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Discussione: Repubblicani in UMBRIA

  1. #1
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    ------------------------------------------------------------------------------------
    Mercoledì 12 giugno
    Narni Scalo
    h. 19.00
    Hotel Novelli
    Giorgio La Malfa
    incontra i
    repubblicani
    dell'Umbria

    ----------------------------http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA/index-12.html
    NUVOLAROSSA website


    ** Repubblicani in EMILIA e nella ROMAGNA (1)
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=1645
    Repubblicani in TOSCANA
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=2306
    Una informazione sui Repubblicani alla provincia di Napoli
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=103466
    Il Partito della Democrazia a Carrara
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=11856
    Repubblicani in UMBRIA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=13513
    Coordinamento nazionale di repubblicani e liberali di centro sinistra, a Napoli
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=124808
    CALABRIA Repubblicana
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=25994
    ** Repubblicani in EMILIA e nella ROMAGNA (2)
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=123375
    Repubblicani in CAMPANIA
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=3776
    SICILIA Repubblicana
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=5028
    Repubblicani nel LAZIO (1)
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=8665
    Repubblicani in ABRUZZO
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=5932
    Repubblicanesimo nelle MARCHE (2)
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=13463
    I Repubblicani di MASSA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=29318
    LOMBARDIA Repubblicana
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=11893
    Repubblicani nelle MARCHE (1)
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=4016
    I Repubblicani della Lombardia, prima e dopo il 43° congresso
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=15032
    Lettera aperta.........più che aperta al segretario politico della Lombardia
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=22794
    Repubblicani in GARFAGNANA e LUCCHESIA
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=7688
    Azione politica dei Repubblicani in Lombardia
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=15034
    Repubblicani in FRIULI VENEZIA GIULIA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=21099
    Repubblicani in BASILICATA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=21096
    PUGLIA Repubblicana
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=9805
    il P.R.I. nel Lazio (2)
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=34132
    Repubblicani in SARDEGNA
    http://www.politicaonline.net/forum/...d.php?t=349794
    Repubblicani in VALLE D'AOSTA
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=146341
    Repubblicani nel MONDO
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=21389
    Repubblicani nel VENETO
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=18382
    Repubblicani in TRENTINO ALTO ADIGE
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=13942
    I Repubblicani in Lombardia ...
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=118662
    Assemblea a S. Benedetto del Tronto ... Repubblicani nelle Marche
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=15286
    Massa e Ravenna
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=115408
    Il Dovere della Verita' a Salerno ... Repubblicani in Campania
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=9958
    .... e in Lombardia son scintille!
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    Repubblicani a RIETI
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  2. #2
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    Predefinito tratto da IL MESSAGGERO 6 agosto 2002

    Megacentrale: «Non bastano le parole»

    NARNI

    "Le parole ci sono state belle: ora però dal sindaco Bigaroni vogliamo atti concreti, delibere" Giorgio Sebastiani, uno dei leader del movimento contro la megacentrale delle Treie di Narni, non vuole lasciar passare le ferie per incalzare il Comune. "Anzi, sarebbe proprio il caso di riprendere, ed approvare, il discorso sul parco fluviale del Nera: se l'avessimo fatto allora, a nessuno sarebbe venuto in mente oggi in mente di sconvolgere questo territorio".
    Il Comitato spontaneo contro la centrale va avanti e chiede anche informazioni: "E' il caso di incaricare consulenti scientifici e legali per valutare nello specifico sia il progetto sia gli aspetti più strettamente normativi di tutta la vicenda". Spiega ancora Sebastiani che il "no" del Comitato è "principalmente legato alla gravità dei dati delle indagini epidemiologiche e quindi all'alto tasso di inquinamento che causerebbe quell'impianto".

    Intanto però compare la prima posizione politica ufficiale che non si schiera contro la centrale: è quella dei repubblicani, i cui dirigenti cercano di spostare il problema anche sul fronte dell'occupazione: "Davanti ad un impianto di così grande portata quali sono i piani di sviluppo dell'Ast e che garanzia di permanenza sul territorio ci dà?" Amleto Bussotti, dirigente repubblicano, guarda in direzioni diverse dal Comitato spontaneo a favore delle centrale, guarda anche al risanamento ambientale del territorio: "La sovrapproduzione di energia verrà messa a disposizione delle famiglie e delle aziende a prezzi competitivi, più di quelli dell'Enel? E con quali strumenti si intende tenere sotto controllo il risanamento ambientale?".

    M.G

  3. #3
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    Predefinito tratto da LA NAZIONE 7 agosto 2002

    Tutti i dubbi
    del partito
    repubblicano

    TERNI —
    Senza la centrale lo sviluppo, o almeno questo tipo di sviluppo, è a rischio. Lo dice Amleto Bussotti segretario del Partito Repubblicano che in un documento esprime la posizione del Pri (quello schieratosi con il centrodestra), che lancia l'allarme sulle prospettive senza la nuova centrale e critica aspramente le posizioni assunte dal Comune di Narni. I Repubblicani vestono i panni della Cassandra e dipingono a tinte fosche il panorama produttivo ed occupazionale della Conca senza il necessario approvvigionamento energetico. I rischi sono alti, secondo il Pri, soprattutto per il costo in termini occupazionali e di mantenimento di grandi aziende sul territorio. «A fronte di un impianto di così grande portata — chiede infatti il Pri — quali sono i piani di sviluppo dell'Ast e che garanzia di permanenza sul territorio ci da?». E ancora sul lavoro aggiunge un altro interrogativo: «Un eventuale no alla centrale quali problemi potrebbe creare per i dipendenti dell'Ast e di altre aziende che beneficerebbero di tale impianto?». Il partito attacca l'amministrazione narnese su più fronti, accusandola di non aver approfondito la questione e di aver cavalcato la tigre della protesta. Ne è prova, secondo Bussotti ed il Pri la vicenda delle aree industriali di Nera Montoro e San Liberato. «Nella passata amministrazione
    — dichiara infatti il partito — dove l'attuale sindaco era assessore all'urbanistica, con un colpo di mano furono ampliate le aree industriali in quella zona dove poco dopo l'Ast, che aveva inizialmente previsto l'investimento si Terni, spostò il progetto per l'insediamento della nuova centrale. Il sindaco Bigaroni era all'oscuro di tutto?». La polemica quindi non si placa.

    Massimiliano Cinque


  4. #4
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  5. #5
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    Roger Absalom (a cura), Perugia liberata. Documenti anglo-americani sull’occupazione alleata di Perugia (1944-1945), Accademia Toscana di Scienze e Lettere La Colombaria, Firenze, Olschki, 2001, pp. 666, euro 56,81

    Quello in questione è un volume che ci porta alla ricerca di coscienza e identità politica nostrane attraverso i documenti ufficiali degli alleati, dove la loro gestione del territorio umbro e perugino in particolare si riflette nelle aspettative della popolazione dell’Italia intera. Il corposo testo che finalmente raccoglie, appunto, la documentazione anglo-americana ha per titolo Perugia liberata. Il sottotitolo, poi, bene chiarisce quale sia il materiale proposto: Documenti anglo-americani sull’occupazione alleata di Perugia (1944-1945). Curata da uno studioso di prestigio di storia contemporanea, il professor Roger Absalom, questa pubblicazione è stata voluta soprattutto dalla Uguccione Ranieri di Sorbello Foundation (nata a New York nel 1994 e avente sede a Perugia), che costituisce un importante anello culturale di collegamento tra il nostro paese e gli Stati Uniti. Ma il volume, che è edito per i tipi della Leo S. Olschki nella collana Studi dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”, in realtà lo dobbiamo anche alla significativa intesa raggiunta da più promotori della pubblicazione stessa: oltre alla Fondazione Ranieri, infatti, hanno dato il loro altrettanto fondamentale contributo tre banche (la Banca dell’Umbria, la Banca Nazionale del Lavoro e la Monte dei Paschi di Siena), la Regione Umbria e lo stesso Comune di Perugia, soprattutto per tramite della Biblioteca Comunale Augusta. Decisivo è stato, inoltre, l’apporto scientifico di alcuni docenti dell’Ateneo perugino; del professor Ruggero Ranieri, docente dell’Università di Manchester nonché presidente della suddetta Fondazione; della dottoressa Serena Innamorati della Biblioteca Augusta; della professoressa Maud Tyler (University of Westminster); del professor Michael Worboys (Sheffield Hallam University) e della dottoressa Alexandra Ward (Ministry of Defence Historical Branch, Londra). Come pure importante è stata la collaborazione dei National Archives di Washington, coordinatore il signor Steven Shafer, e dell’Archivio di Stato di Perugia, coordinatrice la dottoressa Innamorati.
    Il periodo di cui si occupano le 666 pagine del volume è quello che va dal giugno del 1944 all’aprile del ’45, e cioè quello durante il quale si modificò profondamente, rafforzandosi ed acquistando fiducia ‘politica’, la coscienza di milioni di italiani, e venne ricostruendosi l’identità del Paese. Per quanto riguarda invece il materiale documentario originale, si tratta di carte inglesi ed americane provenienti dagli archivi storici di Londra e di Washington, soltanto da poco aperti al pubblico per la consultazione. Come chiarisce il sindaco perugino Renato Locchi nel presentare la pubblicazione, lo scopo fondamentale di essa, secondo l’intento di quanti vi hanno lavorato, è quello di fornire un efficace e puntuale strumento che possa permettere, studiando il periodo in questione, di «ricostruire la vicenda storica e la riorganizzazione amministrativa del territorio perugino, a partire dalla città» (p. V). E questo lavoro, anzi, è nato ed è stato svolto proprio «nell’interesse di una memoria storica che è alla base del nostro presente» (p. VI). Attraverso i documenti militari anglo-americani –e ci si riferisce in modo particolare ai rapporti settimanali e mensili ai superiori, in generale ai fogli in cui compaiono descrizioni, osservazioni, opinioni di vari esponenti del Governo Militare Alleato– ci si propone, infatti, di approntare una ricerca che sia il più possibile sistematica sulla presenza, sull’opera e sull’influenza alleata nel perugino. La documentazione delle fonti storiche straniere vagliata e proposta, tra l’altro, si concentra proprio sugli obiettivi –raggiunti e falliti–, sui metodi usati ed in genere sulle attività di quel governo; e per mezzo dei documenti proposti scopriamo i temi trattati per lo più indirettamente dal volume. Temi che spaziano dalle devastazioni belliche ai rapporti, spesso tesi, con gli abitanti locali, con le varie forze politiche italiane e con il C.L.N., il Comitato di Liberazione Nazionale; dagli esordi della ricostruzione (soprattutto economica, ma anche della vita sociale) alla nascita della democrazia, nata dal tremendo vuoto politico-amministrativo; ancora, dal processo di defascistizzazione di Enti locali e Stato vero e proprio (“restaurato” con nuovi sindaci e prefetti) alla riorganizzazione della partecipazione socio-politica e civile degli italiani. La storia che racconta la documentazione alleata –proveniente da un numero molto vicino ai cinquecento dossiers!– è la storia del ‘problema-occupazione’, specialmente in rapporto al complesso insieme delle aspettative italiane, ma senza far passare in secondo piano quei rapporti tra alleati e partigiani che si mantennero difficili per tutto l’arco di tempo interessato dall’occupazione stessa. Il materiale, attualmente custodito dalla Biblioteca di Palazzo Sorbello per essere catalogato ed offerto quanto prima alla consultazione, ha preso corpo, sotto la cura del professor Absalom e dei suoi collaboratori, proprio facendo stretto riferimento agli archivi originali ed avvalendosi, nella sua organizzazione compiuta, del supporto di puntuali note ai testi. Come viene specificato chiaramente nella Premessa al libro, si è voluto procedere strutturando l’opera per mezzo di una tripartizione in grandi sezioni: a) la documentazione di base; b) la ‘diagnosi’ alleata su Perugia; c) il materiale sulla ‘ricostruzione’.
    La prima parte del volume, dunque, raggruppa quella che è la cosiddetta ‘documentazione-base’, e cioè le varie relazioni delle unità combattenti ed i veri e propri diari di guerra, che ci danno le coordinate del rapporto tra alleati e partigiani come pure ci descrivono tutte quelle problematiche che ruotano attorno alla questione della smobilitazione, presentandoci la città perugina quale effettiva base logistica delle operazioni di occupazione. La seconda sezione, invece, ci riconsegna la memoria delle impressioni, delle opinioni e delle diagnosi alleate sulla situazione del territorio perugino in generale, sempre sulla base di documenti di vario tipo e carte sparse. Nella terza parte di Perugia liberata, poi, vengono affrontati gli argomenti concernenti l’attività delle tante sezioni, che potevano essere di ordine provinciale o regionale, specializzate nella ricostruzione, che è ricostruzione amministrativa, economica e non da ultimo culturale. In quest’ultimo ambito, del resto, è importante notare come abbiamo le notizie più significative sulla ricostruzione proprio grazie a quei rapporti (settimanali e mensili) dei vari ufficiali ai loro superiori di cui dicevamo. Il tutto, comunque, corredato di altri due fondamentali strumenti, utili per i non addetti ai lavori come per gli studiosi: un fitto glossario (di otto pagine) dei termini tecnici e delle sigle (svariate) ricorrenti, ed un indice analitico davvero molto curato. Tra i compiti più ardui delle forze alleate nel territorio perugino (caso simile per l’intero Paese), ci sono stati senz’altro, come chiarisce il volume, quello del fare fronte alla necessità ed urgenza del vettovagliamento della popolazione –con una formula, “dare sepoltura ai morti e pane ai vivi” (cfr. p. 20)–; quello di riportare l’ordine, ed in un certo senso la legalità, nelle campagne umbre, e quello di “spremere” il più possibile quanto rimasto in piedi dei servizi locali e degli impianti industriali del territorio. Ma soprattutto era prioritario, come ricorda il professor Absalom nella sua Introduzione al testo, rintracciare un buon metodo per fronteggiare insieme le emergenze, cioè «nello stesso tempo provvedere materialmente a sfamare e governare popolazioni portate a credere che la guerra per loro fosse finita» (p. 4). Certo è che a farla da padrone fu l’insieme delle esigue risorse materiali ed umane (pochissimi camions, poche centinaia di ufficiali ed impiegati, tra l’altro nella maggior parte dei casi inadeguati o incompetenti, per non parlare dei ‘resti’ della vecchia burocrazia italiana). A complicare la situazione, poi, quella sorta di conflitto di interessi tra alleati e partigiani su cui è bene insistere (e Absalom lo fa) e che si struttura anche su elementi particolari, a partire dalle reti clandestine e dalle bande armate del C.L.N. per finire con la (pesante) mancanza di un efficace coordinamento delle azioni partigiane umbre. Gli stessi Comitati di Liberazione Nazionale aspiravano ad ottenere la fiducia degli anglo-americani per unirsi e cooperare in nome della liberazione della popolazione, e ricercavano una simile fiducia «mostrando la loro capacità di indirizzare le masse e prevenire il caos» (p. 5); d’altra parte, «il buon senso e la buona volontà dimostrati dall’una e dall’altra parte nelle prime critiche settimane impedirono ai sentimenti della gente esasperata dalla fame, dalla mancanza di lavoro, e dalle requisizioni apparentemente arbitrarie, di raggiungere il punto di esplosione» (ibidem).
    Se l’attenzione più sensibile del Governo Militare Alleato rimase quella a tenere ‘sotto controllo’ la situazione, è vero anche che ad esso dobbiamo tanto e tanto pragmatismo: «I problemi per loro erano semplicemente problemi (…) raramente li elevavano a questioni di principio» (p. 19). Oltre al già gravoso problema di risollevare lo stato agro-industriale del territorio occupato (magari requisendo fabbriche, frantoi, mulini ed imprese aziendali), gli anglo-americani vennero chiamati a risolvere altre problematiche su altri fronti, da quello del mantenimento e supporto delle forze di occupazione a quello della riconquista di una certa autosufficienza economica, fino a quell’altro del ristabilimento di un ordine politico e civile e di una ripartizione in Provincie del territorio stesso. E va riconosciuto, con l’Absalom, che in buona parte vi riuscirono, forse determinante quel pragmatismo di fondo, quello spirito di concretezza (e insieme quel certo distacco): dobbiamo considerare le attività delle unità alleate sempre alla luce delle condizioni limitative di cui si accennava prima. Ed anche da un punto di vista più squisitamente politico-amministrativo, si deve pensare ad una costituzione di successo di una struttura efficiente, se non dimentichiamo quale in effetti era la situazione di partenza: il solo modello amministrativo a disposizione, in realtà, era quello proprio dello Stato liberale pre-fascista delle (sole) classi medie, lo Stato che trovava il suo tratto distintivo nell’“ethos antipartecipativo” (cfr. p. 6) di fondo. Ma va detto che il professor Absalom sa anche armarsi di una certa durezza nell’approfondire l’opera delle forze alleate, specie quando afferma che gli anglo-americani furono «responsabili per l’isolamento politico-amministrativo in cui gran parte dell’area toscano-umbro-marchigiana si trovò a lottare per la sopravvivenza per mesi e mesi di stenti» (p. 20); e così scrivendo, il curatore dell’opera non fa che fornirci un’ulteriore prova delle proprie doti di ricercatore scientifico. Le ‘idoneità’ necessarie per sperare in un posto nella nuova amministrazione pubblica, ci segnala la stessa Introduzione, erano essenzialmente tre: in primo luogo, l’impegno concreto quanto sincero per la restaurazione di law and order –non si dimentichi che era imperante l’illegalità, specie nel variegato sottobosco del flusso di merci–; in secondo luogo, la sottomissione all’ordine gerarchico, ed infine, naturalmente, l’estraneità alla causa fascista. L’amministrazione, di stampo moderato e tendenzialmente –e forse genericamente– anti-comunista, non mancò comunque di comprendere abbastanza chiaramente che i Comitati di Liberazione Nazionale avevano da mantenere dei precisi equilibri interni, che perciò non andavano calpestati né sottovalutati. Il panorama che ne esce ci presenta l’A.M.G. (Allied Military Government) nei suoi successi e nei suoi limiti, gli uni e gli altri rapportati alle condizioni della popolazione del territorio umbro –se vogliamo, queste sì dai caratteri generali differenti rispetto alla situazione nazionale– e riferiti sempre alle limitazioni, materiali e non, proprie dello stato dei fatti dell’epoca. Il tema della ritirata tedesca, legata alla ‘politica di terra bruciata’; il problema della responsabilità anglo-americana di ri-amministrazione (in chiave di decentramento) delle zone in questione e l’opzione alleata per un governo ‘indiretto’ assieme al clima di rinnovato pluralismo delle idee ed all’anelito all’autonomia locale; lo stesso complesso rapporto del governo alleato con le forze politico-militari italiane: questi aspetti ed altri ancora delineano uno scenario vastissimo che ha imposto a chi ha partecipato alla raccolta e cernita del materiale ed alla stesura del testo un serio lavoro scientifico. Si è voluto, da parte di Absalom e collaboratori, prendere le mosse dall’anno 1944-45 come il primo anno della ricostruzione economico-civile, in quanto esso fu «l’Anno Zero in cui, precisamente, il protagonismo popolare, fino a quel punto rappresentato simbolicamente –e non per tutti– dalla Resistenza armata, divenne fenomeno di massa, e si passò dalla sopravvivenza passiva e difensiva alla autoaffermazione costruttiva, e spesso imprenditrice» (p. 18, corsivi miei). Venendo alle questioni attinenti alle limitazioni di territorio e risorse, il volume cura molto da vicino gli argomenti della scarsità di queste risorse (alleate e umbre) e della devastazione bellica (rete ferroviaria, mezzi di comunicazione, strade, ponti…), ma anche quelli delle cosiddette debolezze strutturali della burocrazia anglo-americana –scarsità di personale specializzato, difficoltà linguistiche, tenue collegamento con la burocrazia nostrana– e di altri limiti materiali. Per quanto alle limitazioni giurisdizionali, invece, va subito riconosciuto che in quella situazione ciò che mancava, in primis, era la chiarezza di competenze, ruoli e responsabilità: la confusione nasceva, infatti, dalle interferenze che spesso venivano a verificarsi tra le forze in questione, tra le quali anche quella della Commissione Alleata di Controllo e quelle dei governi locali, prefettizi. Ma non meno centrale risulta il terzo fattore in gioco, quello psicologico, che in modo per lo più indefinito limitò, di fatto, l’efficienza delle operazioni del governo alleato. Un esempio per tutti dell’importanza di tenere presente un tale fattore si può abbastanza facilmente rintracciare in un altro dato di fatto che emerge in modo evidente dalle carte prese in esame: gli ufficiali anglo-americani (lo riferisce lo stesso curatore) tendevano a diffidare del metodo italiano di affrontare i problemi, pur sapendo anche assumere, talvolta, certi atteggiamenti di buona volontà nei confronti degli italiani stessi.
    Procedendo nell’analisi delle aspettative, delle motivazioni, degli interessi e dei loro conflitti, ad essere esaminata, nei suoi vari aspetti, dal testo Perugia liberata è la vera e propria dimensione della ‘liberazione-occupazione’, come la chiama il professor Absalom (cfr. p. 12), con il suo tema ricorrente dell’“incontro-scontro” di visioni del mondo in definitiva assai diverse tra loro, e del conseguente impatto culturale di valori e modelli di vita: «Ignorare gli alleati, o scaricare loro addosso tutte le colpe di ciò che non è stato, è rimasta risposta troppo frequente e troppo facile della storiografia italiana del dopoguerra» (ibid.). La cura dedicata dal libro alla documentazione riprodotta, peraltro, ha dovuto incontrare difficoltà oggettive e affrontare le incertezze di fondo portate con sé dallo stesso materiale proposto. Uno dei risultati raggiunti da chi ha collaborato a questa pubblicazione è sicuramente stato quello di aver individuato negli archivi frequentati per la raccolta di dati e carte lo specchio delle priorità e del modus operandi dell’A.M.G. ed in particolare dei suoi settori più propriamente militari. E ciò che Absalom riferisce come uno dei compiti più ardui cui egli stesso si è sentito chiamato ci pare notevolmente importante, e cioè la difficoltà di comunicare al lettore quell’accenno di ironia (bersagli prediletti gli italiani!), quei sentimenti di deferenza o acquiescenza, indifferenza o frustrazione, quel sapore di confidenza che qua e là si presentano ‘tra le righe’ dei rapporti e delle pagine ufficiali in genere. Come pure non si può dimenticare, del resto, l’altra difficoltà di comunicazione, rintracciabile nel dover rendere conto delle influenze della gerarchia sull’uso del linguaggio –Absalom dimostra di sapere bene che la burocrazia militare «è fortemente e rigidamente strutturata in termini di rango e funzione» (p. 14). Influenze, poi, che possono essere colte anche indirettamente dal ripetersi, nei documenti, del tono di boria usato dagli ufficiali anglo-americani persino per quei civili che, in tempo non di guerra, sarebbero stati loro “superiori” se si fosse dovuto adottare un discorso di classi sociali. Ma le problematiche storiografiche di un simile lavoro sono state certamente anche altre. Basti pensare alla questione della rimozione collettiva da parte italiana (vengono ricordate le implicazioni scomode, da un punto di vista psicologico e politico); alla necessità di decifrare le “strane alleanze” tra occupanti ed occupati di cui si diceva e quelle altrettanto strane tra contadini ed ex prigionieri alleati evasi; al fatto, ancora, che stiamo parlando di un evento complesso di ‘liberazione multidimensionale’.
    Giuseppe Moscati (Università di Perugia)

    -----------------------------------------------------
    tratto dal sito web del
    PENSIERO MAZZINIANO

  6. #6
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    Roger Absalom (a cura), Perugia liberata. Documenti anglo-americani sull’occupazione alleata di Perugia (1944-1945), Accademia Toscana di Scienze e Lettere La Colombaria, Firenze, Olschki, 2001, pp. 666, euro 56,81

    Quello in questione è un volume che ci porta alla ricerca di coscienza e identità politica nostrane attraverso i documenti ufficiali degli alleati, dove la loro gestione del territorio umbro e perugino in particolare si riflette nelle aspettative della popolazione dell’Italia intera. Il corposo testo che finalmente raccoglie, appunto, la documentazione anglo-americana ha per titolo Perugia liberata. Il sottotitolo, poi, bene chiarisce quale sia il materiale proposto: Documenti anglo-americani sull’occupazione alleata di Perugia (1944-1945). Curata da uno studioso di prestigio di storia contemporanea, il professor Roger Absalom, questa pubblicazione è stata voluta soprattutto dalla Uguccione Ranieri di Sorbello Foundation (nata a New York nel 1994 e avente sede a Perugia), che costituisce un importante anello culturale di collegamento tra il nostro paese e gli Stati Uniti. Ma il volume, che è edito per i tipi della Leo S. Olschki nella collana Studi dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”, in realtà lo dobbiamo anche alla significativa intesa raggiunta da più promotori della pubblicazione stessa: oltre alla Fondazione Ranieri, infatti, hanno dato il loro altrettanto fondamentale contributo tre banche (la Banca dell’Umbria, la Banca Nazionale del Lavoro e la Monte dei Paschi di Siena), la Regione Umbria e lo stesso Comune di Perugia, soprattutto per tramite della Biblioteca Comunale Augusta. Decisivo è stato, inoltre, l’apporto scientifico di alcuni docenti dell’Ateneo perugino; del professor Ruggero Ranieri, docente dell’Università di Manchester nonché presidente della suddetta Fondazione; della dottoressa Serena Innamorati della Biblioteca Augusta; della professoressa Maud Tyler (University of Westminster); del professor Michael Worboys (Sheffield Hallam University) e della dottoressa Alexandra Ward (Ministry of Defence Historical Branch, Londra). Come pure importante è stata la collaborazione dei National Archives di Washington, coordinatore il signor Steven Shafer, e dell’Archivio di Stato di Perugia, coordinatrice la dottoressa Innamorati.
    Il periodo di cui si occupano le 666 pagine del volume è quello che va dal giugno del 1944 all’aprile del ’45, e cioè quello durante il quale si modificò profondamente, rafforzandosi ed acquistando fiducia ‘politica’, la coscienza di milioni di italiani, e venne ricostruendosi l’identità del Paese. Per quanto riguarda invece il materiale documentario originale, si tratta di carte inglesi ed americane provenienti dagli archivi storici di Londra e di Washington, soltanto da poco aperti al pubblico per la consultazione. Come chiarisce il sindaco perugino Renato Locchi nel presentare la pubblicazione, lo scopo fondamentale di essa, secondo l’intento di quanti vi hanno lavorato, è quello di fornire un efficace e puntuale strumento che possa permettere, studiando il periodo in questione, di «ricostruire la vicenda storica e la riorganizzazione amministrativa del territorio perugino, a partire dalla città» (p. V). E questo lavoro, anzi, è nato ed è stato svolto proprio «nell’interesse di una memoria storica che è alla base del nostro presente» (p. VI). Attraverso i documenti militari anglo-americani –e ci si riferisce in modo particolare ai rapporti settimanali e mensili ai superiori, in generale ai fogli in cui compaiono descrizioni, osservazioni, opinioni di vari esponenti del Governo Militare Alleato– ci si propone, infatti, di approntare una ricerca che sia il più possibile sistematica sulla presenza, sull’opera e sull’influenza alleata nel perugino. La documentazione delle fonti storiche straniere vagliata e proposta, tra l’altro, si concentra proprio sugli obiettivi –raggiunti e falliti–, sui metodi usati ed in genere sulle attività di quel governo; e per mezzo dei documenti proposti scopriamo i temi trattati per lo più indirettamente dal volume. Temi che spaziano dalle devastazioni belliche ai rapporti, spesso tesi, con gli abitanti locali, con le varie forze politiche italiane e con il C.L.N., il Comitato di Liberazione Nazionale; dagli esordi della ricostruzione (soprattutto economica, ma anche della vita sociale) alla nascita della democrazia, nata dal tremendo vuoto politico-amministrativo; ancora, dal processo di defascistizzazione di Enti locali e Stato vero e proprio (“restaurato” con nuovi sindaci e prefetti) alla riorganizzazione della partecipazione socio-politica e civile degli italiani. La storia che racconta la documentazione alleata –proveniente da un numero molto vicino ai cinquecento dossiers!– è la storia del ‘problema-occupazione’, specialmente in rapporto al complesso insieme delle aspettative italiane, ma senza far passare in secondo piano quei rapporti tra alleati e partigiani che si mantennero difficili per tutto l’arco di tempo interessato dall’occupazione stessa. Il materiale, attualmente custodito dalla Biblioteca di Palazzo Sorbello per essere catalogato ed offerto quanto prima alla consultazione, ha preso corpo, sotto la cura del professor Absalom e dei suoi collaboratori, proprio facendo stretto riferimento agli archivi originali ed avvalendosi, nella sua organizzazione compiuta, del supporto di puntuali note ai testi. Come viene specificato chiaramente nella Premessa al libro, si è voluto procedere strutturando l’opera per mezzo di una tripartizione in grandi sezioni: a) la documentazione di base; b) la ‘diagnosi’ alleata su Perugia; c) il materiale sulla ‘ricostruzione’.
    La prima parte del volume, dunque, raggruppa quella che è la cosiddetta ‘documentazione-base’, e cioè le varie relazioni delle unità combattenti ed i veri e propri diari di guerra, che ci danno le coordinate del rapporto tra alleati e partigiani come pure ci descrivono tutte quelle problematiche che ruotano attorno alla questione della smobilitazione, presentandoci la città perugina quale effettiva base logistica delle operazioni di occupazione. La seconda sezione, invece, ci riconsegna la memoria delle impressioni, delle opinioni e delle diagnosi alleate sulla situazione del territorio perugino in generale, sempre sulla base di documenti di vario tipo e carte sparse. Nella terza parte di Perugia liberata, poi, vengono affrontati gli argomenti concernenti l’attività delle tante sezioni, che potevano essere di ordine provinciale o regionale, specializzate nella ricostruzione, che è ricostruzione amministrativa, economica e non da ultimo culturale. In quest’ultimo ambito, del resto, è importante notare come abbiamo le notizie più significative sulla ricostruzione proprio grazie a quei rapporti (settimanali e mensili) dei vari ufficiali ai loro superiori di cui dicevamo. Il tutto, comunque, corredato di altri due fondamentali strumenti, utili per i non addetti ai lavori come per gli studiosi: un fitto glossario (di otto pagine) dei termini tecnici e delle sigle (svariate) ricorrenti, ed un indice analitico davvero molto curato. Tra i compiti più ardui delle forze alleate nel territorio perugino (caso simile per l’intero Paese), ci sono stati senz’altro, come chiarisce il volume, quello del fare fronte alla necessità ed urgenza del vettovagliamento della popolazione –con una formula, “dare sepoltura ai morti e pane ai vivi” (cfr. p. 20)–; quello di riportare l’ordine, ed in un certo senso la legalità, nelle campagne umbre, e quello di “spremere” il più possibile quanto rimasto in piedi dei servizi locali e degli impianti industriali del territorio. Ma soprattutto era prioritario, come ricorda il professor Absalom nella sua Introduzione al testo, rintracciare un buon metodo per fronteggiare insieme le emergenze, cioè «nello stesso tempo provvedere materialmente a sfamare e governare popolazioni portate a credere che la guerra per loro fosse finita» (p. 4). Certo è che a farla da padrone fu l’insieme delle esigue risorse materiali ed umane (pochissimi camions, poche centinaia di ufficiali ed impiegati, tra l’altro nella maggior parte dei casi inadeguati o incompetenti, per non parlare dei ‘resti’ della vecchia burocrazia italiana). A complicare la situazione, poi, quella sorta di conflitto di interessi tra alleati e partigiani su cui è bene insistere (e Absalom lo fa) e che si struttura anche su elementi particolari, a partire dalle reti clandestine e dalle bande armate del C.L.N. per finire con la (pesante) mancanza di un efficace coordinamento delle azioni partigiane umbre. Gli stessi Comitati di Liberazione Nazionale aspiravano ad ottenere la fiducia degli anglo-americani per unirsi e cooperare in nome della liberazione della popolazione, e ricercavano una simile fiducia «mostrando la loro capacità di indirizzare le masse e prevenire il caos» (p. 5); d’altra parte, «il buon senso e la buona volontà dimostrati dall’una e dall’altra parte nelle prime critiche settimane impedirono ai sentimenti della gente esasperata dalla fame, dalla mancanza di lavoro, e dalle requisizioni apparentemente arbitrarie, di raggiungere il punto di esplosione» (ibidem).
    Se l’attenzione più sensibile del Governo Militare Alleato rimase quella a tenere ‘sotto controllo’ la situazione, è vero anche che ad esso dobbiamo tanto e tanto pragmatismo: «I problemi per loro erano semplicemente problemi (…) raramente li elevavano a questioni di principio» (p. 19). Oltre al già gravoso problema di risollevare lo stato agro-industriale del territorio occupato (magari requisendo fabbriche, frantoi, mulini ed imprese aziendali), gli anglo-americani vennero chiamati a risolvere altre problematiche su altri fronti, da quello del mantenimento e supporto delle forze di occupazione a quello della riconquista di una certa autosufficienza economica, fino a quell’altro del ristabilimento di un ordine politico e civile e di una ripartizione in Provincie del territorio stesso. E va riconosciuto, con l’Absalom, che in buona parte vi riuscirono, forse determinante quel pragmatismo di fondo, quello spirito di concretezza (e insieme quel certo distacco): dobbiamo considerare le attività delle unità alleate sempre alla luce delle condizioni limitative di cui si accennava prima. Ed anche da un punto di vista più squisitamente politico-amministrativo, si deve pensare ad una costituzione di successo di una struttura efficiente, se non dimentichiamo quale in effetti era la situazione di partenza: il solo modello amministrativo a disposizione, in realtà, era quello proprio dello Stato liberale pre-fascista delle (sole) classi medie, lo Stato che trovava il suo tratto distintivo nell’“ethos antipartecipativo” (cfr. p. 6) di fondo. Ma va detto che il professor Absalom sa anche armarsi di una certa durezza nell’approfondire l’opera delle forze alleate, specie quando afferma che gli anglo-americani furono «responsabili per l’isolamento politico-amministrativo in cui gran parte dell’area toscano-umbro-marchigiana si trovò a lottare per la sopravvivenza per mesi e mesi di stenti» (p. 20); e così scrivendo, il curatore dell’opera non fa che fornirci un’ulteriore prova delle proprie doti di ricercatore scientifico. Le ‘idoneità’ necessarie per sperare in un posto nella nuova amministrazione pubblica, ci segnala la stessa Introduzione, erano essenzialmente tre: in primo luogo, l’impegno concreto quanto sincero per la restaurazione di law and order –non si dimentichi che era imperante l’illegalità, specie nel variegato sottobosco del flusso di merci–; in secondo luogo, la sottomissione all’ordine gerarchico, ed infine, naturalmente, l’estraneità alla causa fascista. L’amministrazione, di stampo moderato e tendenzialmente –e forse genericamente– anti-comunista, non mancò comunque di comprendere abbastanza chiaramente che i Comitati di Liberazione Nazionale avevano da mantenere dei precisi equilibri interni, che perciò non andavano calpestati né sottovalutati. Il panorama che ne esce ci presenta l’A.M.G. (Allied Military Government) nei suoi successi e nei suoi limiti, gli uni e gli altri rapportati alle condizioni della popolazione del territorio umbro –se vogliamo, queste sì dai caratteri generali differenti rispetto alla situazione nazionale– e riferiti sempre alle limitazioni, materiali e non, proprie dello stato dei fatti dell’epoca. Il tema della ritirata tedesca, legata alla ‘politica di terra bruciata’; il problema della responsabilità anglo-americana di ri-amministrazione (in chiave di decentramento) delle zone in questione e l’opzione alleata per un governo ‘indiretto’ assieme al clima di rinnovato pluralismo delle idee ed all’anelito all’autonomia locale; lo stesso complesso rapporto del governo alleato con le forze politico-militari italiane: questi aspetti ed altri ancora delineano uno scenario vastissimo che ha imposto a chi ha partecipato alla raccolta e cernita del materiale ed alla stesura del testo un serio lavoro scientifico. Si è voluto, da parte di Absalom e collaboratori, prendere le mosse dall’anno 1944-45 come il primo anno della ricostruzione economico-civile, in quanto esso fu «l’Anno Zero in cui, precisamente, il protagonismo popolare, fino a quel punto rappresentato simbolicamente –e non per tutti– dalla Resistenza armata, divenne fenomeno di massa, e si passò dalla sopravvivenza passiva e difensiva alla autoaffermazione costruttiva, e spesso imprenditrice» (p. 18, corsivi miei). Venendo alle questioni attinenti alle limitazioni di territorio e risorse, il volume cura molto da vicino gli argomenti della scarsità di queste risorse (alleate e umbre) e della devastazione bellica (rete ferroviaria, mezzi di comunicazione, strade, ponti…), ma anche quelli delle cosiddette debolezze strutturali della burocrazia anglo-americana –scarsità di personale specializzato, difficoltà linguistiche, tenue collegamento con la burocrazia nostrana– e di altri limiti materiali. Per quanto alle limitazioni giurisdizionali, invece, va subito riconosciuto che in quella situazione ciò che mancava, in primis, era la chiarezza di competenze, ruoli e responsabilità: la confusione nasceva, infatti, dalle interferenze che spesso venivano a verificarsi tra le forze in questione, tra le quali anche quella della Commissione Alleata di Controllo e quelle dei governi locali, prefettizi. Ma non meno centrale risulta il terzo fattore in gioco, quello psicologico, che in modo per lo più indefinito limitò, di fatto, l’efficienza delle operazioni del governo alleato. Un esempio per tutti dell’importanza di tenere presente un tale fattore si può abbastanza facilmente rintracciare in un altro dato di fatto che emerge in modo evidente dalle carte prese in esame: gli ufficiali anglo-americani (lo riferisce lo stesso curatore) tendevano a diffidare del metodo italiano di affrontare i problemi, pur sapendo anche assumere, talvolta, certi atteggiamenti di buona volontà nei confronti degli italiani stessi.
    Procedendo nell’analisi delle aspettative, delle motivazioni, degli interessi e dei loro conflitti, ad essere esaminata, nei suoi vari aspetti, dal testo Perugia liberata è la vera e propria dimensione della ‘liberazione-occupazione’, come la chiama il professor Absalom (cfr. p. 12), con il suo tema ricorrente dell’“incontro-scontro” di visioni del mondo in definitiva assai diverse tra loro, e del conseguente impatto culturale di valori e modelli di vita: «Ignorare gli alleati, o scaricare loro addosso tutte le colpe di ciò che non è stato, è rimasta risposta troppo frequente e troppo facile della storiografia italiana del dopoguerra» (ibid.). La cura dedicata dal libro alla documentazione riprodotta, peraltro, ha dovuto incontrare difficoltà oggettive e affrontare le incertezze di fondo portate con sé dallo stesso materiale proposto. Uno dei risultati raggiunti da chi ha collaborato a questa pubblicazione è sicuramente stato quello di aver individuato negli archivi frequentati per la raccolta di dati e carte lo specchio delle priorità e del modus operandi dell’A.M.G. ed in particolare dei suoi settori più propriamente militari. E ciò che Absalom riferisce come uno dei compiti più ardui cui egli stesso si è sentito chiamato ci pare notevolmente importante, e cioè la difficoltà di comunicare al lettore quell’accenno di ironia (bersagli prediletti gli italiani!), quei sentimenti di deferenza o acquiescenza, indifferenza o frustrazione, quel sapore di confidenza che qua e là si presentano ‘tra le righe’ dei rapporti e delle pagine ufficiali in genere. Come pure non si può dimenticare, del resto, l’altra difficoltà di comunicazione, rintracciabile nel dover rendere conto delle influenze della gerarchia sull’uso del linguaggio –Absalom dimostra di sapere bene che la burocrazia militare «è fortemente e rigidamente strutturata in termini di rango e funzione» (p. 14). Influenze, poi, che possono essere colte anche indirettamente dal ripetersi, nei documenti, del tono di boria usato dagli ufficiali anglo-americani persino per quei civili che, in tempo non di guerra, sarebbero stati loro “superiori” se si fosse dovuto adottare un discorso di classi sociali. Ma le problematiche storiografiche di un simile lavoro sono state certamente anche altre. Basti pensare alla questione della rimozione collettiva da parte italiana (vengono ricordate le implicazioni scomode, da un punto di vista psicologico e politico); alla necessità di decifrare le “strane alleanze” tra occupanti ed occupati di cui si diceva e quelle altrettanto strane tra contadini ed ex prigionieri alleati evasi; al fatto, ancora, che stiamo parlando di un evento complesso di ‘liberazione multidimensionale’.
    Giuseppe Moscati (Università di Perugia)

    -----------------------------------------------------
    tratto dal sito web del
    PENSIERO MAZZINIANO

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    Predefinito RESTO DEL CARLINO 7 settembre 2002

    Consiglio comunale, minoranza all'attacco

    NARNI

    Nell'ultima seduta del Consiglio comunale è stato portato in discussione, tra le altre cose, il consuntivo di bilancio 2002. La minoranza ha tenuto banco, a cominciare dal consigliere repubblicano Piero Fiordi, ripercorrendo a ritroso le tappe della campagna elettorale per le ultime amministrative. Facendo di volta in volta presenti i problemi venuti alla luce durante la suddetta campagna. E'stato lo stesso Fiordi a relazionare gli interventi di sindaco e assessori su programmi, variazioni di bilancio, verifiche, risultati ottenuti. All'intervento di Fiordi hanno fatto seguito quelli del consigliere di An Lanari, di Fi Bruschini, della Lista Civica «Insieme per cambiare» Favilli e del consigliere di An Emiri i quali hanno evidenziati tutti i lati negativi del bilancio.

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    Nell'ultima seduta del Consiglio comunale è stato portato in discussione, tra le altre cose, il consuntivo di bilancio 2002. La minoranza ha tenuto banco, a cominciare dal consigliere repubblicano Piero Fiordi, ripercorrendo a ritroso le tappe della campagna elettorale per le ultime amministrative. Facendo di volta in volta presenti i problemi venuti alla luce durante la suddetta campagna. E'stato lo stesso Fiordi a relazionare gli interventi di sindaco e assessori su programmi, variazioni di bilancio, verifiche, risultati ottenuti. All'intervento di Fiordi hanno fatto seguito quelli del consigliere di An Lanari, di Fi Bruschini, della Lista Civica «Insieme per cambiare» Favilli e del consigliere di An Emiri i quali hanno evidenziati tutti i lati negativi del bilancio.

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    Piero Fiordi è l'unico eletto della lista civica "Insieme per cambiare", a cui faceva capo il candidato sindaco di centro destra Favilli.

    Mi risultava che anche i RE si fossero impegnati a Narni, ma non so con quali esiti (due liste della maggioranza non ebbero consiglieri: DiPietro-PdCI e Città nuova).

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    Mi risultava che anche i RE si fossero impegnati a Narni, ma non so con quali esiti (due liste della maggioranza non ebbero consiglieri: DiPietro-PdCI e Città nuova).

 

 
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