Perché, se di destra, sono inaccettabili?

IL PREGIUDIZIO SUI CATTOLICI

Possono esserci cattolici non di sinistra, o magari addirittura
simpatizzanti per la destra? È questa la domanda che alla fine veniva da farsi leggendo un recente editoriale del direttore di Repubblica . Ezio Mauro non esitava infatti a definire come «strani cristiani», addirittura «cattolici non cristiani alla Mussolini», i cattolici non di sinistra animatori di alcuni movimenti. Dei quali passava poi a segnalare la pericolosità politica, perché sarebbero in grado di fornire a Forza Italia e al suo capo quella sostanza culturale che ad entrambi fa difetto. E anzi già gliela starebbero fornendo, specie dai microfoni e dagli schermi della Rai. I timori di Mauro mi paiono l'espressione della singolare, perdurante difficoltà da parte del mondo laico di accettare l'esistenza del pluralismo all'interno del mondo cattolico. Se c'è una posizione cattolica politicamente più vicina alla sinistra, cosa c'è di strano infatti se ce n'è anche una più vicina alla destra? Se c'è Prodi, perché non può esserci Formigoni? Chi fa fatica ad accettare
l'ovvia normalità di questa situazione non si rende conto, tra l'altro, che in tal modo rivaluta implicitamente il principio dell'«unità dei cattolici» e l'epoca del partito che tutti obbligatoriamente li rappresentava. Davvero Ezio Mauro rimpiange la Dc? Non credo proprio. Il suo è piuttosto il discorso di una sinistra impegnata attualmente allo spasimo nella lotta contro la destra, e che per far fuoco adopera tutte le munizioni che nel corso della storia ha accumulato nei propri magazzini, compreso un certo laicismo duro a morire. Di conseguenza le
parole del direttore di Repubblica mirano a stabilire un collegamento organico tra due entità negative, ogni negatività delle quali è chiamata a rafforzare l'altra, al fine di conseguire un effetto cumulativo di delegittimazione. La negatività del berlusconismo - giudicato qualcosa di intrinsecamente inaccettabile, destinato a contaminare chiunque a qualunque titolo vi viene a contatto - si somma e si salda alla negatività del cattolicesimo che viene definito «tradizionalista». Ma che cosa vuol dire «tradizionalista»? Per spiegarlo, Mauro si
addentra in disquisizioni teologico-definitorie che non riescono però a occultare il punto decisivo. E cioè la tentazione tipica di ogni posizione laicista che, non potendo e/o non volendo trasformarsi in una posizione direttamente antireligiosa e anticattolica, allora è spinta a scegliersi il cattolicesimo che più gli piace e più gli serve (naturalmente da un punto di vista politico: quale altro criterio adottare sennò?), proclamandolo l'unico cattolicesimo vero e degno e scomunicando tutti gli altri con l'appioppargli i nomi del caso. Ecco spiegata l'insistita definizione di «tradizionalisti» per i cattolici politicamente sgraditi al direttore di Repubblica . Dei quali ciò che a lui non piace sono sì gli orientamenti politici, ma più ancora qualcos'altro, credo: il fatto cioè che questi cattolici, nonostante non appartengano a quella specie cosiddetta «democratica» che la sinistra invece predilige, questi cattolici abbiano però letto dei libri e all'occasione sappiano anche scriverne, sappiano organizzare giornali,
case editrici, dibattiti, insomma cultura, e magari partecipare persino a qualche trasmissione televisiva. Vale a dire che siano
antropologicamente spregiudicati e moderni (in questo senso proprio l'opposto del «tradizionalismo» comunemente inteso), e che però, al tempo stesso, questi «strani cristiani» si mostrino capaci di aggregare e creare opere in nome della fedeltà a un retaggio religioso e di una lettura di tale retaggio sui quali i laici forse farebbero meglio ad evitare di esprimere giudizi improvvisati. Ai laici può e deve solo interessare che anche nel campo di Dio vi siano molte voci, molte passioni, molte intelligenze. Solo così potrà esservi, per tutti, anche
molta libertà.

di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
Corriere della Sera - 25/11/2002