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    Predefinito II settimana di Quaresima - Dai discorsi di S. Leone Magno

    Sermo LI, sive homelia habita sabbato ante II dom. Quadr., 3.5-8. PL 54, 310-313.

    Il Signore manifesta la sua gloria alla presenza di molti testimoni e fa risplendere quel corpo, che gli è comune con tutti gli uomini, di tanto splendore, che la sua faccia diventa simile al fulgore del sole e le sue vesti uguagliano il candore della neve.

    Questa trasfigurazione, senza dubbio, mirava soprattutto a rimuovere dall'animo dei discepoli lo scandalo della croce, perché l'abbassamento della Passione, volontariamente accettato, non scuotesse la fede, dal momento che era stata rivelata loro la grandezza sublime della dignità nascosta di Cristo.

    Ma, secondo un disegno non meno previdente, egli dava una solida base alla speranza della santa Chiesa, perché tutto il Corpo di Cristo prendesse coscienza di quale trasformazione sarebbe stato oggetto, e perché anche le membra si ripromettessero la partecipazione a quella gloria, che era brillata nel Capo.

    Stimolato da questa rivelazione di realtà misteriose, l'apostolo Pietro, in un moto di disprezzo per i beni del mondo e di nausea per le cose della terra, fu rapito e trascinato, per una sorta di estasi, verso i beni eterni. Nel gaudio di quella visione, era ansioso di abitare con Gesù proprio lì, dove trovava la sua gioia, perché gli si era manifestata la gloria di lui.

    Disse perciò: Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia.

    Il Signore non raccolse questa proposta, volendo significare non già che un tale desiderio era malvagio, ma solo che era fuori posto. Il mondo non poteva essere salvato se non attraverso la morte di Cristo, il cui esempio doveva portare la fede dei credenti a questa convinzione: che, senza bisogno di dubitare della felicità promessa, in mezzo alle tentazioni della vita presente noi dobbiamo chiedere la sopportazione prima della gloria. In realtà la felicità del regnare non può precedere il tempo del soffrire.

    L'Apostolo stava ancora parlando, quand’ecco una nube luminosa li avvolse e una voce proveniente dalla nube diceva: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo.

    Questi è il Figlio mio, che non ha aspirato a impadronirsi di quell'uguaglianza che condivide insieme con me e non l'ha usurpata. Mantenendosi nella mia stessa condizione gloriosa, ha voluto abbassare la sua immutabile divinità fino alla condizione di schiavo per realizzare il nostro comune disegno di redimere il genere umano. Lui dunque, oggetto assoluto delle mie compiacenze, il cui insegnamento mi rivela, la cui umiltà mi esalta, lui dovete senza esitazione ascoltare.

    Egli è la verità e la vita, egli è la mia potenza e la mia sapienza. Ascoltate lui che fu annunziato nei misteri della legge e cantato per bocca dei profeti. Ascoltate lui che redime il mondo a prezzo del suo sangue, incatena il demonio sottraendogli le sue armi, lacera il decreto del peccato e il patto dell'iniquità. Ascoltate lui che apre il cammino verso il cielo e attraverso il supplizio e la morte vi facilita l'ascesa al Regno.

    Perché dunque vi preoccupate di essere redenti? Perché temete di essere sanati dalle vostre ferite? Si compia quanto, come io voglio, vuole Cristo. Liberatevi da ogni umana paura e armatevi della salvezza che viene dalla fede. Sarebbe davvero indegno di voi temere nella passione di Cristo quel che per la sua grazia non temerete neppure nella vostra morte.

    Tutto questo, miei cari, non è stato detto per il bene esclusivo di quelli che l'ascoltarono direttamente; al contrario, fu tutta la Chiesa che nella persona dei tre apostoli apprese quanto vide il loro sguardo e sentì il loro udito.

    All'annunzio del vangelo si rinvigorisca dunque la fede di voi tutti, e nessuno si vergogni della croce di Cristo, per mezzo della quale è stato redento il mondo.

    Nessuno esiti a soffrire per la giustizia, nessuno dubiti di ricevere la ricompensa promessa, perché attraverso la fatica si passa al riposo e attraverso la morte si giunge alla vita.

    Cristo ha assunto le debolezze della nostra condizione e anche noi, se persevereremo nella confessione e nell'amore di lui, riporteremo la sua stessa vittoria e conseguiremo il premio promesso.

    Quindi, sia per osservare i comandamenti, sia per sopportare le contrarietà, risuoni sempre ai nostri orecchi la voce del Padre che dice: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo.

    Raffaello Sanzio, Trasfigurazione (dettaglio), 1518-20, Pinacoteca Vaticana, Città del Vaticano, Roma

    Raffaello Sanzio, Trasfigurazione , 1518-20, Pinacoteca Vaticana, Città del Vaticano, Roma

    Lorenzo Lotto, Trasfigurazione , 1510-12, Pinacoteca Comunale, Recanati

    Pietro Perugino, Trasfigurazione , 1498, Collegio del Cambio, Perugia

  2. #2
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    Predefinito Dai Discorsi di sant'Agostino

    Sermo 78,3-6. PL 38,491-493.

    Pietro vede quello che sta succedendo e ha una reazione tipicamente umana: Signore, è bello per noi restare qui.

    Infastidito della folla, finalmente ha raggiunto la solitudine sul monte: ha con sé Cristo, vero pane per l'anima. Perché ritornare al lavoro e alla fatica, quando il cuore è pieno di santo amore per Dio, che rende pura la vita?

    Poiché Pietro non pensa più che a rimanere là, ove sta così bene, aggiunge: Se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosé e una per Elia.

    Il Signore non replica nulla a quell'iniziativa, eppure c’è una risposta per Pietro. Infatti, mentre egli stava parlando, venne una nube luminosa che li avvolse. Pietro voleva rizzare tre tende; la risposta venuta dal cielo mostrò invece che c'è una sola tenda per noi, a volte umanamente tentati di scinderla. Cristo è Parola di Dio, Parola di Dio nella legge, Parola di Dio nei profeti.

    Pietro, perché cerchi di dividere? Ti conviene piuttosto congiungere queste tre realtà: ne cerchi tre, riconosci invece che le tre sono una.

    Mentre quella nuvola li avvolgeva tutti sotto la sua ombra, come sotto un'unica tenda, risuonò una voce scaturita dal centro della nube: Questi è il Figlio mio prediletto.

    C'erano lì Mosè ed Elia, c'era Gesù. eppure la voce non disse: "Questi sono i miei figli prediletti". Essa non confonde l'Unigenito con i figli di adozione. Soltanto Gesù fu designato, lui, del quale la legge e i profeti si gloriavano. Perciò fu detto soltanto: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo. Lo avete udito nei profeti, lo avete udito nella legge. Quando non vi ha parlato? A quella voce, gli apostoli stramazzarono a terra.

    Ecco il regno di Dio, che appare ormai nella Chiesa. Lì c'è il Signore, lì ci sono la legge e i profeti. Il Signore vi sta come Signore, la legge e i profeti come servi e ministri. I vasi sono Mosè per la legge ed Elia per i profeti: la fonte è il Signore Gesù. Mosè e i profeti scrissero e parlarono ma riversarono soltanto l'acqua che ricevevano in pienezza.

    Infine il Signore tende la mano ai discepoli e li rialza. Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo.

    Che cosa simboleggia questo per noi? San Paolo lo spiega così: Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. (Cor 13,12) Il dono delle lingue cesserà, quando sarà giunto l'oggetto della nostra fede e della nostra speranza.

    Questo piombare in terra degli apostoli significa la morte, perché è detto della carne: Polvere tu sei e in polvere tornerai. (Gn 3,19)

    Il rialzarsi degli apostoli grazie al Signore rappresenta la risurrezione. Che diverranno la legge e i profeti dopo la risurrezione? Non se ne parlerà più. Ecco perché i discepoli non videro più né Mosè né Elia.

    Allora cosa resterà? Il Verbo, del quale sta scritto: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio (Gv 1,1). Ti resterà dunque Dio tutto in tutti. (Cf 1 Cor 15,28)

    Scendi, Pietro, scendi dal monte dove volevi fissarti nella quiete; scendi, annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina, (2 Tm 4,2) lavora, suda, accetta i tormenti.

    Tutto questo Pietro non l'aveva capito quando voleva trascorrere la vita sulla montagna assieme con Cristo.

    Pietro, quello che chiedi, ti sarà dato dopo la morte. Ora devi scendere, lavorare sulla terra, darti da fare a servire, venir disprezzato in questo mondo ed essere crocifisso.

    La stessa Vita è scesa fra noi per morirvi, il Pane del cielo per patirvi la fame, la Via per essere stanco del cammino, la Fonte d'acqua viva per soffrire la sete.

    E tu, Pietro, ti rifiuteresti di lavorare? Non cercare il tuo interesse, sii pieno di amore per i fratelli, predica la verità: allora giungerai al porto eterno e vi troverai la pace per sempre.

    Duccio di Buoninsegna, Trasfigurazione , 1308-11, National Gallery, Londra

    Giovanni Bellini, Trasfigurazione , 1487 circa, Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli

    Giovanni Bellini, Trasfigurazione , 1455 circa, Museo Correr, Venezia

    Beato Angelico, Trasfigurazione , 1440-41, Convento di San Marco, Firenze

  3. #3
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    Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 532-537

    SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA

    LA TRASFIGURAZIONE


    La santa Chiesa ci propone oggi a meditare un soggetto di alta portata per il tempo in cui siamo. In questa seconda Domenica della santa Quaresima applica a noi la lezione che un giorno il Signore diede ai suoi tre Apostoli. Ma dobbiamo sforzarvi d'essere più attenti dei tre discepoli del Vangelo, che il Maestro si degnò preferire agli altri per onorarli d'un simile favore.

    Accondiscendenza di Gesù.

    Gesù stava per passare della Galilea nella Giudea per recarsi a Gerusalemme, dove si doveva trovare alla festa di Pasqua. Era l'ultima Pasqua, che doveva incominciare con l'immolazione dell'agnello figurativo e terminare col Sacrificio dell'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Gesù non doveva più essere sconosciuto ai suoi discepoli: le sue opere avevano reso testimonianza di lui, anche davanti agli occhi degli stranieri; la sua parola così fortemente dotata di autorità, la sua attraente bontà, la pazienza nel tollerare la grossolanità degli uomini che s'era scelti a suoi compagni: tutto doveva aver contribuito ad affezionarli a lui fino alla morte. Avevano sentito Pietro, uno di loro, dichiarare per ispirazione divina ch'egli era il Cristo, Figlio del Dio vivente (Mt 16,16); nondimeno, la prova che stavano per subire doveva essere così terribile alla loro debolezza, che Gesù, prima d'assoggettarveli, volle loro accordare un ultimo mezzo, per premunirli contro la tentazione.

    Lo scandalo della Croce.

    Non solo, ahimè! per la Sinagoga la Croce poteva diventar motivo di scandalo (1Cor 1,23); Gesù nell'ultima Cena, alla presenza degli Apostoli riuniti intorno a lui, diceva: "Tutti voi patirete scandalo per causa mia, in questa notte" (Mt 26,31). Quale prova, per uomini carnali come loro, nel vederlo trascinato carico di catene in balia dei soldati, trasportato da un tribunale all'altro, senza pensare a difendersi; nel veder riuscita la congiura dei Pontefici e dei Farisei, tante volte confusi dalla sapienza di Gesù e dalla grandezza dei suoi prodigi; finalmente, nel vederlo spirare sopra una croce infame, fra due ladroni, e fatto segno di tutto il livore dei suoi nemici!

    Non si perderanno di coraggio, alla vista di tante umiliazioni e sofferenze, questi uomini che da tre anni lo hanno seguito dovunque? Si ricorderanno di tutto ciò che hanno visto e sentito? Non saranno agghiacciate le loro anime dal terrore o dalla viltà, il giorno che si compiranno le profezie ch'egli fece loro di se stesso? Ecco perché Gesù vuol fare un ultimo tentativo a favore di tre di essi che gli sono particolarmente cari: Pietro, da lui predestinato fondamento della sua futura Chiesa, ed al quale ha promesso le chiavi del cielo; Giacomo, il figlio del tuono, che sarà il primo martire del collegio degli Apostoli, e Giovanni suo fratello, chiamato il discepolo prediletto. Gesù li vuol condurre in disparte, e mostrare loro, per alcuni istanti, lo splendore di quella gloria che lo nasconde agli occhi dei mortali fino al giorno della manifestazione.

    La Trasfigurazione.

    Egli dunque lascia gli altri discepoli nella pianura presso Nazaret e si dirige, coi tre preferiti, verso un alto monte chiamato Tabor, che appartiene anch'esso alla catena del Libano, e del quale il Salmista ci disse che doveva sussultare al nome del Signore (Sal 88,13). Giunto Gesù sulla cima del monte, ecco che tutto ad un tratto, davanti agli occhi strabiliati dei tre Apostoli, scomparve il suo aspetto mortale; il suo volto divenne risplendente come il sole, e le sue vesti immacolate come neve scintillante. Appaiono ai loro occhi due inattesi personaggi, che s'intrattengono col loro Maestro sulle sofferenze che l'attendono a Gerusalemme. È Mosè il legislatore, coronato di raggi, ed il profeta Elia, trasportato in cielo sopra un carro di fuoco, senza passare per la morte. Queste due grandi potenze della religione mosaica, la Legge e la Profezia, s'inchinano umilmente davanti a Gesù di Nazaret. E non solo gli occhi dei tre Apostoli sono colpiti dallo splendore che circonda ed emana dal loro Maestro; ma anche il loro cuore è preso da un sentimento di felicità che li stacca dalla terra. Pietro non vuole più scendere dal monte; con Gesù, Mosè ed Elia desidera stabilirvi il suo soggiorno. E perché nulla manchi ad una tale scena, in cui vengono manifestate agli Apostoli le grandezze dell'umanità di Gesù, da una nube luminosa, che scende ed avvolge la vetta del Tabor, esce la testimonianza del Padre celeste, dalla cui voce essi sentono proclamare Gesù Figlio eterno di Dio.

    Fu un momento di gloria che durò ben poco per il Figlio dell'uomo, la cui missione di patimenti e di umiliazioni lo reclamava a Gerusalemme. Nascose allora in se stesso lo splendore soprannaturale, e quando richiamò in sé gli Apostoli, quasi annientati dalla voce del Padre, essi videro solamente il loro Maestro: svanita la nube luminosa entro la quale aveva tuonato la parola di Dio, Mosè ed Elia scomparsi. Si ricorderanno almeno di ciò che hanno visto e sentito, questi uomini favoriti di così eccelso favore? Rimarrà impressa d'ora innanzi nella loro memoria la divinità di Gesù o non dispereranno della sua missione divina, giunta l'ora della prova, e non saranno scandalizzati dal suo volontario abbassamento? Il seguito dei Vangeli ce ne darà la risposta.

    L'agonia del Getsemani.

    Poco tempo dopo, celebrata con essi l'ultima cena, Gesù conduce i suoi discepoli sopra un alto monte, su quello degli Ulivi, a oriente di Gerusalemme. Lascia all'entrata dell'orto tutti gli altri e, presi con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, con essi s'inoltra più avanti in quel luogo solitario. "L'anima mia è triste fino alla morte, disse loro: restate qui e vegliate con me" (Mt 26,38), e s'allontana ad una certa distanza per pregare il Padre. Noi sappiamo quale dolore opprimeva in quel momento il cuore del Redentore. Quando tornò ai tre discepoli, era ormai terminata l'agonia: un Sudore di Sangue aveva attraversato persino le sue vesti. Ebbene, in mezzo ad uno spasimo così terribile, vegliano almeno i suoi Apostoli con ardore, finché non arriverà il momento d'andare a immolarsi per lui? No, essi si sono addormentati, perché s'erano appesantiti i loro occhi; anzi, fra poco, tutti fuggiranno, e Pietro, il più sicuro di tutti, giurerà di non conoscerlo neppure.

    Lezione di fede.

    Ma più tardi, testimoni della risurrezione del loro Maestro, i tre Apostoli esecrarono la loro condotta con un pentimento sincero e riconobbero la provvida bontà con la quale il Salvatore, poco tempo prima della sua Passione, aveva cercato di premunirli contro la tentazione, manifestandosi nella sua gloria.

    Noi, cristiani, non aspettiamo d'averlo abbandonato e tradito per conoscere la sua grandezza e la sua divinità. Ora che ci andiamo avvicinando all'anniversario del suo Sacrificio, lo vedremo anche noi umiliato, e quasi schiacciato dalla mano di Dio. Che la nostra fede non venga meno a tale spettacolo! L'oracolo di David ci raffigura Gesù simile ad un verme della terra (Sal 21,7) che si calpesta; la profezia d'Isaia ce lo dipinge come un lebbroso, l'ultimo degli uomini, l'uomo dei dolori (Is 53,3-4): tutto deve avverarsi alla lettera. Ricordiamoci allora della gloria del Tabor, degli omaggi di Mosè e di Elia, della nube luminosa, della voce del Padre. Più Gesù s'abbassa ai nostri occhi, e più dobbiamo esaltarlo ed acclamarlo, dicendo con la milizia degli Angeli e con i ventiquattro vegliardi ciò che S. Giovanni, uno dei testimoni del Tabor, intese nel cielo: "L'Agnello ch'è stato immolato è degno di ricevere la potenza, la divinità, la sapienza, la fortezza e l'onore, la gloria e la benedizione!" (Ap 5,12).

    La seconda Domenica di Quaresima è chiamata Reminiscere, dalla prima parola dell'Introito della Messa, oppure anche la Domenica della Trasfigurazione, per il Vangelo che abbiamo esposto.

    La Stazione è a Roma, a S. Maria in Domnica, sul Celio. Una leggenda ci mostra questa basilica come l'antica diaconia abitata da santa Ciriaca, dove san Lorenzo distribuiva le elemosine della Chiesa.

    MESSA

    EPISTOLA (1Ts 4,1-7). - Fratelli: Vi preghiamo e scongiuriamo nel Signore Gesù, che, avendo da noi appreso in qual modo dobbiate diportarvi per piacere a Dio, così vi diportiate, affinché progrediate sempre più. Voi ben sapete quali precetti v'abbia dato da parte del Signore Gesù. Or la volontà di Dio è questa: la vostra santificazione, e che v'asteniate dalla fornicazione; che sappia ciascuno di voi essere padrone del proprio corpo nella santità e nell'onestà, senza farsi dominare dalla concupiscenza, come fanno i gentili che non conoscono Dio; e che nessuno ricorra a soverchierie o a frodi nei negozi col proprio fratello, perché il Signore fa giustizia di tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e dichiarato, non avendoci Dio chiamati all'immondezza, ma alla santità: in Cristo Gesù nostro Signore.

    La santità del cristiano.

    In questo passo l'Apostolo insiste sulla santità dei costumi che deve risplendere nei cristiani; e la Chiesa, nel metterci sott'occhio queste parole ammonisce i fedeli che vogliono approfittare del tempo in cui siamo, per restaurare in se stessi la purezza dell'immagine di Dio, che era stata loro impressa nella grazia battesimale. Il cristiano è come un vaso d'onore, formato ed abbellito dalla mano di Dio; perciò si deve preservare dall'ignominia che lo degraderebbe e lo farebbe degno d'essere frantumato e gettato in un letamaio di immondizie. È gloria del Cristianesimo, se il corpo è stato fatto partecipe della santità dell'anima; ma la sua celeste dottrina ci avvisa, nello stesso tempo, che si deturpa e si perde la santità dell'anima con la sozzura del corpo. Riedifichiamo dunque in noi tutto l'uomo, con l'aiuto delle pratiche di questa santa Quaresima; purifichiamo l'anima nostra con la confessione dei peccati, con la compunzione del cuore, con l'amore verso il misericordioso Signore; e riabilitiamo anche il nostro corpo, facendogli portare il giogo dell'espiazione, affinché d'ora in poi esso sia servo dell'anima ed il suo docile strumento, fino al giorno in cui l'anima, entrata in possesso d'una felicità senza fine e senza limiti, riverserà su di lui la sovrabbondanza delle delizie, delle quali sarà ripiena.

    VANGELO (Mt 17,1-9). - In quel tempo: Gesù presi con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, li condusse sopra un alto monte, in disparte. E si trasfigurò in loro presenza, e il suo viso risplendè come il sole, e le sue vesti divennero bianche come la neve. Ed ecco, loro apparvero Mosè ed Elia a conversare con lui. E Pietro prese a dire a Gesù: Signore, è un gran piacere per noi lo star qui: se vuoi, ci facciamo tre tende, una per te, una per Mosè ed una per Elia. Mentre egli ancora parlava, ecco una lucida nube avvolgerli: ed ecco dalla nuvola una voce che diceva: Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo. Udito ciò, i discepoli caddero bocconi per terra ed ebbero gran timore. Ma Gesù, accostatosi a loro, li toccò e disse: Levatevi, non temete. Ed essi, alzati gli occhi non videro altri che Gesù. E mentre scendevano dal monte, Gesù, comandando, disse loro: Non parlate ad alcuno di questa visione, finché il figlio dell'uomo non sia risuscitato dai morti.

    Bontà di Gesù e debolezza degli Apostoli.

    Così Gesù veniva in aiuto ai suoi Apostoli alla vigilia della prova, cercando d'imprimere profondamente nel loro pensiero la sua gloriosa immagine, per il giorno in cui l'occhio della carne non avrebbe più visto in lui che debolezza e ignominia. Oh, provvidenza della grazia divina, che non manca mai all'uomo, e giustifica sempre la bontà e la giustizia di Dio! Come gli Apostoli, anche noi abbiamo peccato; come loro, abbiamo trascurato il soccorso che ci era stato inviato dal cielo, e abbiamo chiuso volontariamente gli occhi alla luce, abbiamo dimenticato lo splendore che prima ci aveva rapiti, e siamo caduti. Noi non fummo mai tentati oltre le nostre forze (1Cor 10,13): dunque i nostri peccati sono proprio opera delle nostre mani. I tre Apostoli furono esposti ad una violenta tentazione il giorno in cui il loro Maestro sembrò perdere ogni sua grandezza; ma era facile per loro rafforzarsi con un ricordo glorioso e recente. Lungi da ciò, si lasciarono abbattere, trascurarono di riprendere forza nella preghiera; e così i fortunati testimoni del Tabor si mostrarono, nell'Orto degli Ulivi, vili e infedeli. Non esisteva altro scampo per loro, che raccomandarsi alla clemenza del Maestro, dopo ch'ebbe trionfato dei suoi spregevoli nemici; e dal suo cuore generoso ne ottennero il perdono.

    Confidenza nella misericordia divina.

    A nostra volta, imploriamo anche noi la sua sconfinata misericordia, perché abbiamo noi pure abusato della grazia divina, rendendola sterile con la nostra infedeltà. Finché vivremo in questo mondo, non si seccherà mai per noi la sorgente della grazia, che è il frutto del sangue e della morte del Redentore: prepariamoci di nuovo ad attingerla. Essa ora ci sollecita all'emendamento della nostra vita; piovendo in abbondanza sulle anime, nel tempo in cui siamo, questa grazia la troveremo principalmente nei santi esercizi della Quaresima. Trasportiamoci sul monte con Gesù: a quell'altezza dove non si odono più i rumori della terra; innalziamo lì una tenda per quaranta giorni, in compagnia di Mosè ed Elia, i quali, come noi e prima di noi, resero sacro quel numero coi loro digiuni; e quando il Figlio dell'uomo sarà risuscitato dai morti, proclameremo i favori che si degnò accordarci sul Tabor.

    PREGHIAMO

    O Dio, che ci vedi privi d'ogni forza, custodisci le nostre persone, affinché siamo liberati da ogni avversità nel corpo, e siamo purificati dai cattivi pensieri nell'anima.

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    Predefinito Dal "Memoriale della vita cristiana" di Luigi di Granada.

    Tra gli episodi principali della vita di Gesù Cristo, che spiccano e appassionano di più vi è la sua gloriosa trasfigurazione. Un giorno Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E mentre pregava il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante (Lc 9, 28-29). Notiamo l'audace stratagemma che escogita il Maestro divino per attirarci a sé. Cristo conosce i meccanismi dell'animo umano che resta sedotto dal fascino dei beni presenti più che dalla promessa di realizzazioni future. Lo afferma anche Qoelet: Meglio vedere con gli occhi che vagare con il desiderio (Qo 6, 9). Dopo aver annunziato più volte agli apostoli che la loro ricompensa sarebbe ben grande nel regno dei cieli, che vi starebbero seduti su dodici troni, Cristo vuole ancora far loro assaporare un anticipo delle dolcezze della ricompensa ultramondana. Il Signore spera che l'aprirsi allo stupore della vittoria finale infonderà negli apostoli un coraggio nuovo per affrontare i rischi del combattimento.

    Però il Signore non svela la gloria che inebria i santi; i sensi non potranno mai coglierla. Scopre soltanto il mare di luce e di bellezza in cui veleggeranno i corpi dei beati, dopo la risurrezione. Sapienza di Cristo! Non è forse la carne quella che tende dì continuo a far deragliare il nostro itinerario verso le vette? Non è forse lei l'ostacolo primario per cui arretriamo quando si tratta di imitare Cristo Gesù e portare la croce? Perciò, proprio la nostra parte sensibile andava coinvolta perché potesse gettarsi allo sbaraglio, spronata dal pungolo della gloria immensa che l'aspetta. Ti sentì congelare quando ti si parla di mortificare, crocifiggere il tuo comportamento secondo natura? Fatti forza e ascolta quello che dice san Paolo: Aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo, per conformarlo al suo corpo glorioso (Fil 3, 21).

    Notate anche il monte che il divin Maestro sceglie per offrire agli apostoli quello spettacolo glorioso: è un luogo solitario, anzi deserto. Eppure a Cristo non sarebbe costato nulla scegliere una vallata o un posto accessibile a tutti. Ne segue che uno non ottiene la grazia della trasfigurazione nel tumulto e nel fracasso degli affari, ma nella solitudine del raccoglimento; di certo non nelle regioni dove dominano voraci gli appetiti, ma sul monte della sobrietà, una volta acquietati sensi e moti passionali. Allora, su quel monte solitario, uno vede Cristo trasfigurato, gode della bellezza di Dio, riceve i doni dello Spiríto Santo. Lassù si beve una goccia delle acque del fiume che rallegra la città dì Dio; sì gusta il vino squisito che inebria i beati del cielo.
    Ora, se una volta soltanto tu fossi giunto in cima a questo monte, con che entusiasmo avresti pronunciato le parole di Pietro: Maestro, è bello per noi stare qui. Come se avesse voluto dire: Signore, donaci questo unico monte in cambio dell'universo intero; donaci i beni della solitudine, al posto dei beni e dei piaceri del mondo.

    Notate ancora che la trasfigurazione avvenne mentre il Salvatore stava pregando. Gli intimi di Dio in genere sono trasfigurati nell'esercizio della preghiera. Proprio allora ricevono uno spirito nuovo, una luce nuova, un cibo nuovo, una purezza di vita nuova; il cuore è reso così fervido da questa trasfigurazione spirituale, opera esclusiva di Dio, che è irriconoscibile.
    Soffermiamoci anche sull'argomento che occupa il Salvatore nel mezzo della gloria che lo avvolge. Egli discorre delle sofferenze che lo aspettano a Gerusalemme; vuole cioè insegnarci su che realtà devono sboccare i favori divini, e quali sentimenti e propositi essi devono fare nascere in cuore ai servi di Dio: appunto il vivo desiderio di soffrire e dar la vita per il Maestro che ci tratta con bontà. Egli merita tale sacrificio e infinitamente di più. Sicché, quando il Signore ti colmerà delle sue tenerezze, pensa ai dolori che dovrai sostenere per lui; a tali doni deve far eco una simile riconoscenza.


  5. #5
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    Predefinito Dalla "Mistica Città di Dio" della Ven. Suor Maria di Gesù Agreda

    Libro VI, Cap. 6, §§ 1099-1114

    CAPITOLO 6

    Cristo, nostro Signore, si trasfigura sul Tabor alla presenza della sua Madre santissima, con la quale sale dalla Galilea a Gerusalemme per avviarsi alla passione. Si narra, inoltre, ciò che avviene in Betania, quando Maria di Màgdala va ad ungere il Redentore.


    1099. Erano trascorsi più di due anni e mezzo dall'inizio della predicazione e dei miracoli di sua Maestà, e si avvicinava l'ora stabilita negli eterni decreti per il suo ritorno al Padre per mezzo della passione, attraverso la quale avrebbe soddisfatto la giustizia divina e riscattato il genere umano. Tutte le sue azioni erano orientate alla nostra salvezza e alla nostra istruzione e colme di sapienza, per cui egli decise di preparare qualcuno dei suoi seguaci allo scandalo della sua morte e di manifestarsi loro glorioso nel corpo passibile, che avrebbero visto flagellato e crocifisso, perché lo contemplassero prima trasfigurato nello splendore che sfigurato dalla sofferenza. Aveva fatto questa promessa poco innanzi alla presenza di tutti, benché non per tutti, ma solo per alcuni. A tale scopo scelse un alto monte, il Tabor, che si trova in Galilea, a due leghe di distanza verso est da Nazaret. Dai Vangeli risulta che, salito sulla cima con Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, cambiò aspetto davanti a loro, e che c'erano anche Mosè ed Elia, i quali parlavano con lui della sua dipartita. In quell'istante venne dal cielo una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo».

    1100. Gli autori sacri non specificano se Maria beatissima fosse o meno insieme ad essi, poiché questo non apparteneva al loro intento e non era opportuno svelare il segreto prodigio con il quale ciò avvenne. Perché possa scrivere questa Storia, mi è stato confidato che ella, nell'attimo stesso in cui degli angeli andarono a prendere i due profeti, fu portata per mano dei suoi custodi su quella vetta, affinché scorgesse Gesù avvolto di luce. Senza dubbio fu così, sebbene per lei non fosse necessario come per gli altri essere confermata nella fede, nella quale era già salda; Cristo aveva molti fini per tale meraviglioso evento e cerano tante altre ragioni perché non lo celebrasse senza di lei. Quanto per gli apostoli era una grazia, era come dovuto alla Signora, che era sua compagna e collaboratrice nelle opere della redenzione e lo sarebbe stata fino al Golgota. Era conveniente che ella venisse confortata per i tormenti che avrebbe patito e per di più, dovendo restare come maestra della Chiesa, era bene che fosse testimone di questo arcano e colui il quale le mostrava tutti gli atti della propria anima santissima non le tenesse celato ciò che le era così facilmente palesabile. L'amore che egli aveva verso la Madre, poi, non era di qualità tale che le potesse negare questo favore: non ne tralasciò mai alcuno di quelli che fossero in grado di esprimere il suo tenerissimo affetto e che fossero per lei segno di eccellenza e dignità. Per questi motivi e per molti altri che non c'è bisogno di riferire adesso, come mi è stato reso noto, la Regina assistette a tale mistero del suo Unigenito.

    1101. Non osservò trasfigurata solo la sua umanità, ma, per tutto il tempo, anche la divinità, in modo intuitivo e con chiarezza, perché il beneficio per lei non doveva essere come per i discepoli, ma più ricco e pieno; anzi, nella visione stessa della gloria del corpo, che fu comune a tutti, ci fu enorme differenza tra lei e loro. I tre non solo erano oppressi dal sonno, quando il Signore si ritirò a pregare, ma inoltre, udendo le parole provenienti dall'alto, furono colti da grande timore, caddero al suolo e così rimasero finché egli stesso non parlò loro e li fece alzare. La Vergine, invece, stette immobile di fronte a tutto, sia perché era abituata a tanti magnifici doni, sia perché in quel momento era ricolma di nuove doti, di illuminazioni e di fortezza per contemplare Dio. Così, poté fissare lo sguardo sul corpo trasfigurato senza la paura e l'imperfezione che quelli provarono nei sensi; benché esso le si fosse manifestato altre volte, ciò accadde allora in maniera diversa e più mirabile, e con rivelazioni più particolari. Tali furono anche le conseguenze prodotte in lei, che si ritrovò tutta trasformata, infiammata e nobilitata, e finché visse come mortale non perse mai le specie avute in questa occasione. Esse le furono di immensa consolazione mentre il Salvatore era lontano, fino a quando non le si ripresentò la sua immagine gloriosa in altro modo; ma le fecero anche percepire più acerbamente gli oltraggi del supplizio di chi le era apparso rivestito di onore.

    1102. Questo non può essere illustrato con alcun paragone. Non fu causato solo dal ravvisare circondata di tanto fulgore la sostanza che il Verbo aveva preso dal suo sangue e che ella aveva custodito nel suo castissimo grembo e allattato al suo seno, ma anche dall'intendere la voce del Padre riconoscere come figlio colui che era anche figlio suo e darlo a tutti come maestro. Penetrava e ponderava ogni cosa con straordinaria gratitudine e ne rendeva degnamente lode all'Onnipotente, componendo con i suoi angeli eccelsi cantici, per festeggiare quel giorno tanto felice. Non mi diffondo oltre su questo e non preciso in che cosa consistesse il cambiamento di aspetto di Gesù; basti sapere che il suo volto risplendette come il sole e le sue vesti divennero più bianche della neve. Questa gloria traboccò nel corpo da quella che egli aveva sempre nella sua anima divinizzata; infatti, cessò temporaneamente, riprendendo subito dopo, il miracolo realizzato nell'incarnazione con la sospensione degli effetti che altrimenti dall'anima avrebbero dovuto ridondare permanentemente nel corpo purissimo, che per questo ne partecipò con l'intensa luce vista dai presenti. L'anima era sempre beatificata, per cui fu un prodigio anche che il corpo ottenesse provvisoriamente ciò che secondo l'ordine naturale gli sarebbe spettato di continuo.

    1103. Quando tutto fu compiuto, Maria fu riportata a casa, a Nazaret. Immediatamente sua Maestà scese dal monte e si recò da lei, per congedarsi dalla sua patria ed avviarsi verso la città santa, nella quale avrebbe dovuto affrontare la sua passione nella Pasqua successiva, che per lui sarebbe stata l'ultima. Dopo non molto partì, accompagnato da sua Madre, dagli apostoli, dai discepoli e da alcune pie donne, e cominciò a percorrere la Galilea e la Samarìa, finché arrivò in Giudea e, quindi, alla sua meta. L'evangelista san Luca narra questo viaggio dicendo che egli si diresse decisamente verso Gerusalemme', perché si incamminò con sembiante lieto, con fervoroso desiderio di soffrire e con volontà propria ed efficace di consegnarsi per tutti, e inoltre perché non avrebbe più fatto ritorno nei luoghi dove aveva operato tante meraviglie. Con questa determinazione, magnificò l'Altissimo e lo ringraziò come uomo, perché lì aveva ricevuto la forma e la vita terrena che per la redenzione offriva alla morte, alla quale andava ad abbandonare se stesso. Tra le altre espressioni della sua orazione, che io non posso spiegare con le mie, ci furono queste:

    1104. «Eterno sovrano, per obbedire al vostro comando vado con gioia e volentieri a soddisfare la vostra giustizia, a patire sino alla fine e a riconciliare con voi tutti i discendenti di Adamo pagando il debito dei loro peccati e aprendo le porte del cielo, che sono loro chiuse. Vado a cercare quelli che si sono perduti disprezzandomi e che devono essere salvati dalla forza del mio amore. Vado a radunare i dispersi della casa di Giacobbe, a risollevare i caduti, ad arricchire i poveri, a dissetare gli assetati, ad abbattere i superbi e ad esaltare gli umili. Voglio sconfiggere l'inferno e rendere insigne il vostro trionfo contro Lucifero e contro i vizi da lui seminati. Voglio innalzare lo stendardo della croce, sotto il quale devono militare tutte le virtù e tutti quelli che lo seguiranno. Voglio saziare il mio cuore avido di umiliazioni e di ingiurie, che ai vostri occhi sono tanto stimabili. Voglio abbassarmi fino ad essere ucciso dai miei avversari, affinché i nostri amici ed eletti siano ossequiati e consolati nelle loro tribolazioni e siano elevati con premi generosi allorché sul mio esempio si piegheranno a sopportarle. O croce sospirata, quando mi accoglierai tra le tue braccia? O dolci insulti e tremendi affronti, quando mi condurrete alla morte perché la vinca nella mia carne, in tutto innocente? Oltraggi, ignominie, flagelli, spine, passione, morte, venite, venite a me che vi bramo, fatevi trovare subito da chi vi ha cari e conosce il vostro pregio. Se il mondo vi detesta, io vi ambisco; se esso per ignoranza vi denigra, io, che sono la sapienza, vi agogno perché vi prediligo. Venite, dunque, a me; se come uomo vi accetterò, come Dio vi darò la dignità che la colpa e chi l'ha commessa vi hanno tolto. Venite a me e non defraudate i miei aneliti, perché, se sono onnipotente e per questo non vi avvicinate, vi do io stesso licenza di impiegare sulla mia umanità ogni vostra energia. No, da me non sarete rigettati né aborriti come lo siete generalmente. Si eliminino ormai l'inganno e la fallace seduzione di quanti servono la vanità e la menzogna, reputando infelici i miseri, afflitti e dileggiati da tutti. Se, infatti, vedranno colui che è il loro vero Creatore, maestro e padre sostenere onte vergognose, strazi, scherni, nudità e supplizi, cesserà finalmente l'errore e riterranno un motivo di vanto imitare il loro stesso Signore crocifisso».

    1105. Queste sono alcune delle parole che, secondo quanto mi è stato rivelato, il nostro Salvatore formulava dentro di sé. Gli effetti e le opere manifestarono quello che i miei termini non sono capaci di esprimere, per avvalorare le sue sofferenze con la carità con la quale le ricercò e portò; eppure noi, gente terrena, continuiamo ad avere un cuore di pietra e non ci allontaniamo dalle cose vacue. Anche mentre la stessa verità e vita pende da un duro legno davanti a noi, la superbia ci trascina, l'umiltà ci è sgradita, i diletti ci rapiscono e giudichiamo ripugnante ciò che è amaro. Oh, sbaglio che muove al pianto! Penare molto per non penare un poco, affaticarsi oltre misura per non farsi carico di una piccola molestia, decidere stoltamente di andare incontro ai tormenti perpetui per non subirne alcuni molto leggeri o per non privarsi di un onore falso o apparente! Quale persona che sia sana di mente potrà affermare che chi agisce così ama se stesso, quando un suo efferato nemico, nonostante tutto il suo odio, non potrà mai fargli tanto male quanto se ne fa egli stesso con quanto compie contro la volontà divina? Noi riteniamo ostile chi ci adula ed accarezza se, nascondendolo con queste dimostrazioni, trama un tradimento; e sarebbe pazzo chi, essendone informato, si lasciasse raggirare per quel breve piacere. Se ciò è certo, e senza dubbio lo è, che diremo del senno di coloro che vanno dietro alle realtà mondane? Chi lo ha sottratto loro, chi impedisce loro di ragionare? Oh, quanto è grande il numero degli sconsiderati!

    1106. Tra tutti i figli di Adamo solo Maria, come ritratto autentico di Cristo, si uniformò al suo volere e alla sua condotta, senza discordare in niente dai suoi insegnamenti e dalle sue azioni. Fu ricolma di accortezza e di scienza e poté compensare le mancanze della nostra insensatezza, guadagnandoci così lo splendore della verità in mezzo alle nostre fitte tenebre. Nell'occasione di cui sto parlando, ella mirò nello specchio dell'anima beatissima di Gesù tutti i suoi atti interiori e i suoi desideri. Poiché da esso imparava come comportarsi, nello stesso momento pregò così nel suo intimo: «Eccelso Padre delle misericordie, proclamo il vostro essere infinito ed immutabile, vi lodo e glorifico perennemente. In questo luogo, infatti, dopo avermi plasmata, la vostra bontà ha spiegato il vigore della vostra destra, innalzandomi ad essere Madre del vostro Unigenito con la pienezza dello Spirito e degli antichi favori, che avete fatto rifulgere in me, vostra vile ancella; e in seguito, per sua sola benignità, egli nell'umanità ricevuta dal mio corpo si è degnato di tenermi nella sua tanto incantevole compagnia per trentatré anni, durante i quali ne ho goduto con gli influssi della sua grazia e con i suoi ammonimenti, che mi hanno rischiarato nel profondo. Oggi io abbandono la mia patria e vado con il mio Maestro secondo il vostro beneplacito, per assisterlo nel sacrificio della sua vita, che deve essere donata per tutti. Non c'è alcun dolore simile al mio dolore, poiché devo vedere in potere dei lupi più feroci l'agnello che toglie i peccati dal mondo, consegnato alle umiliazioni e alla morte colui che è immagine e impronta della vostra sostanza, colui che dall'eternità è generato da voi di quella stessa sostanza e lo sarà per sempre, colui al quale ho dato l'esistenza come uomo nel mio grembo, e sfigurata dalla sofferenza la bellezza del suo volto, che è la luce dei miei occhi e il gaudio degli angeli. Oh, se fosse possibile che ricadessero su di me le pene che incombono su di lui e mi venisse concesso di spirare al suo posto! Accettate, o Dio, l'offerta che, con il mio amato, il mio strazio vi presenta affinché siano eseguiti i vostri decreti. Oh, come passano rapidi i giorni e i minuti perché giunga la notte del mio affanno! Sarà un giorno fortunato per il genere umano, ma sarà una notte di angoscia per il mio cuore, immerso nella tristezza per l'assenza del sole che brillava in esso. O voi tutti, ingannati e dimentichi, è ormai ora che vi svegliate da un sonno così pesante e vi rendiate conto della gravità delle vostre colpe da ciò di cui sono state causa nel vostro Creatore. Guardatelo nel mio deliquio e nella mia amarezza, e cominciate finalmente a vagliare i loro danni».

    1107. Non sono in grado di riferire adeguatamente tutti i gesti e i pensieri della nostra Signora nel congedarsi da Nazaret, le sue invocazioni all'Onnipotente, i suoi colloqui dolcissimi e mesti con il Figlio, l'intensità della sua afflizione ed i meriti incomparabili che acquistò. Combattuta tra l'affetto santo e naturale proprio di una vera madre, con il quale bramava l'incolumità di colui che aveva generato e aspirava a risparmiarlo dai tormenti che egli doveva sopportare, e la sua conformità alla volontà di lui e dell'Altissimo, veniva trafitta dalla spada che le aveva profetizzato Simeone. Gli diceva parole intrise di prudenza e di sapienza, ma molto soavi e dolenti, sulla sua impossibilità a liberarlo dalla passione e a condividerla con lui. In questa tribolazione superò senza paragone tutti i martiri di ogni epoca. Con tale disposizione e con tali sentimenti nascosti alla gente, i sovrani del cielo e della terra proseguirono il viaggio attraverso la Galilea, dove il Salvatore non rientrò più prima di morire. Mentre nei suoi ultimi mesi si faceva per lui breve il tempo in cui avrebbe potuto ancora affaticarsi per la redenzione, dalla sua partenza da casa fino all'ingresso trionfale in Gerusalemme egli fece i miracoli maggiori, come raccontano gli evangelisti. Sino ad allora, dopo la celebrazione della festa delle Capanne, percorse la Giudea e si occupò di essa, aspettando il momento stabilito nel quale si sarebbe dovuto dare in olocausto, quando e come egli stesso avesse voluto.

    1108. La Regina lo accompagnò per tutto il tragitto, tranne che in alcune circostanze nelle quali si separarono per attendere entrambi a differenti opere a beneficio delle anime. In tali periodi Giovanni le rimaneva accanto per assisterla, osservando già in lei mirabili misteri e venendo illuminato sublimemente per comprenderli. Tra le altre cose straordinarie che ella compiva, quelle in cui la sua carità risaltava di più erano le implorazioni per la giustificazione dei rei. Fece allora, come anche Cristo, favori eccezionali, riconducendo molti sulla strada della vita, guarendo gli infermi, visitando i poveri, gli infelici, i bisognosi e gli abbandonati, sostenendoli nell'agonia e servendoli di persona, soprattutto i più disprezzati, piagati e addolorati. Di tutto ciò era testimone il discepolo più caro, che riteneva già suo compito specifico prendersi cura di lei. Nella Vergine purissima, però, la forza dell'amore verso il suo Unigenito era assai cresciuta ed ella sapeva che presto si sarebbe distaccato per ascendere all'empireo, per cui era incessantemente rapita nel desiderio di lui, tanto che arrivava a venir meno per la lontananza quando egli ritardava parecchio. Il Signore, come Dio e figlio, conosceva ciò che accadeva a Maria, così infiammata nei suoi confronti; sentendosi vincolato da questo, le corrispondeva con fedeltà, rivolgendole nell'intimo il versetto del Cantico, che qui si adempi letteralmente: Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, sposa, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo. Ella, appunto, lo attirava subito a sé, come ferito e vinto dal suo ardore. In base a quello che mi è stato rivelato su questo particolare, sua Maestà, in quanto uomo, non poteva starle distante, se lasciava spazio alla tenerezza che provava per lei come madre, e madre che tanto gli voleva bene. Ella lo sollevava e consolava con la sua presenza, e lo ricreava con la bellezza del suo candore, rendendogli dolci i travagli e le pene; infatti, era guardata come frutto unico e singolare fra tutti da lui, che nelle sofferenze riceveva grande ristoro dalla sua deliziosa vista.

    1109. Gesù continuava i suoi prodigi in Giudea, dove tra l'altro a Betania fece risorgere il fratello di Marta e Maria, che lo avevano chiamato. Ora, poiché tale luogo era molto vicino alla città santa, il portento si divulgò immediatamente anche lì; i sommi sacerdoti e i farisei, irritati, tennero il consiglio nel quale decisero di eliminare il Redentore e deliberarono che, se qualcuno avesse avuto sue notizie, lo avrebbe dovuto manifestare. Dopo tale meraviglia, infatti, egli si era ritirato a Èfraim, per restarvi fino alla Pasqua, che era ormai prossima. Quando giunse l'ora di tornare a celebrarla con la sua morte, si espresse in modo più chiaro con i Dodici, comunicando solo a loro che sarebbero saliti a Gerusalemme, dove il Figlio dell'uomo, cioè lui stesso, sarebbe stato consegnato, arrestato, flagellato, schernito e infine crocifisso; frattanto, i suoi nemici erano attenti a spiare se egli si recava là per la solennità. Sei giorni prima di essa, andò di nuovo dalle due sorelle, che lo ospitarono e prepararono un lauto convito per lui, per la Signora e per tutti quelli che erano con loro. Fra i commensali c'era anche Lazzaro, colui che era stato recentemente risuscitato.

    1110. Mentre il Salvatore del mondo era steso a questa cena, secondo il costume dei giudei, entrò Maria di Màgdala, piena di luce divina e di nobili pensieri. Con il fervente affetto che aveva per lui, sua guida, gli cosparse i piedi e la testa di un olio profumato assai prezioso, composto di nardo e di altri aromi, che era contenuto in un vasetto di alabastro; poi, gli asciugò i piedi con i capelli nello stesso modo in cui l'aveva fatto nell'abitazione del fariseo al momento della sua conversione, come racconta san Luca. Sebbene gli altri Vangeli narrino questa seconda unzione con qualche differenza, ho capito che non si tratta di due persone diverse, ma di una sola, mossa dallo Spirito e dall'ardente amore per Cristo. Tutta la casa si riempì della fragranza di questi unguenti, perché erano abbondanti e molto pregiati, e la prodiga innamorata aveva rotto il recipiente per versarli senza risparmio in suo onore. Il corrotto Giuda, che avrebbe desiderato prenderli lui per mercanteggiarli ed incassarne il guadagno, cominciò a mormorare di questo gesto misterioso e a turbare alcuni degli altri apostoli, con il pretesto della povertà e della carità verso gli indigenti. Egli affermava che questi venivano defraudati, poiché si spendeva inutilmente e con spreco una cosa di tanto valore; ma tutto ciò era compiuto per volontà superna, ed egli era ipocrita, avaro e insolente.

    1111. Il Maestro della verità difese la sua seguace, che costui riprendeva come scialacquatrice e poco giudiziosa, intimando a lui e agli altri di non infastidirla; quell'azione, infatti, non era vana né priva di una precisa causa, e con essa non si toglieva l'elemosina ai bisognosi, ai quali sempre avrebbero avuto la possibilità di farla, mentre a lui non sempre avrebbero potuto rendere tale ossequio, che gli veniva dato in vista della sua sepoltura. Quella donna generosa e appassionata la anticipava, ispirata dall'alto, testimoniando così che egli già si accingeva a patire per il genere umano, e che la sua uccisione e deposizione nel sepolcro erano imminenti. Il perfido discepolo, però, non comprese niente di ciò ed anzi s'infuriò contro di lui, che l'aveva giustificata. Lucifero, osservando la disposizione del suo intimo depravato, avventò in esso ulteriori dardi di cupidigia, ira e feroce odio verso l'Autore della vita. Da allora, il traditore si propose di macchinarne la cattura, di dare notizia ai capi del suo arrivo e di screditarlo sfacciatamente presso di loro, come in effetti fece. Li incontrò di nascosto e disse che egli insegnava nuove leggi contrarie a quelle di Mosè e degli imperatori, era amante dei banchetti ed amico di gente disso)uta, accoglieva molti peccatori, maschi e femmine, tenendoli in sua compagnia. Li pregò, quindi, di porre rimedio prima che accadesse loro qualcosa di irreparabile ed essi, poiché avevano già preso questa risoluzione governati nella stessa maniera dal principe delle tenebre, approvarono il suo parere e si accordarono sulla vendita di Gesù.

    1112. Tutte le riflessioni di Giuda erano palesi non solo a sua Maestà, ma anche a Maria. Il Redentore non ne fece accenno con lui, né cessò di parlargli come un padre tenerissimo e di inviare celesti suggerimenti a quell'ostinato; a ciò, la Madre della clemenza aggiunse altre esortazioni e attenzioni per fermarlo. In tale notte, il sabato precedente la domenica delle palme, chiamatolo in disparte, con parole dolcissime ed efficaci e abbondanti lacrime lo mise dinanzi al terribile pericolo in cui si trovava, e lo supplicò di cambiare decisione. Se nutriva sdegno verso il suo Signore, lo invitava a rivalersi contro di lei, perché questo sarebbe stato un male minore, in quanto ella era una semplice creatura, mentre egli era il suo Dio. Per saziare la sua ingordigia gli offrì anche alcuni oggetti che aveva ricevuto a tale scopo dalle mani di Maria di Màgdala, ma nessuna di queste premure ebbe effetto nel suo animo ormai insensibile, e discorsi così vivi e soavi non fecero breccia in quel cuore più duro del diamante. Anzi, siccome non trovava che cosa rispondere e ciò che ascoltava dalla prudentissima Regina gli faceva forza, egli si irritò maggiormente e tacque, mostrandosi offeso; non per questo, però, ebbe vergogna di accettare quanto gli era stato donato, perché era ugualmente avido e malvagio. Dunque, ella lo lasciò e se ne andò da suo Figlio: piena di amarezza e nel pianto si gettò ai suoi piedi e, con espressioni molto misurate ma anche assai dolenti, manifestò compassione e portò notevole sollievo a lui, che vedeva soffrire nella sua umanità beatissima per le stesse ragioni per le quali, in seguito, egli confidò ai suoi che la sua anima era triste fino alla morte. Tutte queste pene erano dovute alle colpe degli uomini, perché essi non avrebbero tratto profitto dalla sua passione.

    Insegnamento della Regina del cielo

    1113. Carissima, mentre prosegui nella narrazione della mia storia, vai di giorno in giorno capendo e spiegando sempre meglio il fervente amore con il quale il mio diletto e tuo sposo - ed io con lui - abbracciò il cammino della croce, che noi scegliemmo come nostro unico bene nella vita peritura; perciò, è opportuno che, quanto più apprendi questo ed io te ne ripeto l'insegnamento, tanto più tu progredisca nel ricalcare le nostre orme. Il tuo debito va crescendo da quando egli ti ha eletto come sua sposa e tu non puoi pagarlo se non tieni stretti i travagli, bramandoli a tal punto che per te l'angustia più grande sia non subirli. Rinnova continuamente tale anelito, perché devi essere molto sapiente in questa scienza, che il mondo ignora e disprezza; allo stesso tempo, però, considera con diligenza che l'Onnipotente non vuole l'afflizione delle persone come fine a se stessa, ma piuttosto per renderle degne dei tesori superiori ad ogni immaginazione che tiene pronti per loro. Per attestare questa realtà e dare una caparra di questa promessa, si trasfigurò sul Tabor in presenza mia e di alcuni discepoli. Nell'orazione che allora rivolse al Padre, e che solo io conobbi, la sua umanità santissima si umiliò confessandolo vero Dio, infinito nelle perfezioni e negli attributi, come in genere quando intendeva fare qualche richiesta; quindi, lo implorò che tutti i corpi che si fossero sottoposti a patimenti e si fossero affaticati conformandosi a lui nella nuova legge evangelica partecipassero poi della gloria del suo e risuscitassero nel giudizio finale insieme alle loro anime, per goderne nel grado proprio a ciascuno. L'Eterno lo esaudì e stabilì che ciò fosse confermato come un contratto tra lui e i mortali con la gloria del corpo del loro Salvatore, concedendogli in pegno il possesso di quello che egli domandava per tutti i suoi seguaci. Questo rivela il valore della momentanea tribolazione che è per essi privarsi dei vili piaceri di quaggiù e mortificarsi per il mio Unigenito.

    1114. Per i meriti incommensurabili con i quali egli presentò tale invocazione, viene ad essere corona di giustizia per la creatura questa gloria, che le spetta come membro di Cristo, suo capo, che a lei l'ha guadagnata. Questa unione con lui, però, deve verificarsi per mezzo della grazia e dell'imitazione nel dolore al quale corrisponde il premio. Se qualunque tormento fisico ne ha uno, di rilevanza assai superiore sarà il tollerare e scusare le ingiurie, ricambiandole con favori, come noi facemmo con Giuda. Gesù, infatti, non solo non lo escluse dall'apostolato e non si dimostrò adirato con lui, ma lo aspettò finché egli, per la sua malizia, non finì per diventare incapace di bene, sottomettendosi al potere del demonio. Durante la sua esistenza terrena il nostro Redentore procedette con passi molto lenti alla vendetta, ma poi compenserà questo con la severità del castigo. Se l'Altissimo indulge e attende tanto, quanto un misero verme non deve sopportare l'altro, che è della sua stessa natura e condizione? Su questa verità e con lo zelo della carità del tuo Signore e sposo devi regolare la tua pazienza, la tua sofferenza e la premura per il riscatto di tutti. Non dico che tu debba ammettere ciò che sarà contro il suo onore, perché così non avresti autentica sollecitudine per il tuo prossimo; devi piuttosto amarlo come sua opera ed aborrire il peccato, perdonare e dissimulare ciò che riguarda te stessa e adoperarti, per quanto ti sarà possibile, perché ognuno sia salvo. Non perderti subito d'animo, quando non vedrai frutti, ma offri al Padre quello che ha acquistato mio Figlio, nonché l'intercessione mia, degli angeli e dei santi; infatti, poiché Dio è amore e i beati stanno in lui, essi si prendono cura di coloro che sono pellegrini nel mondo.



    William Hole, La trasfigurazione

    Carl Bloch, La trasfigurazione

    Gustave Doré, La trasfigurazione

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    SERMONE XVI. - PER LA DOMENICA II. DI QUARESIMA

    Del paradiso.


    Domine, bonum est nos hic esse (Matth. 17).

    Nel corrente vangelo si legge che un giorno il nostro Salvatore volendo dare ai suoi discepoli un saggio della bellezza del paradiso per animarli a faticare per la divina gloria, si trasfigurò, e fece loro vedere la bellezza del suo volto. Allora s. Pietro per la dolcezza e giubilo che ne intese, esclamò: Domine, bonum est nos hic esse. Signore, disse, fermiamoci in questo luogo, né partiamo più di qua; poiché il solo vedervi ci consola più che tutte le delizie della terra. Fratelli miei, affatichiamoci nella vita che ci resta per guadagnarci il paradiso. Il paradiso è un bene così grande, che Gesù Cristo ha voluto sacrificare la sua vita sopra la croce per acquistarcelo. Sappiate che la maggior pena che tormenta i poveri dannati nell'inferno, è la pena di aver perduto il paradiso per loro colpa. I beni del paradiso, le sue delizie, i gaudj, le dolcezze si possono acquistare, ma non si possono spiegare, né comprendere, se non da quelle anime felici che le godono. Ma diciamone quel poco che possiamo dirne quaggiù, colla scorta delle divine scritture.

    Dice l'apostolo: i beni immensi da Dio preparati alle anime che l'amano, non possono comprendersi da ogni uomo che vive in questa terra: Oculus non vidit nec auris audivit neque in cor hominis ascendit, quae praeparavit Dominus iis quid diligunt illum (1 Cor. 2, 9). In questa terra non possiamo noi avere idea di altri beni, che di questi temporali che godiamo per mezzo de' sensi. Pensiamo forse che il paradiso sia bello come è bella una campagna in tempo di primavera, cogli alberi fioriti, e cogli uccelli che volano e cantano d'intorno? Oppure come è bello un giardino pieno di fiori e di frutta, circondato da più fontane che scorrono? Trovandosi ivi taluno, dice: O che paradiso! Ma oh quanto sono più grandi le bellezze del paradiso! Scrivendo s. Bernardo del paradiso, dice: O uomo, se vuoi intendere che cosa vi è in paradiso, sappi che in quella patria felice non vi è cosa che possa dispiacerti, e vi è tutto quel che puoi desiderare: Nihil est quod nolis, totum est quod velis. Sebbene quaggiù vi è qualche cosa che piace ai nostri sensi, nulladimanco quante cose vi sono che ci affliggono? Se piace la luce del giorno, affligge l'oscurità della notte. Se piace l'amenità della primavera e dell'autunno, affligge nonperò il freddo del verno e il caldo della state. Aggiungete poi le pene delle infermità, le persecuzioni degli uomini, gl'incomodi della povertà. Aggiungete le angustie interne, i timori, le tentazioni de' demonj, le dubbietà della coscienza, l'incertezza della salute eterna.

    Ma in entrare i beati in paradiso non avranno più cosa che gli affanni: Absterget Deus omnem lacrymam ab oculis eorum: Iddio loro asciugherà gli occhi dalle lagrime sparse in questa terra. Et mors ultra non erit neque luctus, neque clamor, neque dolor erit ultra, quia prima abierunt, et dixit qui sedebat in throno: Ecce nova facio omnia (Apoc. 21, 4 et 5). In paradiso non vi è più morte né timor di morire: non vi sono più dolori, né più infermità, non povertà, non incomodi, non più vicende di giorni e di notti, né di freddo e di caldo: ivi è un continuo giorno sempre sereno, una continua primavera sempre fiorita. Ivi non vi sono più persecuzioni o invidie; poiché tutti si amano teneramente, e ciascuno gode del bene dell'altro, come fosse proprio. Non vi sono più timori di perdersi, perché l'anima confermata in grazia non può più peccare e perdere Dio.

    Totum est quod velis. In paradiso si ha quanto può desiderarsi; Ecce nova facio omnia. Ivi ogni cosa è nuova, nuove bellezze, nuove delizie, nuovi gaudj, ed ogni cosa sazierà i nostri desiderj. Sarà saziata la vista in guardare quella città così bella. Che delizia sarebbe vedere una città, in cui le strade fossero di cristallo, le case di argento colle finestre di oro, e tutte ornate di vaghissimi fiori! Ma oh quanto sarà più bella la città del paradiso! Accrescerà poi la bellezza di quel luogo la bellezza dei cittadini che tutti son vestiti alla regale, giacché tutti sono re, come dice s. Agostino: Quot cives, tot reges. Che sarà mirar la Regina Maria che comparirà più bella che tutti gli altri abitanti del paradiso! Che sarà poi mirar la bellezza di Gesù Cristo! S. Teresa appena vide una volta una mano di Gesù Cristo, che rimase stupita per tanta bellezza. Sarà saziato l'odorato cogli odori, ma odori di paradiso. Sarà saziato l'udito colle armonie celesti. S. Francesco intese una volta suonare da un angelo una viola per un momento, ed ebbe a morire di dolcezza. Che sarà sentire i santi e gli angeli cantar le divine lodi! In saecula seculorum laudabunt te (Psal. 83, 5). Che sarà udir cantare Maria che loda Dio! Dice s. Francesco di Sales che la voce di Maria sarà come quella di un rosignuolo in un bosco che supera il canto di tutti gli altri uccelletti che vi sono. In somma in paradiso sono tutte le delizie che possono desiderarsi.

    Ma quelle delizie che sin qui abbiamo considerate, sono i minori beni del paradiso. Quello che fa il paradiso, è il vedere e l'amare Dio da faccia a faccia: Totum quod expectamus, dice s. Agostino, duae syllabae sunt, Deus. Il premio che Dio ci promette, non sono solamente le bellezze, le armonie e gli altri pregi di quella città felice: il premio principale che fa il paradiso, è lo stesso Dio che si dà a vedere al beato, come il Signore disse ad Abramo: Ego ero merces tua magna nimis (Gen. 15, 1). Scrive s. Agostino che se Dio facesse vedere la sua bella faccia ai dannati, continuo infernus ipse in amoenum converteretur paradisum (Lib. de Tripl. habit. tom. 9). E soggiunge che se ad un'anima uscita da questa vita stesse l'eleggere o di vedere Dio e patire le pene dell'inferno, o di non vederlo ed essere libera da quelle pene, eligeret potius videre Dominum, et esse in illis poenis.

    I godimenti dello spirito sopravanzano immensamente i diletti dei sensi. L'amare Dio anche in questa vita è così dolce quando egli si comunica alle anime sue dilette, che giunge a sollevar da terra anche i loro corpi. S. Pietro d'Alcantara una volta ebbe un'estasi amorosa così forte, che abbracciandosi egli ad un albero, lo tirò seco, in alto svellendolo sin dalle radici. È tanta la dolcezza del divino amore che i santi martiri stando ne' tormenti, non li sentivano e giubilavano: onde scrisse s. Agostino che stando s. Lorenzo sul fuoco nella graticola, l'ardore dell'amor divino non gli facea sentire l'ardore del fuoco: Hoc igne accensus non sentit incendium. Anche a' peccatori che piangono le loro colpe, Iddio fa godere tanta dolcezza, che avanza tutti i piaceri terreni; onde dice poi s. Bernardo: Si tam dulce est flere per te, quid erit gaudere de te?

    Qual dolcezza poi prova un'anima, a cui Dio nell'orazione con un raggio di luce scopre la sua bontà, le misericordie che le ha usate e specialmente l'amore che le ha portato Gesù Cristo nella sua passione! Allora si sente l'anima liquefare e quasi struggere di amore. Eppure in questa terra noi non vediamo Dio qual egli è, lo vediamo come all'oscuro: Videmus nunc per speculum in aenigmate, tunc autem facie ad faciem (1 Cor. 13, 12). Quaggiù il Signore non si fa da noi vedere, e se ne sta nascosto dietro la portiera della fede; che sarà quando si alzerà questa portiera, e vedremo Dio da faccia a faccia? Vedremo quanto è bello Dio, quanto è grande, quanto è perfetto, quanto è amabile, e quanto amante delle anime nostre.

    Nescit homo, utrum amore an odio dignus sit (Eccl. 9, 1). La maggior pena che in questa terra affligge le anime amanti di Dio, è il timore di non amare e di non essere amato da Dio; ma nel paradiso l'anima è sicura che ama ed è amata da Dio: vede che il Signore la tiene abbracciata con grande amore, e che questo amore non si scioglierà mai in eterno. Accrescerà allora quest'amore il conoscere quanto l'ha amata Gesù Cristo in essersi sacrificato per lei sulla croce, in essersi fatto suo cibo nel sacramento dell'altare. Vedrà insieme allora distintamente tutte le grazie che Dio le ha fatte, e tutti gli aiuti che le ha dati per preservarla dal cadere in peccato, e per tirarla al suo amore; vedrà allora che quelle tribolazioni, povertà, infermità e persecuzioni, ch'ella stimava disgrazie, sono state tutte amore e mezzi della divina provvidenza per condurla al paradiso. Vedrà tutti i lumi, le chiamate amorose e le misericordie che Dio le ha usate, dopo ch'ella le ha disprezzate co' suoi peccati. Vedrà lassù da quel monte beato del paradiso tante anime dannate nell'inferno per meno peccati de' suoi, ed ella si vedrà già salva e sicura di non potere più perdere Dio.

    I beni di questa terra non saziano i nostri desiderj, e sebbene a principio allettino i sensi, appresso non però colla lunghezza del tempo si rendono usuali, e più non contentano. Ma i beni del cielo saziano e sempre contentano il cuore: Satiabor cum apparuerit gloria tua (Psal. 16, 15). E quantunque sazino, sempre paiono nuovi, come fosse la prima volta che si provano: sempre si godono e sempre si desiderano: sempre si desiderano e sempre si ottengono. Dice s. Gregorio: Desiderium satietas comitatur (L. 18. Mor. c. 18). Sicché il desiderio de' beati non partorisce pena, perché sempre è saziato; e la sazietà non partorisce fastidio, mentr'ella va sempre unita col desiderio; onde l'anima sarà sempre sazia e sempre sitibonda: sempre sitibonda e sempre sazia di contenti. Quindi è che siccome i dannati son vasi pieni d'ira e di pena, secondo dice l'apostolo, Vasa irae apta in interitum (Rom. 9, 22); così i beati son vasi pieni di misericordia e di gaudio, in modo che non hanno più che desiderare: Inebriabuntur ab ubertate domus tuae (Psal. 35, 9). Allora avverrà che l'anima in vedere la bellezza di Dio sarà talmente infiammata ed inebriata di amor divino, che felicemente resterà perduta in Dio; poiché si scorderà affatto di se stessa; e non penserà indi in poi che ad amare e lodare quell'immenso bene che possiede e possederà in eterno, senza timore di poterlo più perdere. In questa terra le anime sante amano Dio, ma non possono amarlo con tutte le forze, né sempre attualmente amarlo. Dice s. Tomaso che questo perfetto amore è dato ai soli cittadini del cielo, che amano Dio con tutto il cuore, e non mai cessano di attualmente amarlo: Ut totum cor hominis semper actualiter in Deum feratur, ista est perfectio patriae (II-II, quaest. 44, art. 4, ad 2).

    Ha ragione dunque s. Agostino di dire che per acquistare la gloria eterna del paradiso, dovrebbe volentieri abbracciarsi un'eterna fatica: Pro aeterna requie aeternus labor subeundus esset. Dice Davide: Pro nihilo salvos facies illos (Psal. 55, 8). Poco, Pro nihilo, han fatto i santi per guadagnarsi il paradiso: poco tanti re con lasciare i loro regni, ed andare a chiudersi in un chiostro: poco tanti anacoreti, che sono andati ad intanarsi in una grotta: poco tanti martiri, con abbracciare i tormenti, le unghie di ferro, le lamine infuocate: Non sunt condignae passiones huius temporis ad futuram gloriam (Rom. 8, 18). Il patire tutte le pene di questa vita per guadagnare il paradiso, tutto è poco.

    Diamoci dunque animo, fratelli miei, a soffrire con pazienza quel che ci toccherà a patire ne' giorni che ci restano di vita: tutto è poco e niente per ottenere il paradiso. Allegramente; finiranno un giorno tutte queste pene, dolori e persecuzioni, e diventeranno per noi, se ci salviamo, gaudj e contenti eterni: Tristitia vestra vertetur in gaudium (Ioan. 16, 20). Quando dunque ci affliggono le croci di questa vita, alziamo gli occhi al cielo, e consoliamoci colla speranza del paradiso. S. Maria Egiziaca, stando in fine di sua vita, fu interrogata dall'abate s. Zosimo, come avea potuto soffrire di vivere per 47. anni in quel deserto, dove moriva; rispose: Colla speranza del paradiso. Così ancora noi non sentiremo le tribolazioni di questa terra. Allegramente: su, amiamo Dio, guadagniamoci il paradiso; ivi ci aspettano i santi, ci aspetta Maria, ci aspetta Gesù Cristo che sta colla corona in mano per farci re di quel regno eterno.

    Fonte: S. Alfonso M. De' Liguori, Sermoni compendiati per tutte le domeniche dell'anno, Sermone sulla 2° Domenica di Quaresima, Napoli, 1771, ora in OPERE ASCETICHE, in “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, a cura di Pier Giacinto Marietti, Vol. III, Torino, 1880, pp. 409-413

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    Lightbulb Re: 2° Domenica di Quaresima

    DOMENICA 12 MARZO 2017: SAN GREGORIO MAGNO, PAPA E DOTTORE DELLA CHIESA, SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA…




    Guéranger, L'anno liturgico - Domenica Seconda di Quaresima
    http://www.unavoce-ve.it/pg-quaresima-dom2.htm
    “SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA”
    Guéranger, L'anno liturgico - 12 marzo. San Gregorio Magno, Papa e Dottore della Chiesa
    http://www.unavoce-ve.it/pg-12mar.htm
    “12 MARZO SAN GREGORIO MAGNO, PAPA E DOTTORE DELLA CHIESA”



    “Santa Messa - II domenica di Quaresima di Don Floriano Abrahamowicz”
    https://www.youtube.com/watch?v=o9qTMdhNnzU
    https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz
    SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815
    Omelie IT - domusmarcellefebvre110815
    SEGUIRE LA S.MESSA - domusmarcellefebvre110815




    [DA LEGGERE] Perchè diciamo la Messa in latino | Radio Spada
    http://www.radiospada.org/2015/03/da...ssa-in-latino/
    “PERCHÉ DICIAMO LA MESSA IN LATINO, di don Francesco Ricossa”
    La ?Messa in latino? non è nostalgia | Radio Spada
    http://www.radiospada.org/2016/06/la...n-e-nostalgia/
    “La 'Messa in latino' non è nostalgia di don Anthony Cekada”



    [MATTIA ROSSI] La Seconda domenica di Quaresima | Radio Spada
    http://www.radiospada.org/2016/02/ma...-di-quaresima/

    Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale
    http://radiospada.org/
    https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf
    “12 MARZO 2017: SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA.

    LA TRASFIGURAZIONE
    La santa Chiesa ci propone oggi a meditare un soggetto di alta portata per il tempo in cui siamo. In questa seconda Domenica della santa Quaresima applica a noi la lezione che un giorno il Signore diede ai suoi tre Apostoli. Ma dobbiamo sforzarvi d'essere più attenti dei tre discepoli del Vangelo, che il Maestro si degnò preferire agli altri per onorarli d'un simile favore.
    Accondiscendenza di Gesù.
    Gesù stava per passare della Galilea nella Giudea per recarsi a Gerusalemme, dove si doveva trovare alla festa di Pasqua. Era l'ultima Pasqua, che doveva incominciare con l'immolazione dell'agnello figurativo e terminare col Sacrificio dell'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Gesù non doveva più essere sconosciuto ai suoi discepoli: le sue opere avevano reso testimonianza di lui, anche davanti agli occhi degli stranieri; la sua parola così fortemente dotata di autorità, la sua attraente bontà, la pazienza nel tollerare la grossolanità degli uomini che s'era scelti a suoi compagni: tutto doveva aver contribuito ad affezionarli a lui fino alla morte. Avevano sentito Pietro, uno di loro, dichiarare per ispirazione divina ch'egli era il Cristo, Figlio del Dio vivente (Mt 16,16); nondimeno, la prova che stavano per subire doveva essere così terribile alla loro debolezza, che Gesù, prima d'assoggettarveli, volle loro accordare un ultimo mezzo, per premunirli contro la tentazione.
    Lo scandalo della Croce.
    Non solo, ahimé! per la Sinagoga la Croce poteva diventar motivo di scandalo (1Cor 1,23); Gesù nell'ultima Cena, alla presenza degli Apostoli riuniti intorno a lui, diceva: "Tutti voi patirete scandalo per causa mia, in questa notte" (Mt 26,31). Quale prova, per uomini carnali come loro, nel vederlo trascinato carico di catene in balia dei soldati, trasportato da un tribunale all'altro, senza pensare a difendersi; nel veder riuscita la congiura dei Pontefici e dei Farisei, tante volte confusi dalla sapienza di Gesù e dalla grandezza dei suoi prodigi; finalmente, nel vederlo spirare sopra una croce infame, fra due ladroni, e fatto segno di tutto il livore dei suoi nemici!
    Non si perderanno di coraggio, alla vista di tante umiliazioni e sofferenze, questi uomini che da tre anni lo hanno seguito dovunque? Si ricorderanno di tutto ciò che hanno visto e sentito? Non saranno agghiacciate le loro anime dal terrore o dalla viltà, il giorno che si compiranno le profezie ch'egli fece loro di se stesso? Ecco perché Gesù vuol fare un ultimo tentativo a favore di tre di essi che gli sono particolarmente cari: Pietro, da lui predestinato fondamento della sua futura Chiesa, ed al quale ha promesso le chiavi del cielo; Giacomo, il figlio del tuono, che sarà il primo martire del collegio degli Apostoli, e Giovanni suo fratello, chiamato il discepolo prediletto. Gesù li vuol condurre in disparte, e mostrare loro, per alcuni istanti, lo splendore di quella gloria che lo nasconde agli occhi dei mortali fino al giorno della manifestazione.
    La Trasfigurazione.
    Egli dunque lascia gli altri discepoli nella pianura presso Nazaret e si dirige, coi tre preferiti, verso un alto monte chiamato Tabor, che appartiene anch'esso alla catena del Libano, e del quale il Salmista ci disse che doveva sussultare al nome del Signore (Sal 88,13). Giunto Gesù sulla cima del monte, ecco che tutto ad un tratto, davanti agli occhi strabiliati dei tre Apostoli, scomparve il suo aspetto mortale; il suo volto divenne risplendente come il sole, e le sue vesti immacolate come neve scintillante. Appaiono ai loro occhi due inattesi personaggi, che s'intrattengono col loro Maestro sulle sofferenze che l'attendono a Gerusalemme. È Mosè il legislatore, coronato di raggi, ed il profeta Elia, trasportato in cielo sopra un carro di fuoco, senza passare per la morte. Queste due grandi potenze della religione mosaica, la Legge e la Profezia, s'inchinano umilmente davanti a Gesù di Nazaret. E non solo gli occhi dei tre Apostoli sono colpiti dallo splendore che circonda ed emana dal loro Maestro; ma anche il loro cuore è preso da un sentimento di felicità che li stacca dalla terra. Pietro non vuole più scendere dal monte; con Gesù, Mosè ed Elia desidera stabilirvi il suo soggiorno. E perché nulla manchi ad una tale scena, in cui vengono manifestate agli Apostoli le grandezze dell'umanità di Gesù, da una nube luminosa, che scende ed avvolge la vetta del Tabor, esce la testimonianza del Padre celeste, dalla cui voce essi sentono proclamare Gesù Figlio eterno di Dio.
    Fu un momento di gloria che durò ben poco per il Figlio dell'uomo, la cui missione di patimenti e di umiliazioni lo reclamava a Gerusalemme. Nascose allora in se stesso lo splendore soprannaturale, e quando richiamò in sé gli Apostoli, quasi annientati dalla voce del Padre, essi videro solamente il loro Maestro: svanita la nube luminosa entro la quale aveva tuonato la parola di Dio, Mosè ed Elia scomparsi. Si ricorderanno almeno di ciò che hanno visto e sentito, questi uomini favoriti di così eccelso favore? Rimarrà impressa d'ora innanzi nella loro memoria la divinità di Gesù o non dispereranno della sua missione divina, giunta l'ora della prova, e non saranno scandalizzati dal suo volontario abbassamento? Il seguito dei Vangeli ce ne darà la risposta.
    L'agonia del Getsemani.
    Poco tempo dopo, celebrata con essi l'ultima cena, Gesù conduce i suoi discepoli sopra un alto monte, su quello degli Ulivi, a oriente di Gerusalemme. Lascia all'entrata dell'orto tutti gli altri e, presi con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, con essi s'inoltra più avanti in quel luogo solitario. "L'anima mia è triste fino alla morte, disse loro: restate qui e vegliate con me" (Mt 26,38), e s'allontana ad una certa distanza per pregare il Padre. Noi sappiamo quale dolore opprimeva in quel momento il cuore del Redentore. Quando tornò ai tre discepoli, era ormai terminata l'agonia: un Sudore di Sangue aveva attraversato persino le sue vesti. Ebbene, in mezzo ad uno spasimo così terribile, vegliano almeno i suoi Apostoli con ardore, finché non arriverà il momento d'andare a immolarsi per lui? No, essi si sono addormentati, perché s'erano appesantiti i loro occhi; anzi, fra poco, tutti fuggiranno, e Pietro, il più sicuro di tutti, giurerà di non conoscerlo neppure.
    Lezione di fede.
    Ma più tardi, testimoni della risurrezione del loro Maestro, i tre Apostoli esecrarono la loro condotta con un pentimento sincero e riconobbero la provvida bontà con la quale il Salvatore, poco tempo prima della sua Passione, aveva cercato di premunirli contro la tentazione, manifestandosi nella sua gloria.
    Noi, cristiani, non aspettiamo d'averlo abbandonato e tradito per conoscere la sua grandezza e la sua divinità. Ora che ci andiamo avvicinando all'anniversario del suo Sacrificio, lo vedremo anche noi umiliato, e quasi schiacciato dalla mano di Dio. Che la nostra fede non venga meno a tale spettacolo! L'oracolo di David ci raffigura Gesù simile ad un verme della terra (Sal 21,7) che si calpesta; la profezia d'Isaia ce lo dipinge come un lebbroso, l'ultimo degli uomini, l'uomo dei dolori (Is 53,3-4): tutto deve avverarsi alla lettera. Ricordiamoci allora della gloria del Tabor, degli omaggi di Mosè e di Elia, della nube luminosa, della voce del Padre. Più Gesù s'abbassa ai nostri occhi, e più dobbiamo esaltarlo ed acclamarlo, dicendo con la milizia degli Angeli e con i ventiquattro vegliardi ciò che S. Giovanni, uno dei testimoni del Tabor, intese nel cielo: "L'Agnello ch'è stato immolato è degno di ricevere la potenza, la divinità, la sapienza, la fortezza e l'onore, la gloria e la benedizione!" (Ap 5,12).
    La seconda Domenica di Quaresima è chiamata Reminiscere, dalla prima parola dell'Introito della Messa, oppure anche la Domenica della Trasfigurazione, per il Vangelo che abbiamo esposto.
    La Stazione è a Roma, a S. Maria in Domnica, sul Celio. Una leggenda ci mostra questa basilica come l'antica diaconia abitata da santa Ciriaca, dove san Lorenzo distribuiva le elemosine della Chiesa.
    M E S S A
    EPISTOLA (1Ts 4,1-7). - Fratelli: Vi preghiamo e scongiuriamo nel Signore Gesù, che, avendo da noi appreso in qual modo dobbiate diportarvi per piacere a Dio, così vi diportiate, affinché progrediate sempre più. Voi ben sapete quali precetti v'abbia dato da parte del Signore Gesù. Or la volontà di Dio è questa: la vostra santificazione, e che v'asteniate dalla fornicazione; che sappia ciascuno di voi essere padrone del proprio corpo nella santità e nell'onestà, senza farsi dominare dalla concupiscenza, come fanno i gentili che non conoscono Dio; e che nessuno ricorra a soverchierie o a frodi nei negozi col proprio fratello, perché il Signore fa giustizia di tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e dichiarato, non avendoci Dio chiamati all'immondezza, ma alla santità: in Cristo Gesù nostro Signore.
    La santità del cristiano.
    In questo passo l'Apostolo insiste sulla santità dei costumi che deve risplendere nei cristiani; e la Chiesa, nel metterci sott'occhio queste parole ammonisce i fedeli che vogliono approfittare del tempo in cui siamo, per restaurare in se stessi la purezza dell'immagine di Dio, che era stata loro impressa nella grazia battesimale. Il cristiano è come un vaso d'onore, formato ed abbellito dalla mano di Dio; perciò si deve preservare dall'ignominia che lo degraderebbe e lo farebbe degno d'essere frantumato e gettato in un letamaio di immondizie. È gloria del Cristianesimo, se il corpo è stato fatto partecipe della santità dell'anima; ma la sua celeste dottrina ci avvisa, nello stesso tempo, che si deturpa e si perde la santità dell'anima con la sozzura del corpo. Riedifichiamo dunque in noi tutto l'uomo, con l'aiuto delle pratiche di questa santa Quaresima; purifichiamo l'anima nostra con la confessione dei peccati, con la compunzione del cuore, con l'amore verso il misericordioso Signore; e riabilitiamo anche il nostro corpo, facendogli portare il giogo dell'espiazione, affinché d'ora in poi esso sia servo dell'anima ed il suo docile strumento, fino al giorno in cui l'anima, entrata in possesso d'una felicità senza fine e senza limiti, riverserà su di lui la sovrabbondanza delle delizie, delle quali sarà ripiena.
    VANGELO (Mt 17,1-9). - In quel tempo: Gesù presi con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, li condusse sopra un alto monte, in disparte. E si trasfigurò in loro presenza, e il suo viso risplendé come il sole, e le sue vesti divennero bianche come la neve. Ed ecco, loro apparvero Mosè ed Elia a conversare con lui. E Pietro prese a dire a Gesù: Signore, è un gran piacere per noi lo star qui: se vuoi, ci facciamo tre tende, una per te, una per Mosè ed una per Elia. Mentre egli ancora parlava, ecco una lucida nube avvolgerli: ed ecco dalla nuvola una voce che diceva: Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo. Udito ciò, i discepoli caddero bocconi per terra ed ebbero gran timore. Ma Gesù, accostatosi a loro, li toccò e disse: Levatevi, non temete. Ed essi, alzati gli occhi non videro altri che Gesù. E mentre scendevano dal monte, Gesù, comandando, disse loro: Non parlate ad alcuno di questa visione, finché il figlio dell'uomo non sia risuscitato dai morti.
    Bontà di Gesù e debolezza degli Apostoli.
    Così Gesù veniva in aiuto ai suoi Apostoli alla vigilia della prova, cercando d'imprimere profondamente nel loro pensiero la sua gloriosa immagine, per il giorno in cui l'occhio della carne non avrebbe più visto in lui che debolezza e ignominia. Oh, provvidenza della grazia divina, che non manca mai all'uomo, e giustifica sempre la bontà e la giustizia di Dio! Come gli Apostoli, anche noi abbiamo peccato; come loro, abbiamo trascurato il soccorso che ci era stato inviato dal cielo, e abbiamo chiuso volontariamente gli occhi alla luce, abbiamo dimenticato lo splendore che prima ci aveva rapiti, e siamo caduti. Noi non fummo mai tentati oltre le nostre forze (1Cor 10,13): dunque i nostri peccati sono proprio opera delle nostre mani. I tre Apostoli furono esposti ad una violenta tentazione il giorno in cui il loro Maestro sembrò perdere ogni sua grandezza; ma era facile per loro rafforzarsi con un ricordo glorioso e recente. Lungi da ciò, si lasciarono abbattere, trascurarono di riprendere forza nella preghiera; e così i fortunati testimoni del Tabor si mostrarono, nell'Orto degli Ulivi, vili e infedeli. Non esisteva altro scampo per loro, che raccomandarsi alla clemenza del Maestro, dopo ch'ebbe trionfato dei suoi spregevoli nemici; e dal suo cuore generoso ne ottennero il perdono.
    Confidenza nella misericordia divina.
    A nostra volta, imploriamo anche noi la sua sconfinata misericordia, perché abbiamo noi pure abusato della grazia divina, rendendola sterile con la nostra infedeltà. Finché vivremo in questo mondo, non si seccherà mai per noi la sorgente della grazia, che è il frutto del sangue e della morte del Redentore: prepariamoci di nuovo ad attingerla. Essa ora ci sollecita all'emendamento della nostra vita; piovendo in abbondanza sulle anime, nel tempo in cui siamo, questa grazia la troveremo principalmente nei santi esercizi della Quaresima. Trasportiamoci sul monte con Gesù: a quell'altezza dove non si odono più i rumori della terra; innalziamo lì una tenda per quaranta giorni, in compagnia di Mosè ed Elia, i quali, come noi e prima di noi, resero sacro quel numero coi loro digiuni; e quando il Figlio dell'uomo sarà risuscitato dai morti, proclameremo i favori che si degnò accordarci sul Tabor.
    P R E G H I A M O
    O Dio, che ci vedi privi d'ogni forza, custodisci le nostre persone, affinché siamo liberati da ogni avversità nel corpo, e siamo purificati dai cattivi pensieri nell'anima.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 532-537.”


    “12 MARZO 2017: SAN GREGORIO MAGNO, PAPA, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA.
    Il nome.
    Fra tutti i pastori che Gesù Cristo diede alla Chiesa universale, nessuno superò i meriti e la fama del santo Pontefice che oggi veneriamo. Il suo nome è Gregorio, che significa vigilanza; il suo qualificativo Magno, che già gli era dato prima che san Gregorio VII salisse sulla Sede di san Pietro. Questi due grandi Papi sono fratelli, ed ogni cuore cattolico li circonda del medesimo amore e d'una comune ammirazione.
    Il moderatore della sacra Liturgia.
    Colui del quale onoriamo la memoria è già conosciuto da quei fedeli che si studiano di seguire la Chiesa nella sua Liturgia. Ma le sue fatiche intorno al servizio divino, in tutto il corso dell'anno, non si limitarono ad arricchire gli Uffici d'alcuni cantici ; l'intera Liturgia Romana lo riconosce per il suo principale organizzatore. Fu lui a raccogliere ed ordinare le preghiere ed i riti istituiti dai suoi predecessori, e quindi a dare loro la forma che hanno attualmente. Similmente il canto ecclesiastico ricevette da lui l'ultimo perfezionamento; la diligenza del santo Pontefice nel raccogliere le antiche melodie della Chiesa per disciplinarle, e disporle secondo l'occorrenza del servizio divino, legò per sempre il suo nome a quella grande opera musicale che tanto efficacemente contribuisce a preparare l'animo del cristiano alla venerazione dei Misteri ed al raccoglimento della pietà.
    Il Dottore.
    Ma l'attività di Gregorio, non si limita a queste cure, che basterebbero da sole a rendere immortale un Pontefice. Quando egli fu dato alla cristianità, la Chiesa latina si gloriava di tre grandi Dottori: Ambrogio, Agostino e Girolamo; la scienza di Gregorio le serbava l'onore d'aggiungere il nome suo al loro. L'intelligenza delle sacre Scritture, la penetrazione dei divini misteri, l'unzione e l'autorità, segno dell'assistenza dello Spirito Santo, apparivano nei suoi scritti in tutta la pienezza; e la Chiesa si rallegrò d'avere una nuova guida nella sacra dottrina.
    La venerazione per tutto ciò che usciva dalla sua penna pre¬servò dalla distruzione l'immensa sua corrispondenza; ed è facile costatare in essa che non v'è un punto del mondo cristiano che non sia stato osservato dal suo infaticabile sguardo; non una sola questione religiosa, locale e personale, nell'Oriente e nell'Occidente, che non abbia sollecitato il suo zelo e dove non sia intervenuto come pastore universale. Eloquente lezione data dagli atti d'un Papa del VI secolo ai novatori che osarono affermare che la prerogativa del Romano Pontefice non aveva altra base se non negli apocrifi documenti risalenti a due secoli dopo la morte di san Gregorio!
    L'Apostolo.
    Sulla Sede Apostolica apparve l'erede degli Apostoli, non solo come depositario della loro autorità, ma come continuatore della loro missione di chiamare interi popoli alla fede. Sta ad attestarlo, l'Inghilterra, che, se conobbe Gesù Cristo, e per tanti secoli meritò l'appellativo di "Terra dei Santi", lo deve unicamente a san Gregorio, il quale, mosso a compassione degli Angli, di cui voleva fare, a suo dire, degli Angeli, nel 596 mandò in quell'isola il monaco Agostino insieme a quaranta compagni, tutti figli, come lui, di san Benedetto. Il Papa visse abbastanza a lungo, per raccogliere su quel suolo la messe evangelica. Piace vedere l'entusiasmo del santo vegliardo, quando ci descrive "l'Alleluia e gl'Inni romani ripetuti in una lingua avvezza a barbari canti, l'Oceano spianarsi sotto i piedi dei santi, e maree d'indomiti popoli placarsi alla voce dei sacerdoti!" (Morali di Giobbe, l. 27, c. 11).
    Il Santo.
    Ma, come descrivere le virtù che fecero di Gregorio un prodigio di santità? Il disprezzo del mondo e dei beni, che gli fecero cercare un asilo nell'oscurità del chiostro? l'umiltà che lo portò a fuggire gli onori del Pontificato, sino a che Dio stesso rivelò con un prodigio il nascondiglio di colui, le cui mani erano tanto più degne di tenere le chiavi del cielo, quanto più ne sentiva il peso? lo zelo per tutto il gregge, di cui si considerava lo schiavo e non il padrone, onorandosi del titolo di servo dei servi di Dio? la carità verso i poveri, che ebbe gli stessi limiti dell'universo? l'infaticabile sollecitudine, cui nulla sfugge ed a tutto sovviene, alle pubbliche calamità, ai pericoli della patria, come alle avversità particolari? la costanza e l'amabile serenità in mezzo alle più gravi sofferenze, che non cessarono di gravare sul suo corpo per tutto il tempo del suo laborioso pontificato? la fermezza nel conservare il deposito della fede e nel combattere l'errore in ogni luogo? finalmente la vigilanza sulla disciplina, che restaurò e mantenne per tanti secoli in tutta la Chiesa? Tanti servigi e tanti esempi hanno scolpito l'opera di Gregorio nella mente dei cristiani con tali impronte che non si cancelleranno mai.
    VITA. - San Gregorio nacque a Roma verso il 540. Entrò prima nella carriera politica; divenuto poi prete di Roma, nel 571, fondò sei monasteri col suo ricco patrimonio e si fece monaco. Creato cardinale diacono nel 577, fu inviato come legato a Costantinopoli per rappresentarvi la Chiesa romana al cospetto di Tiberio. Tornato a Roma nel 584, rientrò nel suo monastero, e vi fu eletto abate. Nel 590 dovette accettare il Papato e fu consacrato a S. Pietro il 3 settembre. Col suo zelo e le sue virtù divenne l'esempio di tutto l'episcopato: ristabilì la fede cattolica là dove maggiormente aveva sofferto, represse gli eretici, inviò missionari nell'Inghilterra, difese i diritti della Chiesa, regolò il culto ed il canto liturgico, fissò le Chiese stazionali, scrisse molti commenti alle sacre Scritture. Operò molti miracoli e morì nel 604 dopo tredici anni di pontificato.
    Preghiera per la Gerarchia.
    Padre del popolo cristiano, Vicario della carità di Cristo e della sua autorità, Pastore vigilante, il popolo cristiano che amasti e servisti così fedelmente, si rivolge a te fiducioso. Tu non hai dimenticato il gregge che serba di te un sì caro ricordo; ascolta dunque oggi la sua preghiera. Proteggi e guida il Pontefice attualmente regnante sulla cattedra di Pietro e tua; illumina i suoi consigli, rinsalda il suo coraggio. Benedici tutta la gerarchia dei Pastori, che deve a te sì ammirabili precetti ed esempi. Aiutala a conservare con inviolabile fermezza il deposito della fede; soccorrila negli sforzi che fa per il rinnovamento della disciplina ecclesiastica, senza la quale regna il disordine e la confusione. Tu, che fosti eletto da Dio a regolare il servizio divino, la santa Liturgia, nella cristianità, favorisci il ritorno alle tradizioni della preghiera che un tempo s'erano affievolite in mezzo a noi e minacciavano di scomparire, e stringi sempre più il vincolo vitale delle Chiese mediante l'obbedienza alla Cattedra Romana, fondamento della fede e sorgente dell'autorità spirituale.
    ... per l'unità della Chiesa.
    Tu vedesti coi propri occhi l'inizio di quello scisma che separò l'Oriente dalla comunione cattolica. Poi, ahimè! Bisanzio consumò la rottura; ed il castigo del suo delitto fu l'annientamento e la schiavitù, senza che questa seconda infedele Gerusalemme abbia ancora riconosciuta la causa delle sue sciagure. Santo Pontefice, noi ti supplichiamo che, compiuto il corso della giustizia, si compia anche quello della misericordia: che s'apra l'unico ovile alle pecorelle allontanate dallo scisma!
    ... per l'Inghilterra.
    O Apostolo d'un intero popolo! ricordati anche dell'Inghilterra che ereditò da te la fede cristiana. Quell'isola che ti fu sì cara, e dove germogliò così abbondantemente il seme da te gettato, è diventata infedele alla Cattedra Romana, ed ogni sorta di errori albergano in lei. Quanti secoli sono ormai trascorsi da che si è allontanata dalla vera fede! In questi ultimi tempi pare che la misericordia divina si sia inclinata verso di lei. Aiuta questa nazione che generasti a Gesù Cristo, aiutala ad uscire dalle tenebre che ancora l'avvolgono. A te spetta riaccendere la fiamma che in sé ha fatto estinguere: torni a brillare quella luce, ed il suo popolo darà ancora una volta, come un tempo, eroi per la propagazione della religione e la santificazione di tutto il popolo cristiano.
    ... per tutti i fedeli.
    In questo tempo di Quaresima prega anche per il gregge fedele che si applica alla penitenza, ottenendogli la compunzione del cuore, l'amore alla preghiera, l'intelligenza dei divini misteri. Leggiamo ancor oggi le Omelie che indirizzasti, in quell'epoca, al popolo di Roma; ora la giustizia e la misericordia di Dio è sempre la stessa: fa' che i nostri cuori siano presi da timore e consolati di speranza. Spesso la nostra debolezza si spaventa del rigore delle leggi che la Chiesa ci prescrive quanto al digiuno e all'astinenza; rianima di coraggio, e che nei nostri cuori sia ravvivato lo spirito di mortificazione. Sono luce i tuoi esempi e guida i tuoi insegnamenti; che la tua intercessione presso Dio ci faccia tutti veri penitenti, affinché possiamo ritrovare con la gioia d'una coscienza purificata, quell'Alleluia che ci insegnasti a cantare sulla terra e speriamo di ripetere con te per tutta l'eternità.
    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 845-849.”




    San Gregorio Magno - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/san-gregorio-magno/
    “12 marzo, San Gregorio Magno, Papa e Dottore della Chiesa (Roma 540 ca –Roma, 12 marzo 604).

    In questo tempo di Quaresima prega anche per il gregge fedele che si applica alla penitenza, ottenendogli la compunzione del cuore, l’amore alla preghiera, l’intelligenza dei divini misteri. Leggiamo ancor oggi le Omelie che indirizzasti, in quell’epoca, al popolo di Roma; ora la giustizia e la misericordia di Dio è sempre la stessa: fa’ che i nostri cuori siano presi da timore e consolati di speranza. Spesso la nostra debolezza si spaventa del rigore delle leggi che la Chiesa ci prescrive quanto al digiuno e all’astinenza; rianima di coraggio, e che nei nostri cuori sia ravvivato lo spirito di mortificazione. Sono luce i tuoi esempi e guida i tuoi insegnamenti; che la tua intercessione presso Dio ci faccia tutti veri penitenti, affinché possiamo ritrovare con la gioia d’una coscienza purificata, quell’Alleluia che ci insegnasti a cantare sulla terra e speriamo di ripetere con te per tutta l’eternità (Dom Prosper Guéranger).”




    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
    12 marzo, San Gregorio Magno, Papa, Confessore e Dottore della Chiesa (Roma 540 ca - Roma, 12 marzo 604), titolare dell'oratorio riminese dell'Istituto Mater Boni Consilii.
    Preghiera al Santo del giorno.

    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare san Gregorio primo, Papa, Confessore ed esimio Dottore della Chiesa, il quale, per le ammirabili gesta e per aver convertito gli Inglesi alla fede di Cristo, è stato detto Magno e soprannominato Apostolo dell’Inghiltérra. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo Papa e Confessore, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, san Gregorio primo possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
    #sdgcdpr”




    Ligue Saint Amédée
    “Intransigeants sur la doctrine; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
    “12 Mars : Saint Grégoire le Grand, Pape (540-604).”

    “Sermon du Père Joseph-Marie pour le Deuxième Dimanche de Carême : l'ascèse (2016).
    http://prieure2bethleem.org/predica/...ier.mp3”






    Luca, Sursum Corda!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

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    Lightbulb Re: 2° Domenica di Quaresima

    25 FEBBRAIO 2018: SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA…



    “SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA.”
    Guéranger, L'anno liturgico - Domenica Seconda di Quaresima
    http://www.unavoce-ve.it/pg-quaresima-dom2.htm





    Santa Messa domenicale celebrata da Don Floriano Abrahamowicz a Paese (TV) stamattina 25 FEBBRAIO 2018: SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA:


    «II domenica di Quaresima (Santa Messa)
    https://www.youtube.com/watch?v=0s5Mmo8TnNs
    II domenica di Quaresima (Omelia)
    https://www.youtube.com/watch?v=eHMIQ_dKXpU
    https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz
    SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815
    SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815
    Omelie IT - domusmarcellefebvre110815
    Omelie IT - domusmarcellefebvre110815
    SEGUIRE LA S.MESSA - domusmarcellefebvre110815
    http://www.domusmarcellefebvre.it/se...a-s.messa.php»






    II domenica di Quaresima - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/ii-domenica-quaresima/
    «25 febbraio 2018, II domenica di Quaresima (Vangelo della Trasfigurazione).

    O Dio, che ci vedi privi d’ogni forza, custodisci le nostre persone, affinché siamo liberati da ogni avversità nel corpo, e siamo purificati dai cattivi pensieri nell’anima.»

    http://www.sodalitium.biz/wp-content...ti-300x249.jpg









    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/
    https://www.sursumcorda.cloud/
    “Su SVRSVM CORDA® numero 101 anno III del 25 febbraio 2018 saranno pubblicati i seguenti contenuti:

    - Comunicato numero 101. I razionalisti e la vita di Gesù (Quarta parte);
    - Preghiera a San Mattia Apostolo;
    - San Tommaso: la memoria del giusto è in benedizione, mentre il nome degli empi marcirà;
    - Preghiera a San Pier Damiani;
    - Gli anatemi del Concilio di Trento, numeri 128, 129 e 130;
    - Preghiera alla Cattedra di San Pietro in Antiochia;
    - Vita e detti dei Padri del deserto: Padre Teodoro di Ferme;
    - Triduo a San Gabriele dell’Addolorata;
    - Sant’Alfonso: Il prezzo del tempo. Parte sesta.
    Già disponibili sul sito:
    - Teologia Politica 91. Il valore della Patria e l’importanza del Patriottismo;
    - Racconti miracolosi n° 49. Le prodigiose orazioni di San Patrizio.
    https://www.sursumcorda.cloud/










    https://www.facebook.com/SaintAmedee/
    Ligue Saint Amédée
    http://www.SaintAmedee.ch/

    “Deuxième Dimanche de Carême.”





    “Sermon du Père Joseph-Marie Mercier pour le Deuxième Dimanche de Carême : l'ascèse (2016).
    http://prieure2bethleem.org/predica/...1_fevrier.mp3”






    25 février : Saint Césaire de Nazianze, Docteur de l'Eglise (? 369) :: Ligue Saint Amédée
    “25 février : Saint Césaire de Nazianze, Docteur de l'Eglise († 369).

    Frère de saint Grégoire de Naziance et fils de l’évêque Grégoire de Nazianze l’Ancien, il se fit une brillante réputation de médecin à Constantinople et défendit ardemment sa foi contre Julien l’Apostat. Après la mort de ce dernier, il fut intendant de Bithynie ; il vécut ensuite en reclus pour ne plus songer qu’à son salut.”







    "Radio Spada è un sito di controinformazione cattolico Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale e una casa editrice Edizioni Radio Spada - Home "
    [MATTIA ROSSI] La Seconda domenica di Quaresima | Radio Spada
    “25 febbraio 2018: SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA.”









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