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  1. #1
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    Predefinito Corsera di domani sui Boeri

    Afrikaner, tribù perduta

    Fino alle prime elezioni multirazziali del 1994, gli Afrikaner tenevano saldamente in mano il Sud Africa. Oggi, nove anni dopo, l’oligarchia bianca si sente una razza invia d’estinzione. Per sopravvivere, parte del vecchio establishment si allea con il Congresso nazionale africano. All’estrema destra spuntano i Boeremag, “l’esercito di contadini”, che piazzano bombe nei luoghi di culto sognando “l’autodeterminazione dei bianchi”. E intanto a oraria si costruisce uno Stato nello Stato, autosufficiente e di soli bianchi. Su “Io Donna” domani in edicola con il “Corriere”, viaggio nel nuovo Sudafrica, tra le tribù perdute dei bianchi.


    Il trafiletto era sul Corriere di oggi (venerdi 23), in calce a un articolo disgustoso su Nadine Gordimer (la scrittrice sudafricana ebrea) dal titolo “La bellezza degli uomini neri è superiore”, e che vi risparmio.

  2. #2
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    Predefinito

    Da notare come una comunità puramente bianca sia ormai guardata dalla cultura global come una stranezza esotica.
    Tra un po' ti organizzeranno il safari nella riserva dei Boeri; anziché andare a vedere i bantù col gonnellino ti porteranno a vedere gli ultimi "bianchi razzisti."

  3. #3
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    Predefinito Re: Corsera di domani sui Boeri

    Originally posted by Vahagn
    Afrikaner, tribù perduta

    Fino alle prime elezioni multirazziali del 1994, gli Afrikaner tenevano saldamente in mano il Sud Africa. Oggi, nove anni dopo, l’oligarchia bianca si sente una razza invia d’estinzione. Per sopravvivere, parte del vecchio establishment si allea con il Congresso nazionale africano. All’estrema destra spuntano i Boeremag, “l’esercito di contadini”, che piazzano bombe nei luoghi di culto sognando “l’autodeterminazione dei bianchi”. E intanto a oraria si costruisce uno Stato nello Stato, autosufficiente e di soli bianchi. Su “Io Donna” domani in edicola con il “Corriere”, viaggio nel nuovo Sudafrica, tra le tribù perdute dei bianchi.


    Errata Corrige.
    invia = in via
    a oraria = a Orania

  4. #4
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    Il Corriere aveva già pubblicato un articolo su Orania che io ho prontamente postato sul forum etno


    IL REPORTAGE

    Orania, una città per i nostalgici dell’apartheid
    Viaggio in Sudafrica nell’enclave per soli bianchi: «La Costituzione ci protegge. Presto saremo migliaia»

    Ad esempio: nel resto del Sudafrica, ormai da 8 anni, l'apartheid non c’è più; qui, invece, vivono solo bianchi boeri, immigrati da ogni angolo del Paese, 600 in tutto: «Ma siamo soltanto i primi, vedrete». E poi: in Sudafrica, risuonano 11 lingue ufficiali, con uguali diritti; qui, solo l' afrikaans . E ancora: in Sudafrica, sventola la bandiera multicolore di Nelson Mandela; alle finestre di qui, i vessilli bianco-arancioni della vecchia nazione boera. Insomma, come dice placido il dottor Stryda: «Abbiamo dichiarato l'indipendenza. La Costituzione ci protegge. Altri verranno, a migliaia. Anzi, a centinaia di migliaia. Chiunque è il benvenuto: meno i comunisti, gli atei, i terroristi, chi si sbronza per strada. Questo, in tutto il Paese, è l'unico luogo senza criminalità: e così deve restare. La pelle, la religione? Be’, un musulmano o uno zulù da noi non si troverebbe a suo agio, prima dovremmo spiegargli certe nostre regole». E l'obiettivo finale? «Un sogno: allargare la nostra striscia di terra libera. Un giorno, la nostra nazione arriverà fino all'Oceano Indiano». Ma, per ora, arriva soltanto ai recinti di acciaio, e a quel cartello sul lavoro che libera l'uomo. Non a Hopetown, la città nera che sta a mezz'ora d'auto (ancora Stryda: «Con quelli teniamo buoni rapporti, anche se loro non ci amano»). In compenso, i proclami di Orania echeggiano lontano da qui, e seminano preoccupazione. Giungono fino a Pretoria e Johannesburg, dove nelle ultime settimane sono finiti in carcere una ventina di «Lupi bianchi», attivisti dell'estrema destra: avevano quasi una tonnellata di esplosivi, sono accusati di aver collocato le bombe d'autunno a Soweto (in ottobre: due morti di colore) e di aver preparato altri attentati per le feste natalizie: le prime bombe dovevano scoppiare oggi, lunedì, anniversario di una celebre battaglia ottocentesca dei boeri contro gli zulù. Fra loro, secondo gli investigatori, vi sarebbero anche ex ufficiali dell'esercito; con un progetto: provocare una reazione fra i neri, la guerra civile. Per questo, anche se finora non è stato accertato alcun legame, la polizia tiene discretamente d'occhio anche il «sogno» di Orania.
    Eccolo, in un pomeriggio polveroso: un pugno di case sulla riva del fiume Orange, proprio dove cent'anni fa inglesi e boeri si scannavano; prati verdi con le gazzelle, file di meloni, e ortaggi bio-organici; poi 4 strade in croce dominate da una collina con sopra una statua scura scura che guarda in giù: il monumento a Hendrick Verwoerd, fondatore dell'apartheid, portato fin qui da Pretoria, dove ormai i ragazzini lo avevano trasformato in bersaglio e in vespasiano. «L'apartheid non ha funzionato», spiega oggi uno come Stryda, «non ha funzionato, ci ha portato cattiva pubblicità». Tutto qui. «Mandela? Non un gran leader. Però l'uomo giusto al momento giusto, questo sì».
    La storia di Orania è roba di famiglia. Verwoerd aveva una moglie, Betsie. E una sua figlia aveva sposato un certo Carel Boshoff, professore e teologo della chiesa riformata olandese, cioè di quella che per decenni è stata considerata dai razzisti come una «balia» ideologico-mistica. Caduto l'apartheid, Boshoff e compari cercarono una loro terra promessa. La trovarono qui, «dopo una ricerca molto attenta». I requisiti c'erano: zona isolata e spopolata, acqua, terreni da comprare. E c'erano anche delle case, abbandonate dagli operai di una centrale elettrica. Boshoff e amici comprarono, ristrutturarono, formarono una società privata che oggi sostituisce il consiglio comunale. Irrigarono, piantarono noccioli e frutteti, portarono le mucche: «Siamo quasi autosufficienti; ma facciamo tutto noi, niente manodopera nera: perché l'errore dell'apartheid è stato proprio quello di far lavorare altri al posto nostro». Intorno, c'è solo la distesa del Karoo: rocce nere, antilopi, legioni di struzzi, le lapidi delle battaglie anglo-boere. Un giorno si trasferì a Orania anche Betsie Verwoerd, è morta a 92 anni nel 2000. Nel '98, in un suo giro di riconciliazione fra i vecchi leader sudafricani, venne a trovarla Mandela: arrivò con l'elicottero, atterrò vicino al monumento a Verwoerd e non seppe trattenersi: «Come, lui era così piccolo?».
    Accanto alla statua, oggi, ci sono le prime tombe del paese: senza neppure una croce, la gente di qui spiega che è «per via del vento». Ci sono però altre voci, su una setta boera paganeggiante, e su una sua versione della Bibbia in cui i neri sono una specie sub-umana. «Tutte storie. Troppi pregiudizi, contro di noi», spiega Elizabeth Van Der Berg, co-direttrice (con il marito) della «Scuola del Popolo» dove si studia «secondo la parola di Dio e la cultura afrikaans ».
    Accanto alla scuola, un piccolo supermercato. Poi le file di villette, un pensionato che passeggia: «Quando stavo a Jo'burg, avevo paura di uscire». Due modellini bianchi di cannoni occhieggiano dal prato di una casa. Nell'alberghetto locale, ci sono quadri che raccontano le battaglie contro gli zulù. Nei bagni, perfino la carta igienica ha una sua custodia di stoffa rossa ricamata.
    Tutto sembra voler trasmettere l'idea dell'ordine assoluto. Perfino in una fattoria lì accanto, dove i polli «aiutano» l'ortolano secondo un metodo importato dall'Australia: prigionieri per settimane sotto un reticolato a campana, becchettano e scavano sempre negli stessi punti, preparando il terreno per le piante.
    Loro, i polli, sotto la rete. Intorno, le casette di Orania. E, intorno alle casette, quell'altra rete più vasta.

    Luigi Offeddu
    Esteri

  5. #5
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    Predefinito

    Comunque Vahagn ti sei perso un articolo sul Corriere di oggi:


    La scrittrice parla del dopo apartheid: «Ancora molti i problemi. Ma io aspetto, siamo solo all’inizio»
    «La bellezza degli uomini neri è superiore»
    Nadine Gordimer: «E’ splendido vedere le coppie miste del Sud Africa»


    JOHANNESBURG - E' un altro pomeriggio torrido a Johannesburg e il viale a tre corsie è immobile, silenzioso e vuoto. La casa senza campanello è di Nadine Gordimer, scrittrice, premio Nobel per la letteratura. Il suo cane percepisce una presenza al di là del muro e i latrati fanno comparire un giardiniere al cancello, che dopo qualche incertezza mi fa entrare. Nadine Gordimer molto tempo fa fu definita il simbolo della coscienza irrequieta dei bianchi in Sudafrica e oggi - l'apartheid ormai un ricordo e la scrittrice che si avvicina all'ottantesimo compleanno - è questo ciò che rimane: un simbolo.
    Della donna, però, si sa poco.
    La figura agile e snella, i lisci capelli argentati che incorniciano un viso senza trucco e inaspettatamente giovanile. La severità è attenuata dagli orecchini d'oro e da due anelli. Siede diritta sul divano, prendendo una breve pausa prima di rispondere a ogni domanda.
    C'è un libro nuovo da promuovere. I lavori più noti della Gordimer ( Un mondo di stranieri , Un ospite d’onore , Luglio , tra gli altri) furono scritti durante l'apartheid e analizzavano le sfumature dei rapporti razziali con prosa asciutta. Loot («Bottino»), dieci racconti che saranno pubblicati il mese prossimo in Europa, è stato scritto in anni recenti e guarda altrove. Il racconto che dà il titolo alla raccolta descrive una comunità costiera che scende sul fondo dell'Oceano dopo che un terremoto ha fatto arretrare il mare, lasciando allo scoperto relitti di navi, candelieri, monete, una poltrona da dentista, televisori: il bottino. E ossa umane dei dissidenti politici uccisi e buttati in acqua dal regime innominato. Il mare torna ruggendo, travolge tutto, compresi i raccoglitori di bottino. «Viene da una cosa vera che ho visto. Mi trovavo in Cile, nella zona dove c'era stato questo terremoto. Mi raccontarono questa cosa straordinaria, che il mare si era ritirato e che lì c'erano tutte quelle cose affascinanti». Potrebbe anche essere una metafora per gli scrittori che hanno saccheggiato gli orrori e le ambiguità del Sudafrica, per restare poi arenati alla caduta del dominio della minoranza bianca?
    «Perché parlavamo dell'apartheid?», dice Nadine Gordimer. «Il bottino di uno scrittore, come di un pittore, di certo è composto dai temi che vengono dalla vita attorno a te». Dal 1994 è destino degli scrittori sudafricani sentirsi domandare cosa sia loro rimasto da dire. «E’ una questione che viene sempre posta: cosa scriverai adesso che la vita si è fermata perché è cessato l'apartheid. Ma non è così: i problemi sono tanti nel nuovo Sudafrica, quanto nel vecchio». La Gordimer, membro di vecchia data dell'African National Congress, oggi al governo, si considera un alleato critico. La corruzione, lo scandalo legato a un traffico d'armi e le controverse idee del presidente Thabo Mbeki sull’Aids non sono motivi per abbandonare il partito. «La vera lealtà al tuo Paese e al tuo partito deve essere critica. Essere una donna o un uomo che dice sempre di sì per compiacenza non fa alcun bene a nessuno. Porta alla dittatura. Sono molto critica rispetto alle posizioni del presidente sull'Aids. Sono molto delusa perché ne ho un grande rispetto». Ma pensare che le questioni dell'alloggio, dell'impiego e dell'educazione potessero essere risolte in meno d'un decennio non era realistico... «Io sto aspettando. Siamo ancora all'inizio». In ogni caso, la libertà ha portato i suoi problemi. «Che cosa vuoi farci? Hai paura di non riuscire a realizzare tutti quei sogni meravigliosi».
    Gordimer riconosce che chi è stato partecipe della lotta non ha previsto pienamente la criminalità e lo sconvolgimento sociale giunti con la liberazione delle persone che erano state intrappolate nelle cosiddette «homeland» (zone rurali isolate in cui furono segregati i neri negli anni dell’apartheid, ndt ). «Naturalmente, come i poveri di ogni parte del mondo, sono andati verso la torta per assaggiarne un po’. E noi non ci avevamo pensato». Se i bianchi accettano il governo della maggioranza nera hanno un futuro in Sudafrica ma, secondo Gordimer, lo sviluppo più incoraggiante è il rapporto interrazziale. «Per una come me è splendido vedere questo cambiamento, vedere una coppia di razza mista passeggiare nel parco e abbracciarsi e baciarsi all'improvviso».
    Una vista che lei ritiene più comune in Sudafrica che negli Stati Uniti. E aggiunge: «Trovo gli uomini neri tanto più belli degli uomini bianchi».
    The Guardian
    (Traduzione di Laura Toschi)
    Rory Carroll


    «Ancora molti i problemi. Ma io aspetto, siamo solo all’inizio»
    Aspetta,aspetta..aspetterai molto a lungo...

  6. #6
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    A costo di fare la voce fuori dal coro, mi chiedo cosa ci fanno dei discendenti di europei a migliaia di chilometri dalle loro aree di origine. Non riesco a vedere nessuna differenza fra il negro che si trova abusivamente in Italia (abusivamente, per quanto legale e regolarizzato, perché viola una legge di natura e di civiltà per il fatto di essere qui), se non forse per il fatto che i primi ad avere il vizio di spostarsi non sono stati i negri, ma i appunto i calvinisti olandesi, che per il loro asservimento al giudeo e per la loro visione del mondo mercantile, semitizzante e antitradizionale, sono da porsi, se è vero che la razza è anche un dato spirituale, nell'infimo livello fra le razze mondiali e quindi da ritenersi fattori spiritualmente inquinanti, dovunque vadano.

  7. #7
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    Abbiamo più volte parlato di questo argomento, e ci siamo spaccati (ti pareva) proprio sul Sudafrica.
    E' vero che una posizione differenzialista coerente deve ripudiare la confluenza di razze in entrambe le direzioni, e non solo nella direzione negro-verso-bianco. Ma bisogna tenere pur presente che l'espansionismo bianco in genere manteneva una gerarchia, manteneva le forme; mentre l' "espansionismo" delle razze non-bianche è dettato dal caso e non da una volontà ordinatrice, e quindi sforma.

  8. #8
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    vi sono due aspetti della questione:

    1 - il punto di vista naturale-egoistico

    2 - le forme, i modi e i significati dell'espansione


    1: ogni popolo, ogni razza deve considerare ciò che è bene per se stessa. Questo dovrebbe essere il cardine di ogni giudizio morale perchè è ínsito nelle leggi fondamentali della vita. Ciò che favorisce la MIA specie, razza, etnia, popolo è bene, mentre ciò che la dannegga è male.
    A noi bianchi europei sta benissimo che dei nostri discendenti siano stanziati in sudafrica. E sta invece malissimo che gli africani oggi cerchino di colonizzare il nostro continente europeo con la scusa della globalizzazione.

    2: l'insediamento europeo in Africa è sorto sulla spinta di motivi prettamente tradizionali: superiorità culturale-tecnologica, occupazione di territori poco o per nulla popolati, scontro etnico con le tribù locali.
    Gli antenati dei boeri si sono fatti largo sugli altipiani del sudafrica sottomettendo o scacciando le sparute tribù khoisanidi (boscimane, non bantu) che vi vivevano in scarso numero e in condizioni estremamente primitive. Hanno poi preso le armi e difeso le loro colonie contro le tribù negre che oltrepassavano da nord il Limpopo per approfittare anch'esse dell'inferiorità e debolezza dei khoisanidi. Quella boera è un'epopea etnica eroica, che desta ancor oggi la nostra ammirazione.
    Viceversa il tentativo di colonizzazione che i negri tentano oggi in Europa non è per nulla in accordo con una visione tradizionale del mondo. È un gocciolamento continuo di approfittatori, di arrivisti, di famelici mendicanti, di gente che ha fiutato una decadenza interna alla civiltà europea, indubbiamente superiore alla loro, e la vorrebbero uccidere con il disprezzo del povero verso il ricco in difficoltà. Un profilo morale dunque meschino, vile, senza onore nè gloria per nessuno.
    Restino dunque i boeri nella terra che hanno conquistato col loro sangue, e se ne vadano dalla nostra i negri che la stanno invadendo con mille scuse una più meschina dell'altra.

  9. #9
    Paul Atreides
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    Non commento il patologico e miserabile odio-di-sé di quella pseudo bianca.

    Sui boeri, mi ripeto sino alla noia: sono un grande popolo che merita un Boerestaat

  10. #10
    Orazio Coclite
    Ospite

    Predefinito

    Originally posted by Peucezio
    A costo di fare la voce fuori dal coro, mi chiedo cosa ci fanno dei discendenti di europei a migliaia di chilometri dalle loro aree di origine. Non riesco a vedere nessuna differenza fra il negro che si trova abusivamente in Italia (abusivamente, per quanto legale e regolarizzato, perché viola una legge di natura e di civiltà per il fatto di essere qui), se non forse per il fatto che i primi ad avere il vizio di spostarsi non sono stati i negri, ma i appunto i calvinisti olandesi, che per il loro asservimento al giudeo e per la loro visione del mondo mercantile, semitizzante e antitradizionale, sono da porsi, se è vero che la razza è anche un dato spirituale, nell'infimo livello fra le razze mondiali e quindi da ritenersi fattori spiritualmente inquinanti, dovunque vadano.
    D'accordo con te. La reciprocità è una strada a due sensi.

 

 
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