Sto leggendo in questi giorni l'ultimo libro scritto da Giampaolo Pansa, che non ha bisogno di presentazioni. Ho letto tutti quelli che ha scritto a partire dal Sangue dei Vinti in poi (ma ne avevo letti molti altri già nel corso degli anni), tutti sul tema delle Grandi Bugie della storiografia e vulgata resistenziale. Pansa qui prosegue ciò che aveva cominciato a raccontare ne La Grande Bugia (dove per Bugia si deve intedere appunto l'agiografia falsa che la sinistra italiana ha costruito sulla Resistenza facendone un feticcio da non toccare), ossia anche le feroci critiche che ha cominciato a ricevere da quando ha deciso con grande coraggio e dignità, di raccontare (lui, uomo di sinistra) questo capitolo di storia ancora vicina a noi ma su cui troppi personaggi hanno imposto il silenzio. Un silenzio durato 60 anni.
Qui una recensione tra le tante:
http://www.bol.it/libri/scheda/ea978882004391.htmlChi sono i "gendarmi della memoria" evocati nel titolo del nuovo saggio di Giampaolo Pansa? Sono tutti coloro - dalla sinistra radicale a molti intellettuali che vi si richiamano ideologicamente - che tengono sotto chiave la memoria della guerra civile, per impedire che chiunque dissenta dalla loro versione ci metta le mani, la "revisioni", racconti verità scomode che possano intaccarne l'immagine oleografica da loro custodita e tramandata nel tempo. Questo libro ripercorre l'esperienza vissuta da Pansa nell'ultimo anno, dopo l'uscita del suo "La Grande Bugia". Un lavoro scomodo, documentato e duro, che rimetteva in discussione il mito resistenziale e il ruolo giocato dai comunisti nel costruirlo, criticando al contempo quanti non accettavano nessuna forma di ripensamento o di autocritica. La reazione contro Pansa è stata durissima, costellata da gravi episodi di intolleranza. Ma l'autore non si è fatto certo intimidire e nelle sue nuove pagine dimostra la validità delle tesi che ha sostenuto, rivelando parecchie delle storie "proibite" dai gendarmi: da quelle di comandanti partigiani comunisti eliminati dal Partito perché dissenzienti rispetto alle sue direttive, al ruolo ambiguo, se non torbido, che esso svolse in una zona cruciale come l'Emilia nel periodo successivo alla Liberazione. Insieme a queste, Pansa racconta molte altre vicende della resa dei conti sui fascisti sconfitti, grazie alle testimonianze di persone che, dopo 60 anni di silenzio, oggi parlano. Una ricostruzione che si riallaccia alla cronaca più attuale, alle contraddizioni di una sinistra incapace di fare davvero i conti col passato senza dividersi al proprio interno e dunque, purtroppo, destinata a mancare i suoi obiettivi. Un libro secco, ma anche ironico e beffardo: soprattutto, un J'accuse contro la prepotenza, la presunzione, l'arroganza di chi dovrebbe al contrario dar prova di tolleranza, apertura al dialogo, al confronto e (magari) umiltà.
Nel libro affiorano, oltre all'ipocrisia e menzogna che ancora domina in tanta parte della sinistra "radicale" ma che Pansa chiama Regressista, oltre ai falsi partigiani dell'Anpi (falsi perchè all'Anpi possono iscriversi tutti dai 18 anni in su e oggi la maggior parte sono sbarbatelli che non sanno manco cosa fu la resistenza), anche episodi crudeli che non si sono fermati al Sangue dei Vinti.
Un capitolo terribile è quello del trattamento riservato a centinaia di donne, NON fasciste, ma nemmeno amiche dei partigiani, i quali però le torturarono, violentarono in gruppi per giorni, e le massacrarono definitivamente impiccandole o sparando loro al viso o alla schiena. Pansa ribadisce la cifra dei 20.000 (se non di più) tra fascisti, semplici civili, donne, bambini, preti, anziani, trucidati dai partigiani A GUERRA FINITA per bieca vendetta e vile crudeltà.
Su tutti questi fatti ancora la sinistra italiana non ha assunto alcuna posizione di condanna. Si attacca la Chiesa per le Crociate () ma i criminali che hanno compiuto A GUERRA FINITA orrendi misfatti, sono celebrati ancora come eroi e "liberatori".
Consiglio la lettura del libro, a tutti, di destra, centro e sinistra. Fa bene, è duro, ma apre ancora una volta di più gli occhi sui misfatti di ieri e sulle ipocrisie e violenze di chi, oggi, si proclama "antifascista" e "democratico".