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    Predefinito IL PROTOVILLANOVIANO IN ITALIA -indoeuropei sotto la lente d'ingrandimento

    sopraintendenza per i beni archeologici dell'università di urbino
    dottor umberto orsetti.dottor mario luni

    il protovillanoviano

    fI Protovillanoviano, coincidente con le fasi finali dell’Età Bronzo, si colloca mei secoli XI-IX a.C. ed è diffuso in tutta la penisola italiana, fino alla Sicilia; è caratterizzato da innovazioni nell’ergologia e, soprattutto, del rito funerario, consistente nella pratica dell’incinerazione, vista a lungo come prova di diretti contatti con l’Europa centrale: le ceneri del defunto, accompagnate da pochi oggetti di corredo, venivano raccolte in un vaso fittile, di forma biconica, generalmente decorato a solcature e cuppelle, con ciotola capovolta a sigillarne l’imboccatura.

    I villaggi sono ampi vasti ed estesi su molti ettari, a volte su aree naturalmente difese: nelle Marche, occupano posizioni costiere o subcostiere (Monte della Rossa, Colle dei Cappuccini di Ancona, Monte Aquilone di Perticara, Santa Paolina di Filottrano grottaccia), mentre gli insediamenti più interni, montani (Monte Croce Guardia, Monte Primo), possono essere interpretati come luoghi di frequentazione rituale. Una nuova datazione radiometrica colloca l’insediamento del Colle dei Cappuccini al630 a.C.
    Le necropoli (Pianello di Genga, Monte San Marco di Montecopiolo, Bel- monte Piceno — quest’ultimo con 300 tombe ad inumazione — e Numana) indicano, con il loro rituale e gli oggetti di corredo, ampi contatti con l’Egeo e l’Europa centrale: la necropoli di Pianello di Genga, all’imboccatura della Gola del Sentino, in uso per quasi due secoli, vede l’affiancarsi di più di 500 tombe ad incinerazione.
    Nella ceramica, ancora non tornita, compaiono forme nuove: oltre ai biconici vi sono ciotole carenate, scodelle ad orlo rientrante, olle e tazze.
    La metallurgia testimonia il massimo raggiungimento di grandi capacità tecniche, indicando modelli e circolazioni sia a livello regionale, sia nell’ambito di una più vasta koinè italica ed etrusco adriatica: armi, fibule, rasoi, coltelli, asce.
    I ripostigli di Marsia e Monte Primo, tòrniscono un ampio campionario di oggetti in bronzo. L’economia è basata sull’agricoltura e sull’allevamento del bestiame, integrato dalla caccia, soprattutto del cinghiale e del cervo: di quest’ultimo vengono utilizzate le corna, in complesse lavorazioni artigianali quali manici di lesina. capocchie di spilloni, punteruoli, spatole, zappette, a volte decorati con cerchielli incisi, che rappresentano la continuazione di una lunga tradizione artigianale.
    Il Protovillanoviano, coincidente con le fasi finali dell’Età Bronzo, si colloca mei secoli XI-IX a.C. ed è diffuso in tutta la penisola italiana, fino alla Sicilia; è caratterizzato da innovazioni nell’ergologia e, soprattutto, del rito funerario, consistente nella pratica dell’incinerazione, vista a lungo come prova di diretti contatti con l’Europa centrale: le ceneri del defunto, accompagnate da pochi oggetti di corredo, venivano raccolte in un vaso fittile, di forma biconica, generalmente decorato a solcature e cuppelle, con ciotola capovolta a sigillarne l’imboccatura.
    I villaggi sono ampi ed estesi su molti ettari, a volte su aree naturalmente difese: nelle Marche, occupano posizioni costiere o subcostiere (Monte della Rossa, Colle dei Cappuccini di Ancona, Monte Aquilone di Perticara, Santa Paolina di Filottrano), mentre gli insediamenti più interni, montani (Monte Croce Guardia, Monte Primo), possono essere interpretati come luoghi di frequentazione rituale. Una datazione radiometrica colloca l’insediamento del Colle dei Cappuccini all’830±95 a.C.
    Le necropoli (Pianello di Genga, Monte San Marco di Montecopiolo, Bel- monte Piceno — quest’ultimo con 300 tombe ad inumazione — e Numana) indicano, con il loro rituale e gli oggetti di corredo, ampi contatti con l’Egeo e l’Europa centrale: la necropoli di Pianello di Genga, all’imboccatura della Gola del Sentino, in uso per quasi due secoli, vede l’affiancarsi di più di 500 tombe ad incinerazione.
    Nella ceramica, ancora non tornita, compaiono forme nuove: oltre ai biconici vi sono ciotole carenate, scodelle ad orlo rientrante, olle e tazze.
    La metallurgia testimonia il raggiungimento di grandi capacità tecniche, indicando modelli e circolazioni sia a livello regionale, sia nell’ambito di una più vasta koinè: armi, fibule, rasoi, coltelli, asce.
    I ripostigli di Marsia e Monte Primo, tòrniscono un ampio campionario di oggetti in bronzo.
    L’economia è basata sull’agricoltura e sull’allevamento del bestiame, integrato dalla caccia, soprattutto del cinghiale e del cervo: di quest’ultimo vengono utilizzate le corna, in complesse lavorazioni artigianali quali manici di lesina. capocchie di spilloni, punteruoli, spatole, zappette, a volte decorati con cerchielli incisi, che rappresentano la continuazione di una lunga tradizione- artigianale.

    CIVILTA PICENA LATINA UMBRA

    PRIMO MILLENNIO A.C.

    a partire dall’inizio dell’Età del Ferro, che per gli effetti della calibrazione
    dendrocronologia delle date radiocarboniche ormai si pone in Italia quasi in coincidenza col 1000 a.C., la documentazione relativa alle popolazioui preromane delle Marche è parte integrante di una facies archeologica che supera di gran lunga i confini amministrativi dell’attuale regione e che si etende nell’Abruzzo, non soltanto teramano, e parzialmente in Romagna ed in campania. Il suo ambito geografico è pertanto medioadriatico, se non addirittura centroitalico. come potrebbe facilmente argomentarsi valorizzando la stretta affinità delle necropoli scoperte nella zona umbra più vicina al crinale appenninico e intensità e continuità delle relazioni con l’area falisca latina sannitica e la Sabina.
    Per questo complesso insieme di realtà archeologiche il termine di civiltà picena, da una trentina d’anni tornato prepotentemente in uso per comoda e più o meno consapevole convenzione a causa forse della sua semplicità e immediatezza, da un lato è notevolmente riduttivo e dall’altro rischia di suscitare suggestioni, erronee e fuorvianti, che vanno ad interferire con il processo di formazione di una identità regionale più che mai in discussione.
    Dai ricordi delle antiche fonti storiche e letterarie mai in effetti trapela che, in qualche momento, i Piceni o Picentes abbiano raggiunto un’estensione territoriale o abbiano esercitato un’egemonia politica altrettanto vaste. E vero che per una loro passata presenza a sud fino al fiume Aternus (attuale Pescara) soccorre un accenno di Plinio (Nat. Hist., III, 111).
    A parte la menzione di un «akre [...] piquier martier» non facilmente
    localizzabile, contenuta nelle Tabulae Iguvinae (Vb9 e Vb14) è altamente interessante almeno per la vitalità dei rapporti transappenninici, un territorio appartenente ai Picentes è ricordato la prima volta per il 283 a.C., quando il console romano P. Cornelio Dolabella, muovendo dalla Sabina, lo attraversa per dirigersi contro i Senoni, che debella definitivamente (App., Samn., 6, 3): la sua dislocazione è, già a questa data, intermedia fra la regione dei Pretuzi e dei Sabini a sud e i primi stanziamenti gallici sulla linea del Musone, il territorio dell’umbra Camerinum e Ankon a settentrione.
    Plinio, del resto, intrattenendosi specificamente sulla situazione paletnografica del settore adriatico della VI regio augustea (a nord dell’Esino), mai vi nomina i Piceni, ma solo in stretta successione cronologica gli Umbri, gli Etruschi e i Galli (Plin., Nat. Hist., III, 112). Per il ricordo della presenza umbra la sua ricostruzione trova puntuale conferma nel Periplo di Scilace (par. 16), che alla fine del VI secolo a.C. inserisce gli Umbri con Ancona fra gli Etruschi padani e le genti sannitiche affacciate sull’Adriatico, riferendosi i Peuketiefs di altro paragrafo all’omonima popolazione apula.
    importante
    L’idea di una sorta di palinsesto etnografico, culturale e politico sostanzialmente omogeneo e sincretico, che la denominazione corrente di civiltà picena può ingenerare, non sembra dunque corrispondere alla reale situazione d’età protostorica. Tanto più che la tradizione storiografica antica non ricorda, per restare nelle Marche, soltanto Piceni, Senoni e Pretuzi (questi ultimi a sud del fiume Helvinus) , ma anche gli Asili (Silio Italico, VIII, 443-45), stanziati presso Jesi o fòrse nella valle dell’Aso, e i Tirreni (Etruscho ernici ?), fondatori del santuario marittimo di Cupra (Strabo., V, 4, 2), i Valesi (Esichio), forse più Falerii del fermano; va segnalata anche la particolare insistenza con cui Plinio (Nat. Hist., III, 110-112) menziona le fondazioni dei Siculi (non solo a Numana) e le enclaves dei transadriatici Liburni (non solo a Truentum), precedenti entrambi a nord di Ancona con la stessa presenza degli Umbri.

    LE FONTI ARCHEOLOGICHE E I DOCUMENTI EPIGRaFICO-LINGUISTICI
    oltre settanta necropoli e l’imponente quantità d’oggetti di ogni tipo, in questi siti sono stati recuperati nel corso d’una ben più che centenaria attività di scavo, costituiscono la fonte archeologica fondamentale per ricostruire la storia e l’arte delle popolazioni che abitarono le Marche nel primo millennio a.C. prima della conquista romana.
    Una nutrita serie di bronzetti a figura umana, trovati nelle stipi votive e dispersi in vari musei, aggiunge poi preziose indicazioni sulla cultura artistica e sulla vita religiosa fonte attorno a luoghi di culto, di cui nessuno si è potuto finora scavare con metodo scientifico.
    Riguardo, invece, ai luoghi che le stesse genti abitarono, dopo i primi confusi risultati ottenuti agli inizi del Novecento a Belmonte e a Cupra Marittima fino
    alla sicilia

    Solo in settori geografici ben delimitati vi è l’esatta ubicazione degli abitati individuati e la localizzazione suggerita per gli altri dalle numerose necropoli hanno permesso di ricercare e proporre correlazioni significative fra parameri dordine geologico, idrografico e orografico e la distribuzione degli insediamenti, anche con riferimento ai mutamenti diacronici di quest’ultima( Rimini e Fano alto lazio).
    l'uso della scrittura fra le genti marchigiane dell’Età del Ferro seppur specifica fu assai marginale e sporadico,. Le rare epigrafi prelatine giunte sino Quattro testi, trovati nel nord della regione resso Novilara, sono redatti in un alfabeto di derivazione etrusca e componeli lessicali inoeuropee. Le otto iscrizioni rinvenute a nord del Chienti, simili ad altre abbruzzesi e databili fra Vi e V secolo a.C., documentano invece l’adozione di in diverso sistema alfabetico d’origine falisco-sabina e l’uso di una lingua affinee. a tratti perfettamente identica, a quella arcaica di Cures nella sabina tiberina.
    Quest’ultima constatazione ben si adatta a comprendere il fondo di realtà
    Storica dell’antica tradizione sull’origine dei Piceni. Narrano infatti, concordemente, Strabone (V, 4, 2), Plinio (Nat. Hist. III, 110 s.) e Festo (p. 235 L) che, a seguito di un voto effettuato secondo il rito italico del "ver sacrum", giovani sabini sarebbero migrati dalle loro sedi appenniniche verso l’Adriatico, ( edificando un centro ad Ascoli ) e giungendo progressivamente a sud fino all’Aterno. Li avrebbero .guidati alla colonizzazione delle nuove terre il volo di un picchio, l’uccello .augurale sacro a Marte, dal nome del quale sarebbe derivato ad essi quello di
    Picentes. L’epoca della loro migrazione non è precisata, relegata com’era forse
    per gli stessi discendenti dei protagonisti nel tempo mitico della loro etnoge-
    nesi. Connetterla, quindi, direttamente alla comparsa delle prime iscrizioni
    italiche del versante adriatico è certo arbitrario seppur dimostrabile. Colpisce, tuttavia, il fatto
    1che la diffusione di queste genti verso nord s’arresti a non molta distanza da
    quello che era agli inizi . il confine settentrionale
    dell’agro piceno.
    DAL IX AL VII SECOLO A.C.:

    IN PERIODO DI FORMAZIONE
    Durante il IX secolo a.C. rare e sporadiche tombe ad incinerazione singola seguono al dissolversi degli aspetti culturali protovillanoviani. I defunti, rannicchiati sul fondo di semplici fosse terragne, sono accompagnati da pochissimi oggetti d’abbigliamento (fibule, spilloni) o d’uso personale (rasoi, spade ad antenne, fusaiole), mai da vasi.
    Queste tombe costituiscono i nuclei originari di sepolcreti sviluppatisi soprattutto nel secolo seguente e taluni ancora nei successivi. La loro distribuzione interessa sin dall’inizio sia la fascia collirìare immediatamente a ridosso del mare (Porto Sant’Elpidio, Camerino, Ancona), sia l’interno della regione (Moie di Pollenza, Monteroberto). Una certa concentrazione dei rinvenimenti nella zona attorno al pro-montorio del Conero, che a causa della sua posizione e particolarmente in corrispondenza dei siti di Ancona e Numana ha sempre esercitato una forte attrazione per le scelte insediative e pelle necessità della navigazione, non pare comunque del tutto casuale.
    Proprio nei due centri appena nominati. infatti, ma per la verità anche a Pollenza, le prime testimonianze dell’Età del Ferro, già inserite in una rete di relazioni sia transadriatiche, sia transappenniniche, si saldano alle ultime frequentazioni dell’Età del Bronzo. Ne è prova da una parte la continuità del deposito stratificato alle pendici del colle anconetano dei Cappuccini e ne sono indizio a Numana la fibula ad arco semplice della collezione Rilli e il persistere del rito incirieratorio nelle due uniche sepolture localmente databili al IX secolo a.C. Queste tombe, del resto, neppure nell’urna biconic (di tipo non canonico rispetto agli ossari tirrenici ed emiliani) presentan puntuali elementi di riscontro con la vicina necropoli villanoviana di FERMO , che inizia nella medesima fase

  2. #2
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    mars preistorico - marte






    urne ad incinerazione area medio -adriaca





    doppia ascia bipenne del calcolitico area osco umbra







    urne cinerarie villanoviane area lucana

  3. #3
    ulfenor
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    Mi par di capire che la cultura proto villanoviana avesse un estensione "quasi"nazionale.

  4. #4
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    Predefinito

    si può vederla certamente anche sotto quest'ottica.

    saluti.

  5. #5
    ulfenor
    Ospite

    Predefinito

    Citazione Originariamente Scritto da SolConservator Visualizza Messaggio
    si può vederla certamente anche sotto quest'ottica.

    saluti.
    Appunto!

 

 

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