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Risultati da 1 a 8 di 8
  1. #1
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    Predefinito DIBATTITO - Perchè l'Italia intera ha scelto Obama

    L'Italia vota Obama, perché la destra non esiste



    In Italia non esiste una destra. I numeri parlano da soli: in Italia (secondo un ultimo rilevamento Gallup), il 56% si esprime a favore di Obama, il 38% si dice disinteressato alle elezioni americane e appena il 6% voterebbe McCain. Il 6%: una minoranza inesistente, talmente esigua che, se formasse un partito, avrebbe a stento una piccola rappresentanza in Parlamento. Nel sondaggio pubblicato il 24 ottobre sull’International Herald Tribune, diminuisce il numero di astensioni, ma le proporzioni restano le stesse: 66% pro-Obama e solo il 12% pro-McCain. Cifre così alte significano solo una cosa: che anche la stragrande maggioranza degli italiani che hanno votato Berlusconi, in America voterebbero per il più statalista, dirigista e terzomondista dei candidati. Non è un dato difficile da intuire. Gratta sotto la superficie di un simpatizzante di Forza Italia e, soprattutto al Sud, trovi un socialista o un democristiano, non certo un uomo di “destra” (intesa in senso moderno e liberale).

    So che molti politici del centro-destra non si identificheranno con questo ritratto, so che Gasparri tifa per McCain, che Berlusconi stesso si è espresso più volte a favore del candidato del Gop e che la Lega è fieramente schierata con il vecchio soldato. Ma la base non segue: la base vuole lo Stato, si è bevuta tutta la disinformazione di sinistra e ora ha paura della libertà dell’America, crede ancora che il capitalismo sia una forma di sfruttamento e che la politica estera Usa vada contro gli interessi e l’indipendenza del Terzo Mondo.
    Questo “voto” trasversale a Obama non è un fatto di costume: è un segnale di allarme. Quindi la cultura di destra si svegli: c’è ancora molto, moltissimo lavoro da fare!

    http://www.tocqueville.it/LinkEsterno.asp?id=277828

  2. #2
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    Il PDL non è di destra e la destra italiana è una sinistra.

    Ecco perchè l'Italia ha scelto Obama.

  3. #3
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    Chi sono i radical - chic della destra


    Oggi il Secolo d’Italia si schiera con il senatore afroamericano. “Da destra con Obama? È possibile“, scrive Giano Accame, perché è “più giovane, nuovo, colorito, insolito, brillante, riformista“.

    In precedenza si erano già espressi pro-Obama i parlamentari di AN Fabio Granata, Marcello De Angelis e Paola Frassinetti.

    Sul versante di Forza Italia Sandro Bondi lo paragona al Cavaliere. Così anche un folto numero di donne: da Mariastella Gelmini, che ha mostrato un certo apprezzamento per le politiche scolastiche, ai ministri Carfagna e Prestigiacomo, ad Anselma Dell'Olio e la sindacalista Renata Polverini.

    Chi non si fa problemi di appoggiare apertamente il democratico Barack è la socialista Chiara Moroni a cui si deve addirittura un sito internet: Il PDL per Obama (Lucio Malan, Marcello De Angelis, Fabio Granata, Paola Frassinetti).

    Giulio Tremonti è un fan del protezionista Obama della prima ora, Maurizio Cicchitto lo tova simpatico, mentre il più prudente Franco Frattini ha affermato di appoggiare entrambi i candidati.


  4. #4
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    I motivi principali di un tale "plebiscito" (peraltro di scarsa importanza visto che a votare sono gli americani,non noi) sono principalmente treerchè va di moda tifare per il candidato colla pelle diversa,così fai la figura della persona aperta,che non ha pregiudizi mentali,perchè,come al solito,si cerca di salire sul carro del (presunto) vincitore,perchè Obama ha ricevuto una grandissima attenzione da parte degli organi d'informazione ed è ovvio che la gente provi a fidarsi di chi conosce meglio

  5. #5
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    Una nazione di ultimi
    Il PDL non è di destra e la destra italiana è una sinistra. Ecco perchè l'Italia ha scelto Obama.


    Noi de IL CONSERVATORE costituiamo una minuscola frazione conservatrice di quanti su Politica OnLine si dicono di centro-destra o comunque votano per il Partito della Libertà.
    Noi conservatori siamo atlantici e crediamo in una politica che sposi la virtù con la libertà. Il compianto Frank S. Meyer, redattore della National Review negli anni sessanta, identificava in questo binomio l'essenza del goldwaterismo fusionista e insieme lo spirito autentico dell'Occidente.
    Lo sparuto gruppo di conservatori che su POL tiene alta la bandierina di John McCain si riconosce in questa visione e crede che in una società libera la libertà di impresa e il rispetto dei valori religiosi siano essenziali.
    Diversamente il restante, maggioritario ambito che nella società, come sul nostro portale, si riconosce nelle politiche berlusconiane è solito riempirsi la bocca della parola libertà, ma all’atto pratico nulla fa per difenderla o perseguirla.
    Il PDL è figlio della democrazia cristiana, del socialismo democratico, del liberalismo riformista e del neofascismo. Nessuna di queste categorie politiche ha mai esaltato la libertà individuale e d’impresa, nella convinzione che lo Stato, unicamente lo Stato, dovesse regolare il processo economico e che la distribuzione della ricchezza sia una cosa buona è giusta.
    Chiariamoci: ovunque nel mondo è la sinistra ad identificarsi nel socialismo, una politica volta cioè ad avvantaggiare chi ha un basso reddito con politiche espropriative nei confronti delle classi più abbienti. Negli USA ciò equivale praticamente ad un furto e quasi nessuno si sente di appoggiare simili politiche in quanto non ci si considera poveri di per sé, ma si ha fiducia di poter migliorare sempre la propria condizione economica e di avanzare nella scala sociale. In Europa, specie nel nostro disastrato Paese, questa mentalità è purtroppo inesistente in quanto la nostra società rifiuta la logica del mercato, contribuendo così a bloccare per generazioni un sistema di classi statico, dove la meritocrazia non esiste e il posto di lavoro si ottiene solo grazie al denaro e alle raccomandazioni.
    Silvio Berlusconi nel 1994 era un imprenditore di successo, con tre televisioni al seguito, la Mondadori, la Standa ed una grande squadra di calcio vincente in tutta Europa: il Milan. Il suo ingresso nella politica venne salutato come una rivoluzione liberale che si lasciava finalmente alle spalle un cinquantennio contrassegnato dall’indebitamento pubblico, dall’alta tassazione e da una disoccupazione galoppante. Forza Italia, movimento di plastica caratterizzato dalla presenza di soubrettes, pubblicitari e sondaggisti che si affiancavano talvolta persino sovrapponendosi ai politici di lungo corso, era appunto il sogno di un’epoca nuova che si apriva e il miraggio di un’economia non meramente distributiva ma creativa: più opportunità, più lavoro e dunque più ricchezza. I migliori avrebbero spiccato il volo e anche chi non fosse stato in grado di tenere il passo con loro avrebbe comunque beneficiato di questo movimento anarchico di ricchezza.
    Purtroppo è capitato invece che a Berlusconi hanno tagliato le gambe. I processi giudiziari, i sindacati e la casta dei poteri forti ne hanno stroncato ogni velleità riformatrice (leggi: di destra), garantendogli, al termine di una battaglia politica durata dieci anni, di governare sì, ma dal centro, alla maniera dei vecchi baroni democristiani. E Berlusconi si è calato perfettamente nel nuovo ruolo di statista, sostituendo Martino con Tremonti e il popolo delle partite IVA con quello delle casalinghe, dei pensionati e dei dipendenti statali.
    A questa involuzione del centrodestra italiano ha contribuito in maniera determinante anche il rapporto stretto con Alleanza Nazionale, un partito con idee economiche vecchie se non addirittura imbarazzanti per un partito di destra occidentale (su tutte, la passione per Ezra Pound), che al liberalismo di Hayek ha sempre preferito quello di Gentile.
    Oggi il PDL è al governo, la destra è al potere, vivendo con la nazione una luna di miele che non sembra soffrire troppo nemmeno l’autunno caldo delle manifestazioni di piazza. Questo perché Berlusconi ha scelto di operare come De Gasperi e non come Einaudi. L’Italia è malata e lui non la tocca. Ha scelto il profilo basso dell’uomo d’ordine, che ripulisce le strade di Napoli e trattiene Alitalia, compagnia di bandiera, dalle grinfie straniere. Questo nell’ottica di un democristiano o di un postfascista è lo statista perfetto, a-ideologico e modernizzatore. Nel senso però che modernizza lo stato rendendolo più efficiente, ma senza preoccuparsi di regalare maggiore libertà e maggiori opportunità ai cittadini. Cosa da loro peraltro non richiesta e neppure ipotizzata, perché si è persa la cognizione della libertà.
    Succede dunque che in Italia la destra faccia una politica statalista, di sinistra liberale, sulla scia di quella che negli USA porta avanti da decenni il Partito democratico. Il New Deal rooseveltiano (ammirato anche da Mussolini), il Piano Marshall… Appena si parla di piano, da noi tutti sugli attenti. Perché la politica del piano nella mente dell’italiano medio significa efficienza. D’altronde abbiamo visto come quando lo stato è assente, questo ruolo venga occupato, bene, dalla malavita organizzata; dunque spazio per la libertà sembra non esserci e i cittadini, di destra come di sinistra, consci di ciò, accettano lo stato manageriale, lo stato forte, come il vero stato, lo stato buono che si preoccupa dei loro problemi.
    In questo quadro disperato come possono essere visti i repubblicani americani – una forza che ha fatto dell’ideale di uno stato minimo la sua bandiera – se non una cricca di avvoltoi e di criminali profittatori?
    In America il cosiddetto neoconservatorismo viene costantemente accusato, da destra, di essere una compagine di socialisti che venerano il potere statale e accusati di volere il big government. Ma chi conosce i famigerati neocon sa bene a cosa si riduca questo preteso statalismo: la difesa della previdenza sociale! Ora, pensate un po’ cosa succederebbe in Italia se a Berlusconi venisse la malaugurata idea di toccare le pensioni (di anzianità, mica quelle baby) per rilanciare l’economia… Succederebbe la rivoluzione, che dico, verrebbe defenestrato dal suo stesso partito.
    Ecco perché l’Italia intera sta oggi con Obama. Perché la cultura d’impresa, la politica liberale dei repubblicani americani (e in misura minore dei tories inglesi), è considerata da noi come un alieno minaccioso, a destra non meno che a sinistra.
    Il rifiuto del termine conservatorismo sta anche in questo. Conservatorismo inteso non solo come difesa dello status quo, ma anche come difesa della libertà negativa, la libertà che si usava nell’Ottocento e che venne messa a tacere dal liberalsocialismo. In Italia la libertà spaventa se non è legata alla democrazia sociale; l’uguaglianza di opportunità vale una cicca se non comporta una reale uguaglianza di condizioni. Ecco perché la sinistra vince, anche quando perde. E perché la destra italiana tifa apertamente per Obama. Il nero, il giovane, colui che si crede fuori dagli schemi. Uno così dovrà giocoforza occuparsi degli ultimi e questa speranza, insieme cristiana e socialista, vale tutta la scelta di un voto. Si guarda agli ultimi perché ci sente nell’intimo simili a loro, ancorati storicamente e culturalmente ad una condizione di inferiorità. Questa è l’Italia, una nazione di ultimi.

    Florian

  6. #6
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    Hanno scelto Obama anche alcuni miei amici di destra (estrema). Ebbene sì.
    Rimango solo io in mezza Università a sostenere McCain.
    Oltre all'ottimo articolo di Florian (che prende atto anche delle ultime scandalose defezioni pro-Obama di esponenti di spicco del PDL e del Governo), aggiungo una mia considerazione.
    Purtroppo i mass-media, i giornali, le tv, gli opinionisti, gli intellettuali, hanno fatto di tutto per appoggiare il candidato democratico, per esaltarlo, incensarlo, idolatrarlo. McCain è stato relegato a semplice comparsa in una una gara con un vincitore già stabilito in partenza.
    Molti italiani, già distanti dalle vicende americane, hanno abboccato.

    Mi spiace solo per McCain e per la sua vice, che non saranno perfetti ma certo si sarebbero meritati maggiore attenzione, considerazione.
    Ha vinto Obama, il nulla mascherato, il vuoto riempito a forza, l'inesperto.
    Ci sarà tempo, comunque, per mostrare la follia di una simile scelta.

  7. #7
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    ne siamo poi così sicuri?

  8. #8
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    Secondo me è molto semplice il discorso: in questi casi fa sempre comodo tifare per il vincitore. Gli Stati Uniti sono un partner commerciale troppo importante, stesso discorso per Putin credete che sia davvero apprezzato dal tutto il centro-destra? Non credo e intanto baci abbracci e festini in sardegna. E' la politica europea molto diversa da quella americana, credo che lo spieghi benissimo Kagan in Paradiso e Potere.

 

 

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