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    "Il leone usa tutta la sua forza anche per uccidere un coniglio."
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    Predefinito A Dresda non oltre 20 mila morti nel 1945

    Roma, 4 ott (Velino) - "L'angelo della morte che volava sui cieli di Dresda, in quei giorni di metà febbraio 1945, fu meno vendicativo di quanto si sia pensato finora". Lo scrive il CORRIERE DELLA SERA che riporta il responso sul caso di una commissione di studiosi. "Si portò via vite a migliaia. Ma i numeri dei quali si è parlato — 60 mila, 135 mila, 250 mila, persino 500 mila — sono al di là della realtà. Una commissione di studiosi tra i più autorevoli, insediata dalla città stessa, ha stabilito, dopo quattro anni di lavoro, che i morti accertati sono diciottomila e non c'è ragione di ritenere che la cifra possa essere significativamente più alta.
    Una delle fotografie più tragiche della Seconda guerra mondiale, Dresda rasa al suolo dai bombardamenti angloamericani del 13-15 febbraio 1945, prende colori un po' diversi. Non meno orribili. Ma più chiari. Il lavoro dei ricercatori tedeschi toglie di mezzo l'assunto, ancora oggi sostenuto in molti testi e enciclopedie, che nel cuore dell'Europa gli Alleati provocarono una catastrofe di proporzioni uguali, se non maggiori, a quelle della bomba atomica su Hiroshima (tra le 90 e le 140 mila vittime). Non risolve la vecchia questione se si sia trattato di «crimine di guerra», come sostengono alcuni, o di semplice «atto di guerra»: quello non è questione di numeri ma di letture che gli storici militari danno della necessità o meno di bombardare la città. Rimette però la verità con i piedi per terra e illustra il coraggio di Dresda nell'affrontare la memoria del suo dramma: la nuova certificazione delle vittime, infatti, sta creando angoscia e reazioni politiche. La commissione, creata nel 2004, è costituita da 12 storici, archivisti, esperti militari tra i più autorevoli della Germania. Hanno aperto archivi finora non studiati, hanno consultato i certificati di sepoltura, fatto ricerche archeologiche sui 34 chilometri quadrati del bombardamento, cercato nuove prove scientifiche e studiato centinaia di testimonianze scritte. Il risultato è quello: diciottomila morti accertati, cifra suscettibile di salire ma non più di poche migliaia. L'anno prossimo pubblicheranno un resoconto dettagliato.
    Per Dresda, è uno shock. La sera del 13 febbraio 1945 — martedì grasso, quando attorno alle dieci scoppiò l'inferno con la prima ondata di aerei britannici sulla città — è entrata nella coscienza degli abitanti come la tragedia più spaventosa, per dolore ma anche per dimensioni. Anzi, proprio l'enormità del numero di morti è stata per molti la spiegazione a cui aggrapparsi, qualcosa di utile per farsi una ragione della perdita di figli, padri, madri. Una grandezza che forse ha reso il dolore collettivo un po' meno insopportabile. Ridurla e derubricarla a una dimensione meno unica è ora difficile da accettare. In più, c'è il fatto che nel parlamento del land della Sassonia, del quale Dresda è capitale, sono eletti alcuni rappresentanti del partito neonazista Ndp. Da sempre sostengono, e lo faranno ancora di più adesso, che i morti furono 250 mila, una cifra sulla base della quale affermano che in realtà a subire un Olocausto furono i tedeschi per mano degli Alleati. Cercare e trovare la verità, insomma, per la Germania non è mai indolore. Ma lo fanno. Il conteggio delle vittime del raid di Dresda è questione aperta da tempo. La falsificazione iniziò subito. L'ufficiale dello staff di Hitler incaricato delle operazioni di sgombero della città, Eberhard Matthes, sostenne che i morti identificati furono 35.000, quelli parzialmente identificati 50 mila e quelli non riconosciuti 168 mila: lui stesso dette questi numeri — disse — a Hitler il successivo 30 aprile (circostanza che di suo indebolisce la conta: è il giorno del suicidio del Führer). Dopo la fine della guerra, attorno al bombardamento si creò un'attenzione enorme. Comprensibile. Due raid britannici nella notte del 13 febbraio, a distanza di tre ore, uno delle fortezze volanti americane il mezzogiorno successivo e ancora uno della Us Army Air Force il 15. Una città meravigliosa, famosa per il centro barocco, la «Firenze dell'Elba», messa a fuoco da 4.500 tonnellate di bombe incendiarie e esplosivi (Kurt Vonnegut, quei giorni prigioniero proprio a Dresda, fu uno dei tanti a documentare la tragedia, e lì si ispirò per Mattatoio n. 5). Ma anche usata a fini ideologici e politici. Nel marzo 1945, la polizia di Dresda aveva stimato che i morti fossero circa 25 mila. Negli anni successivi, alcuni ex nazisti aggiunsero uno zero a ognuno dei documenti: la base della falsificazione fu così creata. La sua diffusione, però, avvenne con un lavoro dell'allora giovane David Irving, il famoso negazionista dell'Olocausto. Ancora sconosciuto ai più, nei primi anni Sessanta pubblicò una serie di articoli nel giornale di destra Neue Illustrierte e poi un libro, La distruzione di Dresda, nel quale sosteneva che i morti erano stati tra i cento e i 250 mila. Molti gli diedero credito (lo cita anche Vonnegut) e da quel momento il numero delle vittime si sganciò dalla realtà. I regimi comunisti della Germania Est e l'Unione Sovietica — ormai in piena Guerra Fredda — abbondarono poi di loro, per dimostrare la barbarie dell'imperialismo americano. Così, si arriva alla costruzione di una bolla di esagerazioni attorno a una tragedia che per essere definita tale non ne aveva bisogno. Un inchino alla commissione tedesca e alle autorità di Dresda che l'hanno sgonfiata: riescono ancora a pensare che la verità, addirittura i numeri, siano più importanti del mito".

    "L'angelo della morte che volava sui cieli di Dresda, in quei giorni di metà febbraio 1945, fu meno vendicativo di quanto si sia pensato finora". Lo scrive il CORRIERE DELLA SERA che riporta il responso sul caso di una commissione di studiosi. "Si portò via vite a migliaia. Ma i numeri dei quali si è parlato — 60 mila, 135 mila, 250 mila, persino 500 mila — sono al di là della realtà. Una commissione di studiosi tra i più autorevoli, insediata dalla città stessa, ha stabilito, dopo quattro anni di lavoro, che i morti accertati sono diciottomila e non c'è ragione di ritenere che la cifra possa essere significativamente più alta.
    Una delle fotografie più tragiche della Seconda guerra mondiale, Dresda rasa al suolo dai bombardamenti angloamericani del 13-15 febbraio 1945, prende colori un po' diversi. Non meno orribili. Ma più chiari. Il lavoro dei ricercatori tedeschi toglie di mezzo l'assunto, ancora oggi sostenuto in molti testi e enciclopedie, che nel cuore dell'Europa gli Alleati provocarono una catastrofe di proporzioni uguali, se non maggiori, a quelle della bomba atomica su Hiroshima (tra le 90 e le 140 mila vittime). Non risolve la vecchia questione se si sia trattato di «crimine di guerra», come sostengono alcuni, o di semplice «atto di guerra»: quello non è questione di numeri ma di letture che gli storici militari danno della necessità o meno di bombardare la città. Rimette però la verità con i piedi per terra e illustra il coraggio di Dresda nell'affrontare la memoria del suo dramma: la nuova certificazione delle vittime, infatti, sta creando angoscia e reazioni politiche. La commissione, creata nel 2004, è costituita da 12 storici, archivisti, esperti militari tra i più autorevoli della Germania. Hanno aperto archivi finora non studiati, hanno consultato i certificati di sepoltura, fatto ricerche archeologiche sui 34 chilometri quadrati del bombardamento, cercato nuove prove scientifiche e studiato centinaia di testimonianze scritte. Il risultato è quello: diciottomila morti accertati, cifra suscettibile di salire ma non più di poche migliaia. L'anno prossimo pubblicheranno un resoconto dettagliato.
    Per Dresda, è uno shock. La sera del 13 febbraio 1945 — martedì grasso, quando attorno alle dieci scoppiò l'inferno con la prima ondata di aerei britannici sulla città — è entrata nella coscienza degli abitanti come la tragedia più spaventosa, per dolore ma anche per dimensioni. Anzi, proprio l'enormità del numero di morti è stata per molti la spiegazione a cui aggrapparsi, qualcosa di utile per farsi una ragione della perdita di figli, padri, madri. Una grandezza che forse ha reso il dolore collettivo un po' meno insopportabile. Ridurla e derubricarla a una dimensione meno unica è ora difficile da accettare. In più, c'è il fatto che nel parlamento del land della Sassonia, del quale Dresda è capitale, sono eletti alcuni rappresentanti del partito neonazista Ndp. Da sempre sostengono, e lo faranno ancora di più adesso, che i morti furono 250 mila, una cifra sulla base della quale affermano che in realtà a subire un Olocausto furono i tedeschi per mano degli Alleati. Cercare e trovare la verità, insomma, per la Germania non è mai indolore. Ma lo fanno. Il conteggio delle vittime del raid di Dresda è questione aperta da tempo. La falsificazione iniziò subito. L'ufficiale dello staff di Hitler incaricato delle operazioni di sgombero della città, Eberhard Matthes, sostenne che i morti identificati furono 35.000, quelli parzialmente identificati 50 mila e quelli non riconosciuti 168 mila: lui stesso dette questi numeri — disse — a Hitler il successivo 30 aprile (circostanza che di suo indebolisce la conta: è il giorno del suicidio del Führer). Dopo la fine della guerra, attorno al bombardamento si creò un'attenzione enorme. Comprensibile. Due raid britannici nella notte del 13 febbraio, a distanza di tre ore, uno delle fortezze volanti americane il mezzogiorno successivo e ancora uno della Us Army Air Force il 15. Una città meravigliosa, famosa per il centro barocco, la «Firenze dell'Elba», messa a fuoco da 4.500 tonnellate di bombe incendiarie e esplosivi (Kurt Vonnegut, quei giorni prigioniero proprio a Dresda, fu uno dei tanti a documentare la tragedia, e lì si ispirò per Mattatoio n. 5). Ma anche usata a fini ideologici e politici. Nel marzo 1945, la polizia di Dresda aveva stimato che i morti fossero circa 25 mila. Negli anni successivi, alcuni ex nazisti aggiunsero uno zero a ognuno dei documenti: la base della falsificazione fu così creata. La sua diffusione, però, avvenne con un lavoro dell'allora giovane David Irving, il famoso negazionista dell'Olocausto. Ancora sconosciuto ai più, nei primi anni Sessanta pubblicò una serie di articoli nel giornale di destra Neue Illustrierte e poi un libro, La distruzione di Dresda, nel quale sosteneva che i morti erano stati tra i cento e i 250 mila. Molti gli diedero credito (lo cita anche Vonnegut) e da quel momento il numero delle vittime si sganciò dalla realtà. I regimi comunisti della Germania Est e l'Unione Sovietica — ormai in piena Guerra Fredda — abbondarono poi di loro, per dimostrare la barbarie dell'imperialismo americano. Così, si arriva alla costruzione di una bolla di esagerazioni attorno a una tragedia che per essere definita tale non ne aveva bisogno. Un inchino alla commissione tedesca e alle autorità di Dresda che l'hanno sgonfiata: riescono ancora a pensare che la verità, addirittura i numeri, siano più importanti del mito".



    http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=653700

  2. #2
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    Curioso: quando metti in dubbio le cifre dell'Olocausto, rischi il carcere. Sul resto, invece, nessun dogma.

  3. #3
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  4. #4
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  6. #6
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  7. #7
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  9. #9
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    Gaeta (Littoria) "L'uomo deve ridiventare, anzitutto, essere spirituale, teso verso tutto ciò che innalza e nobilita: se no, quantunque gradevole sia la decorazione, la vita risulta solo una mangiatoia, in cui ci si sazia e l’essenziale non esiste"
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    Citazione Originariamente Scritto da Suntzi Visualizza Messaggio
    Curioso: quando metti in dubbio le cifre dell'Olocausto, rischi il carcere. Sul resto, invece, nessun dogma.
    E certo... i sacralissimi usurai non si toccano!

  10. #10
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    In ogni caso il bombardamento di Dresda è stato un atto di barbarie...

 

 
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