa di salvezza” per se stessa e per tutti gli uomini» non fu sviluppata in modo organico e abituale dagli altri Padri della Chiesa.
    Tale dottrina, invece, viene sistematicamente elaborata per la prima volta, alla fine del decimo secolo, nella Vita di Maria di un monaco bizantino, Giovanni Geometra[111]. Maria è qui unita a Cristo in tutta l’opera redentrice partecipando, secondo il piano divino, alla Croce e soffrendo per la nostra salvezza. Ella è rimasta unita al Figlio «in ogni azione, atteggiamento e volontà» (Vita di Maria, Bol. 196, f. 122 v.)[112].

    La stabile unione con Gesù «in ogni azione, atteggiamento e volontà» è un dato che la Chiesa giunse a comprendere sempre più chiaramente con il passare del tempo, mentre continuava a meditare sulla persona e sul ruolo di Maria sotto la guida dello Spirito Santo. Giovanni Geometra sembra essere stato il primo a lasciarci considerazioni scritte sul vincolo inscindibile fra Gesù e Maria nell’opera della nostra salvezza. Egli afferma esplicitamente che «la Vergine, dopo aver dato alla luce il suo Figlio, non fu mai separata da Lui nella sua attività, nelle sue disposizioni, nella sua volontà»[113]. Questo implica ovviamente il volontario consenso di Maria (1) al sacrificio del Figlio, ciò che implica anche, di necessità, (2) il sacrificio di se stessa in unione con lui. Sebbene nelle sottosezioni seguenti farò una distinzione logica tra queste due offerte, in realtà esse furono simultanee ed i testi papali che citerò le tratteranno in questo modo.

    A. L’Offerta della Vittima

    Sotto la guida dello Spirito Santo la Chiesa è giunta a capire con sempre maggior convinzione che il “fiat” di Maria al momento dell’Annunciazione sbocciò nel Suo “fiat” sotto la Croce, e che il Suo consenso all’offerta del sacrificio del Figlio costituì da parte sua una reale offerta del sacrificio. Ecco un testo di capitale importanza dalla Lettera Enciclica di Leone XIII Iucunda Semper, dell’8 settembre 1874, che associa questi due “fiat”: Quando lei, infatti, si diede come ancella a Dio per l’ufficio di Madre sua, e quando tutta a lui si offerse, insieme col Figlio, nel tempio, già fin d’allora ella fu unita al figlio nella dolorosa espiazione in favore del genere umano. È perciò certo che, anche per questo motivo, Maria, durante gli acerbissimi dolori e tormenti del Figlio soffrì nell’anima sua, assieme a lui. del resto, alla sua presenza, e sotto i suoi occhi, doveva consumarsi quel divin sacrificio, per il quale ella medesima aveva, con parte di se stessa, allevata generosamente la vittima; la quale, con un sentimento di amore immenso per noi, al fine di accoglierci in figli, offrì ella stessa spontaneamente alla giustizia divina il Figlio suo, e con lui soffrì la morte nel cuore, trafitta dalla spada del dolore[114].

    Ciò che desidero qui mettere in rilievo è che Leone XIII collega i due “fiat” per mezzo della presentazione di Gesù al tempio (Lc 2,22-24), che è vista come un’anticipazione della sua presentazione sulla Croce. Egli parla esplicitamente di Maria come Colei che «aveva generosamente allevato la vittima» e che «(la) offrì alla giustizia divina».
    Il papa San Pio X prosegue sulla stessa linea, ma con una concisione ancora maggiore, nella Lettera Enciclica Ad Diem Illum del 2 febbraio 1904: Alla santissima Madre di Dio non spetta soltanto la lode di aver fornito «la materia della sua carne al Figlio unico di Dio che doveva nascere con membra umane», e di aver così preparato una vittima per la salvezza degli uomini, ella dovette anche custodire quella vittima, nutrirla e collocarla, nel giorno stabilito, sull’altare[115].
    Pur non essendoci qui alcun diretto riferimento al sacrificio di Abramo (cfr Gn 22), il linguaggio impiegato suggerisce un singolare parallelo. Maria è qui descritta come Colei che prepara la Vittima divina per il sacrificio proprio come Abramo preparò Isacco. La differenza, certamente, è che Abramo fu risparmiato avendo con che cosa compiere il sacrificio, mentre Maria non lo fu.

    Il papa Benedetto XV fa un’affermazione molto netta sull’offerta di Maria nella Lettera Inter sodalicia del 22 maggio 1918. Egli asserisce che: Secondo il comune insegnamento dei Dottori, se la Beata Vergine Maria, che sembrò assente dalla vita pubblica di Gesù Cristo, lo assistette quando Egli subì la morte, inchiodato alla croce, ciò avvenne non senza un disegno divino. Maria soffrì infatti, e quasi morì con suo Figlio sofferente e agonizzante; ella rinunziò ai suoi diritti materni sul Figlio, per la salvezza dell’umanità e per quanto dipese da lei, ella immolò il Figlio, per placare la divina giustizia, in modo che si può ben dire aver essa, con il Cristo, riscattato il genere umano[116].

    Si dovrebbe notare qui come papa Benedetto indichi che la presenza di Maria sotto la Croce di Cristo fu «non senza un disegno divino» (non sine divino consilio); esattamente lo stesso modo di esprimersi è riprodotto verbatim nel n. 58 della Lumen Gentium, pur senza riferimento a questo testo. Deducendo verosimilmente dal principio che «Dio, con un solo e medesimo decreto ha stabilito l’origine di Maria e l’incarnazione della divina Sapienza»[117], Benedetto XV sostiene che Dio aveva anche predestinato l’unione di Maria con il Suo Figlio nel Suo sacrificio fino al punto di fare il sacrificio con Lui quantum ad se pertinebat.

    Padre Salvatore M. Perrella (OSM), commenta che il suddetto testo di Benedetto XV è l’affermazione più forte trovata, fino a quel momento, nel magistero ordinario del Romano Pontefice sulla Corredenzione mariana, sebbene egli minimizzerebbe il suo valore dottrinale perché (1) il Papa sembra limitarsi a riportare l’insegnamento comune dei Dottori della Chiesa; (2) il gruppo a cui è diretto il documento è molto limitato e (3) la natura giuridica del documento come un “breve” conferisce ad esso un rango piuttosto basso[118]. Tralasciando il secondo e terzo punto al fine di evitare discussioni non necessarie, dovrebbe essere ovvio che, sebbene il Papa riferisca semplicemente l’insegnamento dei Dottori, la sua affermazione abbia già un peso notevole. In ogni caso, la discussione è meramente accademica perché, a questo punto, la testimonianza cumulativa del magistero papale a questo riguardo, come speriamo di stare dimostrando, ha un peso di gran lunga maggiore di ogni singola affermazione di un Papa, per quanto valida in se stessa.

    La successiva dichiarazione papale che prendiamo in considerazione viene dieci anni dopo quella di Benedetto XV ed è destinata alla Chiesa universale. Ricorre nella conclusione dell’Enciclica del papa Pio XI sulla riparazione al Sacro Cuore di Gesù, Miserentissimus Redemptor, dell’8 maggio 1928: Sia propizia ai Nostri voti e a queste Nostre disposizioni la benignissima Madre di Dio, la quale, avendoci dato Gesù Riparatore, avendolo nutrito e presso la Croce offerto vittima per noi, per la mirabile unione che ebbe con Lui e per grazia singolarissima, divenne anche Ella e piamente è detta Riparatrice[119].

    Qui Pio XI parla chiaramente dell’offerta di Gesù come vittima fatta da Maria al Padre. Inoltre, in virtù della Sua intima unione con Cristo e della Sua grazia affatto unica, dice che Ella può giustamente essere chiamata “Riparatrice”. Questo titolo era già stato attribuito a Maria dal Venerabile Pio IX che la chiama “Riparatrice dei progenitori” nella Costituzione Apostolica Ineffabilis Deus[120], da Leone XIII che nella Lettera Enciclica Adiutricem Populi[121] cita San Tarasio di Costantinopoli[122] come autorità per chiamarla “Riparatrice del mondo intero” e da San Pio X che cita Eadmero di Canterbury[123] nel chiamarla “la Riparatrice del mondo perduto” nell’Enciclica Ad Diem Illum[124]. Il titolo è evidentemente significativo in ciò che dice, come dichiara Pio XI, dell’intima unione di Maria con Cristo e della riparazione che Ella fa al Padre in unione col Redentore (Reparator).

    L’offerta di Cristo al Padre da parte di Maria trova una espressione classica nell’Enciclica Mystici Corporis di Pio XII, del 29 giugno 1943: Fu Ella che, immune da ogni macchia, sia personale sia ereditaria, e sempre strettissimamente unita al Figlio suo, lo offrì all’Eterno Padre sul Golgota, facendo olocausto di ogni diritto materno e del suo materno amore, come novella Eva, per tutti i figli di Adamo contaminati dalla miseranda prevaricazione del progenitore. Per tal modo, Colei che quanto al corpo era la Madre del nostro Capo, poté divenire, quanto allo spirito, madre di tutte le sue membra, con nuovo titolo di dolore e di gloria[125].

    Abbiamo ancora una volta una chiara affermazione che Maria offrì Gesù al Padre. Pio XII aggiunge che la Madonna fece questa offerta «facendo olocausto di ogni diritto materno e del suo materno amore». Benedetto XV nell’Inter Sodalicia aveva espresso ciò (dicendo) che Maria aveva «rinunciato (o abdicato) ai suoi diritti materni». Nel commentare entrambi questi due testi, il padre Perrella tenta di relativizzare il significato dei diritti materni di Maria (materna iura) come una sorta di figura retorica[126]. È vero, certamente, che il “fiat” fondamentale rimane sempre quello di Gesù[127], ma dal momento che Dio volle predestinare Gesù e Maria nel medesimo decreto della divina provvidenza, non avrebbe chiesto Egli questo “fiat” di Maria quale logica conseguenza del suo “fiat” di Nazareth (Lc 1,38) perché il sacrificio avesse il valore divino e umano più grande possibile ? Sembrerebbe che i Padri del Concilio abbiano pensato così quando dichiararono, nel n. 58 della Lumen Gentium che Maria «consentì amorosamente all’immolazione della vittima da lei generata».

    Il papa Giovanni XXIII sviluppa il tema dell’offerta della Vittima Divina da parte di Maria» nel Radiomessaggio ai Vescovi d’Italia a Catania, in occasione del Sedicesimo Congresso Eucaristico Nazionale e della Consacrazione dell’Italia al Cuore Immacolato di Maria il 13 settembre 1959: Noi confidiamo che, in forza di quest’omaggio alla Vergine Santissima, gli Italiani tutti con rinnovato fervore venerino in Lei la Madre del Corpo Mistico, di cui l’Eucaristia è simbolo e centro vitale; imitino in Lei il modello più perfetto dell’unione con Gesù, nostro Capo; a Lei si uniscano nell’offerta della Vittima divina, e dalla sua materna intercessione implorino per la Chiesa i doni della unità, della pace, soprattutto una più rigogliosa e fedele fioritura di vocazioni sacerdotali[128].

    Papa Giovanni fa qui una applicazione collegando l’offerta di Gesù da parte di Maria alla partecipazione dei fedeli alla Santa Messa. Questa co-offerta, naturalmente, non toglie nulla al fatto che Gesù stesso è il principale sacerdote del sacrificio. Piuttosto è un riconoscimento che Maria fu la prima co-offerente del sacrificio insieme a Gesù stesso[129], proprio come tutti i fedeli presenti alla Messa sono chiamati ad essere co-offerenti del sacrificio assieme al sacerdote che agisce in persona Christi[130].

    Nel n. 20 dell’Esortazione Apostolica Marialis Cultus, del 2 febbraio 1974, papa Paolo VI propone ai fedeli Maria come “Vergine offerente” (Virgo offerens): La Chiesa stessa, soprattutto a partire dai secoli del medioevo, ha intuito nel cuore della Vergine, che porta il Figlio a Gerusalemme per presentarlo al Signore (cfr Lc 2,22), una volontà oblativa che superava il senso ordinario del rito. Di tale intuizione abbiamo testimonianza nell’affettuosa apostrofe di san Bernardo: «Offri il tuo Figlio, o Vergine santa, e presenta al signore il frutto benedetto del tuo seno. Offri per la riconciliazione di noi tutti la vittima santa, a Dio gradita».

    Questa unione della Madre con il Figlio nell’opera della redenzione raggiunge il culmine sul Calvario, dove Cristo «offrì se stesso quale vittima immacolata a Dio» (Eb 9,14) e dove Maria stette presso la Croce (cfr Gv 19,25), «soffrendo profondamente con il suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata» e offrendola anch’ella all’Eterno Padre[131].

    Mi limiterò qui ai commenti sulle fonti del Papa. Prima di tutto egli cita il testo di San Bernardo che anche papa Giovanni Paolo II usa nella sua catechesi sulla collaborazione di Maria all’opera della Redenzione del 25 ottobre 1995[132]. In secondo luogo fa una citazione del n. 58 della Lumen Gentium, aggiungendo, al fine di dare rilievo, che anche Maria «offriva la vittima all’Eterno Padre» e dando come riferimento il testo di Pio XII nella Mystici Corporis[133].

    Papa Giovanni Paolo II è l’erede dell’insegnamento magisteriale di tutti i suoi predecessori e lo dimostra nel discorso dell’Angelus del 5 giugno 1983, Festa del Corpus Domini: Nato dalla Vergine per essere oblazione pura, santa ed immacolata, Cristo compì sull’altare della Croce il sacrificio unico e perfetto, che ogni messa, in modo incruento, rinnova e rende attuale. A quell’unico sacrificio ebbe parte attiva Maria, la prima redenta, la Madre della Chiesa. Stette accanto al Crocifisso, soffrendo profondamente col suo Unigenito; si associò con animo materno al suo sacrificio; acconsentì con amore alla sua immolazione: lo offrì e si offrì al Padre. Ogni Eucaristia è memoriale di quel Sacrificio e della Pasqua che ridonò vita al mondo; ogni Messa ci pone in comunione intima con lei, la Madre, il cui sacrificio «ritorna presente», come “ritorna presente” il sacrificio del Figlio alle parole della Consacrazione del pane e del vino pronunciate dal sacerdote[134].

    Notiamo che il Papa collega l’offerta di Cristo fatta da Maria all’offerta di se stessa, così come hanno fatto numerosi suoi predecessori. Di nuovo, ciò consegue dalla teologia della Messa: i fedeli sono chiamati ad offrire se stessi al Padre in unione con la loro offerta del Cristo.

    Il 7 dicembre 1983, nel discorso durante l’udienza generale, il Santo Padre collega l’offerta di Cristo fatta da Maria con la Sua Immacolata Concezione: Occorre soprattutto osservare che Maria è stata creata immacolata al fine di poter meglio agire in nostro favore. La pienezza di grazia le ha permesso di adempiere perfettamente la sua missione di collaborazione con l’opera di salvezza: ha dato il massimo valore alla sua cooperazione al sacrificio. Quando Maria ha presentato al Padre il Figlio inchiodato alla croce, la sua offerta dolorosa è stata interamente pura[135].

    Perciò possiamo dire che, sebbene ad un livello interamente subordinato, l’offerta di Maria, come quella di Cristo, è un’offerta perfetta, totalmente pura. In questo Ella è un modello per tutti i fedeli.

    Nel giorno di San Giuseppe del 1995, nel Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso il Papa fa questi commenti: Carissimi Fratelli e Sorelle, sappiate anche voi offrire al Signore le gioie e le fatiche quotidiane, in comunione con Cristo e per intercessione della Madre sua, qui venerata mentre presenta al Padre il Figlio immolato per la nostra salvezza[136].

    Notiamo qui la precisione teologica del Papa: parla di Maria che offre il Figlio al Padre, ma in più qualifica il Figlio come Colui il quale «ha immolato se stesso per la nostra salvezza». L’offerta di Cristo da parte di Maria implica sempre l’offerta sua propria.

    Nell’Enciclica Evangelium Vitae del 25 marzo 1995 il Santo Padre congiunge l’offerta che Maria fa di Gesù al Suo fiat e alla Sua Maternità spirituale: «Presso la croce di Gesù» (Gv 19,25), Maria partecipa al dono che il Figlio fa di sé: offre Gesù, lo dona, lo genera definitivamente per noi. Il «sì» del giorno dell’Annunciazione matura in pienezza nel giorno della croce, quando per Maria giunge il tempo di accogliere e di generare come figlio ogni uomo divenuto discepolo, riversando su di lui l’amore redentore del Figlio: «Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio”» (Gv 19,26)[137].

    Questo brano evoca anche, sottilmente, il testo dell’Apocalisse (12,17) che si riferisce al «resto della discendenza» della «Donna vestita di sole» (Ap 12,1): mentre Maria diede alla luce Gesù senza alcun dolore, le Sue intense sofferenze in unione con Gesù sul Calvario furono i dolori del parto per cui Ella «genera come suoi figli tutti coloro che divengono discepoli (di lui)».

    B. L’Offerta di se stessa

    Abbiamo già visto numerosi testi pontifici che parlano di Maria che offre se stessa ed i Suoi dolori sul Calvario all’Eterno Padre per la nostra salvezza. Ciò si verifica perché distinguere fra l’offerta di Maria del Figlio e (l’offerta) di se stessa al Padre è una legittima distinzione logica - e senza dubbio è fatta dal magistero perché implica l’offerta di due persone distinte, una divina e una umana - ma, di fatto, è difficile separare un’offerta dall’altra. Nondimeno, credo che ci sia un particolare valore nell’evidenziare l’offerta di se stessa fatta da Maria che è divenuta parte dell’unico prezzo della nostra salvezza.

    È precisamente questa, infatti, la parte essenziale di un testo che ci viene dal papa Pio VII (1800-1823): È certamente per i cristiani un dovere verso la santissima Vergine Maria, onorare continuamente con affettuoso zelo, quali figli di così buona Madre, la memoria dei dolori così atroci che Lei ha sopportato, con ammirabile coraggio, e con invincibile costanza, specialmente quando, ritta ai piedi della croce di Gesù, li offrì all’Eterno Padre per la loro salvezza[138].

    Leone XIII considera efficacemente lo stesso aspetto nell’Enciclica sul Rosario Iucunda Semper dell’8 settembre 1894, quando parla del mistero della presentazione del bambino Gesù al Tempio: Quando lei, infatti, si diede come ancella a Dio per l’ufficio di Madre sua, e quando tutta a lui si offerse, insieme col Figlio, nel tempio, già fin d’allora ella fu unita al Figlio nella dolorosa espiazione in favore del genere umano[139].

    San Pio X parla eloquentemente nella Ad Diem Illum della «comunione di dolori e di volontà» vissuta da Gesù e Maria sul Calvario: Di qui tra Maria e il Figlio una continua comunione di vita e di sofferenza, di modo che si può applicare, tanto all’uno che all’altra, la sentenza del profeta: «La mia vita si consuma nel dolore, gli anni miei dai gemiti». E quando venne per il Figlio l’ultima ora «sua Madre stava presso la croce di Gesù», non solo assorta dal crudele spettacolo, ma anche gaudiosa, «perché suo Figlio veniva offerto per la salvezza del genere umano, ed ella partecipò talmente ai suoi dolori, che, se le fosse stato possibile, sarebbe stata molto più contenta di soffrire anche lei tutti i tormenti sopportati dal Figlio». Da questa comunanza di dolori e di volontà fra Maria e Cristo, ella «meritò di divenire degnissima riparatrice del mondo peccatore» (Eadmero Mon., De excellentia Virg. Mariae, c. 9), e perciò la dispensatrice di tutti i tesori che Gesù ci ha meritato con la morte cruenta[140].

    Abbiamo già preso in considerazione il famoso testo dell’Inter Sodalicia di Benedetto XV dalla prospettiva dell’offerta di Gesù fatta da Maria, ma ora ci è conveniente esaminare quel testo dalla prospettiva dell’offerta di Maria di sé stessa e del Suo «pagare il prezzo dell’umana redenzione» insieme con Cristo.

    Maria soffrì infatti, e quasi morì con suo Figlio sofferente e agonizzante; ella rinunziò ai suoi diritti materni sul Figlio, per la salvezza dell’umanità, e per quanto dipese da lei, ella immolò il Figlio, per placare la divina giustizia, in modo che si può ben dire aver essa, con il Cristo, riscattato il genere umano[141].

    Il Papa si esprime come se la nostra Redenzione fosse (l’effetto di) uno sforzo congiunto. Questo, naturalmente, non toglie nulla al fatto che i meriti di Gesù fossero del tutto sufficienti o che Maria, in quanto creatura umana, non avrebbe mai potuto eguagliare il Suo Figlio divino. Egli riconosce piuttosto che la presenza di Maria sul Calvario fu «non senza un disegno divino»[142], che ciò fu voluto da Dio quale conseguenza del Suo decreto in cui predestinava Gesù e Maria per l’opera della salvezza. Come a mò di commento due anni dopo, nell’omelia per la canonizzazione di San Gabriele dell’Addolorata e di Santa Margherita Maria Alacoque, dice che «le sofferenze di Gesù non possono essere separate dai dolori di Maria»[143]: possono essere distinti logicamente, ma Dio li vede come uno solo.

    In un’allocuzione rivolta agli sposi novelli il 30 ottobre 1933 Pio XI parlò in un modo simile. Aveva appena dato a queste giovani coppie un rosario e una medaglia della Madonna e commentava sull’ultimo dei doni: L’immagine della Vergine, della Madre di Dio avverte e chiaramente ammonisce che non deve passare giorno senza il ricordo della Madre celeste, che ci è stata affidata sotto la croce e che ha unito i suoi dolori a quelli del Redentore per la salvezza dei suoi figli[144].

    Un mese più tardi parlava in maniera simile ai pellegrini provenienti da Vicenza: Il Redentore non poteva, per necessità di cose, non associare la Madre Sua alla Sua opera, e per questo noi la invochiamo col titolo di Corredentrice. Essa ci ha dato il Salvatore, l’ha allevato all’opera di redenzione fino sotto la croce, dividendo con Lui i dolori dell’agonia e della morte, in cui Gesù consumava la redenzione di tutti gli uomini[145].

    Quest’ultimo testo è più interessante non solo per l’uso del termine Corredentrice, ma anche perché il Papa parla di una sorta di intima necessità (per necessità di cose) che richiede la partecipazione di Maria alla passione e morte di Gesù. Egli sembra fare eco qui alla convinzione di Benedetto XV per la quale l’implicazione di Maria era necessaria secondo l’imperscrutabile piano di Dio, cioè fu «non senza un disegno divino» (non sine divino consilio), ossia scaturendo dalla “logica dell’Incarnazione” (uno eodemque decreto).

    Ci sembra di trovare un’eco di questo stesso tema in un’affermazione fatta da Pio XII nel Radiomessaggio al Congresso Mariano dell’Africa del Sud, il 4 maggio 1952: Sì, diletti Figli, nell’amorosa Provvidenza di Dio fu il «Sia fatto di me secondo la tua parola» di Maria che rese possibile la passione, la morte e la risurrezione del Salvatore divino del genere umano. È precisamente per questo che nessuno osa separare la Madre dal Figlio. La morte di Gesù sul Golgota fu il martirio di Maria; il suo trionfo fu la esaltazione di lei[146].

    La più splendida e concisa asserzione dell’azione indivisa di Maria nell’opera della Redenzione, comunque, ricorre nella grande enciclica sul Sacro Cuore del 15 maggio 1956, Haurietis Aquas: Dio ha voluto associare indissolubilmente la beatissima Vergine Maria a Cristo nel compimento dell’opera dell’umana redenzione, in guisa che la nostra salvezza può ben dirsi frutto della carità e delle sofferenze di Gesù Cristo, cui erano strettamente congiunti l’amore e i dolori della Madre sua[147].

    In questo brano classico ogni parola è attentamente misurata e soppesata al fine di fare una dichiarazione sulla Redenzione e sul ruolo di Maria in essa che rimane ineguagliata per la sua chiarezza e precisione. Non c’è dubbio che per questa ragione si trova inclusa nell’Enchiridion Symbolorum[148] di Denzinger-Schönmetzer. Pio XII professa che «la nostra salvezza può ben dirsi frutto della carità e delle sofferenze di Gesù Cristo» (ex Iesu Christi caritate eiusque cruciatibus) al quale «erano strettamente congiunti l’amore e il dolore della Madre sua» (cum amore doloribusque ipsius Matris intime consociatis). La preposizione latina ex indica Gesù come sorgente della nostra Redenzione, mentre altre tre parole latine, cum e intime consociatis indicano l’inseparabilità di Maria dalla sorgente[149]. Infine, notiamo l’insistenza di Pio XII sul fatto che questa unione di Gesù con Maria per la nostra salvezza è stata preordinata “dalla volontà di Dio” (ex Dei voluntate).

    In un’omelia pronunciata a conclusione della novena solenne in onore dell’Immacolata Concezione, presso la Basilica dei Santi Apostoli, il 7 dicembre 1959, Giovanni XXIII si soffermava sulla logica interna del “fiat” di Maria che trovò la sua conclusione sul Calvario. Parlando della gioia che venne al mondo dalla nascita di Maria, diceva: Ma questo gaudio è altresì un fiore purpureo di sacrificio: sacrificio della Madre benedetta di Gesù, che pronunziando a suo tempo il “fiat”, accetta di partecipare alle sorti del Figlio, dalle privazioni di Betlem, alle rinunce della vita nascosta, al martirio del Calvario[150].

    Continuando sulla linea dei suoi predecessori, Paolo VI attesta la partecipazione di Maria al sacrificio di Gesù fino ad offrire se stessa. In un Radiomessaggio ai sacerdoti invalidi pellegrini a Lourdes, il 30 luglio 1966, così parla: La Vergine Immacolata, che pronunziò il “fiat” della perfetta conformità ai divini voleri e che, accettando di divenire la Madre del Verbo Incarnato, scelse la partecipazione volontaria ai patimenti del suo Figlio Redentore, guardi propizia alla schiera dolorosa e confidente di cotesti suoi figli, fatti degni di seguire Cristo, con Lei, sulla via regia della santa Croce[151].

    Egli sottolinea qui il tema familiare che il “fiat” dell’Annunciazione conduce alla croce, ma - ancor più - insiste sul fatto che il “fiat” di Maria rappresentò una scelta deliberata di partecipazione alle sofferenze del Figlio Suo. Nell’Esortazione Apostolica Signum Magnum del 13 maggio 1967 evidenzia Maria SS.ma come ardente nella carità, forte e costante nell’adempiere la sua missione fino all’olocausto di se stessa, in piena comunione di sentimenti col Figlio suo, che s’immolava sulla croce per donare agli uomini una vita nuova[152].

    Otto anni dopo, il 13 maggio 1975, intreccia assieme questi due temi nella lettera al Cardinal Suenens in occasione del quattordicesimo Congresso Mariano: Fu nuovamente lo Spirito Santo che sostenne l’animo della Madre di Gesù, presente ai piedi della sua Croce, ispirandole, come già nell’Annunciazione, il Fiat alla volontà del Padre Celeste, che la voleva maternamente associata al sacrificio del Figlio per la redenzione del genere umano[153].

    Come il suo predecessore, papa Giovanni Paolo II ritiene costantemente che il consenso di Maria al sacrificio cruento della croce fu il prolungamento di tutte le implicazioni del Suo “sì” all’Annunciazione. Il gioioso fiat detto all’Angelo Gabriele diventa sul Calvario la ragione per cui il Papa poté dire a Guayaquil, il 31 gennaio 1985: Spiritualmente crocifissa col Figlio crocifisso (cfr Gal 2,20), contemplava con amore eroico la morte del suo Dio «consentendo amorosamente all’immolazione della vittima che ella stessa aveva generato» (Lumen Gentium, 58)[154].

    Sebbene ad alcuni possa sembrare audace che il Papa parli di Maria come «spiritualmente crocifissa col Figlio crocifisso», osserviamo che in questo testo egli ci fornisce il suo punto di riferimento. È la lettera di San Paolo ai Galati (2,20), in cui egli afferma: «Io sono stato crocifisso con Cristo». Se Paolo poteva sostenere questo di se stesso, tanto più a ragione lo si può dire di Maria sul Calvario. In un discorso estemporaneo ai giovani, a Vicenza (Italia), l’8 settembre 1991, il Papa offre un ulteriore commento a ciò che aveva detto a Guayaquil: Poi c’è il momento della crocifissione. Certamente quando Gesù morì crocifisso la sua persona, il suo cuore, la sua maternità, tutta era “crocifissa”. Scrivendo l’Enciclica Redemptoris Mater ho paragonato questo momento della vita di Maria ad una notte oscura, più oscura di tutte le notti che hanno vissuto le anime mistiche durante tutta la storia della Chiesa[155].

    Troviamo qui la terminologia paolina della Corredenzione applicata al sacrificio fatto da Maria «di se stessa, del suo cuore, della sua maternità» in un modo allo stesso tempo originale e sorprendente. Ancora, parlando ai giovani, questa volta il 9 maggio 1993 nello Stadio di Agrigento, in Sicilia, il Santo Padre si esprime in questo modo a riguardo dell’offerta della Madonna di se stessa: Vi precede in questo cammino la Vergine di Nazareth, la Donna santificata dalla Pasqua del Figlio di Dio, che ha offerto se stessa con Cristo per la redenzione dell’intera umanità[156].

    In questa citazione finale il Papa parla abilmente dell’offerta di Maria come unita all’offerta di Cristo. Senza nulla togliere al fatto che il sacrificio di Cristo è più che sufficiente per la salvezza del mondo, l’affermazione del Papa indica che la nostra salvezza ha effettivamente avuto luogo attraverso l’offerta sacrificale di Cristo a cui è congiunta l’offerta di sé da parte di Maria[157].

    Sebbene sia possibile citare numerosi altri testi dall’insegnamento di Giovanni Paolo II a sostegno del sacrificio di se stessa fatto da Maria sul Calvario, in unione a Gesù, desidero riportarne solo un altro, tratto dalla Lettera Apostolica Salvifici Doloris dell’11 febbraio 1984 e che può anche servire come meravigliosa ricapitolazione del suo magistero e di quello dei suoi predecessori su questo punto: È, innanzitutto, consolante - come è evangelicamente e storicamente esatto - notare che a fianco di Cristo, in primissima e ben rilevata posizione accanto a lui, c’è sempre la sua Madre santissima, per la testimonianza esemplare che con l’intera sua vita rende a questo particolare Vangelo della sofferenza. In lei le numerose ed intense soffe*renze si assommarono in una tale connessione e concatenazione, che se furono prova della sua fede incrollabile, furono altresì un contributo alla redenzione di tutti. ... Fu sul Calvario che la sofferenza di Maria santissima, accanto a quella di Gesù, raggiunse un vertice già difficilmente immaginabile nella sua altezza dal punto di vista umano, ma certo misterioso e soprannaturalmente fecondo ai fini dell’universale salvezza. Quel suo ascendere al Calvario, quel suo “stare” ai piedi della croce insieme col discepolo prediletto furono una partecipazione del tutto speciale alla morte redentrice del Figlio[158].

    Un’altra citazione dalla Salvifici Doloris ci può aiutare a contestualizzare le verità che sono alla base del mistero di Maria Corredentrice: «La sofferenza di Cristo ha creato il bene della Redenzione del mondo. Questo bene in se stesso è inesauribile ed infinito. Nessun uomo può aggiungervi qualcosa»[159]. Ma allo stesso tempo «la sofferenza di Maria santissima (sul Calvario), accanto a quella di Gesù ... fu misteriosamente e soprannaturalmente feconda ai fini dell’universale salvezza». In questo modo il Papa raggiunge quel prudente equilibrio che è sempre una caratteristica della verità cattolica: egli sostiene il principio che le sofferenze di Cristo furono del tutto sufficienti per la salvezza del mondo, mentre afferma che il sacrificio di Maria fu nondimeno «un contributo alla Redenzione di tutti».

    È questo un paradosso che può essere scoperto nella vita dei Santi di ogni epoca della storia della Chiesa, dal tempo degli Apostoli fino ai giorni nostri, ma in Maria, in virtù della sua Immacolata Concezione, il sacrificio di se stessa «raggiunse un vertice già difficilmente immaginabile nella sua altezza dal punto di vista umano» ed è agli occhi di Dio di maggior valore che quello di qualsiasi altra creatura. Perciò il Papa afferma che «ella ha titoli specialissimi per poter asserire di “completare nella sua carne - come già nel suo cuore - quello che manca ai patimenti di Cristo”»[160].

    V. Il sacrificio del Suo Cuore materno

    Il ruolo di Maria come Socia del Redentore e Nuova Eva, il sacrificio del Figlio e di se stessa può essere riassunto e simbolizzato nel Suo Cuore Immacolato e Addolorato[161]. In effetti, il magistero papale degli ultimi duecento anni sulla collaborazione di Maria all’opera della Redenzione si può ricapitolare nei termini dell’unione del Suo Cuore con il Cuore di Gesù. Uno studio attento dei testi che abbiamo già qui presentato offrirà una forte evidenza di supporto a questa affermazione[162].

    Papa Giovanni Paolo II è stato molto fecondo su questo argomento. Seguendo la direzione del n. 58 della Lumen Gentium, che riassume essa stessa la millenaria tradizione della Chiesa sull’unione di volontà di Maria con il sacrificio di Gesù, il Papa ha sviluppato una autentica teologia del Cuore di Maria come Corredentrice[163]. Ecco un breve ma significativo saluto alla Madonna da un’omelia di una Santa Messa per i religiosi, nella festa della Presentazione del Signore nel 1979: Ave, Tu che sei diventata Madre della nostra luce a prezzo del grande sacrificio del tuo Figlio, a prezzo del materno sacrificio del Tuo cuore![164]

    Nella Lettera Enciclica Dives in Misericordia del 30 novembre 1980 mette di nuovo in rilievo l’argomento, addirittura fino al punto di forzare le regole della costruzione grammaticale: Nessuno al pari di Lei, Maria, ha accolto col cuore quel mistero: quella dimensione veramente divina della redenzione, che ebbe attuazione sul Calvario mediante la morte del Figlio, insieme al sacrificio del suo cuore di madre, insieme al suo definitivo “fiat”[165].

    Il cuore di Maria si è allargato, per così dire, entrando in quella «dimensione veramente divina della redenzione, che ebbe attuazione sul Calvario» e sigillata con il sacrificio del suo consenso, il suo “definitivo fiat”.

    Nel seguente estratto dal discorso nell’udienza generale del 4 maggio 1983 il Papa equipara il sacrificio del cuore di Maria all’unione della Sua volontà con quella di Gesù: La presenza al Calvario, che le permetteva di unirsi con tutto il cuore alle sofferenze del Figlio, apparteneva al disegno divino: il Padre voleva che Lei, chiamata alla più totale cooperazione al mistero della redenzione, fosse integralmente associata al sacrificio e condividesse tutti i dolori del Crocefisso, unendo la propria volontà alla sua, nel desiderio di salvare il mondo[166].

    Inoltre, il Papa spiega spesso la Maternità di Maria come derivante precisamente dalla Sua unione sul Calvario con la volontà del Figlio per la salvezza del mondo, come fa nell’udienza generale della settimana seguente, l’11 maggio 1983: Sul Calvario infatti Ella si unì al sacrificio del Figlio che mirava alla formazione della Chiesa; il suo cuore materno condivise fino in fondo la volontà di Cristo di «riunire insieme i Figli di Dio che erano dispersi». Avendo sofferto per la Chiesa, Maria meritò di diventare la madre di tutti i discepoli di suo Figlio, la madre della loro unità[167].

    Nella Lettera dell’8 settembre 1986 al Cardinal Jaime L. Sin, Presidente del Simposio Internazionale sull’Alleanza dei Cuori di Gesù e Maria[168], il Papa dichiara: Il cuore della Madre ha sempre seguito la missione redentiva del Figlio. Quando Gesù pendeva dalla croce a compimento della sua opera salvifica, si realizzò la profezia di Simeone che preannunciava l’alleanza definitiva dei cuori del Figlio e della Madre: «Ed anche a te una spada trapasserà l’anima» (Lc 2,25). Realmente la lancia del centurione che trapassò il fianco di Cristo penetrò nel cuore della sua Madre addolorata e lo sigillò nell’amore sacrificale[169].

    In questo brano il Papa, mediante l’allusione esplicita alla profezia di Simeone in Luca 2,25 ed al testo di Giovanni 19,34, evidenzia l’unione dei Cuori di Gesù e di Maria nel soffrire «a compimento della sua opera salvifica».

    Dopo il Simposio Teologico Internazionale sull’Alleanza dei Cuori di Gesù e di Maria, il Papa fa questi significativi commenti: Il titolo del vostro Simposio è stato tratto dal mio discorso nell’Angelus del 15 settembre 1985, quando feci riferimento a quella «ammirabile alleanza dei cuori» del Figlio di Dio e di sua Madre. Possiamo dire in verità che la devozione al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria è stata una parte importante del sensus fidei del Popolo di Dio negli ultimi secoli. Queste devozioni cercano di volgere la nostra attenzione a Cristo ed al ruolo di sua Madre nel mistero della Redenzione, e, sebbene distinte, esse sono correlate in ragione del duraturo rapporto di amore esistente fra il Figlio e sua Madre. ...

    Nel cuore di Maria vediamo simboleggiato il suo materno amore, la sua santità singolare ed il suo ruolo centrale nella missione redentiva del Figlio. È in forza del suo speciale ruolo nella missione del Figlio che la devozione al Cuore di Maria è di primaria importanza, poiché attraverso l’amore del Figlio e di tutta l’umanità ella esercita una strumentalità unica nel condurci a Lui[170].

    Questa volta notiamo che il Papa stesso sottolinea come il Cuore della Madonna simbolizzi «il suo ruolo centrale nella missione redentiva del Figlio», vale a dire il Suo ruolo di Corredentrice.

    Forse, ad ogni modo, nessun Pontefice ha presentato in maniera più sintetica le relazioni fra i Cuori di Gesù e di Maria propter nos homines et propter nostram salutem di quanto ha fatto Pio XII nell’Enciclica, davvero autorevole, sul Sacro Cuore di Gesù, Haurietis Aquas: Affinché poi il culto verso il Cuore augustissimo di Gesù porti più copiosi frutti di bene nella famiglia cristiana e in tutta l’umana società, si facciano un dovere i fedeli di associarvi intimamente la devozione al Cuore Immacolato della Genitrice di Dio. È infatti sommamente conveniente che, come Dio ha voluto associare indissolubilmente la Beatissima Vergine Maria a Cristo nel compimento dell’opera dell’umana Redenzione, in guisa che la nostra salvezza può ben dirsi frutto della carità e delle sofferenze di Gesù Cristo, cui erano strettamente congiunti l’amore e i dolori della Madre sua; così il popolo cristiano, che da Cristo e da Maria ha ricevuto la vita divina, dopo aver tributato omaggi al Cuore Sacratissimo di Gesù, presti anche al Cuore amantissimo della celeste Madre con simili ossequi di pietà, di amore, di gratitudine e di riparazione[171].

    VI. Alcune conclusioni

    Nella presente ricerca ho cercato di essere il più esauriente possibile nell’ordinare, presentare ed analizzare l’insegnamento dei Pontefici Romani sul mistero della Corredenzione mariana. Senza dubbio ci sono altri testi che avrebbero potuto essere presentati, ma credo, in complesso, di aver incluso i riferimenti più importanti e rappresentativi. Sulle basi di questo studio desidero trarre alcune conclusioni.

    1. Il presente studio dei testi papali comprendenti un periodo di circa duecento anni mostra una notevole coerenza, da parte dei Pontefici Romani, nell’insegnare che Maria svolse un ruolo affatto unico nella Redenzione del genere umano, in qualità di più stretta cooperatrice del Redentore nell’opera della salvezza, come Nuova Eva, nell’atto di offrire Gesù al Padre per la salvezza del mondo e nell’offerta di se stessa in unione con Lui. Padre Salvatore Perrella osserva che da Leone XIII a Pio XII la dottrina della corredenzione di Maria nell’opera salvifica di Cristo è insegnata con una tale frequenza e uniformità di contenuti che si può dire che fa parte del magistero ordinario dei Sommi Pontefici[172].

    Sulla base di questo esame dei testi, credo che i limiti dell’affermazione di padre Perrella possono essere ampliati per il passato almeno fino a Pio IX (se non a Pio VII) e in avanti fino a Giovanni Paolo II.

    2. Questa ricerca dovrebbe smentire il luogo comune - troppo prontamente accettato in parecchi circoli teologici e Mariologici - secondo cui dal Concilio Vaticano II in poi non è più appropriato parlare di Maria come Corredentrice o della Corredenzione. Pur essendo vero che il titolo di “Corredentrice” non è stato attribuito a Maria durante il pontificato di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I, è fuori discussione che Pio XII e i due Papi del Concilio ne hanno insegnato la dottrina con chiarezza. Il nostro attuale Santo Padre ci ha mostrato che né la parola, che deve sempre essere correttamente intesa, né il concetto, da lui sempre presentato con lucidità e convinzione, sono mai fuori moda. Se il tema della Corredenzione mariana ha riconquistato rispettabilità dopo una lunga “notte oscura” post-conciliare, ciò è dovuto in misura non piccola all’insegnamento vigoroso e costante del papa Giovanni Paolo II.

    3. Nel corso di questo studio mi è apparso sempre più chiaramente che il principio della Corredenzione mariana è contenuto in semine nella classica affermazione del Venerabile Pio IX, secondo cui «Dio, con un solo e medesimo decreto, ha stabilito l’origine di Maria e l’Incarnazione della Divina Sapienza». Ogni Papa, insieme con i Padri del Concilio Vaticano II, ha insistito, in un modo o nell’altro, sul ruolo corredentivo di Maria come stabilito da Dio e derivante dalla logica dell’Incarnazione.

    4. Sebbene i suoi predecessori, specialmente il Servo di Dio Pio XII, ne abbiano gettato le basi, credo che l’espressione “alleanza dei Cuori”, coniata da Giovanni Paolo II, sia un simbolismo molto ricco per parlare della collaborazione di Maria con Gesù nell’opera della nostra Redenzione. Allo stesso tempo il senso comune dei fedeli è andato confermando questa verità di fede ormai per i secoli, mentre la spiritualità dei Cuori di Gesù e Maria continua ad essere diffusa, vissuta, arricchita ed approfondita nella Chiesa.

    NOTE

    [1] Il 31 maggio 1996 ho presentato un saggio dal titolo L’Insegnamento di Giovanni Paolo II sulla Corredenzione Mariana in una conferenza tenuta presso la Domus Mariae, a Roma, sul tema: «Maria Corredentrice, Mediatrice, Avvocata». Sarà pubblicato nel prossimo futuro. Cfr anche il mio studio, The Heart of Mary as Coredemptrix in the Magisterium of Pope John Paul II, in S. Tommaso Teologo. Ricerche in occasione dei due centenari accademici, Collana Studi Tomistici, n. 59, Libreria Ed. Vaticana, Città del Vaticano 1995, pp. 320-335.

    [2] LG, 53.

    [3] Cfr S. Ireneo, Adv. Haer., 3.22,4; SC 211, 441.

    [4] Giovanni Geometra, Vita di Maria, Bol. 196, f. 122 v.

    [5] S. Bernardo, Sermo 3 in Purif.,2, PL 183, 370.

    [6] Arnaldo di Chartres, De septem Verbis Domini in cruce, 3, PL 189, 1694.

    [7] Oss. Romano, 26 ottobre 1995, p. 4.

    [8] Cfr J. B. Carol (OFM), Our Lady’s Coredemption, in Mariology, Milwaukee, Bruce Publishing Co., 1955-1961, 3 vol., vol. II, p. 382 (d’ora in poi citeremo: Mariology); A. J. Robichaud (SM), Mary, Dispensatrix of All Graces, in Mariology, vol. II, p. 429.

    [9] A. J. Robichaud, indica un solo riferimento per questo primo periodo, quella a Sisto IV (1471-1484), in Mary, Dispensatrix of All Graces, op. cit., p. 429.

    [10] Questo è il criterio consueto di raccolte su Maria SS.ma quali: Insegnamenti Pontifici, Ed. Paoline, Roma 1959 (abbrev. Insegnamenti Pont.); C. Carlen (IHM), The Papal Encyclicals, 1740-1980, The Pierian Press, Ann Arbor 1990, c. 1981; idem, Papal Pronouncements: a guide, 1740-1978, The Pierian Press, Ann Arbor 1990; e U. Bellocchi, Tutte le Encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740, Libreria Ed. Vaticana, Città del Vaticano 1993.

    [11] Cfr l’opera classica di E. Druwé (SJ), La Médiation universelle de Marie, in H. Du Manoir (ed. SJ), Maria: Études sur la Sainte Vierge, vol. I, Beauchesne et ses Fils, Paris 1949, in cui la prima parte della studio (pp. 427-537) tratta della dottrina della Corredenzione di Maria e la seconda parte (pp. 538-568) della Mediazione di grazia della Madonna.

    [12] G. M. Roschini (OSM), Dizionario di Mariologia, Ed. Studium, Roma 1961, p. 323.

    [13] Cfr G. M. Besutti (OSM), Bibliografia Mariana 1958-1966, Ed. Marianum, Roma 1968, pp. 194-205; Bibliografia Mariana 1967-1972, Ed. Marianum, Roma 1974, pp. 164-167; Bibliografia Mariana 1973-1977, Ed. Marianum, Roma 1980, pp. 155-158; Bibliografia Mariana 1978-1984, Ed. Marianum, Roma 1988, pp. 256-259; Bibliografia Mariana 1985-1989, Ed. Marianum, Roma 1993, pp. 328-333.

    [14] Queste distinzioni si trovano descritte accuratamente in J. B. Carol, Our Lady’s Coredemption, in Mariology, vol. II, pp. 380-381.

    [15] Cfr anche M. I. Miravalle (STD), Mary Coredemptrix, Mediatrix, Advocate, Queenship Publishing, Santa Barbara (CA) 1993, p. xvi.

    [16] E. R. Carrol (OC), Understanding the Mother of Jesus, Michael Glazier, Inc., Wilmington (DE) 1979, p. 93.

    [17] W. G. Most, Reparation to the Immaculate Heart, in Cross and Crown, 8 (1956) 139.

    [18] M. Miravalle, op. cit., p. xv.

    [19] Sulla sua origine e diffusione e sullo status questionis del suo uso fino al 1969, cfr G. M. Roschini (OSM), Problematica sulla Corredenzione, Ed. Marianum, Roma 1969, pp. 14-23. D’ora in poi citeremo questo testo con l’abbreviazione Prob.

    [20] Cfr Prob., p. 75; M. O’Carrol (CSSp), Theotokos. A Theological Encyclopedia of the Blessed Virgin Mary, Michael Glazier, Inc., Wilmington, Dominican Publications, Dublin 1982, p. 54. Per le Prossime citazioni di quest’ultimo testo useremo l’abbreviazione Theotokos.

    [21] Cfr l’abile trattazione delle obiezioni da parte di J. Carol nel suo magistrale articolo Our Lady’s Coredemption, in Mariology, vol. II, pp. 422-424.

    [22] «Quo vero eiusdem Virginis Perdolentis cultus augeatur, et fidelium pietas gratique animi sensus magis magisque foveantur erga misericordem humani generis Conredemptricem» (AAS 1 [1908] 409), (nostra traduzione). Cfr R. Laurentin, Le titre de Corédemptrice. Etude historique, Ed. Marianum, Roma 1951, p. 23 (abbrev. Laurentin); Prob., p. 21; S. M. Perrella (OSM), I “Vota” e i “Consilia” dei Vescovi Italiani sulla Mariologia e sulla Corredenzione nella Fase Antipreparatoria del Concilio Vaticano II, Ed. Marianum, Roma 1994, p. 146 (abbrev. Perrella).

    [23] «Sunt quos amor pius erga Beatissimam inter virgines sic delectat, ut Iesum numquam commemorare queant, nisi glorioso comitante nomine Matris suae, corredemptricis nostrae, beatae Mariae. Laudabilis haec consuetudo ad illam extenditur invocationem, seu christianam salutationem, circa quam Decretum supremae H. S. Congregationis, die 27 martii 1913, datum est. Equidem, pluribus in locis salutantur christicolae his verbis: Laudetur Iesus et Maria - Hodie et semper» (AAS 5 [1913] 364), (nostra trad.); cfr Laurentin, p. 24; Prob., 21; Perrella, p. 145.

    [24] AAS 6 (1914) 108; cfr Laurentin, pp. 24-25; Prob., p. 21; Perrella, pp. 145-146.

    [25] B. Gherardini, La Madre. Maria in una sintesi storico-teologica, Casa Mariana Editrice, Frigento (AV) 1989, p. 271.

    [26] D. Bertetto (ed., SDB), Discorsi di Pio XI, 2, 1013; cfr Laurentin, p. 26; J. B. Carol, Our lady’s Coredemption, in Mariology, vol. II, p. 384.

    [27] Oss. Romano, 25 marzo 1934, p. 1.

    [28] Oss. Romano, 25 marzo 1934, p. 1; cfr Prob., p. 21; Laurentin, pp. 26-27; Laurentin commenta dicendo che “Corredentore” è qui un semplice sinonimo per “apostolo” nel senso più ampio del termine!

    [29] «O Mater pietatis et misericordiae, quae dulcissimo Filio tuo humani generis Redemptionem in ara crucis consummanti compaqtiens et Coredemptrix adstitisti ... conserva nobis, quaesumus, atque adauge in dies pretiosos Redemptionis et tuae compassionis fructus» (Oss. Romano, 29-30 aprile 1935, p. 1; Insegnamenti Pont., n. 334; cfr Laurentin, p. 27; Carol, Our Lady’s Coredemption, in Mariology, vol. II, p. 384; Perrella, p. 148).

    [30] R. Laurentin, pp. 27-28 (nostra traduzione).

    [31] R. Laurentin, La vergine Maria. Mariologia post-conciliare, Ed. Paoline, Roma 19835, titolo originale dell’opera: Court Traité sur la Vierge Marie, Paris 1968, trad. dal francese Monache Benedettine di Rosano, pp. 233-234.

    [32] Cfr M. O’Carroll, (CSSp), Still Mediatress of All Graces?, in Miles Immaculatae, 24 (1988) 121-122; Theotokos, pp. 351-352; Perrella, pp. 252-253.

    [33] A questa apparizione della Madonna ne sarebbero seguite numerose altre nel corso del diciannovesimo e ventesimo secolo, che alla fine la Chiesa avrebbe riconosciuto come degne di fede. Due libri conosciuti che seguono questi avvenimenti sono di Don Sharkey, The Woman Shall Conquer, The Bruce Publishing Company, Milwaukee 1952; J. Bevers, The Sun Her Mantle, The Newmann Press, Westminster (MD) 1954.

    [34] Cfr Theotokos, pp. 179-180. In modo interessante, Padre O’Carroll riconosce un impulso per la definizione nell’apparizione del 1830, cfr Theotokos, p. 182.

    [35] Cfr A. B. Calkins, Totus Tuus: John Paul II’s Program of Marian Consecration and Entrustment, in Studies and Texts, n. 1, Academy of the Immaculate, New Bedford (MA) 19942, pp. 98-101; abbrev. Totus Tuus.

    [36] Cfr Theotokos, pp. 55-56.

    [37] Cfr Totus Tuus, p. 100.

    [38] Cfr Totus Tuus, pp. 104-105.

    [39] Un importante esempio di questo fu lo svolgimento del Primo Congresso Mariologico Internazionale a Roma, nell’Anno Santo 1950. Il secondo volume degli Atti è dedicato quasi completamente al tema della Corredenzione e Mediazione mariana. Cfr De cooperatione B. V. Mariae in acquisitione et distributione gratiarum, in Alma Socia Christi. Acta Congressus Internationalis Mariologici-Mariani, Romae Anno MCML celebrati, vol. II, Accademia Mariana Internazionale, Roma 1952.

    [40] Cfr Theotokos, p. 308.

    [41] Cfr M. O’Carroll (CSSp), Mary’s Mediation. Vatican II and John Paul II in Virgo Liber Verbi: Miscellanea di studi in onore de P. Giuseppe M. Besutti, (OSM), Ed. Marianum, Roma 1991; Theotokos, p. 352. Nel secondo articolo Padre O’Carroll afferma che il numero dei Padri che domandavano un pronunciamento sulla Mediazione di Maria era di 382.

    [42] «Omissae sunt expressiones et vocabula quaedam a Summis Pontificibus qdhibita, quae licet in se verissima, possent difficilius intelligi a fratribus separatis (in casu a protestantibus). Inter alia vocabula adnumerari queunt sequentia: «Corredemptrix humani generis» (S. Pius X, Pius IX)...» (Acta Synodalia Sacrosanti Concilii Oecumenici Vaticani Secundi, vol. I, pt. IV, Typis Polyglottis Vaticanis 1971, p. 99 [nostra traduzione]; cfr G. M. Roschini (OSM), Maria Santissima nella Storia della Salvezza, vol. II, Tipografia M. Pisani, Isola del Liri 1969, pp. 111-112).

    [43] Cfr T. M. Sennot (OSB), Mary Mediatrix of All Graces, Vatican II and Ecumenism, in Miles Immaculatae, 24 (1988) 151-167; Theotokos, pp. 242-245.

    [44] Cfr R. M. Wiltgen (SVD), The Rhine Flows Into the Tiber: A History of Vatican II, Tan Books and Publishers, Inc., Rockford (Il) 1985, c. 1967, pp. 90-95. 153-159.

    [45] Oss. Romano, 4 dicembre 1995, p. 4.

    [46] «Salvificam voluntatem Dei, pleno corde et nullo retardata peccato, complectens, semetipsam ut Domini ancillam personae et operi Filii sui totaloter devovit, su Ipso et cum Ipso, omnipotentis Dei gratia, mysterio redemètionis inserviens», Sacrosanctum Oecumenicum Concilium Vaticanum II, Constitutiones, Decreta, Deckaratuibes, cura et studio Secretariae Generalis Concilii Oecumenici Vaticani II, Typis Polyglottis Vaticanis, Città del Vaticano 1974, p. 195. D’ora in poi sarà abbreviato “CDD”. La traduzione italiana dei documenti del Concilio Vaticano II, per le successive citazioni, sarà presa da: I Documenti del Concilio Vaticano II, Ed. Paoline, Roma 19674.

    [47] «Merito igitur SS. Patre Mariam non mere passive a Deo adhibitam, sed libera fide et oboedientia humanae saluti cooperantem censent. Ipsa enim, ut ait S. Irenaeus, “oboediens et sibi et universo generi humano causa facta est salutis”. Unde non pauci Patres antiqui in predicatione sua cum eo libenter asserunt: “Hevae inoboedientiae nodum solvutionem accepisse per oboedientiam Mariae; quod alligavit virgo Heva per incredulitatem hoc virginem Mariam solvisse per fidem”; et comparatione cum Heva instituta, Mariam “matrem viventium” appellant, saepiusque affirmant: “mors per Haevam, vita per mariam”» (CDD, p. 195).

    [48] Cfr Theotokos, pp. 139-141; Perrella, pp. 210-212.

    [49] «Ita etiam B. Virgo in peregrinatione fidei processit, suamque unionem cum Filio fideliter sustinuit usque ad crucem, ubi non sine divino consilio stetit (cfr Gv 19,25), vehementer cum Unigenito suo condoluit et sacrificio Eius se materno animo sociavit, victimae de se genitae immolationi amanter consentiens» (CDD, p. 197).

    [50] «Filioque suo in cruce morienti compatiens, operi Salvatoris singulari prorsus modo cooperata est, oboedientia, fide, spe et flagrante caritate, ad vitam animarum supernaturalem restaurandam» (CDD, p. 199).

    [51] B. Gherardini, op. cit., p. 281.

    [52] Cfr G. M. Roschini, Maria Santissima nella Storia della Salvezza, vol. II, p. 113.

    [53] Per una questione di coerenza ho usato regolarmente la lettera maiuscola per la parola Corredentrice e non l’ho racchiusa fra virgolette.

    [54] Inseg. GP II., V/3 (1982) 404 (Oss. Romano, 10 settembre 1982, p. 2).

    [55] Inseg. GP II, VII/2 (1984) 1151.

    [56] «Crucificada espiritualmente con el Hijo crucificado, contemplaba con caridad heroica la muerte de su Dios, “consintiendo amorosamente en la inmolación de la Víctima que Ella misma había engendrado”. … Habiendo sufrido por la Iglesia, María mereció convertirse en la Madre de todos los discípulos de su Hijo, la Madre no cesó con la glorificación del Hijo» (Inseg. GP II, VIII/1 [1985] 318-319 [Traccia, 1985, p. 119, n. 5]).

    [57] Inseg. GP II, VIII/1 (1985) 889-890 (Traccia, 1985, p. 326, nn. 1-2).

    [58] Inseg. GP II, XIV/2 (1991) 756 (Oss. Romano, 7-8 ottobre 1991, p. 7).

    [59] Cfr R. Laurentin, Le Titre de Corédemptrice: Étude historique, Ed. Marianum, Roma 1951; J. B. Carol, Our Lady’s Coredemption, in Mariology, vol. II, pp. 398-409.

    [60] Cfr R. Laurentin, A Short Treatise on the Virgin Mary, AMI Press, Washington (NJ) 1991, trans. C. Neumann (SM), p. 242. Nell’edizione francese originale, Court Traité sur la Vierge Marie, édition refondue à la suite du Concile, P. Lethielleux Éditeur, Paris 19675, p. 145, l’autore parla letteralmente de «les Actes du Saint-Siège» piuttosto che del magistero papale. (La traduzione italiana segue fedelmente l’originale francesce. N. d. R.).

    [61] Oss. Romano, 14 dicembre 1995, p. 4.

    [62] Cfr n. 22, pp. 38-41.

    [63] Cfr Totus Tuus, pp. 184-187.

    [64] Oss. Romano, 26 ottobre 1995, p. 4.; cfr nota 2.

    [65] Cfr Perrella, pp. 212-213.

    [66] Theotokos, p. 53. Cfr l’intero articolo alle pagine 53-55, anche di Michael O’Carroll, (CSSp), Socia. The word and idea in regard to Mary, Ephemerides Mariologicae 25 (1975) 337-357.

    [67] La pietra angolare di questa scuola è la cosiddetta Tesi Francescana: il primato assoluto del Verbo Incarnato (Regalità di Cristo) e l’associazione della Sua Madre Beata, uno eodemque decreto a tale primato. Il Padre J. B. Carol (OFM), di venerata memoria, nella sua ultima opera maggiore, espone sinteticamente in questo modo la Tesi Francescana: «Cristo e la sua Madre Benedetta furono efficacemente predestinati all’esistenza con una logica priorità su tutti gli altri» (Why Jesus Christ? Thomistic, Scotistic and Conciliatory Perspectives, Trinity Communications, Manassas (VA) 1986, p. 4).

    [68] «Ad illius Virginis primordia transferre, quae uno eodemque decreto cum Divinae Sapientiae incarnatione fuerant praestituta» (Pii IX Acta, vol. I, p. 599); cfr trad it. in R. Spiazzi (OP), Maria Santissima nel Magistero della Chiesa, Massimo, Milano 1987, p. 23 (Abbrev.: Spiazzi).

    [69] È stato ripetuto da Pio XII nella Munificentissimus Deus (AAS 42 [1950] 768) e dal Concilio Vaticano II, il quale afferma nel n. 61 della Lumen Gentium che Maria fu predestinata ad essere la Madre di Dio dall’eternità mediante quel decreto della Divina Provvidenza che aveva stabilito l’Incarnazione del Verbo («Beata Virgo, ab aeterno una cum Divini Verbi incarnatione tamquam Mater Dei praedestinata, divinae Providentiae consilio» [CDD, p. 199]). Anche Paolo VI cita questo testo nel n. 25 della Marialis Cultus (AAS 66 [1974] 136). Nella Redemptoris Mater (n. 8) Giovanni Paolo II scrive: «Nel mistero di Cristo ella è presente già “prima della creazione del mondo”, come colei che il Padre “ha scelto” come Madre del suo Figlio nell’incarnazione. ... Maria è in modo del tutto speciale ed eccezionale unita a Cristo, e parimenti è amata in questo Figlio diletto eternamente - In mysterio Christi ea est praesens iam “ante mundi constitutionem”, utpote quam Pater elegerit Matrem Filii sui in incarnatione. ...Maria ratione omnino singulari et extraordinaria iuncta est Christo, et item in aeternitate amatur in hoc “Filio dilecto”», (Inseg. GP II, X/1 [1987] 687).

    [70] Pii IX Acta, vol. I, p. 607; cfr Spiazzi, p. 30.

    [71] «Revera primaeve labis expers Virgo, adiecta Dei Mater, et hoc ipso servandi hominum generis consors facta, tanta apud Filium gratia et potestste valet, ut maiorem nec humana nec angelica natura assecuta umquam sit, aut assequi possit», (AAS 16 [1883] 114); Insegnamenti Pont., p. 90, n. 82.

    [72] Su Maria “Ministra della Grazia secondo il magistero”, cfr A. B. Calkins, Mary as Coredemptrix, Mediatrix and Advocate in the Contemporary Roman Liturgy, in M. I. Miravalle (ed.), Mary Coredemptrix, Mediatrix, Advocate. Theological Foundations, Queenship Publishing, Santa Barbara 1995, pp. 70-71.

    [73] «Nam, inde, divino consilio, sic illa coepit advigilare Ecclesiae, sic nobis adesse favere mater, ut quae sacramenti humanae redemptionis patrandi administra fuerat eademque gratiae ex illo in omne tempus derivandae esse pariter administra fuerat eademque gratiae ex illo paene immensa potestate» (ASS 28 [1895-1896] 130); cfr Insegamenti Pont., p. 137, n. 169; Prob., pp. 84-85.

    [74] «Inter haec ad magnam Dei Matrem eamdemque reparandi humani generis consortem ultro animus convolavit, ad quam trepidis in rebus confugere catholicis hominibus praecipuum semper ac solemne fuit» (ASS 31 [1898-1899] 257); cfr Insegnamenti Pont., p. 161 n. 212.

    [75] «His positis, ut ad propositum redeamus, cui Nos non iure recteque affirmasse videbimur, Mariam, quae a Nazarethana domo ad Calvariae locum assiduam se Iesu comitem dedit, eiusque arcana cordis ut nemo alius novit, ac thesauros promeritorum eius materno veluti iure administrat, maximo certissimoque esse adiumento ad Christi notitiam atque amorem?» (ASS 36 [1903-1904] 454-455); cfr Spiazzi, p. 77.

    [76] ASS 36 (1903-1904) 457; cfr Spiazzi, p. 80.

    [77] «Siquidem augusta Virgo, sine primaeva labe concepta, ideo Christi Mater delecta est, ut redimendi generis humani consors efficeretur; ex quo sane tantam apud Fiium gratiam potentiamque adepta est, ut maiorem nec humane nec angelica natura assequi umquam possit» (AAS 25 [1933] 80); trad. nostra.

    [78] In qualità di Cardinale Segretario di Stato sotto Pio XI, aveva usato il termine Corredentrice parlando della Madonna (cfr Oss. Romano, 8 dicembre 1937, p. 3-4), ma si astenne dall’uso di esso come Papa, preferendo piutto*sto parlare di Maria come socia di Cristo. Cfr Theotokos, p. 54; Prob., p. 22.

    [79] «Ele o Filho de Deus, reflecte sobre a celeste Mãe a glória, a majestade, o império de sua realeza; - porque associada, como Mãe e Ministra, ao Rei dos Mártires na obra inefável da humana Redenção, lhe é para sempre associada, com cum poder quasi imenso, na distribuiçao das graças que da Redenção derivam» (AAS 38 [1946] 266); Insegnamenti Pont., p. 194, n. 413.

    [80] AAS 42 (1950) 768; Spiazzi, p. 122. Per il commento cfr J. B. Carol, Our Lady’s Coredemption, in Mariology, vol. II, pp. 385-386.

    [81] «Iamvero in hoc perficiendo redemptionis opere Beatissima Virgo Maria profecto fuit cum Christo intime consociata» (AAS 46 [1954] 634); Spiazzi, p. 163.

    [82] «Socia in divini Redemptoris opera» (AAS 46 [1954] 635); Spiazzi, p. 165.

    [83] «Sicut Christus, eo quod nos redemit, speciali titulo Dominus est ac Rex noster, ita et Beata Virgo, propter singularem modum, quo ad nostram redemptionem concurrit» (AAS 46 [1954] 634); Insegnamenti Pont., p. 442. n. 704.

    [84] «Eiusque socia in Hevae filiis revocandis ad divinae gratiae vitam» (AAS 48 [1956] 332); Il Magistero Mariano di Pio XII, a cura di D. Bertetto (SDB), Ed. Paoline, Roma 1956, p. 638, n. 959.

    [85] «No mantiene todavia y siempre vivo el fuego de los misioneros en su apostolado la que en su vida terrena estuvo tan intimamente asociada a la obra de Cristo y de sus discipulos ?» (AAS 52 [1960] 53), (nostra trad.); cfr Prob., p. 77.

    [86] AAS 55 (1963) 10; cfr Prob., p. 77.

    [87] Cfr Totus Tuus, pp. 106-107.

    [88] «Ecclesia enim ipsa non efficitur tantum ordine suo hierarchico, sacra liturgia, sacramentis, compage institutorum suorum, sed intima eius vis et proprietas, fons praecipuus efficacitatis, qua homines sanctificat, posita sunt in mystica eius coniunctione cum Christo; quam quidem coniunctionem censere non possumus abstracatam ab Ea, quae est Mater Verbi Incarnati, et quam Christus ipse sibi intime sociavit ad nostram salutem procurandam» (AAS 56 [1964] 1014; EnchiridionVaticanum, vol. I, 303).

    [89] «Mater Jesu Christi eique coniunctissima Socia» (AAS 59 [1957] 467; cfr Spiazzi, p. 225).

    [90] «Quaeque Filii socia fuit in supernaturali animorum vita redintegranda» (AAS 59 [1967] 473; cfr Spiazzi, p. 232).

    [91] «Arcto et indissolubili vinculo mysterio Incarnationis et Redemptionis coniuncta» (AAS 60 [1968] 438; Enchiridion Vaticanum, vol. III, 551).

    [92] Socia Redemptoris (AAS 66 [1974] 134).

    [93] Eiusdem Salvatoris Mater et socia (AAS 66 [1974] 142).

    [94] Insegamenti di Paolo VI, vol. XV, Libreria Ed. Vaticana, Città del Vaticano 1977, p. 1213; abbreviato: Inseg. P VI.

    [95] «Asociada misteriosamente y para siempre a la obra de Cristo» (AAS 66 [1974] 728; trad. nostra).

    [96] AAS 67 (1975) 355-356.

    [97] Inseg. GP II, VI/1 (1983) 1135-1136 (Traccia, p. 446/V).

    [98] Cfr sopra note 43 e 44.

    [99] «Sed enim haec duo intimo necessitatis vinculo continentur inter se: cruciatibus Iesu compati et Mariae doloribus. Nam ut Adam primus feminam habuit in praevaricationem sociam, sic alter in salutis nostrae reparatione participem voluit eam, quam de cruce mulierem appellando, Evam alteram declaravit, idest Matrem ineffabiliter dolentem omnium hominum, quibus ipse ut vitam acquireret, moriebatur» (AAS 12 [1920] 224; trad. nostra).

    [100] Oss. Romano, 22-23 aprile 1940, p. 1; D. Bertetto, op. cit., (v. sopra, nota 84), n. 43.

    [101] Nova veluti Eva (AAS 35 [1943] 247).

    [102] «Maxime autem illud memorandum est, inde a saeculo II, Mariam Virginem a Sanctis Patribus veluti novam Hevam proponi novo Adae, etsi subiectam, arctissime coniunctam in certamine illo adversus inferorum hostem, quod, quemadmodum in protoevangelio praesignificatur, ad plenissimam deventurum erat victoriam de peccato ac de morte, quae semper in gentium Apostoli scriptis inter se copulantur» (AAS 42 [1950] 768; Spiazzi, p. 132).

    [103] «Quibus ex rationibus huiusmodi argumentum eruitur: si Maria, in spirituali procuranda salute, cum Iesu Christo, ipsius salutis principio, ex Dei placito sociata fuit, et quidem simili quodam modo, quo Heva fuit cum Adam, mortis principio, consociata, ita ut assverari possit nostrae salutis opus, secundum quamdam «recapitulationem» peractum fuisse, in qua genus humanum, sicut per virginem morti adstrictum fuit, ita per virginem salvatur» (AAS 46 [1954] 634-635; Spiazzi, p. 164; cfr commento in Perrella, pp. 151-153).

    [104] «Arcto et indissolubili vinculo mysterio Incarnationis et Redemptionis coniuncta B.V. Maria Immaculata, expleto terrestris cursu, corpore et anima ad caelestem gloriam est assumpta et Filio suo, qui resurrexit a mortuis similis reddita sortem omnium iustorum in antecessum accedit; credimus Sanctissimam Dei Genitricem, novam Hevam, Matrem Ecclesiae, caelitus nunc materno pergere circa Christi membra munere fungi, quo ad gignendam augendamque vitam divinam in singulis hominum redemptorum animis opem confert» (AAS 60 [1968] 438-439; Enchiridion Vaticanum, vol. III [1968-1970] n. 551).

    [105] «Maria, nova Mulier proxima Christo adstat, novo homini, in cuius mysterio tantummodo hominis mysterium clarescit» (AAS 66 [1974] 166; Spiazzi, p. 286). È interessante notare come il titolo del ventesimo formulario della Messa nella Raccolta di Messe in onore della Madonna (Collectio Missarum de Beata Maria Virgine) è anche Sancta Maria, Mulier Nova, ma è stato tradotto in inglese come “Santa Maria, Nuova Eva”.

    [106] Per l’apprezzamento di Sant’Ireneo come Padre della Chiesa e teologo da parte del Papa, cfr i suoi discorsi ai professori e studenti dell’Università Cattolica di Lione il 7 ottobre 1986 (Inseg. GP II, IX/2 [1986] 946-956). A riguardo del contributo di Ireneo alla Mariologia, cfr Theotokos, pp. 189-191 ed anche F. M. Léthel (OCD), Connaitre l’amour du Christ qui surpasse toute connaissance: La théologie des saints, Editions du Carmel, Venasque 1989, pp. 61-62. 72-73. 77-79. 80-89. 97-104.

    [107] Oss. Romano, 26 ottobre 1995, p. 4.

    [108] Per un’indicazione sulle modalità dello sviluppo liturgico di questo tema, cfr il mio articolo, Maria Corredentrice, Mediatrice e Avvocata nella Liturgia Romana comtemporanea, (Foundations, pp. 55-57).

    [109] Miles Immaculate, n. 30, pp. 396-397.

    [110] Oss. Romano, 25 gennaio 1996, p. 4.

    [111] Sul contributo di Giovanni Geometra alla Mariologia, cfr Theotokos, pp. 203-204.

    [112] Oss. Romano, 26 ottobre 1995, p. 4.

    [113] Theotokos, p. 204.

    [114] «Quum enim se Deo vel ancillam ad matris officium exhibuit vel totam cum Filio in templo devovit, utroque ex facto iam tum consors cum eo extitit laboriosae pro humano genere expiationis: ex quo etiam in acerbissimis Filii angoribus et cruciamentis, maxime animo condoluisse dubitandum non est. Ceterum praesente ipsa et spectante, divinum illud sacrificium erat conficiendum, cui victimam de se generosa aluerat; quod in eisdem mysteriis postremum flebiliusque obversatur: stabat iuxta Crucem Iesu Maria Mater eius, quae tacta in nos caritate immensa ut susciperet filios, Filium ipsa suum ultro obtulit iustitiae divinae, cum eo commoriens corde, doloris gladio transfixa» (ASS 27 [1894-1895] 178; Insegnamenti Pont., p. 127; cfr commento in Perrella, pp. 142-143).

    [115] «Ad haec, Deiparae sanctissimae non hoc tantum in laude ponendum est quod nascituro ex humanis membris Unigenito Deo carnis suae materiam ministravit, qua nimirum saluti hominum compararetur hostia; verum etiam officium eiusdem hostiae custodiendae nutriendaeque, atque adeo, stato tempore, sistendae ad aram» (AAS 36 [1903-1904] 453; Spiazzi, p. 75).

    [116] «Enimvero tradunt communiter Ecclesiae Doctores, B. Mariam Virginem, quae a vita Iesu Christi publica veluti abesse visa est, si Ipsi mortem oppetenti et Cruci suffixo adfuit, non sine divino consiliio adfuisse. Scilicet ita cum Filio patiente et moriente passa est et paene commortua, sic materna in Filium jura pro hominum salute abdicavit placandaeque Dei justitiae, quantum ad se pertinebat, Filium immolavit, ut dici merito queat, Ipsam cum Christo humanum genus redemisse» (AAS 10 [1918] 181-182; Insegnamenti, p. 204). Per il commento a questo testo, cfr Prob., pp. 90-91; J. B. Carol, Our Lady’s Coredemption, in Mariology, vol. II, pp. 383-384.

    [117] «Ad illius Virginis primordia transferre, quae uno eodemque decreto cum Divinae Sapientiae incarnatione fuerant praestituta» Pii IX Acta, vol. I, p. 599; Spiazzi, p. 23.

    [118] Perrella, pp. 146-147.

    [119] «Hisce denique votis inceptisque Nostris praesens arrideat Virgo Dei Parens benignissima, quae, cum Iesum nobis Redemptorem ediderit, aluerit, apud crucem hostiam obtulerit, per arcanam cum Christo coniunctionem eiusdemque gratiam omnino singularem, Reparatrix item exstitit pieque appellatur» (AAS 20 [1928] 178; Insegnamenti Pont., p. 223, n. 287).

    [120] Pii IX Acta, vol. I, p. 610; Spiazzi, p. 33.

    [121] ASS 28 (1895-1896) 130-131; Spiazzi, p. 60.

    [122] Cfr Theotokos, pp. 336-337.

    [123] Cfr Theotokos, pp. 125-126.

    [124] ASS 36 (1903-1904) 454; Spiazzi, p. 75.

    [125] «Ipsa fuit, quae vel propria, vel hereditariae labis expers, arctissime semper cum Filio suo coniuncta, eumdem in Golgotha, una cum maternorum iurium maternique amoria sui holocausto, nova veluti Heva, pro omnibus Adae filiis, miserando eius lapsu foedatis, Aeterno Patri obtulit; ita quidem, ut quae corpore erat nostri Capitis mater, spiritu facta esset, ob novum etiam doloris gloriaeque titulum, eius membrorum omnium mater» (AAS 35 [1943] 247-248; Insegnamenti Pont., p. 276). Pio XII cita di nuovo la prima parte di questo testo nell’Enciclica Ad Caeli Regi*nam dell’11 ottobre 1954 (AAS 46 [1954] 635).

    [126] Perrella, pp. 150-151.

    [127] Cfr Mt 26,39.42; Mc 14,36; Lc 22,42; Gv 4,34; 5,30; 6,38; 17,1; Sal 40,7-9; Eb 10,5-9.

    [128]AAS 52 (1959) 713.

    [129] Cfr C. E. O’Neill (OP), Meeting Christ in the Sacraments, Alba House, Staten island (NY) 1991; Ed. riv. da Romanus Cessario (OP), pp. 221-231.

    [130] Sulla distinzione fra il modo in cui sacerdoti e fedeli offrono la vittima divina nella Messa, cfr l’Enciclica Mediator Dei di Pio XII, del 20 novembre 1947 (AAS 39 [1947] 553-555); Meeting Christ in the Sacraments (v. nota prec.), pp. 209-214.

    [131] «Haec Autem Matris et Filii coniunctio in opere Redemptionis summe enituit in Calvariae monte, in quo Christus semetipsum obtulit immaculatum Deo (Eb 8,14), atque Maria, prope crucem stans (cfr Gv 19,25), vehementer cum Unigenito suo condoluit et sacrificio Eius se materno animo sociavit, victimae de se genitae immolationi amanter consentiens, quam et ipsa aeterno Patri obtulit» (AAS 66 [1974] 131-132; Spiazzi, p. 256).

    [132] Vedi sopra nota n. 2.

    [133] AAS 35 (1943) 247.

    [134] Inseg. GP II, VI/I (1983) 1447 (Traccia, [1983], p. 580/VI).

    [135] Inseg. GP II, VI/2 ( 1983) 1265 (Traccia, [1983], p. 1236/XI).

    [136] Oss. Romano, 20-21 marzo 1995, p. 6.

    [137] «Iuxta crucem Iesu» (Gv 19,25), fit Maria illius deditionis particeps quam Filius facit sui ipsius: Iesum offert, tradit illum, semel in sempiternum eum generat pro nobis. Illud «fiat» Annunciationis die prolatum plene maturescit Crucis die, cum Mariae tempus accidit suscipiendi et pariendi veluti filium unumquemque hominem factum discipulum, in quem redimentem Filii amorem effundit: «Cum vidisset ergo Iesus matrem et discipulum, quem diligebat, dicit matri: “Mulier, ecce filius tuus”» (Gv 19,26) (AAS 87 [1995] 520; Ed. Paoline, Milano 1995, p. 152).

    [138] «Id offici debent profecto Christiani fideles beatae Mariae Virginis, tanquam parenti dulcissimae filii, ut memoriam Dolorum, quos acerbissimos illa, stans praesertim juxta crucem Jesu, singulari et invicta fortitudine constantiaque pertutlit, ac pro eorum salute aeterno Patri obtulit, assiduo studio et benevolentia colant» (Summa Aurea 7, 495; Insegnamenti, p. 31, n. 12.

    [139] «Quum enim se Deo vel ancillam ad matris officium exhibuit vel totam cum Filio in templo devovit, utroque ex facto iam tum consors cum eo extitit laboriorae pro humano genere espiationis» (ASS 27 [1894-1895] 178; Insegnamenti, p. 127, n. 151; cfr il commento in Perrella, pp. 142-143.

    [140] «Hinc matris et Filii numquam dissociata consuetudo vitae et laborum, ut aeque in utrumque caderent Prophetae verba: Deficit in dolore vita mea, et anni mei in gemitibus. Quum vero extremum Filii tempus advenit, stabat iuxta crucem Iesu Mater eius, non in immani tantum occupata spectaculo, sed plane gaudens quod Unigenitus suus pro salute generis humani offerretur, et tantum etiam compassa est, ut, si fieri potuisset, omnia tormenta quae Filius pertutlit, ipsa multo libentius sustineret. Ex haec autem Mariam inter et Christum communione dolo*rum ac voluntatis, promeruit illa ut reparatrix perditi orbis dignissime fieret, atque ideo universorum munerum dispensatrix quae nobis Iesus nece et sanguine comparavit» (ASS 36 [1903-1904] 453-454; Insegnamenti, p. 179, n. 232; cfr commento in Perrella, p. 144.

    [141] «Scilicet ita cum Filio patiente et moriente passa est et paene commortua, sic materna in Filium jura pro hominum salute abdicavit placandaeque Dei justitiae, quantum ad se pertinebat, Filium immolavit, ut dici merito queat, Ipsam cum Christum humanum genus redemisse» (AAS 10 [1918] 182; Insegnamenti, p. 204, n. 267).

    [142] Vedi sopra nota 117.

    [143] «Sed enim haec duo intimo necessitatis vinculo continentur inter se: cruciatibus Iesu compati et mariae dolori*bus» (AAS 12 [1920] 224; trad. nostra).

    [144] D. Bertetto, Discorsi di Pio XI, vol. II, p. 988.

    [145] Ivi, op. cit., p. 1013.

    [146] «Yes, dearly beloved, in the loving providence of God, it was Mary’s «be it done unto me according to thy word» that made possible the passion and death and resurrection of the divine Redeemer of the world. That is why we dare not separate the Mother from the son. His death on Golgotha was her martyrdom; His triumpg is her exaltation» (AAS 44 [1952] 429; Insegnamenti, p. 376-7, n. 568).

    [147] «Cum enim ex Dei voluntate in humanae Redemptionis peragendo opere Beatissima Virgo Maria cum Christo fuerit indivulse coniuncta, adeo ut ex Iesu Christi caritate eiusque cruciatibus cum amore doloribusque ipsius Matris intime consociatis sit nostra salus profecta ...» (AAS 48 [1956] 352; Insegnamenti, p. 484, n. 778).

    [148] Denzinger-Schönmetzer, n. 3926.

    [149] Cfr commento in Perrella, pp. 153-155.

    [150] Discorsi, messaggi, colloqui del Santo Padre Giovanni XXIII, vol. II, p. 52.

    [151] Inseg. P VI, IV (1966) 825.

    [152] «In caritate ardentem, in proprio obeundo munere adeo fortem atque constantem, ut se ipsa devoveret, omnibus animi sensibus cum suo cohaerens Filio, qui ideo in cruce mortuus est, ut homines nova vita donaret» (AAS 59 [1967] 470; Spiazzi, p. 228).

    [153] AAS 67 (1975) 356.

    [154] «Crucificada espiritualmente con el Hijo crucificado, contemplaba con caridad heroica la muerte de su Dios, “consintiendo amorosamente en la inmolación de la víctima que Ella misma habia engendrado”» (Inseg. GP II, VIII/1 [1985] 318-319; Traccia, 1985, p. 119, n. 5).

    [155] Inseg. GP II, XIV/2 (1991) 530.

    [156] Inseg. GP II, XVI/1 (1993) 1136.

    [157] Sul tema del sacrificio congiunto di Gesù e di Maria nel magistero e nella liturgia, cfr il mio articolo, Mary as Coredemptrix, Mediatrix and Advocate in the Contemporary Roman Liturgy, Foundations, pp. 66-68.

    [158] «Est imprimis solacii causa - res sane Evangelio et historia comprobata - quod iuxta Christum, loco primario et probe significato, sancta eius Mater semper adest ad dandum egregium testimonium, quoad tota vita sua de hoc singulari Evangelio doloris perhibet. Permultae et vehementes passiones confluxerunt in talem nexum et colliga*tionem, ut non solum fidem eius inconcussam comprobarent, verum etiam ad redemptionem omnium conferrunt. […] Praeterea, post ea quae a Filio in vita abdita et publica sunt gesta - quorum illa pro animo suo quam maxime tenero sine ulla dubitatione particeps fuit - dolores Beatae Mariae Virginis in Calvariae Loco ad fastigium pervenerunt, cuius altitudo mente humana vix fingi quidem potest, sed certe arcana fuit et supernaturali ratione fecunda pro universali redemptione: communicatio prorsus peculiaris fuerunt mortis redemptricis Filii» (Inseg. GP II, VII/1 [1984] 308-309; Enchiridion Vaticanum, vol IX, pp. 637-9, nn. 666-669).

    [159] «Christi passio bonum redemptionis mundi effecit, quod quidem in se ipso inexhaustum est et infinitum neque ei quidquam ab ullo homine addi potest» (Inseg. GPII, VII/1 [1984] 307; Ivi, n. 662).

    [160] «Illa enim prorsus particularem causam habet ut dicat se “adimplere in carne sua - quemadmodum iam in corde fecit - ea quae desunt passionum Christi”» (Inseg. GP II, VII/1 [1984] 309; Ivi, n. 666).

    [161] Sui Sacri Cuori di Gesù e Maria come simboli della loro persona e sulla risonanza antropologica di tali simboli, cfr Totus Tuus, pp. 75-79.

    [162] Cfr anche i miei studi, The Cultus of the Hearts of Jesus and Mary in the Papal Magisterium from Pius IX to Pius XII, in Acta Congressus Mariologici-Mariani Internationalis in Sanctuario Mariano Kevelaer (Germania) Anno 1987 celebrati II: De Cultu Mariano Saeculis XIX et XX usque ad Concilium Vaticanum II Studia Indolis Generalioris, Pontificia Academia Mariana Internationalis, Roma 1991, pp. 355-392 e The Hearts of Jesus and Mary in the Magisterium of Pope John Paul II, di prossima pubblicazione negli Acta del Congresso mariologico tenuto nel 1992 a Huelva, in Spagna.

    [163] Cfr il mio articolo The Heart of Mary as Coredemptrix in the Magisterium of Pope John Paul II, in San Tommaso Teologo: Ricerche in occasione dei due centenari accademici, in Studi Tomistici n. 59, Libreria Ed. Vaticana, Città del Vaticano 1995, pp. 320-335.

    [164] Inseg. GP II, II/1 (1979) 345.

    [165] «Similis Mariae hoc mysterium animo nemo suscepit; eam rationem vere divinam redemptionis, quae per Filii mortem in Calvariae monte acta est una cum materni cordis eius sacrificio et cum decretorio ipsius «fiat«» Inseg. GP II, III/2 [1980] 1511; Traccia, 1980, pp. 1031-2). Si noti che in questo testo animo è sinonimo di corde, e come tale è tradotto sia in inglese che in italiano.

    [166] Inseg. GP II, VI/1 (1983) 1137.

    [167] Il Papa ripete queste stesse parole il 30 gennaio 1985, nel discorso tenuto nel Santuario Mariano di Guayaquil, in Ecuador; cfr riferimento sopra a nota 52 (Inseg. GP II, VI/1 [1983] 1202).

    [168] L’espressione Alleanza dei Cuori, riferito ai Cuori di Gesù e di Maria fu coniato dal papa Giovanni Paolo II nel discorso dell’Angelus il 15 settembre 1985 (cfr Inseg. GP II, VIII/2 [1985] 670-671; Traccia, 1985, p. 1090). Sul concetto di «alleanza dei Cuori di Gesù e di Maria» cfr Totus Tuus, pp. 281-282 e i miei articoli, The Alliance of the Two Hearts and Consecration, in Miles Immaculatae XXXI (luglio/dicembre 1995) pp. 389-407 e The Hearts of Jesus and Mary and the Theology and Practice of Reparation, in Miles Immaculatae XXXII (gennaio/giugno 1996) pp. 91-116.

    [169] Miles Immaculatae XXIII (1987) pp. 42-43; trad. nostra.

    [170] Inseg. GP II, IX/2 [1986] 698, 699-700; trad. nostra.

    [171] «Quo vero ex cultu erga augustissimum Cor Iesu in christianam familiam, imo et in omne genus hominum copiosiora emolumenta fluant, curent christifideles, ut eidem cultus etiam erga Immaculatam Dei Genetricis Cor arcte copuletur. Cum enim ex Dei voluntate in humanae Redemptionis peragendo opere Beatissima Virgo Maria cum Christo fuerit indivulse coniuncta, adeo ut ex Iesu Christi caritate eiusque cruciatibus cum amore doloribu*sque ipsius Matris intime consociatis sit nostra salus profecta, congriut omnino ut a christiano populo, quippe qui a Christo per Mariam divinam vitam sit adeptus, post debita erga Sacratissimum Cor Iesu exhibita obsequia, etiam Cordi amantissimo caelestis Matris adiuncta pietatis, amoris, grati expiantisque animi studia praestentur» (AAS 48 [1956] 352; Insegnamenti Pont., p. 484).

    [172] Perrella, p. 155.

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    ...Padre Georges Cottier O.P., teologo della Casa Pontificia. Maria SS «è invocata nella Chiesa con i titoli di avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice». Al titolo di mediatrice, possiamo aggiungere quello di co-redentrice?...

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    Padre Georges Cottier O.P., teologo della Casa Pontificia

    Congregazione per il Clero - Teleconferenze - Mariologia - 29/5/2002


    Nel bel capitolo conclusivo della Constituzione Conciliare Lumen gentium sulla Chiesa, dedicato alla Vergine Maria, leggiamo: «Così anche la beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cfr. Gv 19,25), soffrendo profondamento col suo Unigenito e associandosi con animo materno al suo sacrificio, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata; e finalmente dallo stesso Gesù morente in croce fu data quale madre al discepolo con queste parole: Donna, ecco tuo figlio (cfr. Gv 19, 26-27)» (n. 58).

    Queste linee di grande intensità sono l’eco di una lunga tradizione autenticata dal Magistero. La Madre del Figlio di Dio fatto uomo è consacrata, sotto la croce, Madre del suo Corpo Mistico. Quindi sarà proclamata Madre della Chiesa da Paolo VI. Questo titolo illumina il senso dell’«intima unione» di Maria con la Chiesa, dove occupa, «in modo eminente e singolare» il «primo posto» (cfr. n. 63). È nella sua persona che la Chiesa ha già raggiunto quella perfezione che la rende senza macchia e senza ruga (cfr. Ef 5, 27). Della Chiesa è il modello (typus). Si deve ritenere sia che Maria non è fuori dalla Chiesa, dal momento che è il suo membro eminente e esemplare, sia che esercita sulla Chiesa una funzione materna. Il mistero della Chiesa et il mistero di Maria s’includono e s’illuminano reciprocamente.

    Come spiegarlo? Il Concilio, dopo aver ricordato le parole dell’Apostolo (1 Tim 2, 5-6): «Poiché non vi è che un solo Dio, uno solo è anche il mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che per tutti ha dato se stesso in riscatto», e aggiunge che «la funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia» (n.60).

    La vita di grazia, partecipazione alla vita divina, esiste in principio e in pienezza in Cristo, Capo del Corpo Mistico, per essere comunicata al suo Corpo, che è la Chiesa. Con questa comunicazione il Cristo attira la Chiesa e ogni suo membro ad assimilarsi a Lui, a conformarsi a Lui e a partecipare al dono di se stesso al Padre, tramite il quale ha salvato l’umanità. Unico mediatore: il dono di se stesso è totalmente, infinitamente sufficiente per la salvezza del mondo. Che ne renda partecipe la sua Chiesa, questo è un segno del suo amore e della profondità dell’unione alla quale l’introduce. Come ogni vita, la vita della grazia è feconda, essa porta il suo frutto in abbondanza. Una legge si verifica qui sia per la Chiesa che per Maria, in proporzione ai suoi singolari privilegi.

    Il testo del Concilio, che abbiamo citato, lo rileva con forza: Sotto la croce, Maria soffre profondamente col suo Unigenito; si associa con animo materno al suo sacrificio; amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata: che significano queste affermazioni se non che Maria ha una parte attiva nel mistero della Passione e nell’opera della Redenzione?

    Il Concilio stesso lo precisa: la madre del divino Redentore fu «generosamente associata alla sua opera a un titolo assolutamente unico»: «(...)soffrendo col Figlio suo morente in croce, ella cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, coll’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo ella è diventata per noi madre nell’ordine della grazia» (n.61).

    «Dopo la sua assunzione in cielo non ha interrotto questa funzione salvifica, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci i doni che ci assicurano la nostra salvezza eterna».

    Per questo Maria «è invocata nella Chiesa con i titoli di avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice» (n. 62).

    Al titolo di mediatrice, possiamo aggiungere quello di co-redentrice? Alla luce di quanto precede, la risposta è affermativa. Infatti, il Concilio stesso per evitare qualsiasi falsa interpretazione, aggiunge che l’impiego di questi titoli, è legittimo se però va inteso «in modo che nulla sia detratto o aggiunto alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico mediatore» (ibid).

    Si rileverà che questo titolo di co-redentrice non figura nel testo conciliare. Si può pensare che questa assenza voluta obbediva ad una motivazione ecumenica. L’uso del termine necessitava di ulteriori sviluppi[1].

    È vero che, se il termine di co-redenzione doveva evocare una giustapposizione e un’addizione all’opera redentrice del Salvatore, doveva essere respinto con vigore. È in quanto predestinata, suscitata, contenuta dal sacrificio redentore di Cristo, in modo subordinato, partecipato, in totale dipendenza da Lui, che s’intende la co-redenzione di Maria sotto alla Croce, così come è pienamente compenetrata dall’intercessione del Figlio nella gloria, la sua mediazione d’intercessione al cielo.

    Il Concilio ha enunciato il principio che, traducendo una intuizione della fede, regola tutta la riflessione teologica in questo campo: «Ogni salutare influsso della beata Vergine verso gli uomini non nasce da una necessità oggettiva, ma da una disposizione puramente gratuita di Dio, e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo; pertanto si fonda sulla médiazione di questi, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia, e non impedisce minimamente l’unione immediata dei credenti con Cristo, anzi la facilita» (n. 60).

    Alla luce di questo principio, comprendiamo in che senso Maria, a titolo unico, è co-redentrice, e come in modo proporzionale la Chiesa è co-redentrice. Comprendiamo ancora in che senso, la vocazione di tutti i battezzati alla santità li porta a partecipare al mistero della salvezza. Ognuna di queste participazioni è come un’epifania della fecondità della Croce di Gesù.

    -----------------------------------------------------------------------

    Note:

    [1]Ciò, logicamente, rileviamolo, vale anche per il termine mediatrice, ma lì c’è l’autorità di una tradizione liturgica.

    FONTE

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    Come dimostrato, si tratta - quella della corredenzione di Maria - di una verità ampiamente affermata e creduta nella Chiesa (peraltro fermamente creduta persino nel Magistero di Giovanni Paolo II). Peraltro, vorrei far notare che sul dogma della Corredenzione, a stretto rigore, si pronunciò Benedetto XVI quand'era cardinale e non già da papa (v. QUI). E nella storia della Chiesa è capitato talora che, come privati dottori, si credano anche certe eresie, ma da Papi si affermi chiaramente la verità.
    E' capitato proprio, ad es., con un predecessore, Giovanni XII, che, contrariamente alla concezione teologica già allora comune, aveva sostenuto l'opinione che le anime dei defunti avessero solo la visione della natura umana di Cristo e venissero ammesse alla piena beatitudine solo dopo il giudizio universale. Addirittura egli presentò questa concezione in tre omelie. Esaminata poi la questione, il 3 dicembre 1334, un giorno prima della sua morte, quel Papa revocò solennemente in presenza del collegio dei cardinali la sua concezione con delle parole che furono solennemente tramandate in una bolla, Ne super his, che fu emanata dal successore, Benedetto XII e che questi ribadì con la Costituzione apostolica Benedictus Deus del 29 gennaio 1336.
    Ed è capitato anche con Papa Prospero Lambertini, Benedetto XIV, che aveva, come dottore privato, una concezione errata del sacramento del matrimonio, ma che da Pontefice affermò sempre chiaramente la dottrina cattolica sul punto, contraddicendo la sua opinione personale.

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    Peter Seewald
    Intanto più di un milione di persone sollecitano l’esaltazione di Maria, da parte della Chiesa Cattolica, al riconoscimento del ruolo di "Corredentrice". Si acconsentirà a questa richiesta, o sarebbe un’eresia?".

    Card. Ratzinger
    "Non credo che si darà seguito a questa richiesta, che nel frattempo si è guadagnata il consenso di parecchi milioni di persone, in tempi prevedibili. Secondo la "Congregazione per la Dottrina della Fede", quelle caratteristiche di Maria che la proposta vorrebbe mettere in primo piano possono essere meglio espresse da altri titoli di Maria, mentre la formula "Corredentrice" si allontana troppo dal linguaggio delle Scritture e dei Padri della Chiesa; e può perciò produrre degli equivoci.
    Che cosa c’è di condivisibile in questa richiesta? Il fatto che Cristo non sia ad di fuori o accanto a noi, ma che stabilisca con noi una nuova, profonda comunione. Tutto ciò che è suo diventa nostro, e di ciò che è nostro Gesù si è fatto carico fino a farlo suo: questo grande scambio è il vero contenuto della Redenzione, che ci consente di oltrepassare i limiti della nostra individualità per approdare alla comunione con Dio.
    Poiché Maria prefigura la Chiesa, e impersonifica - per così dire - la Chiesa, questa comunione è realizzata esemplarmente in lei. Ma non ci si può spingere oltre questa comunione, fino a dimenticare la priorità di Cristo: tutto procede da lui, come dicono in particolare le Lettere paoline agli Efesini e ai Colossesi. Anche Maria è tutto ciò che è, solo attraverso lui.
    Il termine "Corredentrice" appannerebbe, dunque, quest’origine. Una retta intenzione si esprime con una terminologia sbagliata. Per i contenuti della fede è essenziale proprio la continuità con il linguaggio delle Scritture e dei Padri della Chiesa; perché il linguaggio non è manipolabile a proprio piacimento".

    (Peter Seewald, Dio e il mondo (tit. orig. Gott und die Welt), San Paolo, 2001, p. 266 ss.)

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    Scriveva San Luigi Grignion da Montfort sul rapporto di Maria con il Padre: "Maria ebbe (durante la sua vita) delle così grandi crescite nella grazia e nella sapienza di Dio, una fedeltà così perfetta al suo amore, da strappare l’ammirazione... a Dio stesso. La sua umiltà profonda fino all’abbassamento totale lo affascinò, la sua purezza tutta divina lo attirò, la sua fede viva e le sue preghiere frequenti e amorose lo forzarono. La Sapienza è amorosamente vinta da così amorose ricerche... Oh, quale fu l’amore di Maria che ha vinto l’Onnipotente!" (cfr. Amore Eterna Sapienza 107).

    Afferma S. Pio X nell'Enciclica "Ad diem illum" del 2 febbraio 1904 "Da questa comunione di dolori e di volontà tra Cristo e Maria, meritò Ella di divenire degnissimamente la Riparatrice del mondo perduto, e quindi la Dispensatrice di tutti i doni che Gesù ci procurò con la morte e con il sangue".

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    Predefinito Mediatrice, Corredentrice e Regina

    Queste sono le tre fulgide gemme che rendono sovranamente bella e potente l'Immacolata Madre di Dio. La Medaglia miracolosa, che affrettò la solenne proclamazione di fede dell'Immacolata Concezione, possa far affrettare i tempi anche per la definizione dei dogmi mariani di Maria Mediatrice, Corredentrice e Regina.

    Non a caso la Medaglia fa brillare queste verità. Tocca a noi non trascurare la lezione e il richiamo così dolce e consolante che essa ci dona: la mia Celeste Mamma Immacolata è anche la mia Celeste Mediatrice, Corredentrice e Regina!

    Ogni grazia viene da Lei

    L'Immacolata con le braccia allargate verso il basso e con una miriade di raggi splendenti che partono dalle sue mani rappresenta in modo luminoso Maria SS. come Mediatrice di tutte le grazie.

    La mediazione universale fa parte della missione materna di Maria SS. verso il genere umano. Questa è una verità che fin dai primi tempi della Chiesa è stata riconosciuta alla Madonna e che speriamo di vedere presto proclamata dogma di fede, come ardentemente desiderava San Massimiliano Maria Kolbe.

    L'Immacolata è la Mediatrice di grazia presso Gesù, unico Mediatore fra Dio e l'uomo. Ella, come Madre nostra, intercede sempre in nostro favore, anche quando noi non ricorriamo esplicitamente e direttamente a Lei. Per questo, oltre che Madre nostra, è anche la "Madre della divina grazia" e tutte le grazie che gli uomini ricevono, tutte, senza eccezione, vengono dal suo Cuore, passano per le sue mani. Rileggiamo ora qualche punto della seconda apparizione dell'Immacolata a S. Caterina Labouré, e vedremo come la verità della Mediazione mariana appaia certa e luminosa.

    "Ella aveva gli occhi rivolti al cielo, e il suo volto diventò risplendente, mentre presentava il globo a Nostro Signore": ecco una Mamma, bella di una bellezza inesprimibile, che prega e intercede per noi, figli che Ella ama.

    "Tutto ad un tratto le sue dita si ricoprirono di anelli, ornati di pietre preziose... le quali gettavano dei raggi, gli uni più belli degli altri... Mentre io ero intenta a contemplarla, la Santissima Vergine abbassò gli occhi verso di me, ed una voce si fece intendere che mi disse queste parole "Questo globo che vedi rappresenta tutto il mondo... la Francia... e ciascuna persona in particolare". Io qui non so ridire ciò che provai e ciò che vidi, la bellezza e lo splendore dei raggi sfolgoranti ! ... e la Vergine SS. aggiunse "Sono il simbolo delle grazie che io spargo sulle persone che me le domandano", facendomi così comprendere quanto è dolce pregare la SS. Vergine e quanto Ella è generosa con le persone che La pregano; quante grazie Ella accorda alle persone che gliele cercano, quale gioia Ella prova nel concederle...".

    "Chiedimi quanto vuoi..."

    Ci pensiamo mai che ogni momento la Madonna sta in questo atteggiamento di supplica e di dono per noi? Non ricordiamo quello che la Madonna fece a Cana? Lei sola si accorse che era venuto a mancare il vino. E con tanta sollecitudine e dolcezza lo disse a Suo Figlio Gesù; "Non hanno più vino" (Gv 2,3). Gesù guardò in fondo agli occhi di quella Mamma Sua e nostra, sentì la tenerezza di quel Cuore così simile al Suo, e fece il miracolo, il Suo primo miracolo, cambiando l'acqua in vino, in anticipo con l'ora stabilita da Dio! (Gv 2,4). Veramente la Madonna è "Onnipotente per grazia".

    Lei tutto può, perché sta tra Dio e l'uomo, essendo donna ed essendo Madre di Dio. Ah, quale gioia per noi avere una simile Madre!

    Il Papa Pio IX scrisse che la Madonna, con la Sua dignità di Madre e Regina, stando alla destra di Gesù "ottiene ciò che domanda, né può restare inesaudita". E il numero sterminato di grazie che la Medaglia miracolosa ha ottenuto agli uomini è la conferma più certa di questa consolantissima verità.

    La nostra Corredentrice

    Ma perché Maria è stata da Dio elevata a questo ufficio di Tesoriera di tutte le grazie?

    Perché Ella con le sue sofferenze è stata da Dio associata a Gesù per salvare gli uomini; Ella cioè è la Corredentrice del genere umano. Afferma S. Pio X nell'Enciclica "Ad diem illum" del 2 febbraio 1904 "Da questa comunione di dolori e di volontà tra Cristo e Maria, meritò Ella di divenire degnissimamente la Riparatrice del mondo perduto, e quindi la Dispensatrice di tutti i doni che Gesù ci procurò con la morte e con il sangue".

    Anche questa verità della Corredenzione di Maria SS. La troviamo espressa nella Medaglia miracolosa. Guardiamone il rovescio: la lettera M, monogramma di Maria, sormontata da una croce; al di sotto, il Sacro Cuore di Gesù coronato di spine e il Cuore Immacolato di Maria, trafitto da una spada.

    C'è qui in compendio tutta la dottrina della Corredenzione di Maria.

    Pensiamo al Calvario Gesù sulla Croce, Maria ai piedi della Croce, uniti indissolubilmente nell'offerta del loro sacrificio che ha redento il mondo. Come ad Eva, così a Maria, nuova Eva, Dio disse: "Tu partorirai nel dolore" (Gn 3,6). Nel dolore infatti la Madonna partorì noi alla vita della grazia. Partorì nel dolore del Suo Cuore trafitto dalla spada della Passione e Morte del Figlio.

    Quanto è profondo dunque il significato di quei due Sacri Cuori effigiati sul rovescio della Medaglia!

    "Sono ebreo di razza"

    La Madonna quindi è Corredentrice e perciò stesso Mediatrice universale di tutte le grazie, come insegna San Pio X. E soprattutto per la grazia delle grazie, ossia la salvezza finale, rivolgiamoci alla Divina Corredentrice: Ella sa fare di ogni peccatore un giusto, di ogni redento un Santo.

    Ci conforti il racconto di una della tante conversioni operate dalla Madonna per mezzo della Medaglia miracolosa. Riportiamo l'episodio dalla vita di San Massimiliano M. Kolbe.

    Durante la degenza nel sanatorio di Zakopane, egli non pensò certamente di starsene inerte. Proprio lui amava ripetere ai suoi confratelli "Non possiamo dormire fino a quando una sola anima resterà sotto il dominio di satana". Per cui, anche ammalato a Zakopane, si diede da fare. Tra l'altro ogni giovedì teneva una conferenza ai giovani studenti atei del sanatorio. Dopo pochi giovedì, quattro di essi si convertirono.

    Soltanto uno, tra i più giovani, pur seguendo attentamente le conferenze del Santo, mostrava di non avere a che fare con lui, allontanandosi immediatamente alla fine di ogni riunione. Ma un giovedì si avvicinò e gli disse "Vorrei salutarla, padre; è l'ultima volta che ci vediamo. Le mie condizioni si sono aggravate, non potrò lasciare il letto, è la fine...". Poi gli confidò

    - Sono ebreo di razza e di religione.
    - Verrò a trovarti.
    - Impossibile, lei lo sa, è proibito far visita agli ammalati gravi.
    - Verrò lo stesso.

    Ed infatti non solo ci andò, ma lo battezzò, gli diede la S. Comunione, gli impartì l'Unzione degli infermi e poi gli mise al collo la Medaglia miracolosa.

    - Sei contento? ... Dimmi, che cosa ti turba ancora, ragazzo?
    - La mamma... L'arrivo della mamma.

    Sua madre era un'ebrea fanatica.

    - Non temere sarai già in Paradiso quando arriverà.

    Infatti il giovane morì alle 11, mentre la mamma arrivò soltanto a mezzogiorno. E quando venne, fece un gran baccano a causa della conversione del figlio. Immediatamente gli strappò dal petto la Medaglia miracolosa e cacciò in cattivo modo San Massimiliano.

    - Ma, post factum...-, commentava il Santo raccontando l'episodio al fratello fra' Alfonso.

    La nostra Regina

    Un'ultima importante verità ci viene insegnata dalla Medaglia miracolosa la Regalità di Maria Santissima.

    La Madonna, nell'apparizione del 27 novembre 1830 a S. Caterina Labouré, poggia vittoriosamente i suoi piedi sul globo, e sembra dirci anche Ella come Gesù Re Divino "Non abbiate timore, io ho vinto il mondo!" (Gv 16,33). Inoltre, l'Immacolata tiene fra le mani un altro globo più piccolo che offre a Dio Padre. Se è vero che si può offrire solo ciò che e proprio, Maria può offrire a Dio il mondo perché esso Le appartiene, essendo stata costituita Regina dell'universo.

    Infine, le dodici stelle impresse sul retro della Medaglia, indicano i Santi e in genere tutte le anime che per effetto della sua materna protezione, circondano ora il Suo trono regale lassù in cielo. In particolare, nelle dodici stelle si è voluto vedere simboleggiare i dodici apostoli, ossia le colonne della Chiesa stessa, che glorifica in Maria SS. la sua Divina Madre, la Madre di Cristo Capo e del Corpo mistico di Cristo.

    Guardando la Medaglina, quindi, possiamo richiamare alla mente il "segno prodigioso" della Donna dell'Apocalisse, che S. Giovanni vide avanzarsi vestita di sole, con la luna sotto i piedi e con il capo coronato da dodici stelle (Ap 12,1).E quale gioia non deve infondere nei nostri cuori questa sublime verità? Noi siamo i fortunati figli di una Madre onnipotente e misericordiosa, bellissima e gloriosissima, tutta amore e splendore, Madre di Dio e dell'umanità, Regina della terra e del Paradiso!

    FONTE

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    La Cooperazione di Maria alla Redenzione

    La cooperazione fondamentale con il Fiat dell'Annunciazione (cooperazione remota)


    Dopo aver considerato nei quattro capitoli precedenti i grandi dogmi mariani secondo il loro ordine storico, passiamo adesso a considerare un altro dato importante della nostra fede, che però non ha ancora raggiunto una precisa formulazione dogmatica. Si tratta della cooperazione di Maria all'opera della salvezza.

    Che questa cooperazione sia una realtà appare in modo evidentissimo dal consenso dato da Maria al momento dell'Annunciazione. Dal sì di Maria dipendeva la salvezza dell'umanità. È nota la bellissima pagina di S. Bernardo a questo proposito:

    «Hai udito, o Vergine: "Concepirai e partorirai un figlio". Hai udito: non sarà opera di un uomo, ma dello Spirito Santo. L'angelo attende la tua risposta: è tempo per lui di ritornare a Dio che l'ha inviato».

    «Anche noi, o Regina, attendiamo una parola di misericordia: noi, miseramente oppressi da una sentenza di condanna. Ecco, ti viene offerto il prezzo della nostra salvezza: saremo subito liberati se tu accetti (...). Noi siamo in preda alla morte. Una tua piccola risposta ci può però ricreare e richiamare alla vita (...). Su, rispondi presto all'angelo, o meglio - attraverso l'angelo - rispondi a Dio. Rispondi una parola e ricevi "la Parola"; pronunzia il tuo verbo e ricevi nel grembo quello di Dio; lascia uscire la parola che passa e racchiudi in te quella eterna».

    «Perché indugi? Perché esiti? Credi, afferma la tua fede, ricevi (...). Apri, o Vergine Beata, il tuo cuore alla fede, le tue labbra all'accettazione, il tuo grembo al Creatore. Ecco che il desiderato di tutte le genti sta alla tua porta e bussa. Oh, se per la tua esitazione passasse oltre! Se tu dovessi ricominciare, piangendo, a cercare colui che il tuo cuore ama! Levati, corri, apri. Levati con la fede, corri con la devozione, aprigli con il tuo sì».

    «Ecco - disse - la serva del Signore: si faccia in me secondo la tua parola (Lc 1,38)».

    Quello che S. Bernardo esprime liricamente con linguaggio poetico ispirato, S. Tommaso lo espone con la sua essenziale sobrietà teologica. In un passo famoso della Somma egli scrive:

    «(Era necessaria l'Annunciazione) affinché si mostrasse che vi era un certo matrimonio tra il Figlio di Dio e l'umana natura. Per cui attraverso l'Annunciazione si attendeva il consenso della Vergine a nome di tutta la natura umana» (S. Th., III, q. 30, a. 1).

    Il concetto è straordinariamente profondo, e lo stesso S. Tommaso non ne ha tratto tutte le conseguenze. Qui per natura umana si intende l'insieme di tutti gli uomini, l'umanità intera. L'incarnazione del Verbo è come un matrimonio fra il Verbo e l'intera umanità. Ma per il matrimonio ci vuole il consenso di entrambe le parti. Ora, come poteva l'umanità, composta di tanti soggetti distinti e per giunta diffusi lungo il corso dei secoli, esprimere il suo consenso al matrimonio con il Verbo? L'unica soluzione possibile era che l'umanità venisse rappresentata da qualcuno. Ora, questo qualcuno fu una donna, la Vergine Maria. Al suo consenso quindi tutta l'umanità è debitrice. Non vi è quindi dubbio alcuno che con il suo sì pronunciato al momento dell'Annunciazione Maria abbia cooperato in modo decisivo alla redenzione del genere umano.

    La cooperazione all'opera stessa della redenzione (cooperazione prossima)

    Oltre alla cooperazione con il sì all'Incarnazione del Verbo, la Vergine Maria ha anche dato un suo contributo all'opera stessa della redenzione? In altre parole: oltre alla cooperazione remota c'è stata anche una cooperazione prossima? La Lumen Gentium dice che Maria «consacrò totalmente se stessa quale Ancella del Signore alla persona e all'opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione».

    In che modo vanno intese queste parole? Cerchiamo di esaminare lo sviluppo storico di questa dottrina.

    A) IL FONDAMENTO BIBLICO

    È il Concilio stesso che ci ricorda i principali momenti dell'unione di Maria con il Figlio suo nell'opera della salvezza: la visita a Sant'Elisabetta, l'incontro con i pastori e i magi ai quali la Vergine mostra Gesù, la presentazione al tempio, la perdita e il ritrovamento, l'intervento alle nozze di Cana, e soprattutto la partecipazione alla passione di Gesù sul Calvario.

    B) IL FONDAMENTO NELLA TRADIZIONE

    Abbiamo visto a suo tempo l'importanza che ha assunto fin dal II secolo il parallelismo fra Eva e Maria, sviluppato in modo particolarmente profondo da S. Ireneo. Riportiamo qui un suo testo particolarmente illuminante:

    «Il Signore venne dunque visibilmente nella sua proprietà e fu portato dalla creatura che egli stesso porta; ha ricapitolato, con la sua obbedienza sul legno (della croce) la disobbedienza che era stata perpetuata mediante il legno (della scienza del bene e del male); quella seduzione di cui era stata vittima miserabile Eva, fidanzata ma ancora vergine, è stata dissipata dall'annunzio di verità magnificamente annunciato dall'angelo a Maria, anch'essa vergine fidanzata. Infatti, come quella era stata sedotta dal discorso di un angelo, tanto da sottrarsi a Dio trasgredendo la sua parola, così questa fu istruita dalla buona novella mediante il discorso di un angelo, tanto da portare Dio (nel suo seno) obbedendo alla sua parola. E come quella era stata sedotta in modo da disobbedire a Dio, così questa si lasciò persuadere a obbedire a Dio, affinché la Vergine Maria divenisse l'avvocata della vergine Eva. E come il genere umano era stato incatenato alla morte per opera di una vergine, così ne fu liberato da una vergine, in quanto la disobbedienza di una vergine fu controbilanciata dall'obbedienza di una vergine. Il peccato del primo uomo ha ricevuto rimedio mediante la retta condotta del Primogenito; la prudenza del serpente è stata vinta dalla semplicità della colomba; e così sono stati infranti quei vincoli che ci assoggettavano alla morte».

    È stato detto autorevolmente (Jouassard) che in questo passo, come anche in altri simili, il parallelismo si spinge molto avanti. È vero che il testo si riferisce di per se stesso al sì dell'Annunciazione, ma non si deve dimenticare che per Ireneo, come per gli altri Padri, soprattutto orientali, la redenzione comincia con l'incarnazione, e la croce è la consumazione di Betlemme. Inoltre bisogna notare che nel testo citato vi è un esplicito riferimento all'albero della croce. Maria è collocata molto vicino al Redentore, e a tutta la sua opera, come del resto Eva è stata molto vicina ad Adamo, e a tutto quello che egli ha fatto (entrambi hanno mangiato dallo stesso albero!).

    A questo punto viene spontanea una conclusione: se il parallelismo Eva-Maria è valido, e noi abbiamo visto che lo è, essendo solidamente fondato nella Tradizione, dobbiamo dire che come Eva ha cooperato con Adamo nell'opera della rovina, così Maria ha collaborato con Gesù nell'opera della restaurazione. E sembra decisamente troppo poco limitare questa collaborazione al sì dell'Annunciazione. È con tutta la sua vita che Maria ha adempiuto la sua opera di Novella-Eva.

    c) IL FONDAMENTO NELLO SVILUPPO TEOLOGICO

    Sembra che il primo a trarre tutte le conseguenze da questa stretta associazione di Maria all'opera della redenzione sia stato un monaco bizantino del X secolo, Giovanni il Geometra. Egli afferma alla fine del primo millennio ciò che si chiarirà lungo tutto il secondo, che cioè Maria ha avuto un ruolo unico nella passione, come preludio della sua mediazione attuale a favore dell'umanità. In una sua preghiera egli esprime questi concetti:

    «Ti ringrazio per aver sofferto per noi così grandi mali, e per aver voluto che tua madre soffrisse così grandi mali, per te e per noi, affinché non solo l'onore di condividere le tue sofferenze le meritasse la comunanza di gloria, ma anche operasse per noi sempre più la salvezza, con il ricordo dei dolori subiti per noi e ci conservasse il suo amore non solo a causa della natura, ma anche a motivo del ricordo di tutto quello che lei ha fatto per noi durante tutta la sua vita. Noi ti ringraziamo poiché ti sei dato in riscatto per noi, e perché, dopo di te, hai dato la madre tua in riscatto ad ogni istante, affinché tu morissi una volta per noi, e lei morisse migliaia di volte nella sua volontà, consumata nelle sue viscere, come lo fu per te, nei riguardi di coloro per cui, proprio come il Padre, ha dato il Figlio suo, e persino lo ha visto messo a morte. Ringraziamo anche te, o Sovrana, per le pene e le sofferenze sopportate per noi fino a quell'ora».

    In questo testo Giovanni il Geometra parla chiaramente della partecipazione alla passione di Gesù, e insiste sul termine «per noi». L'intercessione attuale di Maria si collega con il ricordo delle sue sofferenze di quel tempo. È quanto avremo modo di esaminare più avanti.

    Anche in S. Bernardo (1090-1153) è presente l'idea che Maria, Nuova Eva, ha cooperato alla redenzione offrendo suo Figlio. Il Papa Paolo VI nella Marialis Cultus cita una sua espressione:

    «Offri il tuo Figlio, o Vergine Santa, e presenta al Signore il frutto benedetto del tuo seno. Offri per la riconciliazione di noi tutti la vittima santa, a Dio gradita».

    Questa offerta, avvenuta durante la presentazione al tempio, orienta già al Calvario, dove Maria «è morta con lui nel suo cuore», come afferma sempre S. Bernardo.

    Anche in Arnaldo di Chartres († c. 1160), ispirato da S. Bernardo, troviamo questo concetto dell'offerta della vittima divina fatta dalla Madre. Pur avendo ben chiara l'idea che Gesù Cristo è l'unico Salvatore, egli arriva a dire:

    «C'era allora una sola volontà di Cristo e di Maria, e tutti e due offrivano insieme (pariter offerebant) un solo olocausto: lei nel sangue del suo cuore, lui nel sangue della sua carne».

    In S. Bonaventura († 1274), a proposito di Maria Nuova Eva, troviamo questa espressione molto interessante:

    «(Maria fu associata a Cristo) affinché si compisse ciò che era stato detto profeticamente: "Gli voglio fare un aiuto che gli sia simile" (Gen 2,18)».

    E ancora leggiamo che Maria ha pagato il prezzo della nostra redenzione:

    «Lo ha pagato come una donna forte e pia, quando Cristo ha patito sulla croce per pagare questo prezzo, purificare e redimere; allora la Beata Vergine è stata presente, ha accettato e si è conformata alla volontà divina. Ha acconsentito che il frutto del suo seno venisse offerto in croce per noi».

    Questi stessi concetti li esprime anche lo Pseudo-Alberto, nel suo celebre Mariale di cui abbiamo già parlato, dove Maria viene presentata come Nuova Eva associata al Nuovo Adamo per «aiutarlo» proprio nell'opera della redenzione.

    Nei secoli seguenti, e soprattutto in quel «secolo d'oro» della mariologia che fu il XVII, le testimonianze di questa dottrina sono innumerevoli. Nel secolo seguente tale insegnamento diventa comune nella Chiesa, grazie soprattutto all'opera dei due grandi teologi mariani S. Luigi Grignion de Montfort e S. Alfonso Maria de' Liguori.

    D) IL FONDAMENTO NEL MAGISTERO DELLA CHIESA

    La partecipazione di Maria Santissima all'opera della salvezza diventa insegnamento comune del Magistero ecclesiastico da Leone XIII in poi. Ci limitiamo a qualche espressione particolarmente significativa. Leone XIII chiama la Beata Vergine Maria «compagna di Gesù nella riparazione del genere umano» e parla dei «meriti singolari per cui ella partecipò col Figlio Gesù all'opera della redenzione umana».

    Pio X, fra l'altro, afferma che

    «da questa comunione di dolori e di volontà fra Cristo e Maria, ella meritò di diventare in modo degnissimo la Riparatrice del mondo perduto».

    Il testo forse più esplicito e forte è quello di Benedetto XV:

    «Ella patì e quasi morì col Figlio paziente e morente, abdicò ai diritti materni sul Figlio, per la salvezza degli uomini e, per quanto dipendeva da lei, immolò il Figlio suo per placare la divina giustizia, dimodoché a ragione si può dire che ella ha redento il genere umano assieme a Gesù Cristo».

    Pio XI scrive:

    «La Vergine addolorata partecipò, assieme a Gesù Cristo, all'opera della redenzione».

    E ancora:

    «La benignissima Madre di Dio, avendoci dato Gesù Riparatore, avendolo nutrito e presso la croce offertolo vittima per noi, per la mirabile unione che ebbe con lui e per grazia singolarissima divenne anch'ella e piamente è detta Riparatrice».

    Pio XII afferma nell'Enciclica Mystici Corporis:

    «La Vergine Maria, immune da ogni macchia, sia personale sia ereditaria, e sempre strettissimamente unita al Figlio suo, lo offrì all'eterno Padre sul Golgota, facendo olocausto di ogni diritto materno e del suo materno amore, come novella Eva, per tutti i figli di Adamo contaminati dalla miseranda prevaricazione del progenitore».

    Vi sarebbero molti altri testi, ma anche soltanto quelli riportati testimoniano la significativa convergenza del Magistero pontificio, per il corso di quasi un secolo, su questo punto dottrinale, e ci aiutano a intenderlo nel suo giusto significato.

    Questa cooperazione di Maria veniva detta «corredenzione». Questa espressione ebbe sin dall'inizio dei sostenitori e degli oppositori; dopo il Concilio, dato il suo silenzio a tale riguardo, il numero degli oppositori crebbe notevolmente.

    Ma qui bisognerebbe ricordare due cose. Innanzitutto che il Concilio ha esplicitamente dichiarato di non avere avuto in animo di esporre una dottrina esauriente su Maria e di non aver voluto dirimere questioni non ancora pienamente illustrate dai teologi (cf. Lumen Gentium 54): per cui, sono le parole testuali, «restano legittime le sentenze che nelle scuole cattoliche vengono liberamente proposte circa colei che nella Chiesa santa occupa, dopo Cristo, il posto più alto e più vicino a noi» (ibid.).

    In secondo luogo un'attenta lettura del testo conciliare mostra come esso rimanga aperto alla dottrina della corredenzione, e quindi anche al titolo di «corredentrice». Basta considerare, ad esempio, oltre alla dottrina generale, anche le seguenti espressioni della Lumen Gentium:

    «Ella è veramente Madre delle membra di Cristo, poiché cooperò con la carità alla nascita dei fedeli nella Chiesa, i quali di quel Capo sono le membra». «Per questo la Chiesa cattolica, edotta dallo Spirito Santo, con affetto di pietà filiale la venera come Madre amantissima» (n. 53).

    «(Maria) è la Madre di Cristo e la Madre degli uomini, specialmente dei fedeli» (n. 54).

    «I libri dell'Antico e del Nuovo Testamento e la veneranda Tradizione mostrano in modo sempre più chiaro la funzione della Madre del Salvatore nell'economia della salvezza» (n. 55).

    «Maria, figlia di Adamo, acconsentendo alla parola divina, diventò Madre di Gesù e, abbracciando con tutto l'animo e senza peso alcuno di peccato la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale Ancella del Signore alla persona e all'opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione sotto di Lui e con Lui, con la grazia di Dio onnipotente» (n. 56).

    «Questa unione della Madre col Figlio nell'opera della redenzione si manifesta dal momento della concezione verginale di Cristo fino alla di Lui morte» (n. 57).

    «La Beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio morente sulla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cf. Gv 19,25), soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata; e finalmente, dallo stesso Gesù morente in croce, fu data quale madre al discepolo con queste parole: Donna, ecco tuo figlio (cf. Gv 19,26-27)» (n. 58).

    «Col concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo al Padre nel tempio, soffrire col Figlio suo morente in croce, cooperò in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, coll'obbedienza, la fede, la speranza e l'ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale nelle anime. Per questo fu per noi Madre nell'ordine della grazia» (n. 61).

    La corredenzione in generale

    Date queste premesse, mi sembra che le sentenze teologiche che parlano di corredenzione mariana siano ancora oggi pienamente legittime, e che il Concilio non le abbia per nulla esautorate. Vorrei quindi riproporre un'ipotesi teologica sulla corredenzione mariana che forse può venire incontro a molte istanze degli oppositori di tale termine e di tale dottrina.

    Innanzitutto occorre ribadire che Gesù Cristo è l'unico Redentore dell'umanità: questa è una verità centrale della nostra fede cristiana. Ma come va intesa questa unicità? Non necessariamente in un modo che escluda una certa quale partecipazione delle creature. Ricordiamo le profonde parole del Concilio a proposito di Gesù unico Mediatore (cf. 1 Tm 2,5-6):

    «Nessuna creatura può mai essere posta allo stesso livello del Verbo Incarnato e Redentore; ma come il sacerdozio di Cristo è in vari modi partecipato sia dai sacri ministri sia dal popolo fedele, e come l'unica bontà di Dio è realmente diffusa in vari modi nelle creature, così anche l'unica mediazione del Redentore non esclude, ma anzi suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata da un'unica fonte».

    Una volta ribadita dunque la verità indubitabile che Cristo è l'origine e la fonte di ogni grazia di salvezza per l'umanità, che tutto fa capo a Lui, bisogna aggiungere che, secondo il piano di Dio, anche le creature (angeli e uomini) sono chiamate a cooperare attivamente alla propria e all'altrui salvezza. È celebre l'espressione di S. Agostino: «Chi ti ha creato senza di te non ti salverà senza di te». Scrive il Maritain: «Entrare nell'opera di Gesù significa partecipare all'opera redentrice che Egli ha da solo pienamente compiuto, continuare con Lui e attraverso di Lui, come essendo una sola cosa con Lui, un lavoro di corredenzione a cui non sarà messo termine che alla fine del mondo, e al quale, in un grado o nell'altro, sotto una forma o un'altra, tutti i cristiani sono chiamati».

    La cosa può essere compresa facilmente se teniamo presente la verità di fede per cui l'uomo, una volta giustificato gratuitamente per la grazia di Cristo (cf. Rm 3,24), può e deve meritare la sua salvezza con le buone opere, e anche il fatto che chi si trova in grazia di Dio, e quindi è amico di Dio, può ottenere con le sue preghiere e con i suoi meriti, proprio in forza di questa amicizia con Dio, le grazie di salvezza per i suoi fratelli. Anzi, si può addirittura giungere a dire che tutta l'opera della redenzione compiuta da Gesù ha proprio questo scopo: far sì che l'uomo sia reso capace di salvare se stesso e di cooperare alla salvezza dei fratelli.

    Scrive ancora il Maritain: «Più la carità di un santo è grande, più potente è la sua preghiera. Più particolari e personali sono i suoi legami con le membra del Corpo mistico e più il suo diritto a essere esaudito si applica ad esse (...). Gesù Cristo ha il potere di associarsi il resto del mondo creato come una sorta di prolungamento di se stesso, e di comunicare ad altri qualcosa della sua pienezza senza cessare di essere la sorgente e il principio primo».

    Questa è la corredenzione, che giustamente il Maritain ritiene «nozione di importanza capitale e destinata, credo, a illuminare sempre più e ad aiutare la coscienza cristiana». I cristiani non sono soltanto salvati, ma anche salvatori: essi «sono lieti delle sofferenze che sopportano per i loro fratelli, e completano nella loro carne quello che manca ai patimenti di Cristo (cioè alla loro partecipazione ai patimenti di Cristo), a favore del suo corpo, che è la Chiesa» (Col 1,24).

    La corredenzione mariana

    Se tutti i cristiani, tutta la Chiesa, attraverso la preghiera, i meriti, la volontaria accettazione delle croci quotidiane, sono i soggetti di questa corredenzione, di certo lo sarà anche la Vergine Maria. Ma il punto preciso e qualificante della dottrina della corredenzione mariana sta nel ritenere che la Beata Vergine non solo ha cooperato alla comunicazione delle grazie di salvezza (è la cosiddetta redenzione soggettiva) - cosa che in una certa misura è possibile anche a tutti noi, come si è detto -, ma ha cooperato anche all'acquisto della stessa salvezza (è la cosiddetta redenzione oggettiva).

    Per convincersi della validità di questa affermazione è sufficiente riflettere attentamente sui seguenti fatti: la Beata Vergine Maria è stata redenta prima, a parte e in modo più sublime rispetto al resto dell'umanità, grazie al privilegio dell'Immacolata Concezione; è stata associata come novella Eva al nuovo Adamo per divenire Madre della nuova umanità; «ha mantenuto la sua unione col Figlio fin sotto la croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cf. Gv 19,25), soffrendo intensamente col suo Unigenito, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata» (Lumen Gentium 58).

    Giunti a questo punto sembra possibile tentare una formulazione della dottrina che sia tale da prevenire obiezioni e fraintendimenti. Si potrebbe dire così:

    «Gesù Cristo, dopo aver redento Maria sua Madre preservandola dal peccato originale, suscita, unisce al proprio sacrificio e offre al Padre, per la redenzione del resto dell'umanità, la partecipazione della Vergine Immacolata, che quindi può essere detta "corredentrice"».

    Così intesa, la dottrina della corredenzione mariana non presta il fianco all'accusa di attentare all'unicità della redenzione di Cristo, ma piuttosto mette in luce come la sorgente di ogni salvezza stia in Gesù Redentore.

    La formulazione proposta mostra anche come la partecipazione di Maria Santissima (la sua compassione) possa divenire presente nel Sacrificio Eucaristico della Santa Messa. È vero infatti che le parole della consacrazione («Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi» e «Questo è il mio sangue, versato per voi») indicano soltanto il sacrificio di Gesù - per cui verrebbe spontaneo pensare che la compassione di Maria non sia resa presente -, ma è altrettanto vero che nel sacrificio di Gesù, secondo la nostra ipotesi, è inclusa tale compassione.

    Conseguenze

    La dottrina della corredenzione mariana sembra particolarmente adatta a suscitare nella mente e nel cuore dei fedeli un rinnovato interesse e un rinnovato amore verso la Beata Vergine Maria: non si può restare indifferenti nei suoi riguardi o sentirsi a Lei estranei quando si pensa che siamo stati salvati anche dal suo dolore, dolore che Ella ha accettato volontariamente per amore nostro.

    Alla luce di questa dottrina comprendiamo poi meglio perché, come dice il Concilio, la Beata Vergine assunta in cielo «non ha depositato questa funzione di salvezza (...), ma con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo, ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, finché non siano condotti nella patria beata». Avendo infatti cooperato all'acquisto della stessa salvezza, è logico e conveniente che Ella cooperi anche alla comunicazione di questa salvezza. La dottrina della corredenzione permette dunque di vedere meglio perché Maria viene spesso chiamata la Mediatrice di tutte le grazie. Ella, come si è detto, è presente in particolare nel Sacrificio Eucaristico, che è fonte e culmine della vita della Chiesa, e lo è anche nell'amministrazione dei sacramenti, quando i fedeli nascono e crescono in quella vita divina della grazia di cui Ella è Madre.

    La Beata Vergine ci appare dunque presente come compagna inseparabile in ogni attività salvifica del Redentore, sia terrena che celeste. In tal modo tutta l'opera della redenzione viene, per così dire, permeata del soave profumo della maternità; così l'amore di Dio verso di noi si rivela ancora più meraviglioso nella sua condiscendenza verso la nostra umana debolezza.

    FONTE

 

 
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