Pagina 1 di 15 1211 ... UltimaUltima
Risultati da 1 a 10 di 145
  1. #1
    Orazio Coclite
    Ospite

    Predefinito Le tanto sospirate (?) risposte alle domande di gringo

    Ogni promessa è pegno, mi accingo così, con colpevole sommo ritardo, a controbattere alle domande precedentemente postemi dal forumista 'gringo' (che non so con quale pseudonimo si sia riciclato adesso). Domande che, vista la malafede insita, non meritavano forse nemmeno una risposta, ma non volendo dare l'idea di quello che cerca di scantonare la discussione, ho allora provveduto a mettere di fila qualche considerazione. Dopotutto, com'altri ebbero a dire, la diffusione e riscoperta della Tradizione Italica rimane nostro precipuo dovere, di chi: "come noi, opera in senso diametralmente opposto, per la restaurazione nella patria italiana della pax deorum, che "è il segno tangibile e la manifestazione stessa del persistere del legame romano e italico con la tradizione primordiale"..."

    Ma andiamo a cominciare:


    In origine postato da Gringo
    L'Italia antica, se non erro, l'hanno unificata in diversi secoli con le armi i romani, sottomettendo popoli diversissimi che abitavano la penisola (etruschi, liguri, veneti, ecc.) e che non avevano niente a che vedere con l'etnia latina...
    Primo errore. I latini non erano affatto un popolo ‘differente’ dagli altri abitanti la penisola italica, ma esistevano dei saldi legami sia di carattere etnico che culturale. Virgilio (Eneide, VII 30-62) riporta la nascita dell’etnia latina dalla fusione tra la componente italico-laziale autoctona e i Troiani guidati da Enea, il quale sposò la figlia del re eponimo Latinus, dopo avere ucciso in battaglia Turno, re dei Rutuli, cui la fanciulla era stata precedentemente promessa, e in onore della moglie fondò la città di Lavinio. Inoltre gli stessi latini compaiono in tempi storici dall’unione delle tre tribù romulee dei Ramnes (latini), dei Tities (sabini) e dei Luceres (etruschi). I popoli italici erano tutti imparentati da vicino, e 'popoli diversissimi' è quindi un'altra interpretazione del tutto personale che va contro quanto finora appurato in ambito storiografico, linguistico e genetico. E' difatti nota la profonda vicinanza culturale e razziale dei popoli abitanti la penisola italiana, i quali, fatti salvi i Celti che occupavano le estreme propaggini nordoccidentali (ma qui il discorso si complicherebbe), condividevano strutture sociali molto simili e una comune discendenza indoeuropea diretta e recente. Non esisteva quindi alcuna profonda diversità come tu vorresti farci credere. Se poi vogliamo andarci a spulciare i popoli italici uno per uno, sarà ancora più facile mostrarti quanto di vero c'è in quello che sto scrivendo.

    Roma unificò quanto era sancito dagli Dei per la gloria della nazione italica. Gloria che sarebbe durata fino a quando si fosse mantenuta fede all'antico patto onorando la Pax Deorum, rotta la quale Roma sarebbe repentinamente caduta in disgrazia, come di fatto immancabilmente accadde.
    E' inoltre da più parti attestata nelle fonti tradizionali l'origine italica della stirpe romana, che partendo da un'entità definita e circoscritta ai popoli del centro Italia in possesso di maggiore tempra guerresca, seppe poi arricchirsi dell’apporto degli altri popoli presenti sulla penisola.
    Nel poema sacro di Virgilio, l'Eneide, scritto sotto l'alto patrocinio di Augusto, si narra delle stirpi italiche che si confrontano in una guerra che non vede né vinti né vincitori. Da un lato, con Enea, i Tirreni, i Liguri e, naturalmente, i Troiani, stirpe venuta d'Italia e che in Italia ha fatto ritorno; di fronte altre stirpi italiche combattono per Turno: i Rutuli, gli Equi, i Falisci, i Marsi, i Sabini, gli Osci, i Volsci, eccetera. Nel duello finale Enea prevale su Turno, ma i troiani non prevalgono sugli italici. Enea infatti così aveva giurato: "non io vorrò che gli Italici ai Teucri obbediscano, non per me voglio il regno: con pari legge che entrambe le due genti invitte in patto eterno s'uniscano" (Eneide, XII, 189-191). Tale è anche il volere del sommo Giove, il quale stabilisce che anche dopo la pace e la fusione dei popoli, non siano mutati la lingua e i costumi italici: Aut vocem mutare viros aut vertere vestem (Eneide, XII, 825) e, infine, che "d'italica forza possente sia la stirpe di Roma" (Sit Romana potens Itala virtute propago) (Eneide, XII, 827).
    E' sancita in tal modo l'origine italica della stirpe romana, e Roma stessa percorse poi assieme agli Italici le tappe della sua grandezza, poiché le vittorie della Repubblica furono conseguite dapprima con legionari dell'Italia centro-meridionale, ai quali si aggiunsero poi quelli dell'Italia settentrionale, con i quali Giulio Cesare compì le sue folgoranti conquiste, ed infine, come ebbe a dire lo stesso Augusto, l'Italia intera giurò sulle sue parole e lo reclamò duce della guerra che vinse ad Anzio: Juravit in mea verba tota Italia (giurò sulle mie parole tutta l'Italia) et me belli quod vici ad Actium ducem deposcit (Res Gestae Divi Augusti, XXV, 3-4).
    Il vincolo che dunque lega Roma all'Italia è antico e profondo ed è uno dei cardini della Tradizione Italica, romana e ghibellina, e quindi imperiale.

    Secondo errore. L'Italia fu si conquistata dai Romani, e non poteva essere altrimenti, ma fu successivamente federata e divisa in regioni. E tutti i popoli prima belligeranti e ora sconfitti, e tanti altri che ancora guerreggiavano, premevano per entrare quanto prima a far parte del popolo romano, assurgendo così al merito di 'cittadino romano'. Gli stessi Galli che tanto sembrerebbero andare di moda da qualche anno a questa parte, furono battuti a più riprese e si integrarono con molta rapidità all'interno del tessuto sociale romano. A dimostrazione che anche il nemico più agguerrito (ma attenzione a non confondere la belligeranza dei celti con improbabili sentimenti identitari di immaginarie patrie celtiche. La resistenza fu dovuta, oltre al carattere naturalmente bellicoso degli stessi, ad interessi di clan e all’impossibilità di continuare la vita di banditi e razziatori che era comune fra queste genti. I celti non ebbero mai sentore di aver perduto alcuna patria. Tant'é che ad oggi si discetta ancora sul fatto stesso se i celti siano realmente esistiti in quanto gruppo omogeneo ben definito), una volta sottomesso, civilizzato ed esposto al faro di Roma, diveniva in breve tempo un irreprensibile cittadino dell'Impero.
    Vedo che voi leghisti non conoscete assolutamente niente della storia della nazione che indegnamente abitate, né dei popoli che ne sono stati all' origine. L'Italia, come anche il resto d'Europa, era originariamente popolata da Cro-Magnon paleolitici, massicce migrazioni di popoli alpini dal nord si ebbero durante il Neolitico, e di mediterranei dall'est, tra cui forse anche gli Etruschi, ma questa è una questione ancora aperta e dibattutissima. Migrazioni successive si ebbero soprattutto con gli Indo-europei che popolarono in lungo ed in largo l'Italia fondendo con le popolazioni pre-esistenti, ed in tempi storici da ulteriori gruppi alpini e qualche gruppo nordico (Celti, Greci, Latini, Umbri, Osci, Sabini, Lombardi, Visigoti, Vandali, Normanni, eccetera) e da successive più piccole migrazioni di mediterranei scuri (fenici, mori), da cui ne è derivata una nazione che è: "un territorio razziale più tipicamente alpino", come notato a suo tempo da Carleton S. Coon, il quale non faceva, ovviamente direi io, alcun accenno a fattezze o tratti somatici negroidi. Affermò che "l'elemento vincolante che è comune a tutte le sezioni [dell'Italia] è quello Alpino che è riemerso da oscuri inizi attraverso una sovrastruttura composta da elementi Dinarici [miscela di Alpino-Mediterraneo], nordici, e varie aggiunte mediterranee" ('The Races of Europe', Capitolo XII, Sezione 7, Italia).

    Esistono poi altri legami profondi che uniscono tutti i popoli della penisola, ed alla cui base, oltre alla comune origine indoeuropea, sta soprattutto la peculiarità dell'istituto italico del ver sacrum, tramite cui la funzione rigeneratrice e mistica affidata alle più giovani classi d'età, conscrate al dio italico per eccellenza: Marte, fu capace di resistere anche attraverso centinaia di anni di storia dove la nostra nazione fu a più riprese invasa, colonizzata e divisa in tanti stati e statarelli. Un'eredità capitale (appunto da capitus, la 'testa' che reggeva le assi della casa, quindi centrale ed essenziale) che non mi sento proprio di svendere per correre dietro a mode anglofone, francofone, germanofone o, come nel caso del cosidetto 'padanismo', ignorantofile.


    In origine postato da Gringo
    come si puo' parlare di tradizione primordiale quando l'italia dalla preistoria fino agli anni della repubblica romana e delle guerre puniche, cioè per un periodo di migliaia di anni, non è mai stata un territorio unito?
    Non hai capito minimamente di cosa stessi parlando! E difatti qui Renato del Ponte ha proprio usato un termine inequivocabile: 'Primordiale'. Entriamo così in un ambito che esce dal seminato della polverosa storiografia ufficiale e cattedratica per avventurarci nei meandri degli studi tradizionali, dove con 'Tradizione primordiale' si è soliti intendere un concetto ben definito, ossia il patrimonio religioso, cultuale e sociale, in poche parole la 'civiltà', del popolo degli Iperborei. Con particolare riferimento alla summa sapienziale dei suoi colleggi iniziatici. Secondo gli autori vicini alla Tradizione, gli Iperborei sarebbero stati i rappresentati una antichissima civiltà che in tempi remotissimi, nella mitica età dell'oro, o comunque nell'alta preistoria, abitavano nelle zone polari, zone che all'epoca godevano di un clima mite e confortevole. Gli Iperborei sarebbero stati quindi i depositari e i diffusori di una rivelazione primordiale che ritroviamo negli Indoeuropei ed in tutti i popoli che appartengono a questo ceppo. René Guénon ha scritto che: "tutte le tradizioni particolari sono solo adattamenti di una unica tradizione primordiale".
    Questa quindi la spiegazione per sommi capi dell'uso fatto in precedenza del termine 'Tradizione primordiale'.
    Certo che per voi leghisti, fermi ai pieghevoli del 'perfetto secessionista' o alle riviste fantasy di cappa e spada alla 'quaderni padani', è forse troppo il chiedere di andare a sfogliare le pagine di testi tipo 'La crisi del mondo moderno' di René Guénon, ma tant'è, io il sassolino l'ho lanciato. A voi coglierlo oppure continuare a vivere nell'ignavia.


    In origine postato da Gringo
    Inoltre, il nome "Italia", anticamente (VI secolo a.c.) era utilizzato per denominare solo la Calabria
    Sbagliato. Stai dando per scontato qualcosa che invece non lo è affatto. E comunque ipersemplifichi una questione che non si può assolutamente ridurre solo in questi termini. Emblematica e tristemente significativa, questa tua affermazione, della maniera 'alla carlona' con cui voi leghisti pretendereste continuamente di pontificare su questioni di storia e cultura, scrivendo di solito una sfilza di inesattezze (le famose ‘panzane’) e superficilità più o meno gravi. Cosa questa, che si ottiene ogniqualvolta si esamini il dato storico a fini strumentali o per avvalorare proprie idee particolari.

    L'origine del nome della nostra nazione è un argomento ancora dibattuto e dalle diverse interpretazioni. Tu ne citi solamente una. La nostra terra ha alle sue origini tanti appellativi differenti, ma tutti tendenti allo stesso significato di Italia: la 'terra della rinascita'. La terra delle veria sacra, le 'primavere sacre'. La virgiliana terra dei rivificatori juventus manus troiani. L'Esperia, o Vesperia, greca, la 'terra del tramonto' in cui brilla l'astro luminoso di Venere, il Vespero, e dove si trova il giardino recondito delle Esperidi donde Ercole trarrà gli aurei pomi dell'immortalità. Questa è anche l'Ausonia, la 'terra del sole', dal sabino ausel, sole (Devoto, Gli antichi italici, pag. 199). L'Italia è dunque il luogo dove il Sole, tramontando si cela, per poi risorgere più potente a nuova vita. La terra che diede rifugio all'antico capostipite dell'età mitico-primordiale, quel Rex Saturnus per cui la nostra è anche la Satvrnia Tellvs.
    Riporto da pag. 156 e 157 di 'Dei e miti italici' di Renato Del Ponte (un testo imprescindibile che consiglio soprattutto ai leghisti in ascolto, chissà che non cadano così un bel po' di luoghi comuni):

    "Esperia, Ausonia, Saturnia, l'Italia è però soprattutto Vitalia, la 'terra della vita'. Nella regione inaugurata da un re augure, Italicus, là dove l'antico Saturnium mare con l'Ausonium si riunisce, dei giovani guerrieri seguaci della teofania taurina di Marte, gli Itali appunto, oscura frazione dell'etnia protolatina, ebbero conclusa una 'sacra primavera': iniziando con ciò la fortuna di un nome che affonda le sue radici del mondo stesso delle origini."

    Altro che 'nome utilizzato per denominare solo la Calabria'!

    Víteliú fu invece il nome Osco per la penisola Italiana. Il nome è probabilmente connesso con la parola che significa "vitello" (Latino vitulus e Umbro vitlu), originalmente applicato alle colonie Greche in Italia. Gradualmente la parola fu usata per l'intera penisola dai Sabellici come un termine nazionalistico duranta la rivoluzione Italica contro Roma. Secondo alcuni l'antica parola Viteliu dette origine al nome Italia. Ma le opinioni al riguardo sono molteplici. Per esempio scrive Antonio Sofri: "Itale" è, annota Semerano, "principe", come nell'assiro etellu, itellu. "Oltre che in Virgilio, "Italusque paterque Sabinus", il nome Italo appare già in Tucidide, da Italo, un re dei Siculi che aveva proprio questo nome, la terra fu chiamata Italia". Derivazione oggi sconfessata, e Tucidide stesso dava i Siculi come un popolo italico passato in Sicilia. "Il nome Italia invece sarà dato da popolazioni semitiche che da Oriente si affacciavano all'Occidente per la ricerca di metalli; e tale nome non è da attribuire ai Siculi d'Italia, sarà il nome della punta della Calabria, senza dubbio alle origini della stessa base di Aetolia, Atlas, Aithalia, che è in greco il nome dell'antica Elba, e richiamano il babilonese attalu che, in una lingua affine, il siriano, suona atalja: oscuramento, tramonto. Non meriterebbe cenno la derivazione del nome Italia da vitulus,''vitello'', che incorre in un errore di prosodia: la I- di Italia è lunga".
    Con queste parole Aristotele tramanda l'origine della denominazione di Italia: "Secondo i dotti un certo ltalòs diventò re degli Enotri e da lui prese la denominazione di Italia tutta quella penisola d'Europa compresa fra i golfi Scilletino e Lametino, che distano fra loro mezza giornata di viaggio. Dicono pure che questo Italòs fece contadini gli Enotri che erano nomadi e dette loro altre leggi".

    Questo giusto per darti una vaga idea delle tante differenti interpretazioni che si possono trovare riguardo al bel nome della nostra Patria. Invece tu citami un po' le fonti, se ne hai, da cui hai attinto il florilegio di inesattezze delle tue domande, sperando che non siano i soliti fantasiosissimi quadernetti di storia ad uso e consumo del perfetto padano (leggersi un libro vero no eh?).


    In origine postato da Gringo
    mentre la pianura Padana divenne "italia" solo nel 27 a.c. (Augusto) ma politicamente solo Diocleziano (nel 292 d.c.) delimitò nell'arco alpino il confine dell'Italia come provincia romana.
    Errato anche questo. Andiamo molto ma molto male caro il mio gringo... E ovviamente, visto che scriverti questo papiro mi sta costando qualche oretta fra battitura e ricerca dei testi, pretendo almeno che a fine lettura tu ammetta pubblicamente i tanti errori e voluti travisamenti commessi. E non è la prima volta che questo accade. Ma ho imparato ad essere paziente con quelli come te.

    Innanzitutto il confine d'Italia nell'arco alpino fu delineato, non nel 292 d.c. come da te scritto, ma circa ben trecento anni prima: nel 6 a.c. col famoso Trophaeum Augusti, o 'Trofeo delle Alpi', a La Turbie. All'epoca La Turbie era il punto più alto della Via Julia Augusta, noto col nome di Summa Alpe, e l'imperatore Augusto fece erigere il monumentale Trofeo delle Alpi presso Mentone (La Turbie) per celebrare e conservare ad imperitura memoria la completa vittoria dei romani su quarantacinque popoli alpini (nei dettagli: http://www.aprosiana.com/trofeo.htm): “nonostante la sostanziale unità d'Italia fosse già stata raggiunta durante il I secolo avanti Cristo, Augusto decise di riunire nel nome di Roma anche i popoli alpini che fino ad allora si erano dimostrati più restii. Con una serie di campagne militari tra il 25 ed il 14 a.C. lo scopo fu raggiunto e nell'anno 6 a.C. l'avvenuta unità fu celebrata con l'edificazione, in una località non lontana dall'odierna Nizza, di un enorme monumento che fu battezzato Tropaeum Alpium (Trofeo delle Alpi) e suggellato dall'iscrizione di Plinio "Heac est Italia dis sacra". Questa é l'Italia sacra agli dei”.
    Tra i vari popoli uniti da Roma, menzione particolare per quello veneto, si dimostrò da subito uno dei più leali e fedeli, pagando anche importanti tributi di sangue in difesa della Patria. Anche la simbologia legata alla più recente Repubblica della Serenissima é legata a Roma e alla latinità.

    Ottaviano preso l'imperium militiae e il titolo di Augusto nel 27 a.C. (vedere: Istituzione Augustea) iniziò il riordinamento e l'assetto dell'Impero, preoccupato di assicurare la pace all'interno e di dare confini più sicuri allo Stato, dovette affrontare varie guerre e sollevazioni. Lunga, ma relativamente facile fu la conquista del confine alpino in Italia: nel 24 a.C. le tribù semi selvagge dei Salassi nella valle della Dora Baltea furono domate e vi fu dedotta la colonia militare di Augusta Pretoria (Aosta). Nel 16 a.C. fu ridotto a provincia il Norico; l'anno dopo ebbero la stessa sorte la Rezia e la Vindelicia; nel 14 fu la volta della regione delle Alpi Marittime.
    Andando qualche anno prima, nell'89 a.C. fu promulgata dal console Pompeo Strabone una legge lex Pompeia de Gallia citeriore, che allargava finalmente anche ai popoli Transpadani lo ius Latii o latinitas, richiesto a viva voce da tempo, che così riconosceva loro in premio dalla fedeltà mostrata a Roma durante la guerra sociale (90-88), quegli speciali diritti che fino allora spettavano alle città latine.
    Tra gli antichi alleati ai quali fu concesso il diritto latino, furono anche i Cenomani, il cui centro abitato divenne colonia Brixia, mentre i distretti montani furono aggregati alla vicina colonia.

    A quanto sembra le cose non stanno proprio come da te scritto, e l'Italia conobbe una sua sostanziale unità circa 350 anni prima di quanto da te riportato.


    In origine postato da Gringo
    Insomma...il nome Italia dalla Calabria fino alle alpi ha impiegato oltre 800 anni per arrivare!
    Abbiamo appena dimostrato che così non è stato. E sarei poi curioso di conoscere l'astruso calcolo che hai usato per quantificare in ottocento anni questo tua ennesimo parto di fantasia. Divertente poi notare il tuo uso pretestuoso del nome della regione 'Calabria' (precisazione: in epoca romana il nome Calabria designava quella parte dell'Italia meridionale corrispondente grosso modo all'attuale penisola Salentina (l'odierna Puglia che con il Beneventano costituiva la II regio augustea sotto il titolo di Apulia et Calabria); in età medioevale passò a designare la regione compresa fra il gruppo montuoso del Pollino a nord e lo stretto di Messina a sud, ossia l'odierna Calabria). Difatti, il nome "Calabria", assunto da questa terra nel IV secolo, è un lascito del periodo bizantino. Furono infatti proprio i Bizantini a trasformare l'antica Bruzio in Calabria.
    Altro esempio a riprova di quanto il nome Italia fosse diffuso per la penisola ben prima di quanto da te scritto, è quello della conquista romana della Gallia Cisalpina nel 222 a.C., dopo la battaglia vinta dai romani con Claudio Marcello a Casteggio, contro i Galli Insulubri e Germani, i romani occuparono Mediolanum, trasformando il suo territorio nella Terza Provincia romana. E in conseguenza di ciò, il nome Italia cominciò ad essere esteso anche a questi nuovi territori (prima con Augusto che crea le Regioni, infine con Diocleziano che crea la diocesi italiciana, all'incirca l'attuale territorio).


    In origine postato da Gringo
    Poi, la caduta dell'Impero Romano e le invasioni barbariche. A parte un breve periodo sotto gli Ostrogoti e i Bizantini, l'Italia è stata un mosaico politico ed etnico per oltre 1.300 anni, fino al 1861. Come si puo' definire patria un minestrone del genere! Di romano non c'è rimasto niente neanche a Roma.
    Le tue sono illazioni non supportate da alcun dato di sorta. L'Italia come Patria degli italici è un'idea che attraversa tutta la storia italiana dalla fine dell'Impero romano fino al Risorgimento ed oltre. Passando per filosofi e poeti, soldati e politici, scrittori e semplici popolani. L'Italia infatti tese sempre e costantemente alla riunificazione, e a cui quasi pervenne durante l'illuminato regno di Federico II, che sarebbe riuscito a riportare la nazione sotto di un'unica egida se non fosse stato per la chiesa romana, che oltre a causare la caduta di Roma Impero, di concerto con la sempre più massiccia presenza di barbari fra le spoglie dell'Impero, fece di tutto nei secoli per impedirne l'unificazione, appoggiandosi ora a questo ora a quello stato straniero, costringendo la nostra nazione a rimanere divisa per oltre mille lunghi anni che videro il piede (ossia la dominazione) straniero calcare arrogantemente il patrio suolo. Qui si andrebbe a divagare, su di un tema che offre molti appigli, ma della chiesa di Roma come nemica storica dell'unità d'Italia e principale artefice della disgregazione nazionale, non posso mancare di ricordare della 'falsa donazione di Costantino' (constitutum constantini) documento confezionato negli ambienti della curia papale verso la fine del secolo VIII (secondo tale falso documento, l'imperatore Costantino avrebbe donato al papa Silvestro ed ai suoi successori nientemeno che il proprio palazzo, la città di Roma e tutte le provincie, luoghi e città d'Italia e delle regioni occidentali, cioè, in poche parole, l'intero Impero Romano d'Occidente!).

    La storiella dell'Italia mosaico etnico è poi alquanto ilare. E', ad esempio, molto più frastagliata etnicamente una nazione come l'Inghilterra moderna o lo stesso impero austroungarico, piuttosto che un'Italia separata principalmente da differenze di reddito, che ne determinano tragicamente una sorta di divisione economica e culturale. Per ribadire l'ovvio, la nostra Patria vive in un popolo che esiste (a differenza della sedicente nazione 'padana'), legato da una storia comune vecchia di oltre 2.000 anni (a differenza della sedicente nazione 'padana'), da una lingua comune (a differenza della sedicente nazione 'padana'), da una cultura comune (a differenza della sedicente nazione 'padana'), da un sentire comune (a differenza della sedicente nazione 'padana'), da una bandiera e da una storia nazionale (a differenza della sedicente nazione 'padana').

    Già Dante Alighieri decantava la nostalgia di un'Italia unita e della bellezza e della primizia della nostra terra sacra: "la dolce terra latina" (Inf. XXVII, 26-27), "la nostra Italia" (Epistola XI, 11), "il bel paese là dove l' sì suona" (Inf. XXXIII, 80), "Italia bella" (Inf. XX, 61). Rapito com'è dalla straordinaria bellezza e nobiltà dell'Italia, per lui essa è la terra nella quale il popolo romano pervenne di diritto all'Impero (Monarchia, II, 6, 12). E chi sono io per permettermi di andare a contestare il Sommo Poeta?
    L'Italia venerata da Dante non è un'astrazione, una mera immagine letteraria. Essa risulta invece dotata di precisi confini geografici, che il Poeta rigorosamente determina. Uno sguardo alla carta geografica d'Italia, disegnata secondo le indicazioni tratte dall'opera di Dante, stupisce per l'approssimazione quasi profetica nei confronti di quella che sarebbe risultata in seguito al processo di unificazione concluso agli inizi del secolo scorso.
    Da Roma fino a Dante l'Italia è una realtà ben definita e delineata. L'Italia al di fuori di Roma non è una provincia qualsiasi: "Secondo i piani della politica augustea l'Italia avrebbe dovuto mantenere una posizione distinta e privilegiata in confronto alle provincie [...] Nei primi tempi del principato la posizione privilegiata dell'Italia dipende da diverse circostanze. Anzitutto dal fatto che gli italici sono ormai tutti cittadini romani: poi dall'esenzione del solum italicum dal tributum soli, sicché questo suolo è oggetto di dominium ex iure Quiritium." (Pietro De Francisci, Sintesi storica del diritto romano, pag. 271)
    Molto importante a tal senso esaminare la tesi dantesca. I capisaldi del ghibellinismo dantesco e si traducono in una triplice sacralità: della terra, della stirpe e del linguaggio.
    Chiarissima in Dante è la delimitazione del confine settentrionale d'Italia, segnato da "l'alpe che serra Lamagna, sovra Tiralli" (Inf., XX, 62-63), cioè dalla catena di montagne che, a nord di Tirolo di Merano, delimita la terra germanica. Si tratta precisamente della stessa catena montuosa che marca il confine dell'Italia attuale e questo valga come memento per quei 'tradizionalisti' nostrani, più o meno dichiaratamente guelfi, che, abbagliati dalla figura di un oste legittimista e bellicoso, appartenente alla storia locale, sarebbero ben lieti di fare concessioni, anche territoriali, ai suoi epigoni odierni, ignorando o fingendo di ignorare che una superiore, augusta tradizione si oppone a qualsiasi cedimento del genere.
    Per Dante, Roma e l'Italia sono i luoghi imperiali per eccellenza, ed egli fonda il suo convincimento sui dati di quella scienza tradizionale conosciuta con il nome di geografia sacra.
    Questa è quindi l'Italia di Dante, di Virgilio e di Augusto, l'Italia che un Metternich ebbe l'ottusità e la tracotanza di definire "mera espressione geografica" ().
    Personaggio cardine della nostra identità linguistica, Dante riconosce quattro nobilissimi attributi nel volgare illustre italico: l'essere appunto illustre ed inoltre cardinale, aulico e curiale.
    La stirpe non si esaurisce, per Dante, in una mera dimensione biologica, ma è il luogo di incarnazione, nel dominio delle etnie, di un compito, di una missione e di un destino trascendenti.
    Storicamente è stata Roma, una volta per tutte, ad imprimere sulle genti italiche la sua impronta unificatrice, secondo un processo graduale che poteva considerarsi già compiuto all'epoca di Augusto. Per questo Dante si colloca nel solco definitivo della Tradizione fissata per sempre da Augusto e cantata da Virgilio, allorché utilizza indifferentemente gli aggettivi: italicus, italus, latinus, romanus per indicare una medesima etnia italica.

    Oltre Dante la tradizione romano/italica continua poi con uno dei più grandi sovrani, se non il più grande, che abbiano calcato la terra della nostra nazione: Federico II di Svevia.
    La dinastia degli Svevi, rivendicava la propria discendenza dalla Regia stirps Waiblinngensium (dei Ghibellini), la quale a sua volta, veniva fatta derivare dall'antica stirpe dei troiani (ex antiqua troianorum stirpe), ribadendo così il collegamento con le origini della tradizione romana ed avviando un processo di integrazione in essa, tale da trascendere e piegare ad un superiore fine il mero dato etnico e biologico, secondo quelle che furono le direttive del massimo Imperatore ghibellino, Federico II di Svevia. L'Imperatore che volle provare a riportare l'Italia sotto un unico scettro nel trinomio ghibellino-dantesco di terra, lingua e stirpe. L'imperatore che, come tanti altri prima e dopo di lui, volle essere romano e italico in quanto attributi di superiore qualità e valore.
    Grande fu l'amore di Federico II per la terra italica. Egli definiva il regno del Sud, la sua patria, e l'essere chiamato uomo d'Apulia gli pareva essere titolo altrettanto onorifico che quello di Cesare. Altrettanto amore nutriva l'Imperatore per il resto d'Italia che egli afferma orgogliosamente far tutta parte dell'eredità imperiale, come era noto al mondo intero: Italia hereditas mea est, et hoc notum est toto orbi (Antonino De Stefano, L'idea imperiale di Federico II, All'Insegna del Veltro 1978).
    Autentico monarca, la sua natura di Imperatore Romano si rivelò nella predilezione che egli nutriva per le genti italiche. Egli considerava la gente del suo Regno meridionale come il suo popolo prediletto (peculiaris populus noster), chiamava la Sicilia pupilla dei suoi occhi (pupilla oculorum nostrum), si circondò di dignitari provenienti dal Sud e fece in modo di sfumare il ricordo della sua origine germanica.
    Particolare considerazione aveva egli per i Romani, facendosi un vanto del fatto che fossero stati il senato ed il popolo romano a trasmettergli la dignità imperiale.

    Che di romano poi non sia rimasto nulla sei solo tu ad affermarlo. Il punto è che di romano è rimasto molto e non solo in Italia. Tutt'altro si può invece dire di una presunta eredità celtica tanto sbandierata dai moderni secessionisti. Chi ha avuto modo di viaggiare nei paesi che maggiormente conservano un'eredità proveniente dai popoli definiti 'celtici', si sarà forse accorto di come, se paragonati al bel paese, ben poco o praticamente nulla di ciò sia sopravvissuto in Italia. L'apporto alloctono è quasi tutto posteriore e proviene dalle successive invasioni barbariche (se vuoi prendo in mano qualche testo e ne ricostruiamo le vicende per tutta la penisola) che si sono diffuse per tutta l'Italia, a meridione così come a settentrione (e che introdussero anche componenti mongoliche ed asiatiche).

    L'afflato alla riunificazione dell'Italia attraversa la nostra storia fino al 1800 dove, se da una parte troviamo insorgenze e rivolte popolari, dall'altra troviamo moti popolari e sincera dedizione verso la Patria. Come si usava dire, per l'Italia scrisse Dante e compose Giuseppe Verdi (uno dei più grandi compositori di tutti i tempi e patriota italiano). "Serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!" (Pur.VI, 76-78)

    Altro che minestrone! Il minestrone, insipido, è quello della becera propaganda leghista!


    In origine postato da Gringo
    A causa dell'immigrazione e degli schiavi nel terzo secolo d.c. i latini erano meno del 10% della popolazione della citta'.
    Questi sproloqui alla Kemp fanno ridere solo a nominarne, e per crederci bisogna essere a) allocchi; b) ignoranti. Scegli tu a quale categoria appartenere. Gradirei poi leggere la fonte di quest'ennesima castroneria, grazie.


    In origine postato da Gringo
    Nel medioevo Roma crolla da 1.000.000 di abitanti a 30.000....insomma i veri romani, quelli dell'impero, si sono praticamente estinti dalla faccia della terra.
    Niente affatto. E te lo dimostro prima chiaramente con un confronto diretto, e poi con la presentazione di dati storici e l'uso della logica. Il punto è che siete voi leghisti con la vostra crassa ignoranza ad identificare solitamente Roma antica con Roma città e i romani moderni. Il romano è un tipo razziale decisamente composito ma precipuamente italico e, direi, europeo, avendo i romani fecondato mezza Europa, ma particolarmente la nostra penisola.

    La prova documentariale si può facilmente trovare nella statuaria romana, famosa proprio per il realismo di cui faceva uso. E se vuoi ti metto di seguito anche qualche esempio eloquente così da zittirti una volta per tutte. I volti rappresentati nelle statue sono volti facilmente ravvisabili ancora oggigiorno in giro per la penisola italiana. I romani (ossia gli italiani) della statuaria classica risultano prevalentemente del tipo alpino e dinarico dal cranio brachicefalo, tipo massimamente diffuso ancora oggigiorno. Ed anche quelli che potrebbero, ad una prima superficiale occhiata, ricordare caratteri nordici quando visti di fronte, se visti di profilo segnano chiaramente la testa più corta ed il naso convesso tipo dei dinarici. Quelle stesse statue che qualche volta ho intravisto nei vostri messaggi come riprova della favola della nordicità dei romani!
    Ma, cari miei, c'è poco da arrabbiarsi, perché non deprederete gli italiani della loro più grande e gloriosa eredità. Perché la storia non la si cambia a comando e per i propri interessi, o perlomeno non per sempre (ogni riferimeto alla balla dei sei milioni olocaustizzati non è puramente casuale). Ma capisco anche che per dialogare con voi bisogna abbassarsi al vostro livello (perché, come ci ricordano queste due righe di un vecchio scrittore di favole russo: "le aquile possono saltuariamente volare più in basso delle galline, ma le galline non potranno mai salire alle altitudini delle aquile"), ma a tutto c'é un limite, anche all'indecenza.


    In origine postato da Gringo
    Altro che radici ancestrali. I romani d'oggi sono il risultato di miscugli tra immigrati barbari, discendenti di schiavi greci e levantini, forse anche molti nordafricani.
    Ahah, devo rispondere anche a questa?
    Questa tesi degli schiavi negri (perché con 'nordafricani' tu di certo intenderai i negri, non sapendo, poverello, che questi al tempo dei romani ancora vivevano nell'entroterra africano...) è poi talmente stupida che faccio fatica a credere che ci sia gente disposta a dargli credito. Sottovalutando però il leghista tipo, che riesce difatti a raggiungere le vette più inusitate dell'umana dabbedaggine. Vista la loro oscenità, in passato non mi sono mai preso pena di confutare tale sciocchezze. Profitto dunque di questa lunga risposta per dare un paio di ragguagli al riguardo. Anche se non meritebbe invero risposta alcuna, non essendoci uno straccio di prova o dato atto ad avallarla se non i deliri lisergici scaturiti dalla pubblicistica nordicista di questi ultimi secoli (e che sappiamo quanto essere attendibile... ).
    Noi italiani ci troviamo oggigiorno schiacciati fra due correnti di pensiero di origine recente, antitetiche ma concordi nel tentativo di appropriarsi illegittimamente di un'eredità storica che non gli compete: il nordicismo e l'afrocentrismo. I cui aderenti, forse perché vergognandosi del fatto che quando in Italia e in Grecia fioriva il mondo classico i loro antenati ancora si pettinavano coll'urina e strisciavano nel fango in condizioni di selvaggezza (tra l'altro, per sottolineare un'altra perla del lega-pensiero, è interessante constatare come questa rifiuti un'eredità, quale quella romana, così grande e lucente da portare altri popoli ed altre razze addirittura a falsare i propri dati storici per rientrarne in anche piccola misura... leghisti dicevamo), le provano tutte per ascriversi l'eredità greco/romana.
    Insomma, questa gente si è a più riprese accanita contro gli italiani, colpevoli di essere i legittimi discendenti di chi li conquistò ed assogettò portandogli civiltà e cultura, traendoli di fatto dal mondo primitivo. Il pregiudizio nordicista ha radici più antiche che risalgono perlomeno alla fine del XVIII secolo, mentre l'afrocentrismo è solo uno dei tanti orrori fuoriusciti dalle università degli usa, pensiero nato sull'onda del riscatto dei negri americani.
    Basti poi riguardare al cinema statunitense, come già sottolineato altrove, autentica fucina di miti meta-storici che vanno ad impattare pesantemente sul clima politico-culturale del mondo moderno. Alcuni esempi più che lampanti sono 'Do the right thing' e 'Jungle fever' di Spike Lee, e 'True Romance' di Quentin Tarantino.

    E poi sarei curioso di leggere le fonti di cotanta scienza, visto che, a mia conoscenza, non esiste alcuna stima certa della componente razziale degli schiavi importati in Italia. E' attestato che a Roma giunsero anche schiavi negri, ma nulla lascia supporre che il loro numero fosse stato significativo. Anzi, la maggior parte degli schiavi introdotti a Roma provenivano direttamente dai territori conquistati dell'europa centro-meridionale, dai Balcani, dall'Anatolia pre-turchizzazione, dal vicino Oriente, dal nord Africa (dove la presenza stanziale di popolazioni negroidi è cosa decisamente recente) e nord Europa, in altre parole tutte popolazioni nettamente caucasoidi.
    Oltretutto gli schiavi venivano dispersi per tutto l'Impero e non rimanevano certo conglomerati tutti a Roma. Per cui questa storiella degli schiavi che hanno negrizzato l'Italia, non solo non è supportata da nessun dato storico, statistisco, antropologico o linguistico, ma nemmeno dal semplice uso del raziocinio, della logica. E basti per questo guardare i romani moderni.
    E se, per assurdo, fosse vera, allora la negrizzazione si dovrebbe estendere non solo a Roma o all'Italia, ma interesserebbe buona parte dell'Europa che al tempo era sotto il dominio romano.
    E' inoltre attestata la breve durata di vita di questi schiavi, come riportato nel libro di James Harper 'Schiavi e liberti nella Roma imperiale': "l'età media di morte registrata per gli schiavi della città di Roma era incredibilmente bassa: diciassette anni e mezzo (17,2 per i maschi; 17,9 per le femmine)" (pag. 341-342). Causa le durissime condizioni di vita. Il che lascia difficilmente adito ad ulteriori dubbi circa le fallacie riguardo schiavi negroidi a zonzo per l'impero a spargere il proprio seme (anzi, questo va piuttosto a toccare un 'punto fisso' di questi razzisti biologicisti, evidenziato anche dal forumista Senatore in un'altra discussione, fissazione per i negri che rubano le donne bianche... mah...).

    E come per dantesca legge del contrapasso, è interessante notare che proprio il luogo da cui di solito queste ridicole teorie provengono, l'Inghilterra, è anche quello con il maggiore tasso di discendenza negra nel sangue (stessa cosa per il Sudafrica di Kemp), ossia lo 0,5%, come dimostrato da studi recenti (Richards et al., 1998). Gli stessi studi hanno dato una percentuale nettamente inferiore nella tanto vituperata Sicilia.
    E visto che l’ho citata, è interessante che altri studi recenti (Vona et al., 2001), che si sono potuti avvalere di tutte le ultime scoperte e innovazioni, abbiano decretato che: "non esiste nessuna influenza di neri africani nella popolazione siciliana". Gli studi finora effettuati hanno sempre dimostrato che gli italiani, del nord o del sud, posseggono una discendenza di sangue non caucasoide o negroide, affatto differente da quella di ogni altra nazione dell'Europa occidentale.
    Ovviamente, per questi loschi figuri sedicenti promulgatori della razza bianca, le rilevazioni antropologiche contano solo quando fa comodo a lorsignori, dato che, anche solo con l’uso della vista, non sono assolutamente riscontrabili alcun tipo di influenze negroidi nella popolazione romana, non se ne trovano nemmeno nelle nostre regioni più vicine all'Africa, figuriamoci nella Città Aeterna! E mi sembra anche solo assurdo che io stia qui a discuterne... soprattutto a fronte di nessun dato documentariale presentato.

    Ma anzi, mi sia tollerato una volta tanto anche un po' di sano attaccamento al campanile, visto che i romani de Roma, ossia coloro che possono vantare qualche anno di discenza dell'Urbe, hanno origini patrizie e nobiliari, altroché! Noi laziali siamo una componenti che ha dato molto alla Patria, sia in termini di cultura che di apporto guerriero, e basterebbe guardare a quanti erano i romani che si sono fatti valere durante le due guerre mondiali, il gran numero che accorse nelle fila della RSI o i tanti morti in Africa.
    Quello che posso dirti è che Roma giunse alla fine proprio perché permise ad elementi barbarici di comporre sempre più numerosi le fila delle proprie legioni, e perfino di assumere alti ruoli di comando all'interno delle gerarchie militari. Col risultato di perdere la superiorità che da sempre aveva caratterizzato il milites romano, scadendo nella scomposta zuffa guerriera tipica delle popolazioni barbariche nord-europee. La macchina da guerra romana, guerreggiando alla maniera barbara, perse la propria impostazione tattica e strategica, e inziò a collezionare pesanti sconfitte.

    Comunque domande come queste poste da gringo sono sintomatiche. Idiozie del genere sono il risultato di una cultura italiana debole e prostata a modelli stranieri, che negli anni non ha saputo affermare alcun autentico valore identitario, sballottata com’è fra tesi di ogni sorta nel tentativo di farsi perdonare il proprio passato fascista. Così, poco o nulla si conosce dell’autentica Tradizione Italica, e molto invece sui Celti o sui Vichinghi, ci si interessa alle rune e agli Dei nordici ma non si conosce il latino e si ignora la religione autoctona italica. E alcuni osano perfino scrivere che i romani discendono dai negri... mala tempora currunt...


    In origine postato da Gringo
    Un'ultimo appunto: come si puo' accettare il tricolore, simbolo massonico, giacobino e per giunta scopiazzato dal tricolore degli odiosi francesi?
    Perché? Una domanda così sfacciata la può fare solo un moderno secessionista che, al pari di comunisti e senzapatria vari, non pensa un solo momento al sangue dei tanti italiani che ha bagnato quella bandiera. E ti pregherei di non tirarmi fuori le storie sulle insorgenze anti-giacobine o sul Risorgimento, sono cose che probabilmente conosco meglio di te e che si studiano nella nostra Area da molti anni prima che nascesse la lega nord. Quindi siete arrivati dopo anche su questo. Si potrebbe scrivere molto sulla valenza del nostro vessillo nazionale, ma non essendo un esperto di vessillologia, mi limiterò a poche e concise considerazioni.
    Il tuo tricolore massonico e giacobino è per me il tricolore che simboleggia la sapienza ghibellina impersonata da Beatrice ("sovra candido vel cinta d'uliva, donna m'apparve sotto verde manto, vestita di color fiamma viva." [Purg., XXX, 31-33]). Per maggior chiarezza sul ‘tricolore romano’, leggiti questo scritto del Prof. Mario Enzo Migliori pubblicato su Arthos n° 2 (nuova serie):

    Il 7 gennaio (giorno dedicato Iano Patri) nel corrente anno è coinciso col bicentenario della bandiera italiana e molti e vari sono stati gli articoli e le ricostruzioni storiche del nostro tricolore nazionale. Non poteva mancare quello di Franco Cardini, storico (o, secondo l'opinione circolante, "tuttologo") cattolico (tradizionalista?) apparso il 3.1.1997 sul quotidiano della C.E.I. "Avvenire" (p. 17) col significativo e ambiguo titolo: Ombre sul tricolore.
    Naturalmente il titolo dice chiaramente, sotto la parvenza dell'obiettività della ricostruzione storica, dove vuol mirare l'articolista. Il quale nell'adozione italica del "ghibellino" verde non esclude che "vi fosse una sottintesa polemica anticlericale". Ciò non gli impedirà di annotare che "i tre colori della nostra bandiera sono (insieme con il violaceo e il nero) alla base della liturgia cattolica: e bianco, verde, rosso figurano fin dal medioevo come rispettivi simboli delle tre virtù cardinali: fede, speranza, carità".
    Fortunatamente conclude che "ammantata di questi tre colori è la Beatrice che compare a Dante alla fine della cantica del Purgatorio: e questi erano i colori preferiti del secolo XV per le insegne e gli emblemi. Come si vede, il simbolo è per eccellenza polisemico e muta il valore a seconda delle istanze che stanno alla base della sua adozione e dei relativi contesti".
    Proprio per le valenze polisemiche delle simbologie dei colori ci ha meravigliato il fatto che in tutti gli scritti apparsi in occasione del bicentenario del tricolore italiano, che abbiamo avuto occasione di leggere, ma anche nelle voci di dizionari o enciclopedie o in pubblicazioni vessillologiche, nessuno noti il collegamento che si potrebbe fare con i colori trifunzionali a Roma, dei quali parla più volte il Dumézil (1): essi guarda caso (ma il caso esiste?) sono il Bianco, il Rosso e il Verde.
    Ne L'ideologia tripartita degli Indoeuropei (2) il Dumézil così riassume la questione: "Un sistema completo a tre termini del simbolismo colorato s'incontra due volte nelle istituzioni romane. Il caso più interessante è quello dei colori delle fazioni del circo che assunsero grande importanza sotto l'impero e nella nuova Roma del Bosforo, ma che sono sicuramente anteriori all'impero e che gli studiosi di antichità romani collegarono del resto alle origini stesse di Romolo."
    "Le speculazioni esplicative di questi antichisti sono molteplici e intrise di pseudo-filosofia e di astrologia, ma una di queste, conservata da Giovanni il Lido, De mens. IV, 30, si riferisce a delle realtà romane e afferma che questi colori, che sono quattro, in epoca storica erano inizialmente tre (albati, russati, virides) in rapporto non solo con le divinità Jupiter, Mars e Venus (quest'ultima solo apparentemente sostituita a Flora) i cui valori funzionali sono evidenti (sovranità, guerra, fecondità), ma anche con le tribù primitive dei Ramnes, Luceres e Titienses".
    A questo proposito il Dumézil sottolinea di aver ricordato "che erano, nella leggenda delle origini, sia componenti etnici (Latini, Etruschi, Sabini) che funzionali (derivati da uomini sacri e governanti, da guerrieri professionisti e da ricchi pastori) e che in un altro passaggio (De magistrat. I, 47) Giovanni il Lido interpreta come paralleli alle tribù funzionali degli Egiziani e degli antichi Ateniesi".
    Ma, tornando all'utilizzo di questo simbolismo trifunzionale dei colori da parte dei Romani, va ricordato che sembra essere stato ignorato dai Greci e che quindi non potevano averlo trasmesso loro (3).
    Tirando le somme, volenti o nolenti, possiamo affermare che nel tricolore italiano sventolano i colori trifunzionali indoeuropei e romani. Forse inconsapevolmente, ma realmente, il tricolore italiano costituisce la mirabile sintesi rappresentativa dell'unità nella diversificazione delle componenti sociali ed etniche, tradizionalmente intese, formatrici dell'Urbe e della nazione italica.

    Note
    (1) GEORGES DUMÉZIL, Rituels indo-européens à Rome, Paris 1954, pp. 45-61; Id., L'idèologie tripartite des Indo-Européens, Bruxelles 1958 (tr. it. L'ideologia tripartita degli Indo-Europei, Rimini 1988, pp. 43-45); Id., Idèes romaines, Paris 1969, II ed. 1979 (tr. it. Idee romane, Genova 1987, pp. 201-214); Id., Fêtes romaines d'été et d'automne, suivi de Dix questions romaines, Paris 1975 (tr. it. parz. Feste romane, Genova 1989, pp. 171-175).
    (2) Tr. cit., pp. 44-45.
    (3) Cfr. G. DUMÉZIL, Idee romane, p. 214. Per completezza, riteniamo utile riportare, qui in nota, da p. 214: "L'aggiunta di un quarto carro e d'un quarto colore ai tre preesistenti può spiegarsi con quanto si conosce della storia di Roma: Roma stessa, dice la tradizione, è passata, alla fine della monarchia, da un sistema di tre tribù a un sistema di quattro (localmente distribuite). Dopo questa riforma, non era forse naturale che anche il numero dei carri, se era legato alle tribù, fosse aumentato di una unità? L'affermazione, invece, di Tertulliano (De spectaculis, IX, 5), per esempio, secondo la quale non c'erano primitivamente che due carri con due colori, a cui ne furono aggiunti altri due, non si regge su nessuna realtà romana identificabile, ma soltanto su una costruzione simbolica: i due colori fondamentali, il bianco e il rosso, avrebbero simbolizzato l'inverno e l'estate, ob nives candidas ob solis ruborem".
    "Nello stesso ordine d'idee, a partire dal sistema a tre termini 'bianco, rosso, verde', è facilmente comprensibile che sia stato scelto l'azzurro quando fu necessario un quarto colore. Il verde e l'azzurro sono come due specificazioni d'una stessa impressione di colore che ci è difficile definire in francese, ma che il latino ben esprimeva caerul(e)us: prima 'azzurro', giacché Ennio scrive caeli caerula templa, e l'aggettivo è del resto derivato, per dissimilazione, da caelum, ma anche 'verde', poiché ancora Ennio parla dei caerula laetaque prata, e infine al tempo stesso 'scuro' o 'nero' poiché Virgilio e tanti poeti lo considerano un colore infernale che Servio, commentando Virgilio, rende sinonimo arcaico di niger e che un glossario precisa in niger cum splendore. L'antica tavolozza deve essere stata quindi rispettata al massimo, conformemente allo spirito conservatore della religione romana: il terzo colore deve essere stato, insomma, sdoppiato".


    Che mi dici invece della 'ruota di bicicletta delle alpi'? Tanto meglio non mi sembra. Il 'mio' tricolore giacobino è intriso del sangue dei soldati caduti ad El Alamein, del sangue dei martiri della Repubblica Sociale, del sangue di tanti caduti di ogni fede e colore politico. E questo è per me importantissimo. La tua ruota di bicicletta di cos’altro è invece intrisa oltre agli sbavazzi di schiuma gialla di Bossi ed al barolo che scorre a fiumi alle salcicciate padane?
    Di certo viviamo su due piani astrali totalmente differenti, e di questo sono ben conscio, per questo non ho mai dato alcun credito a questa lega di bottegai e commercianti il cui unico interesse è sempre e solo il denaro! Per me una bandiera non è importante per i colori che possiede, o perlomeno non solo per quelli, ma per quello che rappresenta e che ha rappresentato, nel bene e nel male. E di certo avrei sommo piacere a veder sventolare dai pennoni, com’era d'uso nei giorni gloriosi del fascismo, anche i gonfaloni delle nostre città e delle repubbliche e stati che esistettero sul suolo italiano (Regno delle due Sicilie, Serenissima, eccetera).
    Anche se, in ultima nota, ritengo che il tricolore più bello e autentico, fu quello innalzato durante la breve esperienza della Repubblica Sociale Italiana, con l’imperiosa aquila romana che brandisce fra gli artigli il fascio littorio.


    Risposte finite, questo è quanto. Basteranno queste mie righe a distruggere una volta per tutte il castello di menzogne che vi siete costruiti? Non credo. So bene che voi non perseguite la verità, ma solamente una giustificazione per legittimare il delirio della nazione padana. Per il resto io continuerò ad avversare il vostro provincialismo e secessionismo porchettaro con la stessa decisione di sempre. Denunciandovi per gli individui moralmente degenerati quali siete. E continuerò ad intessere rapporti di sincera e cristallina amicizia e fratellanza con amici e camerati sicialiani, trentini, liguri, umbri, campani, lombardi o sardi. A frequentare ragazze del nord o del sud, e a portare avanti l'idea di un'Italia forte e fiera delle proprie origini. Certo c'è ancora moltissimo da lavorare e molti traditori da gettare a mare: politici corrotti e servi degli usa, invasori allogeni e non ultimi quelli che tradiscono la Patria. Per quest’ultimi amerei riservare lo stesso trattamento che veniva sovente usato in Roma antica, non so se hai presente (e comunque rimane sempre la Rupe Tarpea)?
    Continuerò inoltre a sentirmi fieramente italiano, conscio del mio retaggio, sorridendo bonariamente alle salcicciate/pagliacciate a base di scolapasta in testa, musica celtico/irlandese (alla faccia della salvaguardia delle tradizioni... questo è colonialismo culturale), revival newage celtico-germani, dove vi affannate dietro a qualcosa che è sempre stato distante da voi/noi, tradendo così la propria cultura in preda a mode pseudo-culturali del tutto aleatorie ed effimere. Ma questo, d’altronde, è l’inettuabile destino degli ignoranti e dei folli, di chi, nella propria furia iconoclasta, perde di vista il faro della verità per rincorrere ciò che fa comodo alla propria limitata visione del mondo.

    Così, dopo questa faticaccia che mi è costata ore di scrittura e controllo, amerei ricevere una risposta dal gringo, e, bada bene, non si accetterano copia&incolla. Pretendo inoltre pubblica ammenda per le cazzate immonde finora scritte da questo figuro, anche quelle dei messaggi precedenti (rammento quello allucinogeno sulla RSI padana e altri di carattere razzial-maccheronico).
    Rimango quindi in attesa e chiudo con un breve estratto dal testo di Jacopo Da Coreglia, 'Ghibellinismo dantesco e tradizione italica' (Arthos 1979), dedicato ai nostri amici secessionisti/leghisti. Parole profetiche di fine anni '70, quando la leganord era ancora ben lungi dal manifestare la propria verminosa presenza, ma probabilmente l'autore ha saputo leggere già negli avanzati processi degenerativi del suo tempo quello che poi si sarebbe manifestato con maggiore virulenza e perversione ai giorni nostri:

    "L'unica differenza che conta è quella tra Italici ed italioti, che sfugge ad ogni localizzazine geografica. Soltanto per i primi esiste la Patria, cioè la terra dei padri, di quei patres che la vollero grande e unita nel segno di Roma, e che costituisce il mondo di archetipi paterni e virili in cui si sostanzia e si trasmette lo spirito della Tradizione. Per gli altri, per gli italioti, vi sarà soltanto il borgo, il campanile e, per converso, una astrazione cosmopolita, allucinata e lunare, avulsa dal sacro dantesco trinomio italico di terra, lingua e stirpe, che costituisce il veicolo necessario affinché l'idea di Roma si manifesti nella sua pienezza. Soltanto tra gli italioti, pertanto, sarà possibile arruolare i servi, gli ascari ed i portatori d'acqua di tradizioni esotiche." (pag. 38)."

    Vale!

    "Sit Romana potens Itala virtute propago"
    (Eneide, XII, 827)

  2. #2
    e la coniglietta Camilla
    Data Registrazione
    16 Sep 2002
    Località
    Moderatore forum "Ambientalismo e Animalismo"
    Messaggi
    54
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito


  3. #3
    email non funzionante
    Data Registrazione
    31 Mar 2009
    Località
    Bologna
    Messaggi
    74,332
     Likes dati
    860
     Like avuti
    2,759
    Mentioned
    6 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Splendido post che mi sono copiato ed incollato, Orazio, spero solo che non sia fatica sprecata: Gringo non si vede da un bel pezzo nè qui su Destra Radicale, nè su altri forum di POL.
    Riaffiorano i ricordi degli anni di passione
    ritorna il vecchio sogno per la rivoluzione.
    Racconti senza fine di gente che ha pagato
    non puoi mollare adesso la lotta a questo stato.
    La rivoluzione è come il vento, la rivoluzione è come il vento.

  4. #4
    Registered User
    Data Registrazione
    18 Sep 2002
    Messaggi
    3,685
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Le tanto sospirate (?) risposte alle domande di gringo

    In origine postato da Orazio Coclite



    Che mi dici invece della 'ruota di bicicletta delle alpi'? Tanto meglio non mi sembra. Il 'mio' tricolore giacobino è intriso del sangue dei soldati caduti ad El Alamein, del sangue dei martiri della Repubblica Sociale, del sangue di tanti caduti di ogni fede e colore politico. E questo è per me importantissimo. La tua ruota di bicicletta di cos’altro è invece intrisa oltre agli sbavazzi di schiuma gialla di Bossi ed al barolo che scorre a fiumi alle salcicciate padane?
    Beh, non scherziamo: quello è un simbolo metafisico primordiale, e universale. Poco importa che un partito politico moderno se ne sia impossessato in maniera completamente inconsapevole dei suoi significati veri, dandogli pure una denominazione restrittiva.
    Cmq bello il tuo post - anche se (perdonami per il giudizio non richiesto) un atteggiamento rancoroso non aiuta mai nel discettare di argomenti profondi.
    Ciao.

  5. #5
    Orazio Coclite
    Ospite

    Predefinito Re: Re: Le tanto sospirate (?) risposte alle domande di gringo

    In origine postato da Fenris
    Splendido post che mi sono copiato ed incollato, Orazio, spero solo che non sia fatica sprecata: Gringo non si vede da un bel pezzo nè qui su Destra Radicale, nè su altri forum di POL.
    Caro Fenris, non è mai fatica sprecata mettere a disposizione idee e rettificazioni alla mendace propaganda anti-italiana tanto diffusa anche qui su POL.
    Che poi gringo non sia più in circolazione poco importa, avevo promesso una risposta, e dovevo onorare la parola data.


    In origine postato da Vahagn
    Beh, non scherziamo: quello è un simbolo metafisico primordiale, e universale. Poco importa che un partito politico moderno se ne sia impossessato in maniera completamente inconsapevole dei suoi significati veri, dandogli pure una denominazione restrittiva.
    Cmq bello il tuo post - anche se (perdonami per il giudizio non richiesto) un atteggiamento rancoroso non aiuta mai nel discettare di argomenti profondi.
    Ciao.
    Caro Vahagn, hai ragione, e visto che sono solito riconoscere le mie manchevolezze, ammetto di aver avuto una eccessiva foga nei confronti dell'avversario. Foga che nasce dal troppo amore per questa mia terra, e dal dover leggere continuamente le oscenità riversatele contro da parte dei secessionisti presenti su questi forum.
    So bene che il simbolo adottato dalla lega nord è un simbolo primordiale, e che come tale parla direttamente allo spirito avendo un significato superiore, ma per me, quella usata dai leghisti rimane una ruota di bicicletta che nulla ha a che vedere col simbolo autentico in questione. Dopotutto la storia è piena di appropriazioni indebite, o comunque esclusiviste, di qualcosa che invece è universale. Stesso discorso potrebbe ad esempio farsi per lo swastika o per il sigillo di Salomone.
    Fatto sta che a me i leghisti/secessionisti stanno pesantemente sul cazzo, difatti, solo con loro perdo l'aplomb che solitamente contraddistingue la mia persona (un po' di dandysmo non può certo far male ). Quindi la mia è stata una risposta volutamente rancorosa, e me ne scuso con gli amici di 'Destra Radicale', ma una volta tanto lassateme sfogà!

    guardami bene: sono più leggero
    di Scaramouche nell’arte dello stocco.
    Perciò ti avverto, povero guerriero:
    quando finisce la ballata, io tocco


    Saluti.

  6. #6
    Registered User
    Data Registrazione
    15 Dec 2002
    Località
    Bielorussia
    Messaggi
    3,343
     Likes dati
    0
     Like avuti
    1
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Sorvolando gli aspetti etnici e culturali dei vari popoli che abitano la penisola, che la dividono piuttosto che unirla, e su cui ci sarebbe da dibattere per secoli, spiegatemi...
    Chi è "Gringo"? Che senso ha questo post? Come mai l'Eneide, poema ideato da Virgilio per glorificare le genti Augustee, viene considerato come fonte storica? Cosa c'entra la Lega? Cosa c'entriamo noi genti Padano-alpine con l'Italia e con la romanità? C'era davvero bisogno di scomodare dal loro mausoleo gli antichi romani, per glorificare (maldestramente) gli attuali loro degeneri discendenti? Per favore lasciamo Virgilio sul suo piedistallo della storia e pensiamo piuttosto a non affogare nel fango. L'Italia è morta l'8 settembre del 1943. Dopo 57 anni di Repubblica delle Banane oramai sono finiti anche i vermi. E' ora di smettere di piangere su una tomba e di fare fiorire qualcosa di nuovo, finalmente slegato dalla oramai antistorica e becera mentalità delle "nazioni" e dei "sacri confini", giacobina, ottocentesca e intrisa di sangue. E' ora di pensare a una grande Europa Confederata dei Popoli e delle Etnie, che nasca dal basso e dalle piccole patrie etniche, libera e armata, unita alla Russia e libera da giudei, islamici e americani!

  7. #7
    Registered User
    Data Registrazione
    29 Jul 2002
    Messaggi
    582
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Concordo al 100% con Padanik...

  8. #8
    Orazio Coclite
    Ospite

    Predefinito Di cloni e strani ritorni...

    Mò guarda guarda (da pronunciarsi con accento romagnolo)... rispunta il buon Landser, che l'ultima volta che aveva postato era stata il 30 agosto, solamente per dare ragione all'ennesimo delirio del leghista di turno... puntuali come orologi svizzeri questi cloni padani, eh?

    Sono del parere che si nasconde sempre la stessa persona dietro questi differenti utenti: gringo, landser, cilento nazione e padanik. Lo stile di gringo è grossomodo lo stesso di padanik, landser invece appare sovente per supportare gli altri leghisti sul forum di 'Destra Radicale', e cilento nazione ha fatto la sua comparsa al seguito della dipartita di gringo ed è durato giusto il tempo di far arrivare padanik...

    Elementare Watson?

    Le cocce sbattono, la lama svetta.
    Credo d’aver deciso: adesso scocco.
    Torno a ripeterti quel che t’aspetta:
    quando finisce la ballata, io tocco!


    Saludos.

  9. #9
    Forumista esperto
    Data Registrazione
    22 Jul 2002
    Messaggi
    17,109
     Likes dati
    18
     Like avuti
    1,848
    Mentioned
    24 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    questi cloni sono un vero flagello-
    La famosa artista idolo delle folle :" si figuri che uno ha addirittura scritto che avrei dovuto investire i MIEI soldi comprando un bar! Io!!!! La barista!!!!"

  10. #10
    Iscritto
    Data Registrazione
    27 Nov 2002
    Località
    hradec
    Messaggi
    2,306
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    hai ragione, sti padani etnoetilici non si potrebbero clonare nei loro forum?

 

 
Pagina 1 di 15 1211 ... UltimaUltima

Discussioni Simili

  1. Risposte alle domande sullo Spread e sull'Imu
    Di Only_Van nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 06-02-13, 16:57
  2. Le risposte alle 10 domande a M.Monti
    Di zlais nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 3
    Ultimo Messaggio: 22-11-11, 11:36
  3. Le risposte di Franceschini alle dieci domande del giornalaccio
    Di Monsieur nel forum Centrosinistra Italiano
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 29-05-09, 20:57
  4. Le Risposte di Fassino alle Nostre Domande.
    Di Danny nel forum Centrosinistra Italiano
    Risposte: 38
    Ultimo Messaggio: 25-10-05, 02:03
  5. Risposte alle Domande (forse sciocche)
    Di marylory nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 13-04-04, 09:24

Chi Ha Letto Questa Discussione negli Ultimi 365 Giorni: 0

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito