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    3 febbraio (2 febbraio) - Beato Stefano Bellesini

    Beato STEFANO BELLESINI (1774-1840)

    P. Bellesini si era dedicato con vera arte pedagogica e squisita carità alla riorganizzazione delle scuole comunali nella speranza che il governo austriaco restituisse agli agostiniani il convento di San Marco e permettesse loro di riprendervi la vita claustrale. Nel 1817, vedendo inappagate le sue attese, rinunciò all'incarico affidatogli ed espatriò clandestinamente da Trento per ricongiungersi alla sua famiglia religiosa che frattanto si era ricostituita a Bologna. Il governo austriaco lo richiamò a Trento comminandogli pene, ma avendo egli preferito restare fedele ai suoi voti, fu bandito per sempre dallo stato. Il beato in cuor suo ne esultò, ma perché fosse palese la sua innocenza, scrisse al fratello Angelo: "Ecco la solita paga del mondo, ecco come vanno a finire le sue ampie promesse".

    La città di Trento diede i natali a Luigi Bellesini il 25-XI-1774, terzo ed ultimo figlio di Giuseppe, pubblico notaio, e di Maria Orsola Meichipeck, entrambi nobili, ricchi e pii. Il padre lasciò alla sposa piena libertà nell'educazione dei figli. Sotto la sua guida Luigino crebbe tanto obbediente e devoto che a sette anni meritò di essere ammesso alla prima comunione. Da allora trastullo preferito del fanciullo fu quello di compiere ad un altarino, eretto con le proprie mani, le funzioni che vedeva fare in chiesa dal parroco.
    Nell'adolescenza Luigi pose grande amore allo studio. Mentre frequentava il pubblico ginnasio, di tanto in tanto si recava a fare visita a P. Fulgenzio, suo zio materno, priore del convento agostiniano di San Marco. A poco a poco nacque in lui il desiderio di dare addio al mondo e farsi religioso. Il padre in principio se ne mostrò contrario, la madre invece gli disse: "Figlio mio, se la voce di Dio ti chiama, tu devi ascoltarla e compierne i decreti". Nel 1790 il beato rinunciò a favore dei fratelli ai suoi diritti ereditari, e si recò a fare il noviziato nel convento di San Giacomo a Bologna. Nel giorno della professione religiosa assunse il nome di Stefano e tra l'altro annotò: "Prometto al Signore e alla Vergine SS. di umiliarmi ogni giorno volentieri per la gloria di Dio e di non risparmiarmi fatica veruna per amore suo; di soffrire con perseveranza i patimenti di questa vita con il pensiero dell'eternità; di castigare il mio corpo e di ridurlo in servitù reprimendo i suoi appetiti".
    Il Bellesini fu mandato a studiare filosofia a Roma, nel convento di Sant'Agostino (1794). Per lo studio della teologia fu richiamato a Bologna (1796), ma poco prima dell'ordinazione sacerdotale la città fu occupata dalle truppe francesi e il Bellesini fu costretto, come gli altri religiosi non oriundi dello Stato Pontificio, a ritornare in patria. Fu ordinato sacerdote a Trento nel 1797 e visse nel convento di San Marco con l'ufficio di sagrestano fino al 1810, segnalandosi specialmente nella predicazione e nelle confessioni. Altre sofferenze erano riservate al beato dalla tristezza dei tempi. Difatti, quando l'imperatore abrogò con un editto gli Ordini monastici, fu costretto a lasciare il convento per vivere con la mamma. rimasta vedova. Non per questo si raffreddò nell'esercizio del ministero sacerdotale, anzi, pur continuando ad osservare fedelmente le regole dell'Ordine, allargò la cerchia delle proprie fatiche bandendo la parola di Dio anche nelle più remote città del Principato di Trento.
    Più ardua impresa il P. Bellesini meditava per l'educazione della gioventù. Vedendo come in tante scuole normali s'instillassero nei cuori dei ragazzi massime contrarie al Vangelo, ne aprì diverse nella propria casa e altrove spendendo somme ingenti per il loro buon funzionamento.
    Gli invidiosi e i derisori di tanto bene che operava, fecero pervenire formali e ripetuti ricorsi al Podestà municipale perché lo costringessero a chiuderle. Il governo austriaco, succeduto a quello rivoluzionario, non solo approvò le scuole aperte da P. Bellesini, ma lo costituì Direttore generale di tutte le scuole del distretto con un assegno annuo di varie centinaia di fiorini. Il beato, fermamente deciso a trattare e considerare come il più grande amico chi gli faceva del male, riservò a sé l'ufficio di catechista e compose un codice di leggi per il buon funzionamento delle scuole comunali. Non per nulla ne è considerato il rinnovatore e il legislatore.
    Tra l'altro prescriveva: "I maestri debbono essere persone assai morigerate ed esemplari tanto nell'agire che nel parlare... Anche la virtù della pazienza è loro necessaria. Chi ne è privo, è assolutamente inabile a tale ufficio... Il maestro non solo deve evitare ogni parzialità, ma persino il sospetto. I fanciulli dei ricchi e dei nobili non debbono godere nessuna prerogativa, poiché nelle scuole non si premia la nascita, ma soltanto l'adempimento dei propri doveri e la virtù". Verso gli scolari più poveri il P. Bellesini fu di una inesauribile carità. Un teste depose nel processo di beatificazione: "Nella mia bottega di libraio il P. Stefano teneva un deposito di vestiti. Quasi ogni giorno vi conduceva due o tre ragazzi cenciosi ai quali donava qualcosa. Ai più poveri provvedeva carta e libri.
    Una volta vide un povero senza camicia: lo condusse in un luogo appartato della mia bottega, si spogliò di quella che indossava lui e gliela diede". Simile gesto doveva ripetersi sovente perché la mamma ogni tanto gli diceva: "Ormai le camicie stanno per finire!". Il figlio le rispondeva con un sorriso sul labbro: "Dio provvederà!".
    P. Bellesini si era dedicato con vera arte pedagogica e squisita carità alla riorganizzazione delle scuole comunali nella speranza che il governo austriaco restituisse agli agostiniani il convento di San Marco e permettesse loro di riprendervi la vita claustrale. Nel 1817, vedendo inappagate le sue attese, rinunciò all'incarico affidategli ed espatriò clandestinamente da Trento per ricongiungersi alla sua famiglia religiosa che frattanto si era ricostituita a Bologna. Il governo austriaco lo richiamò a Trento comminandogli pene, ma avendo egli preferito restare fedele ai suoi voti, fu bandito per sempre dallo stato. Il beato in cuor suo ne esultò, ma perché fosse palese la sua innocenza, scrisse al fratello Angelo: "Ecco la solita paga del mondo, ecco come vanno a finire le sue ampie promesse.
    Prima sembrava che volesse eternare nel marmo il mio nome, e ora, senza aver commesso qualche difetto, mi vedo more latronum esiliato per sempre dalla patria, privo di ogni diritto, spogliato anche dei beni e dei miei crediti, cioè di ciò che spesi per il bene della pubblica educazione".
    Per timore di fuorviare, avendo ricevuto dalla natura un temperamento molto attivo, nelle sue azioni volle dipendere sempre dalla volontà dei superiori. Preferiva morire anziché disubbidire. Era proverbiale l'esattezza con cui osservava le regole fin nei minuti particolari, per questo i superiori lo chiamarono a Roma, nel convento di Sant'Agostino, e gli affidarono la direzione del noviziato. Nel 1822 lo trasferirono con lo stesso ufficio a Città della Pieve (Perugia), e nel 1826 a Genazzano (Roma) dove, proprio allora, l'Ordine aveva ottenuto da Leone XII il permesso di riprendere la vita religiosa. Il P. Bellesini amava vivere conforme ai consigli evangelici. Pur essendo nato tra gli agi, faceva uso di vesti rattoppate e di scarpe grossolane tanto da meritare dai monelli l'epiteto di Padre ciabattone. I suoi discepoli ebbero modo di ammirare in lui, "la benignità di un padre, la familiarità di un servo, i consigli di un amico, le consolazioni di un angelo, il compendio di tutte le virtù".
    Non meraviglia quindi che Dio gli abbia concesso il dono dello scrutamento dei cuori, della profezia e dei miracoli. Il suo superiore generale, P. Angelucci, quando apriva le lettere che gli scriveva, percepiva una fragranza inesplicabile. Una sera, mentre il P. Bellesini si ritirava con i suoi alunni nel noviziato di Roma, ad uno di essi cadde di mano il lanternino di vetro con cui faceva lume. Intimorito, lo sbadato si attendeva un rimprovero dal maestro, invece costui raccolse da terra il lanternino rotto e glielo rimise sano e acceso in mano. Ad un novizio, colpito da una infiammazione alla gola, il medico aveva ordinato un'operazione chirurgica. Il beato non ne volle sapere. Ordinò: "Aspettiamo domani". All'infermo disse: "Non temere, recita tre Ave Maria, e riposa tranquillo". Il giorno dopo il medico, non avendo riscontrato nell'infermo più nulla, esclamò: "Il P. Maestro è un santo!"
    Nella chiesa di Genazzano, alla quale è annesso il convento degli agostiniani, dal 1467 è custodito il quadro miracoloso della Madonna del Buon Consiglio. Quando il P. Bellesini ne fu eletto parroco (1831), si adoperò con tutte le forze per propagare la devozione alla Madonna, diffondendo immagini e boccette di olio della lampada che ardeva dinanzi ad essa. Grande devozione egli nutriva soprattutto per la Passione del Signore e il S. Cuore di Gesù, motivo per cui fino a tarda notte amava trattenersi in chiesa in preghiera. Il cardinale Pedicini. vescovo della diocesi, ne apprezzava molto lo zelo. Di lui disse pubblicamente: "Il P. Bellesini non è solamente un santo, ma vorrebbe tutti santi". Nel 1833 S. Gaspare del Bufalo (+1836) si recò a predicare le missioni al popolo di Genazzano. Il P. Stefano fu felice di stringere amicizia con lui e coadiuvarlo nel sacro ministero, specialmente nel promuovere la fondazione di una casa religiosa delle Suore di Carità, raccogliendo consensi ed elemosine.
    Per il suo gregge il beato era sempre pronto a tutti gli uffici nonostante la malferma salute. Soprattutto nell'esercizio della carità egli toccò il vertice dell'eroismo. Per i suoi poveri non si vergognava di chiedere denari, vesti e cibo a parenti, a vescovi, a principi. Un giorno fu visto portare un fascio di legna nel tugurio di un infermo. Dinanzi a così insolite azioni, un suo confratello soleva esclamare: "Oh, che brutta cosa sarà il succedere al parroco Bellesini!". A favore dei detenuti, dei bisognosi di una grazia e di difesa faceva sovente ricorso a Gregorio XV tramite il P. Proia, sotto-sacrista. Poiché tali istanze erano frequenti, costui s'introduceva presso il sommo pontefice sospirando: "Santità vengo per il solito seccante". Il papa aveva grande stima del beato e gli concedeva tutto quello che gli chiedeva.
    Nel 1839 Genazzano fu colpita dal tifo petecchiale. In mezzo all'universale desolazione si vide aggirarsi tra le mura del paese senza posa né ombra di paura il pastore buono, preoccupato di non lasciare morire nessuno senza sacramenti. Il morbo colpì pure lui. Costretto a letto, si preparò alla morte negli otto giorni di vita che ancora gli rimasero recitando quotidianamente, come S. Agostino, i salmi penitenziali. Il 1-2-1840, sabato, volle ricevere la benedizione papale e della santa Cintura. Al P. Agostino Semeria, suo superiore e confessore, il quale gli aveva già distrutto tutti gli scritti, per fargli piacere disse: "Morirò domani, al momento in cui verrà ricoperta l'immagine della Madonna del Buon Consiglio". E così avvenne. Pio X beatificò il Bellesini il 1-XI-1904. Le sue reliquie sono venerate a Genazzano nel santuario in cui si era santificato.

    Sac. Guido Pettinati SSP

    I Santi canonizzati del giorno, vol. 2, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 38-42.
    http://www.edizionisegno.it/

    Vst il bolg: http://vandeano2005.splinder.com/

  2. #2
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    al Beato Stefano Bellesini

    O Dio, che hai fatto del beato Stefano Bellesini una mirabile figura di apostolo nella educazione della gioventù e nella diffusione di una filiale devozione alla Vergina Maria; concedi che, imitando il suo zelo, ci dedichiamo con ardore al sevizio della chiesa.
    Amen.

  3. #3
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    Dal sito SANTI E BEATI:

    Beato Stefano Bellesini

    2 febbraio

    Trento, 25 novembre 1774 - Genazzano, 2 febbraio 1840

    Nacque a Trento da famiglia benestante il 25 novembre 1774. Il 31 maggio 1794 emise i voti religiosi nell'Ordine agostiniano. Visse in tempi molto difficili. Dopo la soppressione delle case religiose operata dal governo nella sua regione, si dedicò intensamente all'attività scolastica per poter curare 1a formazione culturale e cristiana dei fanciulli in un ambiente avverso alla religione, meritandosi la fiducia e la stima dell'autorità civile di Trento. Per restare fedele alla vita comune, della quale fu convinto e impegnato promotore, appena poté, fuggì a Bologna rinunziando all'ufficio di Ispettore delle scuole elementari nel distretto di Trento. Fu eccellente maestro dei novizi. Consacrò gli ultimi anni della sua vita al ministero parrocchiale a Genazzano, ove morì il 2 febbraio 1840.

    Martirologio Romano: A Genazzano nel Lazio, beato Stefano Bellesini, sacerdote dell’Ordine di Sant’Agostino, che in un’epoca di sconvolgimenti rimase fedele all’Ordine in difficoltà, dedicandosi all’educazione dei fanciulli, alla predicazione e alla cura pastorale.

    Nasce a Trento, da una famiglia benestante il 25 novembre 1774. A 18 anni veste l'abito agostiniano nel convento di S. Marco. Passa poi a Bologna per il noviziato, in seguito a Roma e di nuovo a Bologna per lo studio della filosofia e della teologia. Costretto dalle truppe napoleoniche ad abbandonare lo Stato pontificio ritorna a Trento, dove nel 1797 viene ordinato. Vive nel convento di S. Marco fino al 1809, anno della sua soppressione.
    Rientrato in famiglia, si dedica all'assistenza dei ragazzi, aprendo nella propria casa una scuola gratuita. Continua questa attività al ritorno del governo austriaco, acquistandosi in breve tempo la stima e la fiducia della gente e della stessa autorità civile che lo nomina Ispettore Generale delle scuole del Trentino.
    Padre Stefano vuole però rimanere fedele alla sua professione religiosa. Vista l'impossibilità di realizzare questo desiderio nella sua città, poiché il governo non permette di riaprire il convento di S. Marco, nel 1817 abbandona la carriera scolastica e, di nascosto, si rifugia a Bologna, nello Stato Pontificio, dove nel frattempo è stata ristabilita la vita religiosa. All'autorità civile di Trento, che pressantemente lo invita a ritornare, risponde risoluto che il legame, che lo tiene unito a Dio attraverso i voti religiosi e "all'amatissima mia Madre, che è la Religione" è di gran lunga più vincolante di qualunque altro.
    Chiamato dal Generale dell'Ordine a Roma, per alcuni anni svolge il compito di maestro dei novizi. Nel 1826 viene mandato a Genazzano, nel santuario della Madonna del Buon Consiglio. Qui dedica gli ultimi anni della vita al ministero parrocchiale, attendendo con sollecitudine ai poveri e ai fanciulli. Muore il 2 febbraio del 1840 colpito dalla peste che aveva contratto assistendo i suoi parrocchiani.
    I suoi resti riposano nel Santuario del Buon Consiglio a Genazzano.
    Fu proclamato beato da S. Pio X nel 1904. E’ il primo Parroco elevato agli onori degli altari.
    La sua memoria liturgica ricorre il 3 febbraio.

    Autore: P. Bruno Silvestrini O.S.A.




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  6. #6
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    3 FEBBRAIO 2019: SAN BIAGIO, VESCOVO E MARTIRE, memoria liturgica del BEATO STEFANO BELLESINI (Trento, 25 novembre 1774 - Genazzano, 2 febbraio 1840) beatificato nel 1904 dal SANTO SOMMO PONTEFICE PIO X; QUARTA DOMENICA DOPO L'EPIFANIA DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO…


    SANTA MESSA DOMENICALE celebrata da Don Floriano Abrahamowicz a Paese (Tv) stamattina 3 FEBBRAIO 2019, FESTA DI SAN BIAGIO, VESCOVO E MARTIRE, DOMENICA QUARTA DOPO L’EPIFANIA:


    «Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
    http://www.domusmarcellefebvre.it/
    https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
    IV dom. dopo l'Epifania
    https://www.youtube.com/watch?v=tmgotU8TwQw
    Purificazione della S. Vergine Maria
    https://www.youtube.com/watch?v=rS2tdVj3e_A
    III dom. dopo l'Epifania
    https://www.youtube.com/watch?v=vqLfMJ2qKmo
    SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815
    http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php]
    La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso.»





    SANTE MESSE celebrate dai Sacerdoti dell'Istituto Mater Boni Consilii (I.M.B.C.):


    "Sante Messe - Sodalitium."
    http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

    "S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium."
    http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

    “Sodalitium - IMBC.”
    https://www.youtube.com/user/sodalitium

    “Omelie dell'I.M.B.C. a Ferrara.”
    https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/

    http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
    “Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11).”




    San Biagio - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/san-biagio/
    «3 febbraio, San Biagio Vescovo e Martire.

    “A Sebaste, in Armenia, la passione di san Biagio, Vescovo e Martire, il quale, operatore di molti miracoli, sotto il Preside Agricolao, dopo essere stato lungamente battuto e sospeso ad un legno, ove con pettini di ferro gli furono lacerate le carni, dopo aver sofferto un’orrida prigione ed essere stato sommerso in un lago, dal quale uscì salvo, finalmente, per ordine del medesimo giudice, insieme con due fanciulli, fu decapitato. Prima di lui sette donne, le quali accoglievano le gocce di sangue che scorrevano dal corpo dello stesso Martire, mentre era tormentato, furono arrestate come Cristiane, e tutte dopo atroci tormenti percosse con la spada”.
    O Glorioso San Biagio, che, con una breve preghiera, restituisce la perfetta sanità ad un bambino che per una spina di pesce attraversata nella gola stava per mandare l’ultimo anelito, ottenete a noi tutti la grazia di sperimentare l’efficacia del vostro patrocinio in tutti i mal di gola, ma più di tutto, di mortificare colla fede pratica dei precetti di Santa Chiesa, questo senso tanto pericoloso, e di impiegare sempre la nostra lingua a difendere le verità della fede tanto combattute e denigrate ai giorni nostri. Così sia.»
    http://www.sodalitium.biz/wp-content...-2-225x300.jpg






    Opportune Importune 35 - Sodalitium
    «E’ possibile scaricare il numero 35 di “Opportune Importune”, lettera d’informazioni della Casa San Pio X: opportune35»
    http://www.sodalitium.biz/wp-content...pportune35.pdf







    Guéranger, L'anno liturgico - Quarta Domenica dopo l'Epifania
    http://www.unavoce-ve.it/pg-epifania-dom4.htm
    «DOMENICA QUARTA DOPO L'EPIFANIA

    MESSA
    EPISTOLA (Rm 13,8-10). - Fratelli: Non vi resti con nessuno che il debito dello scambievole amore; perché chi ama il prossimo ha adempito la legge. Difatti, "non commettere adulterio; non ammazzare; non rubare; non dire il falso testimonio; non desiderare" e qualunque altro comandamento che ci possa essere, si riassume in questa parola: "Amerai il prossimo tuo come te stesso". L'amore non fa alcun male al prossimo: è dunque l'amore il compimento della legge.
    La santa Chiesa non cessa di esortare i fedeli, per bocca dell'Apostolo, a praticare la scambievole carità, in questo tempo in cui il Figlio di Dio da una così grave prova del suo amore per gli uomini dei quali si è degnato di assumere la natura. L'Emmanuele viene a noi come legislatore: ora, egli ha riassunto tutta la sua legge nell'amore; è venuto per unire ciò che il peccato aveva diviso. Entriamo in queste intenzioni, e adempiamo volentieri la legge che ci viene imposta.
    Adoriamo la potenza dell'Emmanuele che è venuto a sedare la tempesta in mezzo alla quale stava per perire il genere umano. Nella loro angoscia, tutte le generazioni l'avevano invocato, ed esclamavano: Signore, salvaci; periamo! Quando fu giunta la pienezza dei tempi, egli è uscito dal suo riposo, ed è bastato un suo ordine per infrangere la forza dei nemici. La malizia dei demoni, le tenebre dell'idolatria, la corruzione pagana, tutto ha ceduto davanti a lui. I popoli si sono convertiti a lui l'uno dopo l'altro; dal seno della loro cecità e della loro miseria, hanno detto: Chi è costui davanti al quale nessuna forza può resistere? Ed hanno abbracciato la sua legge. Questa forza dell'Emmanuele, che abbatte gli ostacoli nel momento stesso in cui gli uomini si turbano per il suo apparente riposo, si mostra spesso negli annali della sua Chiesa. Quante volte egli ha scelto, per salvare tutto, l'istante in cui gli uomini credevano che tutto fosse perduto! Lo stesso avviene nella vita del fedele. Spesso le tentazioni ci agitano, le loro onde sembrano sommergerci, e tuttavia la nostra volontà rimane saldamente attaccata a Dio. È perché Gesù dorme in fondo alla barca, e ci protegge con quel sonno. Se poi le nostre suppliche subito lo risvegliano, è piuttosto per proclamare il trionfo suo e nostro, perché egli ha già vinto, e noi abbiamo vinto con lui.
    PREGHIAMO
    O Dio, che conosci assai bene, l'umana fragilità, in mezzo a tanti pericoli, ai quali non possiamo resistere, donaci la salute dell'anima e del corpo affinché vinciamo col tuo aiuto ciò che soffriamo per i nostri peccati.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 244-245»


    Guéranger, L'anno liturgico - 3 febbraio. San Biagio, Vescovo e Martire
    http://www.unavoce-ve.it/pg-3feb.htm
    «PROPRIO DEI SANTI
    3 FEBBRAIO SAN BIAGIO, VESCOVO E MARTIRE

    L'insegnamento dei Santi.
    Chiusa la Quarantena della Nascita del Salvatore, la Chiesa ci apre una sorgente di forti e serie meditazioni che ci preparano alla penitenza. Ogni Festa di Santo deve produrre in noi un'impressione atta ad alimentare lo spirito di questo santo Tempo. Nel periodo dal quale usciamo, tutti gli amici di Dio che abbiamo festeggiato ci apparivano raggianti dei gaudi della Natività dell'Emmanuele, di cui formavano la corte gloriosa e trionfante. Da oggi fino alla Risurrezione del Figlio di Dio, preferiamo considerarli soprattutto nelle fatiche del pellegrinaggio di questa vita.
    Il problema che s'impone oggi a noi è di vedere e studiare come essi hanno vinto il mondo e la carne. "Essi andavan piangendo, dice il Salmista, mentre gettavano il loro seme, ma tornando verran con festa portando i loro manipoli" (Sal 135,5). Nutriamo la speranza che sarà così anche per noi, al termine di questi faticosi giorni, e che Cristo risorto ci accoglierà quali suoi membri viventi e rinnovellati.
    Nel periodo che dobbiamo presentemente attraversare abbondano i Martiri, e proprio oggi iniziamo con uno dei più celebri.
    VITA. - Degli Atti di san Biagio non ci rimane che il fatto del suo Episcopato a Sebaste e del martirio al principio del IV secolo. La devozione verso san Biagio è rimasta vivissima in Oriente, soprattutto nell'Armenia, ed il suo culto, introdotto sin dagli antichi tempi nelle chiese occidentali, è sempre stato molto popolare. Il potere che aveva questo Santo di guarire uomini ed animali lo ha fatto inserire nel numero dei santi Ausiliari. Egli viene specialmente invocato per la guarigione del mal di gola e dei denti. Essendo molti i santi che portarono il nome di Biagio, sarebbe difficile distinguere le reliquie che con certezza gli si debbono attribuire.
    Con la nostra voce ci uniamo al concerto delle lodi che a te innalzano tutte le Chiese, o san Biagio! In ricambio dei nostri omaggi dall'eccelsa gloria ove regni, rivolgi lo sguardo su di noi e su tutti i fedeli della cristianità, che si preparano alle sante espiazioni della penitenza e vogliono tornare al Signore loro Dio con lacrime di compunzione. Memore dei tuoi combattimenti, assisteteci nel lavoro faticoso del nostro rinnovamento che stiamo per intraprendere. Tu che non hai avuto paura dei tormenti e della morte, e che, per quanto aspra sia stata la prova, l'hai sopportata con coraggio, ottienici la costanza nella lotta meno ardua. I nostri nemici sono niente in confronto di quelli che tu hai dovuto vincere; ma sono tanto perfidi, che se noi veniamo a patti con loro, finiranno per abbatterci. Ottienici il divino soccorso, fattore del vostro trionfo. Siamo i figli dei Martiri: che il loro sangue non degeneri in noi. Ricordati anche delle regioni bagnate dal tuo sangue: ivi s'è alterata la fede, ma giorni migliori pare stiano per sorgere. Per le tue paterne preghiere, fa' che l'Armenia rientri nel seno della Chiesa Cattolica, e, col ritorno dei fratelli, consola i fedeli rimasti nella vera fede fra tanti pericoli.
    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 784-785»







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    «Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    Disponibile sul sito il numero 146 di SVRSVM CORDA® del 3 febbraio 2019.
    https://www.sursumcorda.cloud/tags/numero-146.html
    - Comunicato numero 146. La Trasfigurazione. L’esorcismo dell’epilettico;
    - Comunicato numero 146 bis. Ultime fondamentali catechesi di Gesù in Galilea;
    - Preghiera a Sant’Ignazio d’Antiochia;
    - Preghiera a San Giovanni Bosco;
    - Alcuni fatti miracolosi su Gesù Bambino, parte 4;
    - Preghiera al Beato Sebastiano Valfrè;
    - Preghiera a Santa Martina, Vergine;
    - Teologia Politica 134. La vera concordia politica e sociale.»
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    https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net...02&oe=5CF953E0










    https://www.facebook.com/catholictradition2016/
    «MARTIROLOGIO ROMANO, 1955.
    Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»


    https://stateettenetetraditiones.blo...ia-di.html?m=1
    “domenica 3 febbraio 2019
    Quarta Domenica dopo l'Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo

    Semidoppio.
    Paramenti verdi.
    Se questa Domenica fosse impedita dalla Settuagesima, né potrà esser recuperata dopo Pentecoste, la si anticipa al sabato con tutti i privilegi propri della Domenica e perciò si dice il Gloria in excelsis, il Credo e il Praefatio de Sanctissima Trinitate.
    La Santa Messa della Quarta Domenica dopo l'Epifania si riallaccia anch'essa al Tempo di Natale, pertanto l'Introitus, il Graduale, l'Alleluja, l'Offertorium e il Communio - gli stessi della Domenica precedente -, ci manifestano che Nostro Signore Gesù Cristo è vero Dio e vero Uomo, che opera prodigi, e che bisogna adorarlo. La Santa Chiesa continua, infatti, in questo Tempo dopo l'Epifania, a dichiarare la divinità di Cristo e quindi la sua regalità su tutta la terra.
    L'Evangelium è tratto dallo stesso capo del Santo Vangelo della Terza Domenica dopo l'Epifania. È il racconto di un nuovo miracolo. Gesù manifesta la sua divinità comandando ad elementi potenti ed indocili come le acque sconvolte ed i venti scatenati. E l'Evangelista fa risaltare l'importanza del prodigio, opponendo alla «grande agitazione delle onde», «la grande calma che ne segue» (Evangelium). Ma è nella Santa Chiesa che si esercita la divina regalità di Gesù. Così i Santi Padri della Chiesa hanno visto nei venti, che soffiano in tempesta, un simbolo dei demoni, il cui orgoglio suscita le persecuzioni contro i Santi, e nel mare tumultuoso, le passioni e la malvagità degli uomini, causa delle trasgressioni ai comandamenti e delle lotte fraterne. Nella Santa Chiesa, al contrario, regna la gran legge della carità, perché, se i tre primi precetti del Decalogo ci impongono l'amore di Dio, gli altri sette ci impongono, come conseguenza logica, l'amore del prossimo (Epistola); Dio infatti è nel prossimo perché, mediante la grazia, noi siamo, in certo qual modo, il complemento del corpo di Cristo.
    È questo il mistero dell'Epifania. Gesù si rivela Figlio di Dio e tutti quelli che, riconoscendolo tale, lo riconoscono loro Capo, divengono membri del suo corpo mistico. Formando tutti un solo corpo nel Cristo, i cristiani devono anche amarsi reciprocamente.
    «Questa barca, dice Sant'Agostino, rappresenta la Chiesa» la quale manifesta attraverso i secoli la divinità di Cristo. È infatti alla protezione del Salvatore che Essa deve «malgrado la sua fragilità» (Oratio, Secreta), se non è inghiottita in mezzo a tanti pericoli che la minacciano (Oratio) quali le persecuzioni, le eresie, gli scismi e l'apostasia. Ma se questa fragilità ci sconforta, dobbiamo ricordare con fede che Cristo, vero Dio, scampa sempre la sua Sposa dalla rovina. E le sofferenze che permette sono tutte ordinate alla nostra purificazione in vista dell'eterna gioia del Cielo. Negli eventi dolorosi e nella prova, inoltre, ricordiamoci quel che ci dice San Giovanni Crisostomo: Gesù sembra che dorma per costringerci a ricorrere a Lui, e salva sempre quelli che lo invocano.
    Dal libro dei Morali di San Gregorio Papa.
    Libro 4, cap. 30.
    Rifocilliamo il corpo con ristori, affinché, estenuato, non venga meno; lo estenuiamo coll'astinenza, affinché, ben nutrito, non ci opprima; ne manteniamo il vigore col moto, affinché, immobilizzato, non perisca; ma subito sostiamo per farlo riposare, onde non soccomba sotto lo stesso suo esercizio; lo copriamo con vesti, affinché il freddo non lo uccida; e gettiam via le vesti già cercate, affinché il caldo non lo consumi. Provvedendo dunque a tante diverse necessità, che cosa facciamo noi se non vivere alla dipendenza della sua corruzione, e sostenere, con una moltitudine di cure, questo corpo che accasciano l'inquietudine, l'infermità e il cambiamento?
    Onde con ragione Paolo dice: La creatura è stata assoggettata alla vanità non per volontà sua, ma di colui che ve l'assoggettò, colla speranza che anch'essa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per aver parte alla gloriosa libertà dei figli di Dio (Rom 8:20). La creatura dunque è soggetta alla vanità contro il suo volere perché l'uomo, che rinunziò volontariamente allo stato di immortalità che gli era connaturale, assoggettato giustamente al peso della mortalità, è costretto, sebbene contro voglia, a dipendere dalla sua mutabilità e corruzione. Ma questa creatura allora sarà affrancata dalla schiavitù della corruzione, quando, risorgendo incorrotta, sarà sollevata alla gloria dei figli di Dio.
    Quaggiù dunque gli eletti sono incatenati nella sofferenza, perché sono ancora oppressi da questo penoso stato di corruzione: ma quando saremo spogliati di questa carne corruttibile, saremo liberati da questi molesti legami, che ora ci tengono schiavi. Noi già desideriamo di comparire alla presenza di Dio, ma ancora ne siamo impediti dall'ostacolo di questo corpo mortale. Con ragione pertanto possiamo dirci incatenati, perché noi non abbiamo ancora presso Dio il libero accesso che desideriamo. Onde rettamente Paolo, desiderando i beni eterni, ma carico ancora del fardello della mortalità e incatenato, esclama: Bramo d'essere sciolto, ed essere con Cristo (Philipp 1:23). Ora, non cercherebbe d'essere sciolto, se certamente non si vedesse legato. (...)”
    https://4.bp.blogspot.com/-0rgO0G9fJ...2_14-16-35.jpg






    Guéranger, L'anno liturgico - Fine del tempo di Natale
    “FINE DEL TEMPO DI NATALE

    Ti siano rese grazie, o Emmanuele, che, venendo a visitare la terra, ti sei degnato di apparire dapprima sotto le vesti dell'infanzia per attirarci a te mediante la semplicità e la dolcezza di quella prima età. Rassicurati dalle tue dolci profferte, noi siamo venuti, abbiamo ardito accostarci alla tua culla, e vicino ad essa abbiamo fissato la nostra dimora. Ma l'opera che ti rimane da compiere per la nostra redenzione ti chiama, e d'ora in poi non attirerai più i nostri sguardi come bambino. Apparirai come l'uomo del lavoro, delle fatiche, delle sofferenze, che cerca amorosamente la pecorella smarrita, e che non ha, in questo mondo che è opera delle sue mani, un posto ove posare il capo. Noi ti seguiremo dovunque, o Gesù. Ascolteremo i tuoi insegnamenti. Non vogliamo perdere nulla delle lezioni che ci darai e i nostri cuori saranno attenti agli sviluppi dell'opera della nostra salvezza, che deve costarti tanti patimenti.
    Ti abbiamo ammirata nel tuo amore, o Maria, in questi giorni in cui la tua divina maternità si è manifestata tra il gaudio del cielo e della terra, e abbiamo gioito della tua fortuna, o Madre di Dio! Tu ti sei degnata di darci accesso al tuo divin Figlio, e di accoglierci come fratelli suoi. Ricevine in cambio i nostri umili ringraziamenti. Ormai non contempleremo più l'Emmanuele fra le tue braccia, addormentato sul tuo purissimo seno. I decreti del Padre suo celeste lo chiamano alla grande opera della nostra redenzione, e più tardi al sacrificio della sua vita per noi. O Maria, la spada ha già trapassato la tua anima; tu prevedi l'avvenire di quel Figlio benedetto del tuo seno. Possa la nostra fedeltà nel seguire i suoi passi alleviare in qualche modo le preoccupazioni del tuo cuore materno!
    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 413-414.”
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    «3 FEBBRAIO 2019: DOMENICA QUARTA DOPO L'EPIFANIA»
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    «3 FEBBRAIO 2019: SAN BIAGIO, VESCOVO E MARTIRE»
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    Ligue Saint Amédée
    http://liguesaintamedee.ch/
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    «Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»
    “Mieux vaut une petite œuvre dans la Vérité, qu’une grande dans l’erreur.”


    “Quatrième Dimanche après l'Epiphanie”
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    3 février : Saint Blaise, Évêque et Martyr (? 316) :: Ligue Saint Amédée
    “3 février : Saint Blaise, Évêque et Martyr († 316)”
    http://liguesaintamedee.ch/applicati...int_blaise.jpg







    Lodato sempre sia il Santissimo nome di Gesù, Giuseppe e Maria!!!
    Christus vincit! Christus regnat! Christus imperat!
    Luca, Sursum Corda – Habemus Ad Dominum!!!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

 

 

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