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    Predefinito FORMAZIONE - Burke: Riflessioni sulla Rivoluzione francese_6

    Parte 6



    Gli avvocati di questa rivoluzione, non contenti di esagerare i difetti dell'antico regime, compromettono l'onore del loro stesso paese mettendo in orrida luce proprio ciò che più aveva attratta l'attenzione degli stranieri. Vale a dire, la Nobiltà ed il Clero. Se ciò si fosse contenuto nelle proporzioni di una campagna libellistica, poco sarebbe importato. Ma. invece, le conseguenze sono state gravissime. Se i Nobili ed i Gentiluomini di Francia che costituiscono la maggior parte dei proprietari fondiari, insieme con gli ufficiali dell'esercito, si fossero comportati come quelli tedeschi al tempo in cui le città Anseatiche furono obbligate a confederarsi contro i nobili per difendere le loro proprietà; — o si fossero comportati come gli Orsini o i Vitelli in Italia, che dai loro posti fortificati solevano fare irruzione per depredare i viandanti e i viaggiatori; — o si fossero comportati come i Mamelucchi in Egitto, o come i Nayres sulla costa del Malabard: in tal caso io riconoscerei che non sarebbe stato conveniente sottoporre a troppo scrupolosa critica i mezzi impiegati per purgare il mondo da una tale sciagura. Per un momento le statue della Equità e della Grazia avrebbero potuto essere coperte. Quelle anime sensitive, che si sarebbero sentite offese dalla dura esigenza per cui i criteri della morale avrebbero consentita momentanea deroga ai mezzi da impiegare per il fine della morale stessa avrebbero potuto volgere gli occhi da un'altra parte mentre l'inganno e la violenza si sarebbero impiegati per la distruzione di una pretesa nobiltà che disonorava la natura umana al tempo medesimo che la tormentava. Le persone che particolarmente aborriscono il sangue, il tradimento, le confische arbitrarie, avrebbero potuto restare spettatori silenziosi durante lo svolgersi di questa guerra civile contro il vizio e la prevaricazione.

    Ma quella Nobiltà privilegiata che si radunò secondo l’ordine del re a Versailles nel 1789 meritava forse di essere considerata come una combriccola di Nayres o di Mamelucchi del tempo nostro, o come una rediviva compagnia di Orsini o di Vitelli del tempo antico? Se io avessi posta allora la domanda mi avrebbero riguardato come un pazzo. Che cosa mai avevano essi fatto fin da quel tempo per meritare d'essere cacciati in esilio, d'esser fatti oggetto a persecuzioni, a maltrattamenti, a torture, a dispersioni delle loro famiglie, ai saccheggi delle loro case, alla distruzione del loro ordine, e quasi alla estinzione della loro memoria medesima, giacché è stato loro ordinato che mutassero persino i nomi sotto i quali erano comunemente conosciuti?

    Bisogna leggere le istruzioni che la Nobiltà diede ai propri rappresentanti. In esse lo spirito di libertà si manifesta con altrettanto calore e si raccomanda con altrettanta forza di volontà nelle discipline di qualsiasi altro ordine. Volontariamente rinunciò ai privilegi inerenti alle esenzioni fiscali, allo stesso modo che il Re fin dall'inizio aveva abbandonata ogni pretesa di imporre gravami fiscali a suo esclusivo talento. Intorno alla necessità di istituire una libera costituzione tutti erano, in Francia, dello stesso avviso. La monarchia assoluta era tramontata. Essa aveva esalato l'ultimo respiro senza gemiti, senza scosse, senza convulsioni. Tutte le polemiche, tutti i dissensi sorsero più tardi, quando si trattò di dare la preferenza alla democrazia dispotica anziché a un governo costituzionale, fondato sul principio del controllo reciproco. Il partito vincitore menò trionfo sopra quei principi che reggevano la costituzione inglese.

    Ho ben notata l'affettazione che nel volgere di lunghi anni trascorsi invalse nella mentalità parigina fino a raggiungere un grado di assoluta infantilità per idolatrare la memoria del vostro Enrico IV. Se vi è qualche cosa che possa suscitare fastidio contro la figura di quel Re, ornamento della propria prerogativa dinastica, è questo stile di esagerato e insidioso panegirico. Quei tali che si sono con più zelo prodigati in cotale incensamento, sono quelli stessi che hanno poi terminato il panegirico detronizzando il successore discendente di quel re. Era questo discendente uomo di altrettanto buon sentimento quanto Enrico IV, egualmente affezionato al suo popolo e che si è adoperato infinitamente più del primo per correggere i difetti inerenti alla struttura dello stato, almeno per quanto stava nella sua buona intenzione di fare. Giova molto al suo buon nome il fatto che quei vecchi incensatori lo abbiano lasciato stare. Giacché Enrico di Navarra era un principe risoluto, attivo e pieno di scaltrezza politica. Egli possedeva bensì grandi doti di umanità e di clemenza; ma queste non interferivano nel piano dei suoi interessi. Non si preoccupò mal di essere amato senza mettersi contemporaneamente in condizione dì poter essere temuto. Parlava con dolcezza ma agiva con determinazione.

    Teneva fermo il principio dell'autorità nelle cose generali e concedeva deroghe di grazia solo in casi di eccezione. Della propria prerogativa sovrana nobilmente dispensava le rendite, ma aveva cura di non intaccare il capitale. Non rinunciò mai, in nessun momento, a quei diritti che gli erano riconosciuti dalle leggi fondamentali, e non desistette mai dallo spargere il sangue di coloro che a lui ai opponevano, avvenisse questo sul campo di battaglia o sul patibolo. E poiché egli seppe come imporre agli ingrati il riconoscimento e il rispetto delle proprie virtù, meritò l'elogio di quelli medesimi che egli avrebbe fatti rinchiudere nella Bastiglia o che avrebbe giustiziati insieme con tutti i regicidi, se mai fossero vissuti nel suo tempo, dopo che fu determinata la capitolazione di Parigi con la fame.

    Se questi panegiristi parlano sul serio, quando esprimono la loro ammirazione per Enrico IV, essi devono ricordare che logicamente non sono autorizzati a tributargli maggiore ossequio di quanto egli stesso non tributasse alla Nobiltà francese, della quale costantemente esaltava la virtù, l'onore, il coraggio, il patriottismo, la lealtà.

    Ma si controobietta che la Nobiltà francese, dal tempo di Enrico IV in poi è venuta degenerando. Ciò può essere, però io credo che l'obiezione sia più forte del vero. Non pretendo di conoscere la Francia così esattamente come la conoscono taluni altri; ma durante l’intero corso della mia vita io mi sono sforzato di approfondire la conoscenza della natura umana : diversamente sarei disadatto ad assumere anche la mia umile parte nel servizio dell'umanità. In questo studio io non posso tralasciare di considerare una vasta porzione della vostra natura, nei caratteri specifici e differenziati che essa assume in un paese distante appena ventiquattro miglia dalla costa di quest'isola. Dalle osservazioni che diligentemente ho condotto sulla scorta delle migliori ricerche, io trovo che la nobiltà francese è composta per la maggior parte di uomini dotati di alto sentire e di un delicato senso dell'onore, tanto considerati individualmente come nel loro complesso di categoria sociale, su cui essi esercitano funzioni di vigilanza più di quanto non avvenga comunemente in altri paesi. Essi sono sufficientemente ben educati, molto cortesi, umani e ospitali, franchi e aperti nella loro conversazione. Hanno un buon tono di spirito militare e non mancano di una opportuna vernice culturale, specialmente in fatto di letteratura inglese. Molti raggiungono anche un livello assai superiore a questo. Io parlo però di quelli che si incontrano generalmente.

    Quanto al loro modo di comportarsi con le classi inferiori, esso mi apparve umano e in qualche cosa più vicino alla famigliarità di quanto non sia generalmente praticato da noi. nei rapporti tra le più alte e le più basse etere sociali. Scendere a percosse contro chiunque, fosse pure della più misera condizione, era per loro una cosa in certo modo sconosciuta ed essi l'avrebbero considerata affatto disonorante. Le istanze della parte più umile della comunità per altri maltrattamenti, erano rare; e quanto agli attentati contro la proprietà o la libertà personale degli umili io mai intesi da essi nulla di simile; ne tale tirannia sui sudditi sarebbe mai stata permessa, mentre erano in vigore le leggi dell'antico governo. In riguardo ai proprietari di terre io non trovo alcuna censura da muovere contro la loro condotta; e tuttavia molto è da. censurare e molto da augurarsi cambiato in parecchi dei vecchi sistemi. Dove la loro terra era data in affitto, non trovai che i loro contratta coi fittavoli fossero vessatori ; né, quando le terre erano ceduto a mezzadria, io intesi che generalmente essi avessero tatto la parte del Icone. Le proporzioni non sembravano ingiuste. Potranno osservi state delle eccezioni, ma certo esse non erano che eccezioni. Non ho motivo di credere che a questo riguardo la nobiltà francese di campagna fosse peggiore dell'alta borghesia di campagna di codesto paese; certo, per nessun rispetto ai comportava in modo più vessatorio dei proprietari non nobili. Nelle città la nobiltà non ha affatto prevalenza di potere ; nella campagna "e ha ben poca. Voi sapete, Signore, che gran parte del governo civile e le funzioni di polizia nelle loro parti essenziali non erano nelle mani di quella nobiltà che noi principalmente consideriamo. La. rendita, di cui la determinazione e l'esazione erano il compito più gravoso del governo francese, non era amministrata dagli nomini di spada ; né essi erano responsabili dei difetti nei suoi principi o delle vessazioni, se ne esistevano, della sua amministrazione.

    Mentre io nego, poggiando il mio giudizio sopra le migliori garanzie, che la nobiltà abbia preso alcuna parte considerevole nella oppressione del popolo, almeno nei casi in cui si è verificata un'oppressione vera e propria, sono però pronto ad ammettere che essa non va immune da colpe e da errori. Una dissennata smania di imitare gli aspetti e gli atteggiamenti della nobiltà inglese nel lato peggiore che questa presenta, al punto da snaturare il suo carattere genuino senza sostituirvi quegli elementi che precisamente si desiderava imitare, tutto ciò ha contribuito senza dubbio a rendere la nobiltà francese assai peggiore di quanto non fosse per l’addietro. In Francia più che in Inghilterra era facile scorgere esempi di persistente dissolutezza nella condotta di uomini aventi già superato il periodo di vita giovanile che crea qualche scusante all'abitudine dei disordini ; questa invalsa degenerazione lasciava costì minore adito a speranza di rimedio, pur essendo sotto certi aspetti meno dannosa, in quanto dissimulata sotto un'apparenza di decorosità esteriore. La nobiltà francese ha troppo risentito l'influsso di quella filosofia licenziosa che ha contribuito alla sua rovina.

    Ed anche un altro errore penetrò in mezzo ad essa, più fatale del primo. Oli uomini dei Comuni, che quanto a ricchezza erano di pari grado ed anche superiori a molti membri della, nobiltà, non trovavano pieno riconoscimento ne piena ammissione in quell'alto rango che la ricchezza deve occupare in ogni paese rotto da un ragionevole criterio politico ; sebbene io riconosca che la ricchezza non possa mai eguagliare il valore della dignità nobiliare. Queste due classi di aristocrazia erano troppo esasperatamente separate; e tuttavia lo erano meno che non in Germania e in qualche ultra nazione.

    Tale separazione, come altra volta mi sono preso la libertà di indicarvi, penso che sia stata una delle cause principali che operarono alla distrazione della antica nobiltà. Particolarmente le dignità militari erano riservate al privilegio di nascita secondo un criterio eccessivamente esclusivista. Ma dopo tutto era questo un errore di opinione che si sarebbe facilmente rettificato opponendovi un'opinione contraria. La costituzione di una assemblea permanente, nella quale i Comuni potessero conseguire la loro parte nell'esercizio del comando, avrebbe ovviato ben presto agli inconvenienti provocati dal persistere di distinzioni che fomentavano gelosie offensive; e anche i difetti morali della classe nobiliare si sarebbero probabilmente corretti grazie alla grande varietà di occupazioni e di compiti che sarebbero sorti con l'istituirsi di un sistema costituzionale fondato sulla cooperazione degli Ordini.

    Io credo che tutta la violenta polemica centro la nobiltà altro non sia che una montatura artificiosa. Giacché il fatto di trarre onori ed anche privilegi in forza di leggi stabilite, di riconoscimento della pubblica opinione, di tradizione inveterata nel costume nazionale, di giudizi invalsi nella coscienza dei secoli, non ha in sé nulla che possa provocare l’orrore o l'indignazione. Anche il fatto di renderei difensori tenaci di questi privilegi non costituisce in alcun modo un delitto. Lo sforzo energico che ogni individuo esercita per difendere il possesso, che egli sente appartenergli come titolo di distinzione, è anzi un'elementare difesa insita nella natura umana per oppugnare la minaccia di sopraffazioni ingiuste e dispotiche. Esso opera come istinto, per garantire la proprietà e preservare l'ordine pubblico secondo una costituzione definita. Che c'è di sconveniente in tutto questo? La nobiltà è un coronamento ornamentale dell'ordine civile ; è quasi il capitello corinzio che regge l'armonia sociale, Omnes boni nobilitati semper favemus ; tale è il detto di un uomo sapiente e buono. E’ anzi un segno di spirito liberale e bennato quello che determina un'inclinazione di parziale favore verso la nobiltà stessa. Bisogna essere privi di qualunque ispirazione superiore per covare nel cuore il proposito di livellare ad una medesima stregua tutte le gerarchie istituzionali che sono state introdotte per dare consistenza alle valutazioni degli uomini e permanenza tangibile al fluttuare dei criteri estimativi. È indice di una disposizione d'animo maligna, livida, inacidita, priva di senso della realtà, incapace di apprezzare alcun simbolo figurativo della virtù emergente, quella che induce gli uomini ad assistere con gioia alla immeritevole caduta di ciò che per lungo volgere di tempo era fiorito nella splendida maestà degli onori. Per mio conto vorrei che mai si vedesse il segno di cose distrutte, di devastazioni prodotte nel corpo della società, di rovine accumulate sulla faccia della terra. Per questo fu senza dolore e senza disapprovazione che il risultato delle mie indagini e dei miei studi mi portò a concludere non esservi stato nella nobiltà francese alcun vizio di natura incorreggibile o alcun abuso il quale non avesse potuto venire rimosso in altro modo che con quello troppo sbrigativo della soppressione. La vostra nobiltà non meritava di essere punita; ma voi l'avete degradata, e degradandola la puniste.

    Fu con uguale senso di soddisfazione che i risultati di una analoga inchiesta: riguardante la situazione del clero francese mi portarono a conclusioni non dissimili da quelle precedenti. Io non mi lascio ingannare quando sento dire che qualche grande collettività umana si trova in uno stato di irrimediabile corruzione; e non sono disposto a soverchia credulità quando sento taluno parlare male di coloro che egli stesso ha intenzione di predare e derubare. Sono anzi indotto a sospettare che la lusinga di un profitto da, trarre coll'esercizio di una punizione, induca gli accusatori a inventare di sana pianta o comunque esagerare i difetti delle vittime. Un nemico è sempre pessimo testimonio : se poi è un ladro, lo è anche di più. Concediamo fuor di dubbio che esistessero in questo Ordine molti vizi e molti abusi; così doveva essere. L'ordine era infatti stabilito da antica, data e non aveva subite frequenti revisioni. Ma nei singoli individui che lo componevano io non ho constatata la responsabilità di delitti tali che meritassero l'intera confisca dei loro beni e nemmeno quegli insulti crudeli e degradanti e quelle persecuzioni contro natura, che si sono perpetrate là dove sarebbe stato preferibile compiere opera di riforma miglioratrice.

    Se mai si fosse accertata una giusta causa a legittimare quella nuova persecuzione religiosa, i libellisti atei che lavorano come strilloni per aizzare il popolaccio al saccheggio non avrebbero desiderato di meglio che la gioia di descrivere e di ostentare le turpitudini del clero contemporaneo.

    Ma essi non hanno fatto questo. Sono stati costretti a frugare nelle storie dei secoli trapassati (il che hanno fatto con uno spirito di tendenziosità maligna ed artificiosa) per scoprirvi esempi di azioni oppressive e persecutorie perpetrate dal clero o in favore dì esso ; e questo allo scopo di giustificare, con intenzione di rappresaglia iniqua perché illogica, le crudeli persecuzioni che essi medesimi in quel momento andavano compiendo. Dopo avere distrutta ogni altra distinzione genealogica relativa alle tradizioni di famiglia, inaugurarono una specie di persecuzione atavica del delitto. Non è in verità cosa molto giusta infliggere agli uomini un castigo per le offese recate dai loro naturali antecessori; ma il fatto di considerare una pretesa discendenza fittizia, attribuita alla continuità di un organismo corporativo, di considerarla cioè come base giustificatrice onde infliggere castigo ad uomini che non hanno alcun rapporto di responsabilità verso coloro che compirono quegli atti, eccettuata l'identità di una denominazione generica collettiva, tutto ciò costituisce un raffinamento diabolico dell'ingiustizia, dovuto al progresso filosofico di questa illuminata età. L’Assemblea punisce dunque una categoria di uomini dei quali molti, se non forse i più, aborriscono le violenze perpetrate dagli ecclesiastici nei tempi antichi altrettanto quanto le deprecano i loro presenti persecutori, e sarebbero a questo riguardo pronti ad esprimere i loro convincimenti con egual forza ed eguale lealtà, qualora non fossero bene informati del verace proposito al quale mira tutta la declamatoria campagna anticlericale.

    I corpi collettivi assumono forza di perpetuità nell'interesse dei loro componenti, non per legittimare un castigo a loro danno. Le nazioni stesse sono organismi di tal natura. Secondo quel ragionamento noi Inglesi dovremmo dichiarare una guerra inesauribile contro ogni francese per il ricordo dei danni che la Francia ha recato all'Inghilterra in vari momenti delle nostre alterne ostilità. E voi dal vostro canto potreste ritenervi giustificati nel dare addosso ad ogni inglese per ricordo delle calamità senza confronto subite dal popolo di Francia durante le ingiuste invasioni dei nostri vari Arrighi o Edoardi. Se così fosse, una mutua guerra di sterminio verrebbe ad essere tra noi giustificata reciprocamente altrettanto quanto è giustificata la persecuzione che voi conducete contro i vostri concittadini odierni, senza che essi vi provochino, ma soltanto per riguardo alla condotta tenuta in altri tempi da uomini che recavano la stessa qualifica nominativa.

    Noi non andiamo a cercare nella storia tutti quegli ammaestramenti morali che potremmo trovarvi. Al contrario, se non si fa grande attenzione, la storia medesima potrebbe essere impiccata a viziare le nostre coscienze e a distruggere la nostra felicità. La storia racchiude in se un grande libro, capace dì ammaestrarci traendo dall'esperienza dei passati errori e delle debolezze umane gli elementi di una futura saggezza. Ma se è impiegata con intenzione perversa essa può offrire un deposito pronto a fornire armi offensive e difensive alle fazioni che si costituiscono in seno alla chiesa e allo stato, porgendo loro il mezzo per resuscitare dissensi ed animosità rifomentando la violenza delle lotte civili. La storia consta per massima parte di una rassegna che accoglie tutte le miserie provocate nel mondo dall'esasperazione dell'orgoglio, dell'ambizione, dell'avarizia, della vendetta, dell'arbitrio, della sediziosità, dell'ipocrisia, dell'impulsività, e insomma di tutti quei disordinati appetiti che tormentano la società provocando in essa

    .... furenti procelle che scuoton
    l'umana, vita e che la rendon grama.

    I vizi sopra denunciati sono le cause reali di queste procelle. La religione, la morale, le leggi, le prerogative, i privilegi, le libertà, i Diritti dell'Uomo, sono soltanto i pretesti. I pretesti si presentano sempre sotto la speciosa apparenza di qualche beneficio reale. Voi non garantireste l'umanità dal pericolo della tirannide o della sedizione quand'anche riusciste a strappare dalle coscienze quei principi ai quali tali pretesti frodolenti vengono applicati. E se mai cercaste di compiere un simile sradicamento, vi trovereste ad avere divelto ogni elemento prezioso che adorna la coscienza degli uomini. Allo stesso modo che quelli sopracitati costituiscono i pretesti, così accade che nelle grandi crisi gli attori e gli strumenti ordinari sono re, preti, magistrati, assise senatorie, parlamentari, assemblee nazionali, giudici, comandanti militari. Voi non riuscirete a togliere di mezzo il danno, quand'anche abbiate risolto che non debbano più esservi né monarchi, né ministri di stato, né sacerdoti della religione, né interpreti del diritto, né ufficiali generali, né consigli pubblici. Potrete cambiare le denominazioni ; ma le cose sostanzialmente rimarranno come prima. Un certo quantum di potere deve sempre esistere in una comunità, in qualsivoglia mano e sotto qualsivoglia appellativo. Gli uomini assennati mireranno ad applicare i loro rimedi per redimere i guasti sostanziali e non già le denominazioni formali; cercheranno di agire su quelle cause del male che hanno carattere permanente ; non già sopra gli organi occasionali attraverso ai quali esse si manifestano e sopra le modalità transitorie con cui esse si producono. Chi fa altrimenti si comporta da saggio in via teorica, ma da pazzo in via pratica.

    Raramente due età presentano il medesimo aspetto nei loro atteggiamenti esteriori e le medesime apparenze di dannosità. Il geme della malvagità è ben altrimenti inventivo. Mentre voi state discutendo intorno alla forma del fanale, quella forma è già cambiata. Difetti perfettamente identici ai primi assumono ora una nuova apparenza.

    È lo spirito sostanziale delle cose che trasmigra ; e ben lontano dallo smarrire il principio che gli dà vita per il cambiamento avvenuto nella sua veste esteriore, al contrario esso rinnova se medesimo incarnandosi negli organi mutati col fresco vigore di una ripresa attività giovanile. Questo spirito muta sede e continua le sue scorrerie insinuatrici mentre voi tormentate il cadavere che esso ha abbandonato o vi accanite a frugare una tomba già deserta. Così accade che mentre voi prendete paura dei fantasmi e delle apparizioni la vostra stessa casa diventa il covo abituale dei ladri.

    La medesima cosa accade a tutti coloro che considerando i fatti storici soltanto nella superficie esteriore sono persuasi di marciare in guerra contro l'intolleranza, la crudeltà, il dispotismo; mentre col pretesto di esecrare e condannare i guai derivanti dalle vecchie forme politiche non fanno che rinnovare e fomentare, sotto l'aspetto di una differente faziosità, i medesimi guai del tempo antico, forse anche peggiorati.

    Anticamente i vostri concittadini di Parigi si sono resi strumenti esecutori dei massacri perpetrati contro i seguaci di Calvino nella infame notte di S. Bartolomeo. Che cosa diremmo noi se taluno pensasse di agire con rappresaglia ai danni dei parigini d'oggi per prendere su loro vendetta degli orrori compiuti a quel tempo? Certamente oggi tutti i parigini sono portati ad aborrire quel massacro. Non ostante la loro ferocia non è difficile che essi disapprovino quegli atti ; e ciò perché i dottrinari politici di oggi non hanno interesse a provocare la passione della folla in quella medesima direzione in cui era stata provocata allora. Ma ciò non ostante ritengono loro vantaggio aizzare nello spirito pubblico disposizioni egualmente selvaggie. Soltanto ieri essi hanno portato nulla scena l’enormità di quel massacro spaventevole affinchè venisse rappresentato per divertire i discendenti di coloro che lo avevano perpetrato.

    In quella tragica farsa vollero riprodotto il personaggio del Cardinale di Lorena nella piena pompa delle sue funzioni e in atto di ordinare il massacro generale. Forse che questo spettacolo era inteso a generare nello spirito del popolo parigino aborrimento dei metodi persecutivi e ripugnanza contro ogni effusione di sangue? — No; era invece per istigare il popolo alla persecuzione contro i propri pastori ; era per eccitarlo, provocando in esso disgustoso orrore contro il clero, a compiere con maggiore acredine e con maggiore animosità la distruzione di un ordine, che non soltanto ha diritto alla propria esistenza ma deve esistere circondato di garanzie e di rispetto.

    Tutto questo era stato compiuto allo scopo di stimolare gli appetiti cannibaleschi della folla, che si sarebbero potuti ritenere sufficientemente saziati, offrendo loro nuovi elementi di eccitazione onde renderli più solleciti di fronte alle eventualità di nuovi massacri che avrebbero potuto coronare i sanguinosi progetti dei nuovi Duchi di Guisa.

    Una Assemblea nella quale sedevano in moltitudine sacerdoti e prelati fu obbligata a sopportare simili indegnità alle sue proprie porte. E tuttavia l'autore di esse non fu cacciato in galera e coloro che si prestarono a quella rappresentazione scenica non furono rinchiusi in casa di correzione.

    Non molto tempo dopo l'esecuzione di tale spettacolo gli attori si presentano all'Assemblea per reclamare i diritti di quella medesima religione che essi avevano osato schernire in tal modo ; e mostrano le loro facce postribolari dentro al Senato mentre l'Arcivescovo di Parigi, la cui funzione era dal popolo conosciuta solo in quanto si esercitava per mezzo di preghiere e di benedizioni, e la cui ricchezza era nota solo in quanto si effondeva per mezzo di elemosine, è costretto ad abbandonare la sua casa e deve allontanarsi dal gregge dei suoi protetti, che si avventano contro di lui a guisa di lupi rapaci; e questo perché nel secolo decimosesto il Cardinale di Lorena era stato ribelle ed assassino.

    Tale è l'effetto che deriva da una pervertita interpretazione della storia, compiuta da coloro che con la medesima nefasta intenzione hanno pervertita ogni altra forma di dottrina. Ma chi ha la capacità di elevarsi con la ragione fino a quell'altezza che consente di espandere lo sguardo sui secoli e di paragonare gli eventi da un equanime punto di vista, così che i piccoli nomi scompaiono insieme con le minute distinzioni dei vari partiti, null'altro discernendo se non il valore morale che contraddistingue le azioni umane, potrà ben gridare in faccia ai filosofanti di Palaia Royal : " Il Cardinale di Lorena è bensì stato un assassino nel secolo decimosesto ; voi avete la gloria di essere assassini nel secolo decimottavo; è questa la sola differenza che intercede tra lui e voi".

    Ma la storia nel secolo decimonono, meglio intesa e meglio impiegata, insegnerà, voglio ben crederlo, alla posterità incivilita ad esecrare con ugual forza i misfatti di entrambe quelle barbare età. Insegnerà ai sacerdoti e ai magistrati futuri a non incrudelire con rappresaglie sulle inoffensive speculazioni teoriche di quelli che saranno gli atei dell'avvenire, facendo loro scontare tutte le enormità che nel tempo presente vanno commettendo gli zelatori furibondi e fanatici di quel detestabile errore, che in condizioni normali porta già in sé una punizione fin troppo grande non appena venga accolto. Insegnerà alla posterità a non muovere guerra né contro la religione né contro la filosofia sotto pretesto di punire gli abusi che gli ipocriti possono avere perpetrati m queste due sublimi attività dello spirito ; attività che rappresentano il più prezioso dono concesso dalla bontà del Protettore universale, il quale in ogni cosa favorisce e protegge eminentemente la razza umana.

    Se il vostro clero, o il clero di alcun altro paese, si fosse mostrato difettoso oltre quei limiti di tolleranza che devono essere considerati come inerenti alle intrinseche debolezze della psiche umana, e per più gravi difetti di quelli che nell'esercizio professionale difficilmente vanno separati dalle virtù, quantunque nulla anche in questo caso valga a giustificare l'oppressione, tuttavia io ammetto che ciò potrebbe diminuire notevolmente la nostra indignazione contro gli autori di quella tirannica rappresaglia che ha ecceduto ogni misura di equanimità e di giustizia nell'esercizio del potere punitivo. Ben posso perdonare ad un uomo che veste abito ecclesiastico, al disopra di ogni specificazione settaria, una certa insistenza esclusivista nel professare la propria opinione; una esuberanza di zelo nel propagarla ; una predilezione riferita ai ranghi e all'esercizio del proprio ministero; un attaccamento partigiano agl'interessi dell'ordine suo; qualche preferenza verso coloro che accondiscendono docilmente alle dottrine professate, a pregiudizio di coloro che, deridendo, le rifiutano. Riconosco e concedo tutto questo perché mi sento uomo che vive in mezzo a rapporti umani e perché non vorrei a mia volta cadere nella peggiore di tutte le intolleranze, facendo violenza ai principi della tolleranza. È necessario sopportare le imperfezioni altrui fino a quel limite in cui esse degenerano in forma delittuosa.

    Indubbiamente la tendenza delle passioni a progredire e la facilità con cui le predisposizioni al vizio si tramutano in quest'ultimo devono essere prevenute con occhio vigile e con mano ferma; ma è possibile affermare con certezza che il clero francese, considerato come corpo in generale, abbia, veramente varcati tutti i limiti di una legittima indulgenza? A giudicare dallo stile sistematico che presentano tutte le vostre pubblicazioni recenti, di qualunque sorta esse siano, si sarebbe indotti, a credere che il vostro clero di Francia fosse una specie di mostro collettivo; orrenda mescolanza di superstizione, ignoranza, infingardaggine, frode, avarizia, tirannide. Si può dire che questo sia vero? È forse vero che il decorrere del tempo, il cessare degli opposti interessi, le dolorose esperienze dei mali risultanti dall'accanimento delle fazioni, non abbiano gradualmente esercitata influenza alcuna per migliorare Io spirito del clero? È forse vero che esso abbia incessantemente rinnovate le sue inframettenze a danno della podestà civile, turbando la quiete domestica del paese e rendendo l'azione del governo debole e precaria? È forse vero che il clero dei nostri giorni abbia gravato con mano di ferro ai danni della gente laica accendendo per ogni dove i roghi di una selvaggia persecuzione? Dobbiamo proprio dire che usando ogni mezzo fraudolento esso abbia cercato di ingrandire i propri dominii, di usufruire di benefici oltre i limiti del suo buon diritto? Oppure si deve credere che, commettendo un torto ed una illegalità, il clero abbia convertito in torma di estorsione vessatoria quella che poteva essere una sua facoltà giuridicamente riconosciuta? E trovandosi privo di potere, si macchiò mai delle colpe che venivano attribuite a invidia del potere medesimo? Apparve mai agitato da uno spirito di controversia violento e litigioso? Inquietato da ambiziosa smania di prepotere intellettuale, il clero si dimostrò forse pronto a ribellarsi contro la magistratura, a incendiare le chiese e massacrare i sacerdoti di altre confessioni religiose, a rovesciare gli altari e ad aprirsi il passo verso una forma di imperialismo dottrinale sulle rovine di un sovvertito ordine governativo, talora col mezzo dell'adulazione, talora col mezzo della forza, a fine di coartare le coscienze degli uomini inducendole a rifiutare ossequio alle pubbliche istituzioni per soggiacere all'autorità personale dei preti, così da rivolgere l'iniziale pretesto di una reclamata libertà, all'esercizio finale di un potere abusivo?

    Tali, almeno in parte, erano i vizi imputati, non sempre del tutto senza fondamento, a qualche ecclesiastico dei tempi antichi, il quale poteva appartenere all'uno o all'altro dei due grandi partiti che allora dividevano, sconvolgendolo, il mondo europeo.

    Se in Francia, non meno visibilmente che in altri paesi, si verificò poi una grande diminuzione anziché un incremento dei difetti sopraccennati, in luogo di ritenere colpevole il clero attuale per delitti perpetrati da altri e di attribuire ad esso quel carattere odioso che era proprio di altri tempi, in linea di comune equità il clero avrebbe dovuto essere incoraggiato con lode e secondato in questo sforzo che esso compiva a fine di stornare dal proprio spirito l'infelice retaggio dei predecessori e di assumere uno stile di coscienza ed un comportamento di modi meglio adeguati al prestigio delle sacre funzioni.

    Quando io ebbi occasione d'andare in Francia, presso a poco sul declinare dell'ultima Monarchia, il clero, gotto tutti i suoi aspetti, attrasse una parte considerevole della mia curiosità. Ben lontano d'aver fatto una raccolta di pubbliche lagnanze o di recriminazioni ai danni di quella categoria (eccezion tutta per una sola setta di individui, non molto numerosa ma molto attiva), ho notato, contrariamente a quanto mi aspettavo dopo la lettura di alcune pubblicazioni, che sul conto dei preti vi era pochissimo malcontento così in pubblico come in privato. Approfondendo le mie ricerche ho notato che il clero era generalmente composto di persone equilibrate nel giudizio e dignitose nei comportamenti, includendo tanto i secolari quanto i regolari d'ambo i sessi. Non ho la buona fortuna di conoscere su larga scala, il clero delle parrocchie; ma in generale ho ricevute ottime relazioni intorno alla sua moralità ed al suo zelo nell'adempimento del dovere. Con alcuni personaggi delle alte gerarchie ecclesiastiche io tengo relazione diretta; e quanto al rimanente di questa medesima classe mi credo assai bene informai.). Quasi tutti coloro che la compongono sono uomini di nascita nobiliare; in onesto molto somigliano ili loro pari; e quando ho marcata alcuna differenza dovetti segnarla a favore degli ecclesiastici. Essi hanno avuta una educazione più profonda e completa che non quella della nobiltà militare, deficiente al punto da imbarazzare per incompetenza l'esercizio della sua professione e per mancanza di idoneità l'esercizio del comando autoritario.

    Quelli sono parsi a me spiriti liberali ed aperti oltre i limiti della mentalità clericale ; avevano il temperamento del gentiluomini e la loro caratteristica suscettibilità d'onore; né insolenti nella condotta né servili nel contegno. Mi sono parsi come una élite d'uomini superiori ; come una gerarchia aristocratica nella quale senza sorpresa potremmo riconoscere un Fénélon.

    Ho trovato nel clero parigino (e credo che altrove non si possano trovare in numero tanto alto) uomini di grande sapienza e di grande candore ; e per varie ragioni fui indotto a credere che gente di tal fatta non esistesse soltanto nella città capitale.

    Ciò che io ho trovato in altre parti aveva il carattere degli incontri fortuiti ; e per questo i casi occorsimi possono essere considerati come buoni esempi della generalità. Ho trascorso alcuni giorni in una città di provincia dove in assenza del vescovo passavo le serate in compagnia di tre sacerdoti che erano suoi vicari generali ; persone che avrebbero fatto onore a qualunque organizzazione religiosa. Erano tutti assai colti ; due di essi presentavano un'erudizione profonda ed estesa tanto sul mondo antico quanto sul moderno, così su quello orientale come su quello occidentale ; soprattutto nelle materie inerenti al loro ministero. Quei prelati avevano una conoscenza dei nostri teologi inglesi molto più estesa di quanto io non aspettassi e sapevano penetrare il recondito spirito di questi autori con critica acutezza. Uno di quei gentiluomini è morto da poco; l'abate Morangis. Pago senza. esitazione il mio tributo di omaggio alla memoria di quella persona eccellente e dotta, nobile e reverenda; e sarei pronto a tare lo stesso per riconoscere con eguale spirito di benevolenza i meriti di tutti gli altri che credo siano ancora viventi, se non avessi timore di nuocere col solo nominarli a quegli infelici, ai quali non mi è possibile prestare aiuto.

    Alcuni dei vostri ecclesiastici d'alto rango sono persone degne di meritare, sotto ogni riguardo, un profondo e generale rispetto. Hanno diritto alla riconoscenza mia e di molti Inglesi. Se mai questa mia lettera potesse cadere in loro mano, spero che essa valga a convincerli che nella nostra, nazione vi è molta gente la quale prende parte con eccezionale sensibilità alla loro immeritata condanna, deprecando la crudele confisca dei beni da cui furono colpiti. Ciò che io vado dicendo di loro costituisce, per quanto almeno la mia debole voce può fare, un tributo di verità. Ed io saprò rinnovare questo tributo ogni qualvolta si ripresenti a me il problema di quella illecita persecuzione. Nessuno al mondo può vietarmi di essere un uomo giusto e riconoscente. Le circostanze attuali reclamano l'adempimento di questo dovere ed è particolarmente opportuno dar prova di questi scotimenti proprio nel momento in cui coloro che hanno bene meritato di noi e del genere umano soffrono sotto l'assillo dell'ingratitudine pubblica e sotto le persecuzioni di una potestà oppressiva.

    (continua)

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    Prima della vostra rivoluzione vivevano presso di voi circa 120 vescovi. Alcuni di essi erano uomini di segnalata santità e di carità illimitata. Quando poi si voglia parlare di virtù eroica, allora senza dubbio si tocca un motivo d'ordine eccezionale. Credo che gli esempi di una estrema depravazione siano stati in quella categoria di uomini altrettanto rari quanto gli esempi di una trascendentale santità. Si potranno benissimo scoprire casi di avarizia, di licenziosità, ed io non voglio contestarli a coloro che si deliziano in una serie di ricerche approdanti a tali scoperte. Nessun uomo della mia età potrà meravigliarsi di constatare che in ogni classe sociale si diano esempi di persone le quali non si accostano al modello della vita perfetta e della rinunzia disinteressata alle ricchezze e ai piaceri ; cose che molti desiderano, ma che ninno esige con maggior rigore di coloro i quali si mostrano estremamente preoccupati del proprio interesse nonché indulgenti verso le proprie passioni.

    Quando io feci il mio viaggio in Francia constatai per certo che il numero dei prelati corrotti non era grande. In mezzo a loro qualche individuo non troppo disciplinato quanto a regolarità di condotta compensava tali manchevolezze con altre virtù ; e si mostrava ugualmente provvisto di qualità che lo rendevano utile alla chiesa e allo stato. Ho sentito dire che, salvo poche eccezioni. Luigi XVI era anche più attento e scrupoloso del suo immediato predecessore nel vagliare i caratteri degli individui prima di promuoverli ai ranghi ecclesiastici ; e credo che ciò possa essere vero, poiché l'intero regno di quel sovrano fu caratterizzato da una prevalente esigenza epuratrice.

    Ma la potestà che oggi tiene il governo non ha dimostrato altra intenzione se non quella di saccheggiare i beni ecclesiastici. Essa ha inflitta una punizione a tutti gli ecclesiastici indistintamente ; il che torna, almeno quanto a reputazione, a tutto vantaggio dei viziosi. Si è costituita una forma di retribuzione degradante, a guisa di pensionato ; cosicché nessun uomo dì idee liberali e di condizioni civili vorrà più destinare i propri figli al sacerdozio. Questo recluterà i suoi adepti solo nelle infime classi popolari. Nel vostro paese il basso clero non si trova in numero sufficiente all'adempimento dei doveri che gli competono ; e siccome questi doveri sono eccessivamente dettagliati e penosi e voi non concedete alcun favore alle classi medie del clero, accadrà che in avvenire ogni impulso di scienza e di erudizione si troverà bandito dalla chiesa francese. Per mettere in esecuzione il proprio disegno, senza alcun riguardo ai diritti dei patroni, l'Assemblea ha deciso che d'ora innanzi ogni carica ecclesiastica debba essere elettiva; disposizione che allontanerà dalle funzioni del sacerdozio ogni uomo di spirito temprato, vale a dire tutti coloro che possono aspirare a rendersi indipendenti nelle loro funzioni e nella loro condotta.

    Essi finiranno per lasciare l'intero compito direttivo dello spirito pubblico nelle mani di una banda d'uomini miserabili, licenziosi, faziosi, facinorosi, violenti, adulatori, e insomma di tal natura e di tali attitudini spirituali che la loro spregevole rimunerazione, a paragone della quale il salario percepito dia qualunque gabelliere apparirà compenso lucrativo ed onorifico, costituirà il fine raggiunto a forza di intrighi bassi ed immorali. Cotali funzionari, che ancora si insiste a chiamare vescovi, dovranno essere a loro volta detti con procedimenti analogamente spregevoli; e col medesimo artificio, vale a dire con maneggi elettorali, trarranno suffragio da uomini di ogni confessione religiosa, sia essa conosciuta o magari anche inventata.

    I nuovi legislatori nulla hanno ancora deciso intorno alle funzioni che tali vescovi dovranno adempiere, quanto a principi di dottrina o di morale, né tampoco hanno fatto ciò nei confronti del clero subordinato; ma per quanto si può capire, tanto l’alto quanto il basso clero potranno a capriccio praticare o bandire qualunque sorta di dottrina religiosa od irreligiosa che meglio loro aggradi.

    Non riesco ancora ad immaginare qual genere di giurisdizione i vescovi potranno esercitare sui loro fedeli, ti neppure se essi mai riusciranno ad esercitarne una qualsivoglia.

    A farla breve, mio caro Signore, sembrami che questa nuova costituzione ecclesiastica sia soltanto un provvedimento, transitorio per preparare un atto ulteriore di abolizione totale, formulata come si voglia, della religione cristiana; cosa che sì compirà quando la coscienza degli uomini sarà pronta per quest'ultimo colpo; scopo facilmente, conseguito allorché i ministri del culto saranno caduti nel disprezzo generale. Se v'è taluno il quale non crede che i filosofi fanatici, da cui tutta questa vicenda è sorretta e guidata, abbiano da lungo tempo predisposto questo piano d'azione, quegli nulla conosce del loro carattere ne dei loro modi d'azione. Siffatti ideologi entusiasti non si fanno scrupolo di professare la loro opinione : che uno stato senza alcuna religione può vivere meglio di uno stato che ne riconosca una. Sono persuasi di saper sostituire ai benefici derivanti da qualunque fede religiosa altri benefici, condizionati all’esecuzione di un loro progetto, secondo il quale lo spirito pubblico sarebbe educato con criteri di loro invenzione, fondati sulla coscienza dei bisogni fisici dell'uomo, progressivamente spinti fino al conseguimento di un illuminato interesse personale, che quando fosse bene inteso dovrebbe secondo le loro dottrine identificarsi col più vasto interesse della società. Lo schema di questo procedimento educativo è conosciuto da lungo tempo; ma di recente fu contraddistinto con un nome nuovo, secondo l’abitudine che quei signori hanno di introdurre dovunque una rinnovata nomenclatura: il nome di Educazione Civile.

    Spero che i loro partigiani inglesi (ai quali preferisco attribuire piuttosto la colpa di una sconsideratissima condotta, anziché il consapevole proposito di conseguire questo detestabile scopo) non abbiano successo ne quanto al saccheggio della chiesa né quanto al programma di introdurre i principi dell'elezione popolare per la copertura delle nostre sedi vescovili e curie parrocchiali. Ciò costituirebbe, nello stato attuale delle cose, l'estrema corruzione della chiesa, l'estrema rovina d'ogni prestigio ecclesiastico e tornerebbe di massimo danno allo stato; danno prodotto da un fallace sovvertimento dei principi di religione. So fin troppo bene che sotto il patronato del Re e sotto quello dei Signori, così come l'uno e gli altri esistono oggi in Inghilterra e come sino alla vigilia degli eventi odierni sono esistiti in Francia, i suddetti uffici vennero falera acquisiti con metodi impropri ; ma ogni altro procedimento elettorale nelle cose ecclesiastiche, in linea generale, dà certamente luogo all'esplicarsi di malintenzionate finalità in grado assai peggiore del precedente, dato che questa ambizione si svolge ai danni di un più grande numero generando inconvenienti proporzionalmente accresciuti.

    Quelli di voi che hanno perpetrata la rapina ai danni del clero pensano di poter facilmente giustificare la loro condotta nei confronti di tutte le nazioni protestanti allegando il pretesto che il clero, fatto oggetto di degradazione, disprezzo, derisione, appartiene alla confessione Romana cattolica e cioè si trova confinato nell'ambito di una sua esclusiva convinzione dogmatica. Non dubito che anche qui, come dappertutto, trovi qualche miserabile bigotto capace di odio verso le sette e le confessioni differenti da quella a cui appartiene, senza sentire alcun interesse verso quella che è l'intima sostanza del sentimento religioso.

    Costoro si indignano assai più con quelli che differiscono da loro nei dettagliati particolari del sistema dogmatico, di quanto non facciano verso coloro che intaccano, negandoli, i fondamenti stessi della nostra fede comune. Uomini di tal genere saranno pronti a scrivere ed a parlare su questo argomento nel modo che possiamo anticipatamente immaginare, conoscendo le loro inclinazioni ed il loro carattere. Burnet dice che quando egli fu in Francia nell'anno 1683 " la ragione che ha spinto gli uomini a schierarsi per il partito del Pontefice fu questa : che essi presero a dubitare in termini generali della religione cristiana. Una volta formulato questo dubbio, la scelta di una confessione esteriore apparve cosa del tutto indifferente ". Se questa fu allora la politica ecclesiastica della Francia, vi sarebbe oggi buon motivo per esserne pentiti. Si preferirebbe ora una professione di franco ateismo alla formulazione di una religiosità non conforme al sentimento interno. Si sarebbe opportunamente pervenuti alla eliminazione di un pretesto formale e l'ateismo avrebbe utilmente compiuta questa distruzione. Credo di poter dare ragionevolmente accoglienza alla storia narrata dal Burnet, giacché anche nella mia patria ho osservato che esisteva pur troppo uno stato d'animo di tal fatta; (fosse pure m minima parte, questo sarebbe sempre un eccesso).

    Ma però tale umore non caratterizzava lo spirito in linea generale. Coloro che capeggiavano in Inghilterra il movimento della, riforma religiosa non presentavano alcuna somiglianza coi vostri attuali riformatori di Parigi. Forse essi erano, al pari di quelli che militavano nel partito opposto, dominati dall'influenza dello spirito partigiano più di quanto non dovessero; ma nutrivano una fede straordinariamente sincera; erano uomini di pietà fervente e quasi esaltata; erano pronti a morire e alcuni di essi effettivamente morirono come veri eroi per difendere le loro idee particolari intorno alla cristianità; e con egual forza, forse anche più devotamente, si sarebbero prodigati a difesa di quella particolare formazione religiosa che costituiva la confessione a cui si votarono col prezzo del loro sangue. Quegli uomini avrebbero disapprovato con orrore il contegno di coloro, che aspirano a porsi in loro compagnia per nessun'altra ragione che non sia quella d'avere derubate le persone di un partito a loro avverso, gettando il disprezzo sulla comune religiosità cristiana, per la purificazione della quale si erano prodigati gli antichi riformatori, animati da uno zelo conforme all'alto grado di riverenza sentita verso il contenuto sostanziale della fede, resa oggetto di un'esigenza riformatrice.

    Molti dei loro discendenti hanno conservato uno zelo analogo, ma reso più moderato da diminuita necessità di combattimento. Essi non dimenticano che giustizia e misericordia sono parti sostanziali dello spirito religioso. I malvagi d'oggigiorno non acquistano credito presso di loro in forza della propria iniquità e crudeltà, esercitate in qualsivoglia modo ai danni del prossimo.
    Noi sentiamo che questi nuovi teorici protestano continuamente il loro spirito di tolleranza. Ben piccolo merito va attribuito a questa razza di gente che ostenta di tollerare ogni sorta di idee, dal momento che non manifesta rispetto per alcuna di esse. Una indifferenza estesa genericamente a tutto non costituisce un segno di imparzialità equanime.

    Quella specie di benevolenza che nasce dal disprezzo non rappresenta vera carità. Si danno invece in Inghilterra numerosi esempi di persone animate da verace spirito di tolleranza. Queste pensano che tutte le formulazioni religiose, quantunque in diversa misura, siano degne ugualmente di rispetto e che si dia tra esse, al pari che fra tutte le cose di valore, una giusta scala di preferenza. Per questo il loro spirito è favorevolmente disposto a tollerare. Tolleranza che non si fonda sul disprezzo dell'opinione altrui, ma sul rispetto della giustizia.

    Uomini di tal fatta sarebbero disposti a proteggere con riverenza e con sentimento d'affetto ogni forma di religione, perché essi amano e venerano il grande principio sul quale tutti si accordano e la grande finalità verso la quale tutti si dirigono. Tale disposizione d'animo induce a scoprire in modo sempre più limpido che tutti gli uomini hanno una causa comune da vincere e un comune nemico da combattere. Quelli che sentono così non saranno mai fuorviati dallo spirito di parte al punto da non discernere ciò che è stato compiuto in favore della loro fede particolare fra tanti atti di ostilità, i quali, quantunque sembrassero diretti ai danni di quella singola confessione, erano invece sostanzialmente rivolti contro la Chiesa nella sua totalità ; cioè contro quella chiesa nella quale essi medesimi, quantunque sotto diversa qualificazione, si trovano inclusi.

    Non mi è possibile dire quale possa essere il carattere dei cittadini che, raccolti pelle diverse categorie, vivono in Inghilterra. Ma io parlo riferendomi al carattere della maggioranza e per conto di essa posso assicurarvi che il sacrilegio non è ammesso nel concetto che qui si ha del bene operare ; e che ben lungi dall'accogliere i sacrileghi di Francia nelle nostre schiere, se pure i vostri dottrinari furono per l’addietro accolti in qualche comunità è necessario che ora nascondano con ogni cura la loro dottrina, secondo la quale appare legittima la proscrizione di un innocente, ed è necessario che si affrettino a restituire ogni sorta di beni rubati. Fin a tanto che ciò non sia stato fatto i vostri professori non avranno diritto di porsi accanto ai nostri.

    Voi potete supporre che non approviamo la confisca da voi fatta delle rendite dei vescovi, dei decani, .dei capitoli, delle curie parrocchiali. rendite derivanti dal prodotto della terra come proprietà privata e indipendente, solo per il motivo che in Inghilterra noi vantiamo istituzioni di egual natura. Ma immaginate altresì che la medesima obbiezione non possa riguardare la confisca dei beni appartenenti ai monaci e alle suore nonché l'abolizione del loro ordine.

    È bensì vivo che quest'aspetto particolare della confisca, che vói avete perpetrata, in termini generali interessa l'Inghilterra, come un precedente di fatto; ma il principio che ha inspirato simile provvedimento è suscettibile di larga applicazione e capace di spingersi assai lontano. Il " Long Parliament" ha confiscato nel nostro paese le terre appartenenti ai decani e ai capitoli protestando gli stessi motivi che furono espressi dalla vostra Assemblea per la confisca delle terre appartenenti agli ordini monastici. Ma il pericolo risiede principalmente nell'avere violato un principio di giustizia e non già nella qualità delle persone a danno delle quali tale ingiustizia viene ad essere esercitata.
    Io vedo insomma che in un paese molto vicino al nostro si istituisce un costume di vita politica tale da menomare il fondamento della giustizia, la quale costituisce un interesse comune per l'umanità. Per l'Assemblea Nazionale di Francia la proprietà vale nulla ; il diritto e le tradizioni valgono nulla.

    M'accorgo che l'Assemblea Nazionale apertamente sconfessa la dottrina della prescrizione, dottrina che uno dei più grandi fra i vostri medesimi giuristi, il Domat, ci ha insegnato a considerare come parte medesima del diritto di natura; e credo che questa sia una profonda verità. Quell'autore ci insegna che la delimitazione precisa del suo contenuto e la garanzia della sua inviolabilità sono da annoverare fra le cause principali per cui è stata istituita la stessa società civile. Se voi violate una volta il principio della prescrizione, nessuna forma di proprietà sarà mai più assicurata, giacché essa diverrà oggetto tale da suscitare la cupidigia di ogni indigente.

    M'accorgo infatti che razione pratica svolta dai politici francesi corrisponde perfettamente al disprezzo che essi nutrono per questa parte grande e fondamentale del diritto di natura. Evidentemente gli autori della confisca hanno cominciato ad accanirsi contro i vescovi, i capitoli, i monasteri; non credo che essi intendano limitarsi qui. Vedo pure che i principi del sangue, i quali secondo le più antiche tradizioni di codesto regno erano soliti possedere larghe estensioni di proprietà fondiaria, sono stati privati dei loro possedimenti, avendo appena l'onore di un piccolo dibattimento giudiziario ; e in luogo di mantenere la loro condizione di proprietari stabili ed indipendenti, sono ridotti a fare assegnamento sulla precarietà di una pensione caritativa secondo il capriccio di un'Assemblea, la quale certamente avrà ben poco riguardo ai diritti dei pensionati, dato che essa ha violati i diritti dei proprietari legittimi.

    Riscaldati per l'insolenza delle loro prime ed ingloriose vittorie, angustiati dai malanni intervenuti come conseguenza della loro illegittima bramosia di lucro, delusi nella loro aspettativa, ma non per questo scoraggiati, quegli uomini si sono finalmente avventurati nel proposito di sovvertire qualsivoglia forma di proprietà per l'intera estensione di un regno vastissimo. A questo fine essi hanno costretto il pubblico, in ogni attività di commercio, in qualsivoglia impiego inerente al patrimonio fondiario, in tutti gli affari civili e in ogni contingenza di vita, ad accettare come pagamento valido, adeguato e legittimo, i simboli cartacei delle speculazioni che essi avevano compiuto mediante la vendita dei beni saccheggiati.

    Quale traccia di libertà o di proprietà hanno essi lasciato sopravvivere? Il semplice diritto di affittanza di un orto, l'interesse annuale che può dare una casupola, il valore di una bettola o di un botteghino, insomma tutto ciò che potrebbe rappresentare solamente l'ombra del diritto di proprietà, è fatto oggetto nel nostro Parlamento di una considerazione molto più scrupolosa di quanto non facciate voi riguardo alle più antiche e preziose proprietà terriere raccolte nelle mani dei personaggi più illustri, o riguardo alla somma globale degli interessi concernenti la finanza ed il commercio del vostro paese.

    Noi nutriamo un'altra opinione dell'autorità legislativa; ma non abbiamo mai pensato, neppur per sogno, che i parlamenti avessero alcun diritto di violare la proprietà ne di distruggere il principio della prescrizione né di imporre il corso forzoso di una moneta di loro propria invenzione, sostituendola a quella buona e riconosciuta dal diritto delle nazioni. Voi invece, che avete cominciato col ribellarvi all'osservanza della più temperata disciplina, aveva poi finito per instaurare il più inaudito dei dispotismi.

    Il fondamento sul quale cercano giustificazione gli autori della presente confisca è sostanzialmente questo: essi ammettono che il loro procedimento non potrebbe certo trovare ratifica in alcuna corte di giustizia; ma le norme della prescrizione non possono ritenersi coercitive di fronte all'autorità di un'assemblea legislativa (18). Da questo ragionamento consegue che vediamo l'assemblea legislativa di una nazione libera costituirsi non già per la difesa ma anzi per la violazione del principio di proprietà; e non soltanto della proprietà ma anche di ogni norma e massima capaci di garantirne la stabilità, e di quegli stessi strumenti che sono gli unici atti a consentirne la circolazione.

    Quando nel secolo XVI gli Anabattisti di Munster hanno messo a disordine tutta la Germania introducendovi il loro sistema egualitario e diffondendovi le loro selvagge teorie riguardo alla proprietà, il divampare progressivo della loro furia in qual paese d'Europa non suscitò allarmanti preoccupazioni? La saggezza, fra tutte le cose di questo mondo, è quella che più deve sentirsi terrorizzata di fronte alla minaccia del fanatismo epidemico perché costituisce fra tutti i suoi nemici proprio quello contro cui essa si trova meno capace di opporre riparo.

    Non possiamo ignorare quale spirito di ateismo fanatico sia stato diffuso in seguito a una moltitudine di scritti, divulgati con incredibile impiego di denaro e di assiduità e a forza di prediche gridate attraverso le piazze e le strade di Parigi, in ogni punto di convegno pubblico. Tutta questa compagna polemica ha sparso nel popolaccio uno spirito di fosca e selvaggia atrocità, tale che ha sostituito nelle masse il sentimento comune della natura umana insieme con tutti gli altri sentimenti di morale e di ragione ; al punto che quei disgraziati si sono lasciati indurre a sopportare con tetra pazienza gli intollerabili disastri di cui furono resi bersaglio in conseguenza delle violente convulsioni e dei perturbamenti introdotti nel regime di proprietà. Lo spirito di proselitismo è sempre accompagnato da uno spirito di fanatismo. I propagandisti hanno delle organizzazioni apposite per mistificare, fuori e dentro i confini della nazione, le corrispondenze con le quali svolgono la diffusione delle loro teorie. La repubblica di Berna, che è una delle più felici, prosperose e meglio governate contrade della terra, costituisce uno dei principali obbiettivi contro cui si rivolgono le intenzioni distruttive di quei signori.

    Mi è stato detto che in certo modo essi avevano raggiunto il loro scopo seminando i germi del malcontento. Si sono fortemente introdotti in tutta la Germania, senza però intaccare la Spagna e l'Italia. Quanto all'Inghilterra, non è stata esclusa dal piano programmatico ordito dal loro perverso e falso interessamento; e in Inghilterra quelli che tendono le braccia verso di loro, quelli che da vari punti raccomandano l'esempio francese, quelli che in periodiche riunioni amano istituire raffronti onde applaudire ed esaltare i rivoluzionari della Senna proponendoli come oggetto di imitazione, quelli che ricevono da loro impegnative di fraternità e vessilli consacrati in mezzo ai riti e ai misteri rivoluzionari (vd. gli Atti della Confederazione di Nantes), quelli che suggeriscono di stringere coi Francesi alleanze e patti di perpetua amicizia, si trovano in contraddizione con l'autorità a cui la costituzione inglese ha delegato in forma esclusiva la capacità federativa del regno; autorità alla quale compete nel tempo medesimo anche il potere di dichiarare la guerra contro lo straniero, ove lo credesse opportuno.

    Ciò che io temo non è che, seguendo l'esempio della Francia, si giunga anche in Inghilterra alla confisca dei beni ecclesiastici; il che per altro, costituirebbe un male non indifferente. Il grave tema delle mie preoccupazioni è che in Inghilterra non si giunga mai a considerare come mezzo politico di Stato il ricorso alla confisca dei beni, siano essi di qualsivoglia maniera; e neppure che alcuna categoria di cittadini sia mai indotta a considerare un'altra qualsivoglia categoria come un oggetto di creta.

    Le nazioni affondano sempre più nel pelago di una passività finanziaria senza limiti. Il Debito pubblico, che originariamente costituiva un pegno di sicurezza per i governi, interessando una grande quantità d'individui al mantenimento della pubblica quiete, diverrà probabilmente, a causa del suo eccedere illimitato, la fonte della rovina generale. Se i governi cercano di ovviare a questo immenso deficit gravando la mano sulle imposizioni fiscali, periranno a. cagione dell'odio popolare. Se poi non cercheranno di porre rimedio al male, si troveranno battuti in breccia dalle forze coalizzate del più pericoloso fra tutti i partiti : voglio dire dallo scontento generale dei detentori del credito monetario, resi bersaglio di ingiuria. Gli uomini che compongono questa categoria, preoccupandosi della loro sicurezza, in un primo momento fanno calcolo sulla fedeltà del governo; in un secondo momento sulla sua valida potenza. Ma quando scoprono che i regimi tradiscono debolezza e sfacelo, che tutte le loro energie sono tanto rilassate da non costituire alcuna garanzia adeguata al fine proposto, essi cominciano a cercare il modo di instaurare governi nuovi, che siano provveduti di una forza più valida; e questa forza non deriverà da una acquisizione genuina di potenza nuova ma da infrazione dei principi di giustizia.

    Le crisi rivoluzionarie presentano circostanze favorevoli all'attuarsi dei propositi di confisca; e non è possibile antivedere sotto quali pretesti essa verrà autorizzata alla prima occasione. Sono sicuro che i principi che oggi predominano in Francia si estenderanno a quella grande quantità di persone e di classi sociali che nei diversi paesi considerano la loro pacifica indolenza come un pegno di sicurtà. Questa specie di inconsapevolezza, che è caratteristica dei detentori della proprietà, potrà facilmente essere fraintesa, come fosse prova di una intrinseca inutilità ; il che porgerà ulteriori pretesti per concludere sopra una loro pretesa inettitudine alla valorizzazione della proprietà medesima.

    In molti stati europei si manifesta oggi una condizione di aperto disordine. In altri stati ancora si sparge un mormorio minaccioso e sotterraneo ; si fa sentire un movimento confuso che lascia temere un terremoto generale attraverso tutta la compagine del mondo politico. Già in vari luoghi si vanno costituendo organizzazioni di corrispondenza e gruppi federativi di natura assolutamente straordinaria. In simile condizione di cose siamo tenuti a metterci sulla difensiva. Ogni qualvolta si producono cambiamenti (se mai cambiamenti debbono prodursi) la circostanza che più delle altre contribuisce ad attenuare i mali che li accompagnano ed a promuovere quel tanto di bene che gli eventi possono produrre, è che noi ci troviamo sempre cogli spiriti preparati a un tenace rispetto della giustizia per tutelare il principio della proprietà.

    Ma forse verrà obbiettato che la confisca attualmente perpetrata in Francia non deve gettare l'allarme nelle altre nazioni. Si va proclamando che quell'atto non è stato dettato da una sconsiderata smania di rapina, ma al contrario costituisce un grande provvedimento di politica nazionale, inteso a rimuovere un grave, estesissimo danno fomentato dalle superstizioni del tempo antico. In verità non mi riesce di separare la politica dalla giustizia senza compiere un gravissimo sforzo. La giustizia è in se stessa il grande fondamento politico della società civile ed ogni qualvolta si compie una grave deroga dai suoi principi, sotto circostanze determinate, ciò induce nel sospetto che la politica stessa manchi del suo contenuto essenziale.

    Quando gli uomini sono indotti dalle norme del diritto esistente ad adottare un certo sistema di vita, trovandovi quella protezione che il diritto garantisce a chiunque svolga una legittima attività; allorché su di esso vanno plasmandosi tutte le idee ed atteggiandosi tutte le tradizioni; allorché il diritto stesso per lunga consuetudine ha generata la convinzione che l’osservanza delle sue norme costituisca un titolo di reputazione, e che la loro violazione dia motivo di discredito e giunga fino all'estremo di un reato; allora io ritengo che sia cosa ingiusta ledere per mezzo di un atto legislativo arbitrario e subitaneo la coscienza e il sentimento del pubblico, degradare una classe cospicua d'individui dal rango e dalla condizione precedentemente occupati, e stigmatizzare con infamante disprezzo il contenuto di quelle stesse tradizioni che precedentemente rappresentavano la misura e la garanzia della loro onorata dignità. Se si aggiunga il fatto che quei cittadini furono espulsi dalle loro abitazioni e subirono una confisca generale di tutti i loro beni, confesso di non essere abbastanza sagace per iscoprire in che cosa questa dispotica violazione perpetrata a danno della fede, delle coscienze, delle tradizioni, delle proprietà individuali, si diversifichi dai caratteri della tirannide più fosca.

    Se l'ingiustizia delle vicende che oggi travagliano la Francia è manifesta, le conseguenze politiche dei provvedimenti adottati, vale a dire le conseguenze che da essi scaturiranno nei riguardi del pubblico, risulteranno di uguale evidenza e di non minore importanza. Ogni uomo che agisca libero dall'influenza offuscatrice e che nei propri divisamenti non abbia altra mira se non il pubblico bene, sarà profondamente colpito dalla differenza che intercorre tra due diverse cose: cioè tra lo scopo di natura politica, il quale originariamente ispirò e promosse l'introduzione di quegli istituti, e il problema che concerne la possibilità di abolirli improvvisamente e radicalmente, dopo che essi hanno gettate radici estese e profonde, e dopo che per effetto di una lunga abitudine elementi accessori, ma più importanti forse che le istituzioni medesime, si sono talmente cointessuti ad esse con tenacissimo intreccio, che quelle non possono ormai venire distrutte senza produrre simultaneamente la distruzione di tutti gli altri elementi.

    Si potrebbe forse rimanere imbarazzati se le circostanze toserò realmente tali e quali le vanno dipingendo i vostri sofisti con il loro pietoso stile da causidici. Ma anche in questo, come in tutte le questioni di stato, si da luogo ad una posizione intermedia. È possibile concepire una terza soluzione compensando le estreme alternative; o di una distruzione radicale, o di un conservatorismo integrale. Spartam nactus es; hanc exorna. Secondo me questa è una norma di profondo significato e un riformatore onesto non dovrebbe mai trascurarne l'osservanza.. Non posso neppure immaginare come un uomo possa giungere a tal grado di presunzione da considerare il proprio paese né più né meno che come una carte blanche, sopra la quale sia possibile a lui di scribacchiare ciò che gli sembra meglio. "Un uomo che sia animato di tanto zelo innovatore potrebbe desiderare, per il bene della società alla quale appartiene, che questa fosse altrimenti costituita ; ma un buon patriota e vero uomo politico cercherà sempre il modo migliore per trarre il massimo profitto possibile dalle condizioni attualmente esistenti. La tendenza a preservare e la capacità di innovare, prese simultaneamente, costituiscono per me il termine di confronto col quale giudico del valore di un uomo di stato. Ogni altro atteggiamento rappresenta una volgarità in linea di concetto, un pericolo in fatto d'esecuzione.

    Nelle fortunose vicende di uno stato si danno momenti nei quali alcuni uomini privati sono richiesti affinchè offrano col loro ingegno un contributo sostanziale nell'interesse collettivo. E in queste circostanze, anche quando sembra che i cittadini chiamati a tal compito godano la fiducia del principe e del paese e siano investiti di piena autorità, non sempre si trovano ad avere tra le mani gli istrumenti adatti. Un uomo politico il quale voglia compiere grandi cose deve assicurarsi una sufficiente energia, corrispondente a ciò che i nostri operai chiamano strumento meccanico; e una volte che egli abbia t'orata questa energia non si sentirà imbarazzato ad usarla per i fini politici, al pari di quanto avverrebbe nelle cose meccaniche.

    A mio giudizio le istituzioni monastiche costituivano una forte potenza per cattivarsi la fiducia politica. Rappresentavano una fonte dì reddito devoluto a vantaggio del pubblico; alimentavano una schiera di uomini di natura tutt'affatto speciale, consacrati al benessere collettivo e tali che agivano soltanto secondo principi e relazioni di interesse pubblico; uomini che non avevano alcuna possibilità di convertire il patrimonio comune in altrettante fortune private; uomini che rinnegavano ogni principio di egoismo e che, quand'anche peccassero d'avarizia, commettevano tale peccato ai fini della comunità; uomini per i quali la povertà individuale costituiva un titolo d'onore ed accoglievano il dovere dell'obbedienza in luogo dei diritti di libertà.

    Inutilmente si cercherebbe di creare un simile risultato di cose quand'anche lo si volesse fare con un artificio apposito. I venti spirano secondo che vogliono. Istituzioni come quelle or ora descritte sono prodotte da entusiasmo di fede e sono al tempo stesso strumenti di saggezza. Non è in potere della saggezza quello di creare condizioni materiali adeguate ai suoi fini; questi sono doni conseguenti dalla natura o dal caso; merito della saggezza è soltanto quello di saperne trarre profitto.

    L'esistenza continuata di grandi corporazioni collettive con i loro appannaggi patrimoniali determina condizioni particolarmente preziose nelle mani di un uomo politico di ampie vedute : di un uomo politico capace di meditare progetti vasti e a lunga scadenza, destinati a persistere stabilmente dopo la loro realizzazione. Non è certo degno di occupare un alto posto e neppure di essere menzionato nella schiera dei grandi uomini di stato colui, che avendo ottenuto il comando e la direzione di un potere organizzato in modo così grandioso sia riguardo alla ricchezza che riguardo alla disciplina e così tenace nelle sue consuetudini come era quello delle corporazioni religiose da voi temerariamente distratte, non sappia poi trovare alcun modo per convertire tali energie a grande e duraturo beneficio del proprio paese. Solo considerando resistenza di una simile forza organizzata mille possibilità di applicazione dovrebbero presentarsi alla mente di uomo geniale.

    Il fatto di distruggere un potere che per la sua forza concentrata era fecondo di tanto bene allo spirito umano, costituisce nel mondo morale il parallelo di quanto avverrebbe nel mondo fisico ove si volessero distruggere le qualità attive ed intrinseche di un organismo. Tale intenzione sarebbe paragonabile al tentativo di chi volesse distruggere (qualora ciò fosse in nostro potere) la forza espansiva del gas contenuto in un composto chimico o quella del calore o dell'elettricità o del magnetismo.

    Queste energie sono sempre esistite in natura e sono sempre state manifeste. Per lungo tempo al sono credute le une inutili, le altre nocive, altre ancora niente più che un giuoco da ragazzi; fino a che la sagacia osservatrice dell'ingegno umano, combinata col senso pratico, riuscì a domare la loro selvaggia natura soggiogando quelle forze a un fine determinato, così da renderle al tempo stesso il mezzo più potente e più docile al servizio dei grandi scopi dell'umanità.

    Vi sembrava forse che troppo grave compito fosse per la vostra sapienza politica assumere la direzione dì cinquantamila individui di cui avreste potuto indirizzare Inattività mentale e materiale, provvisti di un reddito annuo di molte centinaia di migliaia di lire, il quale reddito almeno non può essere tacciato di pigrizia né di superstizione? Non avevate altra maniera di trame profitto se non quella di convertire i monaci in altrettanti pensionati? Non avevate altro modo di utilizzare le rendite ecclesiastiche a vostro beneficio se non quello di ricorrere al mezzo sconsiderato di una vendita dilapidatrice? Se non avevate altra risorsa d'ingegno, tutto quanto avete compiuto è più che comprensibile. I vostri nomini politici non avevano affatto comprese le loro mansioni e per inettitudine gettarono gli strumenti stessi del loro lavoro.

    Si obbietterà che le istituzioni permanenti allentano nel loro inizio le idee superstiziose e le rinfocano con una influenza costante e decisiva. Non voglio intavolare una discussione su questo punto, ma ciò non deve impedire a voi di trarre dalla superstizione medesima alcune di quelle risorse che possono essere rivolte a vantaggio del pubblico. Potrete derivare da esse molti benefici utilizzando appunto le inclinazioni mentali e le passioni sentimentali dell'umanità, che agli occhi della morale appaiono di natura altrettanto dubbia quanto la superstizione medesima. Vostro dovere è quello di mitigare in queste passioni tutto ciò che vi si contiene di nocivo, ne più ne meno che in tutte le altre passioni."

    Ma dobbiamo veramente credere che la superstizione sia il più grave di tutti i delitti possibili? Credo che nelle sue manifestazioni eccessive essa importi un male molto rilevante. Però essa appartiene al campo della morale; e per questo è suscettibile di mille gradazioni diverse e di mille trasformazioni. Effettivamente la superstizione è la religione degli spiriti deboli ; e per questo è necessario tollerare che essi In qualche modo ne siano imbevuti, tanto nelle cose di minore rilievo, quanto nelle cose che suscitano il più grande entusiasmo; altrimenti vi trovereste ad aver privati gli intelletti deboli di una risorsa necessaria anche ai più forti. La base di ogni religione verace consiste indubbiamente nella obbedienza dovuta alla volontà di chi domina il mondo, nella confidenza relativa al suo messaggio, nella imitazione delle sue perfette qualità. Il rimanente è affare soltanto vostro. Può darsi che esso torni di pregiudizio allo scopo finale; può darsi invece che lo secondi.

    Gli uomini saggi; che non sono ammiratori di quelli che il poeta ha chiamato " Munera Terrae ", non si sentono attaccati con violenza a queste cose e neppure possono odiarle con violenza. La sapienza astratta non è il più efficace correttivo contro gli effetti della follia. Sono solamente le follie rivali quelle che reciprocamente possono accendere così accanita guerra e fare uso così crudele dei vantaggi riportati dall'una o dall’altra parte, da indurre la mentalità sregolata dell'uomo volgare a schierarsi per l'una o per l'altra parte contendente. La prudenza sarebbe neutrale; ma se, fra tanto accanirsi di predilezioni e di antipatie sopra oggetti per propria natura incapaci di produrre così forti contrasti di passione, un uomo assennato fosse costretto a scegliere dichiarando tra i due opposti eccessi di entusiasmo quale accetterebbe e quale respingerebbe, probabilmente egli riterrebbe più tollerabile e meglio opportuna la superstizione che tende a costruire anziché quella che mira a distruggere; quella che arricchisce d'ornamento un paese anziché quella che lo devasta; quella che introduce ricchezze anziché quella che produce saccheggi ; quella che induce ad una forma di beneficenza, sia pur male intesa, anziché quella che provoca un'ingiustizia reale e tangibile ; quella che induce gli uomini a rinnegare per se stessi i più legittimi piaceri della vita anziché quella che toglie ad essi anche le più fragili resistenze del sentimento altruistico. Tale a mio giudizio è lo stato essenziale della questione che si apre come criterio differenziatore tra gli antichi fondatori della superstizione monastica e la nuova superstizione dei pretesi filosofi d'oggi giorno.

    Per ora io tralascio ogni considerazione relativa al supposto profitto che si ricaverebbe dalla vendita di quei beni, profitto che io ritengo assolutamente illusorio. Soltanto considero quest'atto come un semplice trasferimento di proprietà. Quanto poi al valore politico di siffatto trasferimento getterò in voi qualche preoccupazione solo esponendo al riguardo poche mie idee.


    Note


    (18) Discorso di Camus, pubblicato per ordine dell'Assemblea Nazionale.



    (Fine 6a parte)

  3. #3
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    I nemici principali della Rivoluzione sono la Nobiltà ed il Clero, soggetti a confische, angherie, maltrattamenti, privazioni di ogni genere, anche della loro stessa memoria storica (basti solo pensare alla cancellazione dei nomi e delle titolazioni nobiliari). La politica di annientamento di questi due ordini è solo mascherata da provvedimenti ipocriti, come quello dell'istituzione di un miserevole stipendio a favore del clero. Il vero scopo dei rivoluzionari è la totale distruzione della religione e del ceto nobiliare, giustificata sulla base di accuse inconsistenti, faziose e chiaramente false. Lo stesso Burke, nei suoi viaggi in Francia o tramite corrispondenze, ha avuto modo di studiare a fondo la natura umana e la condizione di molti nobili ed ecclesiastici, e di raccogliere presso i ceti più umili le opinioni in merito agli ordini più alti. Appare evidente, da questa analisi condotta in prima persona dallo scrittore, che il clero e la nobiltà non portano nessuna colpa così grave da giustificare la loro scomparsa violenta. Se vi sono pure alcuni crimini ed errori da addebitarsi agli appartenenti ai due ceti, questi vanno ricondotti alla responsabilità dei singoli. Le generalizzazioni, infatti, portano a commettere gravi ingiustizie, e a punire indistintamente tutti, anche gli uomini innocenti e probi sotto ogni profilo.
    I rivoluzionari, per legittimare la crudele repressione, si sono addirittura richiamati ai crimini commessi da ecclesiastici e nobili in tempi remoti, prendendoli a pretesto per punire coloro che nell'epoca presente non hanno alcuna specifica colpa. La storia francese, segnata da numerosi e tragici episodi di rara violenza ed efferatezza, viene quindi strumentalizzata per obbiettivi politici, per aizzare la folla contro il clero. La rappresentazione della Notte di San Bartolomeo ha l'unico scopo di riportare alla mente l'orribile massacro degli ugonotti nel 1572, compiuta con la responsabilità diretta del Cardinale di Lorena, per dimostrare le antiche colpe del clero, additandolo come sanguinario, tirannico, omicida. Ovviamente, una simile operazione serve ai rivoluzionari per convogliare la rabbia popolare e gli istinti più bassi della folla contro sacerdoti che nulla hanno a che fare con una strage ormai compiuta da secoli, ed anzi giustamente aborrita dalla stragrande maggioranza dei religiosi. L'uso della storia, o meglio dei segmenti di essa utili allo scopo, comporta quindi una palese distorsione delle reali responsabilità del clero e della nobiltà, che portano sulle spalle delle colpe (da addebitare in ogni caso ai singoli appartenenti), certo non in grado di legittimare una punizione generale ed una sopraffazione così violenta, ai danni dell'esistenza di tutti quanti.
    Se infatti alcuni nobili conducono una vita dissoluta, riprendendo ed approfondendo il lato peggiore della nobiltà inglese, e l'accesso alla carriera militare sembra troppo esclusivo, per moltissimi altri aspetti gli aristocratici francesi si comportano secondo giustizia, ed anzi permettono il mantenimento dell'armonia e dell'equilibrio sociale. I contratti fondiari paiono corretti, e si riscontrano solo rari abusi; i ceti più umili non hanno di che lamentarsi, i nobili spesso con i propri contadini e fittavoli hanno un comportamento che rasenta la famigliarità. Non si riscontrano percosse o maltrattamenti ai danni dei più deboli.
    La campagna d'odio dei rivoluzionari, quindi, appare con tutta evidenza artificiosa e strumentale, e si basa solo su una rassegna di crimini passati (se si "fruga" nei secoli qualcosa si trova sempre, ma non è possibile addebitare alle persone che vivono nell'età presente le colpe di altri uomini), oppure direttamente su invenzioni e menzogne.
    Lo stesso si può dire del clero francese, tra l'altro ancora più meritevole della stessa nobiltà per l'alto livello culturale raggiunto e per la grande fama di molti ecclesiastici studiosi, esperti letterati. I religiosi, o almeno una grande maggioranza di essi, non sono quindi ignoranti e superstiziosi, o peggio ancora traditori dell'autorità civile, corpo a sè, pronto ad agire in autonomia appena possibile, anche per annientare gli altri culti. E non sono vere neppure le accuse di avarizia e corruzione, che si possono semmai attribuire a sparuti casi, non significativi. Fra i maggiori esponenti del clero francese, come ha avuto modo di constatare lo stesso Burke, vi sono persone squsite, di eccellente preparazione intellettuale, gemme preziose di cui la Chiesa tutta non può che andar fiera.
    L'elegibbilità delle cariche ecclesiastiche, insieme alle confische della proprietà, costituiscono un colpo mortale al clero di Francia: i ceti medi ed elevati non manderanno più i propri figli nei seminari e nelle scuole religiose, spaventati dall'assoluta mancanza di sostegno economico. I religiosi saranno reclutati solo nelle classi più basse, e ciò determinerà la fine di qualsiasi propensione allo studio e alla cultura. Il clero residuo sarà costretto al giuramento di fedeltà al nuovo potere rivoluzionario, imbevuto di ateismo solo appena mascherato da una falsa tolleranza verso tutte le fedi, e ciò segnerà la conclusione della Chiesa in Francia. I prelati costituzionali si inginocchieranno di fronte agli atei, perdendo il residuo di credibilità e di fedeltà alla religione. I refrattari, rimasti leali ai principi della fede, saranno cacciati, espulsi o direttamente repressi. L'educazione cristiana sarà sostituita da una Educazione Civile di Stato, intrisa di illuminismo razionalista e di ateismo.
    A questo lugubre scenario, Burke aggiunge anche il pericolo di una espansione dei fenomeni rivoluzionari in tutto il Continente e pure in Inghilterra, con il gravissimo rischio di una contestazione generalizzata del principio della proprietà, dopo le sospensioni e le confische dirette in terra francese, giustificate dalla necessità di porre rimedio ad antiche ingiustizie.
    Tale pretesa, però, non può essere accolta: la proprietà privata è un diritto intangibile, indiscutibile, ed è chi lo mette in dubbio, ed anzi lo travalica, a mettersi fuori dal campo della giustizia.
    Altri segnali inquietanti vengono dall'istituzione e dal corso forzoso degli assegnati, in spregio alla normale e naturale circolazione del denaro e delle merci, e dalla requisizione delle terre dei principi di sangue e della nobiltà.
    Queste decisioni non possono essere legittimate dal fatto che è una Assemblea legislativa con pieni poteri a ratificarle: simili imposizioni rappresentano al più la controprova dell'esistenza di una vera e propria tirannia, a danno della giustizia. I Parlamenti non possono arrogarsi il diritto di abolire la proprietà, la prerogativa di conficare terre, patrimoni e stipendi a proprio piacimento.
    I paesi protestanti hanno infine il dovere di denunciare gli abusi contro la Chiesa cattolica, che pure costituisce una confessione diversa. Questo fatto non incide sulla comune identità cristiana, e sull'evidente presenza di atti criminali. Il sacrilegio non può venire ammesso in nessun caso.
    Sono gli estremismi a determinare il caos e la degenerazione in uno stato di incertezza ed insicurezza. Un buon servitore dello Stato deve raggiungere l'equilibrio, salvaguardare l'armonia sociale, e stare ben lontano dagli estremi, dalle decisioni improvvide e contrarie alle tradizioni e agli istituti consolidati nel tempo, di comprovata efficacia. Ma allo stesso tempo non può rimanere immobile di fronte al cambiamento delle situazione, per farsi così sommergere dalle onde delle avversità. La bontà dell'uomo politico si misura anche sulla sua capacità di cambiamento, di riforma misurata ed equilibrata della tradizione, per ottenere il massimo risultato possibile, senza però tradire le fondamenta della società e dello Stato. Anche per questo, l'attacco verso il principio della proprietà è inaccettabile, e non può definirsi misura di emergenza e riforma necessaria, bensì capovolgimento e distruzione dell'ordine naturale.
    E si dà anche il caso che non sia possibile eliminare dalla società il principio dell'esistenza di una gerarchia, ovvero di una distribuzione differenziata di potere: questo è un dato di fatto ineliminabile, e la Storia ha insegnato che le velleità livellatrici ed egalitarie sono state sempre sconfitte, proprio perchè rappresentano un estremo, anzi il maggiore dei radicalismi politici.
    Infine, non è da considerare come male supremo la superstizione. Quest'ultima, ad un certo livello, è sì dimostrazione di debolezza dello spirito, ma ben peggiore è la sapienza astrattamente razionale dei filosofi e dei sofisti illuministi e rivoluzionari, presi come sono da gelide disquisizioni teoriche, che nella realtà dei fatti si trasformano in massacri, confische, violazioni di diritti naturali e dell'ordine costituito.
    L'essere umano non può essere astratto, separato dal suo naturale sentimento e propensione verso la fede. L'ateismo filosofeggiante annienta non solo Dio, ma anche l'uomo e i suoi sentimenti.

 

 

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