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    Predefinito E' stato detto tutto sull'assassinio della filosofa Ipazia?

    E' stato detto tutto sull'assassinio della filosofa Ipazia?

    Ipazia viene considerata dai nemici anticristiani la “martire” pagana per eccellenza e non cessano un momento di sventolarcela contro con la speranza di vederci arrossire dalla vergogna ...

    Giovanni Costa


    Raffaello Sanzio, Ipazia di Alessandria, figlia di Teone, partic. della Scuola di Atene, 1509, Sala della Segnatura, Città del Vaticano, Roma

    Charles William Mitchell, Hypatia, 1885, Laing Art Gallery, Newcastle


    Hypatia, ahimè, fece una fine tragica, si tratterà di questo al capitolo 3, LA FINE DI HYPATIA; però, per comprendere le ragioni dell’assassinio bisogna risalire ad esaminare gli eventi che lo hanno preceduto. Siamo fortunati perché sia possediamo due resoconti dei fatti, quello della Historia Ecclesiastica di Socrates Scholasticus e quello dell’Historia Ecclesiastica di Nicephorus Callistus, ambedue riportati al cap. 5, sia possediamo, nel Codex Theodosianus ed in altre fonti, informazioni riguardo alle leggi, in particolare di procedura penale, dell’epoca. Questo ci permetterà di valutare se l’aver esiliato gli Ebrei privandoli dei mezzi sussistenza, corrispondeva o meno alle leggi dell’epoca che, appunto, prevedevano di “interdicere aqua et igni”; se l’aver torturato, sino a farlo morire, il monaco Ammonius, rispondeva o meno, oltre che ad elementare etica ed umanità, anche alle leggi del tempo. Ma procediamo con ordine. Il 15 ottobre 412 d. C., morì Theophilus, vescovo d’Alessandria e, di conseguenza si dovette provvedere a nominare il suo successore, questi fu Cyrillus.

    Evidentemente, all’epoca, i Vescovi venivano eletti dal popolo e, quindi, anche allora, si procedette alla votazione per alzata di mano. Le cronache del tempo indicano che vi furono opinioni discordanti riguardo all’elezione del nuovo vescovo. Due nel caso specifico, partiti ognuno col proprio candidato, rispettivamente Timotheus e Cyrillus, che sarà il più votato. Quindi S. Cyrillus divenne Vescovo in seguito ad una regolare, secondo le modalità del tempo, elezione, con il popolo che votò tra due candidati, Timotheus e Cyrillus e vinse il migliore. Appena in carica Cyrillus prese provvedimenti contro gli eretici Novaziani, chiuse tutte le loro chiese, quante erano ad Alessandria, fece portare via i loro arredi sacri e spogliò il loro vescovo di tutti i suoi beni. Si deve notare che non si conoscono le ragioni di questo gesto, non si sa cosa abbiano fatto i Novaziani per meritarsi tale trattamento, potrebbero essere stati delle vittime innocenti come potrebbe anche esserci stata qualche grave ragione a muovere S. Cyrillus ad agire così. Semplicemente non ci è dato di sapere. All’azione di San Cirillo ne consegue il far catturare e sottoporre a tortura, da parte del prefetto romano Orestes, il “maestro elementare” Gerace. Questo maestro fu fatto catturare, frustare e, infine, torturare, perché accusato, senza alcuna formalità e garanzia, dagli Ebrei davanti al prefetto, di istigare la ribellione del popolo. Si deve rilevare, oltre all’illegalità ed illiceità del fatto, che Orestes non si premurò in alcun modo di acquisire prove della fondatezza dell’accusa, ma procedette per compiacere il furore popolare.

    L’impiego della tortura, al tempo, era limitato e regolamentato, per cui sorge la domanda se Orestes abbia agito contro le leggi che egli era il primo a dover rispettare. Certo è che Gerace era assolutamente innocente, era, però colpevole, agli occhi dei Giudei, di essere un seguace fervente di S. Cyrillus. A questo punto il Vescovo convocò i responsabili della comunità Ebraica di Alessandria per ammonirli ed invitarli a far desistere il popolo da loro guidato da ulteriori comportamenti analoghi a questo. Del resto Nicephorus Callistus mostra fiducia nei dirigenti Ebraici, fa infatti notare che, di sabato, i Giudei disertavano l’ascolto della legge, chiaramente letta e spiegata dai Rabbini, per recarsi, invece, agli spettacoli dei saltimbanchi nel teatros. Anche se non lo dice espressamente, è chiaro che avrebbero fatto meglio a recarsi all’ascolto delle loro scritture, di Mosè. Il tentativo di S. Cyrillus coi responsabili Giudei non riuscì, probabilmente questi non avevano una così grande influenza sul popolo. Gli Ebrei ordirono altre macchinazioni contro i Cristiani; convenuto tra di loro di porsi al braccio, quale segno di mutuo riconoscimento, un anello di germoglio di palma, di notte, mandarono per la città persone preparate ad annunciare che bruciava una Chiesa e, assalirono e trucidarono i Cristiani che accorrevano a spegnere il fuoco; si distinguevano l’un l’altro grazie al riconoscimento convenuto e massacravano tutti gli altri. Fatto giorno, apparve chiaramente tutta la grandezza del misfatto.

    Evidentemente si videro i cadaveri dei trucidati giacere per le strade. Cyrillus, informato, prese i necessari provvedimenti. Sottratte le Sinagoghe agli Ebrei, li espulse dalla città e permise che il popolo saccheggiasse i loro beni. Così gli Ebrei che risiedevano ad Alessandria sin dai tempi di Alessandro il Macedone, emigrarono da essa, privi dei loro beni e si dispersero chi qua chi là; questo in seguito alla strage dei Cristiani che essi avevano compiuto. Qui bisogna essere precisi, Alessandria, al tempo, faceva parte dell’impero Romano, questo era governato da leggi precise, spesso anche buone. Qui si aprono due possibilità legali, la notizia diffusa che la Chiesa stava andando a fuoco era vera, oppure essa era falsa, sparsa solamente per far accorrere i fedeli. Nel primo caso vi era una legge che puniva il reato di impedire al padrone di porre in salvo le sue proprietà in occasione di un incendio; possiamo avere un’idea di questa legge dalle, pur posteriori, Digesta Justiniani. In ambedue i casi la punizione dei Giudei, direi, sia avvenuta perlomeno nello spirito delle leggi. Il prefetto Orestes non sopportò quest’atto di giustizia di S. Cyrillus. Competeva a lui, rappresentante dell’autorità statale prendere i necessari provvedimenti ed applicare il diritto. Perché lasciò che fosse il Vescovo a compiere quanto spettava allo Stato? Perché non garantì lui l’amministrazione della giustizia? Ho ricordato le leggi vigenti all’epoca, erano chiare e dovevano essere fatte rispettare. Evidentemente ad Orestes stava bene la strage dei Cristiani. A questo punto egli ricevette la visita del Vescovo S. Cyrillus, che venne a portargli il Vangelo ma fu tutto inutile, come si vedrà ancora di più e meglio nel caso seguente. Questo Orestes era proprio un sanguinario. Per ultimo vi fu il caso dei monaci della Nitria e, in particolare, di Ammonius. Questi monaci, accesi da eccessivo zelo, abbandonati i loro monasteri vennero ad Alessandria. Trovato Orestes che usciva dalla sua residenza circondarono lui e la sua scorta, insultandolo col definirlo “sacrificatore” (agli dei pagani) ed “Ellenico”, questo non senza motivo, infatti, come anche si vedrà nell’excursus relativo, gli antichi Greci avevano certe “asprezze” nella loro pur grande civiltà, intendo dire impiego della tortura, lapidazioni, pena di morte, financo, sacrifici umani. In effetti Orestes, aveva fatto torturare, aveva tollerato uccisioni e, in questo frangente, si dimostrerà ancor più disumano. Gli insulti dei monaci vanno quindi intesi in questo senso, lo stavano incolpando di essere legato alle antiche divinità Elleniche.

    Siamo intorno al 415 d. C. Nel 360 d. C., come risulta dal passo di Socrates Historia Ecclesiastica III, 2, riportato alla fine del capitolo, si erano scoperte ad Alessandria gravi ed abbondanti testimonianze di riti pagani con sacrifici umani. Si legge, anche, cosa avvenne in conseguenza di tale scoperta, il fratello uccise il fratello, i genitori uccisero i figli, alcuni Cristiani furono, persino, crocefissi. Così risulta chiaramente cosa intendessero i monaci con gli epitteti di “sacrificatore” ed “Ellenico”, molto semplicemente, lo stavano accusando di compiere sacrifici umani, di essere crudele e sanguinario. Dopo solo cinquantacinque anni, il ricordo di quanto descritto da Socrates era, sicuramente, ancora ben vivo. Il prefetto inutilmente provò a dichiararsi Cristiano, i soldati della sua scorta se la svignarono e un monaco di nome Ammonius lanciò un sasso che colpì al volto Orestes. Ammonius fu preso e consegnato alle autorità dalla folla accorsa. Egli fu portato davanti al prefetto che prima lo interrogò legalmente, poi lo fece sottoporre a tortura sino a farlo morire. Il cadavere, in seguito, fu fatto prelevare da S. Cyrillus che lo seppellì in Chiesa con tutti gli onori di un martire. In questo racconto si rilevano, dalla Historia di Socrates, due fatti particolarmente interessanti. Non risulta sia passato praticamente alcun periodo di tempo appena rilevante tra quando il prefetto Orestes fu ferito dal sasso lanciato da Ammonius ed il momento in cui egli interrogò e fece torturare il disgraziato monaco; Orestes, poco dopo essere stato colpito dal sasso, era in condizioni fisiche tali da interrogare Ammonius e da ordinare di torturarlo. Ne consegue, con sicurezza, che la ferita provocata dal sasso non era grave; questo ci dimostra quanto spietato fosse il prefetto. Il secondo punto é dato dalla frase; “Quello, dopo averlo, alquanto, interrogato pubblicamente conformemente alle leggi, lo fece torturare tanto da ucciderlo.” Quindi Socrates ci dice che l’interrogatorio orale di un reo, nel caso specifico di aver colpito con un sasso il prefetto, era conforme alle leggi del tempo, il torturarlo sino, per di più, a farlo morire, invece, non lo era. Dunque, questa azione dell’interrogare fu conforme alle leggi, ma vi è anche un’opposizione che ci dice, ancor più chiaramente, che quella che la seguì fu illegale; questo fatto viene, così, quasi sottolineato. L’altro resoconto del fatto, che ci informa a questo riguardo, è quello di Nicephorus Callistus, Hist. Eccl. XIV, 15 – PG CXLVI, 1105A, qui il testo: “così il prefetto, dopo averlo chiamato a comparire conformemente alle leggi, lo fece, in seguito, tormentare a tal punto che ne morì”. Quindi ambedue gli storici concordano nell’affermare che Ammonius fu torturato a morte contro il disposto legale. Possediamo una buona raccolta di leggi vigenti all’epoca (414 – 415 d. C.), tra cui il Codex Theodosianus, si andrà a vedere cosa dica, ciò allo scopo di confermare questa affermazione di Socrates che Orestes operò contro le leggi, in maniera assolutamente spietata. Si aprirà, poi, un excursus sulla pena di morte e la tortura nell’antichità greca per vedere quindi, nel capitolo successivo, che, verosimilmente, fu Hypatia ad ispirare tali comportamenti al prefetto; ella, infatti, si rifaceva alla cultura Greca antica e non solo ad essa, ed era, per di più, estremamente influente. I Romani avevano l’istituzione della tortura secondo due modalità, una per ottenere una testimonianza costringendo il testimone, l’altra come pena. Già la Lex Iulia, cui si rifà S. Paolo in Atti Ap. XXII, 23 – 29, salvaguardava i cittadini Romani dalla tortura; Tertulliano attesta che la tortura, ai suoi tempi, era impiegata solamente per interrogare i testimoni. La Lex Iulia Maiestatis, concedeva il permesso di sottoporre a tortura chiunque l’avesse violata, anche il cittadino romano, però essa non è applicabile al caso di Ammonius. Si può concludere che il prefetto Orestes, nel far torturare sino a far morire questo monaco, agì contro le leggi e che, di conseguenza, i Cristiani si sentirono privi della protezione di queste, cioè dello Stato, ed agirono di conseguenza. Questi gli antefatti.

    Ora veniamo all’uccisione di Ipazia. La fine di Hypatia fu terribile, ma il suo racconto è breve e può, nello stesso tempo, essere dettagliato; “Ella fu fatta a pezzi dagli Alessandrini ed il suo corpo, dopo essere stato vilipeso, fu disperso, a pezzi, per tutta la città”. Su questo fatto tutte le fonti, riportate al cap. 6 sono sostanzialmente concordi. Socrates Scholasticus, invero, ci fornisce qualche dettaglio in più; alcuni uomini d’animo un po’ troppo audace, a capo dei quali era un lettore Pietro, fatta una congiura, appostarono la filosofa mentre tornava a casa, la tirarono fuori dal suo mezzo di trasporto e la trascinarono alla Chiesa denominata Kaisaron e, colà, la denudarono ed uccisero con dei cocci. Il corpo, in seguito, fu tagliato a pezzi che, ancora sanguinanti furono portati al cosiddetto Kinaron e, colà, bruciati. Non servono grandi interpretazioni o studi particolari per comprendere come siano andate le cose. E’, invece, un po’ più complesso, vedere i motivi che portarono all’assassinio; le fonti che ci dicono qualcosa di un po’ più esteso a questo proposito sono il lessico SUIDAS, alla voce Hypatia, la Historia Ecclesiastica di Socrates Scholasticus, la Chronika di Giovanni di Nikiu e la Historia Ecclesiastica di Nicephorus Callistus. Comunque, nei due precedenti capitoli, si sono spiegate sia la personalità di Hypatia sia gli avvenimenti che precedettero la sua fine, così si sono poste delle buone basi per la comprensione dei fatti. Il lessico SUIDAS presenta due versioni delle ragioni del suo assassinio; 1. “Ebbene, ella subì ciò a ragione di invidia e delle sue eccezionali conoscenze, specialmente nell’astronomia. Come dicono alcuni, a causa di Cyrillus, come dicono altri, a motivo dell’audacia e delle disposizioni congenite negli Alessandrini. Infatti, essi fecero ciò a molti dei loro vescovi, si vedano Giorgio e Proterio”. 2. “Infine ne seguì che egli (S. Cyrillus), avendo appreso ciò, ne fosse così ferito nell’animo da, prontamente, macchinare contro di lei un assassinio, il più scellerato di tutti gli assassini. Infatti, molti uomini brutali, in massa, veramente violentissimi che non conoscevano né giustizia degli dei né riprensione degli uomini...”. Il lessico SUIDAS presenta, quindi, due versioni un po’ contrastanti della fine di Hypatia, una in cui S. Cyrillus può anche essere stato o meno l’ispiratore dell’assassinio e un’altra in cui la colpa viene riversata interamente su di lui. Non è da ritenere credibile, come dice anche Hesichius Milesius che: “ella subì ciò a ragione delle sue eccezionali conoscenze, specialmente nell’astronomia”, né, come dice il lessico SUIDAS. Invero, se fu la plebaglia da sola ad assassinare Hypatia, non si può supporre che essa abbia fatto ciò per la sua scienza; cosa infatti gliene importava di questo alla gente comune? Se fu Cyrillus ad ispirare l’assassinio, ancor meno questo può essere il vero motivo; infatti, è inverosimile che egli non abbia saputo niente di Hypatia, della sua attività ed influenza sino al giorno in cui avrebbe deciso l’assassinio.

    Ella insegnava apertamente ad Alessandria ormai da un gran numero d’anni, la capitale egiziana era il centro di una società di persone di cultura e Cyrillus vi risiedeva da molti anni, da tre era vescovo e, secondo il modo in cui egli si prese cura di tutte le cose e per il fatto che intervenne sempre e prontamente riguardo a tutto ciò che accadeva, egli era ben informato su ciò che avveniva nella sua città. Non si può nemmeno ritenere che S. Cyrillus l’abbia invidiata per le sue molte conoscenze, egli, infatti superava tutti egregiamente e di gran misura nell’istruzione Greca e nelle dottrine della Chiesa. Era superiore, abbondantemente, a tutti, anche nell’istruzione e cultura Greche e lo dimostra ampiamente nelle sue opere, prima di tutte, a questo riguardo, il CONTRA JULIANUM. La ragione dell’assassinio, di conseguenza, va ricercata altrove, nei fatti che precedettero l’uccisione. A mio avviso, il passo decisivo è il nominare i due Vescovi, Giorgio e Proterio. Quest’ultimo fu Vescovo d’Alessandria, sappiamo che si oppose al monofisiti e che fu ucciso da questi eretici ad Alessandria nel 457 d. C. Intorno a lui non vi è niente di particolare. D’altro canto, non è assolutamente da ritenersi casuale il fatto che il SUIDAS nomini qui Giorgio, vescovo d’Alessandria. Di lui ne parlano: - Ammianus Marcellinus, (Rerum Gestarum Libri XXXI, XXII, 11); - Sozomenus, (Historia Ecclesiastica, IV, 10 – PG LXVII, 1131ss; Ex Ecclesiasticis Historiis Philostorgii Epitome, VII, 2 – PG LXV, 538); - Athanasius, (Apologia de Fuga, 6 – PG XXV, 652); - Socrates Scholasticus, (Historia Ecclesiastica II, 14 – PG LXVII, 210s, II, 28 – PG LXVII, 272ss e III, 2 – PG LXVII, 380s, testo base che si è riportato integralmente al termine del cap. 2). Egli era ariano, di lui non ci sono pervenute notizie positive e, come risulta dal resoconto di Socrates Scholasticus, fu ucciso dai pagani dopo ed insieme a molti altri Cristiani, in quanto questi avevano scoperto ed evidenziato manifeste testimonianze - teschi d’uomini - frutto di sacrifici umani in un ex tempio di Mitria ad Alessandria, vedasi testo fine cap. 2. A questo punto è chiaro cosa ci voglia dire il lessico SUIDAS menzionando il Vescovo Giorgio, cioè che ad Alessandria, da parte dei pagani, si erano compiuti sacrifici umani, non solo in casi estremi, e non si tollerava che questo venisse evidenziato (processione coi teschi), al punto da uccidere barbaramente i Cristiani. Stiamo parlando di Hypatia, della sua fine, ella era pagana e non si convertì mai al Cristianesimo, ecco, allora, l’accusa che lancia il lessico SUIDAS facendo il nome del Vescovo Giorgio, Hypatia sarebbe stata l’istigatrice dei comportamenti inumani di Orestes verso Gerace e verso Ammonius nonché del non prendere provvedimenti od addirittura accondiscendere alle stragi dei Giudei contro i Cristiani. Anche Giovanni di Nikiu menziona Giorgio: “Ed i Cristiani denominarono una delle sinagoghe confiscate agli Ebrei col nome di S. Giorgio” (cap. 6 testo completo). Altro pesante atto d’accusa, si dà ad una sinagoga trasformata in Chiesa proprio il nome di un Vescovo, non proprio santo, trucidato per aver evidenziato i resti dei sacrifici umani, per di più per la precisione e la verità, compiuti dai pagani e non dagli Ebrei. E’ assolutamente chiaro che questo nome, Giorgio, rappresenta, già di per sé stesso, un’accusa. Sia Giovanni di Nikiu, che Nicephorus Callistus, che Socrates Scholasticus, che il lessico SUIDAS ci dicono che Hypatia era molto influente, questo è confermato dalle lettere di Synesius, in particolare dalla lettera LXXXI, a lei indirizzata: “Tu hai sempre il tuo prestigio e mi auguro possa servirtene nel modo migliore”. Queste parole suonano quasi come un ammonizione ed un avvertimento, sei potente ed influente, possa tu valerti di ciò nel modo migliore, non certo per suggerire ed ispirare crudeltà ai governanti. Che ella fosse influente è confermato, poi, dal lessico SUIDAS; “sia le personalità erano le prime a frequentarla ogni qual volta volessero discutere riguardo al governo della città”. Sorge manifesto il sospetto, confermato dall’accusa rappresentata dal nome stesso di Giorgio, che, nel corso dei suoi incontri e conversazioni colle personalità politiche, tra cui Orestes, ella abbia ispirato le crudeltà contro i Cristiani, che poi, effettivamente, vennero messe in pratica. Tra i suoi ex discepoli si annoverava anche Troillus che aveva raggiunto un’importante posizione alla corte di Constantinopoli e che veniva regolarmente consultato dall’imperatore prima di ogni decisione importante.

    Orestes, prefetto d’Alessandria, responsabile di torture ed uccisioni, specie verso i Cristiani, la frequentava (vedasi Nicephorus Callistus, Hist. Eccl. XIV, 16 – PG CXLVI, 1105C e Socrates, Hist. Eccl. VII, 15, - PG LXVI, 768B, al cap. 6). Sorse allora il sospetto, direi giustificato, che ella fosse l’ispiratrice di tali comportamenti disumani. Giovanni di Nikiu, scrive esplicitamente che il governatore della città l’onorava eccessivamente e che ella lo avrebbe ingannato per mezzo delle sue magie. Nicephorus Callistus scrive: “ella, infatti, frequentando troppo spesso e troppo a lungo Orestes, sollevò contro di sé un’accusa da parte del clero attorno a Cyrillus, che fosse lei a non permettere che il prefetto concordasse con Cyrillus conformemente a delle riconciliazioni”. Si accusava Hypatia di essere la causa dell’inimicizia del prefetto Orestes nei confronti del Vescovo S. Cyrillus, vale a dire, la si accusava, poiché il prefetto perseguitava i Cristiani con torture, uccisioni, ecc., di essere lei la ragione profonda di tali fatti. E’ difficile dire se questa accusa fosse vera o falsa, certo è che Hypatia era molto influente, in qualche modo, con Troillus, arrivava sino a Constantinopoli. E’ certo che il prefetto Orestes la frequentava, come pure altre persone importanti della città. E’ certo che il lessico SUIDAS menziona, a suo proposito, il Vescovo Giorgio, ucciso per aver evidenziato le crudeltà dei pagani; è naturale che, essendo ella pagana, questo sia stato ricollegato ai sacrifici umani, che le crudeltà del prefetto, che ella, comunque, accettava nella sua amicizia, siano state fatte risalire sino a lei ed alla sua influenza e che ciò abbia provocato una reazione violenta. Questa reazione fu ispirata da Cyrillus? Una, parziale, risposta può venire da due frasi mancanti in alcuni, ma non in tutti, i manoscritti del lessico SUIDAS: “Riguardo ad Hypatia, la filosofa. Vi è dimostrazione che gli Alessandrini ebbero disposizioni sediziose.” Se il lessico SUIDAS scrive veramente così, questa potrebbe essere la prova che S. Cyrillus fu estraneo al suo assassinio. Di conseguenza l’omicidio fu, almeno in parte, giustificato dalle brutali violenze del prefetto Orestes di cui si può, ragionevolmente anche se non sicuramente, ritenere che la filosofa e la religione pagana siano state le ispiratrici, così ritenne anche l’imperatore del tempo.

    FONTE
    Lo studio per intero è QUI

  2. #2
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  3. #3
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    Non ho ancora letto l'articolo, ma quando lessi di Ipazia per poco non piansi...
    A lei va perennemente la mia solidarietà e la mia amicizia, non in quanto non cristiano, anticlericale o altro (spesso chi parla bene di Ipazia finisce per dimenticare le persecuzioni dei cristiani dei secoli precedenti e viceversa) ma come essere umano e come filosofo (pur se nel mio piccolo), vedendo in lei ciò che voi cristiani vedete nei vostri martiri: qualcuno che pur di fronte ad una morte orribile non ha ceduto ad una vita fatta di menzogne a se stessa e viltà. E' poco ateo da parte mia, lo so, ma nessuno è perfetto.

    Se avrò una figlia, sarà Ipazia, se mi sarà possibile.

    R.

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da Resurgens Visualizza Messaggio
    Non ho ancora letto l'articolo, ma quando lessi di Ipazia per poco non piansi...
    A lei va perennemente la mia solidarietà e la mia amicizia, non in quanto non cristiano, anticlericale o altro (spesso chi parla bene di Ipazia finisce per dimenticare le persecuzioni dei cristiani dei secoli precedenti e viceversa) ma come essere umano e come filosofo (pur se nel mio piccolo), vedendo in lei ciò che voi cristiani vedete nei vostri martiri: qualcuno che pur di fronte ad una morte orribile non ha ceduto ad una vita fatta di menzogne a se stessa e viltà. E' poco ateo da parte mia, lo so, ma nessuno è perfetto.

    Se avrò una figlia, sarà Ipazia, se mi sarà possibile.

    R.
    Ipazia, da coloro che non conoscono bene i fatti, ne è fatta una sorta di "martire", accusando addirittura un santo della Chiesa della sua uccisione.
    In verità, con ogni verosimiglianza, per non dire certezza storica, ella fu l'ispiratrice di terribili crudeltà contro i cristiani. La sua uccisione fu un linciaggio popolare - cui comunque era estraneo S. Cirillo - contro questo personaggio infido e crudele, autore morale di delitti e violenze a danno della popolazione cristiana di Alessandria. Non fu uccisa, dunque, in quanto filosofa o matematica o astronoma (come vorrebbero far credere i laicisti e gli atei), ma in quanto manipolatrice politica del governatore della città egiziana (grazie ai favori, non esclusi quelli sessuali, che accordava a quest'ultimo). Era una sorta di Messalina o Poppea, insomma, anticristiana: si avvaleva della sua influenza per legittimare o per ispirare le violenze pagane contro i cristiani.
    Quindi, se mettessi il nome di Ipazia ad una tua figlia, forse faresti bene ad affiancarlo a quello di Poppea o Messalina.

  5. #5
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    Hipatia, figlia di Theone e amante dell'ebreo Orestes, persecutore e assassino dei cristiani di Alessandria!
    Questo è l'epitaffio che andrebbe affisso ad eterna memoria sul fetido loculo funebre di costei...

  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da Bellarmino Visualizza Messaggio
    Hipatia, figlia di Theone e amante dell'ebreo Orestes, persecutore e assassino dei cristiani di Alessandria!
    Questo è l'epitaffio che andrebbe affisso ad eterna memoria sul fetido loculo funebre di costei...
    Pienamente condivisibile.

  7. #7
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    Prima ho affiancato Poppea, la famosa moglie di Nerone, a Ipazia per la chiara somiglianza dei due personaggi. Infatti, la prima, convertita al giudaismo (non si sa se per convinzione o per "moda"), approfittò del suo status coniugale per lanciare sospetti sui cristiani ed indurre l'empio marito a bandire la prima persecuzione contro i cristiani. Ipazia, nella sua veste di "compagna" di Oreste, legittimò ed approvò le violenze anticristiane del "partner", governatore di Alessandria.
    E pensare che c'è chi osa "pregare" per il suddetto personaggio pagano ....
    Ma si tratta di personaggi non cristiani.

  8. #8
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    Predefinito A proposito della giudaizzante Poppea, che sarà emulata da Ipazia

    Chi ha spinto Nerone a perseguitare i cristiani?

    Mons. Umberto Benigni


    Seconda edizione peggiorata del pazzo criminale, Nerone esordì come Gaio, illudendo il senato ed il popolo con una riservatezza e clemenza d’occasione. Ma Nerone fece più e meglio, mercè la politica opportunista de’ suoi due precettori Burro e Seneca: egli nei primi cinque anni del suo impero lasciò a questi due ed al senato gli affari, menando una vita di bassi piaceri. Quando salì al soglio, Nerone era un giovinastro diciottenne, squilibrato, artista dilettante e dedito allo sport; ci vollero le tentazioni e i pericoli dell’impero che avevano ridotto il vecchio Tiberio ad una tigre, per ridurre ad una belva quell’esteta effeminato.
    Pertanto nel primo quinquennio, il senato si valse dell’occasione per comandare; e quella fu una vera lacuna nell’ascensione dell’imperialismo. Ma poi Nerone divenne il tiranno sanguinario che aveva ucciso la madre e le due mogli: allora il senato fu ridotto all’impotenza; e Nerone proseguì il programma imperialista dando le province ai cavalieri, arricchendo ed innalzando gli “homines novi”, i liberti, gli avventurieri della politica e della finanza.
    Sotto di lui, come accennavamo, gli ebrei ebbero grande influenza; il malgoverno acuì la crisi finanziaria tantoché l’aureus scese da un quarantesimo ad un quarantacinquesimo di libra; e la banca ebraica, fortissima in Roma, dominò la situazione. Del resto, la benevolenza verso gli ebrei era tradizionale nella casa Giulia-Claudia; le repressioni contro gli ebrei di Roma sotto Tiberio e Claudio, e le pretese idolatriche di Gaio che voleva essere adorato anche nel tempio gerosolimitano, non furono se non fugaci eccezioni. Antonia, cognata di Tiberio, influentissima alla corte, era proselita; e lo era la famigerata Poppea.
    Che sotto Nerone gli ebrei fossero potenti ed ascoltati, basta a mostrarlo la celebre persecuzione neroniana dei cristiani. A quel tempo costoro dai pagani erano confusi con gli ebrei nè v’era alcuna ragione o alcun pretesto perché i pagani stimassero i seguaci di Cristo peggiori degli altri israeliti. Chi dunque fece loro la pessima riputazione che servì a Nerone per l’orrenda carneficina? Certo, furono gli unici che avevano un odio implacabile pei fedeli del Crocifisso, quelli stessi che avevano spinto l’autorità imperiale di Roma e la règia di Erode a crocifiggere il Maestro, poi a disfarsi di Giacomo il Maggiore e tentare altrettanto contro di Pietro, quindi contro di Paolo: gli ebrei, quelli che all’indomani della diffusione evangelica avevano spedito attorno per le sinagoghe dell’impero i loro emissari incaricati di combattere gli “eretici” nazareni e procurar loro ogni sorta d’imbarazzi, come ci attesta Giustino (Tryph., XVII).
    Il criterio pagano, che i cristiani fossero degli ebrei, permetteva ai cristiani di usufruire non solo della libertà religiosa, ma anche del prestigio d’Israele; e quei pagani ch’erano divenuti proseliti della legge mosaica perché scorgevano in questa una fede e morale più alta, senza interessarsi de’ pregiudizi o rancori interni della Sinagoga, erano spesso altrettanti neofiti preparati involontariamente dalla Sinagoga per la Chiesa: i cristiani “della casa di Cesare” salutati da Paolo, ne sono non unici esempi. Di qui l’odio, la invidia del potentissimo ghetto romano, e la sua decisione di combattere i nazareni mediante la ormai tradizionale delazione calunniosa alle autorità. Un ebreo banchiere e delatore alla corte di Nerone si faceva un doppio titolo alla benevola attenzione di questo.
    Tutto ciò non solo si deduce naturalmente dal vero e notorio ambiente di allora: ma ne abbiamo chiari accenni nelle fonti. L’invidia e la gelosia furono la nota caratteristica della lotta ebraica contro Gesù e i suoi; il vangelo ci narra vari episodi di questo sospettoso accanimento; e Pilato per quanto poco s’occupasse di ciò, pure “sapeva che per l’invidia (δια ψθονον) lo avevano consegnato” a lui (Matt., XXVII, 1).
    La frase restò come antonomastica per esprimere fra i cristiani la persecuzione ebraica; infatti Tertulliano poté scrivere: “Tanti sono i nemici del cristianesimo, quanti ne sono estranei: ed invero, propriamente, i giudei per l’invidia, i soldati per la concussione, gli stessi schiavi nostri per l’indole”.
    Infatti, al primo tempo dell’umile Chiesa nascente, chi altri poteva “invidiarla”? E Clemente Romano ci accenna chiaramente che la persecuzione neroniana fu ispirata dagli ebrei de’ quali finalmente caddero vittima Pietro e Paolo: “Per la gelosia e l’invidia (δια ζηλον χαι ψθονον) le massime e santissime colonne (della Chiesa, i principi degli Apostoli) patirono persecuzione e combatterono fino alla morte ... Pietro che dall’iniqua gelosia non uno o due ma più travagli sostenne ...
    Per gelosia e contesa Paolo ebbe il premio del patimento ... A questi ... si aggiunse una gran moltitudine di eletti che, sofferte molte pene e tormenti per la gelosia, furono fra noi di ottimo esempio. Per invidia le donne patirono i supplizi di Dirce e delle Danaidi ...”. Il discorso di Clemente chiaramente congiunge alla stessa causa, cioè alla stessa invidia e gelosia, la persecuzione neroniana e le prime personali persecuzioni sofferte da Pietro e Paolo, le quali tutti sappiamo derivate dagli ebrei.
    Costoro, pertanto, furono buoni amici di Nerone, e, certo, non perdettero la eccellente occasione contro gli odiati nazareni.
    Della amicizia ebreo-neroniana ha lasciato un suggestivo ricordo Giuseppe Flavio il quale dopo essersi mostrato assai duro col tiranno Caligola che fu disturbatore degli ebrei, quando arriva a parlare di Nerone (che pur fu peggiore di Gaio), non potendo esimersi dall’accennarne gli orrendi delitti, se ne esce dichiarando che non ci si trattiene perché “molti hanno scritto la storia di Nerone, dei quali alcuni, per grazia de’ suoi benefici, non curarono la verità, ed altri per odio e inimicizia ch’ebbero con lui, così impudentemente si sono avviluppati nelle menzogne, che manifestamente sono degni di riprensione; né mi meraviglio che altri abbiano mentito (contro) di Nerone, benché non per odio personale, giacché vissero parecchio tempo dopo”. Non si poteva più abilmente gettare la sfiducia sulle accuse contro Nerone; e la tendenziosità di Giuseppe non consiste nell’essere le sue parole materialmente false, ma nel farsi prendere da siffatti scrupoli proprio per Nerone e non per altri, mentre anche altri, cominciando da Gaio, subirono la stessa sorte. Evidentemente Giuseppe Flavio era solidale con la memore gratitudine nazionale verso uno al cui tempo la colonia ebraica di Roma aveva fatto cotanti buoni affari di finanza e di vendetta.
    E se non erriamo, il primo tuono che minacciò il turbine, si ebbe nell’episodio di Pomponia Grecina, accaduto verso l’inizio del principato di Nerone, qualche anno prima della persecuzione del 64.
    Tacito racconta che “Pomponia Grecina, nobildonna, moglie di A. Plauzio, ... accusata di superstizione straniera, fu rimessa al giudizio del marito. E questi, secondo l’antica istituzione, dinanzi ai congiunti giudicò della fama e della vita della consorte, e la dichiarò innocente.
    Lunga vita e continua tristezza ebbe Pomponia, imperocché, dopo che Giulia figlia di Druso fu uccisa per l’astuzia di Messalina, non ebbe che vesti di lutto e animo mesto”.
    Comunemente (e tanto più in questi ultimi tempi, dopo la scoperta delle tombe cristiane di alcuni congiunti della famiglia di Pomponia) si ritiene che la consorte di Plauzio fosse cristiana: e crediamo che a tale interpretazione, a cui non obbliga il testo, si possa pervenire per criteri esterni.
    Avanti tutto, è a dirsi che Pomponia o fu proselita dell’ebraismo o cristiana: altre “superstizioni”, cioè religioni non riconosciute, non si presentano come probabili, non fosse altro perché esse non impedendo di continuare il culto ufficiale, non mettevano al rischio “della fama e del capo”. Roma imperiale fu piena di cultori di Mithra e d’Iside, i quali, per questo, non cessavano di appartenere al culto ufficiale e di essere perfettamente indisturbati.
    Solo l’ebraismo e il cristianesimo escludendo altri dèi, mettevano al rischio un cittadino romano, nato pagano, di cozzare contro la lettera e lo spirito della legislazione romana.
    Ma Pomponia fu proselita o cristiana?
    Qui il criterio di discernimento mancherebbe, giacché ambedue le ipotesi si presterebbero pienamente; né la scoperta delle suddette tombe cristiane della sua famiglia varrebbe molto, mentre si sa che la religione di una persona non significa la religione di un parente; ed inoltre il fatto di Pomponia proselita spiegherebbe il cristianesimo entrato poi nella sua famiglia attraverso il proselitismo ebraico, cosa facilissima come sopra abbiamo accennato; onde il proselitismo della vecchia matrona avrebbe potuto favorire nella propria famiglia una preparazione al vangelo.
    Ma c’è un riflesso che, se non c’inganna, decide per ritenere Pomponia come cristiana.
    Infatti, se fosse stata proselita, chi mai e perché mai l’avrebbe denunziata, e messa a così grave pericolo in un momento in cui i giudei erano in favore del principato ed in influenza sulla società? Quando Antonia era proselita, e Poppea era una zelante protettrice della Sinagoga, e tante altre nobildonne giudaizzavano, chi si metteva ad accusare una donna che viveva ritiratissima sin dal tempo di Claudio?
    Invece supponiamola cristiana; ed i denunziatori sono subito trovati. La crescente “invidia” ebraica contro il proselitismo cristiano, dovette fremere vedendo l’aborrita fede del Nazareno conquistare quell’anima superiore, e per essa entrare in una casa signorile.
    Che se Pomponia Grecina fosse stata proselita dell’ebraismo e poi, nel solenne momento della predicazione apostolica in Roma, si fosse ascritta al cristianesimo, come tanti altri proseliti, allora tanto più si spiegherebbe l’atroce livore. E gli ebrei che dal giorno in cui trassero Gesù al pretorio di Pilato, non ristettero mai dall’accusare i cristiani davanti l’autorità (con un accanimento di cui l’apostolo Paolo fu fatto segno in Oriente e in Occidente, senza tregua finché non cadde nel proprio sangue), gli ebrei molto probabilmente vollero arrestare la propaganda cristiana colpendo una delle sue illustri conquiste.
    Ecco perché è a ritenersi che Pomponia Grecina fosse cristiana; ed ecco perché, come accennavamo, la denunzia di lei fu il primo tuono che annunziava la burrasca.
    Infatti l’assoluzione della moglie di Plauzio ci mostra come l’attentato ebraico andasse a vuoto, aumentando il furore della sinagoga e persuadendola che ormai bisognava tentare un gran colpo e schiacciare in massa la temibile rivale.
    Nella sinagoga di Roma ci dovette essere una discussione e decisione simile a quella in cui Caifa disse la sua profetica sentenza; e la strage dei seguaci del Giusto fu decisa per la prima occasione. Questa con Nerone non poteva mancare; e quando egli spaventato dal pubblico odio, cercava un diversivo per stornare da sé la maledizione, i giudei prontamente additarono al tiranno il “diversivo clericale” che altrimenti a Nerone forse nemmeno sarebbe venuto in mente, sommersi com’erano ancora i cristiani nell’agitato mare di sétte filosofiche e religiose dell’Urbe imperiale.
    Si noti, d’altronde, che contro quest’ultima nostra riflessione nulla varrebbe il citare Tacito che narrando la persecuzione neroniana dice: “quelli che, odiati pei loro delitti, il volgo chiamava cristiani” quasiché già fossero noti pei loro delitti... supposti. Infatti la frase di Tacito indica il tempo (“chiamava” non è presente)) speciale di Nerone: in cui, sì, già la calunnia ebraica aveva lavorato il terreno, ma non si trattava ancora se non di un vago rumore, tantoché nessuno aveva mai pensato a processarli; e Nerone appare chiaramente esservi ricorso “in extremis” per colpire l’opinione pubblica.
    Se nella disquisizione storica l’intuito oggettivo dell’ambiente vale qualcosa per rivelarne gli angoli reconditi sui quali nessun documento fa piena luce, bisogna pur dire che in tutta questa fosca penombra dell’“impulsore Chresto” al tempo di Claudio, della “superstizione straniera” di Pomponia Grecina, e dei misteriosi consiglieri del “diversivo clericale” a Nerone, la mano della sinagoga, seppur non si vide, si sente.
    Né in queste nostre deduzioni (sia detto anche questo una volta per sempre) gli eredi di Caifa accusino un pregiudizio degli eredi di Torquemada; giacché in un odierno autore leggiamo: “L’ebreo (del medio evo) s’intendeva a svelare i punti vulnerabili della Chiesa ... esso è il dottore dell’incredulo; tutti i ribelli dello spirito vengono a lui nell’ombra o a cielo scoperto. Egli è all’opera nell’immensa fucina di bestemmia del grande imperatore Federico (II di Svevia) e dei principi di Svevia e di Aragona; è desso che fabbrica tutto quell’arsenale mortifero di ragionamento e d’ironia che egli lascierà in eredità agli scettici della Rinascenza ai libertini del gran secolo (XVIII); e qualche sarcasmo di Voltaire non è che l’ultima e risonante eco di un motto mormorato sei secoli avanti, nell’ombra del ghetto; ed anche prima, al tempo di Celso e di Origene, alla stessa culla della religione del Cristo”. - Queste linee, scritte una ventina di anni fa, contengono non l’accusa veemente di un clericale, ma la cinica confessione di un ebreo odiatore dei cristiani, James Darmesteter (1).
    Dopo ciò, torniamo a Nerone. Da quanto abbiamo visto, si dee concludere che la sua persecuzione se fu, dal nostro punto di vista, un atto di politica quiritaria contro presunti “molitores rerum novarum”, fu tale casualmente, giacché venne ispirata non da un preconcetto romano contro stranieri, ma dall’odio religioso di veri stranieri potenti alla corte del cesare.
    Con l’imperatore matricida ed istrione finì nel fango e nel sangue la casa Giulia-Claudia, cominciata con la generazione o adozione di menti superiori, di uomini e di donne senza coscienza (quali Ottaviano e Tiberio, Livia e le due Agrippine) e finita con le figure di un cervello deficiente in mezzo a due pazzi furiosi: esaurimento e deviazione frequenti nelle famiglie storiche.
    Nerone moriva senza eredi: l’impero che fin allora, alla morte di un principe, veniva assunto dal più abile o dal più fortunato della casa imperante, alfine restava a disposizione del più abile e fortunato dei cittadini dell’impero: il pareggiamento democratico che metteva tutti sotto una tirannia accessibile a tutti, progrediva a gran passi.

    Nota

    1) JAMES DARMESTETER, Coup d’oeil sur l’histoire du peuple juif, in “Revue des deux mondes” 15 marzo 1898, pagg. 432-433.
    «Le Juif (du moyen âge) s’entendait à dévoiler les points vulnérables de l’Eglise; et il a à son service pour les découvrir, outre l’intelligence des livres saints, la sagacité redoutable de l’opprimé. Il est le docteur de l’incrédule: tous les révoltés de l’esprit viennent à lui, dans l’ombre ou à ciel ouvert. Il est à l’oeuvre dans l’immense atelier de blaspheme du grand empereur Frédéric et des princes de Souabe et d’Aragon; c’est lui qui forge tout cet arsenal meurtrier de raisonnement et d’ironie qu’il léguera aux sceptiques de la Renaissance, aux libertins du grand siècle; et tel sarcasme de Voltaire n’est que le dernier et retentissant écho d’un mot murmuré, six siècles auparavant, dans l’ombre du ghetto, et plus tôt encore, au temps de Celse et d’Origène, au berceau même de la religion du Christ».

    Tratto da: MONS. UMBERTO BENIGNI, Storia sociale della Chiesa, vol. I, Ed. Dott. Francesco Vallardi, Milano, 1906, pagg. 80-87.

    Fonte: Sodalitium, 1996, fasc. n. 43, pp. 29 ss.

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    Citazione Originariamente Scritto da Augustinus Visualizza Messaggio
    E pensare che c'è chi osa "pregare" per il suddetto personaggio pagano ....
    Ma si tratta di personaggi non cristiani.
    «…i sacrifici dei pagani sono fatti a demoni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demoni; non potete bere il calice del Signore e il calice dei demoni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni» (Cor I, 10, 20-21)

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    Nerone anticristiano? Fu colpa degli ebrei.
    Lo avrebbe istigato una Poppea «giudeizzante»


    Le persecuzioni dei cristiani iniziarono con Nerone, ma non fu del tutto colpa sua. La tesi è sostenuta da Marta Sordi, professoressa emerita di Storia greca e romana alla Cattolica di Milano, che nel volume «Impero Romano e Cristianesimo. Scritti scelti» (Institutum Patristicum Augustinianum, pp.552) ha raccolto alcuni articoli dedicati ai rapporti fra Roma e Cristianesimo. Fra le tesi esposte, che sono molte, anche quella di una Poppea «giudeizzante», che appena sposato il crudele imperatore dopo il ripudio di Ottavia, secondo Tacito molto si adoperò per scatenare la caccia ai seguaci della nuova fede cristiana.

    Professoressa Sordi, non teme di essere tacciata di antisemitismo?

    «Assolutamente no, dal ’57 a oggi ho scritto tre volumi sui rapporti fra Cristianesimo e Impero Romano, anche tradotti in inglese, e nessuno mi ha mai accusato di antisemitismo. Anche perchè quello che dico lo dico sulla base delle fonti, il mio è un lavoro storico».

    Che rivede comunque l’immagine del popolo ebraico all’epoca della nascita di Cristo.

    «Quello che a me dà molto fastidio, è il fraintendimento dei Vangeli. Nei film faziosi, che si vedono purtroppo spesso, viene affermato che l’iniziativa del processo contro Gesù fu dei romani, ma non è così. Fu il sinedrio giudaico a volere in maggioranza la sua condanna. Che i romani hanno eseguito, ma non volevano. Certo, solo loro potevano eseguirla, ma lasciavano ai sacerdoti una grande autonomia nell’impostare i processi. Questo chiarimento lo ritengo molto importante, perché la teoria più diffusa, anche in film ritenuti "buoni", porta a un fraintendimento di tutto il Cristianesimo. Certo non voglio dire che i giudei fossero tutti colpevoli, anzi moltissimi si convertirono».

    La figura di Poppea?

    «Indubbiamente era in collegamento con i sacerdoti giudaici, questo lo dice Giuseppe Flavio, e può aver influito su Nerone. Interessante anche la riscoperta dell’Editto di Nazareth, scritto da un imperatore romano che riteniamo sia Nerone, che commina la pena di morte, con effetto retroattivo, a coloro che con l’inganno hanno fatto sparire un corpo dalla tomba spostandone le pietre. È un chiaro riferimento al sepolcro vuoto di Gesù, e il Vangelo secondo Matteo dice che il sinedrio chiese di mettere delle guardie di fronte alla tomba e poi ingiunse loro di raccontare che si erano addormentate e che i discepoli di Gesù avevano sottratto il corpo. Si tratta di un Editto molto interessante, un imperatore romano che persegue i cristiani e si rifà a questa denunzia è una cosa che nessuno ha mai preso in considerazione finora».

    Comunque è sempre stata voce popolare, nel corso dei secoli, attribuire ai giudei la crocifissione di Gesù.

    «In effetti prima del Concilio Vaticano II si parlava di "deicidio", parola che oggi nessuno pronuncia più. E certo non si può accusare il popolo giudaico nel suo insieme di aver voluto uccidere Dio».

    Da tutto ciò, esce riabilitata la figura di Nerone, peraltro recentemente assolto da alcuni studi anche in merito al presunto omicidio della madre.

    «Una riabilitazione di Nerone mi sembra veramente forzata, non credo sia sostenibile. Dopo il 62 d.C., ruppe con la tradizione giulio-claudia del principato civile e scelse una politica orientalizzante, creando una frattura anche con gli storici che fino ad allora avevano collaborato al governo. Certo non fu solo colpa degli ebrei, era qualcosa di immanente nella storia dell’Impero Romano, c’era un circolo di pensiero già al tempo di Augusto che portava verso l’Oriente».

    Rossella Minotti

    Fonte: Il Giorno, 8.4.2007

 

 
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