"Vuoto di senso crolla l'Occidente. Soffocherà, per ingordigia e assurda sete di potere. E dall'Oriente, orde di fanatici..." (Franco Battiato, "Zai saman", "Fisiognomica", 1988)
Occidentalisti e occidentofobi, negli ambienti culturali di destra, discutono ossessivamente sul concetto espresso dalla parola "Occidente", che per i primi indicherebbe più che una pretesa civiltà ogni luogo colonizzato dall'idolatria del consumo, mentre per i secondi sarebbe la naturale eredità culturale dell'Europa considerata come "altro" rispetto all'Oriente, ed al mondo islamico in particolare.
Io penso che "Occidente" vada inteso in senso allargato rispetto all'Europa: ogni luogo abitato, almeno in buona parte, da discendenti di europei è Occidente.
Dato che questi discendenti di europei si sono staccati dall'Europa al massimo pochi secoli fa un retaggio di cultura comune esiste ancora, ed è stupido negarlo.
Parlerei, se non fosse una definizione molto ambigua, più volentieri di Occidente che di Europa (come d'altra parte fanno non solo Oriana Fallaci e Magdi Allam, ma anche autorevolissimi filosofi come Heidegger e Severino - certo, in un'accezione molto più profonda), perché l'Europa è solo un'area geografica, mentre l'Occidente è una forma di civiltà che può essere inquadrata in un preciso ambito a prescindere dal luogo.
Qual è questa civiltà occidentale, per come noi la intendiamo? E', come affermano molti critici, quella delle chiese vuote e della pornografia dilagante, dei matrimoni tra omosessuali, della famigeratissima (detestata ormai anche dalle casalinghe, che si sentono troppo intellettuali) Maria de Filippi? Quella della democrazia da esportare e dell'architettura che fa sanguinare gli occhi?
No, perché questa non è una civiltà, e non lo dico con banale disprezzo, ma proprio perché non credo che possa essere "sociologicamente" considerata tale. Un gruppo di individui, fossero anche mille miliardi, non fa una civiltà. Una civiltà necessita invece, per esistere, di un fulcro che ne determini l'identità, di una Verità che spinga ad agire in un modo piuttosto che in un altro. Una civiltà si specchia nei templi che costruisce. Noi non ne costruiamo più, e se li costruiamo sono brutti e stupidi, proprio come Veltroni e i matrimoni tra omosessuali.
Mi chiedo che cosa faccia di noi degli occidentali, o europei, se si preferisce.
A livello culturale, intendo. Un democratico (inteso come estremista della democrazia) non può neanche rispondere che la nostra identità si trova nell'adorazione per la democrazia e nel rispetto per i diritti dell'uomo, perché significherebbe svilire le altre culture. Neanche questo feticcio gli è concesso, perché proprio in nome dell'universalità di questi valori la propria cultura (anche se cultura non è, in questo caso) deve essere negata, annullata, non deve essere nominata.
D'altra parte quando un "identitario" parla di identità europea/occidentale parla del passato, e non del presente.
Non tenendo conto del fatto che il mondo è irrimediabilmente cambiato, e ciò che poteva permettere l'esistenza di determinate realtà secoli fa oggi è solo ignoranza reazionaria di cui ridere.
Ma al contrario dobbiamo rapportarci con il mondo d'oggi, perché è questo il luogo in cui combattiamo la nostra battaglia. Cosa facciamo di così tanto "europeo", nel mondo d'oggi?
Nella quotidianità penso che la risposta sia: nulla.
Come del resto tutto avviene all'insegna del nulla.
Penso a quegli idioti che in questo momento occupano le aule d'università - non che sia un fatto rilevante - per proporre una "riforma dal basso" dell'università italiana.
Tralasciando la questione dell'università in sé, io mi chiederei: ma qual è il motivo fondamentale, in nome di quale progetto finale "occupano"? Occupano in nome del nulla. Non sanno dove vanno, non sanno dove vogliono andare.
Sono tendenzialmente degli individui senza forma.
Tornando all'identità: la cosa più europea che si può fare nella propria quotidianità è fare nuovamente propria la cultura europea. Leggere classici. Ma siamo sempre lì: questo non ci salva, nel nostro presente. Passeggio nelle strade della mia città e non vedo niente che mi caratterizzi come occidentale o europeo. Questa è la nostra crisi d'identità ed è una catastrofe.
Ciò che deve ritornare a riempire il vuoto dell'Occidente non è e non può essere il senegalese immigrato definito dallo xenofilo e fatalista Buttafuoco "oplita della migliore età dorica", perché questo significherebbe svendere ciò che resta della nostra identità.
Non sarà nessun nichilismo attivo a salvarci, d'altra parte.
Sarà lo smettere di guardare nostalgicamente al passato, e il tornare all'Eterno, perché solo l'Eterno può tracciare la nostra via.
Le chiese, che piaccia o no, sono l'unico luogo in cui un europeo oggi si può sentire tale.
Ma forse i popoli d'Occidente, storditi ancora più che dall'ignoranza da una falsa cultura, lo capiranno troppo tardi.