User Tag List

Risultati da 1 a 2 di 2
  1. #1
    Registered User
    Data Registrazione
    06 Jun 2002
    Località
    Deganya,Lago Kinneret,Israele.
    Messaggi
    442
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Thumbs down Terroristi Br e OLP coalizzati contro Israele!

    Dal Corriere della Sera di venerdì 7 marzo 2003.

    Gli elementi raccolti dal magistrato non hanno l’idoneità a creare
    l’apprezzabile "fumus" di colpevolezza per una partecipazione di Yasser
    Arafat ad una presunta collaborazione tra l’Organizzazione per la
    Liberazione della Palestina e le Brigate rosse...». Nel 1990 il processo
    finì così, assoluzione per insufficienza di prove. E per l’Italia il capo
    dell’Olp tornò ad essere soltanto un discusso leader politico e non un
    imputato. Carlo Mastelloni, un giudice di Venezia, aveva chiesto un mandato
    di cattura internazionale nei suoi confronti: lo riteneva coinvolto nella
    fornitura di un carico di armi che l’Olp consegnò «gratuitamente» alle
    Brigate rosse nel 1979.
    Una vicenda oscura, mai chiarita. Simbolo della fascinazione delle vecchie
    Brigate rosse per la causa palestinese. Mastelloni della bontà di
    quell’inchiesta è convinto ancora oggi: «Gli incontri di Mario Moretti a
    Parigi con i dissidenti dell’Olp testimoniavano l’ambizione delle Br.
    Cercavano non solo armi, ma anche un riconoscimento internazionale. E lo
    cercarono tra i palestinesi, che nel loro immaginario hanno sempre avuto una
    funzione di mito».
    Una fascinazione rimasta intatta nel tempo. Nel 2003, Mario Galesi che
    confida a Nadia Lioce di volere una sepoltura con la kefiah al collo. Nel
    1973, Mara Cagol, la compagna di Renato Curcio uccisa in un conflitto a
    fuoco nel 1975, che diceva di ispirarsi a Leila Khaled, la giovane
    palestinese specializzata in dirottamenti aerei che all’inizio degli anni
    Settanta divenne una specie di icona della lotta armata.
    Ma l’influsso del «mito» palestinese portò anche ad atti più concreti. Negli
    anni di piombo, molti dei capi Br la pensavano esattamente come Nadia Lioce,
    che martedì, dal carcere di Arezzo, ha definito la «resistenza palestinese»
    come «il punto di riferimento di tutte le masse arabe e islamiche umiliate
    dall’imperialismo, che nel complesso costituiscono il naturale alleato del
    proletariato metropolitano dei Paesi europei».
    Quel «naturale alleato» venne cercato, blandito, divenne una chimera, sempre
    sfiorata, mai completamente abbracciata. La storia dei contatti tra Brigate
    rosse e terrorismo palestinese passa attraverso tentativi goffi, piccoli
    tradimenti, sospetti reciproci. Una vicenda piccola, nell’enormità di quegli
    anni, ricostruita attraverso le testimonianze dei pentiti. E così riassunta
    dalla Commissione parlamentare di maggioranza sul caso Moro: «Risulta che
    sia le Br, sia Prima Linea hanno stabilito rapporti non occasionali con
    gruppi minoritari ed estremisti della resistenza palestinese dai quali, o
    tramite i quali, hanno ricevuto forniture di armi, che dopo l’assassinio di
    Aldo Moro determinarono un salto qualitativo nell’armamento delle maggiori
    organizzazioni terroristiche».
    Mario Moretti, capo delle Brigate rosse, nel 1979 girò per il Mediterraneo a
    bordo del «Papago» trasportando 150 mitra Sterling, due mitragliatrici, sei
    quintali di esplosivo al plastico. Armi destinate alle Brigate rosse, che si
    occuparono del trasporto, ma anche all’Ira e all’Eta. I fornitori, secondo
    il racconto del pentito Sandro Galletta: «Si trattava di una frazione
    dell’Olp, dissidente, ovvero minoritaria». Un pentito storico delle Br,
    Antonio Savasta, racconta che i palestinesi, colpiti dall’efficienza
    dimostrata dalle Br, offrirono il loro appoggio in cambio dell’impegno dei
    terroristi italiani a colpire obiettivi israeliani e Nato. «Una volta
    ottenute le armi - scrive la Commissione -, le Br cancellarono dai loro
    programmi le azioni promesse ai palestinesi, secondo Savasta per la
    difficoltà politica di conciliarle con la strategia dell’organizzazione,
    tutta incentrata sulla vicenda italiana». Gli interlocutori palestinesi non
    la presero bene, e i rapporti con gli «inaffidabili» italiani si
    raffreddarono.
    Gli ultimi colpi di coda delle «vecchie» Brigate rosse riportano in primo
    piano i rapporti con gli estremisti palestinesi. Il documento di
    rivendicazione dell’omicidio (luglio 1984) del diplomatico americano Leamon
    Ray Hunt, responsabile delle forze militari Nato nel Sinai, viene firmato
    dalle Brigate rosse-Partito comunista combattente, e dalla Farl (Frazione
    Armata Rivoluzionaria Libanese), organizzazione legata al Fronte Popolare di
    Liberazione della Palestina. Un delitto rimasto senza colpevoli. E senza
    spiegazioni, ad iniziare da quella rivendicazione congiunta.
    La storia del Pcc sembra finire nel 1989, quando la polizia smantella la sua
    ultima cellula. Nove arresti, otto italiani e un giordano, Khalid Hassan
    Thamer Birawi, militante del «Consiglio rivoluzionario» di Abu Nidal,
    all’epoca primula rossa dell’eversione internazionale, responsabile
    dell’attentato del 1982 alla sinagoga di Roma. Secondo gli esperti
    dell’antiterrorismo, era stata concordata un’alleanza politica per compiere
    un attentato a Roma. In quell’operazione finisce in manette anche Franco La
    Maestra, nome di battaglia «Cesare». Era lui che teneva i contatti con
    l’inviato di Abu Nidal. Oggi La Maestra è uno degli irriducibili Br, uno di
    quelli che dal carcere «ispirano» chi sta fuori. Fu lui a citare
    implicitamente la Lioce e Galesi in una intercettazione telefonica dopo il
    delitto D’Antona.
    Anche Eli Carmon, israeliano, uno dei principali esperti di terrorismo
    internazionale è convinto che l’«appello» della Lioce non sia estemporaneo,
    ma abbia radici profonde: «Anche nel 1987-88, prima di essere spazzate via,
    le Br-Pcc, colpite dal successo della prima Intifada, scrissero documenti in
    cui auspicavano una collaborazione con i terroristi palestinesi».
    Gli esperti italiani dell’antiterrorismo leggono le parole della Lioce
    confrontandole con il documento dei Nipr (Nuclei di Iniziativa Proletaria
    Rivoluzionaria), organizzazione che si ispira alle Br-Pcc, che rivendicava
    l’attentato del 10 aprile 2001 all’Istituto Affari Internazionali di Roma.
    Trenta pagine sulla situazione internazionale. Un’analisi dettagliata sul
    Medio Oriente, che esalta «il soggetto palestinese» come «un alleato
    naturale nella lotta all’imperialismo».
    Sostiene Carmon: «Nelle loro risoluzioni, i terroristi italiani hanno sempre
    trascurato l’aspetto religioso della lotta palestinese, che è fondamentale.
    Esaltando invece lo sfondo ideologico, i deboli contro i forti». L’aspetto
    mitologico. Quello che diceva Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle
    Brigate rosse: «I primi Br erano imbevuti dell’alone leggendario della
    Resistenza. Verso la metà degli anni Settanta i più giovani invece si
    ispirarono alla lotta dei palestinesi». Come Mario Galesi e Nadia Lioce,
    oggi.

    Marco Imarisio

  2. #2
    Affus
    Ospite

    Predefinito Re: Terroristi Br e OLP coalizzati contro Israele!

    Originally posted by Tsabar
    Dal Corriere della Sera di venerdì 7 marzo 2003.

    Gli elementi raccolti dal magistrato non hanno l’idoneità a creare
    l’apprezzabile "fumus" di colpevolezza per una partecipazione di Yasser
    Arafat ad una presunta collaborazione tra l’Organizzazione per la
    Liberazione della Palestina e le Brigate rosse...». Nel 1990 il processo
    finì così, assoluzione per insufficienza di prove. E per l’Italia il capo
    dell’Olp tornò ad essere soltanto un discusso leader politico e non un
    imputato. Carlo Mastelloni, un giudice di Venezia, aveva chiesto un mandato
    di cattura internazionale nei suoi confronti: lo riteneva coinvolto nella
    fornitura di un carico di armi che l’Olp consegnò «gratuitamente» alle
    Brigate rosse nel 1979.
    Una vicenda oscura, mai chiarita. Simbolo della fascinazione delle vecchie
    Brigate rosse per la causa palestinese. Mastelloni della bontà di
    quell’inchiesta è convinto ancora oggi: «Gli incontri di Mario Moretti a
    Parigi con i dissidenti dell’Olp testimoniavano l’ambizione delle Br.
    Cercavano non solo armi, ma anche un riconoscimento internazionale. E lo
    cercarono tra i palestinesi, che nel loro immaginario hanno sempre avuto una
    funzione di mito».
    Una fascinazione rimasta intatta nel tempo. Nel 2003, Mario Galesi che
    confida a Nadia Lioce di volere una sepoltura con la kefiah al collo. Nel
    1973, Mara Cagol, la compagna di Renato Curcio uccisa in un conflitto a
    fuoco nel 1975, che diceva di ispirarsi a Leila Khaled, la giovane
    palestinese specializzata in dirottamenti aerei che all’inizio degli anni
    Settanta divenne una specie di icona della lotta armata.
    Ma l’influsso del «mito» palestinese portò anche ad atti più concreti. Negli
    anni di piombo, molti dei capi Br la pensavano esattamente come Nadia Lioce,
    che martedì, dal carcere di Arezzo, ha definito la «resistenza palestinese»
    come «il punto di riferimento di tutte le masse arabe e islamiche umiliate
    dall’imperialismo, che nel complesso costituiscono il naturale alleato del
    proletariato metropolitano dei Paesi europei».
    Quel «naturale alleato» venne cercato, blandito, divenne una chimera, sempre
    sfiorata, mai completamente abbracciata. La storia dei contatti tra Brigate
    rosse e terrorismo palestinese passa attraverso tentativi goffi, piccoli
    tradimenti, sospetti reciproci. Una vicenda piccola, nell’enormità di quegli
    anni, ricostruita attraverso le testimonianze dei pentiti. E così riassunta
    dalla Commissione parlamentare di maggioranza sul caso Moro: «Risulta che
    sia le Br, sia Prima Linea hanno stabilito rapporti non occasionali con
    gruppi minoritari ed estremisti della resistenza palestinese dai quali, o
    tramite i quali, hanno ricevuto forniture di armi, che dopo l’assassinio di
    Aldo Moro determinarono un salto qualitativo nell’armamento delle maggiori
    organizzazioni terroristiche».
    Mario Moretti, capo delle Brigate rosse, nel 1979 girò per il Mediterraneo a
    bordo del «Papago» trasportando 150 mitra Sterling, due mitragliatrici, sei
    quintali di esplosivo al plastico. Armi destinate alle Brigate rosse, che si
    occuparono del trasporto, ma anche all’Ira e all’Eta. I fornitori, secondo
    il racconto del pentito Sandro Galletta: «Si trattava di una frazione
    dell’Olp, dissidente, ovvero minoritaria». Un pentito storico delle Br,
    Antonio Savasta, racconta che i palestinesi, colpiti dall’efficienza
    dimostrata dalle Br, offrirono il loro appoggio in cambio dell’impegno dei
    terroristi italiani a colpire obiettivi israeliani e Nato. «Una volta
    ottenute le armi - scrive la Commissione -, le Br cancellarono dai loro
    programmi le azioni promesse ai palestinesi, secondo Savasta per la
    difficoltà politica di conciliarle con la strategia dell’organizzazione,
    tutta incentrata sulla vicenda italiana». Gli interlocutori palestinesi non
    la presero bene, e i rapporti con gli «inaffidabili» italiani si
    raffreddarono.
    Gli ultimi colpi di coda delle «vecchie» Brigate rosse riportano in primo
    piano i rapporti con gli estremisti palestinesi. Il documento di
    rivendicazione dell’omicidio (luglio 1984) del diplomatico americano Leamon
    Ray Hunt, responsabile delle forze militari Nato nel Sinai, viene firmato
    dalle Brigate rosse-Partito comunista combattente, e dalla Farl (Frazione
    Armata Rivoluzionaria Libanese), organizzazione legata al Fronte Popolare di
    Liberazione della Palestina. Un delitto rimasto senza colpevoli. E senza
    spiegazioni, ad iniziare da quella rivendicazione congiunta.
    La storia del Pcc sembra finire nel 1989, quando la polizia smantella la sua
    ultima cellula. Nove arresti, otto italiani e un giordano, Khalid Hassan
    Thamer Birawi, militante del «Consiglio rivoluzionario» di Abu Nidal,
    all’epoca primula rossa dell’eversione internazionale, responsabile
    dell’attentato del 1982 alla sinagoga di Roma. Secondo gli esperti
    dell’antiterrorismo, era stata concordata un’alleanza politica per compiere
    un attentato a Roma. In quell’operazione finisce in manette anche Franco La
    Maestra, nome di battaglia «Cesare». Era lui che teneva i contatti con
    l’inviato di Abu Nidal. Oggi La Maestra è uno degli irriducibili Br, uno di
    quelli che dal carcere «ispirano» chi sta fuori. Fu lui a citare
    implicitamente la Lioce e Galesi in una intercettazione telefonica dopo il
    delitto D’Antona.
    Anche Eli Carmon, israeliano, uno dei principali esperti di terrorismo
    internazionale è convinto che l’«appello» della Lioce non sia estemporaneo,
    ma abbia radici profonde: «Anche nel 1987-88, prima di essere spazzate via,
    le Br-Pcc, colpite dal successo della prima Intifada, scrissero documenti in
    cui auspicavano una collaborazione con i terroristi palestinesi».
    Gli esperti italiani dell’antiterrorismo leggono le parole della Lioce
    confrontandole con il documento dei Nipr (Nuclei di Iniziativa Proletaria
    Rivoluzionaria), organizzazione che si ispira alle Br-Pcc, che rivendicava
    l’attentato del 10 aprile 2001 all’Istituto Affari Internazionali di Roma.
    Trenta pagine sulla situazione internazionale. Un’analisi dettagliata sul
    Medio Oriente, che esalta «il soggetto palestinese» come «un alleato
    naturale nella lotta all’imperialismo».
    Sostiene Carmon: «Nelle loro risoluzioni, i terroristi italiani hanno sempre
    trascurato l’aspetto religioso della lotta palestinese, che è fondamentale.
    Esaltando invece lo sfondo ideologico, i deboli contro i forti». L’aspetto
    mitologico. Quello che diceva Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle
    Brigate rosse: «I primi Br erano imbevuti dell’alone leggendario della
    Resistenza. Verso la metà degli anni Settanta i più giovani invece si
    ispirarono alla lotta dei palestinesi». Come Mario Galesi e Nadia Lioce,
    oggi.

    Marco Imarisio



    L'opinione delle Libertà, venerdì 10 gennaio 2003

    Vox populi / Lettera aperta (e islamica) a Pelanda
    di Shaykh Abdul Hadi Palazzi


    --------------------------------------------------------------------------------

    Gentile Professor Pelanda, a nome del Consiglio direttivo dell’Associazione musulmani italiani e mio personale voglio esprimerle vivissimi sensi di solidarietà per l’aggressione da lei subita da parte dei due demenziali pregiudicati Emilio Adel Smith e Massimo Zucchi, nonché per la sua forse troppo istintiva ma doverosa reazione di fronte ad aberranti proclami ispirati dal più becero odio razziale dal più volgare antisemitismo negazionista. Condividiamo il suo giudizio secondo cui la ricerca dell’audience a tutti i costi non può consentire che personaggi di quel genere strumentalizzino i mezzi d’informazione al fine di gettare benzina sul fuoco e propagandare forme d’estremismo tanto dissennate, ed è ancor più grave che ciò avvenga proprio nel momento in cui lo Stato d’Israele continua di giorno in giorno ad essere funestato da bande di kamikaze sanguinari che seminano morte fra la popolazione civile.

    A nostro parere, la Sua reazione va innanzitutto apprezzata come un concreto gesto di solidarietà nei confronti di migliaia di vittime innocenti, di migliaia di uomini, donne e bambini che in Israele ogni giorno vengono privati della vita proprio in conseguenza di una sistematica educazione all’odio da parte dell’Anp, di Hamas e di consimili bande criminali. Non possiamo consentire che le televisioni italiane scadano al livello di quelle di Gaza o di Beirut. Va poi detto che dopo l’11 settembre alcuni mezzi d’informazione avevano iniziato a interrogarsi coscienziosamente sulle cause della espansione delle reti del fondamentalismo militante, e si erano in parte occupati di quelle strutture pseudo-caritatevoli che - gestite su scala mondiale dalla setta dei ‘Fratelli musulmani’ - in realtà sono vere e proprie lobby di finanziamento del terrore. Specie nel Nord d’Italia, quelle strutture seguitano a tutt’oggi ad agire indisturbate. Si tratta di una dinamica che la ns. Associazione continua da anni a denunciare alle autorità e ai mezzi d’informazione, sin dall’epoca del governo Dini, e nulla sembra essere cambiato.

    Dopo gli attentati di New York, di Mosca, di Bali, di Mombasa, una legislazione specifica che consenta di punire efficacemente chi in Italia fa l’apologia del terrorismo suicida o raccoglie fondi per organizzazioni estere dedite al terrorismo ancora non esiste. Oggi invece, grazie a Vespa e ad altri fautori dell’audience “a tutti i costi”, nessuno parla quasi più dei milioni di euro che vengono spesi per il mantenimento di una rete professionale di propaganda dell’estremismo fra gli immigrati, e i non addetti ai lavori sono ormai stati quasi convinti che il principale pericolo di fondamentalismo wahhabita in Italia sia rappresentato dal signor Emilio Smith e dai due seguaci della sua fantomatica organizzazione. Pericoli reali e ben più seri vengono invece passati sotto silenzio. Chi ad esempio parla del modo in cui si è ristrutturate la catena di distribuzione di fondi a favore del terrorismo dopo la chiusura del Nada management trust di Lugano? Eppure il dipartimento di Stato Usa ci dice che l’Istituto Salafita di Viale Jenner a Milano era la principale base logistica di al-Qa’ida in Europa. E i personaggi che lo gestivano sono ancora a piede libero, ancora in Italia, e seguitano a programmare nuovi investimenti.



    Sabato 11 gennaio 2003

    Vox populi / Luce nell’oscurità
    di Carlo Pelanda


    --------------------------------------------------------------------------------

    Pubblichiamo al risposta di Carlo Pelanda alla lettera aperta indirizzatagli dal professor Palazzi e pubblicata ieri in questa rubrica.

    Gentile Prof Palazzi, grazie per la bella lettera. Non conosco molto del mondo islamico e la ringrazio di avermi dato l'occasione di poter avere maggiore informazione. Apprezzo le sue parole che mi sembrano luce nell'oscurità. Le pubblicherò sul mio sito.

    [La lettera di Shaykh Palazzi e altri documenti dell'Istituto sono pubblicati nel sito del prof. Pelanda alla URL http://www.carlopelanda.com/islamici.htm ]


    [HOME]

 

 

Discussioni Simili

  1. Chavez attacca Israele, Assassini e terroristi
    Di Daltanius nel forum Sinistra Italiana
    Risposte: 5
    Ultimo Messaggio: 25-06-10, 14:46
  2. Israele: Almeno 200 i terroristi Hezbollah uccisi
    Di titanic92 nel forum Politica Estera
    Risposte: 29
    Ultimo Messaggio: 05-08-06, 19:16
  3. I terroristi di Hamass non riconoscono Israele
    Di Ashmael nel forum Politica Estera
    Risposte: 28
    Ultimo Messaggio: 31-01-06, 16:13
  4. Israele, i terroristi di Kach: cani contro i palestinesi
    Di Zefram_Cochrane nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 5
    Ultimo Messaggio: 26-03-05, 08:50
  5. Terroristi Palestinesi contro Abu Mazen e contro Israele
    Di Pieffebi nel forum Centrodestra Italiano
    Risposte: 7
    Ultimo Messaggio: 11-06-03, 19:12

Tag per Questa Discussione

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito