Riporto parte dell’intervento di Giorgio Galli nell’apertura del Colloquium internazionale di Aquileia sul tema:<< Le reliquie e il potere>>. Queste righe sicuramente stimoleranno una serie di riflessioni anche accese. Il pensiero di Galli, porta inevitabilmente a delle riflessioni su certi passi che trova il mondo pagano con idee contrastanti.
Unica delle tre religioni monoteistiche dell’area euro-meditterranea, il cristianesimo ha adottato il culto dei santi e delle reliquie dalle origini del II secolo sino ai nostri giorni (La contraria variante “protestante” non concerne la presente trattazione). Si può supporre, con parte degli studiosi, che si tratti di una espressione di continuità del politeismo che aveva, in vario modo, nella stessa area, caratterizzato le religioni pre-cristiane. Vanno nello stesso senso la stessa concezione della trinità (“santissima”) e di un culto di Maria , “madre di Dio”, volto a temperare il forte impatto androcentrico della religione di “Dio padre”.
La tendenza politeistica sembra propria della maggior parte dei sistemi di credenze che l’umanità ha conosciuto, nella sua storia sul pianeta. Appare una tendenza tanto forte da riproporsi in una religione come il cristianesimo, che deriva dall’ebraismo maturo la sua struttura monoteistica (politeista era l’ebraismo originario, addirittura con una “compagna” di Jahvè).
Se si suppone che il passaggio dal politeismo al monoteismo sia una prova del processo di razionalizzazione del fenomeno religioso, si può dire che il cristianesimo manterrebbe, nel suo sforzo di razionalizzazione, caratteristica marcate del supporto “primitivo” irrazionale del politeismo . La trattazione di Peter Brown- dalla quale muovono le presenti considerazioni – è volta a modificare una storiografia tradizionale secondo la quale i santi e le reliquie sarebbero la traduzione in termini cristiani (inizialmente i “martiri”) di una religiosità popolare, con impronta, si può dire, politeista, che si sarebbe imposta allo sforzo di razionalizzazione dell’intellettualità cristiana (i “padri della chiesa”). L’aproccio di Peter Brown è diverso ; e condivisibile come impostazione sociologica. Ci troviamo di fronte non a una religiosità che “dal basso” influisce sull’”alto” di un sistema di credenze importato alla razionalità, ma a forme di gestione e redistribuzione del potere nella fase di passaggio dell’Impero Romano in dissoluzione alla costruzione della “grande Chiesa di Roma”. In questa fase di passaggio, “basso” e “alto” si intersecano e si confondono, nell’elaborazione di una nuova religiosità, nella quale santi e reliquie(che riteng, appunto, elementi di politeismo ) divengono simboli e strumenti della altrettanto nuova organizzazione del potere sociale . Mi pare significativo rilevare (a conferma di una tesi da me esposta in altra sede) che nelle originarie comunità cristiane, secondo gli esempi adotti da Brown. Le donne (soventi benestanti e colte) avevano un ruolo (anche per quanto concerne la gestione di santi e di reliquie come simboli di potere) avevano un potere superiore a quello che sarebbe stato loro riconosciuto, in una religione che avrebbe sottratto loro la gestione del sacro(sacerdozio), in precedenza detenuto……