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    Predefinito San Tommaso d'Aquino, prega per noi

    Oggi è la festa del grande San Tommaso d'Aquino e viene come spontaneo lanciare uno sguardo sul panorama teologico dei nostri giorni.
    Il teologo Vito Mancuso (nato a Carate Brianza nel 1962), che si professa cattolico, sposato con figli, che vive in provincia di Alessandria nella diocesi di Casal Monferrato, ha pubblicato nel settembre scorso un libro L'anima e il suo destino per l'Editore Cortina Raffaello.
    Un libro che è già alla sua settima edizione, più di 80.000 copie vendute.
    Un vero successo editoriale.
    Sul retro del libro si trovano incise queste parole: "Dice la Bibbia: «Lotta sino alla morte per la verità e il Signore combatterà per te». In questo volume il teologo Vito Mancuso non esita a polemizzare con papi e cardinali della sua Chiesa".
    Il libro gode niente meno che di una prefazione del cardinale Carlo Maria Martini, il quale scrive: "Tu hai voluto scrivere dell'anima e non solo sostieni che esiste, ma a partire da essa cerchi di capire qualcosa sul futuro dell'uomo, sul futuro dell'umanità. Vieni così a toccare punti delicati e in parte controversi, come quelli riguardanti i cosiddetti novissimi, cioè morte, giudizio, inferno, paradiso, eccetera. Penso di sentire parecchie discordanze su diversi punti, ma non posso negare che tu cerchi di ragionare sempre con rigore, con onestà e con lucidità, e che hai il coraggio delle tue idee, dicendo apertamente che esse non sempre collimano con l'insegnamento tradizionale e talvolta con quello ufficiale della Chiesa. Perciò il tuo libro incontrerà opposizioni e critiche. Ma sarà difficile parlare di questi argomenti sena tenere conto di quanto tu hai detto con penetrazione coraggiosa". "Anche quelli che ritengono di avere punti di riferimento saldissimi possono leggere le tue pagine con frutto, perché almeno saranno indotti o a mettere in discussione le loro certezze o saranno portati ad approfondirle, a chiarirle, a confermarle".
    Il Cardinale che scrive "penso di sentire parecchie discordanze su diversi punti" non dice però quali siano questi punti. Intanto si apprende che la rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica starebbe preparando un articolo fortemente critico su questa opera teologica di Mancuso.

    Mi permetto di offrire alcuni passaggi del libro che possono essere veramente illuminanti.
    Abbiate la pazienza di leggere. Le parti in rosso sono mie.
    *****
    ● Per quanto questo libro di teologia si svolga al cospetto della coscienza laica, o forse proprio per questo, ritengo necessario un chiarimento preliminare della mia prospettiva per i credenti, in particolare per chi, come me appartiene alla Chiesa cattolica. Pubblico il libro con la chiara consapevolezza che alcune affermazioni in esso contenute sono da ritenersi, alIa luce dell'attuale configurazione della dottrina cattolica, formalmente (io ritengo solo formalmente) eterodosse.

    ● Ho scelto di comunicare il frutto del mio lavoro, anche se le soluzioni che ho trovato vanno contro la formulazione tradizionale di alcuni dogmi.

    ● È ovvio, io non sono né san Paolo, né un Padre della Chiesa, né un padre conciliare, sono solo un "teologo fuori le mura" secondo la definizione datami una volta da un celebre vaticanista; ciononostante penso che sia mio dovere comunicare alla Chiesa e alla società il frutto del mio lavoro.
    Lo devo fare, perché voglio servire la verità. Io credo che il Cristianesimo sia la più alta verità che agli esseri umani sia dato attingere, ma credo al contempo che avesse perfettamente ragione Simone Weil quando diceva che «bisogna ripensare daccapo la nozione di fede». Bisogna ripensarla non solo a livello di fides qua (l'atto di fede e le sue motivazioni) ma anche a livello di fides quae (il contenuto dottrinale). Nell'attestato del dottorato in sacra teologia conferitomi dalla Pontificia Università Lateranense il 29 febbraio 1996, mi si esorta a esercitare il mio sapere pro Ecclesiae bono et regni Dei adventu.

    ● Questo libro è il frutto della mia investigazione su alcuni dogmi ecclesiastici concernenti l'anima e il suo destino ultraterreno, che io ritengo necessitino di ripensamento, di profonda riscrittura.

    ● Ritengo teologicamente legittimo condurre una critica alla dottrina della Chiesa anche in quelle sue formulazioni che sono state dichiarate dogmi di fede. La condizione decisiva, per rimanere nella fede cristiana, è che la critica sia condotta nel nome dell'essenza del Cristianesimo, e non sulla base di principi estranei [ sono forse i dogmi di fede questi "principi estranei"? ]. È quanto cercherò di fare in questo libro, nel quale espongo alcune idee che sono in disaccordo con la dottrina cattolica (anche se io penso che il disaccordo, una volta chiariti i problemi a livello speculativo, sia solo formale), ma che a mio avviso esprimono più adeguatamente il senso ultimo del Cristianesimo. Mi riferisco in particolare alla critica da me condotta alle seguenti dottrine tradizionali:
    1) la creazione dell'anima umana da parte di Dio senza nessun concorso dei genitori; [ sententia certa; S. Tommaso d'Aquino giunge a ritenere eretico il generazionismo (S. th. I, 118, 2) ]
    2) il peccato originale; [ de fide ]
    3) la risurrezione della carne; [ de fide ]
    4) la dannazione eterna nell'Inferno. [ de fide ]
    Non occorre un censore particolarmente attento per trovare altre mie affermazioni discutibili, ma di sicuro queste quattro questioni dottrinali distanziano il mio pensiero dall'ortodossia cattolica, così come si è storicamente configurata. Pubblico il libro con la speranza di venire confutato.

    ● Spero quindi, da cattolico, che qualcuno tra i credenti (tra i fratelli) dimostri l'inconsistenza delle mie tesi e delle mie argomentazioni, così che io possa tornare, in coscienza, ad abbracciare tutte le dottrine tradizionali della Chiesa cattolica in ordine all'anima e al suo destino.
    Mi riferisco in particolare ai quattro punti elencati sopra:
    1) l'origine dell'anima come creata direttamente da Dio al momento del concepimento umano senza nessun concorso dei genitori;
    2) il peccato originale come stato di inimicizia con Dio nel quale nasce ogni bambino a causa del peccato di Adamo;
    3) la risurrezione dei corpi di carne nel giorno del giudizio universale e la loro sussistenza eterna;
    4) la dannazione eterna dell'Inferno come insuperabile stato in cui arderanno per sempre, irrimediabilmente separate da Dio, prima le anime, poi anche i corpi, dei malvagi.
    Se qualcuno confuterà il mio pensiero così da consentirmi di tornare ad accettare queste verità dogmatiche, gliene sarò riconoscente.
    Desidero la verità, il resto non mi interessa.

    (Tratto da L'anima e il suo destino, capitolo 1 "Teologia di fronte alla coscienza laica", capitoletto n. 9 "Chiarimenti alla coscienza cattolica")
    *****
    Il testo attraversato da questa melodia commovente-patetica può indurre ad un sentimento di compassione-simpatia e risultare così accattivante. Ma si ricordi bene che chi scrive non è un non cristiano, o un non credente alla ricerca del "senso ultimo", ma al contrario un teologo cattolico con tanto di cattedra e – consentitemelo - con tanto di stipendio... Sa cosa fa e sa cosa dice.
    E cosa fa e cosa dice dal punto di vista della fede cattolica è grave, molto grave.

    Non si deve dimenticare che Vito Mancuso è dottore in Teologia Sistematica. Dei tre gradi accademici ha conseguito il baccellierato a Milano, la licenza a Napoli, il dottorato a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense. Relatore della sua tesi di dottorato è stato mons. Piero Coda, docente di Teologia dogmatica alla Pontificia Università Lateranense e presidente dell'Associazione teologica italiana (Ati). La sua tesi dottorale è consistita in una totale rivisitazione della filosofia di Hegel, interpretata in radice come teologia. A partire dall'anno accademico 2003/2004 è stato l'assistente di mons. Bruno Forte per il corso di Teologia Moderna e Contemporanea presso la nuova Facoltà di Filosofia dell'Università San Raffaele di Milano. È inoltre consulente della direzione editoriale delle Edizioni San Paolo.
    Dall'8 gennaio 2008 Mancuso collabora con 'Il Foglio'.
    Nel suo articolo del 22 gennaio dal titolo La ragione vince, rifare la chiesa Mancuso scrive: «Assegnare il primato alla ragione, come l'assegna Ratzinger col dire che il posto d'onore della fede cristiana spetta al Logos, significa impegnarsi a condurre il discorso teologico "sempre" all'insegna della ragione, la quale ovviamente deve essere teologicamente configurata (concetto su cui mi soffermerò nell'ultima parte dell'articolo). A me sembra però che questo primato del Logos nella nostra chiesa non venga sempre rispettato. Faccio alcuni esempi, prima di ambito specificamente dottrinale, poi di prassi ecclesiale, infine di dottrina morale con specifico riferimento al tema dell'aborto. Inizio dalla dottrina. Com'è possibile fare del Logos il criterio decisivo con cui considerare la natura, e poi sostenere al contempo la creazione ex nihilo, quando oggi si sa che l'energia non si crea né si distrugge ma solo si trasforma (primo principio della termodinamica)? Come si può sostenere il divino logos creativo, e insieme proclamare la-dottrina del peccato originale che, a causa del primo uomo, grava su ogni bambino che viene al mondo? Come si può abolire il Limbo, com'è avvenuto con il documento della Commissione Teologica Internazionale dell'aprile 2007, e non rivedere radicalmente la dottrina del peccato originale che ne è la causa? Potrei fare altri esempi, ma ciò che voglio dire è che senza una chiarificazione logica all'interno della dottrina le parole di esaltazione dei Logos spesso pronunciate da Papa Benedetto risultano poco credibili alle più avvertite coscienze contemporanee. Voglio dire che la battaglia a favore del Logos non si combatte solo al di fuori della chiesa, ma anche al nostro interno. Prima di guardare la pagliuzza negli occhi degli altri, osserviamo la trave nei nostri.
    Anche a livello di prassi ecclesiale siamo abbastanza distanti dal porre il Logos quale principio del comportamento. Nella stampa cattolica ufficiale i contrasti sono assopiti, le opinioni divergenti oscurate, il pluralismo negato. Qualcuno forse si ricorderà come venne trattato l'intervento del cardinal Martini insieme a Ignazio Marino sui temi della bioetica pubblicato dall'Espresso nell'aprile 2006. Che cosa vietava al cardinal Ruini o a qualcun altro di pubblicare in risposta un pezzo altrettanto ampio e argomentato? {…}.
    Giungo infine al tema dell'aborto. Io penso che, se davvero si vuole contribuire a evitare l'aborto, una revisione della dottrina della contraccezione si imponga. E' un'evidenza elementare, ognuno lo vede da sé. "Fate l'amore, non l'aborto" è un ottimo slogan, che però può essere assunto responsabilmente dalla coscienza (credente o no, poco importa, visto che l'amore lo fanno tutti e presumo allo stesso modo) solo a patto di considerare le conseguenze del fare l'amore, che talora sono anche gravidanze non volute. Visto che ne va della soppressione di innocenti, proprio per evitare la tragedia dell'aborto occorre guardare in faccia la realtà per quello che è, non per quello che si vorrebbe che fosse, e la realtà è che i rapporti sessuali sono praticati largamente al di fuori del matrimonio e a partire da giovanissima età. Favorire una protezione di tali rapporti per evitare gravidanze indesiderate e quindi aborti, come pure per contrastare il diffondersi dell'Aids, è un dovere morale di ogni persona responsabile. Esattamente come lo è combattere l'aborto. Anzi, l'aborto si combatte (anche) non ostacolando la contraccezione.
    Ma la dottrina morale della chiesa condanna la contraccezione. Occorre chiedersi perché lo fa, e andare a verificare se si tratta di motivazioni razionalmente fondate. A mio avviso tale dottrina si basa su due pilastri oggi entrambi superati. Il prima è la superata concezione biologica secondo cui la vita umana era presente nel seme maschile, la cui dispersione quindi non poteva che apparire come soppressione della vita. Quando però nel 1879 il biologo svizzero Hermann Fol osservò sperimentalmente la penetrazione dello spermatozoo nell'ovulo, si stabilì la formazione di un organismo autonomo a partire da quel momento e divenne chiaro che la vita umana non è contenuta già nel seme paterno ma scaturisce solo dall'unione di questo con il seme materno. Alla luce di ciò anche la dottrina sulla contraccezione avrebbe dovuto essere rivista radicalmente, perché tutte le fonti dottrinali (bibliche, patristiche; scolastiche, magisteriali) si basavano su quella superata visione biologica. Purtroppo non è stato così. Il secondo pilastro su cui si regge la condanna della contraccezione consiste nella concezione negativa della sessualità, fino a poco tempo fa ritenuta intrinsecamente corrotta a causa dell'inevitabile libido (chiamata dalla tradizione "concupiscenza"), e considerata come realtà positiva solo in funzione della generazione dei figli all'insegna del "non lo fo per piacer mio, ma per dare figli a Dio". Anche questa concezione non è sostenuta più nella chiesa, ora è riconosciuto il valore in sé positivo dell'unione coniugale, è finalmente passato l'insegnamento del Cantico dei cantici.
    Ho elencato motivi dogmatici, morali e di prassi ecclesiale che mostrano la disattenzione della chiesa al suo interno verso quel primato del Logos che la stessa chiesa propone al mondo di riconoscere. A mio avviso occorrerebbe un comportamento più coerente.»
    Lo stesso Direttore del Foglio, l'ateo-devoto Ferrara, ha criticato questo articolo e così pure Baget Bozzo, amico di Mancuso, ha preso carta e penna per confutarlo, concludendo così: «Caro Vito, che senso ha chiamarsi ancora teologo, se non per pura commercializzazione del prodotto, quando si ha una così bassa concezione della teologia?».
    Cronache di quotidiana deriva.
    Beh, ognuno può tirare le somme.
    Ma mi chiedo: perché mai nessun Pastore della Chiesa è intervenuto per dire una parola di necessaria e urgente chiarificazione su questo "teologico successo editoriale"?
    I Pastori della Chiesa non sono i "maestri della fede", i "custodi della sana dottrina" e "i difensori della fede, soprattutto dei piccoli"?
    Lasciamo questo compito alla Civiltà Cattolica? o a Baget Bozzo? o all'ateo-devoto?
    Già nel 1977 Paolo VI si lamentava: «Capita che escano dei libri in cui la fede è in ritirata su alcuni punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. Questo secondo me è strano».
    Mi chiedo allora: mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto, Presidente della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l'annuncio e la catechesi, cosa aspetta ad intervenire e chiarire pubblicamente che di "teologo cattolico" il sig. Vito Mancuso ha ben proprio poco? Speriamo che a Roma il prossimo 13 febbraio 2008, nella prima sessione dell'anno che la Commissione da lui presieduta dovrebbe tenere, si parli anche del libro di Vito Mancuso e del danno che produce e produrrà in non poche anime…
    Cosa aspetta il Card. Tettamanzi ad intervenire dato che il Mancuso insegna teologia a Milano? Già cè la prefazione del Card. Martini...
    E speriamo poi che il parroco del "dotto e inquieto teologo" non gli dia domenicalmente la Santa Comunione.
    Questo sarebbe veramente troppo.

    San Tommaso d'Aquino, prega per noi.

  2. #2
    DonCamillo
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    Mitico San Tommaso!!!

  3. #3
    Schliemann
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    ma scusa, non sei libero tu di dissentire da Vito Mancuso come lo sono io e tutti?
    E allora, cos'e' tutta questa bramosia di sanzioni formali?
    Pensi che tutti accettino acriticamente tutto quanto Mancuso scrive?

    io mi sarei aspettato, da parte tua, una confutazione di merito anziche' l'invocazione di sanzioni.

  4. #4
    Mortis et Orationis
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    Tu non possiedi la Verità, ma è la Verità che possiede te

  5. #5
    Amore vince la morte
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    Altri punti li ho compresi piu' o meno, ma questo francamente non colgo.



    " 3) la risurrezione della carne; [ de fide ]"
    " la risurrezione dei corpi di carne nel giorno del giudizio universale e la loro sussistenza eterna;"

    ??????????


    Nello specifico, cosa contesta questo teologo, e quale "visione teologica" propone?
    Qualcuno (magari con cognizione di causa), puo' cortesemente spiegarmi a cosa vuole alludere il teologo?


    Grazie

    ps.
    Sull'articolo pubblicato sul Foglio, ci si puo' anche discutere seriamente, ma prima vorrei capire questo punto.

    __________________________________________________ _________________




    «Assegnare il primato alla ragione, come l'assegna Ratzinger col dire che il posto d'onore della fede cristiana spetta al Logos, significa impegnarsi a condurre il discorso teologico "sempre" all'insegna della ragione, la quale ovviamente deve essere teologicamente configurata (concetto su cui mi soffermerò nell'ultima parte dell'articolo). A me sembra però che questo primato del Logos nella nostra chiesa non venga sempre rispettato. Faccio alcuni esempi, prima di ambito specificamente dottrinale, poi di prassi ecclesiale, infine di dottrina morale con specifico riferimento al tema dell'aborto. Inizio dalla dottrina. Com'è possibile fare del Logos il criterio decisivo con cui considerare la natura, e poi sostenere al contempo la creazione ex nihilo, quando oggi si sa che l'energia non si crea né si distrugge ma solo si trasforma (primo principio della termodinamica)? Come si può sostenere il divino logos creativo, e insieme proclamare la-dottrina del peccato originale che, a causa del primo uomo, grava su ogni bambino che viene al mondo? Come si può abolire il Limbo, com'è avvenuto con il documento della Commissione Teologica Internazionale dell'aprile 2007, e non rivedere radicalmente la dottrina del peccato originale che ne è la causa? Potrei fare altri esempi, ma ciò che voglio dire è che senza una chiarificazione logica all'interno della dottrina le parole di esaltazione dei Logos spesso pronunciate da Papa Benedetto risultano poco credibili alle più avvertite coscienze contemporanee. Voglio dire che la battaglia a favore del Logos non si combatte solo al di fuori della chiesa, ma anche al nostro interno. Prima di guardare la pagliuzza negli occhi degli altri, osserviamo la trave nei nostri.
    Anche a livello di prassi ecclesiale siamo abbastanza distanti dal porre il Logos quale principio del comportamento. Nella stampa cattolica ufficiale i contrasti sono assopiti, le opinioni divergenti oscurate, il pluralismo negato. Qualcuno forse si ricorderà come venne trattato l'intervento del cardinal Martini insieme a Ignazio Marino sui temi della bioetica pubblicato dall'Espresso nell'aprile 2006. Che cosa vietava al cardinal Ruini o a qualcun altro di pubblicare in risposta un pezzo altrettanto ampio e argomentato? {…}.
    Giungo infine al tema dell'aborto. Io penso che, se davvero si vuole contribuire a evitare l'aborto, una revisione della dottrina della contraccezione si imponga. E' un'evidenza elementare, ognuno lo vede da sé. "Fate l'amore, non l'aborto" è un ottimo slogan, che però può essere assunto responsabilmente dalla coscienza (credente o no, poco importa, visto che l'amore lo fanno tutti e presumo allo stesso modo) solo a patto di considerare le conseguenze del fare l'amore, che talora sono anche gravidanze non volute. Visto che ne va della soppressione di innocenti, proprio per evitare la tragedia dell'aborto occorre guardare in faccia la realtà per quello che è, non per quello che si vorrebbe che fosse, e la realtà è che i rapporti sessuali sono praticati largamente al di fuori del matrimonio e a partire da giovanissima età. Favorire una protezione di tali rapporti per evitare gravidanze indesiderate e quindi aborti, come pure per contrastare il diffondersi dell'Aids, è un dovere morale di ogni persona responsabile. Esattamente come lo è combattere l'aborto. Anzi, l'aborto si combatte (anche) non ostacolando la contraccezione.
    Ma la dottrina morale della chiesa condanna la contraccezione. Occorre chiedersi perché lo fa, e andare a verificare se si tratta di motivazioni razionalmente fondate. A mio avviso tale dottrina si basa su due pilastri oggi entrambi superati. Il prima è la superata concezione biologica secondo cui la vita umana era presente nel seme maschile, la cui dispersione quindi non poteva che apparire come soppressione della vita. Quando però nel 1879 il biologo svizzero Hermann Fol osservò sperimentalmente la penetrazione dello spermatozoo nell'ovulo, si stabilì la formazione di un organismo autonomo a partire da quel momento e divenne chiaro che la vita umana non è contenuta già nel seme paterno ma scaturisce solo dall'unione di questo con il seme materno. Alla luce di ciò anche la dottrina sulla contraccezione avrebbe dovuto essere rivista radicalmente, perché tutte le fonti dottrinali (bibliche, patristiche; scolastiche, magisteriali) si basavano su quella superata visione biologica. Purtroppo non è stato così. Il secondo pilastro su cui si regge la condanna della contraccezione consiste nella concezione negativa della sessualità, fino a poco tempo fa ritenuta intrinsecamente corrotta a causa dell'inevitabile libido (chiamata dalla tradizione "concupiscenza"), e considerata come realtà positiva solo in funzione della generazione dei figli all'insegna del "non lo fo per piacer mio, ma per dare figli a Dio". Anche questa concezione non è sostenuta più nella chiesa, ora è riconosciuto il valore in sé positivo dell'unione coniugale, è finalmente passato l'insegnamento del Cantico dei cantici.
    Ho elencato motivi dogmatici, morali e di prassi ecclesiale che mostrano la disattenzione della chiesa al suo interno verso quel primato del Logos che la stessa chiesa propone al mondo di riconoscere. A mio avviso occorrerebbe un comportamento più coerente.»

  6. #6
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    Un precedente libro di Mancuso venne a suo tempo lodato da Sandro Magister:
    http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/7664

  7. #7
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    Esistono oggi fior di eretici, anche stigmatizzati, che hanno rispolverato l'apocatàstasi di Origene. Nel deserto con Gesù, Satana dimostrò di essere un finissimo teologo.

    Citazione Originariamente Scritto da MementoMori Visualizza Messaggio
    Tu non possiedi la Verità, ma è la Verità che possiede te
    Caro MM, forse in questi casi si può più proficuamente citare Guzzanti-Quèlo: "La riposta è dentro di te. Però è sbagliata".

  8. #8
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  9. #9
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    Vito Mancuso è un uomo simpatico e smart, per adesso non gigioneggia eccessivamente, sta abbastanza schiscio - come si dice qui a Milano - e accetta il dibattito. E' un laico e ha moglie e figli, il che non è poco.

    Ha un merito incontestabile: quello di aver portato il dibattito teologico fuori dai confini autoreferenziali e onfalocentrici - chiamarli mura e fare loro troppo onore - delle facoltà teologiche. [Rimando come ho già fatto altrove e altrimenti - se a qualcuno interessasse farsi due risate su detta autoreferenzialità - al libretto dell'austerissimo teologo sistematico Otto Herman Pesch Cappuccetto Rosso in facoltà teologica...]. Non dimentichiamo che nel terzo secolo si discuteva di Trinità nelle taverne del Bosforo.

    Lasciamo perdere i suoi primi libri, su cui ci sarebbe qualcosa da dire - specialmente su Per amore. Rifondazione della fede (ambizione non da poco per un giovanissimo, anche se l'intenzione non era priva di autoironia).

    Fermiamoci all'ultimo. L'anima e il suo destino. Un libro di teologia scritto bene (prima cosa rara). L'intelligente editore Raffaello Cortina ha visto giusto: è diventato un caso editoriale.

    A pagina 30 Mancuso annuncia la sua critica a quattro consolidati punti di dottrina: 1) la creazione dell'anima umana da parte di Dio senza nessun concorso dei genitori; 2) il peccato originale; 3) la risurrezione della carne; la dannazione eterna nell'Inferno.
    E subito dopo aggiunge: Pubblico il libro con la speranza di venire confutato. Va bene, potrà anche essere una frase di maniera, ma questo è il problema.

    Occorre ribadire - non per apoliticos, che ritengo oltre ogni possibile convincibilità razionale, ma per gli altri - che ad argomenti si risponde con altri argomenti: questo è il dibattito teologico, questa la libertà del pensiero su Dio e della sua esprimibilità in contesti adeguati. Ad argomenti si risponde con argomenti (e solo successivamente, ma molto molto molto successivamente, e dopo aver tutto tentato, e forse, e con misericordia, anche con provvedimenti).

    Meno male che le autorità ecclesiastiche - in generale - non si comportano come apoliticos vorrebbe. Altrimenti dovrebbero davvero non entrare alla Sapienza (non solo l'edificio, non solo l'istituzione universitaria, ma proprio tu, O Sapientia, quae ex ore Altissimi prodisti)

    Grazie, Barsanufio

  10. #10
    Amore vince la morte
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    Bene Barsa.
    Preferisci davvero continuare in questo thread? Non avevi forse gradito il titolo da me scelto nell'altro?
    Va beh, non cambia molto.

    Ho letto questo tuo intervento, ma il mio dubbio rimane, puoi cercare di alleviarmi la "sofferenza"?

    Mi spieghi cosa bisognerebbe confutare nel pt.3 di Mancuso?



    " 3) la risurrezione della carne; [ de fide ]"

    " la risurrezione dei corpi di carne nel giorno del giudizio universale e la loro sussistenza eterna;"

    ??????????


    cosa contesta?
    cosa vuole?
    quale "visione teologica" propone?


    Vielen Dank

 

 
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