Arturo Michelini
"Radicò la destra nella realtà politica italiana"
Politica concreta
Cattolico ma non confessionale, atlantico ma non filoamericano, di Destra ma senza essere schiacciato sulle posizioni del capitale, fu una spina nel fianco di una Dc ambigua e compromissoria (Aldo Di Lello)
Un realizzatore, un realista, un uomo fatto per la politica. Arturo Michelini apparteneva a quella specie di uomini politici che non amavano arrampicarsi sulle grandi costruzioni teoriche ma che, nonostante ciò, possedevano quella dote specialissima, fatta di acume naturale e di grande capacità di sintesi, che li portava sempre al cuore dei problemi storici. La sua lucidità politica era ben rappresentata da questa frase, che egli amava ripetere negli anni della costruzione del Msi: "Noi non siamo i guardiani del museo ma gli eredi di un patrimonio politico e morale che è ancora indispensabile all'Italia e all'Europa e che spetta a noi mettere al servizio della storia".
C'è qui la visione chiara del grandioso e nobile dramma che avrebbe attraversato un pò tutta la storia del partito della Fiamma: interpretare con coerenza il ruolo di testimonianza ideale, senza alcuna compromissione morale con un regime che negava il valore profondo della Nazione, ma essere comunque dentro l'evoluzione storica, non sconfinando mai nei territori dell'impoliticità e lavorando con determinazione per realizzare nella concretezza della vita italiana un'idea forte dello Stato (cosa ben diversa da un'idea dello Stato forte).
Di qui la svolte a "Destra" che egli volle imprimere al Msi, con la difesa degli interessi nazionali nel quadro atlantico, con la pratica coerente dell'anticomunismo, con il progetto di costruzione di una "grande Destra" che coinvolgesse monarchici e liberali non lasciando alla Dc il monopolio della rappresentanza dei ceti moderati del nostro Paese. Progetto realizzato sol in parte, vista l'indisponibilità dei liberali, ma progetto che portò comunque in più occasioni il Msi dentro il gioco politico degli anni Cinquanta, risultando fondamentali i suoi voti nell'elezione di Gronchi alla presidenza della Repubblica e importante la sua astensione nella formazione del governo Zoli. E dire che Michelini non si era direttamente interessato di politica negli anni del fascismo anche se un forte senso del dovere verso la Nazione ebbe comunque modo di manifestarlo in guerra partendo volontario e meritando importanti decorazioni sul campo. Le sue capacità realizzative aveva preferito dimostrarle nel campo sportivo e in quello professionale riuscendo a diventare presidente del Coni di Roma , presidente del Moto Club italiano, nonché membro del direttorio nazionale degli operatori assicuratori.
Quest'uomo concreto e fattivo divenne subito uno dei punti di riferimento, nell'immediato dopoguerra, per il mondo disperso dei reduci della Rsi, desiderosi di costruire comunque una casa politica in un'Italia ostile nonché avvertita come estranea.
Fu proprio nel suo studio di Roma, in quel 26 Dicembre del 1946, che nacque il nuovo soggetto politico, il Msi, destinato a svolgere un ruolo tutt'altro che marginale nella successiva storia politica pur subendo una forte discriminazione e una lunga emarginazione.
E Michelini lavoro' subito, quando divenne segretario del Msi, nel 1954, per far pesare nelle istituzioni locali e nazionali la forza di questo partito, un forza in quegli anni numericamente modesta ma potenzialmente capace di rivolgersi alla maggioranza morale del Paese, soprattutto a quei ceti medi che erano stati l'ossatura dell'Italia negli anni del fascismo e che nel dopoguerra s'erano rivolti alla Democrazia cristiana, un partito sostanzialmente conservatore nella su base elettorale ma di tutt'altro segno nelle élite politico-culturali: la classe dirigente scudo-crociata era imbevuta di modernismo, di cattolicesimo progressista e avvertiva la crescente influenza intellettuale del gruppo dossettiano. Non per niente tra i "professorini" (cosi venivano chiamati i sodali di Dossetti) spiccava quell'Amintore Fanfani che sarebbe diventato agli inizi degli anni Sessanta uno degli artefici della svolta a Sinistra della Democrazia cristiana.
E l'azione del Msi di Michelini, cattolico senza essere confessionale, atlantico senza essere filo-americano, di Destra senza essere schiacciato sulle posizioni del capitale, ma anzi sociale e popolare, come nella migliore tradizione della Destra italiana, era una spina nel fianco di una Dc ambigua e compromissoria, in un partito che tradiva i valori di quel Paese profondo, cattolico e anticomunista, a cui pure si rivolgeva nei momenti elettorali.
La Dc tento' sempre di ridimensionare la forza di quell'opposizione che vedeva crescere alla sua Destra: la vicenda sfortunata del governo Tambroni dimostro chiaramente che lo Scudocrociato era ormai pronto a tradire definitivamente i valori della propria base elettorale in vista di un'apertura a Sinistra che avrebbe avuto un effetto rovinoso sulla cultura politica diffusa nel nostro Paese. I ceti moderati italiani avrebbero dovuto attendere altri trentaquattro anni prima di ritrovare la loro casa politica.
Ma in quell'Italia così difficile e ostile Michelini non perse certo ne' entusiasmo ne' voglia di combattere. Era consapevole, il segretario missino, delle difficoltà che avrebbe incontrato la realizzazione del progetto politico del Msi e sapeva bene che la disunità del Paese proveniva dall'azione di forze potenti. Ma il suo realismo politico e e la sua indisponibilità a lasciarsi cullare dalle illusioni non gli impedirono mai di coltivare una fede profonda e di trasmetterla ai militanti di Destra. "Da Roma - disse Michelini in uno dei suoi ultimi comizi - assieme ad Almirante e Romualdi, sempre al mio fianco in ogni battaglia, innalzammo dal polverone della guerra perduta la bandiera di un'idea valida, la quale, perchè tale, non poteva essere sommersa e avvilita da vicende contingenti anche se tragiche. A questa bandiera oggi chiediamo la vostra adesione, per le fortune dell'Italia e per un domani migliore non per noi ma per i nostri figli e per i figli dei nostri figli. Forse il cielo non ci concederà di vedere quel giorno, ma sono sicuro che Dio benedirà questi cattolici che si uniranno nel simbolo del Tricolore, questi italiani che rappresentano l'aristocrazia del lavoro, del combattentismo, non per le fortune di un partito ma per quelle dell'Italia". Vi è in queste parole una forza drammatica molto lontana dallo spirito dell'odierna comunicazione politica. Ma il sentimento che esprimevano era condiviso da quella parte d'Italia che si riconosceva nel Msi. E fu l'interpretazione di questo sentimento collettivo, oltre naturalmente alla sua concretezza di esperto uomo politico, che permise a Michelini di radicare il Msi nella realtà politica-i italiana, senza per questo chiuderlo alla dimensione internazionale.
La sua idea dell'adesione all'Alleanza atlantica, da lui concepita essenzialmente come una protezione dalla minaccia del comunismo sovietico, non gli fece mai perdere di vista la prospettiva dell'unità europea, una vocazione che era, peraltro, parte integrante della cultura del Msi in un grande disegno politico-culturale che aveva trovato in Filippo Anfuso uno dei suoi più autorevoli difensori.
Politico legato alla tradizione nazionale, Michelini sapeva anche guardare al futuro. Le sue intuizioni nel tempo, si sono dimostrate feconde.
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