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    -------------------------------
    Il saluto del segretario nazionale on. Francesco Nucara

    Caro Bianchi,

    nell'impossibilità di essere presente all'inaugurazione della sede provinciale del PRI di Piacenza, affido all'amico Giorgio Medri questo mio saluto.

    "Nel procedere nel difficile cammino per la ricostruzione del Partito, l'inaugurazione della sede provinciale dell'Edera a Piacenza, rappresenta un'altra significativa tappa di questo percorso. Purtroppo impegni improvvisi mi impediscono di essere a fianco del Presidente del Partito alla manifestazione odierna che rappresenta il primo risultato del lavoro e della passione che ci accomuna. Un altro significativo traguardo è rappresentato dall'imminente presentazione alle elezioni di maggio della Lista dell'Edera. Sono quindi idealmente insieme a voi oggi e sono convinto che il ritorno del Pri nelle elezioni amministrative costituisca un momento essenziale per noi, per i nostri elettori, per tutti i cittadini.

    Il significato è che, con il concorso disinteressato di tutti voi siamo riusciti a bloccare il processo disgregativo sul quale molti nostri avversari avevano contato. Da questo dobbiamo ripartire per la ripresa e il rilancio del partito, dove più difficile sono le condizioni di partenza.

    A te, caro Bianchi, e a tutti gli amici di Piacenza un affettuoso saluto con l'impegno di vederci presto per le elezioni amministrative del 26 maggio".

    Con amicizia,

    Francesco Nucara

    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
    tratto dal sito web
    www.pri.it

    ** Repubblicani in EMILIA e nella ROMAGNA (1)
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=1645
    Repubblicani in TOSCANA
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=2306
    Una informazione sui Repubblicani alla provincia di Napoli
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=103466
    Il Partito della Democrazia a Carrara
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=11856
    Repubblicani in UMBRIA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=13513
    Coordinamento nazionale di repubblicani e liberali di centro sinistra, a Napoli
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=124808
    CALABRIA Repubblicana
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=25994
    ** Repubblicani in EMILIA e nella ROMAGNA (2)
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=123375
    Repubblicani in CAMPANIA
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=3776
    SICILIA Repubblicana
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=5028
    Repubblicani nel LAZIO (1)
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=8665
    Repubblicani in ABRUZZO
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=5932
    Repubblicanesimo nelle MARCHE (2)
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=13463
    I Repubblicani di MASSA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=29318
    LOMBARDIA Repubblicana
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=11893
    Repubblicani nelle MARCHE (1)
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=4016
    I Repubblicani della Lombardia, prima e dopo il 43° congresso
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=15032
    Lettera aperta.........più che aperta al segretario politico della Lombardia
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=22794
    Repubblicani in GARFAGNANA e LUCCHESIA
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=7688
    Azione politica dei Repubblicani in Lombardia
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=15034
    Repubblicani in FRIULI VENEZIA GIULIA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=21099
    Repubblicani in BASILICATA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=21096
    PUGLIA Repubblicana
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=9805
    il P.R.I. nel Lazio (2)
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=34132
    Repubblicani in SARDEGNA
    http://www.politicaonline.net/forum/...d.php?t=349794
    Repubblicani in VALLE D'AOSTA
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=146341
    Repubblicani nel MONDO
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=21389
    Repubblicani nel VENETO
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=18382
    Repubblicani in TRENTINO ALTO ADIGE
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    I Repubblicani in Lombardia ...
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=118662
    Assemblea a S. Benedetto del Tronto ... Repubblicani nelle Marche
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=15286
    Massa e Ravenna
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=115408
    Il Dovere della Verita' a Salerno ... Repubblicani in Campania
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    .... e in Lombardia son scintille!
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  2. #2
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    L’identità romagnola come prodotto dell’identità nazionale
    Riflessioni attorno a La Romagna di Roberto Balzani, Bologna, Il Mulino, 2001

    Nel numero precedente di questa rivista abbiamo segnalato il bel libro La Romagna di Roberto Balzani uscito per i tipi del Mulino di Bologna, nella collana “l’identità italiana” diretta da Ernesto Galli della Loggia.
    Nel frattempo, attorno al testo, si è aperto un ampio dibattito sia sui quotidiani nazionali, sia durante le numerose presentazioni. La discussione è stata però in parte segnata da un equivoco iniziale, creatosi nel voler forzare le argomentazioni dell’autore facendo riferimento alle scelte odierne sulla questione della eventuale costituzione di una regione romagnola. In particolare, i fautori della “Regione Romagna” hanno contestato all’autore la tesi (ampiamente documentata) secondo cui una tradizione culturale specifica della enclave romagnola, se esiste, va fatta risalire a un’epoca relativamente recente, al Risorgimento, e al ventennio fascista. Un’identità locale che, in altri termini, nasce e si sviluppa sul modello, prima ipotetico e poi concreto, della costruzione della patria italiana. Balzani apporta tutta la sua indiscussa bravura di studioso e una serie impressionante di fonti documentarie a sostegno di questa tesi e non sminuisce certo il ruolo di personaggi come Aldo Spallicci se lascia chiaramente spazio all’ipotesi che il poeta repubblicano, autentico interprete dei sentimenti della sua terra, sia stato un po’ il l’inventore di questa tradizione.
    Ovviamente i sostenitori della scissione della Romagna dall’Emilia si rendono conto delle difficoltà che comporta la creazione di una nuova regione basandosi su una tradizione recente che oggi sopravvive solo come mito, come vaga chimera da tenere artificialmente in vita sotto le poderose spinte omogeneizzanti, omologanti e massificanti del cosiddetto libero mercato globale. Per avallare con maggior forza la scelta regionale occorrerà quindi individuare eventuali, forti, esigenze odierne; occorrerà decidere se il processo di “isolamento” (o di cernita) di un popolo attraverso la costruzione di una nuova struttura amministrativa, di un nuovo apparato burocratico, potrà agevolare lo sviluppo.
    In questa sede abbiamo scelto di riflettere essenzialmente sul libro, importante sia per il dibattito contemporaneo, sia per gli studi sull’identità nazionale. Abbiamo perciò chiamato studiosi di chiara fama, tutti esperti dell’argomento, che partecipano a questo forum con rapide riflessioni, contributi stimolanti e chiarificatori: Massimo Baioni dell’Università di Arezzo, Dante Bolognesi, direttore della Fondazione “A. Oriani”, Ennio Dirani presidente della Fondazione “A. Oriani”, Ernesto Galli Della Loggia, dell’Università di Perugia, Maurizio Ridolfi dell’Università della Tuscia di Viterbo. In calce non poteva mancare un rapido stralcio dalla Romagna di Giuseppe Mazzini (Tratto dal Volume II degli Scritti Editi ed Inediti, Imola, Galeati, 1907) : un testo preso ripetutamente a riferimento da Balzani e ancora illuminante su come, nel Risorgimento, si sia costruita l’identità romagnola proprio guardando alla sua contestualizzazione nell’ambito italiano ed europeo.
    s.m.

  3. #3
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    Romagna oltre la Romagna
    di Massimo Baioni

    Confesso di aver letto il libro di Balzani muovendo da un’ottica molto interna alla riflessione storiografica. Un approccio schiacciato sul presente (beninteso, legittimo) e ancorato alle dispute politiche sull’autonomia o meno della Romagna non rende giustizia, a mio parere, alla struttura del lavoro, né corrisponde alle sollecitazioni e agli interrogativi che esso propone. Intanto occorre dire che la collocazione in una collana dedicata all’“identità italiana” giustifica l’inserimento della ricerca in un circuito tematico di respiro nazionale e ne fa dunque un prodotto non necessariamente riservato al lettore romagnolo (anche se è normale che quest’ultimo ne risulti più coinvolto e stimolato). Tuttavia, a differenza di altri volumi della collana diretta da Galli della Loggia, il libro concede poco alla lettura distratta e all’impianto meramente divulgativo. Il lavoro è infatti ricco e articolato, denso di riferimenti, oltre che impreziosito da una scrittura elegante. Il suo merito principale sta nella capacità di restituire il processo plurisecolare attraverso cui è passata la costruzione mitologica della Romagna e dei romagnoli, con particolare attenzione ai meccanismi di costruzione del regionalismo politico e poi di quello culturale. Si tratta dello studio che con maggiore ampiezza di analisi e di esemplificazioni scompone e dà un senso storico all’immagine della Romagna come “luogo dei luoghi”, secondo l’icastica definizione proposta qualche anno fa da Mario Isnenghi. La Romagna, cioè, come spazio territoriale che ha ospitato importanti eventi e protagonisti della storia italiana, specialmente contemporanea; ma al tempo stesso, spazio “mentale” nel quale si sono condensati immagini e stereotipi tra loro anche opposti (la Romagna settaria e violenta, laboriosa e paziente, fucina dei “destini” della patria, gaudente laboratorio dell’industria vacanziera), che ne fanno un oggetto di studio di particolare interesse. Il valore storiografico del libro (e il suo fascino) sta proprio in questa concatenazione tra le molte dimensioni della storia cui si presta il tema: nel sapere coniugare e intrecciare le diverse motivazioni che, volta per volta, hanno scandito la costruzione o la contestazione di queste immagini, dei miti “negativi” come di quelli “positivi”. Dunque, il regionalismo come strumento di identità politica e culturale ma anche come risorsa per le manovre del notabilato locale nella mediazione tra le istanze periferiche e quelle centrali; come volano per accelerare la crescita dell’economia ma anche come occasione per accreditare l’orgoglio patriottico, e così via. E tutto ciò non è frutto di riflessioni astratte e fumose, ma viene continuamente inserito in una trama di relazioni che si fonda sui molteplici strumenti deputati alla costruzione dell’immaginario: le riviste, le esposizioni, i musei etnografici, i pellegrinaggi ai luoghi “sacri”. Un libro dalle molte sfumature e dalle tante implicazioni e sollecitazioni. Un bel libro tout court.

  4. #4
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    Regione e regionalismo
    di Dante Bolognesi

    Non è certo frutto di una sapiente campagna promozionale il fatto che La Romagna di Roberto Balzani abbia suscitato immediatamente un assai vasto dibattito che, una volta tanto, non è rimasto rinchiuso nelle accademie, ma ha investito la società civile, come mostrano i numerosi interventi sui quotidiani non solo locali e la grande partecipazione alle presentazioni del volume promosse in diverse località. Si tratta di un libro importante che, in un periodo di forte frammentazione degli studi, affronta un tema di così larghi confini come quello dell'identità romagnola. Il dibattito che lo ha accolto mi pare peraltro sia spesso segnato da un equivoco di fondo, quasi si volesse trovare nelle riflessioni dell’autore la giustificazione a scelte politiche oggi riproposte e legate alla rivendicazione, propugnata o avversata, di una regione romagnola autonoma. Era forse inevitabile per un territorio, quello romagnolo, i cui confini sono rimasti a lungo indefiniti (furono stabiliti in modo definitivo solamente nel 1894 dall’ing. Emilio Rosetti), che fu inserito in una regione inventata, l'Emilia-Romagna, da Luigi Carlo Farini, e che rimane costituito da realtà urbane di piccole e medie dimensioni, in cui nessun centro è in grado di assumere un ruolo di eccellenza, di reale capitale, di effettivo coordinamento: temi, su cui Balzani si sofferma, raccogliendo e arricchendo le suggestioni dello studioso, il «nostro» Lucio Gambi, che in Italia con più passione, con più rigore analitico, con più perseveranza nel secondo dopoguerra ha affrontato la questione del concetto di «regione» in senso storico-geografico, politico-amministrativo, culturale.
    In particolare, sul regionalismo culturale, a cui nel libro sono dedicati alcuni densi capitoli, l’obiettivo di Balzani non è certo quello di fornire un quadro dettagliato delle tradizioni dei romagnoli, di indagare le origini e le trasformazioni dei miti e dei valori che hanno caratterizzato la vita e la cultura popolare delle nostre genti, campi di indagine degli studiosi del folklore romagnolo. Il problema che sta al centro di questi capitoli e che Balzani indaga con grande coerenza e rigore, con novità di accenti e di proposte interpretative, e con una padronanza stupefacente delle fonti e della bibliografia, è di capire come e quando gli elementi della tradizione romagnola, dai comportamenti politici alle cante, dai mobili agli strumenti del lavoro, dai cibi ai prodotti dell’artigianato, vengono inseriti in un quadro coerente, unitario, globale all’interno di un consapevole progetto culturale e politico; quando cioè da elementi più o meno diffusi nei comportamenti e nelle mentalità (quanto solo dei romagnoli?) vengono assunti come caratteri fondanti dell’identità culturale romagnola. Un’operazione questa che si realizza nel primo ventennio del secolo scorso grazie soprattutto all’opera di Spallicci e dei suoi collaboratori nelle riviste «Il Plaustro» e «La Piê» fondate dal medico forlivese. E che non si esaurisce nel semplice recupero delle tradizioni, che pure deve molto a quegli intensi anni, ma spesso in una loro libera interpretazione, a volte in una vera e propria «invenzione». Un’operazione dunque, in parte artificiale, il che non significa annullare la sua presenza attiva, la sua capacità di influenzare a sua volta modelli di comportamento ed opinioni sulla cui persistenza e diffusione attuale Balzani ci stimola a riflettere.

  5. #5
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    Tra storia e “mito”
    di Ennio Dirani

    Come si crea un’identità regionale in età contemporanea?. Per rispondere alla stimolante domanda, Roberto Balzani ha scritto questo La Romagna (nella la collana “L’identità italiana” diretta da Ernesto Galli della Loggia per l’editrice il Mulino). È un “piccolo libro” di grande storia politica e culturale, che ricostruisce, in una prosa appassionata e di rara raffinatezza, la genesi, l’evoluzione, le metamorfosi dell’idea di Romagna e dei romagnoli nell’immaginario degli italiani e nella autorappresentazione degli stessi romagnoli, nell’arco temporale che va dalle origini del Risorgimento ai giorni nostri. Questioni quali il retaggio storico (Roma-Romània-Romagna), i confini geografici, la “Vandea rossa”, il sovversivismo, le letture antropologiche del “tipo romagnolo” (che furono di moda oltre cento anni fa, sulla scia di Lombroso e Ferrero), la terra del “duce” e altrettali, sono esaminate con un acume critico-storico che non finisce di stupire e sulla base di una sicura padronanza delle fonti e della letteratura. Il libro è destinato agli italiani che leggono, senza distinzioni regionali, anche se per i romagnoli è un autentico regalo intellettuale, una lettura in qualche modo ineludibile. Lo si comincia, e si arriva con interesse e piacere crescenti alla fine, ai paragrafi dedicati a L’ombrellone e la piadina e ad Amarcord. Molte delle idee correnti sulla Romagna, dentro e fuori i suoi confini - peraltro incerti ed “a geometria variabile” -, forse vacilleranno, altre usciranno consolidate da questa severa verifica storico-culturale. Ma avremo capito meglio tutti, romagnoli e non romagnoli, attraverso quali complessi processi sia nata e si sia sviluppata in Italia, tra Ottocento e Novecento, la “questione Romagna”. Balzani nulla concede al colore, agli stereotipi di ieri o di oggi. Maneggia con sorvegliata perizia gli attrezzi ed i metodi dello storico, intrecciando sapientemente analisi politiche, quadri sociologici, dibattiti culturali, esami critici dei personaggi - da Pascoli ad Oriani, da Beltramelli a Spallicci - e dei luoghi in qualche modo “simbolici”. Ne esce una disamina letterariamente avvincente eppur rigorosissima di che cosa siano stati in questa singolare regione (non per nulla la sola prevista nella collana dedicata all’identità italiana) il risorgimento, il repubblicanesimo, il socialismo, il fascismo. E di che cosa sia oggi la Romagna, assurta agli “onori” di capitale del divertimento di massa. Qui s’arresta lo storico. Ma Balzani non è solo uno storico. È anche un romagnolo, di quelli che non hanno paura di esporsi. Lo prova la conclusione, provocatoria e anticonformistica, di questo libro di un universitario punto accademico: “Ecco, i romagnoli dovrebbero svegliarsi dal sogno, ragionare sui processi culturali che hanno costruito il loro arsenale di cose, di emblemi, di disegni colorati, vecchio di decenni, e dimenticare le parole d’ordine, le coazioni a ripetere, il bozzettismo, l’aneddotica, insomma lo standard folklorico mercificato e banalizzato. [...] e poi dovrebbero semplicemente imparare lavorare insieme. Quello, cioè, che non sono riusciti a fare nei mille e cinquecento anni in cui il posto in cui vivono si è chiamato, per una bizzarria della storia, Romagna”. Non è detto che un auspicio del genere piaccia a tutti, tra ’l Po e ’l monte e la marina e ’l Reno. Ma è certo, del resto, che il desiderio di piacere a tutti non ha tenuto compagnia allo storico forlivese mentre costruiva questo importante libro, sul quale il dibattito è appena cominciato.

  6. #6
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    Unità nazionale e identità locale
    di Ernesto Galli Della Loggia

    La collana sulla "Identità italiana" in cui esce il libro di Balzani conta già una trentina di volumi. Questo è il primo incentrato su un territorio specifico e non ne sono previsti altri al momento. Il libro, molto bello, è destinato a sorprendere e a stupire più di un romagnolo e non solo. La dimostrazione dell'autore mi sembra comunque persuasiva, laddove individua un'identità locale costruita in funzione dell'identità nazionale. Balzani spiega con estrema efficacia che tra le due categorie, locale e nazionale, non vi è quella contraddizione che il federalismo sostiene.Il caso della Romagna dimostra anzi che proprio l'unità nazionale ha potuto produrre l'identità locale, è stata una specie di detonatore.Certo, il "caso Romagna" è straordinario ed eccezionale sotto molti punti di vista: qui si sono svolti alcuni avvenimenti simbolicamente molto forti; la Trafila di Garibaldi, o la stessa città di Ravenna, hanno un impatto geografico-ideologico molto rilevante sotto questo profilo. Lo storico, oltre ad essere un profondo conoscitore dell'argomento e della bibliografia è anche molto legato all'identità romagnola. Forse per questo le sue conclusioni hanno sorpreso coloro che della Romagna avevano un'immagine "mitica"; ma non credo che Balzani distrugga l'identità romagnola; fa invece capire che essa ha avuto un momento decisivo in epoca recente. C'erano comunque delle premesse, nulla comincia da un giorno all'altro. Il nome stesso è usato a partire dal V-VI secolo, a indicare quella parte dell'Italia rimasta sotto il dominio di Bisanzio. Il nome vorrà pur dire qualcosa. Cera un'unità amministrativa, una speciale effervescenza sociale e politica contro il dominio papale nell'Ottocento, ma tutto, ripeto, si solidifica in relazione all'unità nazionale.

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    Nazionalizzazione della periferia e localizzazione del nazionale
    di Maurizio Ridolfi

    Se a qualcuno potesse apparire un poco incongruo il fatto che in una fortunata collana editoriale denominata “L’identità italiana” si accolga un titolo come La Romagna, leggendo il bel libro di Roberto Balzani si convince presto del contrario. Già il sottotitolo – La più italiana delle nostre piccole patrie - evidenzia quale sia l’oggetto della riflessione. La Romagna è qui chiamata in causa in ragione della sua, spesso, evocata immagine di “laboratorio” della recente storia italiana. Dal Risorgimento alla “terra del duce” negli anni del fascismo, fino alla iconografia del secondo dopoguerra sulla provincia capace di concentrare i luoghi del divertimento di massa, la Romagna ha trovato chi (Mazzini e D’Azeglio, Carducci e Oriani) ne celebrò la “vocazione italiana”. Interrogandosi su come si crea un’identità regionale e adottando come felice chiave interpretativa l’intersecazione di due piani analitici - “la “nazionalizzazione della periferia” e la” localizzazione del nazionale” -, con un’accurata selezione documentaria e uno stile brillante l’autore effettua una sorta di “smontaggio” del regionalismo culturale e della sua costruzione ottocentesca.
    Nel volume di Balzani lo spazio locale assurge a terreno nobile della ricerca e della riflessione; in primo luogo, nel rifiuto dell’idea che esso sia uno spazio minore da opporre alla dimensione nazionale. Lo spazio locale, come oggi sappiamo, è piuttosto la riscoperta di una materialità nuova delle attività umane nella sfera pubblica e nella competizione per il potere. Nello spazio locale lo Stato e la Nazione contano più per quello che effettivamente rappresentano che non per le etichette e i modelli. Nel contribuire a sciogliere alcune delle più intricate relazioni tra centro e periferie, un tale approccio permette anche di superare la spesso denunciata indifferenza verso gli aspetti politici e istituzionali (si pensi al ruolo decisivo dei municipi) presente spesso negli studi di storia sociale. Gli studi sulla nazionalizzazione della politica in periferia, come anche il libro di Balzani dimostra, offrono la messa a fuoco di casi esemplari quando non si dimostrano indulgenti verso una sorta di nuovo patriottismo localistico e nei confronti di modelli interpretativi generali assunti in modo acritico. Se in Romagna, prima che altrove, i circuiti della politica, nella sua versione ideologica, penetrarono in modo diffuso nei preesistenti circuiti di natura generazionale, fazionale o spaziale, il binomio municipio-associazioni rappresenta il terreno da privilegiare nella ricerca storica; nel caso delle associazioni e del loro incontro con la politica, considerando però che accanto al loro indubbio utilizzo come agenzie per la costruzione di un consenso di natura populistica, esse furono i luoghi di una sociabilità – la categoria analitica che ha permesso lo immettere nella storiografia “locale” una dimensione antropologico-culturale - in cui veniva sancito il mutamento delle gerarchie sociali e si andava strutturando la moderna vita politica. Sotto questo profilo, va rimeditato profondamente l’approccio alle diffuse forme di insediamento sociale e associativo delle culture politiche. Nonostante quello che anche allora si scrisse, in una mitologia “negativa” che ebbe molti, autorevoli, interpreti (da Edmondo De Amicis a Guglielmo Ferrero), dietro le apparenze e le cortine fumogene emerse una cultura politica territoriale niente affatto estranea alla tradizione civica nazionale. Rispetto allo Stato, interpretando in modo competitivo la dimensione locale della politica, attorno al municipio, i democratico-radicali negli anni della transizione unitaria e quindi i socialisti, creando estese reti associative di solidarietà e a tutela degli interessi sociali, edificarono non tanto una cosiddetta sub-cultura politica - una categoria analitica ambigua, che gli storici dovrebbero abbandonare - ma contribuirono a difendere la coesione culturale e sociale del territorio, nell’orizzonte vagheggiato e non antitetico della più “grande patria” da perseguire. Dal modello di politicizzazione scaturito in Romagna venne una oggettiva spinta alla nazionalizzazione dello spazio politico, anche sulla scorta della nuova classe dirigente di estrazione sociale intermedia formatasi nei governi locali. La nazionalizzazione della politica si sviluppò allora non tanto come proiezione di un coerente progetto calato dall’alto quanto attraverso la declinazione che di essa diedero, nello spazio municipale, dapprima le élites borghesi locali e quindi anche i rappresentanti delle culture politiche territoriali. Ciò, per esempio, a differenza di quanto avvenne nella Francia della III Repubblica, dove la codificazione di una immagine nazionale e repubblicana delle istituzioni era stata recepita anche in periferia.
    Pratica sociale che si regge sulla rappresentazione di miti sia locali sia nazionali e che intellettuali e classi dirigenti avevano promosso per contrattare con il centro del paese, di volta in volta, risorse e riconoscimenti, già nel primo Novecento il regionalismo culturale (intriso di radicalismo politico) appare svuotato del suo originario significato. È quindi sorprendente che ancora oggi, con impressionismo e ingenuità culturale, vi sia una parte dei romagnoli – in particolare il gruppo dirigente del Movimento per l’autonomia della Romagna -, i quali, alla ricerca di una immobile e oleografica identità, continuino a ritenere questo uno scopo più gratificante di quanto non risulti invece la capacità di fare i conti con gli effetti del processo di costruzione dello “spirito pubblico” europeo. In realtà, oggi in Romagna il regionalismo culturale, mercificato e standardizzato – ha ragione Balzani -, è il frutto di “una miopia della coscienza” (p. 203). È un ammonimento salutare, che forse vale per altre millantate e evanescenti “piccole patrie”.

  8. #8
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    Romagna
    di Giuseppe Mazzini

    Quando ideammo la Giovine Italia, le sorti della Romagna pendevano incerte. La nota presentata alla segreteria di stato di Gregorio XVI, la sera del 21 maggio 1831, assicurava agli stati pontifici riforme che costituissero un’era affatto nuova e felice.
    La corte romana dava invece illusioni e frodi, o minaccie. Ma le popolazioni forti del loro diritto, e d’una promessa europea avevano assunta una attitudine energica e deliberata, che avrebbe fruttato un miglioramento qualunque, se l’intervento d’una forza brutale non avesse troncato a mezzo le speranze autorizzate dalla diplomazia. Il popolo dall’impeto d’una rivoluzione caduta era passato ad una opposizione parziale che non varcava i confini di ciò che i gabinetti chiamano legalità. Il Papa esauriva tutte l’arti d’una politica perfida per suscitarlo a moti dichiaratamente rivoluzionarii. Ma il popolo s’avvedeva dell’inganno e non si dipartiva da un sistema d’azione lenta e pacifica, ch’escludeva ogni intervento straniero. [...]
    Un giorno, quando convinti della onnipotenza d’un popolo che vuole rigenerarsi davvero, noi ci saremo levati di dosso la vergogna e l’oltraggio, alzeremo la voce, e narreremo a’ popoli, che allora ci stenderanno la mano, l’arti adoprate dal tedesco voglioso d’un nuovo dominio, per trascinarci a insurrezioni brevi, e non concertate – e l’armi somministrate perfidamente, poche per la difesa, tante da invogliare gl’incauti ad osare – e l’oro diffuso a promuovere le divisioni tra le guardie civiche e le moltitudini e le proteste di pace fatte ad illuderci [...] però la Romagna [...] contempla anzi i fati italiani che i propri [...] Ma i nostri concittadini della Romagna veglino da forti, e accolgano la voce de’ loro fratelli, che noi qui esprimiamo: vegliate, ed unitevi: ritemprate il vincolo della concordia nel servaggio comune: non vi lasciate sedurre a divisioni fatali da vanità meschine, da rancori di municipio. [...]


  9. #9
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    Predefinito il corsivo del "diavoletto"

    ...

  10. #10
    hussita
    Ospite

    Predefinito Re: il corsivo del "diavoletto"

    carino,
    riconosco lo stile della curia romana
    ciao a tutti , soprattutto ciao a calvin
    ( preferivo le recensioni di WH Auden)

 

 
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