Ma guarda come sono "revisionisti"....Ancora una volta decidono "LORO" quando vogliono discutere, approfondire, abiurare, giustificare la Storia...Alla faccia di Pisanò e al suo Triangolo Rosso.
Sempre la stessa strategia...
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«Macché revisionismo. Questa è la storia
da sempre vietata al grande pubblico»


La cupa saga continua. Giampaolo Pansa scava nelle zone oscure della guerra civile italiana, guidato - come spiega lui - da una sola bussola: «Ritrovare una quantità di storie che non sarebbero mai riaffiorate al grande pubblico». E ora - con Il sangue dei vinti. Quel che accadde in Italia dopo il 25 aprile , pubblicato da Sperling & Kupfer, in libreria dal 14 ottobre - affronta il tema delle vendette compiute dai vincitori. Tema scabroso, scabrosissimo, anche per lui, dichiaratamente schierato a sinistra: «Racconto cosa accadde dopo che i miei antifascisti e i miei partigiani avevano vinto: cominciò la resa dei conti, e vennero giustiziate, ma si potrebbe anche dire assassinate, migliaia di persone. Vennero puniti allo stesso modo - spiega Pansa - criminali di guerra veri e casalinghe col solo torto di aver preso la tessera del Partito Fascista Repubblicano. Nel libro, mi occupo solo del nord. L'altro giorno, però, ho saputo la storia di una ragazza abruzzese impiccata nella piazza del paese perché aveva fatto un figlio con un militare tedesco». Il dato numerico è clamoroso e rimosso dalla memoria collettiva. Pansa, cauto, dice migliaia: «In realtà, ricerche attendibili calcolano ad almeno 20 mila i morti in Italia per vendette partigiane nel dopoguerra. E forse siamo in difetto: tante storie sfuggono all'inventario». Volante rossa milanese, triangolo della morte emiliano. Sono questi i casi celebri. «Ma - dice Pansa - il 90 per cento delle vicende che racconto sono accadute altrove. Accadute e cancellate. Certo, dopo una guerra civile non si guarda per il sottile, una parte degli ammazzati era fatale che finissero così. Vale anche in tanti altri casi? Io non voglio rispondere, presento dei documenti. E, nella nota finale ai lettori, avanzo una semplice domanda: i fascisti hanno pagato poco o troppo?».
L'autore non si spaventa affatto all'idea di venir considerato come l'ultima raffica del revisionismo: «A parte che il termine mi pare talmente abusato da aver perso significato, io ho voluto solo riportare alla luce una storia vietata al grande pubblico. Non è neppure revisionismo, semmai completismo, leggendo pagine che nessuno voleva leggere. Oppure, chiamiamolo rattoppismo: riempire di parole dei buchi neri della memoria». E, per questo, ha riesumato indagini sotterranee, quasi clandestine: «Ho scoperto una pubblicistica sterminata: inchieste, spesso di matrice fascista, ma serissime, affidate a editori marginali, minoritari».
Cronologicamente, il libro arriva agli inizi del '47. «In realtà - precisa Giampaolo Pansa - la guerra civile ha una coda molto lunga. Dal 1946 quando comincia il tentativo, di una parte del Pci, di dare una spallata per vincere la partita del potere politico nazionale. Continuano certe vicende che riguardano questo partito, il più enigmatico - purtroppo per lui - in Italia. Quindi, credo...». E' l'annuncio di una nuova scorreria nelle riserve meno battute della storia recente? Pare di sì, ma con una punta di suspense: «Certo, non bisogna far l'errore di focalizzarsi lì. La storia italiana della seconda metà del secolo è fatta anche di tanti altri partiti...».

(Corriere della Sera, 10.10.03)