L'indulto e lo sport nazionale Scritto da Enrico Gagliardi
giovedì 11 ottobre 2007
Da quando è stato approvato l’indulto, cioè dal luglio dello scorso anno, lo sport nazionale preferito di demagoghi, capipopolo e giustizialisti vari sembra essere quello di sparare a zero contro questo provvedimento di clemenza (previsto, è sempre bene ricordarlo, dalla nostra Costituzione) senza effettuare un’analisi seria dei dati in possesso, dati che ora vengono forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: dall’attuazione dell’indulto sono 26.752 i detenuti usciti fino ad oggi dal carcere; di questi, circa il 22% (per l'esattezza 6.194, di cui 4.318 italiani) sono finiti di nuovo in cella per essere tornati a delinquere. Attenzione però: ciò non vuol dire aumento della recidiva, anzi se prima era al 44% ora si attesta al 42%. I numeri parlano chiaro insomma; piuttosto un elemento preoccupa e molto: le carceri sono nuovamente piene e tra poco sopraggiungeranno nuovamente i problemi di sovraffollamento che non pochi guai hanno recato in passato.
Tutto questo che vuol dire? Una cosa molto semplice e cioè che sin dal principio era chiarissimo come fosse necessario non un provvedimento del genere ma un’operazione molto più incisiva e cioè un’amnistia che realmente poteva aiutare a risolvere qualcosa. In altri termini l’indulto non ha aiutato nessuno a cominciare dai primi “beneficiari indiretti”, i giudici per i quali nei fatti non è cambiato nulla. L’amnistia che poteva invece recare un grande sgravio in termini di snellimento di processi non è stata approvata per chiarissimi motivi di natura politica, non si è avuto il coraggio in pratica.
A margine di un discorso del genere però viene da porsi una domanda: per quale motivo nella passata finanziaria fatta di una gragnola di tasse non è stato previsto nemmeno un capitolo di spesa per la situazione carceraria? Per quale motivo cioè questa maggioranza non ha preso atto del disastro dei nostri istituti penitenziari cercando di attuare una seria politica carceraria? L’indulto stesso ha un senso se a questo si accompagnano percorsi alternativi di recupero per il condannato che ne beneficia, altrimenti si assiste solo ad un provvedimento dall’effetto temporaneo che dopo poco (come infatti è capitato) perde tutto il suo significato iniziale.
Per essere chiari: se il soggetto che usufruisce di un provvedimento di clemenza del genere non viene aiutato in un percorso di recupero farà semplicemente la spola tra due ambienti entrambi “infetti”, quello del carcere dove certo, viste le condizioni, non si migliora e quello del suo ambiente di appartenenza, spesso a fortissimo tasso delinquenziale dove certamente abbandonato a se stesso non potrà mai trovare la strada del recupero.
I dati parlano chiaro: l’indulto ha funzionato bene nelle grandi città dove gli istituti di pena hanno predisposto in vista dell’applicazione dello stesso operazioni di sostegno le quali unite alla capacità degli operatori del sistema hanno davvero ottenuto effetti significativi.
Questo è l’approccio che si dovrebbe privilegiare in una discussione su tali temi, quello dei numeri uniti a politiche serie ed effettive di recupero sociale; il Ministro Mastella invece sembra sempre quasi infastidito dall’argomento, quasi si vergognasse rispetto al suo elettorato di riferimento, di aver dato l’assenso all’attuazione dell’indulto.
Tutto ciò non va bene, non è questa la metodologia che dovrebbe contraddistinguere un Guardasigilli; si faccia un discorso serio, si apra un dibattito costruttivo sul tema altrimenti siamo solo davanti ad un comportamento che ricorda quello di Beppe Grillo e che certamente non porta da nessuna parte.
http://www.giustiziagiusta.info/inde...=1774&Itemid=1