Malintesi.

Della Libertà la Casa
ahinoi è stata invasa.
E' arrivato dal Berlusca
l'Accademico di Crusca
della storia grande esperto:
proprio il GranPadanUmberto.
Nonostante l'imbarazzo
è seguito da un codazzo
degli amici del Casini
e del buon Gianfranco Fini.
E intonando il "Va pensiero",
con un piglio ardito e fiero,
osannato dalla folla
leva al ciel la sacra ampolla
delle acque di Eridano
che attraversa il suol padano.
Ed in mezzo al bailamme
di piccini, babbi e mamme,
d'Ariberto d'Intimiano,
del Carroccio e di Legnano
narra ai suoi con sentimento
e del sacro giuramento.
Il Berlusca ed il Casini,
stufi al pari del GianFini,
cercan di frenar l'afflato
del padano esagitato
le cui celtiche virtù
si palesan sempre più.
I Lombardi alle crociate
vuol guidare:"Orsù cacciate"
grida con vieppiù fervore
"il rio e barbaro invasore.
I Romani son ladroni,
non parliamo dei terroni.
Quanto a neri ed Albanesi
li vorrei vedere appesi".
Sbianca in volto il Cavaliere:
"Non son queste le maniere"
dice al capitan Fracassa
"Non suonare la grancassa.
Per problemi elettorali
siamo tutti quanti uguali".
Il Gianfranco è imbarazzato,
se ne sta un po' defilato,
mentre, serio,il pio Casini
legge un motto di Ruini.
Con eloquio assai forbito
ed un fare da erudito
a lui replica il Padano
ed il tono è molto urbano.
Spiega al colto ed all'inclìta:
"La mia idea fu tradita.
Sono stati i comunisti
e i lor drudi giornalisti
che han voluto equivocare,
han frainteso il mio parlare:
io volevo solo dire
che è crudel veder soffrire
neri, gialli ed Albanesi;
soffran pur nei lor paesi.
Che giustizia è questa qua?
Vadan,su, a patir più in là.
Quando,poi, ho detto “appesi”,
io alludevo agli Albigesi:
ed è storia, ognun lo sa,
di otto secoli, o più, fa.
Io non dico una bugia:
amo tanto l’Albania
ed è pur mia costumanza
di trascorrer la vacanza
nella terra forte e rara
della patria schipetara.
Sopraffatto dall’abbrivo
(usa pure il congiuntivo!)
nella bega meneghina
entra, allor, dell’ “Albertina.”
Spiega, poscia, che, anche qui
fu qualcun che lo tradì:
si trattava, o sorte ria,
della Vil Morfologia.
Soddisfatti e rincuorati
si rilassan gli alleati
ed il Silvio cavaliere,
che sa bene il suo mestiere,
porta tutti a festeggiare
nella villa in riva al mare.
Ma il Destin Cinico e Baro
che di colpi non è avaro
è in agguato, o gran disdetta,
con l’amena barzelletta.
Sono pronti i giornalisti,
alleati ai comunisti,
e la vita si fa amara
per la solita cagnara.
Il Berlusca è contrariato:
“Era un fatto mio privato,
una semplice battuta
agli amici ripetuta
senza mai secondi fini:
ve lo giura anche il Casini.
Qui qualcuno ha insinuato,
con mendacio meditato,
che volessi sotterrare
il tapino in riva al mare.
In realtà volevo dire
che a chi è stanco di soffrire
io regalo una vacanza
presso il mare di…Brianza.
Il cronista, sprovveduto,
fa con tono risoluto:
“Ma in Brianza i mar non c’è!”
“Non vuol dire, e sa perché?
Quando vinco le elezioni
io darò disposizioni
perché fatto sia il trasporto
delle acque del Mar Morto.
La Brianza è suol leghista
generoso ed altruista.
Ho già accordi con l’Umberto
ed è quindi un fatto certo.
Sono idee dei comunisti,
degli infami giornalisti.”
E per dimostrar l’assunto
lui rievoca compunto
quella splendida battuta
che da tutti è risaputa:
è di qualche tempo fa,
ma rispecchia la realtà.
Se sull’acque di Riace
camminasse, pertinace,
gli avversari, miscredenti
e di invidia sofferenti
si udirebbero gridare:
“Silvio, oibò, non sa nuotare.”
Al cronista un po’ basito
dice ancora risentito:
“Io non so spiegar perché
ce l’han tutti su con me.
I diesse, poverini,
sono tutti un po’ cretini:
l’umorismo surreale,”
spiega poscia, torrenziale,
“non capiscono perché
non son colti come me.”
Or ritorna dagli amici
che lo accolgono felici
e si appresta festeggiare
nella villa in riva al mare.

Marzo 2001