Zimbabwe, solo la Cina difende ancora Mugabe
di Andrea Franceschi
24 giugno 2008
Mentre il mondo e le Nazioni Unite condannano le violenze in Zimbabwe, la Cina sostiene che non c'è alcun motivo per annullare il ballottaggio di venerdì prossimo e non condivide le accuse di scelleratezze di cui si sarebbe macchiato il governo di Harare.
Il portavoce del ministero cinese degli Esteri, Liu Jianchao, ha detto che Pechino spera che la crisi dello Zimbabwe si possa risolvere con il dialogo. E proprio nel corso del consiglio di sicurezza dell'Onu di lunedì 23 giugno, le maggiori resistenze, poi alla fine superate, a una netta condanna del regime di Mugabe, sono arrivate dal portavoce di Pechino.
L'atteggiamento cauto di Pechino non è del tutto disinteressato. Non è un mistero infatti che con il regime di Harare la Cina abbia sempre fatto buoni affari. Specialmente nel traffico di armi. E proprio alla vigilia delle elezioni dello scorso aprile, il cargo «An Yue Jiang», di proprietà della Cosco di Pechino, avrebbe dovuto attraccare alle coste africane per scaricare 3 milioni di munizioni per fucili d'assalto Ak 47, 1500 granate per lancia-razzi e 600 fusti di mortaio con 3 mila proiettili. Un autentico arsenale da guerra, che non riuscì però ad arrivare a destinazione. La mobilitazione del sindacato degli scaricatori di porto sudafricani rese impossibile l'attracco della nave in Sudafrica. Il cargo tentò altre possibili soluzioni nei paesi confinanti, ma ovunque fu opposto il divieto e alla fine ritornò in patria. Ma il grande risultato della «rivolta africana alle armi cinesi» alla fine sarebbe stato vano. Secondo diverse fonti infatti, il carico di armi alla fine sarebbe arrivato a destinazione. Una notizia che, se confermata, spiegherebbe molte cose. Ad insospettire è la coincidenza temporale con l'inasprimento dell'offensiva di Mugabe contro l'opposizione. Forse Mugabe aspettava l'arrivo delle armi per alzare il tiro contro il rivale Tsvangirai.
Le prime relazioni tra il governo di Harare e quello di Pechino risalgono al 2003, l'anno della iper-recessione del paese africano. Dopo la rottura delle relazioni economiche con il paesi dell'Unione europea, Mugabe ha indicato nel gigante asiatico il suo principale interlocutore commerciale. La politica di non-interferenza negli affari interni di Pechino e la forte domanda di materie prime della Cina hanno fatto il resto. Nel febbraio del 2007, il presidente Hu Jintao ha visitato ufficialmente il paese africano. Per l'occasione una delegazione di imprendori ha fatto visita al Ministero del turismo dello Zimbabwe. Ad accoglierli messaggi di benvenuto scritti in coreano.
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