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    Predefinito DIBATTITO - La verità del Cristianesimo

    E' incredibile quanto negli ultimi decenni si sia perso di vista il vero senso del Cristianesimo, persino negli ambienti cattolici e tra lo stesso clero, costantemente in bilico tra bigottismo moralistico e cattocomunismo; ma ovviamente il Cristianesimo non è niente di tutto questo: non è una morale e non è fondato su alcun valore, né "identitario" né "sociale".
    E' presente, d'altra parte, in larga parte del popolo italiano - che pure è tradizionalmente cattolico - la convinzione che il Cristianesimo sia una dottrina della debolezza, del pacifismo, dei rinunciatari e dei remissivi.
    Quello che trovo inconcepibile è che nessuno abbia la lucidità o il coraggio necessari a replicare: anzi, gran parte dei sedicenti cattolici si sentono tali proprio in virtù di questa concezione modernista. La religione dei tolleranti, dell'«ama il prossimo tuo come te stesso».
    Già: ama il prossimo tuo come te stesso. Questa frase così apparentemente semplice, sulla quale si potrebbero invece scrivere interi trattati.
    Il fulcro del Cristianesimo, il suo fondamento - che sembra talvolta perso di vista, in favore di certi "idoli" contemporanei, più politici che spirituali - è Gesù Cristo, unigenito figlio di Dio, morto in croce e risorto.
    L'etica cristiana e la relativa visione del mondo, d'altra parte, non ha bisogno di fantomatici "valori cristiani" o "radici giudaico-cristiane"; insomma, cose inventate da qualche politico o giornalista che vorrebbe fare il furbo, scambiando la cultura - il cui valore è assolutamente relativo - con la verità incontrovertibile - per chi ci crede - della religione (che, sempre per chi ci crede, è l'unica vera religione).
    Il cristiano non ha bisogno di queste fesserie, perché ha Cristo. La sua etica è plasmata dalla fede, così come ogni suo pensiero: nel Vangelo non sono stati posti obblighi che tutti i cristiani devono adempiere. Sono state date indicazioni per chi vuole vivere secondo verità, o ancora meglio sono stati mostrati i fatti, i risultati della fede, ciò che accade a chi la possiede. E' uno stato d'animo inconcepibile per chi non lo conosce, così come è inconcepibile il miracolo, la transustaziazione, l'efficacia materiale dei sacramenti, l'esistenza stessa di Dio e la resurrezione di Gesù Cristo. Insomma, non se ne può discutere in modo razionale, perché si parte da presupposti radicalmente differenti (diceva Sant'Isacco di Ninive: «non disputare intorno alla verità con chi non conosce la verità e non nascondere la parola a chi ha avuto impulso di conoscerla»).
    Ma chiariamo: le Scritture possono essere interpretate a più livelli, in uno stesso passo si possono celare differenti significati. Dicevamo che sono stati mostrati i risultati dell'entrata in un determinato stato spirituale, ma sono anche state date indicazioni. Parliamo di quel semplice ma misterioso «ama il prossimo tuo come te stesso», fondamento e svelamento simbolico dell'etica cristiana.
    Oggi si confonde l'amore con la tolleranza, con la passività, con la sottomissione.
    La tolleranza verso ogni abominio, la passività verso le offese alla verità, la sottomissione ad ogni più disgustosa forma di ignoranza (ignoranza riguardo alla verità, non alla "cultura"). Ci presentano Gesù Cristo come una sorta di Gandhi dell'antichità, un uomo la cui essenza era l'umanitarismo, un pacifista, un progressista. Ma Gesù cacciava i mercanti dal tempio a frustate.
    Amare il proprio prossimo non significa fargli del bene secondo i criteri individuali - e questo è relativismo! - miei o suoi, né secondo i criteri del benessere materialista o del liberalismo. Non significa permettergli di sfogare i propri istinti più bestiali.
    Amarlo significa invece amarlo secondo i criteri della verità cristiana, e portarlo sulla via della salvezza, che è la via di Cristo.
    Un assassino non va lasciato in libertà - sarebbe clamorosamente stupido pensarlo - in nome dell'amore cristiano e del perdono: in nome dell'amore cristiano vanno invece preservate le vite degli innocenti. Va migliorata la società nel suo complesso, in nome del Cristianesimo, e non va portata alla dissoluzione totale in nome della tolleranza, come invece si sembra credere oggi.
    E' istruttiva la lettura del breve scritto "Il racconto dell'Anti-Cristo" del filosofo russo Vladimir Solov'ev, che Monsignor Biffi, Cardinale di Bologna, definisce "profeta inascoltato". Solov'ev ci descrive infatti l'Anti-Cristo non come un malvagio, una personificazione del demonio come ce lo immagineremmo: al contrario, l'Anti-Cristo sarà un buono, adorato da tutti, aprirà la strada ad una - presunta - nuova età dell'oro, attesa messianicamente. L'Anti-Cristo sarà cristomimetico, non l'evidente opposto di Cristo, ma una sua parodia: propaganderà quelli che le masse concepiscono come i "valori cristiani" - ecumenismo, filantropismo, pacifismo - ma in versione secolarizzata, senza porre la figura essenziale di Gesù Cristo al centro di tutto questo. E attenzione, questo è ciò che oggi si fa regolarmente, per arraffare voti con metodi stupidi, o per vendere libri.
    Nel contesto di una religione che fosse veramente viva non si potrebbe mai parlare di valori relativi a quella stessa religione, perché la verità sarebbe nell'aria, percepita dalla gente, e non ci sarebbe bisogno di secolarizzarla e farne una cultura: nessuno ne comprenderebbe il senso. Ma nell'Occidente, che si pretende cristiano, questa percezione è moribonda, e il Cristianesimo sta finendo imbalsamato; a prima vista intatto ma senza più vita.

  2. #2
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    Il tuo punto di vista è molto interessante e in parte condivisibile, ma credo che rimanga pur sempre il tuo. L aprima cosa che mi viene in mente è questa:
    Gesù disse ai suoi discepoli: «Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro…
    (dal Vangelo di Luca 6,27-38)

    Come la interpreti in basa al tuo punto di vista?
    Dice chiaramente porgi l'altra guangia e non legagli le mani così non percuote più nessuno...

  3. #3
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    Credo che sia una constatazione, come dicevo.
    Chi segue quest'insegnamento di Gesù è chi è arrivato alla santità, tendenzialmente.
    Non tutti possono fare lo stesso, non c'è bisogno di farsi maltrattare senza battere ciglio per essere cristiani.
    Del resto fare tutto questo senza essere arrivati a quel determinato stato spirituale non ha senso, perché significherebbe imporsi un obbligo e soffrirne, mentre dovrebbe essere una comportamento naturale.
    Se dovessimo - cristianamente - lasciare in libertà gli assassini significherebbe che il Cristianesimo è la dottrina del caos, che porta naturalmente i disonesti e i malvagi a sottomettere i buoni cristiani, e questo non avrebbe senso.

  4. #4
    uruguayo
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    esattamente, non bisogna avere della salvezza una prospettiva economica, piuttosto deve essere un moto spirituale che plasma l'azione. questo discorso lo spiega ravasi riguardo un'altra manifestazione della carità (la generosità), in una delle sue note alla Bibbia di gerusalemme. il senso è che quando questo discorso è chiaro si recupera la centralità della fede e i le cosiddette pose di buonismo semplicemente scompaiono. non credo che però possa scomparire quello che viene definito buonismo, semplicemente viene recuperato come autentico. più semplicemente, finché lo si vede da un'ottica cristiana, non ha senso fare del bene o essere tolleranti per obbligo sociale, anche farlo come pagamento del prezzo della salvezza sminuisce il valore dell'opera buona. dovrebbe essere, come si dice giustamente, una conseguenza dello stato spirituale raggiunto.

  5. #5
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    "Non bisognerebbe tanto pensare a che cosa si deve fare, quanto piuttosto a ciò che si è; se si fosse buoni, e buono fosse il nostro modo di essere, le nostre opere risplenderebbero luminose. Se tu sei nel giusto anche le tue opere sono nel giusto. Non si pensi di fondare la santità sulle opere, la santità va fondata sull'essere, giacché non sono le opere che ci santificano, siamo noi che dobbiamo santificare le opere [...] Quelli che non sono di natura nobile, qualsiasi opera compiano, essa non vale nulla."

    Meister Eckhart, Istruzioni spirituali

  6. #6
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    Amare il proprio nemico non significa calare le braghe di fronte ad esso oppure permettergli di fare ciò che vuole.
    Amare il proprio nemico significa non cercare la vendetta personale dettata da odio cieco e irrazionale: infatti sta scritto che l'uomo non deve cercare la vendetta personale, perchè sarà Dio a vendicarsi per l'uomo, con la sua infinita giustizia.
    Amare il proprio nemico non significa prostrarsi di fronte a chi ti ha fatto un torto o a chi ha commesso una violenza su te stesso: significa volerlo ricondurre alla Verità, tramite gli strumenti donatici da Dio.
    Quindi l'esempio del carcere fatto da dasein, in tal senso, è perfetto perchè il carcere ha una funzione punitiva e rieducativa.
    E ricordiamoci che si parla di "amore" come "agape", ossia come amore in senso etico e compassionevole, non come "philia", ossia affetto/amicizia.
    Il tuo nemico non deve essere un tuo "philos".
    D'altronde, il vero significato del "porgere l'altra guancia" è altro rispetto a quello che solitamente gli si dà.

    In proposito, voglio citare un passaggio di "Cavalcare la tigre" di Julius Evola riguardo al progere l'altra guancia:

    Non bisogna dunque fissarsi al presente e alle cose vicine, ma aver anche in vista condizioni che potranno delinearsi in un tempo futuro. Allora il principio da seguire può essere quello di lasciar libero corso alle forze e ai processi dell'epoca, mantenendosi però saldi e pronti ad intervenire quando "la tigre, che non può avventarsi contro chi la cavalca, sarà stanca di correre".
    In una interpretazione particolarissima, il precetto cristiano di non resistere al male potrebbe avere un non diverso significato. Abbandonando l'azione diretta, ci si ritira su di una linea più interna di posizione.



    Probabilmente il "pagano" Julius Evola aveva capito il significato di quel precetto molto più di certi "cattolici" nostrani.

  7. #7
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    Mi spiegheresti cosa intende precisamente Evola in quel passaggio?

  8. #8
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    Intendeva il wu-wei taoista. Agire senza azione visibile.

    Comunque, ama gli altri come ami te stesso significa chiaramente che devi partire dall'autostima. Se cedo per vigliaccheria davanti a una prepotenza vuol dire che non amo me stesso, e quindi nella stessa misura non sono in grado di amare gli altri.

    Se invece cedo per una mia decisione, le cose cambiano perchè è diverso l'atteggiamento interiore. Se mi lascio portare via qualcosa per paura, il ladro sente la paura, se invece la stessa cosa la lascio portare via per dimostrare al ladro che posso vivere anche senza, il ladro sente la dignità. Viste dall'esterno le due cose sembrano uguali, ma per il ladro, che le ha vissute, non lo sono per nulla.

    Inoltre se mi trovo da solo davanti a un prepotente, posso anche decidere di seguire integralmente la parola di Dio e non opporre resistenza. Ma se per caso non fossi solo? Se ci fosse un'altra persona che non vuole fare da martire ? Non sono più responsabile solo di me stesso, ma anche di qualcun altro, e allora le cose cambiano e diventa doveroso difendere gli altri.

  9. #9
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    Sì, avevo intuito che si trattasse di qualcosa di simile, ma non ho capito se questo è la stessa dottrina del distacco presente nella Bhagavad Gita, cioè agire senza guardare al frutto dell'azione, oppure altro.
    In ogni caso concordo sull'idea secondo cui prima di amare gli altri bisogna amare sé stessi, altrimenti il "paragone" non regge.

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da dasein Visualizza Messaggio
    Mi spiegheresti cosa intende precisamente Evola in quel passaggio?
    Trasformare il veleno in farmaco, detto in poche parole

 

 
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