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    Predefinito Meditazioni sulla Passione di N. S. Gesù Cristo

    Iniziamo a meditare, in questo periodo quaresimale, la Passione del Signore dagli scritti e rivelazioni di Santa Veronica Giuliani.

    Augustinus

    *****




    DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI

    Giunto che fu il Signore al monte Oliveto, entrando nell'orto con tre apostoli diede licenza all'orrore dei tormenti e della morte, che entrassero nella Sua innocentissima Umanità; quale subito divenne mestissima, afflitta e in tristezza di morte ... nessun conforto veniva somministrato al Signore, anzi ... Egli, Sommo Bene, compatendo ai suoi cari figli, si allontanò da loro, acciò non Lo vedessero in tanto dolore. In quell'ora che Egli faceva orazione nell'orto, Gli stavano avanti tutti i patimenti ... il calice amaro di tutta la Sua SS. Passione, nel medesimo tempo, con fare sacrificio della sua volontà a quella del Suo Eterno Padre, con tutto che sempre fossero stati uno stesso volere, si sacrificò per tutti noi. In quel punto fu al Suo cuore un dolore sì grande, vedendo la perfida ostinazione di tutti gli ostinati e quando poco conto avrebbero fatto del suo preziosissimo sangue. Questo fu il dolore principale che Egli patì nel Suo interno. Allora l'Eterno Suo Padre Gli fece vedere e sentire in quel punto tutti i patimenti che avevano da patire i suoi Eletti, le anime Sue più care, cioè quelle che si sarebbero approfittate del Suo Sangue e di tutti i patimenti. Egli sentì tanto le pene che questi dovevano patire, che in quel punto, cadendo con la faccia a terra, entrò in agonia tale che sudò sangue. Vedendo il gran frutto che doveva essere alle anime elette il Suo sangue, lo volle mandar fuori avanti che i flagelli lo percuotessero. Questa Sua agonia ... l'ebbe sino allo spirare che fece in croce ... gli si rinnovò in particolare ... quando ebbe il bacio del tradimento da un suo caro discepolo ... quando fu consegnato a quei giovani, che facessero di Lui ciò che volevano ... quando fu così empiamente (mal)trattato, che le pene e i tormenti che patì non sono noti a creatura nessuna.

    Carl Bloch, Gesù agonizzante nel Gethsemani confortato dall'angelo, dettaglio

    Édouard Manet, Cristo morto e gli angeli, 1864, Metropolitan Museum of Art, New York

    Albrecht Dürer, Cristo, uomo dei dolori, 1493 circa, Staatliche Kunsthalle, Karlsruhe

    Jacopo Amigoni, Il Santo Volto, XVIII sec., Museo del Prado, Madrid

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    Predefinito Da "La Passione di Gesù" (secondo le rivelazioni della Beata Anna Caterina Emmerick)

    Parte I: dal cenacolo al Getsemani

    CAPITOLO 1

    Il cenacolo


    Vidi un grande edificio in una zona alberata sul versante meridionale del monte Sion, non lontano dalle rovine del palazzo di Davide. Nel cortile spazioso di questa soli da costruzione vidi altre case, tra le quali quella del maestro di mensa e un'altra dove si radunavano la santa Vergine e le pie donne dopo la morte di Gesù.
    L'edificio si trovava in pessime condizioni, quando di venne proprietà di due buoni membri del sinedrio, Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea. Essi provvidero a ristrutturare la sala principale allestendola come cenacolo per i banchetti pasquali degli stranieri. In questo locale vi avevano abitato i prodi capitani di Davide.
    Nel cenacolo non ho visto finestre: la luce scende dai fori praticati nelle alte volte; dal soffitto pendono molte lucerne. Durante le feste le pareti vengono coperte fino a metà altezza da meravigliose stuoie e tappeti e un velo blu viene steso al di sopra di un'apertura nel tetto. Una tenda simile separa la sala principale dei banchetti dal vestibolo, al quale si accede da tre ingressi. Dietro la sala principale si trova un locale interno, ai cui lati vengono deposti gli arredi e gli oggetti del culto, e al centro c'è un focolare che serve per cuocere i pani azzimi e arrostire l'agnello pa squale, ma viene usato anche per bruciare gli incensi e gli avanzi del pasto.
    La divisione del cenacolo in tre parti — vestibolo, sala centrale e sala interna — è simile alla struttura del tempio: atrio, santuario e santo dei santi.
    I locali situati nell'altra ala dell'edificio servivano da deposito per le grandi pietre tombali ed edilizie e come of ficina degli scalpellini, poiché Giuseppe d'Arimatea possedeva al suo paese cave di pietre della miglior qualità; egli commerciava in lapidi, ornamenti architettonici e colon ne, e tutto veniva lavorato sotto la sua guida.
    Nicodemo collaborava con Giuseppe nell'attività commerciale, inoltre si occupava di sculture e lavori d'intaglio.
    Eccetto i giorni di festa, lo si vedeva spesso in questa sala intento a scolpire disegni e ornamenti sulla pietra.

    Preparativi dell'ultima cena

    «Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: «Andate a prepara re per mangiare la Pasqua» (Luca 22,8). (Il giovedì santo, prima dalla sua passione, il 13 Nisan, cioè 29 marzo, Gesù aveva 33 anni e diciotto settimane meno un giorno).

    A Betania, dopo il pasto in casa di Simone il lebbroso, vidi Maria Maddalena che ungeva il capo di Gesù. Questa scena scandalizzò Giuda a tal punto che corse a Gerusalemme per consegnare il Signore nelle mani dei sacerdoti del tempio.
    In quella stessa giornata, poco prima dell'aurora, nostro Signore ordinò ai due più fedeli apostoli, Simon Pietro e Giovanni, di recarsi a Gerusalemme onde provvedere al banchetto pasquale nel cenacolo. Gesù disse loro che avrebbero incontrato sul monte Sion un uomo che portava una brocca d'acqua, nella cui casa l'anno precedente avevano già consumato l'agnello pasquale. Essi avrebbero dovuto seguirlo fino a questa casa e dirgli le seguenti parole:
    «Il Maestro ti manda a dire che il suo tempo si avvicina e desidera consumare il pasto di Pasqua da te».
    A quelle parole costui avrebbe provveduto a tutto.
    I due apostoli si recarono a Gerusalemme e salirono a Sion. Essi presero un sentiero alberato che fiancheggiava un profondo ruscello. Giunti in cima al monte, presso il cortile del cenacolo, incontrarono l'uomo descritto da Gesù. Nell'apprendere il messaggio del Maestro, costui disse subito che Nicodemo aveva preparato un banchetto, ma egli non sapeva per chi fosse, adesso se ne rallegrava. L'uomo si chiamava Heli, era cognato di Zaccaria di Ebron, lo stesso che aveva comunicato a Gesù la dolorosa morte di Giovanni Battista.
    Dopo che Pietro e Giovanni ebbero visitato il cenacolo, presero gli ultimi accordi con Heli e si accomiatarono da lui.
    I due apostoli attraversarono un ponte e discesero per un sentiero coperto da cespugli, alla fine del quale si trovava l'abitazione del vecchio Simeone, il sacerdote morto dopo la presentazione del Signore al tempio.
    Adesso la sua casa era abitata dai suoi figli, alcuni dei qua li erano segretamente discepoli di Gesù. Qui gli apostoli s'intrattennero con uno di loro che lavorava nel tempio.
    I tre s'incamminarono insieme verso il mercato del bestiame, situato a nord del tempio. Sul lato meridionale del mercato vidi dei prati recintati nei quali saltellavano dei graziosi agnellini. Dopo averli scelti, il figlio di Simeone entrò nel recinto e ne prese quattro; gli animali si erano strofinati contro di lui come se lo conoscessero assai bene.
    Tre agnelli furono portati al tempio e uno al cenacolo. Vidi Pietro e Giovanni mentre facevano acquisti e altre commissioni in città.
    Passarono per la casa di Serafia dalla quale ricevettero degli utensili in ceste coperte e un antico calice chiuso in una borsa. Esso sarebbe servito al Signore per l'istituzione dell'Eucaristia.
    Da diversi anni Serafia intratteneva ottime relazioni con la beata Vergine e la santa famiglia.

    Gesù si reca a Gerusalemme

    Giuda Iscariota preparò con i farisei il piano per la cattura di Gesù; a Gerusalemme conobbe perfino le guardie della spedizione e ogni minimo dettaglio. Il traditore era posseduto interamente dalle sue passioni, in modo particolare dall'invidia, dalla cupidigia e dall'ambizione, nonostante avesse operato guarigioni e miracoli nel nome del Signore.
    Intanto a Betania Gesù diede l'addio alla Madre. Egli parlò con la santa Vergine, informandola che aveva inviato Simon Pietro, l'apostolo della fede, e Giovanni, l'apostolo del l'amore, a preparare la Pasqua. Di Maria Maddalena disse:
    «Lei soffre molto per il suo amore indicibile, talvolta esce fuori di sé perché il dolore è ancora carnale».
    Quando Gesù annunziò alla Madre santissima il compi mento della sua missione terrena e i prossimi avvenimenti, ella lo pregò teneramente di farla morire con lui. Dopo aver la ascoltata attentamente, il Redentore la esortò a restare calma nel suo dolore e le preannunciò che sarebbe risorto e poi apparso a lei e agli apostoli. Le precisò perfino il luogo dove le sarebbe apparso. La santa Madre non pianse più, ma era molto triste e si raccolse nella sua desolazione. Gesù la strinse al cuore con tenerezza e le promise di celebrare spiritualmente con lei la Pasqua e il santo Sacramento.
    Il Redentore accennò anche al prossimo tradimento di Giuda. La Vergine Maria pregò compassionevolmente per il miserabile.
    Il Signore si congedò amorosamente da tutti, dando gli ultimi insegnamenti.
    Verso mezzogiorno Gesù si recò a Gerusalemme con no ve apostoli e sette discepoli; all'infuori di Natanaele e Sila, erano tutti di Gerusalemme e dintorni.
    Durante il cammino, con un'espressione pietosa sul viso, il Redentore parlò agli apostoli e disse che finora aveva dato loro il pane e il vino, ma da quel giorno in poi avrebbe dato anche la sua carne, il suo sangue e tutto quel lo che aveva. Purtroppo i discepoli e gli apostoli, non essendo in grado di comprendere l'alto valore spirituale di questo insegnamento, credettero che egli parlasse dell'agnello pasquale.
    Giunti presso un bivio, i discepoli si separarono dagli apostoli giungendo prima al cenacolo, dove, nell'atrio, lasciarono dei fardelli con le vesti cerimoniali di Pasqua; poi si recarono a casa di Maria, madre di Marco. Pietro e Giovanni s'incontrarono con Gesù e gli apostoli nella valle di Giosafat.
    Le pie donne furono le ultime a raggiungere il cenacolo.

    L'ultima cena

    «Venuta la sera, si mise a tavola insieme ai dodici apostoli» (Matteo 26,20).

    Nel cenacolo, dopo aver indossato gli abiti rituali, Gesù e i suoi commensali si prepararono a consumare l'agnello pasquale.
    Tre agnelli furono sacrificati e macellati nel tempio, secondo l'uso ebraico; un quarto fu immolato e macellato nel vestibolo del cenacolo: era quello destinato alla tavola di Gesù e dei suoi apostoli.
    L'uccisione di quest'agnello suscitò un'immane commozione. Il Signore fece presente che stava per aprirsi una nuova epoca e che il sacrificio di Mosè e dell'agnello pasqua le stavano per trovare compimento.
    Disse inoltre che l'agnello era stato immolato come fu un tempo in Egitto, «paese dal quale egli stava per condurli fuori»
    Il sangue dell'agnello fu raccolto in una bacinella, in cui Gesù immerse un ramo d'issopo e tinse la serratura e i due stipiti della porta del cenacolo, infine fissò al di sopra di essa il ramoscello bagnato di sangue. A questo punto gli apostoli e i discepoli intonarono un salmo: «Beati coloro la cui via è immacolata, che camminano nella legge di Dio. Beati quelli che osservano i suoi precetti e lo cercano di tutto il cuore; che non commettono iniquità, ma camminano nelle sue vie... » Il Signore dichiarò che l'angelo sterminatore non sarebbe entrato là e che lui stesso era il vero Agnello pasquale.
    Aggiunse che stava per compiersi un nuovo sacrificio e che iniziava una nuova epoca, la quale sarebbe durata sino alla fine del mondo.
    Così dicendo, Gesù, seguito dagli apostoli, versò il sangue dell'agnello sul focolare, consacrandolo come altare, indi l'intero cenacolo fu consacrato quale nuovo tempio.
    Subito dopo gli apostoli e i discepoli si divisero in tre gruppi, ciascuno formato da dodici persone più un capo tavola avente funzioni di capofamiglia.
    Gesù prese posto con i dodici apostoli nella sala centrale del cenacolo. Nelle due sale laterali, divise da portici, si disposero rispettivamente i due gruppi di discepoli: uno con Natanaele a capotavola e l'altro con Eliachimo, figlio di Cleofa e di Maria Heli. Quest'ultimo era stato discepolo di Giovanni Battista.
    Dopo la preghiera, il maestro della mensa pose dinanzi al Redentore il coltello d'osso per tagliare l'agnello pasquale. L'animale, preparato dal figlio di Simeone, era stato infilzato in uno spiedo; le zampe anteriori erano state legate a un pezzo di legno posto trasversalmente e quelle posteriori erano distese lungo lo spiedo. L'agnello, così servito, mi ricordò nostro Signore sulla croce!
    Ogni commensale ne ebbe una parte su un pezzo di focaccia. Staccarono la carne servendosi di un coltello d'osso; più tardi le ossa dell'agnello furono bruciate.
    Il Signore fece a pezzi un altro agnello, che fu servito a Maria santissima e alle pie donne riunite in un'altra sala; la santa Vergine infondeva serenità a tutte.
    La tavola principale era a semicerchio: alla destra di Gesù erano seduti Giovanni, Giacomo il Minore e Giacomo il Maggiore, all'estremità del tavolo c'era Bartolomeo e, dall'altra parte, Tommaso e Giuda Iscariota. Alla sinistra del Signore si trovavano Pietro, Andrea e Taddeo, dall'altro lato Simeone, Matteo e Filippo. Giuda era appena arrivato, non aveva assistito alla cerimonia di consacrazione perché si era attardato a complottare con i farisei.
    Il Salvatore spezzò un pane azzimo e lo distribuì, tenendone per sé una parte, quindi benedisse per la seconda volta il vino e disse:
    «prendete e bevete il frutto della vite, poiché io non ne berrò più finché non sarà venuto il regno di Dio».
    Durante il pasto Gesù parlò con lieta tenerezza, ma ad un tratto si oscurò in volto, la sua voce si fece grave e, rivolto agli apostoli, disse:
    «Uno di voi sta per tradirmi. Costui è oggi a mensa con me!».
    Gli apostoli furono sconvolti e a turno domandarono a Gesù:
    «Signore, sono forse io?».
    Guardando Giuda mentre inzuppava il pane nel piatto, come facevano gli altri apostoli, il Signore soggiunse:
    «Ora, come è stato scritto, il Figlio dell'uomo sta per andarsene, ma guai all'uomo che lo tradirà! Sarebbe meglio per lui se non fosse mai nato!».
    Pietro e Giovanni gli chiesero preoccupati:
    «Chi è costui?».
    Giovanni, che sedeva alla destra di Gesù, appoggiò spontaneamente il capo sul petto del Signore e ne udì la voce dentro di sé:
    «Quello a cui porgerò questo boccone di pane intinto». Subito dopo Gesù intinse il pane nella lattuga e lo porse a Giuda con grande amore Giovanni rassicurò Pietro con uno sguardo.
    Giuda era completamente posseduto da un demonio; per tutto il tempo della cena vidi un piccolo mostro giacere ai suoi piedi, talvolta gli si allungava fino al suo cuore.

    La lavanda dei piedi

    «Se dunque vi ho lavato i piedi io, Signore e Maestro, dovete anche voi lavarvi i piedi l'un l'altro» (Giovanni 13,14).

    Consumato l'agnello pasquale, essi recitarono la preghiera solenne. Subito dopo, il maestro della mensa con due servi sparecchiarono la tavola; Gesù li pregò di por tare dell'acqua nel vestibolo.
    Rimasto solo con gli apostoli, il Signore riprese a istruirli amorevolmente, parlò del suo regno, del suo ritorno al Padre e disse che lasciava a loro tutto quanto aveva. Poi parlò della penitenza, dell'esame di coscienza e della confessione dei peccati, del dolore e della purificazione.
    Compresi che questo insegnamento aveva qualche relazione con la lavanda dei piedi. Vidi che tutti si erano profondamente pentiti dei loro peccati, tranne Giuda.
    Quando ebbe finito di parlare, il Signore inviò Giovanni e Giacomo il Minore a prendere i catini d'acqua che i servitori avevano deposto nel vestibolo. Allorché i due apostoli gli portarono i catini, Gesù si cinse alla vita un asciugatoio e comandò agli apostoli che si ponessero a sedere in modo che egli potesse lavare loro i piedi.
    Obbedienti, essi sedettero, dopo aver disposto le sedie a semicerchio secondo l'ordine in cui erano seduti a tavola. Mentre Gesù si cingeva con l'asciugatoio, gli apostoli si chiedevano quale fra loro sarebbe stato il più grande, per ché il Maestro era prossimo a lasciarli.
    Gesù li riprese, dicendo che egli stesso era il loro servo e nessuno era più grande di un altro; poi li esortò a restare tranquilli.
    Durante la lavanda dei piedi il cuore del Signore traboccava di amore e di carità verso i suoi apostoli. Quando giunse a Pietro, questi sobbalzò esclamando:
    «Non mi laverai mai i piedi!».
    Gli rispose Gesù:
    «Se io non te li lavo, non sarai di me partecipe; più tardi capirai meglio quello che sto facendo!».
    Sottovoce, mi sembrò che gli dicesse:
    «Simone, tu hai meritato che il mio Padre celeste ti rivelasse chi veramente io sono e dove vado, tu solo lo hai professato e dichiarato; perciò io voglio edificare la mia Chiesa su di te e le porte dell'inferno non prevarranno mai su di essa. La mia forza resterà nei tuoi successori fino al la fine dei tempi».
    Allora il Signore lo indicò agli apostoli come suo successore quando lui non ci sarebbe più stato.
    A questo punto Pietro replicò:
    «Signore, lavami i piedi, non solo, ma le mani e il capo»
    Gesù aveva parlato della lavanda dei piedi quale purificazione dai peccati quotidiani, perché i piedi sono a con tatto continuo con la terra e soggetti a sporcarsi, se si cammina senza fare attenzione. Questo gesto del Signore, come tutti gli altri, aveva un profondo significato spirituale e valeva come assoluzione generale dei peccati. Ma Pietro vide nell'azione del Maestro un'umiliazione troppo grande; egli ignorava che entro breve Gesù si sarebbe umiliato perfino alla morte in croce.
    Lavando i piedi a Simon Pietro, il Signore disse:
    «Chi ha fatto il bagno, è già del tutto puro, e ha bisogno solo di lavarsi i piedi. Voi siete puri, ma non tutti!».
    Pronunciate queste parole, il Redentore passò a lavare i piedi a Giuda. Oltremodo commosso, Gesù fece l'ultimo tentativo di salvarlo: abbassando il suo volto sui piedi del l'Iscariota, gli sussurrò di riflettere bene che cosa stesse per fare, perché già da un anno concepiva il tradimento. Giuda fingeva di non sentire e continuava a discutere con Giovanni; Pietro ne fu scandalizzato e lo richiamò:
    «Giuda, il Maestro ti parla! »
    E l'iscariota rispose evasivo:
    «Signore, lungi da me ciò che pensi!».
    Gli altri non avevano udito le parole di Gesù, perché ave va parlato sottovoce.
    Il tradimento di Giuda fu il motivo del dolore più grande provato dal Signore nella sua passione.
    Quando il Salvatore lavò i piedi a Giovanni e a Giacomo parlò dell'umiltà, disse che chi è servo di tutti è il grande, e che essi dovevano seguire il suo esempio e lavarsi i piedi reciprocamente.

    Istituzione dell'Eucaristia. Un antico rito d'accoglienza.

    «Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Giovanni 6,51).

    Dopo la lavanda dei piedi, il maestro di mensa, eseguendo l'ordine del Signore, coprì la tavola con un panno su cui distese una tovaglia rossa, sopra ne mise una bianca traforata e quindi vi posò due anfore, una colma d'acqua e l'altra di vino.
    Pietro e Giovanni presero la borsa contenente il calice di Serafia e la posero sulla tavola davanti a Gesù. Quasi mi sembrò che avessero trasportato un tabernacolo. Sulla tavola vidi anche un piatto ovale con tre pani azzimi, bianchi e sottili, striati a righe regolari.
    Leggermente incisi da Gesù, essi erano stati coperti e posti accanto al resto del pane del banchetto pasquale. Vidi anche due vasetti, uno d'acqua e l'altro di vino, e tre piccoli contenitori, uno vuoto, uno contenente olio grasso e l'altro olio liquido.
    Compresi che Gesù stava per istituire il santo sacramento dell'Eucaristia, prendendo spunto da un antico rito simbolico di amore fraterno.
    Più tardi, fra i numerosi capi d'accusa, il Signore fu imputato dinanzi a Caifa di eresia per aver introdotto un nuovo rituale nelle celebrazioni pasquali. Ma Nicodemo, con le Scritture alla mano, provò che dividere il pane e bere allo stesso calice faceva parte di un'antica cerimonia d'accoglienza. Era un segno d'amore e di massimo riguardo verso gli ospiti; infatti la cerimonia, in uso nella tradizione giudaica, aveva luogo all'arrivo e alla partenza di questi ultimi.
    Il posto del Signore a tavola era fra Giovanni e Pietro. Le porte erano state ben chiuse e l'atmosfera si fece intima e solenne; allora Gesù disse agli apostoli:
    «Ho ardentemente desiderato di mangiare questa Pasqua con voi prima di soffrire...».
    Tolto il velo dal calice, il Signore pregò e parlò solennemente, spiegando il significato e lo svolgimento della celebrazione.
    Poi benedisse il pane e gli oli ed elevò al cielo la patena con i pani azzimi, quale sublime offerta al Padre celeste.
    Deposta la patena sull'altare, la ricoprì e prese il calice, nel quale Pietro versò il vino e Giovanni l'acqua, indi Gesù Io benedisse aggiungendovi dell'acqua con il cucchiaino.
    Con indicibile amore, donando tutto se stesso, il Signore pregò e sollevò il calice per istituire il santissimo Sacramento.
    Subito dopo, deposto il calice sull'altare, Gesù spezzò il pane che aveva segnato, pregò e mise i pezzettini sulla patena, lasciandone cadere uno nel calice.
    Nello stesso istante vidi la santa Vergine che riceveva spiritualmente il Sacramento. Il Signore mi apparve trasfigurato, pregò e parlò di nuovo.
    Mi parve che ogni parola da lui pronunciata penetrasse come un fuoco spirituale nel cuore degli apostoli.
    Li vidi tutti estasiati nell'udire le parole del suo insegnamento, eccetto l'Iscariota.
    Gesù prese la patena con i frammenti del pane e pronunziò le parole della consacrazione:
    «Prendete e mangiate: questo è il mio corpo che dono a voi». Quando mise il pane sulla lingua degli apostoli, che si avvicinavano a due a due, vidi il volto di Giuda oscurarsi. Egli era stato il terzo a prendere il corpo di Cristo. Il Signore, posandogli il bocconcino sulla lingua, gli aveva sussurrato:
    «Fai presto ciò che vuoi fare!».
    Ogni cosa era circonfusa di luce, il pane scese nella bocca degli apostoli come un bocconcino luminoso, riempiendoli di gioia. Solo Giuda restava nella sala come un'ombra oscura e torbida. Mentre Gesù proferiva le parole del la consacrazione e Giovanni versava il sangue divino nelle sei coppe, una per ogni coppia di apostoli, il traditore uscì dal cenacolo e corse via. Vidi tre demoni che lo guidavano.

    Nell'orto degli Ulivi. L'angoscia mortale di Gesù

    «Cristo Gesù, pur possedendo la natura divina, non pensò valersi della sua uguaglianza con Dio, ma annientò se stesso pren dendo la natura di schiavo e divenendo simile agli uomini; ap parso in forma umana, umiljò se stesso, facendosi obbediente fi no alla morte, e alla morte in croce...» (Filippesi 2,6-8).

    Dopo l'istituzione del santissimo Sacramento, in cui Gesù aveva offerto se stesso immolato misticamente, il Signore e gli apostoli intonarono un canto di ringraziamento e lasciarono il cenacolo.
    Nel vestibolo incontrarono Maria, la Madre di Gesù, con Maria figlia di Cleofa e Maria Maddalena. Le pie donne esortarono il Signore a non recarsi nell'orto degli Ulivi per ché correva voce sulla sua cattura. Ma Gesù le confortò e lasciò il cenacolo, dirigendosi verso il monte degli Ulivi. Compresi che la sua anima era profondamente turbata. At traversando la valle di Giosafat, Gesù parlò agli apostoli metaforicamente, ma essi non capirono e attribuirono al la stanchezza quel modo strano di esprimersi.
    Quando giunsero al monte degli Ulivi era già notte. La luna, benché non fosse ancora piena, illuminava tutta la montagna e rifletteva la sua luce sul volto di Gesù e degli apostoli. Con aria afflitta il Signore disse:
    «Questa notte sarete indignati con me e vi disperderete, poi ché è scritto: “Percuoterò il pastore e le pecore si disperde ranno”... Ma quando sarò risuscitato vi precederò in Galilea».
    Gli apostoli, che da quando avevano ricevuto il santo Sacramento vivevano la pace dello spirito, si strinsero affettuosamente attorno a lui e lo rassicurarono della propria fedeltà. Pietro intervenne più di tutti gli altri:
    «Se anche tutti si scandalizzassero, io non ti lascerà mai,Signore!».
    Con il volto afflitto Gesu gli predisse:
    «In verità, in verità ti dico che questa notte stessa, prima ancora che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte».
    Ma Pietro non si diede per vinto e replicò:
    «Dovessi morire con te, Signore, non ti rinnegherò mai!'».
    Così ribadirono pure tutti gli altri.
    Attraversarono un ponte sul torrente Cedron e si fermarono nel giardino del Getsemani. Era questo un luogo adatto alla meditazione e alla preghiera; qualche volta veniva anche utilizzato dalle persone prive di un proprio giardino per organizzarvi feste e banchetti.
    Il Getsemani è ampio, circondato da una siepe, pieno di alberi e di fiori. Vidi anche alcune capanne di frasche. Gli apostoli avevano la chiave del giardino. Nelle notti precedenti Gesù vi si era ritirato con i suoi apostoli per istruirli circa la scienza divina; quella notte, però, scelse di pregare solo nell'orto degli Ulivi, che è lì vicino, cinto da un muro.
    Il Signore lasciò otto apostoli all'ingresso del Getsemani e portò con sé soltanto i prediletti: Pietro, Giacomo e Giovanni. Giunto nell'angolo più incolto dell'orto interno, in cui si trovano piccole grotte e molti ulivi, Gesù di venne molto triste perché sentì vicina la sua ora. L'angoscia di quel momento si rispecchiava chiaramente sul suo volto. Allora Giovanni gli domandò perplesso:
    «Signore, come mai sei così triste, tu che ci hai sempre dato conforto e coraggio e ci hai consolato nei tempi peggiori?».
    Egli gli rispose:
    «La mia anima è triste fino a morire!»
    Guardandosi intorno vide avanzarsi nubi cariche d'immagini orrende: erano le tentazioni della vicina prova. La sua passione spirituale stava per avere inizio. Prima di ritirarsi nella solitudine orante, Gesù disse ai tre:
    «Mentre io vado a pregare nel luogo che ho scelto, resta te qui e vegliate: pregate per non cadere nella tentazione. Ricordate che lo spirito è pronto, ma la carne è debole!».
    Così dicendo, nella sua sconfinata angoscia interiore, Gesù scese per un piccolo sentiero ed entrò in una grotta profonda sei piedi. Vidi spaventose figure affollare minacciose la stretta caverna dove il Signore si era ritirato a pregare.
    Fu qui, ai piedi del monte degli Ulivi, che Adamo ed Eva piansero disperati il loro peccato. Vidi i nostri progenitori nello stesso luogo in cui Gesù depose la sua divinità nelle mani della santissima Trinità, affidando la sua innocente umanità alla giustizia di Dio. Con questo sublime atto di carità il Redentore si donava interamente al Padre quale vittima riparatrice dei nostri peccati.
    Tutte le colpe del mondo, commesse dall'uomo fin dal la sua prima caduta, gli apparvero a miriadi nella loro completa mostruosità. Nella sua sconfinata angoscia, Gesù supplicò il Padre celeste di perdonare i pensieri malvagi e le offese degli uomini, offrendogli in cambio la sua suprema espiazione.
    La grotta si era affollata di forme spaventose, immagini delle passioni, dei vizi e delle malvagità del genere umano. Vidi il Redentore abbandonarsi alla sua natura umana e prendere sopra di sé le nefandezze del mondo. Era su dato, stremato e angosciato di fronte agli innumerevoli peccati che Satana continuava a mostrargli come sue conquiste, mentre gli diceva:
    «Come?!... Anche questo vuoi prendere sopra di te e sopportarne la pena?».
    La sua umanità stava già per soccombere sotto l'enorme peso dei nostri peccati, quando un solco di luce chiarissima scese dal cielo, da oriente. Erano le schiere angeliche del paradiso inviate dal Padre celeste per infondere rinnovato vigore al suo Figlio divino. Gesù era al limite del le sofferenze spirituali, il peso delle colpe umane continuava a gravare immensamente su di lui e a causargli dolori atroci, mentre gli spiriti malvagi lo deridevano e i demoni gli facevano sentire la loro orribile voce. Infine, nonostante le spaventose visioni, rincuorato dagli angeli, Gesù misericordioso seppe accogliere tutto su di sé. Egli amò immensamente Dio e anche gli uomini, vittime delle loro stesse passioni.
    Il demonio ignorava che Gesù fosse il Figlio di Dio; credendolo soltanto un uomo giusto, lo tentò in tutti i modi come già aveva fatto nel deserto. Satana lasciò scorrere'dinanzi alla santa anima del Signore le sue opere di carità facendole apparire come colpe contro il mondo e contro Dio. Tentò di dimostrargli che esse non sarebbero valse a nulla e non erano state adatte a soddisfare la giustizia divina, anzi erano state causa di scandalo e di rovina per molti.
    Come un arguto fariseo, Satana gli rimproverò le mancanze e gli scandali che avevano suscitato i suoi apostoli e i discepoli, i disordini che essi avevano provocato abolendo le antiche usanze e, tra l'altro, incolpò Gesù di aver causato la strage degli innocenti e una vita di tribolazioni ai suoi genitori. Inoltre l'accusò di essersi rifiutato di operare diverse guarigioni e di non aver salvato Giovanni Battista, e così continuò a lungo.
    Gesù era rimasto perseverante nell'orazione, pur continuando a sudare con tremiti convulsi. Egli aveva lasciato prevalere la sua infinita misericordia permettendo al demonio di fargli soffrire le pene dei comuni mortali, in particolare dei giusti, i quali in punto di morte dubitano per fino delle loro sante opere.
    Atterrito dall'immensa ingratitudine degli uomini verso Dio, il Signore sentì piagare la sua anima e cadde in un violento dolore; allora si alzò e rivolse la sua pena al Padre:
    «Abbà, Padre mio, se puoi, allontana da me quest'amaro calice!».
    Ma subito soggiunse:
    «Sia fatta, però, non la mia, ma la tua volontà!». Sebbene la sua volontà e quella del Padre fossero strettamente congiunte, la natura umana di Gesù tremava di fronte alla morte. Lo vidi sfigurato in volto e le sue labbra erano livide. Barcollando, uscì dalla grotta e si diresse verso i tre apostoli che aveva lasciato fuori.
    Vedendoli addormentati, il Signore, estenuato e sopraffatto dalla tristezza, incespicò e cadde vicino a loro.
    Ancora circondato dalle tremende visioni, rialzandosi lentamente, Gesù disse:
    «Perché dormite? Non potete vegliare nemmeno un'ora? ».
    I tre, che frattanto si erano svegliati e si erano levati in fretta, vedendo il Signore trafelato e madido di sudore, sta vano per chiamare gli altri apostoli, ma Gesù fermò Pietro dicendo:
    «Non chiamare gli altri, non voglio che mi vedano in queste condizioni, dubiterebbero di me e cadrebbero in tentazione. Ma voi che avete veduto il Figlio dell'uomo nello splendore, potete pure vederlo nell'oscurità e nell'abbandono. Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è sveglio, ma la carne è debole e inferma».
    Gesù non ignorava che anche i suoi amati apostoli erano caduti in preda all'angoscia e alla paura. Allora parlò loro con amorevole tristezza, mettendoli al corrente circa la dura lotta della natura umana contro la morte. Dopo un quarto d'ora fece di nuovo ritorno alla grotta. Erano quasi le undici di notte.
    I tre apostoli, afflitti, si chiedevano:
    «Cosa gli accade per essere così smarrito?».
    Si coprirono la testa e si misero a pregare.
    Frattanto, nella notte silenziosa di Gerusalemme, Ma ria santissima, Maria Maddalena, Maria figlia di Cleofa, Maria Salomè e Salomè avevano lasciato il cenacolo e si erano recate a casa di Maria, la madre di Marco. Tutte erano molto preoccupate per la sorte di Gesù, in modo particolare Maria santissima, la quale non dubitava più sul tradimento di Giuda.
    Con il cuore colmo d'amara tristezza, Gesù dunque era ritornato nella grotta. Si gettò col viso al suolo e, con le braccia distese, pregò il Padre in cielo.
    Allora gli angeli consolatori gli mostrarono l'immagine beata dei nostri progenitori nello stato di santa innocenza, ossia quando Dio dimorava ancora nel loro cuore, facendogli vedere come la loro caduta l'avesse deturpata.
    In tale contesto il Salvatore vide le indicibili sofferenze che la sua anima avrebbe dovuto superare per redimere l'uomo dal peccato d'origine, causa di tutti i patimenti.
    Gli angeli gli fecero notare che l'unica natura umana esente dal peccato era quella del Figlio di Dio, il quale per prendere sopra di sé il debito dell'intera umanità doveva superare la ripugnanza umana per la sofferenza e la morte.
    La sua santa anima vide le pene future che sarebbero gravate sugli apostoli, sui discepoli e sui santi martiri. La crescita della Chiesa tra ombre e luci, le eresie, gli scismi e tutte le forme di vanità e le colpe scandalose del clero. La tiepidezza e la malvagità di numerosi sedicenti cristiani. E ancora: la desolazione del regno di Dio sulla terra e le or rende raffigurazioni dell'ingratitudine e degli abusi degli uomini. Con il suo martirio egli avrebbe instaurato nel mondo il precetto salvifico dell'amore e sarebbe stato il Salvatore divino per quanti, nei secoli, avrebbero voluto sfuggire alle fiamme dell'inferno e avvicinarsi alla luce beatifica di Dio.
    L'umanità, corrotta dal peccato, che lui si preparava a riscattare col proprio tributo di sofferenze indicibili, si sarebbe potuta salvare solo alla sequela della sua imitazione. Era quindi necessario che egli bevesse quest'amaro calice per trasfigurarsi nella “verità”, nella “porta” e nella “via” al Padre.
    Vidi Gesù versare lacrime di sangue di fronte all'immane ingratitudine degli uomini; per quelle moltitudini che l'avrebbero odiato e si sarebbero rifiutate di portare la croce con lui. Egli pativa affinché la sua Chiesa fosse fondata sulla roccia, contro la quale le porte dell'inferno non avrebbero prevalso.
    Ecco perché il demonio per provocano gli aveva detto:
    «Vuoi davvero soffrire per questa massa d'ingrati?».
    Con forte dolore, vidi una fitta schiera di nemici del mio Sposo divino mossi dal fanatismo, dall'idolatria e dall'o dio contro la Chiesa: ciechi, paralitici, sordi, muti e persino fanciulli. Ciechi che non volevano vedere la verità, paralitici che con la verità non volevano camminare, muti per ché si rifiutavano di trasmetterla agli altri e sordi perché rifiutavano di ascoltare le ammonizioni di Dio. I fanciulli crescevano insensibili alle cose divine, istruiti dai genitori e dai maestri alla vana sapienza del mondo. Questi mi fecero maggior compassione perché erano stati oggetto del massimo amore di Gesù.
    Non potrei mai finire se volessi raccontare tutti gli oltraggi fatti a Gesù, dai sacerdoti indegni, nel santissimo Sacramento...
    Vidi gli angeli che seguivano con il dito le diverse immagini che essi stessi producevano, ma non udivo quel che dicevano; compresi solo che avevano molta compassione per le sofferenze del Signore. Le sofferenze interiori di Gesù, per tali orribili peccati e concupiscenze, furono così intense che il suo corpo versò fiotti di sangue.
    Nello stesso tempo vidi la Vergine Maria patire a sua volta l'agonia spirituale del Figlio. La Madre di Gesù si trovava ancora nel giardino di Maria di Marco e veniva con solata dalle pie donne, particolarmente dalla padrona di casa e dalla fedele Maria Maddalena. Perse più volte i sensi mentre sollevava le mani imploranti verso il Getsemani.
    Anche Gesù, con molto trasporto, contemplava nello spirito le pene della sua santa Madre.
    Fu una visione intensa e molto commovente.
    Gli Otto apostoli, sbigottiti e afflitti dal dubbio, teme vano per la sorte di Gesù e per la loro. Essi si chiedevano:
    «Che faremo, se il Maestro verrà arrestato e morirà? Abbiamo rinunciato a tutto per seguirlo e adesso siamo poveri ed esposti al ridicolo. Forse abbiamo sbagliato affidandoci completamente a lui».
    Fu così che gli apostoli entrarono in tentazione e si misero a cercare un nascondiglio. Anche i discepoli furono assaliti da un grande sconforto e andavano in giro per Gerusalemme con l'intento di apprendere qualche notizia in torno alla sorte del Redentore.
    Mancava poco alla mezzanotte. Gesù continuava l'intimo colloquio con il Padre celeste, allorché si aprì la terra sotto di lui e si trovò all'improvviso su un sentiero luminoso che scendeva nel limbo. Il Maestro divino scorse Adamo ed Eva, gli antichi patriarchi, i profeti e i giusti, i genitori di sua Madre, Giovanni Battista e una moltitudine di sacerdoti, di martiri, di beati e di santi della futura Chiesa. Tutti avevano il capo cinto dalle corone del santo trionfo, conseguite grazie alle sofferenze patite e alla perseverante lotta contro il male. Lo splendore ditale trionfo era legato unicamente ai meriti della sua prossima passione. Essi lo circondarono, esortandolo a compiere il sacrificio del suo sangue, sorgente di redenzione e di vita spirituale per tutti gli uomini di buona volontà. Questa visione rinvigorì Gesù che stava soggiacendo all'abbattimento umano. Dopo quelle confortanti scene, gli angeli gli mostrarono in tutti i particolari la passione che avrebbe subito tra poco. Quando il divino sofferente si vide inchiodato sulla croce completamente nudo per espiare l'impudicizia degli uomini, pregò fervorosamente il Padre di risparmiargli quell'immane umiliazione. Questa preghiera sarebbe stata esaudita per l'intervento di un uomo pietoso che l'avrebbe coperto.
    Dopo la visione del suo martirio sulla croce anche gli angeli lo abbandonarono. Egli cadde a terra sfinito come se fosse moribondo: il suo corpo era agonizzante e in preda a un tremito convulso. Vidi la grotta illuminata da tenui raggi lunari.
    All'improvviso un'altra luce illuminò la grotta: era un angelo inviato da Dio, indossava abiti sacerdotali e aveva nelle mani un piccolo calice. Senza discendere al suolo, la creatura celeste accostò il calice alle labbra di Gesù e, ciò fatto, disparve. Così il Signore aveva accettato il calice delle sue pene, dal quale ne trasse straordinarie energie. Restò ancora per alcuni minuti in atto di gratitudine verso il Padre celeste, poi si rialzò, si asciugò il volto con un sudario e fece ritorno dagli apostoli. Quando Gesù uscì dal la grotta, vidi la sua faccia pallidissima e spettrale: destava profonda compassione; notai però che il suo passo era diritto. La luce lunare e lo splendore delle stelle mi apparvero molto più naturali.
    Pietro, Giacomo e Giovanni, spossati dall'angoscia, era no caduti di nuovo nel torpore e si erano assopiti con la te sta coperta. Gesù, pieno di amarezza, li chiamò ancora una volta e disse loro che non era il momento di dormire ma di pregare, perché l'ora della verità era venuta. Li avvertì che egli si sarebbe consegnato ai suoi nemici senza opporre resistenza; chiese che assistessero sua Madre ed ebbe parole di compassione per il traditore. Ma Pietro gridò:
    «Noi ti difenderemo, vado a chiamare gli altri!».
    Gesù lo fermò e gli fece segno di guardare nella valle,dall'altra parte del torrente Cedron, dove una masnada di armati si avvicinava alla luce di una lanterna.

    Paul Troger, Cristo nell'Orto, 1750, Belvedere, Vienna

    Paul Troger, Cristo nell'Orto confortato da un angelo, 1730 circa, Museo Diocesano, Bressanone

    Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, Agonia nell'Orto, 1608-12, Wadsworth Atheneum, Hartford

  3. #3
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    Predefinito DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI

    Quando... (Gesù) ricevette il bacio del tradimento, fu all'Umanità SS. una pena così grande! Non solo per vederSi tradire ora da un Suo discepolo, ma in quel punto, in quell'atto ricevette i tradimenti, senza numero, avuti da anime più beneficate.

  4. #4
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    Predefinito Da "La Passione di Gesù" (secondo le rivelazioni della Beata Anna Caterina Emmerick)

    Parte II: Passione, morte e sepultura

    CAPITOLO 2

    L'arresto del Signore


    «Mentre parlava ancora, giunse una turba, e colui che era chiamato Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo» (Luca 22,47).
    Giuda era un ambizioso, e come tale aveva interpretato l'insegnamento di Gesù in senso riduttivo e materiale; aveva creduto in un regno temporale e, non vedendolo mai venire, aveva perso ogni fiducia nel Signore. La sua anima era lontana da Dio ed era giunto a rubare dalla cassa delle elemosine a lui affidata; infine, stanco di quella vita, il miserabile aveva ordito il tradimento. Egli non immaginava le tremende conseguenze che ne sarebbero derivate, cioè la morte e la crocifissione di Gesù.
    Durante il colloquio di Giuda con Anna e Caifa davanti al sinedrio, vidi il traditore trattato con disprezzo dai sommi sacerdoti. Fu chiesto all'Iscariota:
    «Sarà possibile farlo prigioniero? Non ha numerose schiere di armati che lo proteggono?».
    A questa domanda l'infame traditore rispose con spavalderia:
    «Egli è solo con undici discepoli pigri e timorosi; il Nazareno stesso non ha più il coraggio di proseguire nella predicazione!».
    I sacerdoti, però, erano in dubbio sull'opportunità di arrestare Gesù nel corso delle celebrazioni pasquali. Per con vincerli Giuda aggiunse:
    «Se non verrà catturato adesso, non vi sarà mai più possibile, perché Gesù vuole andar via e ritornare con un gran de esercito per diventare re».
    Queste parole ebbero l'effetto voluto: il sinedrio e i sommi sacerdoti si convinsero della necessità di catturare Gesù prima della Pasqua. Il vile traditore ricevette trenta denari d'argento e fu guardato con severo biasimo; tre farisei lo guidarono in un atrio dove si stava preparando la spedizione per la cattura del Signore. I soldati avevano ricevuto l'ordine di sorvegliare attentamente il traditore fin ché non avessero preso Gesù.
    Le trenta monete erano di forma oblunga, forate all'estremità rotonda e attaccate con degli anelli a una catena; recavano incisi alcuni caratteri.
    Giuda, per dimostrarsi un uomo pio, le offrì al tempio, ma non furono accettate perché erano il prezzo di un tradimento.
    Questo rifiuto lo ferì definitivamente e si sentì esasperato, ma ormai era troppo tardi per ritornare sui suoi passi.
    Nel frattempo un impiegato del sinedrio inviò sette schiavi a procurare il materiale per costruire la croce. I lavori furono iniziati dietro il tribunale di Caifa. Il legno della croce proveniva da un albero cresciuto presso il torrente Cedron.
    Il drappello, che avanzava per catturare Gesù, era composto da venti soldati prelevati dalla guardia del tempio e da quella dei capi dei sacerdoti; non tutti erano ebrei, alcuni erano originari di paesi stranieri. Gli sgherri vestiva no quasi come i soldati romani ed erano dotati di spade, fruste e catene, avevano con loro torce di pece, ma, per via, accesero solo una lanterna. Giuda, il miserabile, era tenuto stretto fra di loro. Sei membri del sinedrio guidavano il drappello: un sacerdote confidente di Anna, un in caricato di Caifa, due farisei e due sadducei, che erano anche erodiani. Altre trecento guardie erano state dislocate nei punti nevralgici della città, fino al monte degli Ulivi, in particolare nel piccolo borgo di Ofel.
    Vidi il Signore e i tre apostoli prediletti muoversi tra il Getsemani e il monte degli Ulivi; a loro si erano affiancati gli altri otto apostoli. Spinti dalla curiosità e dall'inquietudine erano saliti lassù anche alcuni discepoli, ma si mantenevano a distanza, pronti a fuggire.
    Gesù, facendo segno ai suoi di starsene fermi, avanzò verso le guardie e chiese a voce alta:
    «Chi cercate?».
    «Gesù di Nazaret!», gli fu risposto dal comandante delle guardie.
    Il Signore con voce ferma rispose:
    «Io sono colui che cercate!».
    A queste parole quasi tutti gli sgherri vacillarono e caddero a terra. Si rialzarono e si avvicinarono di nuovo a Gesù, in attesa del segno che avrebbe dato l'Iscariota baciando il Signore. Gesù chiese ancora una volta:
    «Chi cercate?».
    Ed essi risposero:
    «Gesù di Nazaret!».
    «Sono io! Se cercate me, lasciate andare costoro», rispose il Signore.
    Quelli vacillarono di nuovo e, caduti a terra, si contorcevano come epilettici.
    Gesù disse alle guardie:
    «Alzatevi!».
    E quelli, tutti confusi, si alzarono e spinsero avanti Giuda. Sconvolto, il traditore si accostò a Gesù e lo baciò sul la guancia per dare il segnale convenuto. Lo udii dire:
    «Salve, Signore!».
    Gesù gli rispose con tristezza:
    «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell'uomo! Sarebbe stato meglio per te che non fossi mai nato!».
    Intanto, avuto il segno che attendevano, i soldati circondarono il Signore, mentre gli altri sgherri ricacciavano in dietro gli apostoli che volevano liberare Gesù a tutti i costi.
    Pietro, il più audace di tutti, con un colpo di spada recise l'orecchio di uno dei servi del sacerdote, un certo Malco, che cadde a terra tramortito.
    Vi fu un grande tumulto. Gesù disse:
    «Pietro, chi di spada ferisce di spada perisce. Rimetti dunque la spada dentro il fodero perché io devo compiere la volontà del Padre mio!».
    Quindi chiese che gli fosse avvicinato Malco affinché potesse guarirlo. Accostatosi a lui pregò e, toccandolo, lo risanò perfettamente. Di fronte a tale prodigio gli sgherri rimasero stupefatti, ma subito si levò la voce dei farisei, i quali dissero che Gesù era in combutta con il diavolo.
    Subito dopo, le guardie, incitate dai membri del sinedrio, tentarono di arrestare gli apostoli, ma questi abbandonarono il Signore e fuggirono nella notte. Anche Giuda fuggì; però, poco avanti, fu fermato dai discepoli di Gesù, che inveirono contro di lui, finché fu liberato dai sinedriti.
    Dopo la passione del Signore, tutti gli sgherri che erano caduti quando Gesù dichiarò il suo nome, si convertirono e divennero buoni cristiani, poiché il gesto del cadere e del rialzarsi è simbolo di sensibilità, pentimento e conversione a Dio. Malco si convertì subito dopo la sua guarigione. Invece Giuda, i sei sinedriti e i quattro bruti che trascinarono il Signore con le funi, non erano caduti davanti al santo nome di Gesù, perché si erano chiusi alla grazia.
    Le guardie legarono il Signore, accusandolo di essere in relazione con il demonio.
    Gesù disse loro:
    «Siete venuti con aste e bastoni a prendermi di notte come se fossi un assassino, mentre invece tutti i giorni insegnavo nel tempio, e non avete mai osato mettermi le mani addosso. Adesso, però, è giunta per voi l'ora delle tenebre».
    Ma gli sgherri presero a ingiuriarlo e a maltrattarlo.
    Gli legarono le mani in modo assai crudele, usando corde nuove fatte con rami di salice: gli bloccarono il polso della mano destra al di sopra del gomito sinistro, e il polso sinistro sul braccio destro; gli strinsero attorno alla vita un'alta cintura munita di punte e vi fissarono le mani di Gesù con lacci di vimini. Inoltre gli appesero al collo un collare, dal quale partivano due corregge che, incrociandosi su petto, scendevano legandosi alla cintura. Da queste partivano quattro funi, che erano tirate a piacimento dai quattro bruti rozzi e muscolosi. Così il Salvatore iniziò la dolorosa via della croce...
    Il triste corteo, con le fiaccole accese, si mise in cammino:
    aprivano la marcia dieci sgherri, dietro di essi veniva Gesù, ingiuriato e tirato per le funi dai quattro bruti, poi seguivano i sinedriti e le altre guardie. I discepoli e gli apostoli erano tutti fuggiti, solo Giovanni seguiva il corteo; quando le guardie tentarono di arrestano, egli riuscì a fuggire lasciando cadere il mantello.
    Gesù venne condotto via in tutta fretta, tra crudeli martiri e vili oltraggi. Per compiacere i farisei, gli aguzzini tiravano le funi con feroce violenza aumentando le sue sofferenze.
    I malvagi avevano in mano altre funi piene di nodi con le quali lo frustavano come un animale che viene portato al macello, mentre lo riempivano d'insulti e lo costringe vano a camminare a piedi nudi tra rovi e cespugli. In fretta raggiunsero un ponte sul torrente Cedron; non era quello attraversato da Gesù e dagli apostoli quando si erano recati al Getsemani, ma un altro.
    Prima ancora che giungessero al ponte, vidi Gesù cadere due volte a causa dei maltrattamenti.
    Arrivati al centro del ponte, i miserabili gettarono il Signore nell'acqua, «affinché spegnesse la sua sete!».
    La violenta caduta l'avrebbe ucciso se non fosse stato protetto dall'intervento di Dio. Sulla roccia dove cadde rimasero miracolosamente le impronte delle ginocchia, dei piedi, dei gomiti e delle dita. Queste orme sulla roccia diventarono in seguito oggetto di venerazione da parte della prima comunità cristiana.
    Perfino la roccia aveva reso testimonianza al Signore ed era stata più tenera e meno incredula degli uomini!
    I crudeli sgherri fecero risalire Gesù sulla riva. Vidi che la sua lunga veste di lana, divenuta pesante per l'acqua assorbita, si stringeva alle sue membra.
    Così impacciato, impedito a camminare, il Signore cadde a terra più volte, malmenato dagli aguzzini e ingiuriato dai farisei.
    Durante l'agonia spirituale de! Getsemani Gesù era stato assalito da un'arsura terribile, ma non calmò la sua sete con un solo sorso d'acqua; invece lo vidi bere l'acqua del torrente Cedron e lo udii dire che si compiva un salmo profetico.
    Siccome i farisei avevano notato la presenza di numerosi discepoli di Gesù alle porte del piccolo sobborgo di Ofel, provvidero a rinforzare il corteo con altri cinquanta soldati che facevano parte dei trecento uomini dislocati un pò ovunque per reprimere eventuali sommosse dei seguaci di Gesù.
    In Ofel il Salvatore aveva risanato e consolato molta povera gente, e per tale motivo era benvoluto dalla popolazione. Dopo la Pentecoste la maggior parte degli abitanti si unì alla comunità cristiana.
    Prima di entrare nel piccolo borgo, nostro Signore fu percosso con enorme ferocia dagli sgherri seminudi. Lo vidi pallido, sfigurato, insanguinato e pieno di lividi, con i capelli sconvolti e la veste inzuppata d'acqua e di fango. Era una scena che lacerava il cuore: Gesù era caduto già sette volte e non ce la faceva più a rialzarsi.
    Un soldato pietoso, rivolto ai commilitoni, disse:
    «Se dobbiamo condurre questo miserabile vivo davanti ai sommi sacerdoti, è opportuno allentargli i ceppi alle mani. Mettiamolo in condizione che possa aiutarsi quando cade».
    Mentre gli allentavano i lacci, un altro di loro prese compassionevolmente una ciotola di corteccia, come quelle usate dai pellegrini e dai soldati, la riempì d'acqua di fonte e la porse al Signore.
    Gesù bevve qualche sorso e, ringraziando quel buon soldato, accennò a un altro passo profetico in cui si parla di una sorgente d'acqua viva. Nell'udire questa frase tutti gli altri, particolarmente i farisei, lo derisero, accusandolo di essere un bestemmiatore.
    Mi fu rivelato che i due soldati misericordiosi, toccati dalla grazia, si convertirono prima della morte del Signore. Irritati per le parole proferite da Gesù, gli sgherri ripresero a percuoterlo con straordinaria violenza.
    Quando il triste corteo entrò in Ofel, una folla di miracolati strinse da ogni lato il condannato e chiese ai soldati che venisse rilasciato. Al passaggio del Signore uomini e donne, mossi a compassione, si gettavano in ginocchio e gridavano:
    «Liberatelo! Chi ci guarirà? Chi ci consolerà? Restituiteci il Messia!».
    Tendendo le mani protese verso di lui, la moltitudine lo implorava in ginocchio di compiere il miracolo della sua liberazione. I soldati riuscirono a respingere solo a mala pena la folla dei devoti. Ma giunti nella valle del Cedron, il popolaccio, aizzato dai servi dei sacerdoti del tempio, urlava e imprecava contro il Signore.
    Vidi Gesù sospinto brutalmente verso Sion, per un sentiero chiamato “Mulo”. A colpi di bastone, pallido e in sanguinato, il Signore fu condotto alla casa di Anna.
    Vidi Giovanni intento a raccontare alla Vergine gli in cessanti patimenti sofferti dal suo amatissimo Figlio, fin ché ella ruppe in singhiozzi; i due si trovavano nella dimora di Maria di Marco, nei pressi di Ofel.
    Gli abitanti del borgo, già sconvolti dall'aver visto il loro Maestro maltrattato e sofferente, condivisero profondamente il dolore di Maria.
    Pietro e Giovanni avevano seguito a distanza il corteo fino a Sion, poi li vidi entrare nella casa di alcuni messi del tribunale.
    Questi ultimi erano amici di Giovanni e avevano il compito di percorrere la città allo scopo di convocare i membri del sinedrio e gli eruditi del tempio.
    Essi misero addosso ai due apostoli il mantello dei messi d'ufficio, affidando loro alcune convocazioni da consegnare.
    In tal modo, Simon Pietro e Giovanni ebbero libero accesso nella sala del tribunale di Caifa.
    Inoltre, così vestiti, gli apostoli s'incaricarono di avvertire i membri del consiglio favorevoli a Gesù, come Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo, che i farisei avrebbero certamente “dimenticato” di convocare.
    Vidi Giuda correre lungo la costa meridionale di Gerusalemme, come se avesse voluto sfuggire al demonio. In preda al delirio, tormentato dalla più profonda disperazione, egli vagava tra i cumuli di rifiuti e le ossa degli animali sacrificati.

    I preparativi del processo

    Anna e Caifa erano stati avvertiti della cattura di Gesù e avevano iniziato i preparativi del processo.
    Il cortile del loro tribunale venne illuminato, gli ingressi sorvegliati da numerose guardie e i messi d'ufficio furono inviati in città ad avvertire i membri del consiglio.
    I sommi sacerdoti avevano affidato ai farisei, ai sadducei e agli erodiani più avversi a Gesù il compito di raccogliere false testimonianze contro il Signore. Essi volevano dimostrare a tutti i costi che il Galileo era un impostore.
    In quei giorni si trovavano a Gerusalemme molti nemici di Gesù, giunti da Nazaret, Tirza, Gabara, lotapata, Silo e da altri luoghi per celebrare la Pasqua.
    Era una buona occasione per vendicarsi del Nazareno, che aveva predicato la verità suscitando il loro odio. Tra i più accaniti accusatori di Gesù vidi i mercanti scacciati dal tempio e i pavidi dottori che erano stati pubblicamente ridotti al silenzio dal Signore. Vidi pure quelli che non seppero perdonargli la sua prima istruzione nel tempio, all'età di dodici anni; i peccatori impenitenti, che egli rifiutò di sanare, e i peccatori recidivi, tornati subito infermi. Vidi i giovani vani, che Gesù non aveva accettato come discepoli; infine i perfidi e i malvagi seguaci di Satana, che infuriavano contro ogni cosa santa, tanto più contro colui che era santissimo.
    Vidi la feccia del popolo ebreo, manovrata dagli acerrimi nemici di Gesù, agitarsi lungo le vie di Sion per accusare l'immacolato Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.
    Frattanto gli amici di Gesù, ignorando i disegni divini, vagavano sconsolati e afflitti, guardati con profondo sospetto dalla popolazione. I più deboli, temendo per il loro avvenire, erano caduti in tentazione ed erano passati dalla parte dei nemici di Gesù.
    In verità, scarso rimase il numero dei veri fedeli, perché, ieri come oggi, molti vogliono essere buoni cristiani, ma negano la croce appena diventa scandalo. Infatti numerosi seguaci del Signore si erano ritirati, delusi del Figlio di Dio che si lasciava tormentare senza invocare la vendetta dal cielo. Gli apostoli e i discepoli più fedeli, assaliti dal dubbio, continuavano a vagare nelle valli attorno a Gerusalemme o restavano celati fra le grotte del monte degli Ulivi.
    Il silenzio notturno a Sion era stato interrotto dai rumori e dal movimento frenetico intorno al tribunale, illuminato a giorno dalle fiaccole e dalle cosiddette “padelle” di pece ardente.
    Vidi il mio Redentore spinto brutalmente dinanzi ad Anna.

    Gesù condotto da Anna

    «Intanto la coorte, il tribuno e le guardie dei Giudei presero Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna, perché era suo cero di Caifa, il sommo sacerdote di quell'anno» (Giovanni 18,12).

    Verso mezzanotte Gesù fu condotto dinanzi ad Anna, che stava assiso sul seggio più alto ed era circondato da venti quattro consiglieri.
    Vidi Gesù trascinato per le funi da alcuni sgherri. Il Signore fu fatto salire sul primo dei gradini sotto il seggio di Anna.
    I membri del consiglio erano già pronti ad accusare Gesù per aver violato più volte l'integrità della dottrina. Anna fremeva, impaziente di vedere Gesù condannato e giustiziato.
    Vidi il Signore, insanguinato e con la veste inzuppata, davanti al crudele sacerdote. Gesù aveva il capo chino.
    Quel vecchio scellerato, dal volto scarno e con la barba rada, si rivolse a Gesù con tono ironico e il sorriso beffardo. Non ricordo tutte le sue parole, ma pressappoco furono queste:
    «Oh! Sei proprio tu? Gesù di Nazaret, dove sono dunque i tuoi discepoli? E il tuo regno? Adesso tutto ha preso un'altra piega! Hai finito di profanare il sabato e di bestemmiare. Ho saputo perfino che hai mangiato con i tuoi l'agnello pasquale in un giorno insolito e in modo profano. Qual è dunque questa nuova dottrina religiosa che vuoi introdurre?».
    Gesù rispose in tono pacato:
    «Io ho insegnato pubblicamente nel tempio e nelle sinagoghe, non ho tenuto niente in segreto: non interrogare me, ma coloro che udirono quel che ho detto!».
    A questo punto Anna ebbe un moto interiore di rabbia; un servo se ne accorse e, con la mano destra coperta da un guantone di ferro, colpì Gesù in pieno viso dicendogli:
    «Così rispondi al sommo sacerdote, farabutto?».
    Scosso dal colpo, il Signore cadde dal gradino e finì a terra, con il volto sanguinante. Allora nella sala echeggiarono mille rumori, mormorii e ingiurie. Rialzato dalle guardie, come se nulla gli fosse accaduto, Gesù disse serena mente:
    «Se ho parlato a torto, devi provarmelo; ma se ho detto cosa giusta, perché mi percuoti?».
    Estremamente irritato da queste parole, e più ancora per l'estrema tranquillità di Gesù, Anna passò a interrogare i testimoni.
    Si levò un coro di accuse ben concertate che tendevano a presentare Gesù come un agitatore del popolo:
    «Ha annunciato un nuovo regno di cui si è autoproclamato re. Ha affermato nientemeno di essere Figlio di Dio. Opera guarigioni nel giorno del sabato. Impreca contro Gerusalemme. Chiama adulteri i farisei. Mangia con gli impuri e frequenta donne di cattiva fama. Davanti alla porta di Ofel, a un uomo che gli portava da bere, ha detto che gli avrebbe dato l'acqua della vita eterna per la quale non avrebbe mai più avuto sete. Confonde il popolo con parole ambigue e abbaglia gli ingenui!».
    Segui centinaia di altre accuse, oltraggi e improperi. Ognuno gli andava vicino per rivolgergli le più inaudite insolenze.
    Mentre Gesù, tirato a destra e a sinistra dalle funi degli aguzzini, barcollava, Anna gli si rivolse in tono beffardo:
    «Sei tu il figlio del falegname di Nazaret o sei Elia venuto dal cielo sul carro di fuoco? Dicono che egli viva ancora, potresti essere tu, come lasci capire. Oppure sei Malachia, che non ebbe padre e potrebbe essere un angelo, come forse oseresti spacciarti? Hai detto perfino che sei più grande di Salomone! Su, giustificati! Ma stai tranquillo, adesso ti conferirò il titolo di regalità».
    E il perfido sacerdote scrisse su una pergamena le maggiori accuse mosse a Gesù, poi l'arrotolò in un tubo che chiuse e che fissò all'estremità di una canna che fu infilata tra le mani del Signore nuovamente legate, dopo che durante il processo erano state liberate. La canna era il simbolo derisorio dello “scettro regale”. Il Signore venne con dotto da Caifa tra gli oltraggi della folla.

    «Quelli che avevano preso Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, dove si erano radunati gli scribi e gli anziani» (Matteo 26,57).

    La casa di Anna dista da quella di Caifa circa trecento passi. Mentre percorreva questo breve cammino, sempre spinto dalle guardie, Gesù fu deriso e malmenato da una massa di ebrei scalmanati e dai falsi testimoni usciti dal tribunale di Anna.
    Le guardie che lo scortavano riuscivano a fatica a con tenere la folla piena di livore contro il Galileo.

    Gesù davanti a Caifa

    La via e i cortili che conducono alla casa di Caifa erano abbondantemente illuminati. Il tribunale è preceduto da un primo cortile esterno, attraverso il quale si entra in un altro interno, più grande, che circonda l'intero fabbricato.
    Un vestibolo a cielo aperto con diverse colonne laterali introduce nella sala del tribunale. Su un'alta pedana a forma di ferro di cavallo ci sono i seggi dei membri del consiglio; quello del sommo sacerdote si trova al centro della pedana in posizione rialzata rispetto agli altri. L'imputato sta al centro del semicerchio circondato dalle guardie; ai due lati vi sono i testimoni. Tre porte alle spalle dei giudici danno accesso alla sala delle deliberazioni. Questa sala rotonda comunica per mezzo di alcune porte con il cortile interno, nel quale si vede l'ingresso della prigione sotterranea; successivamente alla Pentecoste, in una delle sue celle finirono Pietro e Giovanni dopo che avevano guarito lo zoppo del tempio.
    Quella notte l'intero palazzo era illuminato a giorno dalle numerose fiaccole e lampade. Al centro dell'atrio principale vidi un gran fuoco ardere in un enorme braciere, ai cui lati, ad altezza d'uomo, si trovavano canne a forme di corni per assorbire il fumo. Intorno al fuoco si stringevano le guardie del tribunale, più in là vidi i falsi testimoni circondati da una folla di persone poco raccomandabili; alcune donne vendevano focacce e una bevanda rossa.
    All'interno dell'edificio e tutto attorno c'era una gran de confusione, come avviene da noi l'ultima sera di carnevale. La maggior parte dei convocati sedeva vicino a Gaifa, mentre giungevano i ritardatari.

    I falsi testimoni avevano già riempito l'atrio

    Vidi Caifa sul seggio rialzato al centro della pedana; adesso era circondato da tutti i settanta membri del sinedrio. Il sacerdote era un uomo dal contegno solenne, ma il volto tradiva la sua vera natura violenta e crudele. Portava un lungo mantello color porpora, adorno di fiori e frange d'oro, fermato sulle spalle e sul petto da fibbie di metallo lucente.
    Giovanni riuscì a entrare dalla porta del cortile interno, mentre Pietro avrebbe trovato serie difficoltà se Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea non lo avessero fatto entrare con loro. Appena furono nell'atrio, i due apostoli restituirono ai veri messi i loro mantelli e si confusero tra la folla.
    Caifa era iroso e impaziente, discese perfino dal suo alto seggio per chiedere quando sarebbe stato introdotto l'imputato, ma subito fece ritorno al suo posto, perché vide il corteo entrare nell'atrio.
    Il corteo fece il suo ingresso nella sala del tribunale, coperto dal vociare e dagli insulti degli astanti contro Gesù.
    Passando vicino ai due apostoli prediletti, il Signore li guardò senza volgere la testa, per non farli scoprire. Appena Gesù uscì dal colonnato e si mostrò alla presenza dei membri del consiglio, Caifa gli gridò contro:
    «Sei tu, dunque, il profanatore nemico di Dio che disturbi la notte santa?».
    Poi lesse le accuse formulate dal primo tribunale e lo tempestò di domande. Gesù restò tranquillo fissando gli occhi a terra. Le guardie lo punzecchiarono con bastoni dalla punta di ferro e lo percossero gridando:
    «Rispondi al sommo sacerdote! Hai perduto la lingua?».
    Ma egli continuava a tacere.
    Si passò alle deposizioni dei testimoni. Prima di tutti parlarono i farisei e i sadducei, i più accaniti nemici di Gesù, seguiti dagli altri. Si ripeté quasi la stessa scena che si era svolta da Anna: Gesù fu accusato di operare guarigioni e scacciare i demoni con l'aiuto del capo dei demoni, inoltre di aver violato il sabato, di non osservare i digiuni e di chiamare i farisei razza di serpenti e generazione adultera; a queste, fecero seguito altre centinaia di imputazioni. In effetti ogni suo insegnamento, parola o parabola, veniva fraintesa o contorta intenzionalmente per farne altrettanti capi d'accusa contro di lui.
    L'accusa principale, che gli venne mossa da più parti, fu di magia e stregoneria. I testimoni però erano confusi e le loro testimonianze si contraddicevano. Qualcuno ebbe l'ardire di affermare che Gesù era un bastardo, ma fu subito contraddetto da altri, i quali dissero di aver conosciuto la Madre di Gesù come pia donna del tempio e il padre come uomo timorato di Dio. Alcuni lo accusarono di voler distruggere il tempio e di aver celebrato irregolarmente la Pasqua per due anni consecutivi.
    Riguardo alla celebrazione della Pasqua nel cenacolo, furono interpellati Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea. I due sinedriti provarono che, secondo una legge antichissima, ai Galilei era permesso consumare l'agnello pasquale un giorno prima. Aggiunsero che la cerimonia si era svolta secondo le regole comuni e vi avevano partecipato anche impiegati del tempio. Questa testimonianza sdegnò i nemici di Gesù, e i testimoni furono afferrati dal dubbio. Molti astanti, colpiti dal paziente silenzio di Gesù, dalle crudeltà esercitate su di lui e dall'evidente farsa, si sentirono turbati nella coscienza, anche perché l'odio dei farisei si era rivelato a tutti. Dieci guardie si ritirarono con il pretesto di un malessere; più tardi, indirizzate da alcuni discepoli, si rifugiarono sull'altro versante del monte Sion, nelle caverne a sud di Gerusalemme.
    Caifa, estremamente furibondo per l'andamento del pro cesso, dichiarò che la confusione delle deposizioni era effetto dei sortilegi di Gesù, poi si alzò dal suo seggio esce se alcuni gradini. Avvicinatosi a Gesù, con voce quasi supplichevole, gli chiese:
    «Ti scongiuro per il Dio vivente: dimmi se tu sei il Messia, il Figlio di Dio Altissimo».
    Adesso nella sala il tumulto era completamente cessato.
    Gesù, fortificato dal Padre celeste, rispose con il tono dignitoso della Parola eterna:
    «Tu lo hai detto, io lo sono! E vi dico che presto vedrete il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo, seduto al la destra dell'Altissimo!».
    Nel pronunziare queste parole, Gesù fu irradiato da un magnifico e indicibile splendore e il cielo si aprì sopra di lui; in quell'istante percepii la luce di Dio onnipotente. Vi di i giusti pregare per Gesù circondato dagli angeli. Invece sotto Caifa vidi una sfera incandescente piena di orrende figure: era l'inferno, sul quale egli stava. Quando il Signore dichiarò con voce ferma di essere il Cristo, il Figlio di Dio,l'inferno tremò e rovesciò la sua diabolica rabbia nella sala del tribunale. Vidi figure orribili uscire dalle tombe dell'altro lato di Sion: credo che fossero gli spiriti del male. Vidi altre cose tremende.
    Forse anche Giovanni le vide, come mi fu rivelato.
    Afferrato da un moto di collera, Caifa si strappò una par te del suo magnifico mantello e urlò:
    «Lo avete udito? Egli ha bestemmiato: servono ancora i testimoni? Qual è dunque la vostra sentenza?».
    Tutti i presenti gridarono più volte:
    «E degno di morte!».
    Constatata che la loro opera era finita, i testimoni abbandonarono il tribunale con la coscienza offuscata. I più vili e falsi si ritirarono nell'atrio e si misero attorno al fuoco per prendere il poco denaro promesso, poi si trattennero a mangiare e a bere. Ispirato dall'inferno, il sommo sacerdote consegnò Gesù alle guardie dicendo:
    «Consegno questo re in vostra balìa, rendete a lui gli onori dovuti!».
    Detto questo, Caifa si ritirò con i suoi consiglieri nella sala rotonda posta dietro al tribunale.
    Giovanni, nel suo profondo dolore, pensava alla triste no tizia che doveva recare alla santa Vergine. Allora gettò uno sguardo d'intesa al Signore e lasciò la sala del tribunale.
    Intanto Pietro, angosciato e intirizzito dal freddò, si era accostato al grande braciere presso il quale si scaldava molta gentaglia. Egli non si rendeva precisamente conto di quel che faceva, in ogni caso non voleva allontanarsi dal suo Maestro.

    Gesù oltraggiato e percosso nella casa di Caifa

    Non appena Caifa e i membri del consiglio lasciarono la sala del tribunale, la folla si accanì bestialmente contro Gesù, abbandonandosi a ogni eccesso di crudeltà. Solo due sgherri lo tenevano per le funi perché gli altri due erano usciti. Già durante il processo alcuni perfidi avevano strappato al Signore intere ciocche di capelli, e così pure la barba; qualche pia persona le raccolse furtivamente e le portò via, ma poco tempo dopo non le trovò più.
    Vidi Gesù coperto di oltraggi, sputi e percosse di ogni sorta, schiaffi, pugni e bastonate. Gli sgherri, dopo averlo ferito con bastoni acuminati, sputandogli continuamente in faccia, gli vuotarono sulla santa testa un secchio di acqua sporca dicendogli:
    «Ti rendiamo la tua unzione regale, così ti purifichiamo!».
    Poi gli strapparono con violenza la veste e gli misero sul capo una corona di paglia di frumento a guisa di mitra vescovile, quindi lo rivestirono di un lurido manto che gli scendeva fino alle ginocchia. Non contenti ancora, i torturatori appesero al collo di Gesù una catena di ferro che terminava con due pesanti anelli, le cui punte gli ferivano le ginocchia quando si muoveva.
    Senza mai cessare di percuoterlo con i pugni e i pesanti bastoni nodosi, gli bendarono gli occhi con uno straccio sudicio e lo percossero, dicendogli:
    «Gran profeta, indovina: chi ti ha percosso?».
    Vidi Gesù pregare per i suoi perversi torturatori.
    Nonostante il sangue, i lividi e i tormenti, vidi il Signore aureolato di luce magnifica; la stessa non l'aveva più la sciato da quando egli si era proclamato Figlio di Dio.
    Trascinato per mezzo della catena attorno al collo, Gesù fu condotto dalle guardie nella sala antistante dov'era riunito il consiglio, i cui membri, appena lo videro, cominciarono a ingiuriarlo e a deriderlo. Però le loro pesanti offese non sfioravano minimamente la gloria della sua magnifica santità. Perfino quei perfidi percepirono vaga mente la luce della grazia che splendeva sul Figlio di Dio.

    Pietro rinnega tre volte il Signore

    «“Forse anche tu sei dei discepoli di quest'uomo?”. Pietro rispose: “Non lo sono!”» (Giovanni 18,17).

    Pietro, confuso e intimorito, restava seduto nell'atrio a scaldarsi vicino al fuoco, ma la tristezza impressa sul suo volto lo rese sospetto agli altri. La portinaia si avvicinò al fuoco e gli chiese:
    «Sei discepolo del Nazareno?».
    L'apostolo, vedendosi scoperto, impallidì, senza avere il coraggio di rispondere. Un altro gridò:
    «Sicuro, io l'ho visto, era con il Galileo!».
    Fortemente spaventato, temendo di essere maltrattato da quella gentaglia, Pietro negò per la prima volta il Signore:
    «Io non lo conosco».
    Proprio in quel momento mi sembrò di udire il canto del gallo.
    Un'altra donna, che lo fissava attentamente, disse a quel li che le stavano accanto:
    «Anche costui era con quel Gesù di Nazaret!».
    Quest'affermazione fu confermata da altre persone. Pietro, per timore di essere arrestato, rinnegò Gesù per la seconda volta:
    «Non conosco affatto quell'uomo!».
    Afflitto per essere stato costretto a rinnegare Gesù una seconda volta, Pietro, in preda alla disperazione, uscì dal vestibolo e corse fuori.
    Nel cortile esterno incontrò alcuni discepoli che gli chiesero notizie del processo a Gesù, ma l'apostolo, senza rispondere, consigliò loro di ritirarsi.
    Dopo poco tempo, ansioso di rivedere Gesù, egli ritornò e si sedette di nuovo vicino al grande braciere, poiché non vide più la portinaia e quell'altro. Vicino a lui c'era no alcune persone che parlavano del Signore come di un grande farabutto. Pietro intervenne spontaneamente per dire qualche parola in favore di Gesù. Fu così che uno di quelli lo riconobbe, trasalì e gli disse:
    «Tu sei un discepolo del Galileo, ti ho visto mentre tagliavi l'orecchio di Malco!».
    A tale accusa egli si sentì mancare e dichiarò solenne mente di non conoscere affatto Gesù.
    Con il cuore in gola, tormentato dalla paura e dalla vergogna, Pietro udì il gallo cantare tre volte. Fattosi animo, l'apostolo si confuse tra la folla e giunse sotto l'arco della sala rotonda, dove vide il Signore sanguinante, con una corona di paglia intorno alla testa, ingiuriato e maltrattato nel più orrendo dei modi. Gesù gli rivolse uno sguardo di pietosa commiserazione, come a volergli ricordare il compimento della sua profezia: Pietro l'aveva rinnegato tre volte al sorgere dell'alba, prima che il gallo cantasse. Sotto quello sguardo l'apostolo sentì cadere su di sé il peso della sua miseria e fu angustiato dal dolore del sincero pentimento. Allora si coprì la testa con il manto e decise di confessare il suo peccato di presunzione, memore di aver detto al Signore: «Meglio morire piuttosto che negarti!».
    Immenso fu lo strazio della santa Vergine quando Pietro le confessò che aveva rinnegato tre volte il suo Figlio diletto. Ella gli aveva domandato:
    «Simone, informami di quanto è avvenuto al mio amato Figlio...».
    Molto turbato, l'apostolo non le rispose.
    La Madre addolorata, avvicinandosi, gli chiese:
    «Perché non mi rispondi?».
    «Oh, Madre, non mi parlare! Hanno condannato Gesù a morte, e io l'ho vergognosamente rinnegato tre volte...».
    A queste parole la Madre di Gesù svenne proprio vicino alla porta di Gerusalemme, lasciandosi cadere su una pietra dove rimasero impresse le orme della sua mano destra e del suo piede.
    L'apostolo fuggì via dalla vergogna. Un'altra causa di strazio, per la Vergine, fu quando vide gli operai che preparavano la croce per suo Figlio.
    La veggente così raccontò al poeta Brentano: «Mi accorsi che gli angeli impedivano gli operai nel loro lavoro, affinché venisse eseguito secondo il modello voluto da Dio».

    Gesù in carcere

    Vidi Gesù in una piccolissima cella dal soffitto a volta; uno spiraglio di luce penetrava da una fessura in alto. La prigione era sotterranea al tribunale di Caifa.
    Al Signore non gli era stata restituita la veste, era ricoperto solo da una fascia sul basso ventre e sulle spalle portava uno straccio rosso pieno di sputi. Non appena fu in carcerato, Gesù offrì i suoi patimenti al Padre celeste per espiare i peccati del mondo e dei suoi carnefici.
    Subito dopo i maltrattamenti nella casa di Caifa, il Signore era stato portato in quella segreta e legato a una colonna molto bassa al centro della prigione. Questa posizione era abbastanza dolorosa perché lo costringeva a tenersi sulle gambe spossate e i piedi feriti e gonfi, mentre i carcerieri non cessavano di malmenarlo. Quando gli aguzzini si davano il cambio, i nuovi arrivati, freschi e riposati, si accanivano con maggior foga contro di lui. Intanto il Redentore continuava a pregare incessantemente, volgendo il suo sguardo luminoso in alto, verso il sole nascente che annunziava la sua passione. Lo udii sospirare e ringraziare Dio per quel giorno ardentemente atteso dagli antichi patriarchi.
    Vidi il primo raggio di sole risplendere sul capo del Signore, quale benedizione mattutina del Padre al Figlio. Era il giorno del nostro riscatto.
    Nel vedere questa scena triste e commovente, lo supplicai con le lacrime agli occhi:
    «Oh, mio Sposo divino, lasciami partecipare alla tue sofferenze causate anche dai miei peccati!».
    Circondato di luce, Gesù apparve tanto santo e buono che perfino i carcerieri non osarono più tormentarlo.

    Disperazione di Giuda

    Vidi Giuda introdursi nel recinto del tribunale di Caifa; sul suo volto si leggeva la più completa disperazione.
    Fino a quel momento aveva vagato come un folle tra i cumuli di rifiuti alla periferia di Gerusalemme.
    I trenta denari, prezzo del suo tradimento, erano nella borsa appesa al suo fianco sotto il mantello. Quando egli entrò nel tribunale il processo era già finito e la sala era immersa nel silenzio.
    Profondamente turbato, Giuda chiese a una delle guardie l'esito del processo a Gesù.
    «E' stato condannato a morte e sarà crocifisso», gli fu risposto.
    Le guardie aggiunsero che all'alba il Galileo sarebbe stato trascinato di nuovo dinanzi al consiglio per essere con dannato pubblicamente.
    Il traditore uscì dal tribunale e apprese dalla gente altre notizie riguardo al Redentore. Udì raccontare con quanta durezza Gesù era stato trattato e con quanta pazienza aveva sopportato i maltrattamenti, gli schemi e le sofferenze.
    Caduto nella più profonda disperazione, l'infame traditore si nascose dietro la casa di Caifa; egli, come Caino, voleva sfuggire gli uomini. Proprio in questo luogo alcuni operai erano intenti a costruire la croce: i singoli pezzi erano in ordine l'uno vicino all'altro. Giuda guardò quella scena con terrore e fuggì via spaventato: quel patibolo era il frutto del suo orribile tradimento. Il miserabile si celò nei dintorni in attesa di conoscere il giudizio definitivo.

    Il processo

    Alle prime luci dell'alba il sinedrio si radunò nella grande sala del tribunale. Il consiglio era formato dai sommi sacerdoti, Caifa e Anna, dagli anziani e dagli scribi del popolo. Il giudizio su Gesù della notte precedente era stato solo preliminare, adesso serviva un giudizio definitivo valido pubblicamente, perché la legge non consentiva che fosse emessa una sentenza durante la notte. Era la vigilia di Pasqua e il tempo stringeva; i sacerdoti volevano condannare e crocifiggere il Nazareno prima della festa. Vidi che dal consiglio erano stati esclusi tutti coloro che coltivavano buone intenzioni verso Gesù, compresi quelli che non erano suoi dichiarati nemici. Nicodemo, Giuseppe d'Arimatea e gli altri membri esclusi avevano lasciato il tribunale e si erano ritirati nel tempio.
    Quando tutto fu pronto, Caifa ordinò che venisse introdotto Gesù per la sentenza.
    I carcerieri trascinarono Gesù nella sala con orribile brutalità, tirandolo per una fune, tra beffe e percosse. Traboccando ira, Caifa lo interrogò:
    «Sei tu dunque l'Unto del Signore, il Figlio di Dio?».
    Gesù, con somma pazienza e solenne gravità, gli rispose:
    «Se io ve lo dico, non mi credete e non mi rispondere te, né mi lascerete andare, perciò fin d'ora il Figlio dell'uomo starà assiso alla destra di Dio».
    I giudici si guardarono tra loro, poi dissero a Gesù con tono sdegnoso:
    «Tu sei dunque il Figlio di Dio?».
    «Voi lo dite, io lo sono!», rispose Gesù con la voce della Verità.
    Allorché il Signore pronunziò queste ultime parole tutti si levarono contro di lui indignati:
    «Cosa vogliamo di più, oltre questa bestemmia? Quale altra prova andiamo cercando?».
    Dopo averlo ingiuriato, accusandolo di essere un vagabondo impostore, lo fecero legare di nuovo e gli misero una corda al collo per inviarlo dinanzi al procuratore romano come condannato a morte.
    Il sinedrio aveva deciso di presentarlo a Pilato in qualità di «criminale nemico dell'imperatore», allo scopo di legittimare la condanna di Gesù.

    Suicidio di Giuda

    «Ecco perché quel campo è chiamato anche oggi “Campo del sangue”» (Matteo 27,8).

    Caifa fece inviare un messaggero da Pilato per pregar lo di giudicare «il Galileo criminale» prima della festa solenne.
    Davanti al palazzo di Caifa fu organizzato il corteo che doveva condurre Gesù da Pilato: i sommi sacerdoti e alcuni membri del sinedrio precedevano in abiti solenni, seguivano subito dopo i falsi testimoni e un gruppo di perversi scribi e farisei, acerrimi nemici del Signore; dietro di loro camminava Gesù, trascinato dagli sgherri con le funi. La schiera partì da Sion diretta verso la città bassa, dove si trovava il palazzo del procuratore romano.
    Giuda, che era rimasto nei paraggi, udiva la voce del popolo:
    «Il gran consiglio ha condannato il Galileo a morte, lo conducono da Pilato. Sarà senz'altro crocifisso. Durante il processo ha dimostrato un coraggio e una pazienza senza limiti, non ha mai risposto, ha solo detto che presto siederà alla destra di Dio. L'hanno ridotto davvero male! E stato venduto al sinedrio da un suo discepolo che ha consumato con lui l'agnello pasquale. Questo miserabile meriterebbe anch'egli la condanna a morte!».
    Nell'udire queste parole il traditore fu afferrato da un'indicibile angoscia, sentì improvvisamente il peso delle trenta monete nella borsa appesa alla sua cintura: era come il peso dell'inferno.
    Tormentato nell'anima, si mise a correre all'impazzata come se fosse inseguito da un demonio.
    Non andava a gettarsi ai piedi del Signore, a chiedergli perdono e a morire con lui, ma correva al tempio con la speranza di sbarazzarsi del vile tradimento.
    Nel luogo di culto si trovavano molti membri del consiglio, essendovi si recati subito dopo il processo a Gesù.
    Fuori di sé, Giuda staccò dalla cintura la borsa con i denari e la tese a quelli, poi con voce rotta dall'angoscia esclamò:
    «Riprendetevi il vostro denaro, ma liberate Gesù! Io rompo il patto perché riconosco di aver tradito un inno cente».
    I membri del consiglio lo guardarono con alterigia e, dimostrandogli tutto il loro disprezzo, gli dissero:
    «E che c'importa che tu abbia peccato? Se tu credi di aver venduto sangue innocente è una cosa che non riguarda noi, ma solo te! Noi abbiamo condannato un uomo degno di morte e non vogliamo più sentir parlare del denaro che ti abbiamo dato!».
    E senza toccare il denaro, che Giuda tendeva loro con la mano destra, si allontanarono.
    In un impeto d'ira, il traditore strappò la borsa e gettò le monete nel tempio; fatto questo fuggì dalla città.
    Vidi Satana correre al suo fianco nella valle di Hinnon, luogo in cui gli Ebrei avevano, un tempo, sacrificato i propri figli agli idoli.
    Il diavolo sussurrava a Giuda tutte le maledizioni che i profeti avevano scagliato sulla valle, come se le medesime ricadessero su di lui, vivo esempio di quei delitti.
    Il demonio gli ripeteva:
    «Caino, dov'è Abele, tuo fratello? Che hai fatto? Il suo sangue grida: Che tu sia maledetto sulla terra, dove andrai errando senza pace!».
    Nel volgere gli occhi verso il torrente Cedron, dov'era giunto, e verso il Getsemani, udì le ultime parole che Gesù gli aveva rivolto: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell'uomo!». Allora sentì di perdere la ragione e fu pieno di orrore per se stesso. Satana gli sussurrò all'orecchio:
    «Qui Davide passò il Cedron fuggendo davanti ad Assalonne, il quale morì appeso a un albero».
    Con la mente completamente ottenebrata dalla pazzia, Giuda giunse in una zona fangosa piena di immondizie e, in questo lurido luogo, Satana la fece finita con lui sussurrandogli:
    «Lo stanno conducendo a morte, perché tu lo hai venduto! Miserabile, come potrai sopravvivere?».
    Spinto dall'estrema disperazione, il traditore prese la cintura e si impiccò a un albero. Subito dopo il suo corpo crepò e io vidi le sue viscere spargersi a terra.



    Carl Bloch, Rinnegamento di Pietro

    Carl Bloch, Il rimorso di Pietro, 1882

  5. #5
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    Predefinito DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI

    Il Signore andò incontro ai suoi nemici con amore sviscerato. Ognuno faceva a gara per percuoterlo nella bocca, di dargli pugni negli occhi, di sputargli in faccia; ed Esso come mansueto agnello, tacendo, soffriva tutto con amore e per amore. I persecutori ... tutti sdegno e furore, Esso era tutto obbedienza e zelo della loro salute; essi tutti a gara in percuoterlo, Esso tutto silenzio e carità; essi tutti odio, ed Egli tutto benigno, li mirava con sguardi amorosi, sopportava tutto con sapienza e sempre intento a fare la volontà SS. del Suo Eterno Padre. Quei soldati e turba di gente, (che) l'ebbero preso e legato con corde, ambedue le gambe e braccia e ... con catene nel collo e nella cintura, fecero sì che quelli che lo menavano passassero avanti, ed ognuno di essi Gli diedero la percossa, chi con pugni, chi con urtoni, chi con calci, chi con bastoni, chi tirandogli dei sassi, chi del fango facendo a gara chi poteva percuoterlo più. Fu tale che il tormento che ebbe il pietoso Gesù, che fu un miracolo, che non morisse allora. Uscito dall'orto, Lo fecero camminare dentro il fiume; ed i soldati stavano sopra il ponte di esso e Lo tiravano con corde e catene, ora in qua, ora in là; ed Esso si feriva tutti i piedi, per quelle pietre ed altre cose moleste che stavano dentro quella fiumana.

  6. #6
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    Nel primo (tribunale) Gesù patì molto stantechè l'avevano preso così furiosamente e con tali strapazzi, che mente umana non può capire. Fra le altre mie pene, Io patii - disse Gesù a S. Veronica Giuliani - di molto avanti la porta del palazzo di Anna. Qui mi fecero cadere e, per molte volte, mi batterono il capo in terra ove dalla Mia bocca uscì molto sangue.

  7. #7
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    Più tormentato ed afflitto di prima ... fu presentato al secondo tribunale ... il Suo divino volto (era) tutto livido, per la percossa che ebbe dello schiaffo che gli fu dato da quella mano di ferro. Patì più nel Suo interno, vedendo la grande ingratitudine di quello che glielo diede, al quale poco fa aveva fatto beneficio, con risanargli l'orecchio; e che ora lo percuoteva così alla traditora.

  8. #8
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    Quando tutti gli Scribi, i Farisei e i Capi andarono a riposare, consegnarono Gesù in mano e potere di gente più barbara, iniqua ed odiosa vi fosse. Pare ... che negli occhi e nella bocca Santissima di Gesù vi ponessero cose immonde e gli scarpissero ad uno ad uno con violenza tutte le palpebre; mettessero dentro agli occhi cose ben pungenti, così dentro le orecchie. Fu maggiore questa pena che non fu quando gli passavano il capo con le spine. Questi giovani lo trattarono tanto male e Gli fecero tanti strapazzi e cose tutte inumane, che Iddio non ha voluto che si sappiano, perché mente umana non le potrebbe credere. Tutto ciò si saprà nel giorno del Giudizio.

  9. #9
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    La sua faccia non pareva più di creatura (uomo), ma era tutta livida da pugni, da schiaffi, da urtoni che Gli davano, in quel mentre, tutte le genti.

  10. #10
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    Il re Erode lo schernì con tutta la sua corte. Oh Dio non posso con le parole scrivere tutto! Solo dico che non davano tempo al tempo; ma che in un subito si scaricava sopra di Gesù ogni sorte di tormenti e pene. Dopo che tutti (ebbero percosso e maltrattato, Gli misero quella veste bianca e lo rimandarono da Pilato.

 

 
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