Poveri noi, torna Cariglia
(Sottotilo...le famose bottane socialdemocratiche all'attacco....spazio per tutti ke festaaaaaaaaaaaa!!!! )
Antonio Cariglia, chi è costui? Chi ha meno di quarant’anni non ne ricorda il cognome e non sa neppure della sua esistenza. Ma in Italia c’è stato un tempo in cui Cariglia era segretario di un partito che si chiamava socialdemocratico (Psdi), nato da una costola del Psi. I due leader storici di Psdi e Psi, Saragat e Nenni, nonostante qualche unificazione di brevissima durata, non potevano sopportarsi, proprio come Bartali e Coppi o Rivera e Mazzola. Il primo accusava il secondo di essere subalterno ai comunisti, il secondo ribatteva dicendo che il primo era a capo di un partito nato per volere dell’ambasciata degli Stati Uniti a Roma. Poi la storia, che alcune volte non è affatto benevola ma assai beffarda, ha voluto che il primo diventasse presidente della Repubblica e che il secondo morisse mentre segretario del suo partito era diventato Bettino Craxi.
Torniamo però al nome di partenza. Antonio Cariglia è stato uno degli ultimi segretari del Psdi, spazzato via anche lui – come del resto il partito di cui era leader – dalla bufera di Mani pulite che nel 1992 sembrava un ciclone tropicale e che nel 2005 assomiglia a un ponentino romano di cui si sono perse le tracce. Ebbene, la notizia che riguarda Cariglia l’ha data solo il “Corriere della Sera”, che resta però il primo quotidiano italiano per vendite e autorevolezza: l’ex segretario del Psdi, dopo dieci anni di attese processuali, è stato assolto dall’accusa di aver violato le regole del finanziamento pubblico dei partiti. Di lui si erano occupate le procure di Foggia, Milano e Roma. Alcune udienze di questi processi si sono tenute perfino in Francia, perché un coimputato aveva trovato asilo nella patria di Napoleone Bonaparte.
Ora Cariglia, ci racconta il “Corriere”, vuole che si dia il giusto risalto alla conclusione delle sue traversie giudiziarie. Gli avvocati difensori hanno pure sottolineato il nobile atteggiamento del loro assistito: se nelle udienze francesi fossero state acclarate sue responsabilità penali, l’imputato avrebbe acconsentito – bontà sua – alla clausola della territorialità. Come a dire, che avrebbe accettato l’eventuale sentenza.
Non abbiamo elementi per dubitare dell’assoluzione dell’imputato Cariglia. E non saranno certo quelle sentenze a cambiare il giudizio storico su quello che è stato il ruolo del Psdi nella storia d’Italia (non sarà che parola “socialdemocratico” è stata sputtanata per decenni nel paese di Dante Alighieri anche per colpa di quel partitino ruota di scorta della Democrazia cristiana?). Quello che ci preoccupa è piuttosto una dichiarazione ufficiale rilasciata dallo stesso Antonio Cariglia alle agenzie: “In questi dieci anni ho rinunciato all’attività politica non sopportando di svolgerla con l’ombra del dubbio sulla mia onestà”.
Se le parole hanno ancora un senso, questa esternazione dell’ex segretario del Psdi lascia presagire la possibilità di un suo ritorno alla politica attiva, dal momento che ha chiarito le sue pendenze con la giustizia. La vera notizia rischia di essere perciò questa: Cariglia può tornare all’impegno politico.
Di lui, come di tanti altri ex leader Psdi (Pietro Longo, Mario Tanassi, Franco Nicolazzi travolti da P2 e scandali) non sentiamo certo la mancanza.
Se non per quegli esilaranti corsivi a firma Fortebraccio (alias Mario Melloni) che comparivano sulla prima pagina de “l’Unità” degli anni Settanta e parte degli Ottanta. Come questo del 1974: “Se aveste da impostare un espresso e incontraste l’on. Cariglia, avreste qualche esitazione? No certo. Direste a Cariglia: mi faccia un piacere, corra un momento a San Silvestro a imbucare; vada nel buco dove sta scritto ‘espresso’, non ‘stampe’: queste sono un’altra cosa che un giorno le spiegherò; adesso è inutile confonderle le idee” (“Fortebraccio & lorsignori”, edizioni l’Unità, 2002).
Fortebraccio sì che ci manca. Quanto a Cariglia, è stato sostituito da tante altre mezze tacche.