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  1. #1
    Alessandra
    Ospite

    Predefinito Norme per disciplinare l'esposizione del Crocifisso in tutti i pubblici uffici

    XIV LEGISLATURA, CAMERA DEI DEPUTATI, PROPOSTA DI LEGGE

    d'iniziativa dei deputati:


    BRICOLO, AIRAGHI. ANGELINO ALFANO, BALLAMAN, BURANI PROCACCINI, BUTTI, CARLUCCI, CATANOSO, COLLAVINI, CUSUMANO, DI TEODORO, DIDONE', ERCOLE, FALLICA, FERRO, FOTI, DARIO GALLI, GALLO, GARAGNANI, GIBELLI, ALBERTO GIORGETTI, ANNA MARIA LEONE, LISI, SANTINO ADAMO LODDO, LOSURDO, LUSETTI, LUSSANA, MARTINELLI, FRANCESCA MARTINI, MENIA, MEREU, MIGLIORI, MILANESE, MISURACA, MORETTI, OSVALDO NAPOLI, NICOLOSI, PALMIERI, PAROLO, LUIGI PEPE, PERROTTA, PEZZELLA, POLLEDRI, RIZZI, ROMANO, GUIDO ROSSI, ANTONIO RUSSO, SANTORI, SANTULLI, SANZA, SCHERINI, SELVA, STUCCHI, TARANTINO, VASCON, ALFREDO VITO, ZACCHERA, ZAMA


    Norme per disciplinare l'esposizione del Crocifisso in tutti i pubblici uffici e le pubbliche amministrazioni della Repubblica

    Onorevoli Colleghi!

    Le recenti, ripetute polemiche relative alla presenza del Crocifisso nella aule scolastiche, documentate dalla stampa e dai mezzi di comunicazione nazionali, hanno profondamente ferito il significato non solo religioso, ma anche e soprattutto di «simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendentemente da una specifica confessione religiosa» del Crocifisso, così come ha autorevolmente sostenuto il Consiglio di Stato, nel parere n. 63, espresso in data 27 aprile 1988. «La Costituzione repubblicana», continua il Consiglio di Stato, «pur assicurando pari libertà a tutte le confessioni religiose, non prescrive alcun divieto all'esposizione nei pubblici uffici di un simbolo che, come quello del Crocifisso, per i princìpi che evoca, fa parte del patrimonio storico».

    Il parere del Consiglio di Stato, che ha avuto come oggetto le norme del regio decreto 30 aprile 1924, n. 965, e del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297, afferma che le suddette disposizioni, relative all'esposizione del Crocifisso nelle scuole, non sono state modificate per effetto della revisione dei Patti Lateranensi. Nel nuovo assetto normativo in materia, derivante dall'accordo, con protocollo addizionale, intervenuto tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, con il quale sono state apportate modificazioni al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, nulla viene stabilito relativamente all'esposizione del Crocifisso.

    Non si ritiene che l'immagine del Crocifisso nelle aule scolastiche, o più in generale negli uffici pubblici, nelle aule dei tribunali e negli altri luoghi nei quali il Crocifisso o la Croce si trovano ad essere esposti, possa costituire motivo di costrizione della libertà individuale a manifestare le proprie convinzioni in materia religiosa.

    Risulterebbe inaccettabile per la storia e per la tradizione dei nostri popoli, se la decantata laicità della Costituzione repubblicana fosse malamente interpretata nel senso d'introdurre un obbligo giacobino di rimozione del Crocifisso; esso, al contrario rimane per migliaia di cittadini, famiglie e lavoratori il simbolo della storia condivisa da un intero popolo.

    Cancellare i simboli della nostra identità, collante indiscusso di una comunità, significa svuotare di significato i principi su cui si fonda la nostra società.

    Rispettare le minoranze non vuole dire rinunciare, delegittimare o cambiare i simboli e i valori che sono parte integrante della nostra storia, della cultura e delle tradizioni del nostro Paese.

    Pur prendendo atto dell'odierna aconfessionalità e neutralità religiosa dello Stato, nonché della libertà e della volontarietà dei comportamenti individuali, i fatti da ultimo registrati evidenziano come si renda necessaria l'emanazione di un provvedimento che, pur nel rispetto dell'autonomia scolastica, assicuri che non vengano messi in discussione i simboli e i valori fondanti della nostra comunità.

  2. #2
    Alessandra
    Ospite

    Predefinito

    PROPOSTA DI LEGGE

    Articolo 1
    (Princìpi)

    Il Crocifisso, emblema di valore universale della civiltà e della cultura cristiana, è riconosciuto quale elemento essenziale e costitutivo e perciò irrinunciabile del patrimonio storico e civico-culturale dell'Italia, indipendentemente da una specifica confessione religiosa.

    Articolo 2
    (Finalità)

    Nel rispetto degli articoli 7, 8 e 19 della Costituzione la presente legge regolamenta l'esposizione del Crocifisso in tutti gli uffici della pubblica amministrazione secondo le modalità di cui agli articoli 3 e seguenti, al fine di testimoniare, facendone conoscere i simboli, il permanente richiamo dell'Italia al proprio patrimonio storico-culturale che affonda le sue radici nella civiltà e nella tradizione cristiana.

    Articolo 3
    (Esposizione del Crocifisso)

    In tutte le aule delle scuole di ogni ordine e grado e in tutte le università e accademie del sistema pubblico integrato di istruzione, negli uffici della pubblica amministrazione considerata in ogni sua branca e degli enti locali territoriali, in tutte le aule nelle quali sono convocati i consigli regionali, provinciali, comunali, circoscrizionali e delle comunità montane, in tutti i seggi elettorali, in tutti gli stabilimenti di detenzione e pena, negli uffici giudiziari e nei reparti delle aziende sanitarie e ospedaliere, in tutte le stazioni e le autostazioni, i porti e gli aeroporti, in tutte le sedi diplomatiche e consolari italiane e in tutti gli uffici pubblici italiani all'estero, è fatto obbligo di esporre in luogo elevato e ben visibile a tutti l'immagine del Crocifisso.

    Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le rispettive amministrazioni sono tenute a emanare la disciplina di attuazione della disposizione di cui al comma 1.

    Gli organi costituzionali danno attuazione alle disposizioni della presente legge ai sensi dei rispettivi regolamenti.

    Articolo 4
    (Sanzioni)

    Chiunque rimuove in odio ad esso l'emblema della Croce o del Crocifisso dal pubblico ufficio nel quale sia esposto o lo vilipende, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da 500 a 1.000 euro.

    Alla medesima sanzione di cui al comma 1 soggiace il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che rifiuti di esporre nel luogo d'ufficio l'emblema della Croce o del Crocifisso o chiunque, investito di responsabilità nella pubblica amministrazione, ometta di ottemperare all'obbligo di provvedere alla collocazione dell'emblema della Croce o del Crocifisso o all'obbligo di vigilare affinché il predetto emblema sia esposto nei luoghi d'ufficio dei suoi sottoposti, ai sensi della presente legge.

    Articolo 5
    (Copertura finanziaria)

    All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 51.646 euro, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

    Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

  3. #3
    Alessandra
    Ospite

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    Il quadro normativo (In parte tratto dal sito www.ufficioirc.arcidiocesi.palermo.it)

    Le norme sull’esposizione del crocifisso risalgono in gran parte agli anni ‘20 del secolo scorso e concernono la presenza del crocifisso stesso nelle aule scolastiche (due circolari della Pubblica Istruzione, la prima del 22 novembre 1922, 1a seconda del 26 maggio 1926), negli uffici pubblici in genere (un’ordinanza ministeriale dell'11 novembre 1923, n. 250) e nelle aule giudiziarie, con una Circolare del Ministro Rocco, Ministero di Grazia e Giustizia, Div. III del 29 maggio 1926, n. 2134/1867, recante "Collocazione del Crocefisso nelle aule di udienza", di cui riportiamo di seguito il testo per esteso:

    "Prescrivo che nelle aule di udienza, sopra il banco dei giudici e accanto all'effige di Sua Maestà il Re sia restituito il Crocefisso, secondo la nostra antica tradizione. Il simbolo venerato sia solenne ammonimento di verità e di giustizia. I Capi degli uffici giudiziari vorranno prendere accordi con le Amministrazioni comunali affinché quanto ho disposto sia eseguito con sollecitudine e con decoro di arte, quale si conviene all'altissima funzione della giustizia".


    In materia scolastica si ricordano, inoltre, le norme regolamentari contenute nell’art. 118 del Regio decreto n. 965 del 1924 e del Regio Decreto n. 1297 del 1928, le cui disposizioni, sebbene non siano mai state espressamente abrogate, non trovano più applicazione a seguito dell'entrata in vigore del d.lg. 16 aprile 1994, n. 297 - Testo unico della scuola di ogni ordine e grado (dal sito www.qualitascuola.it). Entrambi i provvedimenti si rifanno all’art. 140 del Regio Decreto n. 4336 del 1860, contenente il regolamento per l’istruzione elementare di attuazione della legge n. 3725 del 1859 (c.d. legge Casati), che prescriveva il crocifisso tra gli arredi delle aule scolastiche.

    Per quanto concerne il Regio Decreto del 1924, riguardante le norme sull’ istruzione secondaria, art. 118 citato dichiara, tra l’altro, che «ogni aula ha l’immagine del crocifisso».


    Contenuto simile al precedente si rinviene nel predetto Regio Decreto del 1928 relativo al «Regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare».

    In tempi più recenti, con la circolare n. 367 del 1967, il Ministero dell’Istruzione ha inserito nell’elenco dell’arredamento delle scuole dell’obbligo anche i crocifissi.

  4. #4
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    Su MIlitia Cristiana Riunita ne avevamo parlato.... ti ringrazio per averlo postato: ne avevo perso traccia!
    "

  5. #5
    Alessandra
    Ospite

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    Il quadro giurisprudenziale: la Corte Costituzionale (massime)

    Corte Costituzionale, sentenza 10 ottobre 1979, n. 117

    "Sono illegittimi, per violazione dell'art. 19 cost., gli art. 251, 2°comma, c. p. c., nonché, ai sensi dell'art. 27 l. 11 marzo 1953, n. 87, gli art. 142, 1° comma, 316, 2° comma, 329, 1° comma, e 449, 2° comma, c. p. p., nella parte in cui riferiscono anche ai non credenti l'obbligo del giudice di ammonire i testimoni sull'importanza religiosa del giuramento e l'obbligo dei testimoni stessi di prestarlo nei confronti della divinità"


    Corte Costituzionale, sentenza 12 aprile 1989, n. 203

    "E' infondata, nei sensi di cui in motivazione (ove si rileva che l'insegnamento della religione cattolica è facoltativo e per quanti decidano di non avvalersene l'alternativa è uno stato di non-obbligo), la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, n. 2, l. 25 marzo 1985, n. 121 e del punto 5, lett. b, n. 2, protocollo addizionale, in riferimento agli art. 2, 3 e 19 cost."

    Corte Costituzionale, sentenza 19 dicembre 1991, n. 467

    "E' costituzionalmente illegittimo l'art. 8, 3° comma, l. 15 dicembre 1972, n. 772 (norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza), nella parte in cui non prevede che l'espiazione della pena da parte di chi, al di fuori dei casi di ammissione ai benefici della suddetta legge, rifiuta, in tempo di pace, per i motivi di coscienza indicati nell'art. 1 della predetta legge, il servizio militare di leva, dopo averlo assunto, esonera dalla prestazione del servizio militare; è inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, 2° comma, l. 15 dicembre 1972, n. 772, sollevata, in riferimento agli art. 3 e 19 cost., dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale militare di La Spezia, con l'ordinanza indicata in epigrafe"

    Corte Costituzionale, sentenza 8 ottobre 1996, n. 334

    "E' costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli art. 2, 3, 19 cost., l'art. 238 c.p.c., limitatamente alle parole "davanti a Dio e agli uomini" contenute nel suo comma 2, e alle parole "religiosa e" contenute nel suo comma 1. Sono costituzionalmente illegittimi, per violazione degli art. 2, 3 e
    19 cost., l'art. 238 comma 2 c.p.c., limitatamente alle parole "davanti a Dio e agli uomini" e l'art. 238 comma 1, seconda proposizione, c.p.c., limitatamente alle parole "religiosa e", in quanto - posto che gli art. 2, 3 e 19 cost. garantiscono come diritto la libertà di coscienza in relazione all'esperienza religiosa; che tale diritto, sotto il profilo giuridico - costituzionale, rappresenta un aspetto della dignità della persona umana, riconosciuta e dichiarata inviolabile dall'art. 2; che esso spetta ugualmente tanto ai credenti quanto ai non credenti, siano essi atei o agnostici, e comporta la conseguenza, valida nei confronti degli uni e degli altri, che in nessun caso il compimento di atti appartenenti, nella loro essenza, alla sfera della religione possa essere l'oggetto di prescrizioni derivanti dall'ordinamento giuridico dello Stato; che qualunque atto di significato religioso (anche il più doveroso dal punto di vista di una religione e delle sue istituzioni) rappresenta sempre, per lo Stato, esercizio della libertà dei propri cittadini, che, come tale, non può essere oggetto di una sua prescrizione obbligante, indipendentemente dall'irrilevante circostanza che il suo contenuto sia conforme, estraneo o contrastante rispetto alla coscienza religiosa individuale; che alla configurazione costituzionale del diritto individuale di libertà di coscienza nell'ambito della religione e alla distinzione dell'"ordine" delle questioni civili da quello dell'esperienza religiosa corrisponde, rispetto all'ordinamento giuridico dello Stato e delle sue istituzioni, il divieto di ricorrere a obbligazioni di ordine religioso per rafforzare l'efficacia dei propri precetti; e che il giuramento è certamente atto avente significato religioso - il giuramento "decisorio" , così come disciplinato dall'art. 238 c.p.c., viola sia la libertà di coscienza in materia di religione (laddove esso, pur non essendo propriamente imposto dalla legge, è comunque oggetto di una precrizione legale alla quale la parte si trova sottoposta con conseguenze negative), sia la distinzione, imposta dal fondamentale principio costituzionale di laicità, o non confessionalità dello Stato, tra l'"ordine" delle questioni civili e l'"ordine" delle questioni religiose (laddove dalle norme impugnate deriva un'inammissibile commistione tra i due ordini, rappresentata dal fatto che un'obbligazione di natura religiosa e il vincolo che ne deriva nel relativo ambito sono imposti per un fine probatorio proprio dell'ordinamento processuale dello Stato; con la conseguenza che, siccome la libertà di coscienza di chi sia chiamato a prestare il giuramento previsto dall'art. 238 comma 2 c.p.c. comporta che la determinazione del contenuto di valore che essa implica sia lasciata alla coscienza, la dichiarazione di incostituzionalità del riferimento alla responsabilità che si assume davanti a Dio deve estendersi anche al riferimento alla responsabilità davanti agli uomini, e con l'ulteriore conseguenza (ex art. 27 l. n. 87 del 1953) che la dichiarazione di incostituzionalità deve estendersi al comma 1 del medesimo articolo - nella parte in cui prevede che il giurante sia ammonito dal giudice circa l'importanza religiosa del giuramento - avuto riguardo alla inscindibilità di tale previsione da quella contenuta nel comma 2."


    Corte Costituzionale, sentenza 14 Novembre 1997 n. 329


    "E' costituzionalmente illegittimo, per violazione degli art. 3 comma 1, e 8 comma 1 cost., l'art. 404 comma 1 c.p., nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a tre anni, anzichè la pena diminuita prevista dall'art. 406 c.p., sia perchè, nella visione costituzionale attuale, la "ratio" differenziatrice - che ispirò il legislatore del 1930 con il riconoscimento alla Chiesa e alle religioni cattoliche di un valore politico, quale fattore di unità morale della nazione - non vale più oggi, quando la Costituzione esclude che la religione possa considerarsi strumentalmente rispetto alle finalità dello Stato e viceversa; sia perchè, in attuazione del principio costituzionale della laicità e non confessionalità dello Stato - che non significa indifferenza di fronte all'esperienza religiosa, ma comporta equidistanza e imparzialità della legislazione rispetto a tutte le confessioni religiose - la protezione del sentimento religioso è venuta ad assumere il significato di un corollario del diritto costituzionale di libertà di religione, corollario che, naturalmente, deve abbracciare allo stesso modo l'esperienza religiosa di tutti coloro che la vivono, nella sua dimensione individuale e comunitaria, indipendentemente dai diversi contenuti di fede delle diverse confessioni; sia, infine, perchè il richiamo alla cosiddetta coscienza sociale - quale criterio di giustificazione di differenze fra confessioni religiose operate dalla legge - se può valere come argomento di apprezzamento delle scelte del legislatore sotto il profilo della loro ragionevolezza, è viceversa vietato laddove la Costituzione, nell'art. 3 comma 1, stabilisce espressamente il divieto di discipline differenziate in base a determinati elementi distintivi, tra i quali sta per l'appunto la religione, e cioè che la protezione del sentimento religioso, quale aspetto del diritto costituzionale di libertà religiosa, non è divisibile. Ogni violazione della coscienza religiosa è sempre violazione di quel bene e di quel diritto nella loro interezza e tale dunque da riguardare tutti allo stesso modo, indipendentemente dalla confessione religiosa cui eventualmente si appartenga, cosicchè non è possibile attribuire rilevanza, in vista della disciplina giuridica, all'esistenza di reazioni sociali differenziate"

  6. #6
    Alessandra
    Ospite

    Predefinito

    La Corte di Cassazione (massima)

    Sentenza del 1 marzo 2000, n. 439

    "La bestemmia contro i "simboli e le persone venerati nella religione dello Stato", tra cui il crocifisso, non è più preveduto dalla legge come reato, come stabilito anche dalla corte costituzionale, che indica l'obiettivo di una tutela non discriminatoria ma pluralistica di "tutte le religioni che caratterizzano oggi la nostra comunità nazionale, nella quale hanno da convivere fedi, culture e tradizioni diverse": pluralismo garantito dal supremo principio di laicità dello stato, che induce a preservare lo spazio "pubblico" della formazione e della decisione dalla presenza, e quindi dal messaggio sia pure a livello subliminale, di immagini simboliche di una sola religione (come, in generale, di una sola delle altre condizioni non discriminabili, di cui all'art. 3 Cost.), ad esclusione delle altre. Costituisce, pertanto, giustificato motivo di rifiuto dell'ufficio di presidente, scrutatore o segretario - ove non sia stato l'agente a domandare di essere ad esso designato - la manifestazione della libertà di coscienza, il cui esercizio determini un conflitto tra la personale adesione al principio supremo di laicità dello Stato e l'adempimento dell'incarico a causa dell'organizzazione elettorale in relazione alla presenza nella dotazione obbligatoria di arredi dei locali destinati a seggi elettorali, pur se casualmente non di quello di specifica designazione, del crocifisso o di altre immagini religiose"

  7. #7
    Alessandra
    Ospite

    Predefinito

    Il parere del Consiglio di Stato, Sezione II, del 27 aprile 1988, n. 63

    "Le norme dell'art. 118, r. d. 30 aprile 1924, n. 965 e l'all. C al r.d. 26 aprile 1928, n. 1297 che prevedono l'esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche non possono essere considerate implicitamente abrogate dalla nuova regolamentazione concordataria sull'insegnamento della religione cattolica."

  8. #8
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    Predefinito Un'ordinanza ... vergognosa

    Posto dal sito del Corriere della Sera:

    *******

    CRONACHE
    Accolto un ricorso del presidente dell'Unione Musulmani d'Italia
    Tribunale de L'Aquila: via i crocifissi dalla scuola
    «Non è un patrimonio comune di tutti i cittadini». Il cardinale Tonini: «Sono stupefatto». Prc: «Sentenza positiva»
    L'AQUILA - I crocifissi dalle aule scolastiche potrebbero essere destinati a scomparire. Questa la prospettiva aperta da una sentenza del Tribunale dell'Aquila che, accogliendo il ricorso presentato da Adel Smith, presidente dell'Unione Musulmani d'Italia, ha condannato «l'Istituto comprensivo di scuola materna ed elementare di Navelli, nella persona del dirigente scolastico pro tempore, a rimuovere il crocifisso esposto nelle aule della Scuola materna ed elementare "Antonio Silverì di Ofena", frequentata dai figli dello stesso Smith. La sentenza - un provvedimento di circa 30 pagine - è stata emessa dal giudice Mario Montanaro. Il ricorso era stato presentato nelle scorse settimane dal legale di Adel Smith, avvocato Dario Visconti.

    LA SENTENZA - «Nell'ambito scolastico - si legge nella sentenza - la presenza del simbolo della croce induce nell'alunno ad una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale della espressione di fede, perché manifesta l'inequivoca volontà, dello Stato, trattandosi di scuola pubblica, di porre il culto cattolico al centro dell'universo, come verità assoluta, senza il minimo rispetto per il ruolo svolto dalle altre esperienze religiose e sociali nel processo storico dello sviluppo umano, trascurando completamente le loro inevitabili relazioni e i loro reciproci condizionamentì». Secondo il giudice Montanaro, «la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche comunica un'implicita adesione a valori che non sono realmente patrimonio comune di tutti i cittadini». Così facendo, sempre stando alla sentenza, la presenza del crocifisso nelle aule «si pone in contrasto con quanto ha stabilito la Corte costituzionale, rilevando come il principio di pluralità debba intendersi quale salvaguardia del pluralismo religioso e culturale (cfr. Corte cost. 12 aprile 1989, n. 203 e 14 gennaio 1991, n. 13), che può realizzarsi solo se l'istituzione scolastica rimane imparziale di fronte al fenomeno religioso».

    IL CARDINALE TONINI: «SONO STUPEFATTO» - «Rimango stupefatto, senza parole. Come si fa ad ordinare la rimozione dalle aule scolastiche del crocefisso, che è il simbolo dei valori di fondo del nostro Paese?» È questa la reazione del cardinale Ersilio Tonini, arcivescovo emerito di Ravenna, alla notizia della sentenza del Tribunale dell'Aquila. «Non riesco a capire in base a che dispositivi legislativi», ha commentato Tonini. «Non si può eliminare un simbolo dei valori religiosi e culturali di un popolo, solo perchè ciò può dar fastidio a qualcuno. Mi sembra una strada pericolosa. Allora perchè non togliere le chiese, o impedire alla 'Croce Rossà di svolgere la sua azione di soccorso e umanitaria?», si chiede il cardinale. «Con questa sentenza - conclude - si offende la maggioranza del popolo italiano ed anche lo spirito della costituzione».

    RIFONDAZIONE COMUNISTA: «SENTENZA POSITIVA» - La sentenza che accoglie il ricorso contro il crocifisso in aula «è positiva. Ma la questione non si esaurisce qui. Anzi, è solo l'inizio di una necessaria riflessione sulla convivenza multiculturale e su quale ruolo rivesta in questo la scuola». Lo ha detto Titti De Simone, capogruppo di Prc alla Commissione cultura alla Camera in relazione alla sentenza del tribunale dell'Aquila. «È una sentenza importante perché riconosce la laicità dello stato, come dice la Costituzione - ha aggiunto la parlamentare - e può fare da battistrada ad un dibattito politico e culturale sui temi dell'integrazione. Un dibattito che va aperto senza demagogia e strumentalizzazioni. La scuola, che è il primo presidio della società è oggi chiamata a corrispondere i valori della cittadinanza multiculturale».

    25 ottobre 2003

    *****

    Consentitemi solo alcune riflessioni.
    Innanzitutto vorrei precisare che non si tratta di una sentenza, come erroneamente riportato dai giornali, bensì di un'ordinanza emanata su ricorso d'urgenza (art. 700 Codice di procedura civile).
    La precisazione non è da poco, nè deriva da una mia smania perfezionista da legalista.
    Qui si tratta di un aspetto sostanziale. L'ordinanza, infatti, emanata in via d'urgenza non passa mai in giudicato, come una sentenza; è un provvedimento provvisorio e temporaneo. Esso, in effetti, diviene inefficace se, decorsi trenta giorni, non sia seguito dall'instaurazione del processo di merito.
    Questa ordinanza, dunque, ha valore puramente interinale e sarà poi nel merito - che si conclude questo sì con sentenza - che la questione sarà approfondita. Non è detto, quindi, che, poi, la decisione finale sia nello stesso senso dell'ordinanza de qua.
    Ma c'è di più. Questo provvedimento è emesso sulla base del riscontro di due elementi: il c.d. fumus boni iuris ed il periculum in mora. Con il primo s'intende l'apparenza almeno del diritto fatto valere in giudizio (e, quindi, l'apparenza che la pretesa vantata possa essere fondata); col secondo s'intende il pericolo (attuale o altamente probabile) che, nelle more del processo di merito, la pretesa possa essere svilita o vanificata.
    Nel nostro caso, non mi sembra siano sussistenti nè l'uno nè l'altro requisito. Quanto al fumus, manca un diritto da far valere. Infatti, la legge stessa include espressamente per le scuole, nell'arredamento, tra l'altro il Crocifisso; quanto al periculum, v'è da dire che esso non mi pare esistente, dal momento che non è in pericolo la perdita o la vanificazione di alcun diritto, tanto più che i figli di Adel Smith già frequentavano quelle scuole e, dunque, non potevano ricevere - ammesso che esista - un pericolo incombente per la loro fede.
    Il giudice, quindi, probabilmente affetto da mania di protagonismo, ha preso un colossale abbaglio, dimenticandosi ... della legge!

    Augustinus

  9. #9
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    Ci troviamo di fronte ad un altra ordinanza massonica per cancellare le radici cristiane d'Europa
    Pro aris rege!

  10. #10
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    Predefinito

    Dobbiamo però stare attenti a non confondere le cause con gli effetti. Il problema non è tanto la rimozione del Crocifisso (ch'è una conseguenza), quanto il sistema scolastico pubblico. Un sistema gestito monopolisticamente dallo stato è necessariamente conflittuale; e dal conflitto possono uscire vittoriosi i cattolici, ma è molto più probabile che la vittoria arrida ai "laicisti", visto che lo stato si pone naturalmente come ente in concorrenza con le religioni (essendo una religione esso stesso).
    "Non spargerai false dicerie; non presterai mano al colpevole per essere testimone in favore di un'ingiustizia. Non seguirai la maggioranza per agire male e non deporrai in processo per deviate la maggioranza, per falsare la giustizia. Non favorirai nemmeno il debole nel suo processo" (Esodo 23: 1-3)

 

 
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