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    Becero Reazionario
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    Predefinito INTERVENTO - Sicurezza/insicurezza,giustizia/ingiustizia

    Sicurezza/insicurezza,giustizia/ingiustizia

    Uno dei problemi più sentiti al giorno d'oggi è quello della sicurezza, anzi della
    mancanza di sicurezza, nelle nostre città. Prima di addentrarci nell'esame di questo problema, cerchiamo di fare un po' di chiarezza, onde non dar luogo ad equivoci. Per rendere più chiaro e comprensibile (a chi abbia voglia di comprendere e non di polemizzare) il nostro discorso, sarebbe necessario sviscerare il problema realmente ab ovo, considerando che, se esiste un "problema sicurezza" ciò accade perchè esiste fra di noi la malvagità. Di certo non potremo in questa sede affrontare un tale problema teologico, per cui ci limiteremo a brevi cenni su come, dal punto di vista filosofico e della prassi politica, il problema sia stato affrontato a seconda dei diversi orientamenti. (Ma i lettori più attenti potranno facilmente scorgere sullo sfondo di quanto diremo, i Principi teologici - ovvero le eresie - da cui, come sempre, tutto procede). Se fino alla rivoluzione francese del 1789, era ben chiaro a tutti che la natura umana è ferita e contaminata dal male, la visione illuministico-giacobina - che, come un pernicioso virus ha infettato la Francia dapprima, poi l'Europa, ed infine la gran parte del mondo - ha utopizzato che l'uomo fosse "buono per natura" e che fosse la società a corromperlo (quasi che la società non sia composta essa stessa da uomini). Questa visione empia (non si potrà non notare come essa derivi dalla negazione di uno dei dogmi fondamentali della Fede: il Peccato Originale), fu portata alle estreme conseguenze dal marxismo (naturale conseguenza logica di illuminismo e giacobinismo), che vedeva il criminale come "vittima della società capitalista" ed arrivò a teorizzare che "tutto il mondo è colpevole tranne il criminale" (che sarebbe stato - lui, "buono per natura" - indotto a delinquere dalla società e ne sarebbe, dunque, la vittima). Le società tradizionali hanno sempre riconosciuto, constatandola con un sano realismo, la natura malvagia ed egoistica dell'uomo e sempre hanno agito di conseguenza, punendo i delitti con adeguati castighi o pene (parlando di "società tradizionali" non intendiamo la sola Europa Cristiana, ma anche le numerose altre civiltà arcaiche che poterono - pur senza l'aiuto della Rivelazione - constatare che "il male è fra noi", al punto che un de Maistre di fronte a questa uniforme attitudine di tutte le civiltà tradizionali poté affermare che "la sola ragione, senza l'ausilio della Rivelazione è portata a postulare il Peccato Originale"; Platone ci dice che, contemplando se stesso, egli "non sa se vede un essere più cattivo del gigante Tifone o piuttosto un essere giusto, dolce e benefico che partecipa alla natura divina" e aggiunge che l'uomo così lacerato fra due tendenze opposte non può fare il bene "se non riduce in servitù questa potenza dell'anima nella quale risiede il male"; Cicerone scrisse che la natura umana è "fracta et debilitata"; Ovidio rimò in versi: "vedo il bene e lo ammiro, vedo il male e mi seduce"). Le società moderne, invece, seguendo (spesso anche inconsapevolmente) le farneticanti ideologie illuministico-giacobino-marxiste (e qui accenniamo di passata, per chi voglia approfondire, ad una chiara derivazione di tali ideologie dalle eresie gnostiche e dal messianismo talmudico), hanno pensato che il tutto potesse risolversi sul piano meramente materialistico, diffondendo la cosiddetta "cultura" (storicamente con l'istruzione obbligatoria per tutti) o per mezzo di ricette sociali. Questa ipotesi sembrerebbe trovare conferma oggigiorno, allorquando si constati che l'incremento di criminalità sulle nostre strade è dovuto alla immigrazione, dunque alla presenza di soggetti che non hanno beneficiato della nostra istruzione pubblica e dei nostri ammortizzatori sociali. Il problema sarebbe dunque da risolvere, nuovamente, con la ricetta giacobina: scuola, cultura, informazione, diritti di cittadinanza, ammortizzatori sociali, casa, lavoro, luoghi di aggregazione, incontro di civiltà, melting pot, e così via con questa buonistica melassa. Ma siamo sicuri che la cultura e gli altri ingredienti della ricetta giacobina possano trasformare un uomo cattivo (pardon: "una vittima del sistema capitalista") in un uomo buono? La nostra civiltà è riuscita con la cosiddetta "cultura della legalità" a sconfiggere la Mafia? O non è forse vero che il picciotto di oggi, grazie all'istruzione scolastica ed alla tecnologia ha abbandonato la lupara, sostituendola con truffe elettroniche via internet o con bombe al plastico azionate via telefono cellulare? E non è forse vero che quello stesso picciotto a cui un tempo la Religione imponeva delle regole di condotta "onorevoli" (per quanto non certamente "morali") oggi, grazie alla laicizzazione della società non disdegna di uccidere donne e di squagliare bambini nell'acido? ("Se Dio non esiste, tutto è permesso" affermava il parricida Smerdjakòv, tragico personaggio dostoevskijano). Se nella nostra società, non ci fossero questi immigrati, che la pubblica istruzione non ha ancora «benificato», non ci sarebbero criminali? Non ci sarebbero persone che hanno studiato per divenire funzionari corrotti, poliziotti corrotti, medici corrotti, politici corrotti, professori universitari corrotti? Se non ci fossero scippatori, a frugare nelle tasche o a strappare borsette ai pensionati, quegli stessi soldi (mi correggo: molto di più) non sarebbero derubati da banchieri truffaldini, da imprenditori rapaci (ed incapaci), da sindaci ed assessori che tengono famiglia (e soprattutto clientela), da gestori di utenze energetiche e telefoniche, da pubblicitari ingannatori e da ogni sorta di plurilaureati dotati di Master e dottorati nelle migliori università? È dunque evidente che il problema dell'illegalità non può essere risolto sul piano sociologico e culturale (a meno che non si voglia semplicemente trasformare il delinquente da strada in un delinquente con il "colletto bianco"). Il problema va affrontato con un ritorno alla realtà. Innanzitutto non bisogna farsi illusioni circa un ipotetico e utopistico futuro nel quale non ci saranno più problemi di sicurezza e di criminalità e in cui gli uomini saranno tutti buoni. Questo non sarà mai possibile, perchè, come detto, il male fa parte della natura umana e con esso dobbiamo imparare a convivere ed a lottare, cercando di migliorare le cose, ma sempre ricordando che "la perfezione non è di questo mondo" né mai lo sarà. L'ipotesi di una futura età dell'oro (già formulata dal messianismo talmudico, dagli eretici gnostici, dagli illuministi cantori delle "magnifiche sorti e progressive", dai giacobini tagliatori di teste e nemici di Dio e degli uomini, dagli scientisti alla Veronesi ed alla Piero Angela e dai marxisti, che la "dittatura del proletariato" avrebbe condotto verso il "sol dell'avvenire") va dunque recisamente scartata. Ciò premesso il problema della legalità e della sicurezza va affrontato sul piano morale e sul piano penale. Sul piano morale è importante affermare (pur andando contro l'opinione corrente, peraltro errata) che tutte le morali laiche, essendo fondate sul nulla, hanno prodotto, nei casi fortunati, il nulla (diciamo: "nei casi fortunati il nulla", perchè negli altri casi hanno causato i totalitarismo del XX secolo, ai quali accumuniamo ben volentieri quel macellaio nano corso bastardo che gli empi onorarono con il nome di Napoleone I). La morale va dunque rifondata sulla Fede e sulla Religione (chiariamo che non auspichiamo l'utilizzo della Fede come instrumentum Regni, ma che consideriamo la sua importanza in senso assoluto, le conseguenze morali della quale - per accidente - stiamo trattando essendo per l'appunto null'altro che conseguenze e neppure delle più importanti) senza di che il nostro discorso cadrebbe completamente nel vuoto e tanto varrebbe a quel punto smetterla di fare tante storie ed autoproclamarsi "marxisti-leninisti". Sul piano penale, prima ancora di parlare banalmente di "certezza delle pene" e di quanto sia ingiusto che "gli assassini vadano in giro a piede libero", dobbiamo soffermarci su un aspetto della "filosofia del diritto" che anch'esso deriva dalla ideologia illuministico-giacobino-marxista e dalla eresia talmudico-gnostica (delle quali non abbiamo un solo istante cessato di parlare). La pena detentiva, secondo l'ordinamento giuridico italiano (limitiamoci all'Italia) non è finalizzata - come pur sarebbe giusto - a proteggere la società (e quindi tutti noi) dalle efferatezze dei criminali, né ad ottenere, per i parenti delle vittime e per la società tutta, soddisfazione dell'ingiustizia patita, né a fungere da deterrente intimorendo i malintenzionati col suo rigore. Unica finalità della pena detentiva è la rieducazione ed il reinserimento del colpevole (pardon: "vittima della società capitalista") nella società.
    A questo punto non vi è chi non si avveda di come tale concezione derivi direttamente dall'ipotesi che ogni uomo sia buono, e ove ciò non appaia evidente (perchè si tratta pur sempre di un criminale) la colpa è da ricercarsi nella società e il problema può essere risolto, come al solito, con la "rieducazione" ovvero sul piano materialistico-culturale. Che tale visione non abbia contribuito alla moralizzazione ma, al contrario, alla più completa diffusione della illegalità su tutti i piani e su tutti i livelli, sembra non poter essere messo in discussione. Ma il nostro Legislatore ed i nostri giuristi continuano a perseverare nel loro errore ideologico, proprio come Lenin che, accorgendosi che la collettivizzazione delle fattorie provocava una diminuzione della produzione agricola, per risolvere il problema, collettivizzava sempre di più, accusando di sabotaggio i "reazionari nemici del Popolo" (che poi erano i contadini, quindi non capiamo proprio quale fosse il "Popolo"). Il diritto penale non funziona, dunque, perchè fondato su quell'errore ideologico di cui dicevamo all'inizio di questo articolo. La società è considerata la colpevole e il criminale l'unica vittima. Per questo la pena detentiva non serve a proteggere la società dal criminale ma, quasi, a proteggere il criminale dalla società, fornendogli vitto, alloggio (e che sia comodo, altrimenti fioccano le interrogazioni parlamentari), rieducazione, formazione professionale (con tanto di stipendio) e reinserimento nel mondo del lavoro, per non parlare poi dei permessi premio, della semilibertà, dell'affidamento in prova, della libertà condizionata e della sospensione della pena, dell'indulto e dell'amnistia. È evidente con una tale concezione non si va da nessuna parte, perchè come ai tempi di Lenin la collettivizzazione delle fattorie faceva diminuire la produzione agricola, perchè gli esseri umani essendo egoisti (cioè cattivi) si danno da fare per nutrire se stessi e non perchè sospinti dalla morale laica del "trionfo del proletariato", così la pena detentiva deve essere considerata come un deterrente ed uno strumento con cui la società si difende dai delinquenti, e non come lo strumento col quale dimostrare - sperimentalmente e sul campo - la natura "angelica" dell'uomo. In conclusione, per approfondire il tema della sicurezza e della legalità, abbiamo dovuto considerare seppur di sfuggita il problema dell'origine del male e abbiamo constatato come esso sia ineliminabile tra noi. Abbiamo indicato come fallaci e pericolose quelle concezioni ideologiche che - pur essendo filiazione diretta dell'illuminismo, del giacobinismo, del marxismo, del leninismo e del comunismo - sono spesso accolte ingenuamente da molte persone che si dicono "di destra" o non proprio "di sinistra". Abbiamo visto come queste concezioni provochino - qualora sventuratamente accolte - una visione del futuro utopistica ed una "filosofia del diritto" ingiusta e dalle aberranti conseguenze pratiche. Abbiamo indicato la soluzione a questi problemi nel superamento dell'attuale visione laicista della società e nel riposizionamento al vertice della gerarchia umana (personale e comunitaria) della Religione, pur sempre permanendo però nella realistica consapevolezza che non sarà in questa vita ed in questo mondo che vedremo "il lupo pascolare con l'agnello".

    (un mio vecchio articolo)

  2. #2
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    Sottoscrivo integralmente. Abbasso Beccaria!

  3. #3
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    " Se Dio non esiste, tutto è permesso"...
    Trovo questa affermazione decisamente attuale; in effetti il revival di fenomeni legati al satanismo, ai culti diabolici, o più semplicemente (ma non meno gravemente) alla diffusione di alcoolismo e della dipendenza dalla droga, si possono senz'altro collegare, per molti versi, alla perdita di identità, di punti di riferimento solidi costituiti dalla Fede e dai Valori cristiani.
    C'è un vuoto che si espande, riempito solo dalla ricerca di piaceri che non tengono conto di alcun senso etico. Dov'è il bene? Dov'è il male?
    Per chi si perde in questi svaghi, il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato non viene più percepito. E' il nulla etico e morale.

  4. #4
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    se dio non esiste tutto è permesso è solo una scusa.
    e chi la usa,se non potesse più farlo semplicemente se ne inventerebbe un'altra

 

 

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