Samuel Huntington, il politologo americano celebre per aver scritto il saggio "Scontro di civiltà", più volte invocato dopo l'11 settembre, è morto la vigilia di Natale nell'isola di Marthàs Vineyard in Massachusetts. Newyorchese, laureato a Yale, Huntington aveva 81 anni. L'annuncio della morte è stato dato da Harvard, l'ateneo dove aveva insegnato da quando aveva 23 anni.
Noto per la la sua analisi della relazioni tra governo civile e potere militare, gli studi sui colpi di Stato e le sue tesi sugli attori politici principali del ventunesimo secolo (le civiltà che tendono a sostituire gli Stati-nazione) Huntington era nato ideologicamente nel gruppo degli allievi di Leo Strauss che lanciarono il movimento neo-con: Irving Kristol, Norman Podhoretz, Seymour Martin Lipset, Daniel Bell, Jeane Kirkpatrick e James Q. Wilson.
Autore di 17 libri e un centinaio di articoli scientifici, nel 1993, con otto anni di anticipo sugli attentati di al Qaeda, la guerra in Afghanistan e l'Iraq, aveva scritto su Foreign Affairs che "la prossima guerra, se ci sarà, sarà una guerra tra civiltà".
Nel saggio 'Scontro di Civiltà', rielaborato nel 1996 in un libro tradotto in 39 lingue, lo studioso americano aveva sostenuto che, sotto la spinta della modernizzazione, la politica si sta ristrutturando lungo "faglie culturali". E tra le grandi civiltà contrapposte in un prossimo conflitto aveva indicato anche l'Occidente e l'Islam. Bollata come semplificata e semplicistica, la tesi di Huntington ipotizzava che nel mondo post guerra fredda le alleanze determinate da motivi ideologici o da rapporti con le superpotenze avessero lasciato il campo libero a nuovi confini ridisegnati perchè coincidano con quelli culturali.
Huntington aveva elencato nel suo saggio sei diverse civiltà: islamica, slavo-ortodossa, confuciana, indù, giapponese e occidentale. "La Guerra fredda è finita con il crollo della cortina di ferro. Con la scomparsa delle divisioni ideologiche in Europa, la faglia tra cristianità occidentale e cristianità ortodossa e Islam è riemersa", aveva scritto il guru di Harvard, osservando che "nel momento in cui la gente comincia a definire la propria identità in termini di etnia e religione, è sempre più comune il vedere un 'noi' contrapposto a un 'loro' nelle relazioni tra popoli di razza e fedi diverse".
La visione dello studioso anche all'epoca dell'uscita del saggio aveva tuttavia provocato polemiche. Respingendo la tesi del professore di Harvard, il suo collega libanese trapiantato negli Usa Fouad Adjani aveva obiettato che il mondo islamico non è così monolitico come è descritto su 'Foreign Affairs'.
In Iran - aveva scritto Adjani - molti giovani si ribellano agli imam fondamentalisti. In Iraq Saddam Hussein è salito al potere come leader secolare. E sia Egitto che Giordania hanno leadership capaci di dialogare con Israele. In altre parole, secondo Adjani, quello dell'Islam era "un mondo che si divide e suddivide".
http://www.repubblica.it/2008/12/sez...untington.html
E' importante sottolineare alcuni punti, come fa Christian Rocca nel suo blog "Camillo":
E’ morto Samuel Huntington, l’autore di "Clash of civilization" e altri importanti libri:
a) non era favorevole allo scontro di civiltà, prevedeva piuttosto che sarebbe stato inevitabile
b) non era l’ideologo della dottrina Bush, ma il suo più serio oppositore
c) non era neocon, ma un realista
d) era Democratico, consulente e speechwriter di parecchi esponenti democratici e di Jimmy Carter
e) è stato contrario alla guerra in Iraq fin dal primo giorno
f) ha votato John Kerry e, immagino, Barack Obama
http://www.camilloblog.it/archivio/2...st-preventivo/
Specificati questi punti, sarebbe interessante procedere ad un dibattito sulla sua teoria, condensata nella ormai famosa formula di "scontro di civiltà".
Innanzitutto, è interessante notare che le civiltà interessate in questo presunto "scontro", a partire dai tragici avvenimenti dell'11 settembre 2001, non sono propriamente "monolitiche", omogenee e compatte.
L'Occidente non è più la "Cristianità", ma in buona parte si è allontanato dalla cultura e dalla fede cristiana, dal modus vivendi cristiano (con leggi, costumi, consuetudini legate ed ispirate alla dottrina religiosa).
L'Islam non è un blocco unico, ma è diviso fra correnti sunnite, sciite, fra radicali (in grande espansione) e moderati (molto timidi, in verità).
Detto questo, senza dubbio vi sono alcuni segnali di uno scontro sempre più acceso fra occidentali e islamici, con una indubbia aggressività da parte delle frange fondamentalistiche mussulmane.
Si potrebbero portare decine, centinaia di foto o di video con masse islamiche urlanti, inneggianti alla morte dell'America e dell'Occidente; immagini di devastazioni di ambasciate (tutti ci ricordiamo le reazioni al famoso discorso di Ratisbona del Pontefice), di bandiere e fantocci bruciati.
Ma io sinceramente non vedo ancora il dispiegarsi vero e proprio di uno scontro definitivo e guerreggiato fra civiltà. Siamo in presenza di una guerra al terrorismo internazionale, ai fondamentalisti, agli "stati canaglia" (Asse del Male), siamo di fronte a quella "Quarta Guerra Mondiale" così ben analizzata da N. Podhoretz, che tuttavia non può essere definita come "guerra fra civiltà".
Forse gli Stati Uniti bombardano a piacimento le moschee?
Forse l'Occidente sta espellendo tutti gli islamici dai propri territori?
Siamo in guerra con tutti gli Stati islamici del globo?
La risposta, chiaramente, è "no".
Piuttosto, è l'Islam a mostrare segni inquietanti di sempre maggiore aggressività contro la cultura e la civiltà occidentale e cristiana, di odio profondo ed irriducibile. In molti paesi islamici non è consentito neppure portare con se il Vangelo, nè tantomeno costruire Chiese o predicare.
Non siamo ancora giunti allo scontro di civiltà, ma questa è una eventualità da non escludere a priori, a causa della progressiva degenerazione di una parte dell'Islam.