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    Post ISLÀM E GIUDAISMO di don Curzio Nitoglia

    Per tutti i nemici della Croce, che accusano il Cristianesimo di essere un "prodotto" e un "servo" del Giudaismo.
    Un documento che svela la vera natura dell'Islam, cioè di surrogato di Giudaismo talmudico con elementi evangelici e pagani (similmente al Protestantesimo).
    Una falsa "religione" che ha sempre accolto a braccia aperte i giudei senza chiederne la conversione (vedete l'Andalusia) e che invece ha sempre combattuto ferocemente la Cristianità.

    "Islam"= giudaismo spiegato agli Arabi, don Curzio Nitoglia svela il giudaizzante Maometto.


    ISLÀM E GIUDAISMO
    di don Curzio Nitoglia


    Nel 1955 il famoso teologo domenicano Padre Théry (1), sotto lo pseudonimo di Hanna Zakarias, pubblicava De Moïse à Mohammed, due ponderosi volumi compendiati poi nell'unico tomo Vrai Mohammed et faux Coran (2), in cui studiava approfonditamente la questione delle origini dell'Islàm. Nel presente articolo cercherò di riassumere e illustrare le tesi contenute nei suoi libri, corroborandole anche con altri seri studi ed avvalendomi della consulenza di un noto orientalista dell'Università di Torino. I testi del Padre Théry non si trovano più in commercio, ma l'essenziale della sua tesi è stato ripreso dall'abbé J. Bertuel, la cui opera è ancora reperibile nelle librerie francesi (3). Del Théry scrive Bonnet-Eymard che «deve essere considerato come il fondatore dell'"esegesi scientifica" del Corano., benché resti. il grande assente da tutte le bibliografie sul tema. È certo che l'anonimato [o lo pseudonimo di H. Zakarias n.d.r.] e l'edizione privata, voluti per non esporre a rappresaglie i religiosi e i sacerdoti che lavoravano nei territori dell'Islàm, hanno danneggiato le sue opere. Se fosse stata pubblicata sotto il vero nome dell'autore, medievalista ben conosciuto nell'ambiente della ricerca scientifica, avrebbe senza dubbio goduto di un'accoglienza più favorevole da parte degli Islamisti, ma li avrebbe forzati a controbattere apertamente. Facendo finta di ignorare l'identità di Hanna Zakarias che, molto rapidamente, non fu più un segreto per nessuno, essi poterono presentarlo senza rischio "sottovoce, come un imbroglione e un ignorante; il disprezzo per l'autore ricadeva evidentemente sulla sua opera"» (4). Fu solo nel 1960 (5), un anno dopo la sua morte, che la rivista dei domenicani di Roma Angelicum tolse ufficialmente l'anonimato all'opera del Théry, riassumendo concisamente ma con esattezza il contenuto dei primi due volumi (6).


    Le conclusioni cui perviene l'eminente teologo e storico domenicano possono essere così riassunte:

    1) l'Islàm è soltanto la religione giudaica postmessianica, spiegata agli arabi da un rabbino.

    2) Maometto non è mai stato ispirato da Dio. Si convertì al Giudaismo talmudico, spinto da sua moglie Khadigia, ebrea di nascita, ed aiutò il suo maestro, il rabbino della Mecca, ad attuare il suo progetto di giudaizzazione dell'Arabia.

    3) Il Corano è stato composto e redatto dal rabbino della Mecca e Maometto era solo un "proselite della porta".


    4) Il Corano primitivo (traduzione e compendio arabo del Pentateuco di Mosè) è stato redatto da un rabbino ebreo, ma dopo Maometto andò smarrito (VII sec.). L'attuale Corano non contiene più, come il primo, la traduzione e l'adattamento della storia sacra d'Israele; è soltanto un libro di aneddoti, di storie, quasi una sorta di rapporto stilato dallo stesso autore sulle sue vicende apostoliche, per cui bisognerebbe chiamarlo più correttamente "Gli Atti dell'Islàm". Tali "Atti" costituiscono la sola fonte autentica che ci consenta di conoscere le origini dell'Islàm, cioè in sostanza la giudaizzazione dell'Arabia, di cui il rabbino della Mecca, Maometto e sua moglie Khadigia furono i primi autori. Solo lo studio critico degli "Atti dell'Islàm" (o attuale Corano) ci può fornire una solida base per una ricostruzione delle origini dell'Islàm, ovvero della conversione dell'Arabia al Giudaismo talmudico. Gli ebrei erano presenti in Arabia e abitavano tra le diverse oasi del deserto arabico e le tre città di Medina, La Mecca e Taif. Erano particolarmente numerosi a Medina (più di metà della popolazione). I cristiani erano meno numerosi degli ebrei, ma non erano cattolici romani; appartenevano invece a sette eretiche, quali il Giacobitismo e il Nestorianesimo, e al Cristianesimo d'Abissinia, fortemente mischiato di elementi giudaici.

    5) Gli "Atti dell'Islàm", proprio perché scritti da un rabbino, sono essenzialmente anticristiani. I musulmani non sono nient'altro che arabi convertiti al Giudaismo talmudico a partire dal VII sec.


    LA MECCA
    Nel VI sec. La Mecca divenne uno dei più importanti centri commerciali della penisola araba. Qui fin dal II secolo, secondo il Padre Théry, esisteva il tempio della "Ka'ba", una specie di cassa attualmente lunga 12 metri, larga 10 e alta 15, posta su un piedestallo di marmo di 25 cm. e coperta da un tappeto nero cambiato annualmente. Nella "Ka'ba" si trova una pietra nera, visibile ancor oggi (7), di cui si ignora la provenienza e la datazione; secondo i musulmani vi fu portata direttamente dall'arcangelo Gabriele. Nel VI secolo la "Ka'ba" era anche ripiena di sassi grezzi raccolti nei deserti d'Arabia, ritenuti divinità e adorati come tali; la gran massa di persone che la frequentava era formata da arabi politeisti, che veneravano oltre la pietra nera incastonata nella "Ka'ba" anche i sassi e gli idoli in essa raccolti (8). A La Mecca, secondo la tesi del Padre Théry, viveva anche una comunità ebrea, guidata da un rabbino molto preparato, fine conoscitore del Talmùd, il quale avrebbe concepito il progetto di convertire gli arabi politeisti alla religione giudaica post-biblica. Per raggiungere il suo scopo si sarebbe servito di un giovane arabo, Maometto, sposato con l'ebrea Khadigia; questa è in sintesi, secondo il Padre Théry, la storia delle origini dell'Islàm: la conversione dei politeisti arabi al Giudaismo talmudico.

    NASCITA E MATRIMONIO DI MAOMETTO
    Si ritiene comunemente che Maometto sia nato nel 580, anche se non si ha una documentazione certa. La sua famiglia era povera, come attesta il rabbino della Mecca negli "Atti dell'Islàm" (l'attuale Corano) (9), ed egli, rimasto orfano assai presto, pare sia stato accolto dallo zio Abu Tàlib, carovaniere della Mecca. Era un bambino sveglio ed intelligente, e lo zio lo portava spesso con sé nelle carovane che conduceva a Gaza. Maometto si sposa con Khadigia (10), una donna più anziana di lui ma molto ricca, dal carattere forte e intraprendente, se è vero, come afferma il Padre Théry, che fu lei a prendere l'iniziativa del matrimonio, e comunque volitiva e dominatrice di un marito timoroso di perdere la sua posizione. "All'età di 25 anni Maometto si sposa" (11). Questo matrimonio con un'ebrea spiega l'evoluzione del giovane arabo, perché sua moglie lo spingerà ad abbandonare gli idoli della "Ka'ba" per aderire alla religione giudaica post-biblica; dopo di lei sarà il rabbino della Mecca a formarlo alla religione d'Israele e a lanciarlo tra gli arabi come suo portavoce.

    LA CONVERSIONE DI MAOMETTO AL GIUDAISMO
    Il culto degli idoli è ancora molto diffuso a La Mecca quando una voce comincia a predicare un messaggio nuovo per le orecchie dei politeisti arabi. "Lo giuro per Allah (leggi: Yahwé), che ha creato il maschio e la femmina. Chi fa l'elemosina e chi teme Dio sarà ricompensato. Quanto a chi è avaro e ripieno di sé, sarà precipitato nell'abisso. A cosa gli servirà la sua ricchezza? Io vi avverto fin d'ora che vi è un fuoco divorante per coloro che non temono Dio" (12). Come conosce bene l'Antico Testamento questo oratore della Mecca, che divide l'umanità in due categorie: coloro che temono Dio e che credono alla Resurrezione, al Giudizio, al Cielo e all'Inferno e gli infedeli, gli avari, gli orgogliosi! Nelle sue prediche ritroviamo reminiscenze vetero-testamentarie e talmudiche: "Lo giuro per il fico e per l'olivo, lo giuro per il monte Sinai .Coloro che credono e fanno il bene riceveranno retribuzione" (13). Ma chi è questo predicatore che ridicolizza gli idoli della "Ka'ba", che annuncia l'esistenza di un Dio unico ("Yahwé" in ebraico, "Allah" in arabo), che giura sul fico e sull'olivo, i due alberi della felicità terrestre dell'Antico Testamento? È certo uno che conosce e annuncia la religione d'Israele. Se si applica la critica storica, poi, si è obbligati a concludere, secondo il Padre Théry, che questo predicatore è un ebreo.

    È l'oratore stesso a porgerci questa conclusione con le sue affermazioni: "Tutto quello che vi annuncio è contenuto nelle pagine venerate" (14), "le pagine di Mosè e d'Aronne" (15). "Idolatri della Mecca, non sapete che Dio ha parlato, sul Monte Sinai, a Mosè? È proprio Yahwé (il Dio unico) che ha rivelato a Mosè il "Corano ebraico", il solo Corano (Libro Santo) che sia mai esistito, il Corano glorioso del Monte Sinai" (16). A partire da questo testo il rabbino della Mecca darà una traduzione in arabo e sarà il primo Corano arabo scritto, poi smarrito e sostituito dall'attuale "Corano", che forse andrebbe chiamato con maggiore esattezza "Atti dell'Islàm". I discorsi che vi si trovano non contengono nulla che non sia giudaico, o meglio vetero-testamentario, e convalidano la tesi che l'autore sia un ebreo che conosce in modo approfondito l'Antico Testamento e il Talmùd, cioè il rabbino de La Mecca.

    L'uditorio del rabbino tuttavia non vuole rinunciare ai propri idoli ancestrali per convertirsi al Dio unico "Yahwé". Tra gli astanti vi è però un giovane arabo che ha sposato un'ebrea: e la sera Maometto, clandestinamente, spinto dalla moglie, va alla casa del rabbino per conoscere la nuova religione. Apprende così che vi è un solo Dio, che le sue parole sono state raccolte da Mosè sul Monte Sinai e sono state scritte in un Libro (il Pentateuco), in arabo chiamato CORANO. Dato che Maometto non è in grado di leggere e capire il Corano ebraico, sarà il rabbino a leggerglielo e spiegargli oralmente le vicende di Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Mosè. Maometto impara anche la nuova professione di fede dettatagli dal rabbino: "Yahwé è unico: è il solo. NON HA GENERATO e non è stato generato. NESSUNO È EGUALE A LUI" (17). Che bella professione di fede giudaicotalmudica e anticristiana (il Padre NON HA GENERATO il Figlio; in Dio NON vi sono TRE PERSONE EGUALI e distinte)! Maometto non nasconde più la sua conversione, la rende pubblica, rompe ogni legame con l'idolatria della "Ka'ba". La Mecca è scossa: questo arabo sposato con un'ebrea non rischia forse di rovinare il vecchio Panteon della città? La "Ka'ba" è uno dei santuari più ricchi del paese, e Maometto sta per rovinarlo! A fronte di queste accuse lanciategli dai suoi compatrioti vi era la protezione del rabbino sul suo discepolo: "Dillo, o Maometto: Infedeli! Io non adorerò ciò che voi adorate. E voi non adorate ciò che io adoro. . A voi la vostra religione, a me la mia" (18). Secondo il Padre Théry, a fianco di Maometto non vi è mai stato "Allah" rivelatore, ma soltanto un ebreo, che gli ha raccontato le storie dei Patriarchi contenute nel Pentateuco di Mosè. Il padre domenicano arriva a tale conclusione dopo aver provato che la conversione di Maometto al Giudaismo, è avvenuta sotto la forte pressione della moglie al limite del ricatto psicologico, conversione che doveva servire alla giudaizzazione della razza araba, come era nell'intento del rabbino della Mecca."Un fatto è certo, leggendo gli "Atti dell'Islàm". un arabo, Maometto, marito di Khadigia, dopo aver preso lezioni da un rabbino, s'è convertito al Giudaismo, primo tra gli arabi. Maometto non sarà nient'altro che il portavoce di un ebreo, l'allievo di un rabbino, per un'impresa strettamente e assolutamente ebraica" (19).

    LA FORMAZIONE RELIGIOSA DI MAOMETTO E IL SUO APOSTOLATO
    Maometto ora sa che gli idoli della "Ka'ba" sono muti, che Dio non ha parlato. "Oh! Che notte solenne la notte della Rivelazione!" (20). Avvenne sul Monte Sinai, Mosè era accompagnato da tutto il popolo eletto ai piedi della montagna, una voce lo chiamò e Dio gli rivelò la Legge, gli consegnò un Codice, il Corano, che è sia un libro religioso sia un codice legislativo, in ebraico "Toràh" (il messaggio religioso di "Yahwé" e la sua legge). E il Corano ebraico o "Toràh" avrebbe dovuto dirigere tutti gli uomini (21). In conclusione per il Théry, non è "Allah" che ha rivelato a Maometto la storia di Israele, Maometto non è un profeta ma solo l'allievo devoto di un rabbino, il monte Hirà, come duplicato del Sinai non esiste: Maometto, in sostanza, è solo il canale attraverso il quale filtra l'insegnamento rabbinico per la giudaizzazione dell'Arabia. Gli arabi che poi hanno seguito Maometto hanno gradatamente messo da parte l'origine giudaico-rabbinica dell'Islàm, per affermare e marcare sempre di più la rivelazione di "Allah" a Maometto per la gloria degli arabi stessi, che hanno quindi soppiantato gli ebrei nella loro missione.

    GLI INSEGNAMENTI DEL RABBINO A MAOMETTO
    Con la conversione di Maometto al Giudaismo, secondo il Théry, il lavoro del rabbino non è finito, perché il suo vero fine era la conversione di tutti gli arabi alla Sinagoga giudaica. Il suo compito adesso è quello di formare lo spirito del neofita, di farne un apostolo del Giudaismo tra i suoi connazionali; Maometto sarà così istruito profondamente sulla storia di Israele, imparerà a pregare come gli ebrei, a prosternarsi verso l'oriente, ad invocare il nome del Dio Unico (ma non Trino!). Nell'ambito delle conoscenze religiose, "Gli Atti dell'Islàm" non portano nulla di nuovo alla letteratura giudaico-talmudica e alla storia sacra dell'Antico Testamento: un paradiso terreno, o meglio carnale, è promesso a coloro che si sottometteranno al Dio Unico d'Israele. L'apologetica usata per la conversione degli arabi si fonda non sui motivi di credibilità e sui "preambula fidei", ma sugli istinti più elementari dell'uomo, sulla promessa di una vita futura di piaceri appetibili in cambio della conversione al Giudaismo (22). Spinto dalla moglie, ammaestrato dal rabbino, il giovane cammelliere non poteva lasciarsi sfuggire l'occasione che gli si presentava: divenne l'apostolo del Giudaismo tra gli arabi.

    REAZIONE DEGLI ABITANTI DELLA MECCA DI FRONTE ALLA PREDICAZIONE DI MAOMETTO
    Di fronte alla predicazione della storia sacra di Israele, gli abitanti della Mecca rispondono malamente e con animosità. Non vogliono seguire il giovane arabo convertitosi alla religione della moglie. Anche se confortato dal rabbino, Maometto è scoraggiato ed è tentato di ritornare alla sua vecchia idolatria. "Sono stati sul punto di sedurti e di allontanarti da ciò che ti abbiamo insegnato" (23).

    IL CORANO ARABO: IL "CORABÒR" E IL "CORABSCRÌT"
    Secondo il Padre Théry l'obiezione degli abitanti della Mecca, che il Corano rivelato da Dio a Mosè è scritto in ebraico e che pertanto essi non possono né leggerlo né capirlo, induce il rabbino a riscriverlo in arabo. Nella prima fase dell'apostolato del rabbino non si trova traccia di un testo religioso per gli arabi; nella seconda, invece, che inizia con la sura LXXX, il rabbino racconta agli idolatri che esiste un libro di Verità e di direzione, composto di fogli molto antichi, scritti da Abramo, Mosè, Aronne. Questi fogli formano il Corano, cioè un Libro o libro di Mosè. Tuttavia quando il rabbino, nella sura LXXXV, 21, parla per la prima volta di un Corano glorioso "su una tavola conservata", si riferisce ancora al Corano di Mosè (o Pentateuco) in lingua ebraica. Solo negli "Atti dell'Islàm" si farà allusione ad un Corano in lingua araba (24): "Lo abbiamo reso facile per la tua lingua", ed anche "L'abbiamo rivelato sotto forma di rivelazione araba" (25). In conclusione, il Corano in arabo appare come l'opera di un rabbino che ha tradotto e adattato in lingua araba il Pentateuco mosaico e non contiene nessun nuovo dogma, nessuna originalità, nessuna nuova Rivelazione. "Allah" non è nient'altro che la traduzione araba di "Jahwé" (il Dio Unico). Il Corano ha per autore "Jahwé ", che lo ha consegnato in lingua ebraica a Mosè nel 1280 a. C. ed è stato fatto conoscere agli arabi con una traduzione del VII sec. d. C. Secondo il Padre Théry, Maometto consegnerà il Corano arabo ai suoi connazionali in due momenti successivi, dapprima oralmente e in un secondo tempo per scritto. La prima tappa è quella del "CORABÒR" (CORano AraBo ORale), la seconda quella del "CORABSCRÌT" (CORano AraBo SCRITto), traduzione in arabo del Corano ebraico di Mosè.

    LA COMPOSIZIONE DEL CORANO E L'ATTIVITÀ LETTERARIA DEL RABBINO DELLA MECCA
    Recitano i versetti 86-87 della sura XV: "In Verità il tuo Signore è il Creatore, l'Onnisciente. Noi t'abbiamo già portato I SETTE (VERSETTI) DELLA RIPETIZIONE e DEL CORANO SUBLIME". Questi due versetti sono indirizzati dal rabbino a Maometto per dirgli che il suo Signore è il Creatore, e non gli idoli della "Ka'ba". Il loro autore è colui che ha già composto i sette versetti della Ripetizione ed il Corano sublime, cioè il medesimo rabbino che ha composto gli "Atti dell'Islàm"e il Corabscrìt.

    1) LA "PREGHIERA DELLE LODI" OVVERO "I SETTE VERSETTI DELLA RIPETIZIONE". L'autore è evidentemente un ebreo: "Il tuo Signore è l'Onnisciente", non quindi gli idoli della "Ka'ba". Nell'affermare poi di aver già "portato i sette versetti della Ripetizione", ricorda all'allievo di aver già composto "sette versetti" speciali prima del Corabscrìt. Questi versetti infatti sono ben diversi da quelli contenuti nel Corabscrìt, e formano un tutto molto netto, concreto, breve: sono destinati ad una ripetizione frequente; da qui il nome di "Versetti della Ripetizione". Sono brevi, recitati frequentemente, quindi sono una preghiera; sono la preghiera in sette versi che i musulmani premettono alla loro raccolta di sure. Per arrivare a tale conclusione il Padre Théry si fonda sull'esegesi del versetto 87 della Sura XV degli "Atti dell'Islàm", che recita: "T'abbiamo già portato i sette (versetti) della Ripetizione e del Corano sublime". Egli dimostra che tale preghiera è stata composta già all'epoca della sura XV ed è posteriore al Corabòr, che il rabbino raccontava a Maometto. Durante tale periodo non vi è alcuno scritto arabo del rabbino della Mecca, che si serve unicamente del "Corano" di Mosè (o Pentateuco) in ebraico, per fare "catechismo" a Maometto in lingua araba, trasformandolo così in Corabòr. Inoltre il rabbino parla prima dei "Sette Versetti della Ripetizione" e poi del "Corano Sublime", dando una priorità cronologica alla "preghiera delle lodi" rispetto al Corabscrìt, redatto con fine apologetico per consentire agli arabi, ostili alla predicazione di Maometto, di conoscere direttamente da un testo scritto la Rivelazione di Yahwé sul Monte Sinai. La "Preghiera delle Lodi", invece, contemporanea del "Corabscrìt" non è un'opera apologetica, e, rivolgendosi agli arabi GIÀ convertiti al Giudaismo, presuppone l'esistenza di una comunità di musulmani ormai convertiti al Dio d'Israele, dopo aver abbandonato gli idoli della "Ka'ba".

    2) IL CORANO ARABO SCRITTO (CORABSCRÌT).
    Mentre componeva la "Preghiera delle Lodi", il rabbino lavorava anche alla traduzione in arabo del Corano di Mosè, il Corabscrìt o Corano sublime di cui parla la sura XV, vers. 87. Ma che cosa significa esattamente Corano? È uno scritto destinato alla recita, un libro che si legge ad alta voce e che si salmodia, ed è anche un libro di insegnamenti. Traducendo e adattando in arabo il Pentateuco mosaico il rabbino aveva come scopo unico quello di insegnare agli arabi la rivelazione sinaitica; è per questo che il Corabòr ed il Corabscrìt non sono altro che una ripetizione (orale e scritta) del Corano di Mosè. Negli "Atti dell'Islàm" (l'attuale Corano) si legge: "Il libro di Mosè è un modello (una guida) della Misericordia divina" (26). Dio è l'autore delle verità che contiene, avendole rivelate a Mosè nel 1280 sul Monte Sinai, come confermano le sure del Corano arabo: "Esso (Corano) è la conferma di ciò che era prima di lui (Pentateuco). Non è che la spiegazione del libro del Signore dei Mondi" (27). "Prima di questo qui (Corano arabo) vi era il libro di Mosè: è un libro che conferma l'altro, in lingua araba" (28).

    3) GLI ATTI DELL'ISLÀM.
    Oggi conosciamo un libro chiamato impropriamente "Corano", che comprende 114 capitoli o sure e 6.226 versetti. Non vi è identità - afferma il Padre Théry - tra il Corano arabo, composto dal rabbino della Mecca nel VII secolo, ed il Corano ufficiale che possediamo oggi (che sarebbe meglio definire "Atti dell'Islàm"); in definitiva il "Corano" attuale non è quello originale. In effetti ai vv. 86-87 della XV sura l'autore ricorda a Maometto che ha già composto due opere, una "Preghiera delle Lodi" e il "Corano Sublime": questa affermazione mostra che è quindi anche autore di una TERZA OPERA, quella attuale che comprende la XV sura. Perciò ci troviamo in presenza di tre opere distinte:

    1. La Preghiera delle Lodi o Sette versetti.
    2. Il Corano arabo (orale o scritto) [smarrito].
    3. Un terzo scritto (che include la sura XV, i cui vv. 86-87 ci parlano delle due opere precedenti).

    Soltanto leggendo i vv. 86-87 si può concludere che l'opera alla quale appartengono, chiamata volgarmente o erroneamente Corano, è nettamente diversa dal "Corabòr" o dal "Corabscrìt", e andrebbe chiamata Pseudo-Corano o "Atti dell'Islàm". Le differenze esistenti tra le due opere, il Corano arabo e il "Corano attuale" sono di tre tipi.

    1° DIFFERENZA CRONOLOGICA.
    All'epoca della sura XV, il "Corabòr" e il "Corabscrìt" sono già ultimati: "Ti abbiamo già portato il Corano Sublime". Si può quindi affermare che il "Corabscrìt" sia stato composto all'inizio del secondo periodo della Mecca: "Ti abbiamo reso facile, per la tua lingua araba, il Corano di Mosè". L'adattamento del Corano di Mosè è ormai terminato quando il rabbino scriveva gli "Atti dell'Islàm" che contengono la sura XV; ma il libro cui questa appartiene non è ancora compiuto interamente: iniziato con l'apostolato del rabbino, ne racconta le peripezie e lo segue finché è in vita. Sarà compiuto solo con la fine dell'apostolato del rabbino per la conversione di Maometto e tramite lui dell'intero popolo arabo. Per la sua natura questo libro, che è come un diario della vita apostolica del rabbino della Mecca, ed ha somiglianze con "Gli Atti degli Apostoli" di noi cristiani, è stato definito dal Padre Théry gli "Atti dell'Islàm", probabilmente ultimato nella sua stesura definitiva a Medina, anche se iniziato a La Mecca.

    2° DIFFERENZA DI SCOPI.
    IL Corano arabo è essenzialmente:

    a) un libro di preghiere ebree, destinate a far prendere coscienza della Provvidenza di Dio agli arabi della Mecca, a far loro abbandonare il politeismo per abbracciare la fede in Yahwé.
    b) È anche un libro liturgico: come si recita la Toràh (o Corano ebraico) in ebraico nelle sinagoghe, così i giudeo-arabi o musulmani (sottomessi a Yahwé, Dio Unico di Israele) dovranno nelle loro assemblee recitare il Corano arabo, in lingua araba. Gli Atti dell'Islàm, al contrario, non sono né un libro di preghiere, né un libro liturgico, ma la cronaca del lavoro apostolico del rabbino della Mecca e di Maometto.

    3° DIFFERENZE LETTERARIE.
    - Il Corano arabo doveva essere essenzialmente un libro dogmatico, di insegnamento, stabile ed immutabile.
    - Gli Atti dell'Islàm ci raccontano, invece, le mille peripezie dell'affermarsi, a La Mecca, della religione giudaico-rabbinica e le violente lotte del periodo medinese. È una vera CRONACA che ci narra le reazioni degli abitanti della Mecca i quali non vogliono rinunciare ai loro idoli e alle gesta di Maometto, sotto l'influsso di Khadigia e del rabbino. «In breve - conclude il Padre Théry - il libro degli "Atti", che tutti chiamano oggi "il Corano", non è il Corano arabo, o l'adattamento in arabo del Corano di Mosè. Delle tre opere composte in arabo dal rabbino della Mecca, si sono conservate, fino ad oggi, la "Preghiera delle Lodi" e "Gli Atti dell'Islàm"» (29).

    LA SORTE DEL CORANO ARABO

    IL CORANO ARABO È PERSO. Sorge spontanea una domanda: "Che fine ha fatto?" Bisognerebbe cercare nella massa di manoscritti arabi per vedere se esiste una versione araba del Pentateuco ed una volta trovatala confrontarla con i racconti brevi della storia sacra di Mosè che troviamo negli "Atti dell'Islàm". Il fatto certo - secondo il Padre Théry - è che il vero Corano arabo è smarrito. Esso non era altro che la spiegazione delle principali storie dell'Antico Testamento scritte in ebraico. Oggi nessuno possiede tale libro. I musulmani contemporanei di Maometto e del suo maestro lo possedevano; quelli attuali non lo possiedono più. L'unico scritto del VII secolo ancora in loro possesso è la "Preghiera delle Lodi" o i "Sette versetti della Ripetizione", posta come prologo ai loro "Atti", anch'essi del VII secolo. Tuttavia negli "Atti dell'Islàm" si trovano degli ESTRATTI (oltre alla storia della giudaizzazione dell'Arabia) del Corano arabo vero. Gli "Atti" hanno quindi un'enorme importanza per la conoscenza dell'esistenza della data dell'autore del "Corabscrìt" e, parzialmente, del suo contenuto. È quasi come se, per assurdo, si fossero smarriti i quattro Vangeli, ma si fossero conservati gli "Atti degli Apostoli". Grazie agli "Atti dell'Islàm" siamo in grado di conoscere qualcosa sull'origine dell'Islàm: anche gli "Atti" sono un libro giudaico, ma di un Giudaismo DILUITO, per non urtare la suscettibilità degli arabi idolatri. Il rabbino, secondo il Théry, si accontenta di parlare dell'esistenza di un Dio Unico, della sua bontà, della Resurrezione. Quanto alla storia sacra che costituiva l'essenza del vero Corano, negli "Atti" è appena accennata, perché dei personaggi dell'Antico Testamento (Mosè, Abramo, Noè, ecc.) vi sono solo richiami e vaghi ricordi. La perdita del Corano è un fatto grave, ma è attenuato dalla presenza degli "Atti", che ne permettono una parziale ricostruzione. Quanto poi alle congetture sulla sorte del Corano arabo autentico, si può pensare che sia stato distrutto a Medina da Othmàn o Abu-Bakr, oppure che sia andato perso. ma non si possono avere certezze in tal senso.

    I PRIMI MUSULMANI
    Il primo periodo della Mecca è caratterizzato dall'apostolato del rabbino e dalla conversione di Maometto al Giudaismo; il secondo dalla presenza del Corano arabo orale con il quale Maometto catechizzerà i suoi connazionali. Egli ormai fa parte dei "prosternati" (30), che nella letteratura rabbinica sono gli adoratori di Yahwé, cioè gli ebrei. Maometto prega prosternato come loro, frequenta la sinagoga, ha la loro 'fede'. Riunisce gli arabi per farli diventare anch'essi prosternati. Qui occorre analizzare una parola fondamentale, che basta da sola a farci capire l'essenza dell'Islàm. I grandi dell'Antico Testamento furono grandi perché SOTTOMESSI A DIO e il Corano arabo li presenta come modelli da seguire: il musulmano perciò (o l'arabo che accetta il Corano arabo) è un SOTTOMESSO a Dio, un MUSLIM (o musulmano). E i Patriarchi furono sottomessi alla volontà di Dio e quindi "musulmani". All'epoca del rabbino maestro di Maometto, i termini musulmano e Islàm non rappresentano una nuova religione, ma la religione del passato rispetto al Cristianesimo, la religione mosaico-talmudica che rifiuta proprio la divinità del Cristo. I musulmani per eccellenza sono quindi gli ebrei; gli arabi li dovranno imitare, sono musulmani per partecipazione. La religione dei musulmani (o dei sottomessi a Dio) si chiama ISLÀM e non è nient'altro che la religione della Sinagoga giudaico-talmudica esportata in Arabia: Islàm quindi significa SOTTOMISSIONE TOTALE ALLA VOLONTÀ DI DIO.
    "Colui che Yahwé (o Allah, in arabo) vuole salvare / dilata il suo cuore fino all'Islàm [alla sottomissione totale della sua volontà a Dio]" (31). Verrà un tempo in cui gli arabi, volendo far dimenticare le loro origini giudaiche (quanto alla religione che abbracciarono nel VII secolo con Maometto), si dichiareranno i soli ed autentici MUSULMANI e non più i MUSULMANIZZATI; i soli rappresentanti dell'ISLÀM e non gli ISLAMIZZATI. Sarà questo l'inizio della grande montatura religiosa del bacino mediterraneo (32), la quale ci presenterà "Allah" che rivela al suo profeta Maometto il Corano, ossia la religione musulmana o islamica come un qualcosa di proprio degli arabi, nuovo popolo eletto da Dio, totalmente "sottomessi" alla sua Volontà.

    DISPUTE TRA I CRISTIANI DELLA MECCA ED IL RABBINO
    I cristiani che vivevano a La Mecca, secondo il Théry, avevano sottovalutato gli inizi della predicazione del rabbino, ma cominciarono ben presto ad inquietarsi quando videro i progressi del Giudaismo tra il popolo arabo. Maometto aveva già convinto qualcuno dei suoi compatrioti e il rabbino aveva già tradotto in arabo il Pentateuco e vi aveva aggiunto le integrazioni talmudiche ed anticristiane. I cristiani si decisero allora ad entrare pubblicamente nella disputa che vedeva opporsi gli idolatri ai giudaizzanti. Come il rabbino aveva predicato a Maometto i personaggi dell'Antico Testamento, così i cristiani dovettero predicare loro i personaggi del Nuovo Testamento e specialmente San Giovanni Battista, la Madonna e Nostro Signor Gesù Cristo. Non possediamo naturalmente il testo delle prediche dei cristiani della Mecca, ma negli "Atti dell'Islàm" leggiamo le risposte del rabbino, e a partire da queste possiamo risalire a quelle. Naturalmente i cristiani non rifiutano la rivelazione sinaitica. Come ogni buon cristiano accettano l'Antico Testamento, perfezionato nel Vangelo di Gesù Cristo; rifiutano però le favole talmudiche che hanno storpiato la Rivelazione sinaitica. Il punto nodale che separa il cristiano dall'ebreo (e quindi dal musulmano) è il dogma dell'Unità e Trinità di Dio e della Incarnazione, Passione e Morte di Nostro Signor Gesù Cristo. I cristiani della Mecca predicavano la SS. Trinità e l'Incarnazione del Verbo eterno, Nostro Signor Gesù Cristo crocifisso dai giudei, per mantenere gli arabi al Cristianesimo e liberarli dal Talmudismo. La conversione di Maometto al Giudaismo era assai pericolosa per il Cristianesimo, che in Arabia aveva già conosciuto momenti di fortuna e di successi. Sulla base delle risposte fornite dal rabbino della Mecca negli "Atti dell'Islàm", si può evincere che i cristiani della Mecca avessero incentrato la loro predicazione (per convertire gli idolatri al Cristo, mantenere cristiani gli arabi già convertiti ed impedire che l'apostolato di Maometto tra i suoi compatrioti portasse frutti) su tre temi principali: San Giovanni Battista, la Madonna SS. e Nostro Signor Gesù Cristo. E sono proprio questi tre temi che il rabbino riprende, contrattaccando, negli "Atti dell'Islàm" allorché mischia ai suoi racconti sui Patriarchi dell'Antico Testamento (che sono i veri muslim, cioè sottomessi) alcune storie del Nuovo Testamento,
    svuotate di ogni sapore cristiano, anzi con un contenuto essenzialmente anti-cristiano. Le storie del Battista, di Maria e di Gesù negli "Atti dell'Islàm", sono soltanto la risposta del Giudaismo alla predicazione dei cristiani della Mecca e avevano come unico scopo quello di convertire gli arabi al Giudaismo. Non è vero che il Corano attuale ha dei punti di contatto col Cristianesimo! Al contrario! Se il rabbino parla di Gesù è solo per dire che non era Dio, era un grand'uomo, ma non Dio e questo - evidentemente - non è un punto di contatto col Cristianesimo, ma di rottura. I tre personaggi del Vangelo, il Precursore di Gesù, la Madre di Gesù e Gesù stesso non sono presentati come oggetto di fede musulmana, ma sono confutati, svuotati di ogni valore cristiano. In breve Gesù Cristo, negli "Atti
    dell'Islàm", non è il Cristo del Vangelo, la seconda Persona della SS. Trinità incarnatasi nel seno di Maria, per cui il Battista non è il Precursore del Messia né Maria è la Madre di Dio. Queste figure hanno perso del tutto nell'attuale Corano ogni significato cristiano, anzi esse sono l'opposto del Cristianesimo che è la Religione della divinità di Gesù Cristo. Se il rabbino ha contrattaccato, lo ha fatto per rispondere alle obiezioni mosse al suo apostolato dai cristiani della Mecca, che annunciavano il Cristo crocefisso "follia per gli idolatri e scandalo per i giudei". È quindi ora di smettere di presentare l'attuale Corano, ecumenicamente, come un libro rispettoso del Cristianesimo! (Tali proposizioni non vengono da "Allah" e da Maometto suo profeta, ma dal rabbino della Mecca successore dei crocefissori di Nostro Signor Gesù Cristo).


    Gli "Atti dell'Islàm" ci parlano del Battista (33), ma totalmente separato da Gesù Cristo (di cui invece è il Precursore), come uno dei tanti miracoli che Yahwé ha fatto ad Israele: è una persona dell'Antica Alleanza che non ha nulla a che fare con la Nuova ed Eterna. Anche la Madonna SS. negli "Atti dell'Islàm" (34) non ha nulla in comune con la Vergine Maria, Madre di Dio. Come già aveva fatto per il Battista, il rabbino sposta Maria nell'Antica Alleanza ed ignora ogni rapporto di Maria con la Nuova ed Eterna. Nonostante ciò si trovano sempre, purtroppo, dei cristiani ammalati di sincretismo che vogliono a tutti i costi vedere nel "Corano" un rispetto ed una devozione mariana che non esiste assolutamente se non nella loro fantasia. Ad esempio secondo il rabbino Maria SS. è la Maria sorella di Mosè ed Aronne, vissuta 1200 anni prima della Madonna (35): "O sorella d'Aronne, tuo padre non era un padre indegno, né tua madre una prostituta". Infine veniamo a Gesù, "pietra d'angolo e d'inciampo". Lo pseudo-Corano cercherà di distruggere la sua Persona divina, che fa sussistere in Sé due nature, quella divina ab æterno e quella umana, assunta nel seno della Beata Vergine Maria. Gesù, per il rabbino, non è che un Profeta ebreo e sarebbe blasfemo chiamarlo Dio. Ma qualcuno, come ci narra il Vangelo, aveva già gridato alla bestemmia quando sentì Gesù stesso affermare di essere Dio: e costui era Caifa, sommo sacerdote della religione giudaica! E lo pseudo-Corano mette specialmente in guardia contro questa, secondo loro, pericolosa eresia di fare del Cristo Dio: "Yahwé ha dato a Mosè la Scrittura, per avvertire coloro che dicono: 'Dio ha preso per sé un figlio'. Mostruosa parola che esce dalle loro bocche. Non dicono che bugie" (36); "In verità Yahwé. non ha preso né compagna né figlio" (37). Per il Corano attuale Gesù non è che un servo di Yahwé, un buon profeta, ma non è assolutamente il Figlio di Dio, consustanziale al Padre

    ALTRE AUTORITÀ
    Vi sono altre autorità, che possono essere citate come controprova della conclusione a cui giunge il Padre Théry. Eccone alcune. Secondo Edouard Pertus, Maometto avrebbe frequentato a La Mecca alcuni cristiani-giudaizzanti, e ciò spiegherebbe la falsa interpretazione del Cristianesimo contenuta nel Corano, quale, ad esempio, la negazione della divinità di Nostro Signor Gesù Cristo e della divina maternità di Maria, professata già da Nestorio (38). Anche lo storico ebreo Bernard Lazare afferma che "Maometto fu nutrito dello spirito giudaico" (39). La posizione di uno dei più famosi Islamologi attuali, Bernard Lewis (anch'egli ebreo) è la seguente: "Gli ebrei, compresi quelli 'convertiti' al Cristianesimo, restavano degli orientali; nello scontro sulla questione orientale, prendevano le parti dell'Asia contro l'Europa, del mondo islamico contro quello cristiano.

    L'AMICIZIA FRA EBREI E MUSULMANI ERA UN FATTO SCONTATO
    Per molti secoli, più in passato che ora, ovviamente [dopo la creazione dello Stato di Israele, n.d.r.], LA MAGGIORANZA DEL POPOLO EBRAICO HA MANIFESTATO UNA VIVA SIMPATIA PER I MUSULMANI. Un nemico comune è un gran vincolo d'amicizia e DAL MOMENTO CHE I CRISTIANI ERANO NEMICI SIA DEI MUSULMANI CHE DEGLI EBREI, QUESTI DUE POPOLI HANNO STRETTO UNA SORTA D'ALLEANZA FRA LORO. .Al tempo delle crociate gli ebrei furono gli alleati che aiutarono i musulmani a respingere la marea dell'invasione cristiana. ed in Spagna gli ebrei sono stati gli alleati e gli amici fedeli dei mori contro gli abitanti cristiani del paese. Gli ebrei avevano prosperato nella Spagna musulmana ed avevano trovato rifugio nella Turchia musulmana. Nulla nell'Islàm era paragonabile a quell'odio specifico. diretto contro gli ebrei nel mondo cristiano. Si potrebbe parlare di una TRADIZIONE GIUDAICO-ISLAMICA, dato che LA RELIGIONE MUSULMANA, È STRETTAMENTE LEGATA AI SUOI PROGENITORI EBRAICI" (40).

    Per chiunque legga il Corano l'influsso del Giudaismo è evidente. Quanto poi all'interpretazione di tale influsso esistono diverse spiegazioni: c'è chi, come il Padre Théry, vede nel Giudaismo l'unico motore dell'Islàm, chi, come il Pertus, vede influssi giudaici e nello stesso tempo, anche se meno forti, nestoriani o di cristiano-giudaizzanti. Resta il fatto acquisito del rapporto causa-effetto tra Giudaismo post-biblico e Islàm, anche perché le eresie antitrinitarie o negatrici della divinità di Cristo (come il Nestorianesimo) furono ampiamente fomentate dal Giudaismo (41). Lo stesso Pertus riconosce che "il Corano fu profondamente impregnato, se non ispirato dal Giudaismo" (42). Ecco perché le parole di Arafat (il capo dell'O.L.P.) non devono stupirci: "IL GIUDAISMO È UNA PARTE DELLA MIA RELIGIONE" (43); "VOGLIAMO LA PACE CON I NOSTRI CUGINI EBREI" (44). Anche René Sirat, presidente dei rabbini europei, ha ribadito il legame che unisce il Giudaismo all'Islàm e l'opposizione che regna, al contrario, tra Israele e la Chiesa cattolica romana. L'ex rabbino capo di Francia ed oggi presidente del consiglio permanente della Conferenza dei rabbini europei ha dichiarato a "30 GIORNI": "Mi auguro che sia possibile la stessa qualità di dialogo con i cristiani e con i musulmani. CON QUESTI ULTIMI NOI EBREI NON ABBIAMO ALCUN CONTENZIOSO TEOLOGICO RELIGIOSO, PERCHÉ I MUSULMANI NON SOSTENGONO
    DI ESSERE IL VERO ISRAELE
    [come i cristiani]. Per loro noi siamo il popolo del Libro. DI CONSEGUENZA IL DIALOGO CON LORO SARÀ MOLTO PIÙ FACILE" (45).

    «La polemica ebraica - scrive il Messori (46) - [è] convinta che IL VANGELO IN SE STESSO (con quella sua vicenda di Passione e morte di Gesù anche per responsabilità del Sinedrio) costituisca una fonte perenne di ostilità antigiudaica. Per dirla con la bruta sincerità di uno scrittore ebreo: 'Fino a quando qualcuno prenderà come storico il racconto evangelico della passione di Gesù, vi sarà pericolo per noi'. L'Islamismo non è invece considerato altrettanto rischioso per gli ebrei, e si tende ad attribuire solo alle PARTICOLARI CIRCOSTANZE STORICHE lo scontro tra la Stella di David e la Mezzaluna musulmana. Per il passato anzi vi fu uno stretto legame tra Islàm ed ebraismo in funzione anticristiana: L'Islàm si stanziò qui [in Israele] col fattivo aiuto e tra le grida di esultanza di quegli stessi ebrei che ora tentano. di combatterlo con le armi. Maometto muore nel 632. Bastano poco più di vent'anni alle orde arabe uscite dal deserto per giungere in Occidente. Un blitz vittorioso senza precedenti e che è meno inspiegabile solo se si pensa al RUOLO CHE VI EBBERO ANCHE LE COMUNITÀ EBRAICHE. È infatti storicamente appurato che, per avversione al Cristianesimo, GLI EBREI GIOCARONO IL RUOLO DI 'QUINTE COLONNE' A FAVORE DEI MUSULMANI. Non è leggenda, ma verità che sta anche nelle cronache arabe: si giunse a consegnare agli assedianti [musulmani] le chiavi delle città e a svelare i punti deboli della difesa. È un fatto che l'arrivo della cavalleria araba fu salutato con entusiasmo da parte ebraica. Come scrive Daniel Rops: "Gli ebrei si fecero, e con gioia, i furieri
    dei conquistatori musulmani. NEI MOMENTI DELLE INVASIONI, LE COMUNITÀ GIUDAICHE FURONO COSTANTEMENTE CON GLI ASSALITORI"»
    (47).

    Già nel 1833 lo studioso ebreo Abraham Geiger pubblicò il famoso libro Was hat Mohammed aus dem Judenthume aufgenommen? (Che cosa ha assimilato Maometto dall'Ebraismo?), in cui, studiando l'influsso della religione giudaica postcristiana su quella Islamica, evidenziava gli elementi veterotestamentari e rabbinici nei primi testi islamici e arrivava alla conclusione che si trattava di CONTRIBUTI EBRAICI ALL'ISLÀM (48). Questo primo studio, che precede quello del Padre Théry di ben centotrent'anni, fu seguito poi da molti altri. "Alcuni studiosi arrivarono perfino ad ipotizzare che Maometto avesse avuto insegnanti o educatori ebrei che gli avevano fornito i rudimenti della sua religione" (49). Tali opinioni furono anche condivise dal noto arabista scozzese Richard Bell e dal grande studioso svedese Tor Andrae, professore di religioni comparate. «Più di recente si sono avuti nuovi approcci sull'argomento delle .influenze ebraiche. Mentre l'origine ebraica di alcuni concetti islamici è stata evidenziata inizialmente da studiosi ebrei, per lo più rabbini... Molto recentemente l'opera di due giovani studiosi ha presentato la relazione storica fra Ebraismo e Islàm in una luce del tutto nuova, in cui il ruolo svolto dall'Ebraismo nell'Islàm viene descritto come qualcosa di ben più importante di un semplice 'contributo' o di una 'influenza'. Questo lavoro che dipinge L'ISLÀM come una specie di DERIVATO .dell'ebraismo (50) ha suscitato violente controversie» (51). Bernard Lewis, uno dei più noti orientalisti contemporanei (52), cita anche Hanna Zakarias (pseudonimo del padre Théry), "ben noto studioso domenicano" (53). È interessante ritrovare nel libro (54) del Lewis le analogie tra Ebraismo e Islàm e una contrapposizione tra Ebraismo e Cristianesimo molto più radicale di quella esistente tra Giudaismo e Islàm. Infatti "mentre gli ebrei riconoscevano l'Islàm come una religione strettamente monoteista dello stesso tipo della loro, avevano alcuni dubbi, condivisi dai musulmani, circa il Cristianesimo. Era meno grave testimoniare che Maometto era il profeta di Dio, piuttosto che affermare che Gesù era il Figlio di Dio. Anche per quanto riguarda le regole alimentari Ebraismo e Islàm sono molto simili tra loro e dissimili dal Cristianesimo» (55). Il problema dei rapporti tra Giudaismo e Islàm è stato recentemente trattato anche da Shelom Goitein, professore emerito presso l'Università Ebraica di Gerusalemme e attualmente membro dell'Institute for Advanced Study di Princeton, il quale afferma: "La città di Medina .ospitava una popolazione ebraica così grande che sotto il suo esempio. fu in grado di preparare i suoi vicini Arabi ad accettare la religione monoteistica" (56). Medina, centro principale dell'attività di Maometto, fu originariamente una città di Kohanim (sacerdoti) ebraici. "La testimonianza più eloquente del carattere giudaico delle comunità israelite d'Arabia .si trova nello stesso Corano, che continuamente fa riferimento ai loro rabbini. Il Corano allude più volte al sabato come ad un giorno di riposo e al digiuno giudaico e ad altre leggi .le quali si riscontrano nella letteratura talmudica"(57). Il Corano dice (58) che la Resurrezione avverrà in un batter d'occhio; e questo versetto, fa notare lo studioso, viene recitato dagli ebrei tre volte al giorno. "Infine nel Libro Sacro dell'Islàm si sono trovati inequivocabili 'Midrashim' giudaici, che finora non sono stati rintracciati nella letteratura ebraica. Perciò, se troviamo nel Corano iscrizioni che lodano gli ebrei perché osservano il sabato o li rimproverano perché così non fanno, queste leggende possono essere scaturite solo da una fonte ebraica" (59).

    Il Goitein si chiede allora di quale religione si sia servito Maometto come suo modello immediato o quali siano stati i suoi maestri, dato che il Corano allude più volte a persone che istruirono il Profeta. La risposta può essere triplice. Una prima tesi sostiene che il Corano contiene una grande quantità di materiale che si può far risalire sia a fonti giudaiche che cristiane. Però (seconda tesi) ciò che Maometto dice riguardo a Gesù Cristo e al Cristianesimo non si può applicare a nessuna delle diverse confessioni cristiane di allora e dunque la proposta cristiana andrebbe scartata. Infine (terza tesi) potrebbe essere esistita una terza tradizione di tipo gnostico esoterico, che potrebbe avere influenzato Maometto, una specie di gnosticismo cristiano riconducibile, quale antitradizione parassitaria, alla Càbala spuria giudaica. È in pratica la tesi di Harnack, secondo cui "l'Islàm è un rimaneggiamento della religione ebraica su suolo arabo, dopo che la stessa religione ebraica ha subito modifiche da un cristianesimo gnostico-giudaico" (60). Secondo il Goitein, però, questa tesi non può essere sostenuta, poiché la predica di Maometto non contiene nessuna reale idea gnostica e rivelerebbe un atteggiamento religioso assai diverso da quello dei circoli esoterici. La seconda tesi, come si è visto, sembra escludersi da sé: non resta quindi che scandagliare la pista ebraica nella formazione dell'Islàm. Goitein sostiene che "nell'ultimo periodo della sua attività, a Medina, MAOMETTO FU INFLUENZATO IN MANIERA CONSIDEREVOLE DAL PENSIERO E DAI MODI DI VITA DEGLI EBREI. .LA SPIRITUALITÀ DI MAOMETTO, con il suo irriducibile monoteismo [interpretato in funzione antitrinitaria, n.d.r.] EBBE IN CIÒ MOLTO DELLO SPIRITO DEL GIUDAISMO.
    L'ipotesi che Maometto, all'inizio della sua attività di profeta, fosse principalmente ispirato da cristiani, compresi i giudeo-cristiani, sembra sia da scartare nel modo più assoluto per il semplice fatto che non c'è alcun riferimento alla figura (persino al nome) di Cristo. Si ha l'impressione che Maometto abbia fatto uno studio specifico dei dogmi cristiani unicamente in una fase molto più tarda della sua attività" (61). La figura dominante del Corano, d'altronde, è Mosè, citato più di cento volte contro le quattro di Gesù Cristo. Inoltre le storie su Mosè pervadono tutto il Corano e non sono limitate a certi capitoli specifici. Il gruppo ebraico, che influenzò Maometto, non era dunque una setta giudeo-cristiana ed ebionita, poiché il CORANO PRESENTA DELLE AFFINITÀ STRETTISSIME CON LA LETTERATURA TALMUDICA.

    La soluzione posta dal Goitein perciò è quella dell'influsso del Giudaismo-talmudico sull'Islàm. "La battaglia che Maometto così gloriosamente e facilmente ha vinto sugli arabi compatrioti è stata decisa molti secoli prima sulle colline della Giudea. I VALORI reali DELLA FEDE IN UN SOLO DIO. GIUNSERO A MAOMETTO, come egli mai cessò di mettere in evidenza, da ISRAELE" (62). L'Islàm, come il Giudaismo, è una religione di 'Halaka', cioè un precetto che regola MINUZIOSAMENTE tutti gli aspetti della vita. "Di fronte a queste considerazioni - conclude Goitein, confermando la conclusione del Théry - si è portati a pensare che L'INFLUENZA DEL GIUDAISMO SULL'ISLÀM DELLE ORIGINI DEVE ESSERE STATA MOLTO CONSIDEREVOLE, SE NON DECISIVA" (63). Un altro noto storico e giornalista, Paul Johnson, scrive assai lucidamente sui rapporti tra Islàm e Giudaismo: ".l'Islàm fu in origine un movimento eterodosso all'interno del Giudaismo, divergendone al punto da diventare una religione a sé stante. La presenza ebraica in Arabia è molto antica. Durante i primi tempi dell'era cristiana il Giudaismo si diffuse nell'Arabia settentrionale e alcune tribù divennero interamente ebraiche. Ci sono prove che poeti ebrei siano fioriti nella regione di Medina nel VII secolo, ed è perfino possibile che uno stato dominato da ebrei sia esistito lì in quel periodo. Secondo fonti arabe, circa venti tribù in Medina e dintorni erano ebree. L'influenza del Cristianesimo, che ai suoi occhi [di Maometto, n.d.r.] non poteva apparire strettamente monoteistico, fu molto lieve. Sembra che l'obiettivo di Maometto fosse quello di distruggere il paganesimo politeistico della civiltà delle oasi, trasmettendo agli arabi il monoteismo etico ebraico in un linguaggio che essi potessero capire ed in termini adatti ai loro costumi. Egli accettò il Dio degli ebrei e i loro profeti .il Corano essendo il sostituto arabo della Bibbia. Lo sviluppo da parte di Maometto di una religione a se stante, ebbe inizio quando si rese conto che gli ebrei di Medina non erano disposti ad accettare la sua versione araba arbitrariamente elaborata del Giudaismo" (64).

    Sostanzialmente dello stesso avviso, riguardo all'origine dell'Islàm dal Giudaismo ed alla successiva 'rottura', è anche Lea Sestrieri: "In contatto con gli ebrei. gli arabi avevano acquistato una certa familiarità con l'idea monoteista. Non meraviglia perciò che in un determinato momento uno di essi. abbia sentito il richiamo del Dio unico. È molto probabile. che gli arabi di religione essenzialmente idolatrica, arrivassero all'orrore dell'idolatria attraverso il contatto costante con gli ebrei, che da secoli vivevano tra loro. L'essenza della dottrina di Maometto può essere riassunta in questi punti: credere in Dio, negli Angeli, nelle Scritture. Ad essi può aggiungersi: la preghiera, l'elemosina, i digiuni, i pellegrinaggi a La Mecca. Ognuno di questi punti si riallaccia alla fede e alla pratica ebraica, compresa l'idea del pellegrinaggio (in cui solo la città cambia)" (65). La Sestrieri si domanda come si sia prodotta la rottura tra Giudaismo e Islàm, che oggi continuano a chiamarsi cugini (cfr. nota n° 51) e risponde: "La separazione tra Giudaismo e Cristianesimo fu determinata dal carattere cristologico di Gesù [e dalla divinità di Gesù, n.d.r.]. Ma nella predicazione di Maometto non vi sono dottrine che costituiscano una separazione dall'ebraismo" (66). Ecco spiegato in breve quanto si cerca di provare: tra Cristianesimo ed Ebraismo vi è una opposizione di contraddizione di carattere teologico: per il Cristianesimo Gesù è Dio; per il Giudaismo Gesù non è Dio. Tra Islàm e Giudaismo, invece, non vi è nessuna opposizione di carattere teologico, mentre vi è opposizione di contraddizione tra Cristianesimo e Islàm riguardo i due Misteri principali della Fede: Unità e Trinità di Dio e Incarnazione, Passione e Morte di Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo. Secondo la Sestrieri la rottura tra Giudaismo e Islàm avvenne per motivi caratteriali o personali; infatti "per una personalità come quella di Maometto la sfiducia degli ebrei dettata da superiorità e tradizione furono più che sufficienti per produrre la rottura. Si potrebbe concludere perciò che la separazione Ebraismo-Islamismo è solo in parte religiosa; fu dettata essenzialmente dal desiderio di predominio dell'Islàm" (67). Un altro eminente studioso, Günter Stemberger, ammette la dipendenza dell'Islàm dal Giudaismo: "ALL'INIZIO L'EBRAISMO, .HA FORTEMENTE INFLUENZATO L'ISLÀM, anche se in seguito ne subì l'influenza feconda. Proprio l'ambiente politico-culturale dell'Islàm ha contribuito alla diffusione del Giudaismo rabbinico" (68); entra poi nei dettagli e conferma l'influsso rabbinico su Maometto: "Già molto prima di Maometto esistevano in Arabia comunità ebraiche: esse svilupparono un'intensa attività missionaria MAOMETTO ebbe così l'opportunità di incontrarsi con loro e di conoscerne la tradizione. Egli BASÒ AMPIAMENTE LA SUA DOTTRINA SULLA TRADIZIONE BIBLICOEBRAICA. Vi sono TANTISSIMI ELEMENTI CHE COLLEGANO chiaramente IL CORANO e il pensiero islamico posteriore ALLA TRADIZIONE EBRAICA" (69).

    Lo Stemberger passa poi ad elencare i punti di contatto tra Islamismo e Giudaismo: la fede, la legge religiosa ed il materiale narrativo, cose che già abbiamo visto nel corso dell'articolo. Sembra però opportuno soffermarsi sulle prescrizioni legali riguardo ai cibi. Maometto riprende sostanzialmente i divieti già noti al Giudaismo, anche se pur con meno proibizioni. Tuttavia "si permette ai musulmani di mangiare la carne macellata dagli ebrei" (70). Il Verminjon risponde alla domanda sollevato dalla Sestrieri, sulla rottura tra Giudaismo e Islàm, facendo un pararallelo con Lutero: «Lutero. si schierò per gli ebrei e fu da questi sostenuto; ma quando il fuoco dell'eresia fu acceso, essi, facendo macchina indietro, si ritirarono. Per tale voltafaccia lo stesso Lutero li investì con l'opuscolo Gli ebrei e le loro menzogne. Il rabbino Camerini riconosce che la Riforma, tenendo occupati i cristiani a lottare tra loro (proprio come era voluto dal Giudaismo), segnò una tregua alle persecuzioni antisemite. E non si pensi che allo stesso sorgere del Maomettanesimo sia stato estraneo l'intervento della Sinagoga. Maometto, in principio, fu aiutato da ebrei col consiglio e con l'oro. Ma UNA VOLTA CHE TALE RELIGIONE SI DIFFUSE, ESSI TROVARONO IL MODO DI RITIRARSI ALLA CHETICHELLA. Fu, in realtà, il fanatismo di un pugno di ebrei, fra i più reputati della città di Medina, che gettò le fondamenta della potenza politico-religiosa dell'Islàm. Dopo di che, più facilmente, si arguisce quanto il Giudaismo abbia interesse a che i "goim" lottino tra loro e siano al massimo grado divagati da quelle cose che risultino più distraenti» (71). Sembra quindi del tutto lecito affermare che, se il Marxismo è una versione laicizzata del Giudaismo talmudico, l'Islamismo è un Giudaismo semplificato ed armato contro i cristiani. È proprio dell'Islàm voler imporre la mezzaluna con la spada, mentre la Chiesa ammette il ricorso alla forza solo per impedire all'eretico di spargere l'errore nella società (72) o per difendersi dall'attacco di un ingiusto aggressore, fosse anche un non battezzato sul quale non ha giurisdizione. "La guerra contro gli infedeli è uno dei doveri più sacri raccomandati dall'Islàm. .la guerra santa non deve né cessare né essere interrotta prima che il mondo sia tutto sottomesso all'Islàm" (73). Come non essere preoccupati, allora, di fronte al fenomeno sempre più invadente di milioni e milioni di musulmani che si sono infiltrati nell'Europa (una volta) cristiana per volerla musulmanizzare?

    Nel 1981 il dr. Israël Shahak (presidente della Lega israeliana dei diritti dell'uomo, professore di chimica all'Università ebraica di Gerusalemme) scriveva un'appendice ad un articolo intitolato: "La religione ebrea e le sue attitudini rispetto alle altre nazioni" (in Khamsin N° 9, 1981, Ithaca Press, London). Tale appendice è stata tradotta in francese da Jacques Monnot, e riportata come postfazione al libro "L'Azyme de Sion" del generale Moustafà Tlass (prima edizione francese 1990, Damasco, Siria, pagg. 303-365). Ebbene anche il dott. Shahak ammette, in tale appendice, che "l'Islàm è considerato [dal sistema giuridico giudaico, n.d.a.] più favorevolmente del Cristianesimo" (op. cit., pag. 328). «IL GIUDAISMO È IMPREGNATO - spiega il dott. Shahak - DI UN PROFONDO ODIO VERSO IL CRISTIANESIMO... Tale odio risale all'epoca in cui il Cristianesimo era ancora debole... Tale attitudine... è fondata su due elementi principali: in primo luogo, sull'odio e le calunnie contro Gesù... In secondo luogo per ragioni teologiche, ...secondo le quali il Cristianesimo è posto (dall'insegnamento rabbinico) tra le religioni idolatriche. Tutto ciò a causa della dottrina cristiana sulla Santissima Trinità... Invece L'ATTITUDINE DEL GIUDAISMO VERSO L'ISLÀM È RELATIVAMENTE BENEVOLA... Il Corano, a differenza del Nuovo Testamento, non è condannato ad essere bruciato. Non è onorato come la legge islamica onora i rotoli della Torah, ma è trattato come un libro normale. La maggior parte delle autorità rabbiniche riconoscono che l'Islàm non è idolatra» (op. cit., pagg. 362-365).

    I RAPPORTI ATTUALI TRA MONDO PALESTINESE E STATO D'ISRAELE
    In questo articolo si è trattata la questione delle origini storiche dell'Islàm, sulla base di studi scientifici seri e documentati; per quanto riguarda invece i rapporti attuali tra Palestina e Stato d'Israele il discorso è diverso. Bisogna perciò concludere che tra Giudaismo e Islàm il rapporto è SOSTANZIALMENTE di causa ed effetto. Tuttavia, ACCIDENTALMENTE (cioè date le circostanze storiche che hanno fatto sì che Israele occupasse con la forza i territori palestinesi), il mondo arabo si è trovato in una situazione conflittuale con Israele. Questo, però, non è dovuto a cause religiose (essendo l'Islam una emanazione del Giudaismo talmudico), ma soltanto a cause contingenti e accidentali, di ordine politico-militare (74). Mi sembra che non si possa negare tuttavia che la reazione del mondo islamico all'imperialismo ebraico (che sta realizzando il Nuovo Ordine Mondiale) sia da considerare come qualcosa di positivo, "per accidens et non per se" (direbbero gli scolastici). Non bisogna però esagerare e vedere nella reazione araba allo Stato d'Israele qualcosa di buono IN SÉ o SOSTANZIALMENTE, così da farci addirittura abbracciare la causa dell'Islàm! Si tratta infatti della lotta della Palestina contro lo Stato d'Israele e non dell'Islàm contro il Giudaismo! Sarebbe fatale per noi, cristiani, dimenticare che (come ha dichiarato Jocelyne Khoueiry, ex comandante della milizia cristiana libanese) "il Libano [cristiano] è stato sacrificato per soddisfare Siria e Israele [musulmani ed ebrei]. Sul Libano pesavano tre pericoli. Il primo era la Siria, con le sue mire .Il secondo è costituito dall'integralismo delle nazioni islamiche, in particolare l'Iran e l'Arabia Saudita. Infine vi è la minaccia di Israele, che preferirebbe un Libano diviso in tanti piccoli stati quante sono le sue religioni. Inoltre non bisogna dimenticare che USA ed Israele avevano concluso un patto internazionale .il cui scopo era di risolvere la questione palestinese a spese dei cristiani libanesi. I palestinesi non avevano patria? Il Libano diventerà la loro patria. E i cristiani? Potranno emigrare verso gli USA." (75). GIUDAISMO E ISLAM SONO SEMPRE PRONTI (ANCHE ORA) AD ALLEARSI, QUANDO SI TRATTA DI DISTRUGGERE IL CRISTIANESIMO! Perciò l'infiltrazione giudaico-massonica all'interno della Chiesa romana e la giudaizzazione dell'ambiente cristiano, non debbono farci dimenticare, ma al contrario debbono rafforzarci sempre più nella convinzione che L'UNICO VERO ANTIDOTO AL GIUDAISMO TALMUDICO NON È LA MEZZA LUNA (che è preceduta e s'interseca con la stella di David) MA SOLO E SOLTANTO LA CROCE DI GESÙ!

    Note
    Le citazioni del Corano sono state tratte dal vol. del Padre Théry: "Vrai Mohammed et faux Coran".

    1) 1891-1959. Fu membro dell'Accademia Pontificia,
    cofondatore con Etienne Gilson degli Archives doctrinales
    et littéraires du Moyen Age, fondatore dell'"Istituto
    storico di Santa Sabina" di Roma, professore
    all'Istituto Cattolico di Parigi, membro delle sezione
    storica della Sacra Congregazione dei Riti.
    2) N.E.L.. Paris 1960.
    3) J. BERTUEL, L'Islam: ses véritables origines,
    N.E.L., Paris 1983-84, 3 voll.
    4) BRUNO BONNET-EYMARD fr., Le Coran, CRC ed.,
    Saint-Parres-lès-Vaudes 1988, tomo I, pag. XIX
    5) L'edizione precedente di De Moïse à Mohammed,
    sotto lo pseudonimo di H. ZAKARIAS, apparve nel
    1955 "chez l'auteur", seguito dal III tomo postumo nel
    1963 presso le edizioni dello Scorpione. Un IV volume è
    rimasto allo stato di manoscritto.
    6) Cfr. Angelicum, fascic. 3-4, 1960.
    7) Probabilmente un meteorite.
    8) A La Mecca si praticava sia il politeismo, che
    adorava una decina di divinità, tra le quali una triade
    femminile, sia la litolatria: il culto delle pietre sacre.
    9) Sura XVIII, 8.
    10) Probabilmente agli inizi del VI secolo.
    11) E. PERTUS, Connaissance élémentaire de l'Islam, Action
    familiale et scolaire, Paris 1991, suppl. al n° 65, pag. 24.
    12) Sura XCII.
    13) Sura XCV.
    14) Sura LXXX, 13-16.
    15) Sura XXXVII, 114-120.
    16) Sura LXXXV, 21-22.
    17) Sura CXII.
    18) Sura CIX, 1-6.
    19) H. ZAKARIAS, Vrai Mohammed et faux Coran,
    N.E.L., Paris 1960, pag. 32.
    20) Sura LXXX 11-15, XCVII, LXXXVII, LXVIII
    15-52, LVI 76-77.
    21) "Si resta colpiti dal posto che tengono - nel Corano
    - i precetti, minuziosamente dettagliati, relativi alle
    donne; ora questi stessi precetti occupano circa un settimo
    del contenuto del Talmùd". (E. PERTUS, op.cit., pag. 41).
    22) Sure: LXXVII, 41-44; LXXXIII, 47; LXXVIII,
    31; LII, 20; LVI, 22; LV, 72; XXXVII, 47; XLIV, 54;
    XVI, XXXVII, 47; LV, 47.
    23) Sura XVII, 75.
    24) Sura LIV, 17, 22, 32, 40.
    25) Sura XX, 112.
    26) Sura XI, 20.
    27) Sura X, 38.
    28) Sura XLVI, 11.
    29) Op. cit. pag. 112
    30) Sura XXVI, 217-219.
    31) Sura VI, 125.
    32) Op. cit., pag. 129.
    33) Sura XIX, 1-15.
    34) Sura, XIX, 16-21.
    35) Sura XIX, 29.
    36) Sura XVIII, 3-4.
    37) Sura LXXII, 3.
    38) Cfr. E. PERTUS, Connaissance élémentaire de
    l'Islam, Action familiale et scolaire, Paris 1991, suppl. al n°
    65.
    39) B. LAZARE, L'antisemitisme, Documents et témoignages
    1969, pag. 51.
    40) B. LEWIS, La rinascita Islamica, Il Mulino, Bologna
    1991, pagg. 187-205.
    41) Cfr. J. MEINVIELLE, Dalla Cabala al progressismo,
    Roma 1989.
    42) E. PERTUS, op. cit., pag. 26.
    43) Intervista ad Arafat, LA STAMPA, 15/9/1993.
    44) L'Osservatore Romano, 21/8/1994, pag. 2.
    45) 30 GIORNI, febbraio 1994, pag. 16.
    46) V. MESSORI. Pensare la Storia, ed. Paoline, Milano
    1992, pag. 624.
    47) Ibidem, pagg. 117-118.
    48) A. GEIGER, Was hat Mohammed aus dem Judenthume
    aufgenommen?, Bonn 1833, ed. Rivista, Lipsia
    1902.
    49) B. LEWIS, Gli Ebrei nel mondo Islamico, Sansoni,
    Firenze 1991, pag. 72.
    50) P. CRONE-M. COOK, Magarism: the Making of
    the Islamic World, Cambridge, England, 1977.
    51) B. LEWIS, op. cit., pag. 73.
    52) È professore di storia del Medio Oriente presso
    l'Università americana di Princenton.
    53) B. LEWIS, op. cit., pag. 204.
    54) Pagg. 82-86.
    55) Ibidem, pagg. 87-88.
    Sull'argomento si vedano anche:
    S. W. BARON, Social and Religious History of the Jesus,
    New York 1952.
    E. I. J. ROSENTHAL, Judaism and Islam, Londra 1961.
    A. I. KATSH, Judaism in Islam, New York 1962.
    S. D. GOITHEIN, Studies in Islamic History and Institutions,
    Leida 1966.
    M. R. COHEN, The Jewish self-Government in Medieval
    Egipt, Princeton 1980.
    56) S. D. GOITEIN, Ebrei e Arabi nella storia, Jouvence,
    Roma 1980, pag. 59.
    57) Ibidem, pag. 63.
    58) Sura XVI, 77.
    59) S. D. GOITEIN, op. cit., pag. 65.
    60) Dogmengeschichte, II, pagg. 553-557.
    61) S. D. GOITEIN, op. cit., pagg. 68-69
    62) Ibidem. Pag. 74.
    63) Ibidem, pag. 76.
    64) P. JOHNSON, Storia degli ebrei, Longanesi, Milano
    1987, pagg. 186-187.
    65) L. SESTRIERI, Gli Ebrei nella storia di tre millenni,
    Carucci, Roma 1980, pagg. 92-95.
    66) Ibidem, pag. 95.
    67) Ibidem, pagg. 94-95.
    68) G. STEMBERGER, Il Giudaismo classico, Città
    nuova, Roma 1991, pag. 288.
    69) Ibidem, pagg. 288-289.
    70) Ibidem, pag. 290.
    71) VERMINJON, Le forze occulte che manovrano il
    mondo, Roma 1977, pagg. 64-66.
    72) Assassinando così lo spirito, reato questo molto più
    grave dell'omicidio (vedasi Sodalitium n° 5, pagg. 14-23).
    73) Ibidem, pag. 94.
    Sull'argomento vedasi anche R. BARKAI, Chrétiens,
    musulmans et juifs dans l'Espagne médiévale, ed. Du
    Cerf, Paris 1994.
    74) IL GIORNALE del 12/11/'94 (pag, 15) riporta
    un'intervista a Mahmud El Adhar, uno dei laeders indiscussi
    di Hamas a Gaza, nella quale si legge: "PER NOI
    MUSULMANI GLI EBREI NON HANNO MAI COSTITUITO
    UN PROBLEMA IN QUANTO TALI. Li
    abbiamo accolti ogni volta che voi Europei avete deciso
    di liberarvi di loro. Abbiamo iniziato cinque secoli fa
    quando gli Spagnoli iniziarono a buttarli fuori dal loro
    impero". Lo stesso Arafat ha recentemete dichiarato:
    "Vogliamo la pace con I NOSTRI CUGINI EBREI";
    da L'OSSERVATORE ROMANO, 21 agosto 1994, pag. 2.
    75) J. KHOUEIRY, in Missioni della Consolata, agosto
    1993, pagg. 26-28.

    BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
    C. BAFFIONI, Storia della filosofia islamica, Mondadori,
    Milano 1991.
    A. BAUSANI, L'Islam, Garzanti, Milano 1987.
    J. BERAUD-VILLAS, Islam d'Hiers et de toujours,
    Arthaud, Paris 1969.
    A. FAHD, TOUFIC-BAUSANI, L'Islamismo, Laterza, Bari
    1991.
    R. GARAUDY, Promesses de l'Islam, ed. Du Seuil, Paris
    1991.
    C. GASBARRI, Cattolicesimo e Islam oggi, Città Nuova,
    Roma 1972.
    H. LAMMENS, L'Islam, Croyances et institutions, Librairie
    orientale, Beirouth, 1943.
    B. LEWIS, Il linguaggio politico dell'Islam, Laterza, Roma-
    Bari, 1991.
    H. C. PUECH,Islamismo, Laterza, Roma-Bari 1991.
    M. QUTUB, Equivoci sull'Islam, Sita, Ancona 1980.
    R. DA MONTECROCE, I Saraceni, Contra legem sarracenorum,
    Nardini, Firenze 1992.
    E. VARRIALE, La legge sacra. Diritto e Religione. nell'Islam,
    Stamperia della frontiera, Careggio 1986.
    G. LEVI DELLA VIDA, Arabi ed Ebrei nella Storia, Guida
    ed., Napoli 1984.
    G. BALDACCI, Arabi ed ebrei, Longanesi, Milano 1968.
    G. TROVATO, Maometto e gli ebrei, Agate, Palermo 1939.
    A. UCCELLI, Gli Arabi nella storia e nella civiltà, Vallardi,
    Milano 1912.
    G. VALABREGA, La Rivoluzione araba, Dall'Oglio, Milano
    1967.
    ABDEL-KADER, A. RAZAK, Israele e il mondo arabo, Il
    Saggiatore, Milano 1964.
    R. DE MATTEI, La vita interiore fondamento della Contro-
    Rivoluzione, in Lepanto, luglio-agosto 1993.
    STEFANO NITOGLIA, L'Islàm anatomia di una setta, Effedieffe
    Milano 1994.
    Encyyclopédie de l'Islam, 2 ed, Brill, Leiden 1961-78. Voci:
    Isrà il iyyat
    Al Kur'an
    Ka'ba
    Indjil
    S. NOJA, Maometto profeta dell'Islam, Mondadori, Milano
    1974.
    E. COUVERT, La gnose universelle, ed. de Chiré, Chiréen-
    Montreuil, 1994.
    P. VASSALLO, Nuove tesi su Islam e Giudaismo, in "Lo
    Stato", n° 23, settembre 1961, pagg. 28-30.
    A. BAUSANI - F. M. PARADA, L'Islamologia, Roma,
    Orbis Catholicus, 1951.

    http://www.cattolicesimo.eu/index.php?pid=178

  2. #2
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    bravo Iafet, hai fatto bene a postarlo!

  3. #3
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    Breve replica a "Islam e Giudaismo" (di C. Nitoglia)
    Brevi note a margine di "Islàm e giudaismo" di C. Nitoglia (Sadalitium)


    “Non sarai benaccetto né ai giudei né ai cristiani finché non seguirai la loro confessione” (Corano 2/120)

    Da tempo immemore vi è un’estesa propaganda da parte dei cristiani e/o degli antiislamici in generale per tentare di confutare la validità e veridicità della sacra religione Islamica, l’origine divina del suo Libro sacro, il Generoso Corano, la Nobile Profezia del suo ultimo inviato e profeta di Dio, Hadrat Muhammad (S). All’interno di questi tentativi, grande spazio, in particolar modo su alcuni gruppi e siti internet, è dedicato a quanto affermato da “Padre” Thery (“non chiamate nessuno “padre” sulla terra perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo…”, Vangelo secondo Matteo, 23/9), e ripreso poi da Nitoglia ed altri, riguardo una pretesa filiazione dell'Islàm dal giudaismo talmudico. Per vicinanza cronologica e per motivi di spazio e tempo, il testo del Nitoglia, un articolo riassuntivo della tesi di “Padre” Thery, è quello maggiormente divulgato ed oggetto di attenzioni. Ed è lo scritto del Nitoglia che andremo, velocemente e sinteticamente, ad analizzare. Come riassumeva il prete dell’Istituto Mater Boni Consilii nel suo articolo comparso originariamente sulla rivista “Sodalitium” (N. 40, febbraio-marzo 1995) le conclusioni raggiunte dal teologo domenicano Thery in materia di Islàm erano essenzialmente cinque: 1) L'Islàm sarebbe la religione giudaica post-messianica, spiegata agli arabi da un rabbino; 2) La moglie del Profeta Mohammad (S), Hazrat Khadija, era ebrea; 3) Il Profeta Muhammad (S) non sarebbe mai stato ispirato da Dio, essendosi invece convertito, spinto dalla prima moglie Khadijia, al giudaismo talmudico; 3) Il Corano sarebbe stato composto e redatto dal rabbino della Mecca; 4) L'originario Corano, redatto da un rabbino ebreo, sarebbe andato smarrito, e quel che è rimasto ad oggi sotto tal nome non sarebbe altro che una sorta de "Gli Atti dell'Islàm"; questo testo, poiché frutto della penna di un rabbino, sarebbe essenzialmente anticristiano, mentre i musulmani non sarebbero nient'altro che arabi convertiti al giudaismo talmudico dal VII secolo. Va specificato da subito che questo scritto, ed il preteso ‘studio’ di “Padre” Thery, si inseriscono in un lungo filone occidentale (di stampo cristiano, ebraico e orientalista) che, con mezzi subdoli, ha tentato di deformare gli insegnamenti dell’Islàm cercando di renderli strumentali alle loro fantasiose e strampalate tesi. Al fianco di quanto esposto da Thery e ripetuto da Nitoglia e accoliti, si potrebbe citare il caso di Basetti-Sani, scomparso non molto tempo fa, appartenente all’ordine dei frati minori e seguace del celebre orientalista francese Massignon (che può esser ritenuto il più stimato e conosciuto esperto occidentale nel campo), che ostentava una laurea in lingua araba ricevuta dall’Università di Ottawa e che voleva insegnare a conoscere ai musulmani “il senso più profondo della rivelazione coranica, la quale era destinata a preparare parte dell’umanità ad entrare nella pienezza della rivelazione cristiana” (“Per un dialogo cristiano-musulmano”, Milano 1969, p.121). Il Corano sarebbe infatti, nell’ottica del Basetti-Sani “una praeparatio evangelica che dovrebbe fare dei musulmani dei catecumeni al Cristianesimo” (“Maria e Gesù figlio di Maria nel Corano”, Palermo 1989, pp.211-12): una tesi cioè, esattamente opposta a quella portata avanti da Thery e Nitoglia, che ora confuteremo. Ma il Basetti-Sani stesso non ebbe alcun problema nel dichiarare che confrontava le differenti TRADUZIONI del Corano e a volte le cambiava per adattarle al contesto. Nel corso di un dibattito tenuto a Roma il 13 maggio 1990 con uno studioso musulmano, quest’ultimo dimostrò, testi alla mano, la ‘professione’ di falsario del frate e tutti i suoi misfatti letterari. Riconosciute le sue responsabilità, inchiodato di fronte agli errori ed alle manipolazioni testuali, il Basetti-Sani non poté far altro che ammettere di aver ‘dimenticato’ la lingua araba e abbandonare la sala della conferenza (esiste la videocassetta del dibattito in questione per chi interessato). Ultimamente poi, vi è stato addirittura chi ha esposto una tesi se possibile ancora più ridicola e stupefacente delle altre: sarebbe stato addirittura il Vaticano a creare l’Islam! Infatti Chich “il geniale disegnatore i cui fumetti vengono diffusi dai predicatori evangelici in tutto il pianeta, sostiene che il cardinale Bea avrebbe raccontato a un presunto padre gesuita, Alberto Rivera, un'altra storia: quella della bella Khadija, suora cattolica, che ebbe dal malvagio Vaticano l'ordine di sedurre Muhammad.” (cfr. http://www.kelebekler.com/occ/codici.htm)
    Altri orientalisti, come il tedesco Luxenberg (in realtà uno pseudonimo), Crone e Cook hanno attribuito l’origine del Corano al Cristianesimo (cfr. C. Luxenberg “Die Siro-Aramäische Leseart des Korans”; Michael Cook e Patricia Crone, “Hagarismo: la costruzione del mondo Islamico”).
    OSSERVAZIONI:
    Tanto “Padre” Thèry quanto naturalmente il Nitoglia, si soffermano particolarmente, per avallare la conversione al giudaismo talmudico di Muhammad (S) prima e degli arabi poi, sull'azione e l'opera condotta da due personaggi: il “rabbino della Mecca” e la prima moglie del Profeta (S), Khadija (as). Premesso che chiunque abbia un minimo di conoscenza in materia di giudaismo sa perfettamente come i giudei non solo non conducano alcuna azione di proselitismo, ma addirittura l'avversino, è stupefacente come, nel parlare di questi due 'pilastri' per la teoria della 'giudaizzazione dell'Arabia', si possa facilmente notare un'assenza totale di informazione o documentazione a riguardo. Sono due pilastri costruiti con materiale davvero povero e inconsistente, facilmente abbattibili. Prima di tutto, non esiste alcun testo storico, di fonte islamica, araba o occidentale, che sostenga la pretesa ebraicità della moglie del Profeta (S), Khadija (as). I due cattolici non possono citare infatti alcun riferimento per provare questa loro asserzione (o speranza?). Quindi, il primo dei due fondamenti della loro teoria, viene a mancare da sé. Ed il secondo? Anche in questo caso non troviamo alcun riferimento, avvenimento, informazione o documentazione al riguardo, ma soltanto una generico, quanto buffo, riferimento ad un "rabbino della Mecca". Scritto così, sembrerebbe che all'epoca esistesse nella città santa un solo, celebre ed autorevole, rabbino. Il "rabbino della Mecca", la sua opera di insegnamento a Muhammad (S) e di proselitismo fra gli arabi è un dogma, intoccabile, insindacabile, che va seguito, creduto, diffuso, ciecamente.
    LA CONVERSIONE DI MUHAMMAD AL GIUDAISMO (?!)
    E’ da notare che entrambi gli autori di questa strampalata e stravagante tesi sono seguaci ed adoratori di un uomo, Gesù (as), che era "un ebreo a parole e a fatti" (A. Eban, "Storia del popolo ebraico", Milano 1973, p. 19) e che, secondo i loro Vangeli divinizzati, venne crocifisso con una scritta sopra il capo che lo definiva “re dei giudei” (Luca, 23, 38); che stando ai racconti dei quattro Vangeli canonici, o canonizzati, frequentava realmente sinagoghe e rabbini (cfr, tra i tanti: Matteo 24, 1; 26, 55; Marco 11, 11; 12, 35; 13, 1) e come ci ricorda il pagano Celso “il loro stesso maestro [dei cristiani] inoltre praticò tutte le consuetudini dei giudei” (cfr.“Discorso di Verità”, pag. 24, Ar); che rispettava scrupolosamente la Legge Ebraica (Luca 2, 22; Matteo, 26, 1-28); che “Padre” Thery ed il Nitoglia sono entrambi portatori e diffusori di una teoria creata dalla speculazione intellettuale del giudeo Saulo di Tarso, meglio conosciuto come “San” Paolo; che fanno parte di una comunità umana e religiosa le cui avanguardie furono rappresentate dai giudei di Alessandria, Cirene, Siria e Cilicia (C. Mutti, "Ebraicità ed ebraismo" in "I Protocolli dei Savi Anziani di Sion", Ar); che ritengono autentica "Parola di Dio" l'intera “sacra scrittura” ebraica denominata "Antico Testamento".
    Ci pare quindi assai singolare come, per dimostrare la provenienza ebraica del Sacro Corano, lo accusino di contenere insegnamenti ed avvenimenti rintracciabili, pur se a volte con differenze sostanziali, anche nell'Antico Testamento, quando essi - a differenza dei musulmani - lo elevano, in toto, addirittura a Sacra Scrittura, a “Parola di Dio”! L'Islàm come spiegato dal Profeta Muhammad (S) non è altro che la religione unica ed innata nell'essere umano, a lui connaturata (cfr. Corano, Sura ar-Rum, 30). Nel corso della storia, a seconda delle contingenze storiche e temporali, Iddio Altissimo ha inviato dei Profeti, taluni con un Libro sacro, per guidare i popoli del mondo a sottomettersi ed adorare l'unica Realtà, l'Assoluto. L'Islàm del Profeta Muhammad (S) si presenta difatti quale ricapitolazione ultima e perfetta della Tradizione unica primordiale. Gli insegnamenti di questi Profeti, al pari dei Libri celesti da essi portati, subirono però manipolazioni e cambiamenti, verità di cui il Corano ci avvisò già più di 1400 anni fa e a cui la critica esegetica e testuale è giunta soltanto negli ultimi decenni (ma già Celso, nel suo citato "Discorso di verità", accusava i “devoti” Cristiani di “modificare tre, quattro, più volte ancora la primitiva versione del vangelo e contraffacendolo”, pag. 28). Non è quindi strano che all'interno di questi testi originariamente celesti, in seguito alterati o manomessi, si possano ancora riscontrare verità divine e rivelazioni autentiche, ma come fu costretto ad ammettere il celebre esegeta e biblista Ortensio da Spinetoli, anch’egli partecipando ad un dibattito pubblico con uno studioso musulmano tenutosi presso l'Hotel Quirinale di Roma il 4 marzo 1990, non rappresentano che "quella piccola parte di oro nascosta in molto fango" (esiste la videocassetta anche di questo dibattito, dal titolo "La Bibbia è parola di Dio?).
    Viene riportato a questo proposito un versetto coranico in cui si legge:
    "Lo giuro per Dio, che ha creato il maschio e la femmina. Chi fa l'elemosina e chi teme Dio sarà ricompensato. Quanto a chi è avaro e ripieno di sé, sarà precipitato nell'abisso. A cosa gli servirà la sua ricchezza? Io vi avverto fin d'ora che vi è un fuoco divorante per coloro che non temono Dio” (Sura XCII). Il fatto di dividere l'umanità in due, cioè quella parte che crede e teme Dio, che crede nella Resurrezione, nel Giudizio, nel Paradiso e nell'Inferno, e un’altra dove vi sono coloro che non credono in Dio, gli avari, gli orgogliosi, dimostrerebbe che l'"oratore" conosce bene l'Antico Testamento - che ricordiamo i cristiani, A DIFFERENZA DEI MUSULMANI, ritengono “Parola di Dio”.
    Andiamo invece a vedere, per quanto riguarda la Resurrezione, il Giudizio, il Paradiso, l’Inferno, ecc. cosa risponde a p. 86 di “Essere Ebreo” (Bompiani, 2001), ad una precisa domanda dell’ebreo Alain Elkann, l’ex capo rabbino di Roma prof. Elio Toaff (che ha ricoperto la maggiore carica rabbinica italiana, nonché quella di direttore del Collegio Rabbinico Italiano e dell’Istituto Superiore di Studi Ebraici), sul rapporto degli ebrei con l’Aldilà: “La Torà parla di questa vita e non parla mai dell’’Aldilà’”. Questo quando l’”akhira” (l’aldilà) è uno dei pilastri della dottrina islamica, uno dei principi di fede (usul-din), il cui rifiuto comporta l’estromissione dalla comunità islamica, dalla qualifica di musulmano. Gli insegnamenti del Sacro Corano, poiché innumerevoli a differenza della Torà sono i versetti al riguardo, unitamente a quelli del Santo Profeta (S), sono infatti incentrati sulla caducità e temporaneità di questa vita (“la vita terrena non è che ingannevole godimento”, III, 185, ma anche III, 14; IV, 77; VI, 32; IX, 24, 38; X, 7-8, 23; XIII, 26 e molti altri, oltre ad innumerevoli ahadith del tipo “Questo mondo è la prigione del credente”), e sull’eternità ed importanza della vita nell’aldilà. Dice il Corano: “Quelli che non credono nell’aldilà sono destinati a incorrere nel castigo divino e nel lontano traviamento” (XXXIV, 8). Una delle caratteristiche dei timorati di Dio, dei veri credenti, è proprio quella di avere una fede certa nell’Aldilà (II, 5).
    Troviamo poi che sarebbe lo stesso “oratore” a portare alla conclusione che egli fosse ebreo, a dimostrare la sua ebraicità. E vengono riportati alcuni versetti coranici nei quali il Libro Sacro dell’Islàm ricorda e conferma come lo stesso Iddio che ha mandato la rivelazione a Mosè (as) è quello che ha rivelato il Corano a Muhammad (S). E allora? Se si dovesse seguire questo ragionamento, che il Nitoglia definisce “storico”, dovremmo concludere che, per fare un solo esempio, alla luce del versetto 46 della Sura al-Maida (la quinta), l’”oratore” sarebbe anche cristiano, poiché viene affermato che il Dio del Corano è lo stesso che ha “dato” il Vangelo a Gesù (as): “Gli demmo il Vangelo [a Gesù] in cui è guida e luce….”
    Viene riferito poi che il Libro Sacro dell’Islàm, da essi definito “Atti dell’Islàm”, non conterrebbe nulla che non sia giudaico. Abbiamo già dimostrato, portando l’esempio dell’”aldilà”, come questa affermazione sia priva di qualsiasi veridicità. Si potrebbe citare, per non dilungarsi in lunghe diatribe e chiudere immediatamente la faccenda, il ruolo privilegiato che il Corano conferisce tanto a Gesù (as) quanto a Maria (as) (l’orientalista francese Roger Du Pasquier scrive in proposito: “La maniera con cui il Corano racconta la storia di Maria e di Gesù, esplicitamente designato come “al-Masih”, il Messia o il Cristo, è di una grande bellezza e conserva anche nella traduzione la capacità di commuovere i cristiani. Ricordate più spesso nel Corano che in tutto il Nuovo Testamento, Maria, madre di Gesù, occupa un posto molto privilegiato nell’Islam, che la considera come il modello perfetto di tutte le donne…”, cfr. “Il risveglio dell’Islam”, Edizioni Paoline, 1990) differenza degli insegnamenti vergognosi e satanici (rifiutati in modo categorico dal Corano), propri del giudaismo:
    - “O Maria, in verità Iddio ti annuncia la lieta novella di una parola proveniente da Lui: il cui nome è il Messia, Gesù figlio di Maria, eminente in questo mondo e nell’altro, uno dei più vicini (a Dio)” (Al-Imran, 45)
    - “lo abbiamo (a Gesù) coadiuvato con lo Spirito di Santità” (II, 87)
    - “Gesù] disse: « In verità sono un servo di Allah. Mi ha dato la Scrittura e ha fatto di me un profeta. Mi ha benedetto ovunque sia e mi ha imposto l'orazione e la decima finché avrò vita, e la bontà verso colei che mi ha generato. Non mi ha fatto né violento né miserabile. Pace su di me il giorno in cui sono nato, il giorno in cui morrò e il Giorno in cui sarò resuscitato a nuova vita». Questo è Gesù, figlio di Maria, parola di verità della quale essi (i giudei, n.d.r.) dubitano.” (Maryam, 30-34)
    - “[Ricorda] quando Mosè disse al suo popolo (i giudei, n.d.r.): «O popol mio, perché mi tormentate nonostante sappiate che sono veramente il Messaggero di Allah a voi [inviato]?». Quando poi deviarono, Allah fece deviare i loro cuori. Allah non guida la gente malvagia. E quando Gesù figlio di Maria disse: «O Figli di Israele, io sono veramente un Messaggero di Allah a voi [inviato], per confermare la Torâh che mi ha preceduto, e per annunciarvi un Messaggero che verrà dopo di me, il cui nome sarà "Ahmad" ». Ma quando questi giunse loro con le prove incontestabili, dissero: « Questa è magia evidente». Chi è più iniquo di colui che inventa menzogne contro Allah, nonostante venga chiamato all'Islàm? Allah non guida gli ingiusti. Vogliono spegnere la luce di Allah con le loro bocche, ma Allah completerà la Sua luce a dispetto dei miscredenti.” (As-Saff, 5-8)
    - “[li abbiamo maledetti – i giudei - perché] ruppero il patto, negarono i segni di Dio, uccisero ingiustamente i Profeti e dissero: "I nostri cuori sono incirconcisi". E' Iddio invece che ha sigillato i loro cuori per la loro miscredenza e, a parte pochi, essi non credono, [li abbiamo maledetti] per via della loro miscredenza e perché dissero contro Maria calunnia immensa” (An-Nisa, 154-155).
    - “E quando gli Angeli dissero: ‘O Maria, in verità Dio ti ha eletta e purificata e ti ha eletta fra le donne dei mondi.” (3: 42)

    Per chi voglia approfondire la posizione ed il rango eccelso ricoperto da Maria nell’Islam, consigliamo la lettura del seguente articolo dell’Hojjatulislam Bahmanpour (autore, per altro, di un film dedicato proprio a questa santa figura, dal titolo “Maryam al-Muqaddas”, che ha avuto un enorme successo in tutto il mondo islamico ed è stato più volte trasmesso da importanti tv di paesi islamici, come Irib, Sahar, al-Manar): http://al-islam.org/it/marislam/
    Viene poi affermato che di sera, di nascosto, Muhammad (S), su pressione dell’“ebrea” Khadija, si recasse alla casa del rabbino per apprendere la ‘nuova religione’. Anche qui assenza di qualsiasi riferimento, testo storico, prova documentata. Anzi il Nitoglia, per dimostrare la conversione di Muhammad (S) al giudaismo, quale prova porta? Le farneticazioni di “Padre” Thery, anch’esse prive di qualsiasi dimostrazione logica, storica e scientifica. L’ennesimo frutto della loro enorme, comune, fantasia.
    Dopo la pretesa ‘conversione’ del Profeta Muhammad (S), il rabbino non lo avrebbe abbandonato, ma avrebbe anzi iniziato ad insegnargli a pregare come gli ebrei. Ora, crediamo che chiunque conosca, anche se soltanto nell’aspetto esteriore, il rito della preghiera (salat) all’interno dell’Islam, che è un dovere che incombe al musulmano per cinque volte al giorno. La posizione eretta (qiyam), l’inchino (ruku), la prosternazione (sujud). Sono questi i tre momenti salienti della preghiera nell’Islam. Quale è l’affinità con la preghiera realizzata dagli ebrei? Piuttosto i “Vangeli” ci informano che Gesù, proprio come il Nobile Profeta Muhammad (S) e quindi tutti i musulmani, pregava prosternato a terra… “E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo…” (cfr. Matteo, 26: 39 e Luca 23, 38).
    Il Nitoglia continua a ripetere che a livello religioso l’Islàm non porta nulla di nuovo rispetto alla letteratura talmudica ed all’Antico Testamento. Viene citato il caso di un “paradiso terreno, carnale”. E’ questo purtroppo uno dei miti, creati dall’orientalismo ateo e razionalista, duro a morire in Occidente. Non vogliamo dilungarci nel riportare le interpretazioni filosofiche, gnostiche e mistiche che nei secoli i commentatori autorevoli hanno fornito dei simboli paradisiaci quali i “frutti”, “i ruscelli”, le “hurì”, ecc.
    Non ci meravigliamo peraltro degli errori e distorsioni del Sacro Corano e dei suoi celesti insegnamenti realizzati da un prete ‘estromesso’ dalla Chiesa di Roma, quando lo stesso pontefice polacco, Giovanni Paolo II, si è lasciato andare a simili astuzie. Nel suo “Varcare le soglie della speranza” (per i tipi Oscar Mondadori, addirittura come “Best Sellers”), dopo aver fatto a pag. 103 affermazioni gratuite ed offensive nei confronti del Sacro Corano (definito una ‘riduzione della Divina rivelazione’ rispetto all’Antico e Nuovo Testamento!!!), nella pagina successiva tenta addirittura di abbozzare un commento ed un’analisi sul Dio del Sacro Corano. Egli scrive: “Al Dio del Corano vengono dati i nomi tra i più belli conosciuti dal linguaggio umano, ma in definitiva è un Dio al di fuori del mondo, un Dio che è soltanto Maestà, mai Immanuele, Dio-con-noi.” Non è nostra intenzione, in questa sede, affrontare l’argomento relativo a Dio nel Sacro Corano, quindi nell’Islam, per dimostrare l’infondatezza di questa affermazione e la palese ignoranza ….. Dubitiamo che il Papa abbia mai anche soltanto sfogliato il Sacro Corano. D’altra parte già studiosi più affermati e preparati di noi hanno risposto in modo documentato e conciso a queste sue velleitarie affermazioni (cfr. “Islam and christianity” di Muhammad Ali Zenjibari o la lettera aperta a Giovanni Paolo II scritta da Muhammad Baqer Najafi, contenuto in “Al-Tawhid”, n.1 inverno 2003 (in inglese), disponibile anche on-line su: http://www.itf.org.ir/AL%20Tawhid/Al...20WELCOME.htm).

    Tornando al Nitoglia, egli scrive che la reazione degli abitanti di La Mecca alla profezia di Muhammad (definita dai due ‘studiosi’ “conversione al giudaismo”), sarebbe stata “animosa e malevola”. Sarà bene ricordarci di questa affermazione, quando andremo ad esaminare chi saranno i maggiori nemici e tormentatori del Profeta (S) dall’inizio della sua profezia sino alla sua morte.

    Il Corano
    Nell’introduzione al suo scritto, Nitoglia afferma che nel compilarlo avrebbe goduto dell’ausilio di un noto orientalista dell’Università di Torino, senza però riportarne il nome. E’ possibile. Questo, nell’ottica e nel pensiero dell’autore, dovrebbe dimostrare la scientificità e serietà del suo lavoro. Il lettore valuterà da sé…
    Il sacerdote in molti punti tenta di degradare e sminuire la portata del messaggio coranico, riducendolo ad un testo privo di originalità e di profondità, una ‘brutta copia’ delle scritture giudaiche, scritto da un rabbino per ‘giudaizzare’ gli arabi. Andiamo però a leggere cosa scriveva, diversi anni or sono, quella che viene ritenuta una delle più stimate orientaliste italiane nel mondo, autrice peraltro di una grammatica della lingua araba a tutt’oggi utilizzata nelle migliori università italiane, e che quindi il Corano poteva leggerlo nella lingua in cui è stato rivelato da Dio Altissimo, cioè la professoressa Laura Veccia Vaglieri:
    “Noi troviamo in questo libro “tesori” di scienza che superano il talento e la capacità dei più intelligenti e dei più potenti politici, così come dei più grandi filosofi, e ciò perché il Corano non può essere opera di un uomo, per quanto grande sia l’estensione del suo sapere…” (citato in “L’Islam e la civilizzazione occidentale”, di Mussavi Lari, Qom, 2002). Non molto differenti sono i pareri sull’Islàm ed il Corano espressi dai più autorevoli orientalisti e studiosi passati e presenti, come A. Bausani, A. Ventura, Lojacono, A. Toynbee, R. Gibb, E. Gibbon, Montgomery Watt, ecc.
    Curioso che un altro ‘studioso’, già citato all’inizio, per dimostrare la provenienza non-divina del Corano, avanzi una tesi opposta a quella del Nitoglia: Christoph Luxenberg (uno pseudonimo) sosterrebbe infatti, tra le altre cose, che la grammatica araba del Corano “è troppo perfetta” per essere opera di rozzi analfabeti (cfr. “Die Welt“,“Der Koran erklart die Bibel auf Arabisch“, 29.09.2004).
    Il Nitoglia continua ad affermare che “per chiunque legga il Corano, l’influsso del Giudaismo è evidente”. Abbiamo già fatto qualche esempio dell’infondatezza di tale asserzione, al pari della quasi totalità di quelle contenute nel suo articolo. E questo quando insigni biblisti di fama mondiale quali il frate Ortensio da Spinetoli (da noi già citato, che ha collaborato, fra le altre cose, all’edizione de “La Bibbia” per le edizioni S. Paolo, autore fecondo che vanta decine di titoli e riconoscimenti accademici), ha chiaramente dimostrato nei suoi commenti, non soltanto la palese influenza ebraica all’interno dei Vangeli, ma addirittura l’esistenza di episodi da egli stesso definiti di ‘razzismo (religioso) giudaico’, come il celebre episodio della donna cananea (cfr. Matteo 15/21 ss.) respinta da Gesù nonostante lo supplicasse visibilmente (“si gettò ai suoi piedi”: Marco 7/25), che invocava pietà per la figlia posseduta dal Demonio. Il Gesù evangelico però, indifferente al suo dolore, alle sue suppliche, “non le rivolse – stando a quanto scrive “Matteo” – neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono implorando: ‘Esaudiscila, vedi come ci grida dietro’. Ma egli rispose: ‘Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa d’Israele’”. Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui dicendo: ‘Signore, aiutami!’. Ed egli rispose: ‘Non è bene prendere il Pane dei figli [i giudei] per gettarlo ai CAGNOLINI [i gentili, goym].’
    L’espressione “cagnolini” richiama un’altra frase, pronunciata da Gesù secondo Matteo 7/6: “Non date ciò che è santo ai cani, né gettate le vostre perle ai porci”, laddove “per i giudei i cani (goiym) erano i pagani”. Espressioni, queste, che riconducono al concetto di fondo che “Israele è il figlio (prediletto) di Dio, mentre i pagani sono i suoi servi (cani)” (O. da Spinetoli, “Matteo- Il Vangelo della Chiesa”, Cittadella, Assisi, 1983, pp. 36, 445, 446).


    Contenuto del Testo Coranico
    Vi è una ripetuta, ossessiva, noiosa fissazione in questo scritto, per cui ogni insegnamento o versetto in contrasto con il politeismo arabo, debba essere, inevitabilmente, frutto della mente ebraica. Una persona che si dichiara monoteista (pur credendo in un Dio-trino) sembra praticamente, fermamente convinta che il Monoteismo, l’Unicità di Dio, la fede e sottomissione ad Esso, non sia una caratteristica innata dell’essere umano, una verità reale, intaccabile, il messaggio portato da Adamo ed Abramo all’umanità, ma debba esser obbligatoriamente, ineccepibilmente, un frutto ebraico. Dimenticando non solo che proprio il Corano rimproverava il politeismo dei giudei (cfr. IX, 30) ma anche quanto ebbe a scrivere un professore ebreo antisionista, recentemente scomparso, Israel Shahak, a questo riguardo: “…Occorre confutare certe erronee affermazioni che si trovano in quasi tutti i lavori dei non ebrei sul giudaismo (…) Una di queste illusioni popolari è che la religione ebraica sia e sia sempre stata, monoteistica. Come sanno benissimo tanti studiosi della Bibbia, un’attenta lettura di quei testi rivela subito quanto tale concezioni sia sbagliata e astorica. In molti, se non addirittura nella maggior parte dei libri del Vecchio Testamento viene riconosciuta, senza dubbio alcuno non solo l’esistenza ma anche il potere di “altri dei” tanto che Yahweth (Geova), il più potente di tutti, è geloso dei suoi rivali e proibisce al suo popolo di adorarli” (Esodo, 15:11 e 20: 3-6). E’ ciò che leggiamo a pagina 68 del libro “Storia ebraica e giudaismo”: il colmo è che si tratta di un testo, citato peraltro nell’articolo, tradotto e pubblicato dalla casa editrice ‘Sodalitium’, di cui uno dei responsabili risulta essere nient’altro che….Don Nitoglia!
    Inoltre l’assiduità con cui il Nitoglia ricollega il puro monoteismo islamico al giudaismo sembra dimostrare la sua condivisione della ‘leggenda’ diffusa dagli anti-monoteisti (pagani, agnostici o atei che siano) dell’origine “semita”, specificatamente ebraica, del monoteismo. Quasi che ogni dottrina tradizionale o ogni religione ortodossa non sia stata portatrice di un messaggio monoteista, diventando politeista solamente in seguito, a causa di incomprensioni o corruzioni dell’autentico ed originario insegnamento. O che i Libri sacri di religioni indoeuropee, ‘ariane’ o comunque non semite come quella zoroastriana (Avesta) o indù (Upanishad) non abbiano un insegnamento centrale, monoteista, unitario, al loro interno.

    I sette ripetuti
    La maggior parte dei commentatori autorevoli del versetto in questione, quali Hasan al-Basri (citato nell’edizione del Corano tradotta in italiano da un musulmano sunnita, edita dalla Newton&Compton in molteplici ristampe), affermano che per “Sab’a-l-mathani” (“I setti ripetuti”) si intenda la Sura Fatiah, la sua Aprente del Corano, che ogni musulmano deve recitare almeno due volte in ogni preghiera, ovvero almeno dieci volto al giorno. Ma se andiamo a leggere anche il primo volume della traduzione ed esegesi del Corano effettuata da un gruppo di sapienti sciiti (che si sono avvalsi nella compilazione dei più autorevoli commentari sciiti e sunniti), recentemente stampato in lingua italiana, leggiamo proprio come “I Sette ripetuti” sia uno dei dieci appellativi di questa sura, come desunto dal Corano e dalle tradizioni islamiche (cfr. “La Luce del Corano”, Centro di Studi Islamici ‘Amir al Muminin’, R.I. dell’Iran, libro finito ultimamente sotto indagine perfino della Digos…disponibile anche online al sito: http://quran.al-shia.com/it/). Ma quale sarebbe il contenuto di questi ‘sette ripetuti’, così caparbiamente accusati di essere una creazione ‘rabbinica’? Leggiamo insieme:
    1. In nome di Dio, il Misericordioso, il Benevolo.
    2. La lode appartiene a Dio, il Signore delle Creature dell’Universo,
    3. il Misericordioso, il Benevolo,
    4. il Padrone del Giorno del Giudizio.
    5. Te solo adoriamo e a Te solo chiediamo aiuto.
    6. Guidaci sulla retta via,
    7. la via di coloro ai quali hai concesso la grazia, non quella di coloro sui quali è l’ira [Tua] e nemmeno quella dei traviati.

    Come vediamo è un contenuto che non ha nulla di scandaloso e potrebbe esser fatto proprio da qualsiasi persona che crede in Dio, da qualsiasi monoteista, a prescindere dal suo credo o scuola particolare. Soffermiamoci però un attimo sul settimo ed ultimo versetto di questa sura, in particolare sull’identità di “coloro sui quali è l’ira” di Dio. Chi sono? TUTTI i commenti coranici autorevoli riconoscono come, insieme ad altri significati ‘paralleli’, ad un livello esclusivamente exoterico, il Corano si riferisca ai giudei (cfr. in italiano “La Luce del Corano”, volume I, pag. 30-31; l’edizione di “Newton e Compton”, pag. 24-25; la traduzione del celebre orientalista baha’i Bausani, pag. 502…)

    Gli Atti dell’Islàm
    Come abbiamo già detto, per “Sette ripetuti” si intende la Sura Aprente, la prima sura del Corano; mentre per “Corano Sublime” si intende il Libro ricevuto da Muhammad (S) stesso. Ciò è confermato in altri diversi versetti.

    II°: Differenza di scopi
    Il Corano attuale, cioè quello rivelato al Profeta Muhammad (S), etichettato arbitrariamente dal Nitoglia e da “Padre” Thery quale “Atti dell’Islàm”, a differenza del Corano originario da essi chiamato Corano ‘arabo’, non sarebbe né un libro liturgico né un libro di preghiere. Va specificato che l’esistenza di due tipi di Corano, differenziati dalla loro feconda fantasia, in “arabo” (andato perso) e “Atti dell’Islàm” (la copia attuale), non è che l’ennesima invenzione, non rintracciabile in alcuno studio sul Corano. Come al solito non viene infatti citato un solo studioso, musulmano e/o orientalista, che abbia mai dimostrato o anche soltanto accennato a tale ipotesi. E’ però facilmente dimostrabile come il Corano che abbiamo oggi, che è in definitiva l’unico Corano mai esistito, sia un libro liturgico ed anche un libro di preghiere. Durante la preghiera rituale (salat), in quella “spontanea” (du’a) così come nel ricordo di Dio (dikhr), il musulmano costantemente e ripetutamente recita versetti e sure coraniche. La Preghiera rituale non è infatti ritenuta valida se non viene in essa recitata, per ogni ciclo (rak’at), la Sura Aprente ed un’altra Sura a scelta (alcune scuole sostengono che dopo la Sura Aprente basti recitare almeno cinque versetti di un’altra sura). Il Corano è anche un libro liturgico, il cui contenuto intero è imparato a memoria da molte persone (chiamate in arabo huffaz, plurale di hafez) ed anche il musulmano neoconvertito e non arabofono conosce a memoria almeno alcune sue sure; il Corano ha addirittura dato vita ad un’arte senza paragoni che spesso lascia esterrefatti gli ascoltatori non musulmani e/o occidentali, ovvero la lettura salmodiata (con sette tipi diversi di recitazioni, per il cui apprendimento sono necessari anni di studio ed esercitazione). E’ un Libro che viene letto, salmodiato continuamente, tanto nelle case dei musulmani, quanto nelle moschee. In particolare nel mese santo di Ramadan, in cui questo Libro sacro fu rivelato, viene recitato ogni giorno e notte, così che alla fine del mese sacro il musulmano l’avrà letto integralmente almeno una volta.

    Il Corano è perso
    Il Corano ‘arabo’, originario, sarebbe andato perduto. Il Nitoglia suggerisce di cercare nella massa di “manoscritti arabi”. Evidentemente ignora che da più di 1400 anni a questa parte, con tutte le copie redatte in ogni angolo del mondo – ed a differenza del suo venerato ‘libro sacro’ – non sia stata mai trovata una sola variante del Corano. Chiunque abbia un minimo di conoscenza degli studi effettuati sulla Bibbia dalla critica moderna, sa che sono state invece trovate centinaia di migliaia di varianti, di discordanze, oltre alle alterazioni dei sensi e delle fonti. E’ uno dei miracoli del Corano. Perché Dio stesso ha assicurato la sua protezione e salvaguardia, laddove recita: “Noi abbiamo rivelato il Discrimine (uno dei nomi del Corano, n.d.r.) e Noi lo proteggiamo” (15: 9).
    Egli ignora peraltro il lavoro e gli studi effettuati da eminenti personalità del mondo islamico, come il Grande Ayatollah Seyyed al-Kho’i che nel suo libro “Al-Bayan” (cfr. http://al-islam.org/tahrif_quran/), dopo aver passato in rassegna le ‘tradizioni’ (ahadith) che parlerebbero di una raccolta posteriore alla morte del Santo Profeta (S) del Corano (come sostenuto dagli orientalisti per minarne la credibilità e originalità), riporta 52 prove interne (versetti coranici) e innumerevoli prove esterne (ahadith, detti relativi al Profeta o ai suoi compagni) che dimostrano come il Sacro Corano attuale, sotto forma di Libro, esistesse sin dal tempo in cui il Santo Profeta (S) era vivo.

    I primi musulmani
    Come dimostreremo nella parte dedicata al rapporto fra ebrei e musulmani, sin dai primordi dell’Islàm, i maggiori nemici del messaggio coranico furono i politeisti arabi ed i giudei.

    Dispute tra i giudei della Mecca ed il “rabbino”
    Le fonti storiche e le biografie profetiche (si possono confrontare, poiché disponibili in lingua italiana, quella dello storico persiano Tabari e dello studioso M. Lings, così come quella dell’orientalista francese Henry Delaporte e del cristiano ortodosso V. Gheorghiu), oltre naturalmente al Santo Corano, riportano come in realtà le dispute che il Profeta (S) ed i suoi seguaci si trovavano di fronte, spesso dettate non da una ricerca o da una curiosità di natura teologica, ma da odio e risentimento, erano quasi esclusivamente di natura giudaica (cfr. per es. II, 89-90, 104-106, 108-110, 115, 139, 142, 212, ecc.). Esiste, purtroppo ancora non tradotto in nessuna lingua europea, un estratto del commento al Sacro Corano realizzato da ‘Allamah Tabataba’i (27 volumi, commento ritenuto unanimemente uno dei migliori mai realizzati, di cui 11 fin’ora tradotti in inglese) dal titolo “I Giudei del Sacro Corano”, di circa 500 pagine, che rappresenta un lavoro serio, scientifico, documentato, prezioso ed importante, ma soprattutto completo, riguardo al soggetto da noi trattato.
    Riporta l’ebreo sionista Bernard Lewis, citato da Nitoglia nel suo articolo come una autorità tra gli “orientalisti”: “Vi sono molti passi nel Corano, nella biografia e nella tradizione del Profeta in cui si usano parole dure nei confronti degli ebrei” (“Semiti e antisemiti”, pag. 133, Rizzoli); “Le lotte che ne risultarono e l’ostilità da esse alimentata [tra ebrei e musulmani agli inizi dell’Islam] sono testimoniate dal Corano, dalla Tradizione e dai Commentari, dove l’ebreo è ritratto come un essere caparbio e perverso, ribelle ai comandamenti di Dio, che rinnega e uccide, o tenta di uccidere, i suoi profeti” (pag. 139); “Nei fondamentali testi islamici e cristiani l’ebreo è descritto come ostile, persino malevolo. La grande differenza consiste nel fatto che nei testi islamici la sua ostilità risulta inefficace e la sua malevolenza si conclude con la sua sconfitta: nel Corano gli ebrei disobbediscono a Mosè e sono domati, tentano di crocifiggere Gesù e falliscono, e si ingannano se pensano di esserci riusciti. Nella biografia del Profeta gli ebrei gli si oppongono, ma sono sopraffatti e opportunamente puniti, alcuni con l’espulsione, altri con la schiavitù o la morte (…) Così come il Fondatore del Cristianesimo anche il Fondatore dell’Islam era entrato in contrasto con gli ebrei, ma in circostanze e con conseguenze molto diverse. Maometto e i suoi compagni non erano ebrei e non vissero né predicarono il loro messaggio in una società ebraica. Gli unici ebrei a loro noti erano le tre tribù ebraiche di Medina, una minoranza religiosa in una comunità araba prevalentemente pagana. I musulmani non si ritenevano né si presentavano come il nuovo e vero Israele, e perciò non si sentirono minacciati o contestati dall’ostinata sopravvivenza del vecchio Israele. Il Corano non fu presentato come la realizzazione del Giudaismo, ma come una nuova rivelazione, che soppiantava le scritture ebraiche e cristiane, neglette e distorte dai loro indegni custodi (…) I Fondatori di entrambe le religioni, in modi diversi, entrarono in contrasto con i leader ebrei. Ma qui termina ogni somiglianza. Gesù fu crocifisso. Maometto trionfò nel corso della propria vita e divenne il capo di uno Stato e di una comunità. La sua lotta con le tribù ebraiche di Medina si concluse con la loro sconfitta e distruzione, non con la sua, e lo scontro tra Ebraismo e Islam si risolse e terminò con la sua vittoria”. Dopo aver affermato che tradizione ‘giudeo-cristiana’ è un’espressione molto usata e che, seppur dopo aver sollevato alcune polemiche, è accolta come dato che “indica una realtà storica e culturale”, l’ebreo sionista Lewis dice: “Il termine ‘giudeo-islamico’, invece, esiste solo come termine colto da adottare solo in un contesto storico e per indicare un passato sempre più remoto. Non è stato mai usato né da ebrei né da musulmani nei territori musulmani e non sarebbe mai stato accettato da nessuno di loro per definire le loro credenze, aspirazioni e modi di vita.” Parlando poi dei rapporti dell’Ebraismo il Cristianesimo, Lewis scrive: “Il primo, più ovvio e probabilmente più importante, punto di incontro tra ebrei e cristiani si trova nelle sacre Scritture comuni a entrambi. Gli ebrei non accettano il Nuovo Testamento, ma i cristiani accettano il Vecchio Testamento ebraico: certo, non l’hanno sempre fatto con lo stesso entusiasmo, ma almeno tutte le versioni del Cristianesimo hanno formalmente riconosciuto che il Vecchio Testamento è parte del Libro divino. Esso ha, infatti, svolto una funzione importante nella formazione e nello sviluppo della civiltà cristiana, la cui arte, letteratura e persino lingue sono impregnate profondamente delle storie, dello spirito e dell’idioma del Vecchio Testamento” (pag. 128-130).

  4. #4
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    Chiesa Apostolica Romana:

  5. #5
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    Exclamation Il mondialismo contro Magdi Cristiano!

    Citazione Originariamente Scritto da Sabotaggio Visualizza Messaggio
    Chiesa Apostolica Romana:
    Meglio Magdi che Cristiano

    Il pubblico Battesimo del vicedirettore del Corriere della Sera
    scandalizza le riviste dei comboniani e dei gesuiti
    di Rodolfo Casadei

    Macché Umberto Eco. Macché Gianni Vattimo. Macché Eugenio Scalfari.
    In Italia i veri baluardi del relativismo che tanto preoccupa
    Benedetto XVI e la Cei non sono questi, ma i missionari gesuiti e
    comboniani, certi docenti dell'Università Cattolica e certe moderne
    riviste gesuite. Basta vedere i loro commenti al Battesimo di Magdi
    Cristiano Allam, vera e propria pietra dello scandalo.

    A scandalizzarsi, infatti, in nome della sostanziale equivalenza di
    tutte le religioni, di quel che il Papa ha fatto durante l'ultima
    veglia pasquale sono stati proprio i suddetti. Leggere per credere.
    Nigrizia, la principale rivista comboniana, ha dedicato alla
    conversione di Allam un'intervista col protagonista stesso, mettendo
    però le mani avanti. «Nei documenti ecclesiali e nelle pratiche
    missionarie degli ultimi decenni», si legge nell'introduzione, «si
    possono evidenziare due tendenze: quella che concepisce
    l'evangelizzazione come un "conquistare a Cristo" le altre fedi
    (un'iniziativa che dovrebbe risolversi con la loro annessione alla
    chiesa) e quella che vede, invece, la missione nel contesto
    dell'orizzonte del Regno di Dio e concepisce l'attività missionaria
    come un continuo dialogo e confronto, che non prevede né vincitori
    né vinti. I cristiani – i missionari in particolare – sono oggi
    chiamati ad accettare la coesistenza di fedi differenti non "di
    malavoglia", ma di "buon grado"». Quale tendenza prediligano quelli
    di Nigrizia si capisce bene dal linguaggio e dalle maiuscole che
    usano: Regno di Dio maiuscolo, Chiesa minuscolo; i termini associati
    al passaggio da una religione al cristianesimo
    sono "conquistare", "annessione", "vincitori e vinti"; quelli che
    descrivono la situazione in cui questo passaggio non avviene
    sono "dialogo", "confronto", "Regno di Dio". Si può immaginare
    quanto stia loro simpatico Magdi Allam. Viene poi da chiedersi cosa
    dovrebbero accettare di "buon grado" delle altre religioni i
    missionari cristiani: il precetto islamico del jihad? La poligamia?
    I sacrifici umani e la schiavitù femminile dei culti tradizionali
    africani? La divisione in caste degli indù? La reincarnazione che è
    negazione della responsabilità individuale presso buddisti e indù?



    I gesuiti vanno oltre. Sulla loro rivista Popoli (che un tempo si
    chiamava Popoli e Missione, poi hanno pensato bene di togliere la
    parola "Missione" dal nome) affidano il commento del battesimo di
    Magdi Allam a un confratello residente in Siria. «La luna della
    preoccupazione prioritaria per le libertà di religione e di
    coscienza – scrive padre Paolo Dall'Oglio – ha offuscato il sole
    della discrezione caritatevole, del rispetto dei sentimenti dei
    musulmani e della rinuncia al proselitismo… Sono scoraggiati
    numerosi sforzi per costruire armonia e amicizia, tanto nei
    quartieri delle città europee che nei paesi di secolare e pacifica
    coesistenza islamo-cristiana». Nei paesi di secolare e pacifica
    coesistenza islamo-cristiana come la Siria i cristiani sono scesi
    dal 30 per cento della popolazione totale del 1970 al 10 di oggi, ma
    di questo padre Dall'Oglio non appare preoccupato, anzi, in altra
    parte dell'articolo spiega di essere d'accordo con una madre
    cristiana siriana sposata a un musulmano che vorrebbe impedire al
    figlio musulmano di farsi cristiano, come lui desidera. Quel che lo
    preoccupa è altro: «È difficile sfuggire all'impressione che la
    sacra bandiera della libertà di coscienza sia utilizzata
    dall'Occidente come un cavallo di Troia da introdurre nel mondo
    musulmano al fine di disintegrarlo». Cioè non è la mancata
    accettazione della libertà di coscienza che disintegra il mondo
    musulmano in guerre intestine fra sunniti e sciiti, fra islamisti
    radicali e musulmani tradizionali. No, è tutta colpa di un complotto
    occidentale volto a introdurre quel principio che in Europa ha posto
    fine alle guerre di religione e gettato le basi della democrazia.
    Anche il linguaggio utilizzato da Popoli è interessante: la pubblica
    fede in Gesù Cristo è luna, meno importante del sole, che coincide
    col dialogo interreligioso; alla prima è associata la
    parola "proselitismo", al secondo le parole "armonia e amicizia". La
    superiorità del dialogo fra uguali rispetto all'affermazione
    dell'unicità di Cristo, secondo l'autore del testo e i suoi amici
    milanesi, dovrebbe essere addirittura dogmatizzata: «La conversione
    a Gesù è entrare in una logica di carità che tutto scusa e tutto
    salva… L'avversione teologica verso le religioni islamica o ebraica
    o altra potrebbe essere un motivo sufficiente per rinviare il
    battesimo e, comunque, per non fargli propaganda». Sì, avete letto
    bene: il prerequisito per il Battesimo non è più la fede in Gesù
    Cristo, ma la fede nel relativismo religioso.


    Padre Sorge recluta Paolo Branca

    Sulla stessa falsariga si muove Aggiornamenti sociali, altra rivista
    gesuita. Per commentare e contestualizzare la notizia del Battesimo
    di Allam con «una meditata riflessione sul tema delle conversioni
    fra le due grandi religioni monoteiste», il periodico diretto da
    padre Bartolomeo Sorge si affida niente meno che alla penna di Paolo
    Branca, docente di lingua araba all'Università Cattolica di Milano
    che alcuni mesi fa promosse una raccolta di firme di accademici e
    umanità varia contro Magdi Allam, reo di aver criticato in un suo
    libro i docenti universitari di islamistica italiani, accusati di
    una certa ignavia nei confronti degli estremisti islamici. Senza
    spendere una parola sul suo conflitto di interessi, Branca entra
    subito nel vivo dell'argomento e, dopo una descrizione dello stato
    dell'arte, formula giudizi di valore. Il primo è che «il
    proselitismo è diventato, specie dopo il Concilio Vaticano II, una
    forma di impegno religioso meno stimato rispetto alla testimonianza

    Conoscersi e rispettarsi dovrebbero essere l'obiettivo principale
    cui tendere». Le conversioni sono legittime ma «è sempre preferibile
    tenersi al riparo da ogni forma di enfatizzazione, di cui la
    spettacolarizzazione mediatica è una delle più insidiose». Infine il
    Battesimo cristiano di un musulmano dovrebbe essere vissuto «come un
    compimento piuttosto che come una cesura», dovrebbe essere «esempio
    di una rara ed emblematica doppia fedeltà». Le stilettate contro
    Allam che ha definito la propria conversione «una svolta radicale» e
    contro Benedetto XVI che ha creato le condizioni perché il suo
    Battesimo andasse in mondovisione sono palesi. Il professore non
    sembra turbato dal fatto che Gesù abbia detto esplicitamente che
    nessuno può servire due padroni. E nemmeno tenta di spiegare perché
    il Papa meriti di essere accusato di spettacolarizzazione mediatica
    insidiosa quando battezza un musulmano, mentre nessuno ha da ridire
    quando prega alla musulmana dentro una moschea a Instanbul o prega
    con gli esponenti di altre religioni ad Assisi, e le immagini fanno
    ugualmente il giro del mondo. Preferisce invece lanciarsi in una
    spericolata esegesi del passo del Vangelo relativo all'incontro fra
    Gesù e il centurione romano che chiedeva la guarigione del suo
    servo, e la cui fede fu lodata da Cristo perché riconosceva che
    sarebbe bastata la sola parola di Gesù affinché la guarigione
    avvenisse. Ma secondo Branca il Figlio di Dio lodò piuttosto la
    discrezione, il rispetto per il diverso e il relativismo culturale
    di quel soldato di Roma. «Il romano – scrive – presumibilmente avrà
    percepito il rifiuto degli ebrei di contaminarsi entrando nelle case
    dei pagani come una sorta di arroganza. Riconoscendo in Gesù una
    forza salvifica e pur constatando la sua disponibilità a recarsi da
    lui per curare il servo malato, non volle tuttavia che egli facesse
    un gesto contrario alla sensibilità del suo popolo e formulò la
    famosa frase che tanto piacque al Messia e che ancora oggi il
    cristiano recita al momento di accostarsi all'Eucarestia».



    Quel che non sopportano di Allam

    Nel corso dei secoli poteri e contropoteri hanno sempre
    strumentalizzato la Parola di Dio per piegarla alle proprie
    preferenze e ai propri interessi. Negli anni Sessanta-Settanta la
    teologia della liberazione
    ha cercato di piegare testi come il
    Magnificat o il discorso della montagna a un'interpretazione
    politica di tipo socialista e rivoluzionario. Oggi i fautori del
    relativismo religioso e culturale s'ingegnano di trovare
    giustificazioni alla loro posizione nei testi evangelici. E
    contemporaneamente di presentare in una luce negativa chi antepone
    lo splendore dell'incontro personale con la verità all'ambiguità di
    un dialogo interreligioso dove uno dei due dialoganti, come ben dice
    Magdi Allam, «si sottomette e si nega dei diritti e delle libertà»
    che invece riconosce alla controparte. Di costui diranno che vuole
    la guerra anziché l'amicizia fra i popoli e che favorisce disegni
    politici di dominio. Ma la ragione profonda dell'imbarazzo di fronte
    al Battesimo di Allam non dipende dalle sue opinioni politiche
    . Il
    vero motivo è il senso di colpa che Allam risveglia nei fautori del
    cristianesimo ridotto a sedicente dialogo interreligioso
    . Allam fa
    quello che facevano i primi cristiani
    e che i cristiani relativisti
    non fanno più: si espone all'ostilità, al rigetto e all'irrisione in
    nome di Cristo. Di più: affermando con calore la verità della fede,
    mette allo scoperto la tiepidezza di quei cristiani che sulla
    questione della verità preferirebbero glissare. Perché, dicono, in
    realtà tutte le religioni, compresa quella cristiana, non
    esauriscono la verità. Il che può anche essere vero. Ma diventa una
    giustificazione per tutta un'altra faccenda: il vergognarsi di
    Cristo. Però «chi si vergognerà di me davanti agli uomini, anch'io
    mi vergognerò di lui davanti a Dio».


    Rodolfo Casadei

    http://it.groups.yahoo.com/group/DES...e/message/1847

  6. #6
    Torre d'Avorio
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    Il solito prete che insozza gli altri per far apparire meglio la bottega sua. Ritenere l'Islam una malcelata bruttacopia dell'ebraismo è una semplificazione alla stregua del ritenere parimenti l'ebraismo una bruttacopia delle tradizioni egizia e babilonese (tra le altre) dalle quali ha tratto non poco. Affermazione miope ed assurda, come la prima.

  7. #7
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    Citazione Originariamente Scritto da Sabotaggio Visualizza Messaggio
    Chiesa Apostolica Romana:

    Cosa c'è di sbagliato in ciò? La chiesa fa il suo mestiere.

  8. #8
    ich bin soldat
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    Chiesa Apostolica Romana:
    Islam:



  9. #9
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  10. #10
    ich bin soldat
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