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  1. #1
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    Predefinito ++ IX Seduta del Congresso di POL ++

    Convoco per il giorno 28/4 alle ore 14 la Seduta del Congresso di POL.
    La fase di dibattito si chiuderà alle ore 14 del 30/4.
    La fase di votazione si aprirà alle ore 20 del 30/4 e si chiuderà alle ore 20 del 3/5.

    L'Ordine del giorno sarà il seguente:

    1) http://www.politicaonline.net/forum/...=423619&page=2

    Pdl Costituzionale
    Regolamentazione Mozioni

    Articolo unico

    Nella Costituzione di POL è inserito l'articolo 27-bis come segue:

    "Art. 27-bis

    1. Il Congresso di Politica Online esprime le sue posizioni circa temi di attualità esterni al forum camera tramite lo strumento della Mozione.
    2. L'iniziativa legislativa, il procedimento di approvazione, le modalità di pubblicazione, il termine di validità ed ogni altra disposizione necessaria ed opportuna a garantire Mozioni in numero tale da non ridurre l'efficienza operativa del Congresso sono rimesse al Regolamento del Congresso.
    3. L'eventuale modalità di diffusione mediatica esterna al forum Camera delle Mozioni approvate dal Congresso di POL è regolabile con legge ordinaria nel rispetto delle disposizioni del Regolamento Congressuale."



    Disposizione transitoria



    gli articoli 7, 16, 17, 18, 19, 21 del Regolamento Congressuale sono sospesi fino all'emanazione di una disciplina organica delle mozioni in attuazione della presente legge
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  2. #2
    Liberaldemocratico
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    Predefinito


    2)
    Mozione contro i privilegi economici alla Chiesa cattolica

    Il congresso di POL esprime la sua contrarietà nei confronti dei privilegi economici che la Chiesa cattolica riceve dallo Stato Italiano ed auspica che essi vengano aboliti.
    La cifra annua percepita dal Vaticano tramite l'otto per mille è di circa un miliardo di euro. Ad essa va poi aggiunta una cifra dello stesso ordine di grandezza fornita dallo Stato (senza contare contributi riconosciuti da Enti locali: Comuni, Regioni e Province). Aggiungendo poi una buona parte del miliardo e mezzo di finanziamenti pubblici alla sanità, molta della quale è gestita da istituzioni cattoliche, si arriva ad una cifra complessiva di circa tre miliardi di euro. Considerando ancora le mancate entrate allo Stato, dovute alle esenzioni fiscali della Chiesa, la cifra sale a circa nove miliardi di euro annui. Aggiungendovi i costi del Vaticano e gli incentivi alle scuole cattoliche la cifra salirebbe a undici miliardi di euro, ma, considerando che senza ospedali e scuole cattoliche lo Stato dovrebbe supplire con risorse proprie, il costo della Chiesa è intorno ai nove miliardi di euro.
    http://www.politicaonline.net/forum/...0&postcount=11
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    3)
    Mozione per la non candidatura dei condannati in parlamento
    Mozione per la non candidatura dei condannati con sentenza definitiva passata in giudicato, quindi dopo l'appello, o nel caso dopo il 3°grado
    http://www.politicaonline.net/forum/...7&postcount=12
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    4)
    Mozione condanna e ricordo delle Stragi di Dresda e Amburgo


    14 febbraio 1945 - 14 febbraio 2008

    Il Congresso di POL, dopo aver posto all’attenzione di tutti i forumisti POLliani i seguenti brani, scritti da autori non di certo tacciabili di simpatie per il fascismo (il cattolico Vittorio Messori, ed il comunista Curzio Malaparte, che trascorse parecchi anni al confino durante il Ventennio), condanna senza se e senza ma la crudelissima strage compiuta dagli "Alleati" nei confronti dei cittadini di Dresda e Amburgo a seconda guerra mondiale ormai vinta.
    Condanna altresì l’utilizzo del fosforo bianco (cfr. brano di Malaparte) ancora oggi utilizzato da alcune potenze militari durante i propri raid aerei.
    Auspica che il Governo e il Parlamento Italiani vogliano adoperarsi perchè le nuove generazioni, attraverso una accurata ricostruzione storica nei testi scolastici , siano destinatarie di una corretta informazione rispetto a uno dei più gravi crimini di guerra dello scorso secolo.

    codino


    Vittorio Messori, Emporio Cattolico, SugarCo edizioni, 2006, pp. 83-85
    […] Varrà la pena di ricordare un altro dei tanti, terribili episodi rimossi da chi vorrebbe convincerci che l'umanità è divisa tra buoni e cattivi: tutto il bene da una parte. tutto il male dall'altra. Una prospettiva manichea, dalla quale deve rifuggire soprattutto il cristiano, consapevole che, tra gli umani, solo Maria di Nazareth è stata preservata dalle conseguenze del peccato originale e non ci sono altri «eroi» immacolati, senza colpa alcuna. Restiamo, allora, all'ultima guerra mondiale, alla fine della quale i «buoni » (naturalmente i vincitori) sedettero in tribunale a giudicare i « malvagi » (naturalmente, i vinti).

    Dunque, nessuno ha mai chiamato, né mai chiamerà, americani e inglesi a rispondere del più sanguinoso e più cinico - perché militarmente più inutile - massacro aereo della storia. Entrambi gli alleati anglosassoni elencheranno, alla fine, macabri record: 71 mila morti in un colpo solo a Hiroshima, poco meno a Nagasaki, 60 mila a Tokyo e centinaia di migliaia, in totale, nelle città nemiche d'Europa, a cominciare naturalmente da Berlino. Senza dimenticare l'Italia, dove la distruzione di un terzo degli edifici di Torino e di Milano fu programmata dalla Raf e dalla US Air Force attorno al Ferragosto del 1943: quando. cioè. le trattative per l'armistizio erano già avanzate e l'attacco alle popolazioni civili rientrava più nel terrorismo che nelle esigenze militari.
    Eppure, il bilancio più sanguinoso fu raggiunto a Dresda nelle ultime settimane di guerra, tra il 13 e il 14 febbraio del 1945. contro una città inerme e quando il Reich ormai agonizzava. L'antica capitale dei re di Sassonia era chiamata «la Firenze del Nord»: uno scintillante capolavoro di arte medievale, barocca, rococò. Proprio per cercare di preservarla, le autorità tedesche non le avevano conferito alcuna funzione militare ed erano ridotte anche le produzioni industriali. In effetti, per tutta la guerra Dresda non era stata bombardata così, fidando in una sorta di protezione fornita dalla bellezza, almeno mezzo milione di profughi ne aveva raddoppiato la popolazione.

    In quel febbraio del 1945, sulla città convergevano le colonne disperate dei civili che fuggivano davanti all'avanzata sovietica. Pochi giorni ancora e i russi sarebbero giunti sin lì: la città non aveva difese. Ma tutta la Germania era ormai alla fine: a Occidente il Reno era stato varcato, a Oriente niente poteva fermare il rullo compressore staliniano. Hitler già si era murato vivo nel suo bunker berlinese sotterraneo. Ebbene, proprio in quelle condizioni, a e guerra praticamente già risolta, inglesi e americani decisero di pianificare la totale distruzione di Dresda. Si sapeva bene quale patrimonio, dell'umanità fosse quel concentrato di capolavori, e si sapeva bene che le vittime sarebbero state solo civili. Ma proprio questo era l'obiettivo aumentare il panico tra la popolazione dietro le ultime linee di resistenza tedesche.

    Insomma, Dresda non fu un deplorevole eccesso come ne capitano in ogni guerra. ma fu una strage premeditata e accuratamente organizzata ai più alti livelli politici e Militari. Nessuno è mai riuscito a quantificare esattamente le dimensioni del massacro vista la massa caotica dei profughi e viste le conseguenze del disastro, che costrinse a bruciare i cadaveri, a decine di migliaia, su pire improvvisate con rotaie e traversine ferroviarie. Certamente , le vittime non furono meno di centomila: secondo alcuni si giunse sino a duecentomila. In ogni caso, come si diceva, fu il più sanguinoso bombardamento della storia. Anche grazie all'apertura recente degli archivi militari, oggi sappiamo bene quale s'a stata l'impeccabile pianificazione dell'operazione che doveva cancellare una delle più belle città d'Europa.
    Alle 22 del 13 febbraio di quel 1945. sul cielo di Dresda apparvero squadriglie incaricate di lanciare le bombe illuminanti con le quali inquadrare l'area dell'olocausto. Segui una prima ondata di quadrirotori, che sganciò ordigni dirompenti che avevano la funzione di sbriciolare tutti i vetri e scoperchiare i fragili tetti in legno della città antica, così da creare le condizioni ottimali per le bombe incendiarie. Queste. nella misura di oltre seicentomila, furono sganciate dalla seconda ondata. A quel punto. tutta Dresda non era che un mare di fiamme.

    Ma, a Londra, i pianificatori dell'operazione avevano deciso che questo non bastava: bisognava uccidere anche quelli che erano ammassati nei rifugi sotterranei e distruggere quanto restava della difesa civile di quella zona della Germania. Così, si era previsto di attendere alcune ore, per dare tempo ai soccorritori di accorrere da tutta la regione. Dunque, solo verso le 2 di quella tragica notte. sul cielo della città si presentò la terza ondata di quattrocento bombardieri che sganciò un tappeto di ordigni ad alto potenziale che non avevano solo la funzione di sterminare (come avvenne) pompieri e infermieri, ma anche quella di creare la cosiddetta «tempesta di fuoco».

    Gli Alleati in effetti avevano scoperto, nei molti bombardamenti a tappeto precedenti, che stendere uno strato di esplosivo su una città già in fiamme, provocava un vero e proprio uragano: le correnti d'aria arroventata sino a mille gradi si mutavano in tornado che producevano una tale saturazione di gas tossici da provocare la morte di coloro che erano nei rifugi. Così. dunque, avvenne per Dresda. Ma se per caso, malgrado tutto, ci fosse stato qualche superstite, anche a questo si era pensato, e il compito fu lasciato agli americani. Questi, quando già il sole era sorto, giunsero sulla città ormai morta. dalla quale si levava una colonna di fumo visibile a oltre duecento chilometri. La squadra Usa era composta soprattutto di cacciabombardieri che dovevano completare la pulizia, abbassandosi a mitragliare quanto ancora si muovesse: qualche scampato in fuga sulle strade, gente ammassata sotto le rovine dei ponti, mezzi superstiti dei soccorritori.

    Ma non era finita-. per convincere davvero ogni tedesco che non c'era per lui alcuno scampo. la notte seguente fu sottoposta a bombardamento a tappeto Chemnitz, la grande città più vicina a Dresda. Da quella trappola, in effetti, qualcuno era riuscito a scappare. rifugiandosi a Chemnitz grazie a una ferrovia che ancora funzionava: anche i pochi superstiti a quell'inferno dovevano morire, sempre in nome del principio della «responsabilità collettiva». Chiunque tosse tedesco, insomma, doveva rispondere delle colpe di Hitler e soci. Personaggi, questi, che nessuno storico riuscirà mai ad assolvere: val forse la pena di ripeterlo? Ma vale però la pena di convincersi che neppure i «paladini del bene», sono mai senza colpa. Come avviene, del resto. per ciascun uomo, in ciascun Paese e in ciascuna epoca.


    Curzio Malaparte, La Pelle, Oscar Mondadori, pp. 99-101
    Quella sera Lanza era in casa del suo collega, e i due amici sedevano al buio parlando della strage di Amburgo. I rapporti del Regio Console d'Italia in Amburgo narravano fatti terribili. Le bombe al fosforo avevano appiccato il fuoco a interi quartieri di quella città, facendo un gran numero di vittime. Fin qui nulla di strano, anche i tedeschi sono mortali. Ma migliaia e migliaia d'infelici, grondanti di fosforo ardente, sperando di spegnere in quel modo il fuoco che li divorava, s'erano gettati nei canali che attraversavano Amburgo in ogni senso, e nel fiume, nel porto, negli stagni, perfino nelle vasche dei giardini pubblici, o s'eran fatti ricoprir di terra nelle trincee scavate, per immediato rifugio in caso d'improvviso bombardamento, qua e là nelle piazze e nelle strade: dove, aggrappati alle rive e alle barche e immersi nell'acqua fino alla bocca, o sepolti nella terra fino al collo, attendevano che le autorità trovassero un qualche rimedio contro quel fuoco traditore. Poiché il fosforo è tale che si appiccica alla pelle come una viscida lebbra, e brucia solo al contatto dell'aria. Non appena quei disgraziati sporgevano un braccio fuor della terra o dell'acqua, il braccio si accendeva come una torcia. Per ripararsi dal flagello, quegli sciagurati erano costretti a rimanere immersi nell'acqua o sepolti nella terra come dannati nell'Inferno di Dante. Squadre di soccorso andavano da un dannato all'altro, porgendo bevande e cibo, attaccando con funi alla riva gli immersi perché abbandonandosi, vinti dalla stanchezza, non annegassero, e provando ora questo, ora quell'unguento: ma invano, poiché nel mentre ungevano un braccio, o una gamba, o una spalla, tratti per un istante fuor dell'acqua o della terra, le fiamme subito si risvegliavano simili a serpentelli accesi, e nulla valeva ad arrestare il morso di quella terribile lebbra ardente.

    Per alcuni giorni Amburgo offri l'aspetto di Dite, la città infernale. Qua e là nelle piazze, nelle strade, nei canali, nell'Elba, migliaia e migliaia di teste sporgevano fuor dell'acqua e della terra, e quelle teste, che parevano mozze dalla mannaia, livide dallo spavento e dal dolore, muovevan gli occhi, aprivan la bocca, parlavano. Intorno alle orribili teste, conficcate nel selciato delle strade o galleggianti alla superficie delle onde, andavano e venivano notte e giorno i familiari dei dannati, una folla smunta e lacera, che parlava a voce bassa, quasi per non turbare quella straziante agonia: e chi portava cibo, bevande, unguenti, chi un cuscino da metter sotto la nuca del loro caro, chi, seduto accanto a un sepolto, gli dava sollievo al viso con un ventaglio contro il calore del giorno, chi gli riparava la testa dal sole sotto un ombrello, o gli asciugava la fronte madida di sudore, o gli umettava le labbra con un fazzoletto bagnato, o gli ravviava i capelli con un pettine, e chi, sporgendosi da una barca, o dalla riva del canale o del fiume, confortava i dannati aggrappati alle corde e dondolanti sul filo della corrente. Bande di cani correvano qua e là abbaiando, lambivano il viso dei padroni interrati, o si buttavano a nuoto per soccorrerti. Talvolta alcuni di quei dannati, presi dall'impazienza, o dalla disperazione, gettavano un alto grido tentando di uscire fuor dell'acqua o della terra, e por fine allo strazio di quella inutile attesa: ma subito, al contatto dell'aria, le loro membra avvampavano, e zuffe atroci si accendevano tra quei disperati e i loro familiari, che a pugni, a colpi dì pietra e di bastone, o con tutto il peso del proprio corpo, si sforzavano di rificcar nell'acqua o nella terra quelle terribili teste.

    I più coraggiosi, e pazienti, erano i bambini: che non piangevano, non gridavano, ma volgevano intorno gli occhi sereni a mirar l'orrendo spettacolo, e sorridevano ai familiari, con quella meravigliosa rassegnazione dei bambini, che perdonano l'impotenza degli adulti, e hanno pietà di chi non può aiutarli. Non appena scendeva la notte, nasceva intorno un bisbiglio, un sussurro, come di vento nell'erba, e quelle migliaia e migliaia di teste guatavano il cielo con occhi accesi di terrore.

    Al settimo giorno fu dato l'ordine di allontanare la popolazione civile dai luoghi, dove i dannati eran sepolti nella terra, o immersi nell'acqua. La folla dei parenti si allontanò in silenzio, sospinta con dolcezza dai soldati e dagli infermieri. I dannati rimasero soli. Un balbettio spaurito, uno stridor di denti, un pianto soffocato, uscivan da quelle orribili teste affioranti dall'acqua e dalla terra lungo le rive dei canali e del fiume, nelle strade e nelle piazze deserte. Per tutto il giorno quelle teste parlaron fra loro, piansero, gridarono, con la bocca a fior di terra, facendo smorfie orrende, mostrando la lingua agli schupos di guardia ai crocicchi, e pareva che mangiassero il terriccio, e sputassero i sassi. Poi scese la notte: e ombre misteriose si aggiravano intorno ai dannati, si curvavan su loro, in silenzio. Colonne di autocarri con i fari spenti giungevano, sostavano. Si alzava da ogni parte uno strepito di zappe e di badili, uno sciacquio, i tonfi sordi dei remi nelle barche, e grida subito soffocate, e lamenti, e schiocchi secchi di pistola.

    http://www.politicaonline.net/forum/...6&postcount=13

  3. #3
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    5)
    Mozione per la legalizzazione e regolamentazione della pratica dell' Eutanasia.



    Il congresso di POL auspica e chiede che la legge Italiana legalizzi la pratica dell' Eutanasia dietro testamento biologico del malato considerato terminale o non recuperabile da uno stato fisico che provoca soltanto gravi forme di dolore e sofferenze.

    La richiesta quindi è solo e soltanto dietro la sua esplicita dichiarazione personale.

    L' importante comunque è che al momento della dichiarazione del testamento biologico il paziente sia assistito e consigliato anche ( quando è possibile ) da familiari, psicologi e persone competenti, quindi che l' operazione sia portata a termine solo da volontari e con l' uso di sedativi e sistemi che non devano comportare per nessun motivo dolore e sofferenze aggiuntive al malato.
    http://www.politicaonline.net/forum/...7&postcount=14
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    6)
    Mozione per l' educazione e prevenzione sessuale nella scuola pubblica italiana.




    Preambolo

    Grazie anche alla legge 194 negli ultimi anni il numero di aborti è drasticamente sceso sotto i 130.000 casi del 2005, ottimo risultato se confrontato con ad esempio i 234.00 casi del 1988 ( -44% ).
    La riduzione è stata più rapida sopratutto fra le donne più istruite.
    Questi risultati sono stati possibili grazie anche alla maggior diffusione dell' educazione e della prevenzione sessuale nelle scuole italiane e al prezioso lavoro dei consultori che la legge prevede.
    L' insegnamento dell' educazione e della prevenzione ha contribuito in maniera determinante anche alla riduzione di malattie virali anche gravi.
    E' emerso fra l'altro che questi risultati positivi vengano meno proprio in certe aree rurali del territorio nazionale dove la scuola e la società non riescano a trattare questi temi in modo proficuo per la salute del cittadino.

    Quindi una corretta ed intensiva informazione è il miglior metodo per ridurre il numero degli aborti e il rischio di diffusione di malattie anche gravi come ad esempio AIDS, Epatite Virale ecc. ecc.


    Constatato ciò il congresso di POL auspica che l' insegnamento dell' educazione sessuale sia rilanciato con forza fin dalla scuola elementare, naturalmente con programmi adatti all' età dello scolaro redatti da psicologi e sessuologi competenti.

    Dalle scuole medie dovrà anche essere intensificata tutta quella parte del programma che riguarda le pratiche sulla prevenzione sessuale contro le malattie virali e onde evitare gravidanze indesiderate che potrebbero anche portare a futuri possibili casi di aborto.

    Nelle scuole superiori si auspica la distribuzione di sistemi contraccettivi a prezzi molto ridotti rispetto al normale, per favorirne l' uso e la diffusione fra i giovani.

    E' consigliabile anche che in queste ore ci siano lezioni dedicate ai "maschietti", sulla figura e sul ruolo della donna, in modo da eliminare un volta per tutte certi pregiudizi, certe considerazioni, certi luoghi comuni e modi di pensare che in molti casi in età più adulta hanno contribuito a violenze sessuali e/o maltrattamenti familiari.
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    7)
    Mozione in ricordo delle vittime del Cermis

    Il congresso di Pol ricorda, in occasione del 10° anniversario della strage, le vittime della tragedia del Cermis. Il 3 Febbraio 1998 un aereo militare americano tranciò i cavi della funivia causando la morte di 20 persone innocenti. Nonostante sia stato dichiarato da numerosi testimoni che già da tempo gli aerei americani volavano troppo bassi e che i piloti si divertivano a passare pericolosamente sotto i cavi della funivia e nonostante sia stato dimostrato e confessato che l'aereo stava volando ben al di sotto dell'altezza minima prevista, i 20 morti non hanno ancora un colpevole: la giustizia americana ha assolto i piloti dall'accusa di omicidio colposo, condannandoli e radiandoli dall'esercito solo per aver distrutto il nastro di registrazione del giorno della tragedia, cioè per intralcio alla giustizia.

    Il congresso di Pol condanna l'atteggiamento del congresso americano riguardo la promessa fatta dall'allora presidente USA Bill Clinton (risarcimento alle famiglie delle vittime) che non è stata mantenuta, in quanto il congresso americano stesso ha bocciato il provvedimento.

    Il congresso di Pol infine esprime il proprio sdegno per l'atteggiamento dei due piloti militari che, pur essendosela cavata relativamente con poco per aver provocato la morte di 20 persone, recentemente hanno impugnato la sentenza per riavere i privilegi finanziari previsti negli USA per i militari. Come motivazione dell'impugnazione della sentenza di condanna per intralcio alla giustizia i due piloti hanno dichiarato che all'epoca del processo ci fu un patto segreto tra accusa e difesa per far decadere l'accusa di omicidio colposo ma per "accontentare" le autorità Italiane fu mantenuta quella per intralcio alla giustizia.

    Viene espressa la più totale solidarietà alle famiglie delle vittime che ricordiamo tutte con nome e cognome:

    Hadewich Antonissen (24, Vechelderzande), belga
    Stefan Bekaert (28, Leuven), belga
    Dieter Frank Blumenfeld (47, Bürgstadt), tedesco
    Rose-Marie Eyskens (24, Kalmthout), belga
    Danielle Groenleer (20, Apeldoorn), olandese
    Michael Pötschke (28, Bürgstadt), tedesco
    Egon Uwe Renkewitz (47, Bürgstadt), tedesco
    Marina Mandy Renkewitz (24, Bürgstadt), tedesca
    Maria Steiner-Stampfl (61, Bressanone), italiana
    Ewa Strzelczyk (37, Gliwice), polacca
    Philip Strzelczyk (14, Gliwice), polacco
    Annelie (Wessig) Urban (41, Bürgstadt), tedesca
    Harald Urban (41, Bürgstadt), tedesco
    Sebastian Van den Heede (27, Brugge), belga
    Marcello Vanzo (56, Cavalese) manovratore della Cabina in discesa, italiano
    Stefaan Vermander (27, Assebroek), belga
    Anton Voglsang (35, Vienna), austriaco
    Sonja Weinhofer (22, nata a Monaco domiciliata a Vienna), austriaca
    Jürgen Wunderlich (44,Bürgstadt), tedesco
    Edeltraud Zanon-Werth (56, nata Innsbruck residente a Bressanone), italiana

  4. #4
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    8)
    Mozione per la commemorazione del Bloody Sunday.
    A 36 anni di distanza, vorrei rendere possibile la commemorazione, da parte della comunità di Pol, delle vittime di quella famosa e vergognosa domenica di sangue.

    F.to
    LupaNera




    La locuzione inglese Bloody Sunday (letteralmente "domenica sanguinosa"[1]) si riferisce ad un drammatico evento accaduto il 30 gennaio 1972 a Derry, nell'Irlanda del Nord, quando un plotone di paracadutisti inglesi del 1° Reggimento aprì il fuoco su una folla di dimostranti che manifestavano contro alcune norme di polizia che consentivano l'internment, ovvero la reclusione preventiva senza termini temporali per il processo.
    13 dimostranti, molti dei quali giovanissimi, restarono uccisi nella sparatoria. Numerosi furono anche i feriti, uno dei quali morì tempo dopo a causa delle ferite riportate.

    In Irlanda del Nord a partire dalla fine degli anni '60 il clima politico era divenuto assai violento a seguito del conflitto che opponeva i sostenitori dell’appartenenza della provincia al Regno Unito, ai fautori della riunificazione dell’Irlanda. I primi, detti unionists, erano protestanti o di nascita protestante, discendenti dei coloni britannici giunti in Irlanda a partire dal XVI secolo, e costituivano i due terzi della popolazione nordirlandese. I secondi, detti republicans, erano cattolici o di nascita cattolica, discendenti degli antichi irlandesi, ed erano il restante terzo della popolazione ma anche la grande maggioranza sull’intera isola. Da secoli gli unionisti detenevano il monopolio del potere politico e la gran parte delle risorse economiche, emarginandone i repubblicani. Nel 1970 l’organizzazione indipendentista irlandese IRA (Irish Republican Army) aveva cominciato una intensa azione di guerriglia contro l’esercito britannico e la polizia nordirlandese (RUC, Royal Ulster Constabulary), ritenuti difensori dello status quo e schierati con gli unionisti. Dal canto loro le formazioni armate unioniste (tra cui la più importante è l’UDA, Ulster Defence Association) facevano fuoco sui repubblicani. La vita civile era ulteriormente sconvolta dagli scontri di piazza che opponevano i militanti unionisti a quelli repubblicani, e questi ultimi ai reparti antisommossa dell’esercito britannico e della polizia.
    Fra le tante norme speciali emanate da Londra per sedare violenza politica e indipendentismo, una in particolare aveva suscitato viva opposizione e riguardava l'internment, ovvero la possibilità per le forze di polizia di trattenere in detenzione un sospetto a tempo praticamente indefinito, senza che vi fosse obbligo di rispettare tempi procedurali per l'apertura del processo. La situazione, in parte descritta nel noto film di Jim Sheridan "Nel nome del padre", era tale che già centinaia di nordirlandesi in gran parte repubblicani si trovavano in carcere senza alcuna prospettiva di essere rinviati a giudizio oppure rilasciati; la manifestazione di Derry (Londonderry per gli unionisti) era in realtà solo una delle tante che si tennero nell'Irlanda del Nord (Ulster per gli unionisti) per protestare contro questa negazione di basilari garanzie procedurali. I paracadutisti, comandati dal Colonnello Wilford, avevano ordine di disperdere la manifestazione (non autorizzata) ed aprirono il fuoco, sostennero poi, perché fatti segno di colpi d'arma da fuoco. La sparatoria durò qualche minuto. Alla presenza di giornalisti e fotoreporter, si vide la folla disperdersi nel tentativo di sfuggire le pallottole, e per molto tempo si parlò della testimonianza di un ragazzo che fu ferito perché non poteva correre e mettersi al riparo.

    Il rischio che l'accaduto potesse innescare una generale reazione emotiva violenta, eventualmente capace di suscitare una repressione militare ancora più sanguinosa, fu miracolosamente evitato; si è supposto che a sedare gli istintivi moti di ribellione abbia autorevolmente contribuito la dirigenza dell'Ira, sebbene gli interessati abbiano smentito.
    Londra richiese al Primo Ministro nordirlandese, il protestante unionista B. Faulkner, i poteri in materia di ordine pubblico e giustizia, ma al rifiuto di questi emanò una norma (detta "direct rule", governo diretto) con la quale scioglieva il governo e il parlamento locali ed agiva direttamente, accrescendo ulteriormente da un lato la tensione e dall'altro i poteri dell'esercito e della polizia.
    Una commissione d'inchiesta governativa, affidata a Lord Widgery, fu apprestata per valutare i fatti del Bloody Sunday, ma non comminò condanne ad alcuno, accogliendo la tesi della difesa dei militari secondo la quale questi avrebbero risposto al fuoco, non avrebbero quindi attaccato per primi; in pratica, dell'accaduto, che quasi unanimemente è definito "strage", non furono rintracciate responsabilità penali. Sembra invece sempre più certo che nessuno dei dimostranti fosse armato.
    Molti studiosi hanno sostenuto che l'istituzione della commissione Widgery sia stata il frutto di una frenetica trattativa fra il governo di Londra ed i dirigenti dell'IRA, e la tesi sembrerebbe trovare ulteriori argomentazioni nella registrazione dell'incremento dell'attività militare dell'esercito clandestino (si suppone per ritorsione) dopo il verdetto assolutorio.
    Altre ipotesi sono state avanzate, cui si attribuisce minor credito, ed una vorrebbe che il Bloody Sunday fosse più o meno stato intenzionalmente attuato, per provocare una reazione emotiva generale che potesse giustificare una repressione armata definitiva. Per quanto non inverosimile, e quindi non da escludersi a priori, questa teoria non tiene conto delle pesanti ripercussioni effettivamente prodottesi presso la pubblica opinione già in madrepatria, dove la privazione di alcuni diritti costituzionali provocò ulteriore (e grave) dissenso, anche perché la discussa norma non era stata pubblicizzata come d'ordinario e molti inglesi non ne erano perciò a conoscenza prima d'allora, ed evocò una prevedibile ondata di simpatia, quasi di vicinanza nel cordoglio, per gli irlandesi.
    Si ritiene che nel lungo periodo l'eccidio del Bloody Sunday abbia radicalizzato la popolazione repubblicana cattolica del Nord Irlanda, spostandone i consensi dalle organizzazioni pacifiche all'IRA, e facendone mutare le rivendicazioni dal riconoscimento dei propri diritti civili e politici all'indipendenza dal Regno Unito con contestuale riunificazione dell'Irlanda.


    Unitamente all'esito della prima inchiesta, il fatto in sé rimane, a distanza di più di trent'anni, sospeso come una pesantissima ombra sui rapporti fra Gran Bretagna, Repubblica d'Irlanda, unionisti e repubblicani del Nord dell'isola, e tuttora l'argomento è trattato con malcelata tensione e vividissima attenzione.
    Nel 1998 il premier inglese Tony Blair, probabilmente a margine delle trattative con il Sinn Féin, istituì una nuova commissione d'inchiesta che avrebbe dovuto esaminare nuove risultanze di indagine non note a Lord Widgery. La commissione è tuttora in lavori e ne è a capo Lord Saville di Newdigate; non ha ancora redatto la relazione finale (si tratta di un organo inquirente, non giudicante), attesa per l'estate del 2005.
    Nel Bogside, il quartiere di Derry in cui avvenne la strage, è nel frattempo stata creata una importante raccolta di murales, con ovvie finalità di memoria di questo e di altri fatti di sangue connessi al conflitto, il cui più famoso descrive Edward Daly (successivamente ai fatti, vescovo cattolico della città, noto anche per le sue coraggiore prese di posizione) mentre collabora al salvataggio dei feriti.
    Il noto gruppo musicale degli U2 ha dedicato ai fatti la celebre canzone Sunday Bloody Sunday, e nel 2002 il regista Paul Greengrass ne ha fatto un film.


    1^ Nel gergo inglese, bloody ("sanguinoso") viene spesso usato senza specifico riferimento al significato letterale, a scopo enfatico, in modo simile all'italiano "dannato"; in particolare, every bloody sunday è una locuzione comune che si può far corrispondere a "ogni maledetta domenica". Quando applicata a casi di violenza, come la Bloody Sunday del 21 novembre 1920 a Dublino, l'aggettivo torna a implicare il suo significato letterale.
    http://www.politicaonline.net/forum/...=401924&page=2
    ------------------------------------------------------------------------------------

    9)
    Mozione per il ricordo e la richiesta di giustizia per Federico Aldrovandi

    Come da titolo.
    Sono passati quasi tre anni da quel 25 settembre e ancora non è stata fatta giustizia.



    Federico Aldrovandi
    La polizia: "E' morto di overdose". I testimoni: "No, lo hanno pestato loro"
    Checchino Antonini Fonte: Liberazione 12 gennaio 2006
    13 gennaio 2006




    Un diciottenne muore a Ferrara pochi minuti dopo essere stato fermato dalla polizia dalle parti dell'Ippodromo. I giornali locali, a caldo, scrivono di un malore fatale, sembrano alludere a un'overdose. Ma subito saltano fuori particolari inquietanti e contraddizioni. La versione suggerita dalla questura fa a pugni con la relazione di servizio della squadra mobile. E chiunque vedrà il corpo del giovane non riuscirà più a credere a una sola parola della versione ufficiale.
    Quello che stiamo per raccontare è successo all'alba del 25 settembre. Una domenica mattina. Ma la vicenda ha oltrepassato da pochissimi giorni le mura della città. Da quando la madre del ragazzo, dopo mesi di inutile attesa della relazione medica, ha deciso di aprire un blog e raccontare i propri dubbi.
    Federico Aldrovandi aveva 18 anni, li aveva compiuti il 17 luglio. Viveva a Ferrara, periferia sud, zona di Via Bologna, avrebbe preso la patente la settimana successiva, studiava da perito elettrotecnico, suonava il clarinetto, faceva karate, era un mezzo campione vincitore di molte coppe, bravo in matematica e meno in inglese, impegnato in progetto con Asl e scuola per la prevenzione delle tossicodipendenze. Era un salutista, leggeva le etichette di quello che mangiava. E il sabato sera, con gli amici, andava spesso a Bologna: è lì che ci sono locali, concerti, centri sociali. Così era successo anche quella volta. Erano stati al Link, il concerto reggae era saltato ma la serata era filata via tranquilla. E' vero, Federico aveva preso qualcosa: uno "sniffo" di roba esilarante (una smart drug, naturale e non proibita) più un "francobollo" di Lsd. Nel suo sangue sono state trovate tracce di oppiacei e chetamina, poca roba, però. Nulla che giustificasse un'overdose o un comportamento aggressivo. E poi lui non era proprio un tipo aggressivo. La madre, gli amici, il parroco del quartiere, nessuno lo descrive come è stato descritto dalle veline di Via Ercole I D'Este, dove sta la polizia, e dalle dichiarazioni alla stampa. Erano appena passate le 5 quando il gruppo, tornato a Ferrara, si separa da Federico che decide di fare l'ultimo tratto a piedi, per rilassarsi, è ancora estate, si cammina volentieri. Andrea, Michi, "Burro" e gli altri non lo avrebbero rivisto più.
    A questo punto comincia la versione della polizia. Il "contatto" avviene alle 5.47. Una volante sarebbe stata avvertita da una donna abitante in Via Ippodromo, preoccupata dalla presenza di un ragazzo che, forse, camminava in modo strano, forse cantando. Magari farneticava pure, come diranno gli agenti che dicono di averlo fermato e qualche minuto dopo, alle 6.10, avrebbero chiamato il 118.
    Otto minuti dopo l'ambulanza lo trova già morto, a terra, con le manette ai polsi, a un passo dal cancello del galoppatoio. Non ci sono i margini per la rianimazione. Qualcosa o qualcuno ha causato l'arresto respiratorio che poi ha bloccato per sempre il cuore del ragazzo che camminava da solo, disarmato, che era incensurato, non stava compiendo alcun reato quella mattina e non aveva mai fatto male a nessuno.
    La strada verrà bloccata per più di cinque ore. Nel quartiere si sparge la voce che è morto un albanese, oppure un drogato. O un drogato albanese.
    A casa di Federico, alle 8 ci si accorge che il letto è vuoto. Il cellulare squilla invano quando sul display si illumina la parola "mamma". Pochi minuti dopo, quando è il padre a chiamare (ma sul telefonino è memorizzato col nome, Lino), una voce imperiosa intima di qualificarsi e spiega che stanno facendo accertamenti su un cellulare "trovato per strada". Solo verso le 11 si presenta una pattuglia a casa Aldrovandi e annuncia il fatto con poche, pochissime, parole. Lo zio paterno, Franco, 42 anni, infermiere, parte per l'obitorio. In macchina gli spiegano: "Ha preso qualcosa che gli ha fatto male". Ma il viso sfigurato, il sangue alla bocca e un'ecchimosi all'occhio destro fanno venire troppi dubbi. Poi si saprà di due ferite lacero-contuse dietro la testa, dello scroto schiacciato e di due petecchie - due lividi da compressione - sul collo. "Era una furia", ripetono gli agenti e i funzionari accennando a un comportamento autolesionistico del ragazzo. Dicono che avrebbe sbattuto la testa al muro ma non si troveranno mai tracce di cemento sul viso, né di sangue sui muri vicini. Lo zio e gli amici le cercheranno per giorni intorno alla pozza di sangue davanti all'ippodromo dove "Burro" lascia una poesia dedicata all'amico ma la polizia, così dicono i vicini di casa, gliela farà sparire pochi minuti dopo. Dicono anche, in questura, che sarebbe stato abbandonato dai suoi amici che, invece, respingono decisamente l'accusa. La felpa e il giubbino di quella sera, restituiti alla famiglia, sono intrisi di sangue. Il mattinale domenicale della questura spara subito la tesi del "malore fatale". Le indagini partono dal medico di famiglia a cui verranno chieste notizie sul "drogato", lo stesso si cercherà di fare con i compagni di Federico, convocati dalla narcotici e dalla mobile e torchiati con domande da film di serie B: "Lo sappiamo che siete tutti drogati, diteci dove comprate la roba". Anche a loro la solita versione: Federico sarebbe stato trovato su una panchina, ucciso da uno "schioppone", ossia da un malore. Ma il giorno dopo un giornale azzarda dei dubbi. La questura riesce a far calare il silenzio, chiede (e ottiene) di pubblicare sotto gli articoli sulla vicenda la storia di una maga condannata per calunnia alla polizia. E, stranamente, le indagini d'ufficio vengono assegnate dal pm proprio alla polizia. Vengono convocati i genitori, senza avvocato, per sentirsi ripetere la versione dell'overdose, della gioventù bruciata ecc... Il procuratore capo dirà perentorio che la morte non è stata causata dalle percosse anticipando l'esito di una autopsia, allora appena disposta, e non ancora resa nota. Anzi, per la quale è stata chiesta un'ennesima proroga.
    La perizia tossicologica, però, smentisce la polizia. Dovrà essere l'autopsia a chiarire le circostanze. Il rapporto delle volanti svela che quattro agenti sono dovuti ricorrere alle cure del pronto soccorso: due sono usciti con una prognosi di sette giorni, gli altri addirittura di 20. Ma nessuno s'è fatto ricoverare. E' forse il primo caso nella storia della ps, di poliziotti aggrediti che non lo sbandierano ai quattro venti. Perché? Perché non ammettere la colluttazione? Federico si sarebbe difeso o ha aggredito? Perché usare le manette quando esistono procedure precise per sedare persone con funzioni respiratorie compromesse dall'uso di sostanze? Ci sono pure manganelli in questa storia. Uno addirittura s'è rotto quella mattina, probabilmente sulla schiena, sulle gambe e sul viso del ragazzo. I segni fanno pensare che fosse impugnato al rovescio. Il sangue sul vialetto e sui vestiti fa pensare che le botte sarebbero iniziate a piovere prima del luogo della morte. Forse lo inseguivano, forse urlava mentre fuggiva. Forse è per questo che sono stati chiamati i rinforzi: un'altra volante e una gazzella. "E' una calunnia inopportuna e gratuita. Non è neppure ipotizzabile che sia morto per le percosse - dice ancora a "Liberazione" Elio Graziano, questore di Ferrara - è stata una disgrazia, una vicenda penosissima, era in stato di esagitazione. Quando i "nostri" lo fermarono morì, ritengo per gli effetti delle sostanze. E poi ci sono i testimoni...". Già, i testimoni: quelli che si sentono in giro sono resoconti vaghi ed evasivi di persone che avrebbero sentito solo urla e sgommate. Ma Ferrara è una città piccola, tutti sanno tutto. Qualcuno ha visto Federico immobilizzato, a terra, col ginocchio di un agente puntato sulla schiena e un manganello sotto la gola mentre l'altra mano del tutore dell'ordine gli tirava i capelli. Il ragazzo sussultava, faceva salti di mezzo metro. A fianco a lui, una poliziotta si sarebbe vantata: "L'ho tirato giù io, 'sto stronzo!". Così avrebbe riferito un testimone, ragazzo sveglio e vivace, si dice, probabilmente immigrato, ma stranamente sparito di fretta dalla città. Anche sua madre ha visto tutto e non solo lei. Gli Aldrovandi sperano che il clamore della notizia su questo e altri giornali faccia tornare la memoria a qualcuno.
    Nei corridoi della questura, la vicenda viene minimizzata ma il blog della signora Patrizia sta seminando preoccupazione e nervosismo. Si lascia trapelare a mezza voce che il ragazzo fosse un tossico e la sua una famiglia "problematica" seguita da un "prete di frontiera". Pare che anche un carabiniere della gazzella abbia esclamato alla vista del corpo: "Ecco il solito coglione di don Bedin!".
    Domenico Bedin è il parroco di S. Agostino, prete coraggioso, fondatore di un'associazione che aiuta poveri (italiani e no), tossicodipendenti, giovani, migranti con o senza carte. La foto di Federico è infilata nella cornice dello specchio nel suo ingresso della canonica. Conosce gli Aldrovandi e i loro amici, "gente normalissima - conferma - e il ragazzo aveva un buon carattere e non era un tossico".
    La città. "La città non ha reagito - continua don Bedin - non ha mostrato rabbia, né passione. Per i giovani è difficile trovare stimoli, sentirsi coinvolti in un progetto. Si vive una specie di attesa degli eventi, c'è chi viene a chiedermi informazioni ma sottovoce. La Bossi-Fini, che produce clandestinità, ha aumentato la tensione tra chi vive per strada. Lo hanno ammesso gli stessi carabinieri nel loro rapporto di fine d'anno". Il capo della mobile si vanta sulla stampa dell'aumento degli arresti ma "la città è sostanzialmente tranquilla - spiega Riccardo Venturi, uno dei legali della famiglia - ma l'ossessione sicuritaria viene follemente pompata, si scimmiotta Bologna con il terrore degli extracomunitari. Ma siamo una città dormitorio, senza fabbriche ma anche senza baraccopoli, una città che vive di se stessa". Una città che deve capire perché così tanta violenza e tante bugie contro il ragazzo che non aveva mai fatto male a nessuno. La famiglia, sua madre è impiegata al comune, suo padre è ispettore della polizia municipale, chiede solo di conoscere la verità e "che la sappiano tutti, senza fango su Federico". Rifondazione comunista, in città e in parlamento annuncia la presentazione di interrogazioni urgenti a firma della deputata Titti De Simone e della consigliera Irene Bregola. Sulle tv private il questore insiste: "L'intervento degli operatori è avvenuto al solo scopo di impedire al giovane di continuare a farsi del male". Missione fallita.

    http://www.reti-invisibili.net/aldrovandi/

  5. #5
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    Chiedo cortesemente ai Mod di mettere in rilievo il 3d e tenerlo chiuso fino al momento stabilito.

    Il Presidente del Congresso
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  6. #6
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    La seduta è aperta

  7. #7
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    Spero di fare il mio intervento in serata per succose novità che spero mobilitino le coscienze dei polliani

  8. #8
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    Comunico la mia adesione al Gruppo congressuale Pol delle Libertà
    ...cercatemi , se volete e potete , come RoccoFerraro

  9. #9
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    Gentili colleghi, un breve comunicato personale per annunciare il mio passaggio al gruppo congressuale Pol delle Libertà

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da Gianfranco Visualizza Messaggio
    Comunico la mia adesione al Gruppo congressuale Pol delle Libertà

    Apprendo con grande gioia questa notizia da capogruppo del PdL. Chiedo che i nuovi componenti del gruppo decidano pubblicamente se rinnovare al sottoscritto la nomina di capogruppo.

    Grazie
    La mia Libertà equivale alla mia Vita

 

 
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