Parte 6
Gli avvocati di questa rivoluzione, non contenti di esagerare i difetti dell'antico regime, compromettono l'onore del loro stesso paese mettendo in orrida luce proprio ciò che più aveva attratta l'attenzione degli stranieri. Vale a dire, la Nobiltà ed il Clero. Se ciò si fosse contenuto nelle proporzioni di una campagna libellistica, poco sarebbe importato. Ma. invece, le conseguenze sono state gravissime. Se i Nobili ed i Gentiluomini di Francia che costituiscono la maggior parte dei proprietari fondiari, insieme con gli ufficiali dell'esercito, si fossero comportati come quelli tedeschi al tempo in cui le città Anseatiche furono obbligate a confederarsi contro i nobili per difendere le loro proprietà; — o si fossero comportati come gli Orsini o i Vitelli in Italia, che dai loro posti fortificati solevano fare irruzione per depredare i viandanti e i viaggiatori; — o si fossero comportati come i Mamelucchi in Egitto, o come i Nayres sulla costa del Malabard: in tal caso io riconoscerei che non sarebbe stato conveniente sottoporre a troppo scrupolosa critica i mezzi impiegati per purgare il mondo da una tale sciagura. Per un momento le statue della Equità e della Grazia avrebbero potuto essere coperte. Quelle anime sensitive, che si sarebbero sentite offese dalla dura esigenza per cui i criteri della morale avrebbero consentita momentanea deroga ai mezzi da impiegare per il fine della morale stessa avrebbero potuto volgere gli occhi da un'altra parte mentre l'inganno e la violenza si sarebbero impiegati per la distruzione di una pretesa nobiltà che disonorava la natura umana al tempo medesimo che la tormentava. Le persone che particolarmente aborriscono il sangue, il tradimento, le confische arbitrarie, avrebbero potuto restare spettatori silenziosi durante lo svolgersi di questa guerra civile contro il vizio e la prevaricazione.
Ma quella Nobiltà privilegiata che si radunò secondo l’ordine del re a Versailles nel 1789 meritava forse di essere considerata come una combriccola di Nayres o di Mamelucchi del tempo nostro, o come una rediviva compagnia di Orsini o di Vitelli del tempo antico? Se io avessi posta allora la domanda mi avrebbero riguardato come un pazzo. Che cosa mai avevano essi fatto fin da quel tempo per meritare d'essere cacciati in esilio, d'esser fatti oggetto a persecuzioni, a maltrattamenti, a torture, a dispersioni delle loro famiglie, ai saccheggi delle loro case, alla distruzione del loro ordine, e quasi alla estinzione della loro memoria medesima, giacché è stato loro ordinato che mutassero persino i nomi sotto i quali erano comunemente conosciuti?
Bisogna leggere le istruzioni che la Nobiltà diede ai propri rappresentanti. In esse lo spirito di libertà si manifesta con altrettanto calore e si raccomanda con altrettanta forza di volontà nelle discipline di qualsiasi altro ordine. Volontariamente rinunciò ai privilegi inerenti alle esenzioni fiscali, allo stesso modo che il Re fin dall'inizio aveva abbandonata ogni pretesa di imporre gravami fiscali a suo esclusivo talento. Intorno alla necessità di istituire una libera costituzione tutti erano, in Francia, dello stesso avviso. La monarchia assoluta era tramontata. Essa aveva esalato l'ultimo respiro senza gemiti, senza scosse, senza convulsioni. Tutte le polemiche, tutti i dissensi sorsero più tardi, quando si trattò di dare la preferenza alla democrazia dispotica anziché a un governo costituzionale, fondato sul principio del controllo reciproco. Il partito vincitore menò trionfo sopra quei principi che reggevano la costituzione inglese.
Ho ben notata l'affettazione che nel volgere di lunghi anni trascorsi invalse nella mentalità parigina fino a raggiungere un grado di assoluta infantilità per idolatrare la memoria del vostro Enrico IV. Se vi è qualche cosa che possa suscitare fastidio contro la figura di quel Re, ornamento della propria prerogativa dinastica, è questo stile di esagerato e insidioso panegirico. Quei tali che si sono con più zelo prodigati in cotale incensamento, sono quelli stessi che hanno poi terminato il panegirico detronizzando il successore discendente di quel re. Era questo discendente uomo di altrettanto buon sentimento quanto Enrico IV, egualmente affezionato al suo popolo e che si è adoperato infinitamente più del primo per correggere i difetti inerenti alla struttura dello stato, almeno per quanto stava nella sua buona intenzione di fare. Giova molto al suo buon nome il fatto che quei vecchi incensatori lo abbiano lasciato stare. Giacché Enrico di Navarra era un principe risoluto, attivo e pieno di scaltrezza politica. Egli possedeva bensì grandi doti di umanità e di clemenza; ma queste non interferivano nel piano dei suoi interessi. Non si preoccupò mal di essere amato senza mettersi contemporaneamente in condizione dì poter essere temuto. Parlava con dolcezza ma agiva con determinazione.
Teneva fermo il principio dell'autorità nelle cose generali e concedeva deroghe di grazia solo in casi di eccezione. Della propria prerogativa sovrana nobilmente dispensava le rendite, ma aveva cura di non intaccare il capitale. Non rinunciò mai, in nessun momento, a quei diritti che gli erano riconosciuti dalle leggi fondamentali, e non desistette mai dallo spargere il sangue di coloro che a lui ai opponevano, avvenisse questo sul campo di battaglia o sul patibolo. E poiché egli seppe come imporre agli ingrati il riconoscimento e il rispetto delle proprie virtù, meritò l'elogio di quelli medesimi che egli avrebbe fatti rinchiudere nella Bastiglia o che avrebbe giustiziati insieme con tutti i regicidi, se mai fossero vissuti nel suo tempo, dopo che fu determinata la capitolazione di Parigi con la fame.
Se questi panegiristi parlano sul serio, quando esprimono la loro ammirazione per Enrico IV, essi devono ricordare che logicamente non sono autorizzati a tributargli maggiore ossequio di quanto egli stesso non tributasse alla Nobiltà francese, della quale costantemente esaltava la virtù, l'onore, il coraggio, il patriottismo, la lealtà.
Ma si controobietta che la Nobiltà francese, dal tempo di Enrico IV in poi è venuta degenerando. Ciò può essere, però io credo che l'obiezione sia più forte del vero. Non pretendo di conoscere la Francia così esattamente come la conoscono taluni altri; ma durante l’intero corso della mia vita io mi sono sforzato di approfondire la conoscenza della natura umana : diversamente sarei disadatto ad assumere anche la mia umile parte nel servizio dell'umanità. In questo studio io non posso tralasciare di considerare una vasta porzione della vostra natura, nei caratteri specifici e differenziati che essa assume in un paese distante appena ventiquattro miglia dalla costa di quest'isola. Dalle osservazioni che diligentemente ho condotto sulla scorta delle migliori ricerche, io trovo che la nobiltà francese è composta per la maggior parte di uomini dotati di alto sentire e di un delicato senso dell'onore, tanto considerati individualmente come nel loro complesso di categoria sociale, su cui essi esercitano funzioni di vigilanza più di quanto non avvenga comunemente in altri paesi. Essi sono sufficientemente ben educati, molto cortesi, umani e ospitali, franchi e aperti nella loro conversazione. Hanno un buon tono di spirito militare e non mancano di una opportuna vernice culturale, specialmente in fatto di letteratura inglese. Molti raggiungono anche un livello assai superiore a questo. Io parlo però di quelli che si incontrano generalmente.
Quanto al loro modo di comportarsi con le classi inferiori, esso mi apparve umano e in qualche cosa più vicino alla famigliarità di quanto non sia generalmente praticato da noi. nei rapporti tra le più alte e le più basse etere sociali. Scendere a percosse contro chiunque, fosse pure della più misera condizione, era per loro una cosa in certo modo sconosciuta ed essi l'avrebbero considerata affatto disonorante. Le istanze della parte più umile della comunità per altri maltrattamenti, erano rare; e quanto agli attentati contro la proprietà o la libertà personale degli umili io mai intesi da essi nulla di simile; ne tale tirannia sui sudditi sarebbe mai stata permessa, mentre erano in vigore le leggi dell'antico governo. In riguardo ai proprietari di terre io non trovo alcuna censura da muovere contro la loro condotta; e tuttavia molto è da. censurare e molto da augurarsi cambiato in parecchi dei vecchi sistemi. Dove la loro terra era data in affitto, non trovai che i loro contratta coi fittavoli fossero vessatori ; né, quando le terre erano ceduto a mezzadria, io intesi che generalmente essi avessero tatto la parte del Icone. Le proporzioni non sembravano ingiuste. Potranno osservi state delle eccezioni, ma certo esse non erano che eccezioni. Non ho motivo di credere che a questo riguardo la nobiltà francese di campagna fosse peggiore dell'alta borghesia di campagna di codesto paese; certo, per nessun rispetto ai comportava in modo più vessatorio dei proprietari non nobili. Nelle città la nobiltà non ha affatto prevalenza di potere ; nella campagna "e ha ben poca. Voi sapete, Signore, che gran parte del governo civile e le funzioni di polizia nelle loro parti essenziali non erano nelle mani di quella nobiltà che noi principalmente consideriamo. La. rendita, di cui la determinazione e l'esazione erano il compito più gravoso del governo francese, non era amministrata dagli nomini di spada ; né essi erano responsabili dei difetti nei suoi principi o delle vessazioni, se ne esistevano, della sua amministrazione.
Mentre io nego, poggiando il mio giudizio sopra le migliori garanzie, che la nobiltà abbia preso alcuna parte considerevole nella oppressione del popolo, almeno nei casi in cui si è verificata un'oppressione vera e propria, sono però pronto ad ammettere che essa non va immune da colpe e da errori. Una dissennata smania di imitare gli aspetti e gli atteggiamenti della nobiltà inglese nel lato peggiore che questa presenta, al punto da snaturare il suo carattere genuino senza sostituirvi quegli elementi che precisamente si desiderava imitare, tutto ciò ha contribuito senza dubbio a rendere la nobiltà francese assai peggiore di quanto non fosse per l’addietro. In Francia più che in Inghilterra era facile scorgere esempi di persistente dissolutezza nella condotta di uomini aventi già superato il periodo di vita giovanile che crea qualche scusante all'abitudine dei disordini ; questa invalsa degenerazione lasciava costì minore adito a speranza di rimedio, pur essendo sotto certi aspetti meno dannosa, in quanto dissimulata sotto un'apparenza di decorosità esteriore. La nobiltà francese ha troppo risentito l'influsso di quella filosofia licenziosa che ha contribuito alla sua rovina.
Ed anche un altro errore penetrò in mezzo ad essa, più fatale del primo. Oli uomini dei Comuni, che quanto a ricchezza erano di pari grado ed anche superiori a molti membri della, nobiltà, non trovavano pieno riconoscimento ne piena ammissione in quell'alto rango che la ricchezza deve occupare in ogni paese rotto da un ragionevole criterio politico ; sebbene io riconosca che la ricchezza non possa mai eguagliare il valore della dignità nobiliare. Queste due classi di aristocrazia erano troppo esasperatamente separate; e tuttavia lo erano meno che non in Germania e in qualche ultra nazione.
Tale separazione, come altra volta mi sono preso la libertà di indicarvi, penso che sia stata una delle cause principali che operarono alla distrazione della antica nobiltà. Particolarmente le dignità militari erano riservate al privilegio di nascita secondo un criterio eccessivamente esclusivista. Ma dopo tutto era questo un errore di opinione che si sarebbe facilmente rettificato opponendovi un'opinione contraria. La costituzione di una assemblea permanente, nella quale i Comuni potessero conseguire la loro parte nell'esercizio del comando, avrebbe ovviato ben presto agli inconvenienti provocati dal persistere di distinzioni che fomentavano gelosie offensive; e anche i difetti morali della classe nobiliare si sarebbero probabilmente corretti grazie alla grande varietà di occupazioni e di compiti che sarebbero sorti con l'istituirsi di un sistema costituzionale fondato sulla cooperazione degli Ordini.
Io credo che tutta la violenta polemica centro la nobiltà altro non sia che una montatura artificiosa. Giacché il fatto di trarre onori ed anche privilegi in forza di leggi stabilite, di riconoscimento della pubblica opinione, di tradizione inveterata nel costume nazionale, di giudizi invalsi nella coscienza dei secoli, non ha in sé nulla che possa provocare l’orrore o l'indignazione. Anche il fatto di renderei difensori tenaci di questi privilegi non costituisce in alcun modo un delitto. Lo sforzo energico che ogni individuo esercita per difendere il possesso, che egli sente appartenergli come titolo di distinzione, è anzi un'elementare difesa insita nella natura umana per oppugnare la minaccia di sopraffazioni ingiuste e dispotiche. Esso opera come istinto, per garantire la proprietà e preservare l'ordine pubblico secondo una costituzione definita. Che c'è di sconveniente in tutto questo? La nobiltà è un coronamento ornamentale dell'ordine civile ; è quasi il capitello corinzio che regge l'armonia sociale, Omnes boni nobilitati semper favemus ; tale è il detto di un uomo sapiente e buono. E’ anzi un segno di spirito liberale e bennato quello che determina un'inclinazione di parziale favore verso la nobiltà stessa. Bisogna essere privi di qualunque ispirazione superiore per covare nel cuore il proposito di livellare ad una medesima stregua tutte le gerarchie istituzionali che sono state introdotte per dare consistenza alle valutazioni degli uomini e permanenza tangibile al fluttuare dei criteri estimativi. È indice di una disposizione d'animo maligna, livida, inacidita, priva di senso della realtà, incapace di apprezzare alcun simbolo figurativo della virtù emergente, quella che induce gli uomini ad assistere con gioia alla immeritevole caduta di ciò che per lungo volgere di tempo era fiorito nella splendida maestà degli onori. Per mio conto vorrei che mai si vedesse il segno di cose distrutte, di devastazioni prodotte nel corpo della società, di rovine accumulate sulla faccia della terra. Per questo fu senza dolore e senza disapprovazione che il risultato delle mie indagini e dei miei studi mi portò a concludere non esservi stato nella nobiltà francese alcun vizio di natura incorreggibile o alcun abuso il quale non avesse potuto venire rimosso in altro modo che con quello troppo sbrigativo della soppressione. La vostra nobiltà non meritava di essere punita; ma voi l'avete degradata, e degradandola la puniste.
Fu con uguale senso di soddisfazione che i risultati di una analoga inchiesta: riguardante la situazione del clero francese mi portarono a conclusioni non dissimili da quelle precedenti. Io non mi lascio ingannare quando sento dire che qualche grande collettività umana si trova in uno stato di irrimediabile corruzione; e non sono disposto a soverchia credulità quando sento taluno parlare male di coloro che egli stesso ha intenzione di predare e derubare. Sono anzi indotto a sospettare che la lusinga di un profitto da, trarre coll'esercizio di una punizione, induca gli accusatori a inventare di sana pianta o comunque esagerare i difetti delle vittime. Un nemico è sempre pessimo testimonio : se poi è un ladro, lo è anche di più. Concediamo fuor di dubbio che esistessero in questo Ordine molti vizi e molti abusi; così doveva essere. L'ordine era infatti stabilito da antica, data e non aveva subite frequenti revisioni. Ma nei singoli individui che lo componevano io non ho constatata la responsabilità di delitti tali che meritassero l'intera confisca dei loro beni e nemmeno quegli insulti crudeli e degradanti e quelle persecuzioni contro natura, che si sono perpetrate là dove sarebbe stato preferibile compiere opera di riforma miglioratrice.
Se mai si fosse accertata una giusta causa a legittimare quella nuova persecuzione religiosa, i libellisti atei che lavorano come strilloni per aizzare il popolaccio al saccheggio non avrebbero desiderato di meglio che la gioia di descrivere e di ostentare le turpitudini del clero contemporaneo.
Ma essi non hanno fatto questo. Sono stati costretti a frugare nelle storie dei secoli trapassati (il che hanno fatto con uno spirito di tendenziosità maligna ed artificiosa) per scoprirvi esempi di azioni oppressive e persecutorie perpetrate dal clero o in favore dì esso ; e questo allo scopo di giustificare, con intenzione di rappresaglia iniqua perché illogica, le crudeli persecuzioni che essi medesimi in quel momento andavano compiendo. Dopo avere distrutta ogni altra distinzione genealogica relativa alle tradizioni di famiglia, inaugurarono una specie di persecuzione atavica del delitto. Non è in verità cosa molto giusta infliggere agli uomini un castigo per le offese recate dai loro naturali antecessori; ma il fatto di considerare una pretesa discendenza fittizia, attribuita alla continuità di un organismo corporativo, di considerarla cioè come base giustificatrice onde infliggere castigo ad uomini che non hanno alcun rapporto di responsabilità verso coloro che compirono quegli atti, eccettuata l'identità di una denominazione generica collettiva, tutto ciò costituisce un raffinamento diabolico dell'ingiustizia, dovuto al progresso filosofico di questa illuminata età. L’Assemblea punisce dunque una categoria di uomini dei quali molti, se non forse i più, aborriscono le violenze perpetrate dagli ecclesiastici nei tempi antichi altrettanto quanto le deprecano i loro presenti persecutori, e sarebbero a questo riguardo pronti ad esprimere i loro convincimenti con egual forza ed eguale lealtà, qualora non fossero bene informati del verace proposito al quale mira tutta la declamatoria campagna anticlericale.
I corpi collettivi assumono forza di perpetuità nell'interesse dei loro componenti, non per legittimare un castigo a loro danno. Le nazioni stesse sono organismi di tal natura. Secondo quel ragionamento noi Inglesi dovremmo dichiarare una guerra inesauribile contro ogni francese per il ricordo dei danni che la Francia ha recato all'Inghilterra in vari momenti delle nostre alterne ostilità. E voi dal vostro canto potreste ritenervi giustificati nel dare addosso ad ogni inglese per ricordo delle calamità senza confronto subite dal popolo di Francia durante le ingiuste invasioni dei nostri vari Arrighi o Edoardi. Se così fosse, una mutua guerra di sterminio verrebbe ad essere tra noi giustificata reciprocamente altrettanto quanto è giustificata la persecuzione che voi conducete contro i vostri concittadini odierni, senza che essi vi provochino, ma soltanto per riguardo alla condotta tenuta in altri tempi da uomini che recavano la stessa qualifica nominativa.
Noi non andiamo a cercare nella storia tutti quegli ammaestramenti morali che potremmo trovarvi. Al contrario, se non si fa grande attenzione, la storia medesima potrebbe essere impiccata a viziare le nostre coscienze e a distruggere la nostra felicità. La storia racchiude in se un grande libro, capace dì ammaestrarci traendo dall'esperienza dei passati errori e delle debolezze umane gli elementi di una futura saggezza. Ma se è impiegata con intenzione perversa essa può offrire un deposito pronto a fornire armi offensive e difensive alle fazioni che si costituiscono in seno alla chiesa e allo stato, porgendo loro il mezzo per resuscitare dissensi ed animosità rifomentando la violenza delle lotte civili. La storia consta per massima parte di una rassegna che accoglie tutte le miserie provocate nel mondo dall'esasperazione dell'orgoglio, dell'ambizione, dell'avarizia, della vendetta, dell'arbitrio, della sediziosità, dell'ipocrisia, dell'impulsività, e insomma di tutti quei disordinati appetiti che tormentano la società provocando in essa
.... furenti procelle che scuoton
l'umana, vita e che la rendon grama.
I vizi sopra denunciati sono le cause reali di queste procelle. La religione, la morale, le leggi, le prerogative, i privilegi, le libertà, i Diritti dell'Uomo, sono soltanto i pretesti. I pretesti si presentano sempre sotto la speciosa apparenza di qualche beneficio reale. Voi non garantireste l'umanità dal pericolo della tirannide o della sedizione quand'anche riusciste a strappare dalle coscienze quei principi ai quali tali pretesti frodolenti vengono applicati. E se mai cercaste di compiere un simile sradicamento, vi trovereste ad avere divelto ogni elemento prezioso che adorna la coscienza degli uomini. Allo stesso modo che quelli sopracitati costituiscono i pretesti, così accade che nelle grandi crisi gli attori e gli strumenti ordinari sono re, preti, magistrati, assise senatorie, parlamentari, assemblee nazionali, giudici, comandanti militari. Voi non riuscirete a togliere di mezzo il danno, quand'anche abbiate risolto che non debbano più esservi né monarchi, né ministri di stato, né sacerdoti della religione, né interpreti del diritto, né ufficiali generali, né consigli pubblici. Potrete cambiare le denominazioni ; ma le cose sostanzialmente rimarranno come prima. Un certo quantum di potere deve sempre esistere in una comunità, in qualsivoglia mano e sotto qualsivoglia appellativo. Gli uomini assennati mireranno ad applicare i loro rimedi per redimere i guasti sostanziali e non già le denominazioni formali; cercheranno di agire su quelle cause del male che hanno carattere permanente ; non già sopra gli organi occasionali attraverso ai quali esse si manifestano e sopra le modalità transitorie con cui esse si producono. Chi fa altrimenti si comporta da saggio in via teorica, ma da pazzo in via pratica.
Raramente due età presentano il medesimo aspetto nei loro atteggiamenti esteriori e le medesime apparenze di dannosità. Il geme della malvagità è ben altrimenti inventivo. Mentre voi state discutendo intorno alla forma del fanale, quella forma è già cambiata. Difetti perfettamente identici ai primi assumono ora una nuova apparenza.
È lo spirito sostanziale delle cose che trasmigra ; e ben lontano dallo smarrire il principio che gli dà vita per il cambiamento avvenuto nella sua veste esteriore, al contrario esso rinnova se medesimo incarnandosi negli organi mutati col fresco vigore di una ripresa attività giovanile. Questo spirito muta sede e continua le sue scorrerie insinuatrici mentre voi tormentate il cadavere che esso ha abbandonato o vi accanite a frugare una tomba già deserta. Così accade che mentre voi prendete paura dei fantasmi e delle apparizioni la vostra stessa casa diventa il covo abituale dei ladri.
La medesima cosa accade a tutti coloro che considerando i fatti storici soltanto nella superficie esteriore sono persuasi di marciare in guerra contro l'intolleranza, la crudeltà, il dispotismo; mentre col pretesto di esecrare e condannare i guai derivanti dalle vecchie forme politiche non fanno che rinnovare e fomentare, sotto l'aspetto di una differente faziosità, i medesimi guai del tempo antico, forse anche peggiorati.
Anticamente i vostri concittadini di Parigi si sono resi strumenti esecutori dei massacri perpetrati contro i seguaci di Calvino nella infame notte di S. Bartolomeo. Che cosa diremmo noi se taluno pensasse di agire con rappresaglia ai danni dei parigini d'oggi per prendere su loro vendetta degli orrori compiuti a quel tempo? Certamente oggi tutti i parigini sono portati ad aborrire quel massacro. Non ostante la loro ferocia non è difficile che essi disapprovino quegli atti ; e ciò perché i dottrinari politici di oggi non hanno interesse a provocare la passione della folla in quella medesima direzione in cui era stata provocata allora. Ma ciò non ostante ritengono loro vantaggio aizzare nello spirito pubblico disposizioni egualmente selvaggie. Soltanto ieri essi hanno portato nulla scena l’enormità di quel massacro spaventevole affinchè venisse rappresentato per divertire i discendenti di coloro che lo avevano perpetrato.
In quella tragica farsa vollero riprodotto il personaggio del Cardinale di Lorena nella piena pompa delle sue funzioni e in atto di ordinare il massacro generale. Forse che questo spettacolo era inteso a generare nello spirito del popolo parigino aborrimento dei metodi persecutivi e ripugnanza contro ogni effusione di sangue? — No; era invece per istigare il popolo alla persecuzione contro i propri pastori ; era per eccitarlo, provocando in esso disgustoso orrore contro il clero, a compiere con maggiore acredine e con maggiore animosità la distruzione di un ordine, che non soltanto ha diritto alla propria esistenza ma deve esistere circondato di garanzie e di rispetto.
Tutto questo era stato compiuto allo scopo di stimolare gli appetiti cannibaleschi della folla, che si sarebbero potuti ritenere sufficientemente saziati, offrendo loro nuovi elementi di eccitazione onde renderli più solleciti di fronte alle eventualità di nuovi massacri che avrebbero potuto coronare i sanguinosi progetti dei nuovi Duchi di Guisa.
Una Assemblea nella quale sedevano in moltitudine sacerdoti e prelati fu obbligata a sopportare simili indegnità alle sue proprie porte. E tuttavia l'autore di esse non fu cacciato in galera e coloro che si prestarono a quella rappresentazione scenica non furono rinchiusi in casa di correzione.
Non molto tempo dopo l'esecuzione di tale spettacolo gli attori si presentano all'Assemblea per reclamare i diritti di quella medesima religione che essi avevano osato schernire in tal modo ; e mostrano le loro facce postribolari dentro al Senato mentre l'Arcivescovo di Parigi, la cui funzione era dal popolo conosciuta solo in quanto si esercitava per mezzo di preghiere e di benedizioni, e la cui ricchezza era nota solo in quanto si effondeva per mezzo di elemosine, è costretto ad abbandonare la sua casa e deve allontanarsi dal gregge dei suoi protetti, che si avventano contro di lui a guisa di lupi rapaci; e questo perché nel secolo decimosesto il Cardinale di Lorena era stato ribelle ed assassino.
Tale è l'effetto che deriva da una pervertita interpretazione della storia, compiuta da coloro che con la medesima nefasta intenzione hanno pervertita ogni altra forma di dottrina. Ma chi ha la capacità di elevarsi con la ragione fino a quell'altezza che consente di espandere lo sguardo sui secoli e di paragonare gli eventi da un equanime punto di vista, così che i piccoli nomi scompaiono insieme con le minute distinzioni dei vari partiti, null'altro discernendo se non il valore morale che contraddistingue le azioni umane, potrà ben gridare in faccia ai filosofanti di Palaia Royal : " Il Cardinale di Lorena è bensì stato un assassino nel secolo decimosesto ; voi avete la gloria di essere assassini nel secolo decimottavo; è questa la sola differenza che intercede tra lui e voi".
Ma la storia nel secolo decimonono, meglio intesa e meglio impiegata, insegnerà, voglio ben crederlo, alla posterità incivilita ad esecrare con ugual forza i misfatti di entrambe quelle barbare età. Insegnerà ai sacerdoti e ai magistrati futuri a non incrudelire con rappresaglie sulle inoffensive speculazioni teoriche di quelli che saranno gli atei dell'avvenire, facendo loro scontare tutte le enormità che nel tempo presente vanno commettendo gli zelatori furibondi e fanatici di quel detestabile errore, che in condizioni normali porta già in sé una punizione fin troppo grande non appena venga accolto. Insegnerà alla posterità a non muovere guerra né contro la religione né contro la filosofia sotto pretesto di punire gli abusi che gli ipocriti possono avere perpetrati m queste due sublimi attività dello spirito ; attività che rappresentano il più prezioso dono concesso dalla bontà del Protettore universale, il quale in ogni cosa favorisce e protegge eminentemente la razza umana.
Se il vostro clero, o il clero di alcun altro paese, si fosse mostrato difettoso oltre quei limiti di tolleranza che devono essere considerati come inerenti alle intrinseche debolezze della psiche umana, e per più gravi difetti di quelli che nell'esercizio professionale difficilmente vanno separati dalle virtù, quantunque nulla anche in questo caso valga a giustificare l'oppressione, tuttavia io ammetto che ciò potrebbe diminuire notevolmente la nostra indignazione contro gli autori di quella tirannica rappresaglia che ha ecceduto ogni misura di equanimità e di giustizia nell'esercizio del potere punitivo. Ben posso perdonare ad un uomo che veste abito ecclesiastico, al disopra di ogni specificazione settaria, una certa insistenza esclusivista nel professare la propria opinione; una esuberanza di zelo nel propagarla ; una predilezione riferita ai ranghi e all'esercizio del proprio ministero; un attaccamento partigiano agl'interessi dell'ordine suo; qualche preferenza verso coloro che accondiscendono docilmente alle dottrine professate, a pregiudizio di coloro che, deridendo, le rifiutano. Riconosco e concedo tutto questo perché mi sento uomo che vive in mezzo a rapporti umani e perché non vorrei a mia volta cadere nella peggiore di tutte le intolleranze, facendo violenza ai principi della tolleranza. È necessario sopportare le imperfezioni altrui fino a quel limite in cui esse degenerano in forma delittuosa.
Indubbiamente la tendenza delle passioni a progredire e la facilità con cui le predisposizioni al vizio si tramutano in quest'ultimo devono essere prevenute con occhio vigile e con mano ferma; ma è possibile affermare con certezza che il clero francese, considerato come corpo in generale, abbia, veramente varcati tutti i limiti di una legittima indulgenza? A giudicare dallo stile sistematico che presentano tutte le vostre pubblicazioni recenti, di qualunque sorta esse siano, si sarebbe indotti, a credere che il vostro clero di Francia fosse una specie di mostro collettivo; orrenda mescolanza di superstizione, ignoranza, infingardaggine, frode, avarizia, tirannide. Si può dire che questo sia vero? È forse vero che il decorrere del tempo, il cessare degli opposti interessi, le dolorose esperienze dei mali risultanti dall'accanimento delle fazioni, non abbiano gradualmente esercitata influenza alcuna per migliorare Io spirito del clero? È forse vero che esso abbia incessantemente rinnovate le sue inframettenze a danno della podestà civile, turbando la quiete domestica del paese e rendendo l'azione del governo debole e precaria? È forse vero che il clero dei nostri giorni abbia gravato con mano di ferro ai danni della gente laica accendendo per ogni dove i roghi di una selvaggia persecuzione? Dobbiamo proprio dire che usando ogni mezzo fraudolento esso abbia cercato di ingrandire i propri dominii, di usufruire di benefici oltre i limiti del suo buon diritto? Oppure si deve credere che, commettendo un torto ed una illegalità, il clero abbia convertito in torma di estorsione vessatoria quella che poteva essere una sua facoltà giuridicamente riconosciuta? E trovandosi privo di potere, si macchiò mai delle colpe che venivano attribuite a invidia del potere medesimo? Apparve mai agitato da uno spirito di controversia violento e litigioso? Inquietato da ambiziosa smania di prepotere intellettuale, il clero si dimostrò forse pronto a ribellarsi contro la magistratura, a incendiare le chiese e massacrare i sacerdoti di altre confessioni religiose, a rovesciare gli altari e ad aprirsi il passo verso una forma di imperialismo dottrinale sulle rovine di un sovvertito ordine governativo, talora col mezzo dell'adulazione, talora col mezzo della forza, a fine di coartare le coscienze degli uomini inducendole a rifiutare ossequio alle pubbliche istituzioni per soggiacere all'autorità personale dei preti, così da rivolgere l'iniziale pretesto di una reclamata libertà, all'esercizio finale di un potere abusivo?
Tali, almeno in parte, erano i vizi imputati, non sempre del tutto senza fondamento, a qualche ecclesiastico dei tempi antichi, il quale poteva appartenere all'uno o all'altro dei due grandi partiti che allora dividevano, sconvolgendolo, il mondo europeo.
Se in Francia, non meno visibilmente che in altri paesi, si verificò poi una grande diminuzione anziché un incremento dei difetti sopraccennati, in luogo di ritenere colpevole il clero attuale per delitti perpetrati da altri e di attribuire ad esso quel carattere odioso che era proprio di altri tempi, in linea di comune equità il clero avrebbe dovuto essere incoraggiato con lode e secondato in questo sforzo che esso compiva a fine di stornare dal proprio spirito l'infelice retaggio dei predecessori e di assumere uno stile di coscienza ed un comportamento di modi meglio adeguati al prestigio delle sacre funzioni.
Quando io ebbi occasione d'andare in Francia, presso a poco sul declinare dell'ultima Monarchia, il clero, gotto tutti i suoi aspetti, attrasse una parte considerevole della mia curiosità. Ben lontano d'aver fatto una raccolta di pubbliche lagnanze o di recriminazioni ai danni di quella categoria (eccezion tutta per una sola setta di individui, non molto numerosa ma molto attiva), ho notato, contrariamente a quanto mi aspettavo dopo la lettura di alcune pubblicazioni, che sul conto dei preti vi era pochissimo malcontento così in pubblico come in privato. Approfondendo le mie ricerche ho notato che il clero era generalmente composto di persone equilibrate nel giudizio e dignitose nei comportamenti, includendo tanto i secolari quanto i regolari d'ambo i sessi. Non ho la buona fortuna di conoscere su larga scala, il clero delle parrocchie; ma in generale ho ricevute ottime relazioni intorno alla sua moralità ed al suo zelo nell'adempimento del dovere. Con alcuni personaggi delle alte gerarchie ecclesiastiche io tengo relazione diretta; e quanto al rimanente di questa medesima classe mi credo assai bene informai.). Quasi tutti coloro che la compongono sono uomini di nascita nobiliare; in onesto molto somigliano ili loro pari; e quando ho marcata alcuna differenza dovetti segnarla a favore degli ecclesiastici. Essi hanno avuta una educazione più profonda e completa che non quella della nobiltà militare, deficiente al punto da imbarazzare per incompetenza l'esercizio della sua professione e per mancanza di idoneità l'esercizio del comando autoritario.
Quelli sono parsi a me spiriti liberali ed aperti oltre i limiti della mentalità clericale ; avevano il temperamento del gentiluomini e la loro caratteristica suscettibilità d'onore; né insolenti nella condotta né servili nel contegno. Mi sono parsi come una élite d'uomini superiori ; come una gerarchia aristocratica nella quale senza sorpresa potremmo riconoscere un Fénélon.
Ho trovato nel clero parigino (e credo che altrove non si possano trovare in numero tanto alto) uomini di grande sapienza e di grande candore ; e per varie ragioni fui indotto a credere che gente di tal fatta non esistesse soltanto nella città capitale.
Ciò che io ho trovato in altre parti aveva il carattere degli incontri fortuiti ; e per questo i casi occorsimi possono essere considerati come buoni esempi della generalità. Ho trascorso alcuni giorni in una città di provincia dove in assenza del vescovo passavo le serate in compagnia di tre sacerdoti che erano suoi vicari generali ; persone che avrebbero fatto onore a qualunque organizzazione religiosa. Erano tutti assai colti ; due di essi presentavano un'erudizione profonda ed estesa tanto sul mondo antico quanto sul moderno, così su quello orientale come su quello occidentale ; soprattutto nelle materie inerenti al loro ministero. Quei prelati avevano una conoscenza dei nostri teologi inglesi molto più estesa di quanto io non aspettassi e sapevano penetrare il recondito spirito di questi autori con critica acutezza. Uno di quei gentiluomini è morto da poco; l'abate Morangis. Pago senza. esitazione il mio tributo di omaggio alla memoria di quella persona eccellente e dotta, nobile e reverenda; e sarei pronto a tare lo stesso per riconoscere con eguale spirito di benevolenza i meriti di tutti gli altri che credo siano ancora viventi, se non avessi timore di nuocere col solo nominarli a quegli infelici, ai quali non mi è possibile prestare aiuto.
Alcuni dei vostri ecclesiastici d'alto rango sono persone degne di meritare, sotto ogni riguardo, un profondo e generale rispetto. Hanno diritto alla riconoscenza mia e di molti Inglesi. Se mai questa mia lettera potesse cadere in loro mano, spero che essa valga a convincerli che nella nostra, nazione vi è molta gente la quale prende parte con eccezionale sensibilità alla loro immeritata condanna, deprecando la crudele confisca dei beni da cui furono colpiti. Ciò che io vado dicendo di loro costituisce, per quanto almeno la mia debole voce può fare, un tributo di verità. Ed io saprò rinnovare questo tributo ogni qualvolta si ripresenti a me il problema di quella illecita persecuzione. Nessuno al mondo può vietarmi di essere un uomo giusto e riconoscente. Le circostanze attuali reclamano l'adempimento di questo dovere ed è particolarmente opportuno dar prova di questi scotimenti proprio nel momento in cui coloro che hanno bene meritato di noi e del genere umano soffrono sotto l'assillo dell'ingratitudine pubblica e sotto le persecuzioni di una potestà oppressiva.
(continua)