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    Cool Esiste una vocazione "laica"?

    La vocazione laica è insostituibile, afferma un Arcivescovo

    Il presidente del Pontificio Consiglio per i Laici parla di un ruolo importante


    ROMA, venerdì, 6 luglio 2007 (ZENIT.org).- I laici sono un elemento insostituibile nell’opera di evangelizzazione, ha affermato l’Arcivescovo Stanislaw Rylko.

    Il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici lo ha constatato sabato durante una Messa nella Basilica di San Giovanni in Laterano per i partecipanti all’incontro di cinque giorni dei ministri laici organizzato dal Lay Center at Foyer Unitas di Roma e dalla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti.

    La conferenza era intitolata “Collaboratori nella Vigna del Signore: i Laici nella Chiesa Ieri e Oggi”.

    Citando il teologo Hans Urs Von Balthasar, l’Arcivescovo Rylko ha affermato: “Essere un laico cristiano nella Chiesa è una vocazione, è la chiamata più importante”.

    “L’unicità della vocazione laica consiste nel fatto di essere cristiani vivendo immersi nel mondo”.

    “Questa vocazione deriva dal sacramento del Battesimo”, ha spiegato nell’omelia il presule sessantunenne.

    I laici “hanno una particolare responsabilità per la vita della comunità cristiana nella Chiesa locale”, ha aggiunto. “E’ una vocazione essenziale, grande e splendida!”.

    “Essere un laico cristiano nel mondo oggi non è facile”, ha osservato.

    “Il mondo cerca di relegare Dio esclusivamente alla sfera privata dell’individuo”, mentre “la giusta autonomia dell’ordine secolare è spesso confusa con un secolarismo militante che cerca di eliminare Dio dalla vita pubblica”.

    L’Arcivescovo ha affermato che “essere un laico cristiano ai nostri tempi richiede coraggio”, e “per questo è estremamente importante non dimenticare che essere cristiani è una vocazione: Dio stesso ci chiama e ci invia nel mondo”.

    Una vocazione laica, ha concluso l’Arcivescovo Rylko, “è un dono gratuito di Dio, che ci sceglie e ci chiama senza che ce lo meritiamo”.

    Fonte: Zenit, 6.7.2007

  2. #2
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    Propriamente parlando non esiste una "vocazione" laica, così come non esiste la "vocazione" matrimoniale, come spesso si sente dire anche da sacerdoti. Si tratta, in entrambi i casi, di compiere il proprio dovere, cioè di doveri naturali, senza la necessità di una chiamata speciale (il termine "vocazione" indica la chiamata a qualcosa di speciale, non a qualcosa di ordinario, a quella che è un'inclinazione naturale, che è propria di tutti gli uomini), come nel caso del sacerdozio o della vocazione religiosa. Ma si sa, il Vaticano II ha esaltato, forse eccessivamente, il ruolo dei laici nella Chiesa, usando o permettendo l'uso di una terminologia impropria e scorretta .....

  3. #3
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    Sul tema, v. la vocazione religiosa (ivi, illuminante è il saggio di don Nitoglia)

  4. #4
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    “Essere un laico cristiano nel mondo oggi non è facile”, ha osservato.

    “Il mondo cerca di relegare Dio esclusivamente alla sfera privata dell’individuo”, mentre “la giusta autonomia dell’ordine secolare è spesso confusa con un secolarismo militante che cerca di eliminare Dio dalla vita pubblica”.

    L’Arcivescovo ha affermato che “essere un laico cristiano ai nostri tempi richiede coraggio”
    Su questo ha perfettamente ragione. E' sotto gli occhi di tutti come i cristiani non siano ben visti nella società secolarizzata attuale. Penso che l'Arcivescovo usi il termine "vocazione", in senso lato: la chiamata di Dio rivolta alla persona a compiere i proprio doveri stando nel mondo, ma non essendo del mondo. Per questo è necessario coraggio in un contesto storico come quello in cui stiamo vivendo. Dio chiama la persona al rispetto della Sua Legge, ad esercitare tutte le Virtù cardinali e teologali.
    Si può benissimo parlare di vocazione al Matrimonio per chi è chiamato da Dio a questo stato di vita, visto che uno può anche non sposarsi (sempre che in questo stato viva castamente). E' da rimarcare però che la vocazione al Sacerdozio, alla vita consacrata, è una vocazione superiore e più alta a quella del Matrimonio. Si tratta di grandissimi beni, migliori e superiori rispetto al grande bene del Matrimonio.

    Dal CCC, 1620:

    ...
    Chi denigra il matrimonio, sminuisce anche la gloria della verginità; chi lo loda, aumenta l'ammirazione che è dovuta alla verginità. . . Infatti, ciò che sembra bello solo in rapporto a ciò che è brutto non può essere molto bello; quello che invece è la migliore delle cose considerate buone, è la cosa più bella in senso assoluto [San Giovanni Crisostomo, De virginitate, 10, 1: PG 48, 540A; cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 16].
    Dal Concilio di Trento:

    10. Se qualcuno dirà che lo stato coniugale è da preferirsi alla verginità o al celibato e che non è cosa migliore e più beata rimanere nella verginità e nel celibato, che unirsi in matrimonio (383), sia anatema.
    Poi la vocazione vera e propria è quella straordinaria, quella alla sequela dei consigli evangelici, non solo dei doveri ordinari.

    CIAO

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da Eugenius Visualizza Messaggio
    Su questo ha perfettamente ragione. E' sotto gli occhi di tutti come i cristiani non siano ben visti nella società secolarizzata attuale. Penso che l'Arcivescovo usi il termine "vocazione", in senso lato: la chiamata di Dio rivolta alla persona a compiere i proprio doveri stando nel mondo, ma non essendo del mondo. Per questo è necessario coraggio in un contesto storico come quello in cui stiamo vivendo. Dio chiama la persona al rispetto della Sua Legge, ad esercitare tutte le Virtù cardinali e teologali.
    Si può benissimo parlare di vocazione al Matrimonio per chi è chiamato da Dio a questo stato di vita, visto che uno può anche non sposarsi (sempre che in questo stato viva castamente). E' da rimarcare però che la vocazione al Sacerdozio, alla vita consacrata, è una vocazione superiore e più alta a quella del Matrimonio. Si tratta di grandissimi beni, migliori e superiori rispetto al grande bene del Matrimonio.
    Attenzione: è proprio il termine "vocazione" che non va per il matrimonio, visto che si tratta di un istituto di diritto naturale (che, per noi cristiani, è stato elevato da Cristo alla dignità di sacramento) e di un'inclinazione naturale. Il fatto che una persona possa vivere da single non fa sì che si possa parlare di vocazione per il matrimonio, che è e rimane un fatto in rerum natura. Il sacerdozio (ed in genere le consacrazioni) non sono istituti naturali, propri di chiunque, ma solo di persone scelte: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituito perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Gv 15, 16). Per il matrimonio non si legge nè nella Scrittura nè nella Tradizione qualcosa del genere.
    Ecco perchè propriamente si può parlare di vocazione, di chiamata solo ed esclusivamente per il sacerdozio. Il matrimonio, anche se uno non lo esercita (come nel caso dei singles), è proprio di tutti gli esseri umani. Con il sacerdozio non si ha un non-esercizio del matrimonio, ma una vera e propria rinuncia a questo per dedicarsi ad un Altro.

  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da Eugenius Visualizza Messaggio
    E' da rimarcare però che la vocazione al Sacerdozio, alla vita consacrata, è una vocazione superiore e più alta a quella del Matrimonio.
    Presumo che tu affermi questo sulla base del seguente articolo:

    10. Se qualcuno dirà che lo stato coniugale è da preferirsi alla verginità o al celibato e che non è cosa migliore e più beata rimanere nella verginità e nel celibato, che unirsi in matrimonio (383), sia anatema.
    Faccio però notare che in detto articolo 10 si parla di verginità e celibato, che sono propri anche delle vocazioni non sacerdotali o non religiose; esistono infatti anche vocazioni che chiamano certuni alla dedizione ad una causa totalizzante, che non lascia spazio ad altro nella vita del chiamato. Sono forse anche costroro superiori ai coniugi? Non credo...

    In realtà, sempre nello stesso articolo, s'ha da meglio vedere a cosa si fa riferimento quando si parla di "cosa migliore e più beata". Migliore in relazione a cos'altro? Più beata in che senso? Ho l'impressione che in quanto a dignità tutte le vocazioni siano paritarie.

  7. #7
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    CCC:

    Un popolo sacerdotale, profetico e regale

    783 Gesù Cristo è colui che il Padre ha unto con lo Spirito Santo e ha costituito «Sacerdote, Profeta e Re». L'intero Popolo di Dio partecipa a queste tre funzioni di Cristo e porta le responsabilità di missione e di servizio che ne derivano [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 18-21].

    784 Entrando nel Popolo di Dio mediante la fede e il Battesimo, si è resi partecipi della vocazione unica di questo Popolo, la vocazione sacerdotale : «Cristo Signore, pontefice assunto di mezzo agli uomini, fece del nuovo popolo "un regno e dei sacerdoti per Dio, suo Padre". Infatti, per la rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati a formare una dimora spirituale e un sacerdozio santo» [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 10].

    785 «Il Popolo santo di Dio partecipa pure alla funzione profetica di Cristo». Ciò soprattutto per il senso soprannaturale della fede che è di tutto il Popolo, laici e gerarchia, quando «aderisce indefettibilmente alla fede una volta per tutte trasmessa ai santi» [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 10] e ne approfondisce la comprensione e diventa testimone di Cristo in mezzo a questo mondo.

    786 Il Popolo di Dio partecipa infine alla funzione regale di Cristo. Cristo esercita la sua regalità attirando a sé tutti gli uomini mediante la sua Morte e la sua Risurrezione [Cf Gv 12,32 ]. Cristo, Re e Signore dell'universo, si è fatto il servo di tutti, non essendo «venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti» ( Mt 20,28 ). Per il cristiano «regnare» è «servire» Cristo, [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 36] soprattutto «nei poveri e nei sofferenti», nei quali la Chiesa riconosce «l'immagine del suo Fondatore, povero e sofferente» [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 8]. Il Popolo di Dio realizza la sua «dignità regale» vivendo conformemente a questa vocazione di servire con Cristo.

    Tutti quelli che sono rinati in Cristo conseguono dignità regale per il segno della croce. Con l'unzione dello Spirito Santo sono consacrati sacerdoti. Non c'è quindi solo quel servizio specifico proprio del nostro ministero, perché tutti i cristiani, rivestiti di un carisma spirituale e usando della loro ragione, si riconoscono membra di questa stirpe regale e partecipi della funzione sacerdotale. Non è forse funzione regale il fatto che un'anima governi il suo corpo in sottomissione a Dio? Non è forse funzione sacerdotale consacrare al Signore una coscienza pura e offrirgli sull'altare del proprio cuore i sacrifici immacolati del nostro culto? [San Leone Magno, Sermones, 4, 1: PL 54, 149].

  8. #8
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    CCC:

    863 Tutta la Chiesa è apostolica in quanto rimane in comunione di fede e di vita con la sua origine attraverso i successori di san Pietro e degli Apostoli. Tutta la Chiesa è apostolica, in quanto è «inviata» in tutto il mondo; tutti i membri della Chiesa, sia pure in modi diversi, partecipano a questa missione. «La vocazione cristiana infatti è per sua natura anche vocazione all'apostolato». «Si chiama apostolato» «tutta l'attività del Corpo mistico» ordinata alla «diffusione del regno di Cristo su tutta la terra» [Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 2].

  9. #9
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    CCC:

    898 «Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio... A loro quindi particolarmente spetta di illuminare e ordinare tutte le realtà temporali, alle quali essi sono strettamente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Cristo, e crescano e siano di lode al Creatore e al Redentore» [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 31].

  10. #10
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    CCC:

    1119 Poiché con il Cristo-Capo forma «quasi un'unica persona mistica», [Pio XII, Lett. enc. Mystici Corporis] la Chiesa agisce nei sacramenti come «comunità sacerdotale», «organicamente strutturata» [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. Mediante il Battesimo e la Confermazione, il popolo sacerdotale è reso idoneo a celebrare la Liturgia; d'altra parte alcuni fedeli, «insigniti dell'Ordine sacro, sono posti in nome di Cristo a pascere la Chiesa con la parola e la grazia di Dio» [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11].

    1120 Il ministero ordinato o sacerdozio ministeriale [Cf ibid., 10] è al servizio del sacerdozio battesimale. Esso garantisce che, nei sacramenti, è proprio il Cristo che agisce per mezzo dello Spirito Santo a favore della Chiesa. La missione di salvezza affidata dal Padre al proprio Figlio incarnato è affidata agli Apostoli e da essi ai loro successori; questi ricevono lo Spirito di Gesù per operare in suo nome e in persona di lui [Cf Gv 20,21-23; Lc 24,47; Mt 28,18-20 ]. Il ministro ordinato è dunque il legame sacramentale che collega l'azione liturgica a ciò che hanno detto e fatto gli Apostoli, e, tramite loro, a ciò che ha detto e operato Cristo, sorgente e fondamento dei sacramenti.

    1121 I tre sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell'Ordine conferiscono, oltre la grazia, un carattere sacramentale o «sigillo» in forza del quale il cristiano partecipa al sacerdozio di Cristo e fa parte della Chiesa secondo stati e funzioni diverse. Questa configurazione a Cristo e alla Chiesa, realizzata dallo Spirito, è indelebile; [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1609] essa rimane per sempre nel cristiano come disposizione positiva alla grazia, come promessa e garanzia della protezione divina e come vocazione al culto divino e al servizio della Chiesa. Tali sacramenti non possono dunque mai essere ripetuti.

 

 
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