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  1. #1
    SMF
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    Post INTERVENTO - Sconfitta? di Anna K. Valerio

    Sconfitta?
    Sconfitta? Ma quale? Chi può sentenziare, oggi - oggi! – di aver vinto sui fascismi, di averli sconfitti? Se sconfitti, qua, sono tutti, stravolti dal loro stesso presuntuoso ideale (moda e morale): uomini, donne, vecchi e bambini, tutti, senza speranza. Tutti i figli, i nipoti, i cugini, i rampolli adottivi di quelli che, nel contesto di un secolo impudente, vigliacco, meschino, ipocrita, hanno bandito i fascismi dai fasti europei, in nome e per conto del tempo (ci pensassero a che cosa significa il tempo ‘umano’: intrigo e confusione dell’idea, millanteria contro l’essenza…). Il Novecento, secolo di equivoco gusto, ha deciso di farcire così i breviari di pubblica istruzione messi in mano ai suoi giovanotti scolarizzati e ai tanti vacui amatori delle storie. Nel 1945, i fascismi sarebbero stati schiacciati dalla riscossa di umanitarismo e democrazia, a opera degli americani - dei loro pirotecnici neutroni, dal loro idrogeno filantropico -, e di tutte le nazioni popolate da bipedi di buon cuore. Fine della barbarie: inizio dell’era degli spot e delle tribune elettorali.
    La vediamo, la nuova era. Ce l’abbiamo costantemente di fronte, dall’asilo al seggio, dall’emeroteca ai tribunali, alle aule dove si gioca alla politica. Vediamo le facce, le pieghe sugnose, la pupilla agonizzante dei campioni di oggi. Leggiamo i guaiti e i balbettii dei pensatori di oggi. Assistiamo, con pietoso distacco, alle convulsioni di questo homo democraticus, labile, frale, frollo, spaurito nel nulla della propria insolenza, che credette di emanciparsi dal mito senza smarrire sé stesso. Comprare, vendere, farsi comprare, riuscire a vendersi: e poi, di soppiatto, sfregarsi contro qualche ventre foresto, ma senza impegno, così come viene. Figliare per inerzia, come per inerzia si obbedisce al capoufficio e si allestisce la transumanza delle ferie. Trista tristezza dei buoni e dei bravi: incapaci di sognare, di volere, di amare. Costretti nell’angustia delle convenzioni morali, dilapidati in bavette di generosità, impoveriti da questa centrifuga di sentimenti e mire che è la modernità. Persone che non saprebbero mai dare una forma, una sintesi, un centro, un cuore, alle proprie vocazioni, individui resi fantasmatici dalle loro inevitabili aporie e tensioni antitetiche. Chi, se non loro, gli sconfitti? Sconfitti in perpetuo, da quando ciabattano grevi per casa di primo mattino a quando rientrano a casa all’ora del tg la sera, quando ingollano cocktail e quando scivolano sulle nevi, quando visitano zoo e musei, quando attraversano le corsie dei supermercati e quando, per ‘farlo strano’, si imboscano tra le orchidee della foresta amazzonica.

    Oh, se sono loro quelli che hanno sconfitto i fascismi! Gli Dei si scompisciano per il gran ridere: capaci come sono di ridere per millenni e così acutamente da non poter essere uditi. Omero si rattrappisce sugli scaffali delle loro biblioteche, si fa piccino, preferirebbe sparire mangiato da una tarma argentea piuttosto che farsi toccare dai loro zelanti polpastrelli progressivi. Così, sono spariti i fascismi. Sono scivolati via dal tempo, da un tempo troppo meschino per potersi ‘redimere’ in epopea, per poter sopportare l’epopea. La peggior vendetta dei capi dei fascismi è stata andarsene (dopo aver incarnato l’idea del trionfo e aver tentato il mondo), e lasciarli tutti orfani, i bravi e i buoni, alle loro parrocchie, ai loro salotti, alle loro piazze, ai loro studi televisivi, alle loro spiagge ottuse. Andarsene trascinando con sé potenza e bellezza, mito e regalità, decenza ed entusiasmo. Restate pure, “pii bovi”, aggrappatevi ai vostri pochi decenni di respiro cosciente e opinante. Il pascolo mondano è vostro. Brucatevi il secolo, mandrie-locuste, fino a raschiarvi il palato con la sabbia del deserto che resta. Fate figli, fate figli, gli schiavi del futuro. Schiavi del fumo, dell’alcol, dell’auto, del capoufficio tiranno, della tessera del bancomat, delle tasse, del codice civile e penale, delle graduatorie per l’assegnazione degli asili nido, delle assistenti sociali e degli psicologi se avranno la disgrazia di inciamparvi sopra. E dei libri di storia che professori stempiati e con il ventre molle faranno loro ingurgitare e vomitare a comando. Figliate, moderni, felici di aver contribuito a diffondere uguaglianza e fraternità nel secolo. Progredite, progredite, fratelli in vanità (“vanitas vanitatum” – rantolano i vostri preti, ingrassati dalle vostre sudate e digrignanti tasse). Non ponete limiti alla vanità possibile. E, per consolarvi, per non farcire di arsenico la merenda dei vostri figli (unico vera manifestazione di lucidità e realismo), raccontatevi che qualche decennio fa la barbarie aveva fatto irruzione nel recinto d’Europa e voi, i vostri padri, i vostri nonni ormai paralitici, l’avete sconfitta. Raccontatevi che il signor Adolf Hitler era un pittore fallito. Che i kamikaze giapponesi spiumavano le ali dei vostri angeli custodi. Che avete scampato il pericolo, bestie fortunate.

    Non morirete in guerra: questo è certo. Creperete con il conforto della mutua, dopo aver fluttuato inebetiti per qualche anno al braccio della badante moldava. Vi spappolerete il fegato con le pillole contro il mal di testa e i nervi con gli psicofarmaci. Vi romperete l’osso del collo sciando. Vi romperete (con decenza parlando) le palle a scuola e al lavoro, ai colloqui con gli insegnanti e in campagna elettorale. E, da lontano, la “grosse Halle” e il “Triumphbogen”, rappresentati con nitore e rigore dalla mano generosa di Hitler, resteranno, scavalcheranno il secolo, scavalcheranno voi (ma è poca cosa): sprezzanti, alteri, intatti. Solo ciò che è compromesso con moda e morale può conoscere la sconfitta e la decomposizione (perché fidare in moda e morale significa, ontologicamente, fare della propria vita il preludio alla propria morte, futuro di tutti i presenti, progresso di tutti gli attimi). Non ciò che è germinato dal mito e nel mito, contro il tempo e contro la storia, come un’estasi. Anche se in bianco e nero soltanto. Un giorno il cielo avrà la tentazione di fare irruzione nell’idea divinata e schizzata sulla carta del tempo – è ciò che si usa chiamare pomposamente, ma necessariamente, destino. E voi sarete diventati ciò che siete, per quel giorno, il tempo vi avrà già decomposti, e non potrete nemmeno mangiarvi le mani per la rabbia, o bestemmiare di disperazione il poco che siete stati e il moltissimo che avete tradito.



    Per la nuova, straordinaria edizione de “La battaglia di Berlino. Ultime conferenze militari” di Adolf Hitler, appena uscita dai torchi di Ar, intendo rivolgere un inchino alla maestria di Franco Luppino e Curzio Vivarelli, che sono riusciti davvero a tradurre il mito in miraggio (basta la bellezza di copertina e controcopertina per sorridere di delizia). E all’Editore, ma ça va sans dire.

    24 gennaio 2009

    fonte: http://www.cultrura.net/index.php?op...=245&Itemid=39

  2. #2
    PaleoCons
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    Anna K. Valerio sublime come sempre.
    Assolutamente mortificante per noi piccoli uomini di quest'epoca morta leggere parole come queste.
    Sempre fondamentale per riflettere e per non dare troppo peso alle "necessità" che tutti dobbiamo seguire nella società borghese.

  3. #3
    SMF
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  4. #4
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    per chi vuole morire in guerra ci vuol poco...

    basta partire ed andare là dove si combatte per qualcosa... a scelta...

  5. #5
    SMF
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    Citazione Originariamente Scritto da codino Visualizza Messaggio
    per chi vuole morire in guerra ci vuol poco...

    basta partire ed andare là dove si combatte per qualcosa... a scelta...
    certo, lo voglio vedere l'italiano-medio prendere un fucile e andare a combattere.

  6. #6
    email non funzionante
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    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    certo, lo voglio vedere l'italiano-medio prendere un fucile e andare a combattere.
    Io per primo

  7. #7
    PaleoCons
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    Il motivo per cui, in fin dei conti, esito ad esprimermi in nome di eventi di rottura come guerre, crisi economiche, carestie, tirannie e quant'altro è proprio la decenza di non parlare di cose che non ho mai vissuto e che, molto probabilmente, spero di non vivere.
    Anche se probabilmente per interrompere il corso rivoluzionario che sta annientando l'Europa sarebbe necessario proprio un evento shock.

 

 

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