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    Talking Il nemico dell'ecumenismo? L'ignoranza del cristianesimo ....

    I nemici dell’ecumenismo: l'ignoranza del cristianesimo e il relativismo morale

    Nella prima giornata di lavori della Terza Assemblea Ecumenica Europea di Sibiu


    SIBIU, giovedì, 6 settembre 2007 (ZENIT.org).- Far conoscere il cristianesimo nella sua vera essenza e combattere il relativismo morale esistente tra gli stessi cristiani delle diverse confessioni: è questo un forte appello emerso nella prima giornata di lavori della Terza Assemblea Ecumenica Europea (EEA3) in corso a Sibiu, in Romania.

    Nel suo discorso d'apertura, il 5 settembre, il Cardinale Péter Erdő, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE ), uno dei due organismi ecclesiali promotori dell'evento, ha detto che “il primo compito che abbiamo anche qui a Sibiu è quello di approfondire e vivere il cristianesimo”.

    “Dobbiamo spesso dolorosamente constatare quanto il cristianesimo sia oggi poco conosciuto in Europa nella sua vera essenza – ha aggiunto –. Circolano molte maschere del cristianesimo, spesso consapevolmente false”.

    “Credo che il primo grande ostacolo all’ecumenismo sia l’ignoranza del cristianesimo e la superficialità della vita cristiana”, ha continuato sottolineando l'urgenza “che il cammino ecumenico diventi un luogo di approfondimento spirituale e teologico”.

    “Se vogliamo essere autentici missionari di Cristo, dobbiamo essere i suoi veri discepoli. Imparando la Sacra Scrittura e le verità della nostra fede possiamo crescere nella nostra identità cristiana”, ha sottolineato.

    “Sicuramente non è la strada giusta verso l’unità, se ciascuno dimentica la storia e le realtà, la dottrina e la fede della propria comunità. Il cammino dell’unità va attraverso la verità e la carità”, ha proseguito.

    Il porporato ha anche sottolineato come ulteriore compito ecumenico urgente “quello di confrontarci insieme con la modernità e la secolarizzazione. Tra comunità cristiane dell’est e dell’ovest abbiamo esperienze diverse. C’è qualcosa da imparare reciprocamente”.

    In un momento storico come quello attuale, caratterizzato da un prevalente “soggettivismo” e un profondo “vuoto culturale e morale”, è “importante ribadire il senso e il valore oggettivo di tante cose e tanti comportamenti umani” e “mostrare insieme che il Vangelo è in grado di dialogare con ogni cultura ed ha la forza di arricchire ogni cultura”.

    Lo stesso giorno il Metropolita Kirill di Smolensk e Kaliningrad ha parlato di una disomogeneità tra le diverse confessioni cristiani sulla concezione dell'uomo e delle norme morali che lo devono guidare.

    Constatando che “alcune comunità cristiane hanno unilateralmente rivisto o stanno rivedendo le norme di vita definite dalla Parola di Dio”, il Metropolita si è domandato: “Perché sta accadendo proprio oggi, all’inizio del 21° secolo? Perché alcuni circoli cristiani sono arrivati a favorire così tanto l’idea di norme morali in evoluzione?”.

    A questo proposito ha affermato che “c’è una coincidenza sospetta tra il nuovo atteggiamento nei confronti della moralità nei circoli cristiani e la diffusione del paradigma post-moderno nella società secolare. Il post-modernismo in senso ampio implica una compatibilità di visioni e posizioni incompatibili”.

    “Forse questo atteggiamento è giustificato in alcune sfere della società, ma non può essere giustificato per i cristiani nel regno della moralità. I credenti non possono riconoscere allo stesso tempo il valore della vita e il diritto alla morte, il valore della famiglia e la validità delle relazioni tra persone dello stesso sesso, la difesa dei diritti dei bambini e la deliberata distruzione di embrioni umani a scopi medici”, ha sottolineato.

    “Una lotta per un’unica moralità pubblica e per i valori cristiani nell’Europa di oggi è impossibile senza azioni congiunte, in primo luogo tra cristiani delle principali confessioni, nonostante le loro differenze dottrinali”, ha affermato.

    “Il vecchio termine ‘ecumenismo’, ad ogni modo, è poco adatto a realizzare questo compito. A nostro modo di vedere, costruire un sistema di solidarietà cristiana in Europa oggi sulla base dell’unica e indivisibile moralità del Vangelo e sulla testimonianza comune dei valori cristiani che derivano da questa solidarietà può essere l’ultima risorsa per i cristiani nel loro sforzo comune di restituire un’anima all’Europa”.

    “Nel difendere le norme etiche comuni, i cristiani dovrebbero cercare alleati in altre religioni che condividano posizioni morali simili a quelle cristiane – ha detto –. A questo scopo è necessari sviluppare i rapporti interreligiosi in Europa e nel mondo”.

    “Nonostante tutte le loro differenze, le religioni mondiali tradizionali condividono la consapevolezza comune che i valori eterni hanno una priorità su quelli temporali. Questo aiuta a far fronte insieme alle minacce all’ordine morale della vita umana”, ha continuato.

    “I cristiani possono anche trovare sostegno riguardo alla moralità tra le persone laiche che hanno una visione non religiosa ma sostengono norme morali simili a quelle cristiane”.

    “In alter parole, i cristiani dovrebbero agire insieme a tutte le persone di buona volontà per cercare e preservare l’armonia nella società riguardo alle norme morali”.

    “Per raggiungere questo obiettivo, le comunità cristiane dovrebbero lavorare con l’opinione pubblica e mantenere un dialogo con le strutture nazionali e internazionali”.

    “Mentre chiedono che la vita pubblica sia governata da un’unica moralità, i cristiani dovrebbero lasciare alla coscienza individuale il fatto di vivere la propria vita privata in base ai propri valori” ha concluso.

    Fonte: Zenit, 6.9.2007

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    Predefinito I Responsa sulle questioni ecclesiologiche? Abbiamo scherzato.

    Cardinal Kasper: Le Chiese divise, corresponsabili della secolarizzazione in Europa

    Nella Sessione d'Apertura della Assemblea Ecumenica Europea di Sibiu


    SIBIU, giovedì, 6 settembre 2007 (ZENIT.org).- Le divisioni tra cattolici, ortodossi ed evangelici “sono corresponsabili delle divisioni in Europa e della secolarizzazione di questo continente”, sostiene il Cardinal Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani,

    Così ha detto, questo mercoledì, il porporato tedesco nella Sessione d'Apertura della Terza Assemblea Ecumenica Europea di Sibiu, in Romania, in svolgimento fino a domenica prossima, nel tracciare un breve quadro dello stato di avanzamento del cammino ecumenico e dei suoi riflessi sul processo di unificazione del Vecchio Continente.

    Secondo il Cardinal Kasper, le Chiese che credono in Gesù Cristo, pur muovendo su un saldo terreno comune, custodiscono questo “tesoro in vasi di creta”.

    “A causa delle nostre divisioni abbiamo oscurato la luce di Gesù Cristo per molte persone ed abbiamo reso la realtà Gesù Cristo non credibile”, ha detto.

    “Le nostre divisioni – e la storia ne è la dimostrazione – sono corresponsabili delle divisioni in Europa e della secolarizzazione di questo continente”, ha quindi aggiunto.

    “Le nostre divisioni, inoltre, sono corresponsabili dei dubbi che molti hanno nei confronti della Chiesa, nonché del loro metterla in discussione. Di fronte a tale situazione, in cui le nostre Chiese si trovano, non possiamo affatto ritenerci contenti di noi stessi; non possiamo continuare ad andare avanti come se nulla fosse”.

    Reazioni ai Responsa

    Successivamente il porporato ha accennato alle reazioni al recente documento vaticano, pubblicato il 10 luglio scorso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e intitolato "Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la Dottrina sulla Chiesa" (o più brevemente come Responsa ), nel quale – si legge nel testo – si precisa "il significato autentico di talune espressioni ecclesiologiche magisteriali, che nel dibattito teologico rischiano di essere fraintese".

    A questo proposito il porporato ha affermato: “So che molti, in particolar modo molti fratelli e sorelle evangelici, si sono sentiti feriti da ciò. Questo non lascia indifferente neanche me e rappresenta un peso anche per me”.

    “Poiché la sofferenza ed il dolore dei miei amici è anche il mio dolore. Non era nelle nostre intenzioni ferire o sminuire chicchessia”, ha ammesso.

    “Volevamo rendere testimonianza della Verità, cosa che ci attendiamo anche da parte delle altre Chiese, e così come le altre Chiese di certo fanno”, ha poi sottolineato.

    Nonostante questo, ha continuato il porporato, nel documento si sottolinea che “Gesù Cristo è presente con potere salvifico anche nelle Chiese e nelle comunità ecclesiali separate da noi”.

    “Le divergenze non riguardano quindi l’essere cristiano, e non riguardano neanche la questione della salvezza; le differenze fanno riferimento alla questione della concreta mediazione salvifica, nonché alla forma visibile della Chiesa”, ha spiegato.

    Tuttavia, il “vero nodo gordiano” da sciogliere riguarda la comprensione della Chiesa e dell'Eucaristia e la “terapia” può avere luogo solo attraverso “la purificazione della memoria”, ha detto richiamando la famosa espressione usata da Giovanni Paolo II.

    “Nessun progresso ecumenico sarà possibile senza conversione e penitenza. Da ciò deve provenire la disponibilità al rinnovamento e alla riforma, che è necessaria in ogni Chiesa e che richiede ad ogni Chiesa di comiciare da se stessa”, ha detto.

    Scambio di doni

    Il porporato ha quindi affermato che il “metodo delle convergenze”, adottato finora nel dialogo ecumenico, si è dimostrato fruttuoso in molte questioni, come ha dimostrato anche la firma della Dichiarazione congiunta della Chiesa Cattolica e della Federazione Luterana Mondiale sulla dottrina della giustificazione (Augusta , 31 ottobre 1999), però nel frattempo “questo metodo si è palesemente esaurito”.

    A fronte di questo momento di stagnazione dell'ecumenismo il porporato ha chiamato a “testimoniare gli uni gli altri le nostre rispettive posizioni in modo onesto e coinvolgente”, evitando toni polemici e attraverso un arricchimento reciproco.

    A questo proposito il porporato ha indicato alcuni ambiti specifici in cui le diverse confessioni cristiane hanno potuto trarre profitto come l'approfondimento della Sacra Scrittura, la rinnovata attenzione per le forme liturgiche, e la maggiore sensibilità per il senso del sacro e l'arte sacra.

    Tuttavia, ha sottolineato, non è possibile “'costruire' l'unità; essa non può essere una nostra opera. Essa è un dono dello Spirito di Dio; Egli sono può riconciliare i cuori. Per questo Spirito di unità noi dobiamo pregare”.

    Unità dei cristiani ed Europa

    Più tardi il Cardinale ha legato la questione dell'unità visibile e piena di tutti i cristiani con le sorti dell'Europa: “L’unità dei cristiani è subordinata all’unità del mondo e, in particolare nella nostra situazione, all’unificazione dell’Europa”.

    Purtroppo, “oggi l’Europa corre il rischio non solo di tradire i propri ideali quanto piuttosto di dimenticarli in modo banale”.

    “Il pericolo principale non è rappresentato dall’opposizione atea quanto piuttosto dalla dimenticanza di Dio, che semplicemente passa sopra i precetti di Dio, dall’indifferenza, dalla superficialità, dall’individualismo e dalla mancanza di disponibilità ad impegnarsi per il bene comune e a saper sacrificarsi per questo scopo”, ha continuato.

    “La nuova evangelizzazione è il nosto compito. Viene richiesto il pane nero della fede convinta e vissuta. L’Europa non può essere solo una unità economica e politica; l’Europa necessita, se vuole avere un futuro, di una visione comune e di un comune sistema di valori fondamentali”.

    “L’Europa, e questo significa: noi cristiani d’Europa dobbiamo infine destarci; l’Europa deve schierarsi dalla propria parte, dalla parte della sua storia e dei suoi valori che un tempo le hanno dato grandezza e che possono garantirle un nuovo avvenire”, ha sottolineato.

    “Questa è la nostra missione comune”, ha infine concluso.

    Fonte: Zenit, 6.9.2007

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    Durante questa conferenza di Sibiu stiamo assistendo ad una mirabile sintesi delle assurdità neomoderniste e neoecumeniste. Ad es., che chi si oppone al (loro) cammino ecumenico sarebbe ignorante nel cristianesimo (Card. Erdő) o che la “divisione delle Chiese” sarebbe all’origine della secolarizzazione (Card. Kasper) ed altre amenità.
    Questi personaggi non hanno limiti alla decenza! Nessuna vergogna. Sono loro a non aver compreso nulla del cristianesimo visto che auspicano la creazione di una sorta di “super Chiesa”, che certamente non è quella fondata da Cristo. L’unico vero ecumenismo è un ecumenismo di ritorno degli eretici e degli scismatici all’unico ovile di Dio (la Chiesa cattolica), accettando gli erranti le verità e facendo atto di sottomissione al Papa. Non è neppure un ritorno “parziale”, cioè nel senso che si possa far astrazione dalle verità proclamate nel secondo millennio cristiano. Chi dice il contrario è lui a non aver compreso nulla del cristianesimo. Il ritorno non può che essere TOTALE. Se così non è, esso sarebbe menzognero e certamente non voluto da Dio.
    Quanto al fatto che la divisione delle chiese sarebbe all’origine della secolarizzazione, ciò è falso se riferito alla Chiesa cattolica. Viceversa, è vera se riferita alle comunità protestanti ed anglicane nel cui seno è nato l’ateismo e, quindi, la secolarizzazione.

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    Cardinale Tettamanzi: Sibiu, “un luminoso anticipo dell’unità nello Spirito”

    Meditazione biblica per la preghiera del mattino


    SIBIU, giovedì, 6 settembre 2007 (ZENIT.org).- L'Assemblea Ecumenica Europea di Sibiu rappresenta “un luminoso anticipo dell’unità nello Spirito”, ha detto giovedì il Cardinale Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo Metropolita di Milano.

    Nel meditare su un racconto evangelico per la preghiera del mattino, il porporato ha affermato che l'evento in corso in Romania raappresenta una esperienza simile a quella dei tre discepoli che poterono contemplare la Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor.

    “Un’assemblea ecumenica, se come Gesù sa ritirarsi in disparte per pregare e ascoltare la parola rivelata nell’unità dei due Testamenti e se cerca di aprirsi alla comunione di Dio con tutti i suoi figli, lascia trasparire la luce divina dello Spirito che l’abita e la trasfigura”, ha detto.

    “A radunarsi a Sibiu in questa nostra Assemblea Ecumenica è l’unica Chiesa del Signore. Anche se il percorso storico del movimento ecumenico appare faticoso e controverso, noi qui possiamo vivere un’esperienza simile a quella del monte Tabor”, ha aggiunto.

    “Chi - come Pietro, Giacomo, Giovanni - si lascia chiamare dal Maestro a pregare con lui e non si lascia opprimere dal torpore del sonno può contemplare la bellezza della comunione universale”, ha continuato.

    “Questa ci è già donata in Cristo e lo Spirito di Dio ne suscita la percezione nel cuore di chi tra noi sa decidersi per il santo viaggio alla sequela del Signore”, ha affermato il Cardinale Tettamanzi.

    Perciò, “la conversione, cui le Chiese sono chiamate, consiste nel cogliere la 'cosa nuova' che il Signore sta facendo”, l' “azione nuova” dello Spirito Santo che “vivifica e trasfigura” e “suscita l’attesa del Signore che viene”.

    Questo perché senza lo Spirito Santo e senza l’attesa “la Chiesa è soltanto un’organizzazione religiosa di questo mondo, l’ecumenismo un’attività diplomatica alla ricerca di successi nelle relazioni bilaterali, l’unità la realizzazione in tempi differenti di un 'modello di chiesa' sociologicamente vincente”.

    È lo Spirito che “fa della Chiesa l’icona della comunione trinitaria vissuta nella libertà della fede, dell’ecumenismo l’iniziativa interiore che converte i cuori a Dio e li riconcilia in Cristo, dell’unità l’evento celebrato in modo multilaterale e contemporaneo da tutte la Chiese insieme”.

    “Questo evento è l’ 'impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio' (Mc 10,27). Lo vedremo tutti un giorno, come i discepoli videro quello di Pasqua. Ma come tre di questi discepoli pregustarono la visione del corpo trasfigurato di Gesù, noi oggi a Sibiu abbiamo il privilegio di contemplare”, ha poi concluso.

    Fonte: Zenit, 6.9.2007

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    Predefinito Ecco la vera voce della Chiesa, non quella dei venditori di fumo testé ricordata

    PIO XI

    LETTERA ENCICLICA
    MORTALIUM ANIMOS
    DEL SOMMO PONTEFICE

    SULLA DIFESA DELLA VERITÀ
    RIVELATA DA GESÙ


    Ai Reverendi Patriarchi,
    Primati, Arcivescovi, Vescovi
    ed agli altri Ordinari locali
    che hanno pace e comunione con la Sede Apostolica.

    Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.

    Forse in passato non è mai accaduto che il cuore delle creature umane fosse preso come oggi da un così vivo desiderio di fraternità — nel nome della stessa origine e della stessa natura — al fine di rafforzare ed allargare i rapporti nell’interesse della società umana. Infatti, quantunque le nazioni non godano ancora pienamente i doni della pace, ed anzi in talune località vecchi e nuovi rancori esplodano in sedizioni e lotte civili, né d’altra parte è possibile dirimere le numerosissime controversie che riguardano la tranquillità e la prosperità dei popoli, ove non intervengano l’azione e l’opera concorde di coloro che governano gli Stati e ne reggono e promuovono gli interessi, facilmente si comprende — tanto più che convengono ormai tutti intorno all’unità del genere umano — come siano molti coloro che bramano vedere sempre più unite tra di loro le varie nazioni, a ciò portate da questa fratellanza universale.

    Un obiettivo non dissimile cercano di ottenere alcuni per quanto riguarda l’ordinamento della Nuova Legge, promulgata da Cristo Signore. Persuasi che rarissimamente si trovano uomini privi di qualsiasi sentimento religioso, sembrano trarne motivo a sperare che i popoli, per quanto dissenzienti gli uni dagli altri in materia di religione, pure siano per convenire senza difficoltà nella professione di alcune dottrine, come su un comune fondamento di vita spirituale. Perciò sono soliti indire congressi, riunioni, conferenze, con largo intervento di pubblico, ai quali sono invitati promiscuamente tutti a discutere: infedeli di ogni gradazione, cristiani, e persino coloro che miseramente apostatarono da Cristo o che con ostinata pertinacia negano la divinità della sua Persona e della sua missione. Non possono certo ottenere l’approvazione dei cattolici tali tentativi fondati sulla falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in quanto tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano egualmente quel sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo portati a Dio e all’ossequente riconoscimento del suo dominio. Orbene, i seguaci di siffatta teoria, non soltanto sono nell’inganno e nell’errore, ma ripudiano la vera religione depravandone il concetto e svoltano passo passo verso il naturalismo e l’ateismo; donde chiaramente consegue che quanti aderiscono ai fautori di tali teorie e tentativi si allontanano del tutto dalla religione rivelata da Dio.

    Ma dove, sotto l’apparenza di bene, si cela più facilmente l’inganno, è quando si tratta di promuovere l’unità fra tutti i cristiani. Non è forse giusto — si va ripetendo — anzi non è forse conforme al dovere che quanti invocano il nome di Cristo si astengano dalle reciproche recriminazioni e si stringano una buona volta con i vincoli della vicendevole carità? E chi oserebbe dire che ama Cristo se non si adopera con tutte le forze ad eseguire il desiderio di Lui, che pregò il Padre perché i suoi discepoli « fossero una cosa sola »? [1]. E lo stesso Gesù Cristo non volle forse che i suoi discepoli si contrassegnassero e si distinguessero dagli altri per questa nota dell’amore vicendevole: « In ciò conosceranno tutti che siete miei discepoli se vi amerete l’un l’altro»? [2]. E volesse il Cielo, soggiungono, che tutti quanti i cristiani fossero « una cosa sola »; sarebbero assai più forti nell’allontanare la peste dell’empietà, la quale, serpeggiando e diffondendosi ogni giorno più, minaccia di travolgere il Vangelo.

    Questi ed altri simili argomenti esaltano ed eccitano coloro che si chiamano pancristiani, i quali, anziché restringersi in piccoli e rari gruppi, sono invece cresciuti, per così dire, a schiere compatte, riunendosi in società largamente diffuse, per lo più sotto la direzione di uomini acattolici, pur fra di loro dissenzienti in materia di fede. E intanto si promuove l’impresa con tale operosità, da conciliarsi qua e là numerose adesioni e da cattivarsi perfino l’animo di molti cattolici con l’allettante speranza di riuscire ad un’unione che sembra rispondere ai desideri di Santa Madre Chiesa, alla quale certo nulla sta maggiormente a cuore che il richiamo e il ritorno dei figli erranti al suo grembo. Ma sotto queste insinuanti blandizie di parole si nasconde un errore assai grave che varrebbe a scalzare totalmente i fondamenti della fede cattolica.

    Pertanto, poiché la coscienza del Nostro Apostolico ufficio ci impone di non permettere che il gregge del Signore venga sedotto da dannose illusioni, richiamiamo, Venerabili Fratelli, il vostro zelo contro così grave pericolo, sicuri come siamo che per mezzo dei vostri scritti e della vostra parola giungeranno più facilmente al popolo (e dal popolo saranno meglio intesi) i princìpi e gli argomenti che siamo per esporre. Così i cattolici sapranno come giudicare e regolarsi di fronte ad iniziative intese a procurare in qualsivoglia maniera l’unione in un corpo solo di quanti si dicono cristiani.

    Dio, Fattore dell’Universo, Ci creò perché lo conoscessimo e lo servissimo; ne segue che Egli ha pieno diritto di essere da noi servito. Egli avrebbe bensì potuto, per il governo dell’uomo, prescrivere soltanto la pura legge naturale, da lui scolpitagli nel cuore nella stessa creazione, e con ordinaria sua provvidenza regolare i progressi di questa medesima legge. Invece preferì imporre dei precetti ai quali ubbidissimo e nel corso dei secoli, ossia dalle origini del genere umano alla venuta e alla predicazione di Gesù Cristo, Egli stesso volle insegnare all'uomo i doveri che legano gli esseri ragionevoli al loro Creatore: « Iddio, che molte volte e in diversi modi aveva parlato un tempo ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del figlio » [3]. Dal che consegue non potersi dare vera religione fuori di quella che si fonda sulla parola rivelata da Dio, la quale rivelazione, cominciata da principio e continuata nell’Antico Testamento, fu compiuta poi nel Nuovo dallo stesso Gesù Cristo. Orbene, se Dio ha parlato, e che abbia veramente parlato è storicamente certo, tutti comprendono che è dovere dell’uomo credere assolutamente alla rivelazione di Dio e ubbidire in tutto ai suoi comandi: e appunto perché rettamente l’una cosa e l’altra noi adempissimo, per la gloria divina e la salvezza nostra, l’Unigenito Figlio di Dio fondò sulla terra la sua Chiesa. Quanti perciò si professano cristiani non possono non credere alla istituzione di una Chiesa, e di una Chiesa sola, per opera di Cristo; ma se s’indaga quale essa debba essere secondo la volontà del suo Fondatore, allora non tutti sono consenzienti. Fra essi, infatti, un buon numero nega, per esempio, che la Chiesa di Cristo debba essere visibile, almeno nel senso che debba apparire come un solo corpo di fedeli, concordi in una sola e identica dottrina, sotto un unico magistero e governo, intendendo per Chiesa visibile nient’altro che una Confederazione formata dalle varie comunità cristiane, benché aderiscano chi ad una chi ad altra dottrina, anche se dottrine fra loro opposte. Invece Cristo nostro Signore fondò la sua Chiesa come società perfetta, per sua natura esterna e sensibile, affinché proseguisse nel tempo avvenire l’opera della salvezza del genere umano, sotto la guida di un solo capo [4], con l’insegnamento a viva voce [5], con l'amministrazione dei sacramenti, fonti della grazia celeste [6]; perciò Egli la dichiarò simile ad un regno [7], a una casa [8], ad un ovile [9], ad un gregge [10]. Tale Chiesa così meravigliosamente costituita, morti il suo Fondatore e gli Apostoli, che primi la propagarono, non poteva assolutamente cessare ed estinguersi, poiché ad essa era stato affidato il compito di condurre alla salvezza eterna tutti gli uomini, senza distinzione di tempo e di luogo: « Andate adunque e insegnate a tutte le genti » [11]. Ora, nel continuo adempimento di questo ufficio, potranno forse venir meno alla Chiesa il valore e l’efficacia, se è continuamente assistita dallo stesso Cristo, secondo la solenne promessa: « Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo »? [12].

    Necessariamente, quindi, non solo la Chiesa di Cristo deve sussistere oggi e in ogni tempo, ma anzi deve sussistere quale fu al tempo apostolico, se non vogliamo dire — il che è assurdo — che Cristo Signore o sia venuto meno al suo intento, o abbia errato quando affermò che le porte dell’inferno non sarebbero mai prevalse contro la Chiesa [13].

    E qui si presenta l’opportunità di chiarire e confutare una falsa opinione, da cui sembra dipenda tutta la presente questione e tragga origine la molteplice azione degli acattolici, operante, come abbiamo detto, alla riunione delle Chiese cristiane.

    I fautori di questa iniziativa quasi non finiscono di citare le parole di Cristo: « Che tutti siano una cosa sola… Si farà un solo ovile e un solo pastore » [14], nel senso però che quelle parole esprimano un desiderio e una preghiera di Gesù Cristo ancora inappagati. Essi sostengono infatti che l’unità della fede e del governo — nota distintiva della vera e unica Chiesa di Cristo — non sia quasi mai esistita prima d’ora, e neppure oggi esista; essa può essere sì desiderata e forse in futuro potrebbe anche essere raggiunta mediante la buona volontà dei fedeli, ma rimarrebbe, intanto, un puro ideale. Dicono inoltre che la Chiesa, per sé o di natura sua, è divisa in parti, ossia consta di moltissime chiese o comunità particolari, le quali, separate sinora, pur avendo comuni alcuni punti di dottrina, differiscono tuttavia in altri; a ciascuna competono gli stessi diritti; la Chiesa al più fu unica ed una dall’età apostolica sino ai primi Concili Ecumenici. Quindi soggiungono che, messe totalmente da parte le controversie e le vecchie differenze di opinioni che sino ai giorni nostri tennero divisa la famiglia cristiana, con le rimanenti dottrine si dovrebbe formare e proporre una norma comune di fede, nella cui professione tutti si possano non solo riconoscere, ma sentire fratelli; e che soltanto se unite da un patto universale, le molte chiese o comunità saranno in grado di resistere validamente con frutto ai progressi dell’incredulità.

    Così, Venerabili Fratelli, si va dicendo comunemente. Vi sono però taluni che affermano e ammettono che troppo sconsigliatamente il Protestantesimo rigettò alcuni punti di fede e qualche rito del culto esterno, certamente accettabili ed utili, che la Chiesa Romana invece conserva. Ma tosto soggiungono che questa stessa Chiesa corruppe l’antico cristianesimo aggiungendo e proponendo a credere parecchie dottrine non solo estranee, ma contrarie al Vangelo, tra le quali annoverano, come principale, quella del Primato di giurisdizione, concesso a Pietro e ai suoi successori nella Sede Romana. Tra costoro ci sono anche alcuni, benché pochi in verità, i quali concedono al Romano Pontefice un primato di onore o una certa giurisdizione e potestà, facendola però derivare non dal diritto divino, ma in certo qual modo dal consenso dei fedeli; altri giungono perfino a volere lo stesso Pontefice a capo di quelle loro, diciamo così, variopinte riunioni. Che se è facile trovare molti acattolici che predicano con belle parole la fraterna comunione in Gesù Cristo, non se ne rinviene uno solo a cui cada in mente di sottomettersi al governo del Vicario di Gesù Cristo o di ubbidire al suo magistero. E intanto affermano di voler ben volentieri trattare con la Chiesa Romana, ma con eguaglianza di diritti, cioè da pari a pari; e certamente se potessero così trattare, lo farebbero con l’intento di giungere a una convenzione la quale permettesse loro di conservare quelle opinioni che li tengono finora vaganti ed erranti fuori dell’unico ovile di Cristo.

    A tali condizioni è chiaro che la Sede Apostolica non può in nessun modo partecipare alle loro riunioni e che in nessun modo i cattolici possono aderire o prestare aiuto a siffatti tentativi; se ciò facessero, darebbero autorità ad una falsa religione cristiana, assai lontana dall’unica Chiesa di Cristo. Ma potremo Noi tollerare l’iniquissimo tentativo di vedere trascinata a patteggiamenti la verità, la verità divinamente rivelata? Ché qui appunto si tratta di difendere la verità rivelata. Gesù Cristo inviò per l’intero mondo gli Apostoli a predicare il Vangelo a tutte le nazioni; e perché in nulla avessero ad errare volle che anzitutto essi fossero ammaestrati in ogni verità, dallo Spirito Santo [15]; forse che questa dottrina degli Apostoli venne del tutto a meno o si offuscò talvolta nella Chiesa, diretta e custodita da Dio stesso? E se il nostro Redentore apertamente disse che il suo Vangelo riguardava non solo il periodo apostolico, ma anche le future età, poté forse l’oggetto della fede, col trascorrere del tempo, divenire tanto oscuro e incerto da doversi tollerare oggi opinioni fra loro contrarie? Se ciò fosse vero, si dovrebbe parimenti dire che la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e la perpetua permanenza nella Chiesa dello stesso Spirito e persino la predicazione di Gesù Cristo da molti secoli hanno perduto ogni efficacia e utilità: affermare ciò sarebbe bestemmia. Inoltre, l’Unigenito Figlio di Dio non solo comandò ai suoi inviati di ammaestrare tutti i popoli, ma anche obbligò tutti gli uomini a prestar fede alle verità che loro fossero annunziate « dai testimoni preordinati da Dio » [16], e al suo precetto aggiunse la sanzione « Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; ma chi non crederà, sarà condannato » [17].

    Ma questo doppio comando di Cristo, da osservarsi necessariamente, d’insegnare cioè e di credere per avere l’eterna salvezza, neppure si potrebbe comprendere se la Chiesa non proponesse intera e chiara la dottrina evangelica e non fosse immune da ogni pericolo di errore nell’insegnarla. Perciò è lontano dal vero chi ammette sì l’esistenza in terra di un deposito di verità, ma pensa poi che sia da cercarsi con tanto faticoso lavoro, con tanto diuturno studio e dispute, che a mala pena possa bastare la vita di un uomo per trovarlo e goderne; quasi che il benignissimo Iddio avesse parlato per mezzo dei Profeti e del suo Unigenito perché pochi soltanto, e già molto avanzati negli anni, imparassero le verità rivelate, e non per imporre una dottrina morale che dovesse reggere l’uomo in tutto il corso della sua vita.

    Potrà sembrare che questi pancristiani, tutti occupati nell’unire le chiese, tendano al fine nobilissimo di fomentare la carità fra tutti i cristiani; ma come mai potrebbe la carità riuscire in danno della fede? Nessuno certamente ignora che lo stesso apostolo della carità, San Giovanni (il quale nel suo Vangelo pare abbia svelato i segreti del Cuore sacratissimo di Gesù che sempre soleva inculcare ai discepoli il nuovo comandamento: « Amatevi l’un l’altro »), ha vietato assolutamente di avere rapporti con coloro i quali non professano intera ed incorrotta la dottrina di Cristo: « Se qualcuno viene da voi e non porta questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo nemmeno » [18]. Quindi, appoggiandosi la carità, come su fondamento, sulla fede integra e sincera, è necessario che i discepoli di Cristo siano principalmente uniti dal vincolo dell’unità della fede.

    Come dunque si potrebbe concepire una Confederazione cristiana, i cui membri, anche quando si trattasse dell’oggetto della fede, potessero mantenere ciascuno il proprio modo di pensare e giudicare, benché contrario alle opinioni degli altri? E in che modo, di grazia, uomini che seguono opinioni contrarie potrebbero far parte di una sola ed eguale Confederazione di fedeli? Come, per esempio, chi afferma che la sacra Tradizione è fonte genuina della divina Rivelazione e chi lo nega? Chi tiene per divinamente costituita la gerarchia ecclesiastica, formata di vescovi, sacerdoti e ministri, e chi asserisce che è stata a poco a poco introdotta dalla condizione dei tempi e delle cose? Chi adora Cristo realmente presente nella santissima Eucaristia per quella mirabile conversione del pane e del vino, che viene detta transustanziazione, e chi afferma che il Corpo di Cristo è ivi presente solo per la fede o per il segno e la virtù del Sacramento? Chi riconosce nella stessa Eucaristia la natura di sacrificio e di Sacramento, e chi sostiene che è soltanto una memoria o commemorazione della Cena del Signore? Chi Stima buona e utile la supplice invocazione dei Santi che regnano con Cristo, soprattutto della Vergine Madre di Dio, e la venerazione delle loro immagini, e chi pretende che tale culto sia illecito, perché contrario all’onore « dell’unico mediatore di Dio e degli uomini » [19], Gesù Cristo? Da così grande diversità d’opinioni non sappiamo come si prepari la via per formare l’unità della Chiesa, mentre questa non può sorgere che da un solo magistero, da una sola legge del credere e da una sola fede nei cristiani; sappiamo invece benissimo che da quella diversità è facile il passo alla noncuranza della religione, cioè all’indifferentismo e al cosiddetto modernismo, il quale fa ritenere, da chi ne è miseramente infetto, che la verità dogmatica non è assoluta, ma relativa, cioè proporzionata alle diverse necessità dei tempi e dei luoghi e alle varie tendenze degli spiriti, non essendo essa basata sulla rivelazione immutabile, ma sull’adattabilità della vita. Inoltre in materia di fede, non è lecito ricorrere a quella differenza che si volle introdurre tra articoli fondamentali e non fondamentali, quasi che i primi si debbano da tutti ammettere e i secondi invece siano lasciati liberi all’accettazione dei fedeli. La virtù soprannaturale della fede, avendo per causa formale l’autorità di Dio rivelante, non permette tale distinzione. Sicché tutti i cristiani prestano, per esempio, al dogma della Immacolata Concezione la stessa fede che al mistero dell’Augusta Trinità, e credono all’Incarnazione del Verbo non altrimenti che al magistero infallibile del Romano Pontefice, nel senso, naturalmente, determinato dal Concilio Ecumenico Vaticano. Né per essere state queste verità con solenne decreto della Chiesa definitivamente determinate, quali in un tempo quali in un altro, anche se a noi vicino, sono perciò meno certe e meno credibili? Non le ha tutte rivelate Iddio? Il magistero della Chiesa — che per divina Provvidenza fu stabilito nel mondo affinché le verità rivelate si conservassero sempre incolumi, e facilmente e con sicurezza giungessero a conoscenza degli uomini, — benché quotidianamente si eserciti dal Romano Pontefice e dai Vescovi in comunione con lui, ha però l’ufficio di procedere opportunamente alla definizione di qualche punto con riti e decreti solenni, se accada di doversi opporre più efficacemente agli errori e agli assalti degli eretici, oppure d’imprimere nelle menti dei fedeli punti di sacra dottrina più chiaramente e profondamente spiegati. Però con questo uso straordinario del magistero non si introducono invenzioni né si aggiunge alcunché di nuovo al complesso delle dottrine che, almeno implicitamente, sono contenute nel deposito della Rivelazione divinamente affidato alla Chiesa, ma si dichiarano i punti che a parecchi forse ancora potrebbero sembrare oscuri, o si stabiliscono come materia di fede verità che prima da taluno si reputavano controverse.

    Pertanto, Venerabili Fratelli, facilmente si comprende come questa Sede Apostolica non abbia mai permesso ai suoi fedeli d’intervenire ai congressi degli acattolici; infatti non si può altrimenti favorire l’unità dei cristiani che procurando il ritorno dei dissidenti all’unica vera Chiesa di Cristo, dalla quale essi un giorno infelicemente s’allontanarono: a quella sola vera Chiesa di Cristo che a tutti certamente è manifesta e che, per volontà del suo Fondatore, deve restare sempre quale Egli stesso la istituì per la salvezza di tutti. Poiché la mistica Sposa di Cristo nel corso dei secoli non fu mai contaminata né giammai potrà contaminarsi, secondo le parole di Cipriano: «Non può adulterarsi la Sposa di Cristo: è incorrotta e pudica. Conosce una casa sola, custodisce con casto pudore la santità di un solo talamo » [20]. Pertanto lo stesso santo Martire a buon diritto grandemente si meravigliava come qualcuno potesse credere « che questa unità la quale procede dalla divina stabilità ed è saldata per mezzo di sacramenti celesti, possa scindersi nella Chiesa e separarsi per dissenso di volontà discordanti » [21]. Essendo il corpo mistico di Cristo, cioè la Chiesa [22] uno, ben connesso [23]; e solidamente collegato, come il suo corpo fisico, sarebbe grande stoltezza dire che il corpo mistico possa essere il risultato di componenti disgiunti e separati. Chiunque perciò non è con esso unito, non è suo membro né comunica con il capo che è Cristo [24].

    Orbene, in quest’unica Chiesa di Cristo nessuno si trova, nessuno vi resta senza riconoscere e accettare, con l’ubbidienza, la suprema autorità di Pietro e dei suoi legittimi successori. E al Vescovo Romano, come a Sommo Pastore delle anime, non ubbidirono forse gli antenati di coloro che sono annebbiati dagli errori di Fozio e dei riformatori? Purtroppo i figli abbandonarono la casa paterna, ma non per questo essa andò in rovina, sostenuta come era dal continuo aiuto di Dio. Ritornino dunque al Padre comune; e questi, dimenticando le ingiurie già scagliate contro la Sede Apostolica, li riceverà con tutto l’affetto del cuore. Che se, come dicono, desiderano unirsi con Noi e con i Nostri, perché non si affrettano ad entrare nella Chiesa, « madre e maestra di tutti i seguaci di Cristo » [25]?

    Ascoltino le affermazioni di Lattanzio: a « Soltanto… la Chiesa cattolica conserva il culto vero. Essa è la fonte della verità; questo è il domicilio della fede, questo il tempio di Dio; se qualcuno non vi entrerà, o da esso uscirà, resterà lontano dalla speranza della vita e della salvezza. E non conviene cercare d’ingannare se stesso con dispute pertinaci. Qui si tratta della vita e della salvezza: se a ciò non si provvede con diligente cautela, esse saranno perdute e si estingueranno » [26].

    Dunque alla Sede Apostolica, collocata in questa città che i Prìncipi degli Apostoli Pietro e Paolo consacrarono con il loro sangue; alla Sede « radice e matrice della Chiesa cattolica » [27], ritornino i figli dissidenti, non già con l’idea e la speranza che la « Chiesa del Dio vivo, colonna e sostegno della verità » [28] faccia getto dell’integrità della fede e tolleri i loro errori, ma per sottomettersi al magistero e al governo di lei.

    Volesse il cielo che toccasse a Noi quanto sinora non toccò ai nostri predecessori, di poter abbracciare con animo di padre i figli che piangiamo separati da Noi per funesta divisione; oh! se il nostro divin Salvatore « il quale vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità » [29], ascoltando le Nostre ardenti preghiere si degnasse richiamare all’unità della Chiesa tutti gli erranti! Per tale obiettivo, senza dubbio importantissimo, disponiamo e vogliamo che si invochi l’intercessione della Beata Vergine Maria, Madre della divina grazia, debellatrice di tutte le eresie, aiuto dei Cristiani, affinché quanto prima ottenga il sorgere di quel desideratissimo giorno, quando gli uomini udiranno la voce del Suo divin Figlio « conservando l’unità dello Spirito nel vincolo della pace » [30].

    Voi ben comprendete, Venerabili Fratelli, quanto desideriamo questo ritorno; e bramiamo che ciò sappiano tutti i figli Nostri, non soltanto i cattolici, ma anche i dissidenti da Noi: i quali, se imploreranno con umile preghiera i lumi celesti, senza dubbio riconosceranno la vera Chiesa di Cristo e in essa finalmente entreranno, uniti con Noi in perfetta carità. Nell’attesa di tale avvenimento, auspice dei divini favori e testimone della paterna nostra benevolenza, a Voi, Venerabili Fratelli, al clero e al popolo vostro impartiamo di tutto cuore l’Apostolica Benedizione.

    Dato a Roma, presso San Pietro, il 6 gennaio, festa della Epifania di N.S. Gesù Cristo, l’anno 1928, sesto del Nostro Pontificato.

    PIUS PP.XI
    --------------------------------------------------------------------------

    [1] Ioann., XVII, 21.

    [2] Ioann., XIII, 35.

    [3] Hebr., I, 1 seq.

    [4] Matth., XVI, 18 seq.: Luc., XXII, 32; Ioann., XXI, 15-17.

    [5] Marc., XVI, 15.

    [6] Ioann., III, 5; VI,48-59; XX, 22 seq.; cf. Matth., XVIII, 18; etc.

    [7] Matth., XIII

    [8] Cf. Matth., XVI, 18.

    [9] Ioann., X, 16.

    [10] Ioann., XXI, 15-17.

    [11] Matth., XXVIII, 19.

    [12] Matth., XXVIII, 20.

    [13] Matth., XVI, 18.

    [14] Ioann., XVII, 21; X, 16.

    [15] Ioann., XVI, 13. 1

    [16] Act., X, 41.

    [17] Marc., XVI, 16.

    [18] II Ioann., 10.

    [19] Cf. I Tim., II, 5.

    [20] De cath. Ecclesiae unitate, 6.

    [21] Ibidem.

    [22] I Cor., XII, 12.

    [23] Eph., IV, 15.

    [24] Cf. Eph., V, 30; I, 22.

    [25] Conc. Lateran. IV, c. 5.

    [26] Divin instit., IV, 30, 11-12.

    [27] S. Cypr., Ep. 48 ad Cornelium, 3.

    [28] I Tim., 111, 15.

    [29] I Tim., II, 4.

    [30] Eph., IV, 3.

  6. #6
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    L’unico vero ecumenismo è un ecumenismo di ritorno degli eretici e degli scismatici all’unico ovile di Dio (la Chiesa cattolica), accettando gli erranti le verità e facendo atto di sottomissione al Papa.
    D'accordo, ma per agevolare questo ritorno da parte di Roma serve una chiara spiegazione della dottrina in maniera sempre più approfondita, correzione fraterna, confutazione degli errori protestanti e degli orientali separati, preghiera e riconoscimento di quello che di buono in loro è restato e che hanno ereditato dalla Chiesa Cattolica dalla quale purtroppo si sono separati. Mi viene in mente ad esempio al Rito bizantino.
    Il problema della separazione dei cristiani riguarda anche il fatto che quando uno decide di convertirsi al cristianesimo deve compiere il passo ulteriore di riconoscere la Chiesa cattolica come la vera Chiesa di Cristo e vedere gli errori delle altre chiese e comunità umane. Passo questo che non è facile e può ostacolare la conversione di queste persone. Se non ci fossero stati questi scismi di dimensioni colossali, questo passo ulteriore da compiere non sarebbe stato necessario. Dio solo sa nella sua infinita Bontà e Provvidenza il motivo per cui ha permesso che tantissimi cristiani si siano separati dando vita a comunità e Chiese particolari che ancora esistono.

    CIAO

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    Citazione Originariamente Scritto da Eugenius Visualizza Messaggio
    D'accordo, ma per agevolare questo ritorno da parte di Roma serve una chiara spiegazione della dottrina in maniera sempre più approfondita, correzione fraterna, confutazione degli errori protestanti e degli orientali separati, preghiera e riconoscimento di quello che di buono in loro è restato e che hanno ereditato dalla Chiesa Cattolica dalla quale purtroppo si sono separati. Mi viene in mente ad esempio al Rito bizantino.
    Il problema della separazione dei cristiani riguarda anche il fatto che quando uno decide di convertirsi al cristianesimo deve compiere il passo ulteriore di riconoscere la Chiesa cattolica come la vera Chiesa di Cristo e vedere gli errori delle altre chiese e comunità umane. Passo questo che non è facile e può ostacolare la conversione di queste persone. Se non ci fossero stati questi scismi di dimensioni colossali, questo passo ulteriore da compiere non sarebbe stato necessario. Dio solo sa nella sua infinita Bontà e Provvidenza il motivo per cui ha permesso che tantissimi cristiani si siano separati dando vita a comunità e Chiese particolari che ancora esistono.

    CIAO
    Una cosa è certa, in ogni caso: il ritorno dei separati dalla Chiesa, dei dissidenti, non si può ottenere con i personaggi predetti, che, anziché ammonire, confermano gli erranti nel loro errore pernicioso.

  8. #8
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    Il Papa auspica che l'unità tra cristiani porti "pace e unità per gli Europei"


    MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AI PARTECIPANTI ALLA TERZA ASSEMBLEA ECUMENICA EUROPEA , 05.09.2007

    Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Papa ha inviato ai delegati e ai partecipanti alla Terza Assemblea Ecumenica Europea in corso a Sibiu (Romania) sul tema: "La luce di Cristo risplende su tutti gli uomini. La speranza del rinnovamento e dell’unità in Europa":

    Al Cardinale Péter Erdò,
    Presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa

    ed al Pastore Jean-Arnold de Clermont,
    Presidente della Conferenza della Chiese d'Europa

    È con gioia che rivolgo il mio saluto a tutti i delegati e partecipanti alla Terza Assemblea Ecumenica Europea a Sibiu, che riflette su un importante tema per la nuova evangelizzazione in Europa, "La luce di Cristo risplende su tutti gli uomini. La speranza del rinnovamento e dell'unità in Europa", e che si è prefissa il compito di "riconoscere una nuova luce nel Cristo crocifisso e risorto per favorire la via della riconciliazione tra i cristiani in Europa".

    Porgo il mio saluto ad ognuno di voi e, attraverso voi, al Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa e alla Conferenza delle Chiese d'Europa. Guardo a questo importante incontro nella viva speranza che esso faccia progredire il cammino ecumenico verso la ricomposizione della piena e visibile unità di tutti i cristiani. Questa, infatti, è una priorità pastorale che ho desiderato sottolineare fin dall'inizio del mio Pontificato. L'impegno nella ricerca dell'unità visibile di tutti i cristiani è essenziale, affinché la luce di Cristo possa risplendere su tutti gli uomini.

    Con il Concilio Vaticano II, come ha osservato il mio venerato Predecessore Papa Giovanni Paolo Il, "la Chiesa cattolica si è impegnata in modo irreversibile a percorrere la via della ricerca ecumenica, ponendosi così all'ascolto dello Spirito del Signore, che insegna come leggere attentamene i segni dei tempi" (Ut unum sint, 3). "Credere in Cristo significa volere l'unità; volere l'unità significa volere la Chiesa" (ibid., 9). Consapevole di questo, la Chiesa cattolica proseguirà fiduciosamente sul cammino della comunione e dell'unità dei cristiani, un cammino sicuramente difficile ma foriero di grande gioia (cf. ibid., 2).

    Quanti "segni dei tempi" ci hanno sostenuto ed incoraggiato a proseguire su questa strada, nel corso dei decenni e durante le precedenti Assemblee Ecumeniche Europee di Basilea (1989) e di Graz (1997), fino alla firma della Charta Oecumenica a Strasburgo nel 2001! Anche i numerosi incontri e celebrazioni ecumeniche, insieme al lavoro paziente del dialogo teologico a livello locale ed internazionale, ci hanno offerto segni incoraggianti e ci hanno fatto "prendere più viva coscienza della Chiesa come mistero di unità" (Novo millennio ineunte, 48). Il vero dialogo s’intesse là dove non c’è solo la parola ma anche l’ascolto, e dove nell’ascolto avviene l’incontro, nell’incontro la relazione e nella relazione la comprensione intesa come approfondimento e trasformazione del nostro essere cristiani. Il dialogo, dunque, riguarda non solo il campo del sapere e di ciò che siamo capaci di fare. Esso fa parlare piuttosto la persona credente, anzi il Signore stesso in mezzo a noi.

    Due elementi devono essere per noi di orientamento nel nostro impegno: il dialogo della verità e l’incontro nel segno della fratellanza. Entrambi hanno bisogno dell’ecumenismo spirituale come fondamento. Già il Concilio Vaticano II aveva notato: "Questa conversione del cuore e questa santità di vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l'unità dei cristiani, devono essere considerate come l’anima di tutto il movimento ecumenico" (Unitatis redintegratio, 8). La preghiera per l’unità rappresenta il cammino regale verso l’ecumenismo. Permette ai cristiani d’Europa di guardare con occhi nuovi a Cristo e all’unità della Sua Chiesa. Inoltre essa rende capaci di affrontare con coraggio sia i ricordi dolorosi di cui non è scevra la storia europea, sia i problemi sociali nell’era del relativismo oggi largamente predominante. In ogni epoca, uomini e donne di preghiera, a cui appartengono i numerosi testimoni della fede di tutte le confessioni, sono stati i principali costruttori di riconciliazione e di unità. Essi hanno ispirato i cristiani divisi a cercare il cammino della riconciliazione e dell’ unità.

    Noi cristiani dobbiamo essere consapevoli del compito che ci è stato affidato, che è quello di portare all’Europa e al mondo la voce di Colui che ha detto: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8,12). È nostro compito far risplendere la luce di Cristo davanti agli uomini e alle donne di oggi: non la nostra propria luce, ma quella di Cristo. Chiediamo allora a Dio l'unità e la pace per gli Europei e dimostriamoci pronti a contribuire ad un vero progresso della società in Europa, in oriente ed in occidente. Sono convinto che l'incontro di Sibiu offrirà spunti preziosi per proseguire ed intensificare la vocazione specifica dell’Europa, spunti che devono poi aiutare a costruire un futuro migliore per la sua popolazione.

    Auguro alla Terza Assemblea Ecumenica Europea a Sibiu, di riuscire a creare spazi di incontro per l’unità nella legittima diversità. In un’atmosfera di fiducia reciproca e nella consapevolezza che le nostre radici comuni sono molto più profonde delle nostre divisioni, sarà possibile infrangere una falsa autosufficienza e superare l’estraneità, sperimentando spiritualmente il fondamento comune della nostra fede. L'Europa ha bisogno di luoghi di incontro e di esperienze di unità nella fede guidate dallo Spirito. Invoco Dio perché renda, mediante il suo Spirito, la Vostra Assemblea di Sibiu un simile luogo.

    Che la luce di Cristo illumini il cammino del continente europeo! Il Signore benedica le vostre famiglie, le comunità, le Chiese e tutti coloro che, in ogni regione d'Europa, si professano discepoli di Cristo.

    Da Castel Gandolfo, 20 agosto 2007

    BENEDICTUS PP. XVI

    © Copyright 2007 - Libreria Editrice Vaticana

  9. #9
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    Che delusione! L'unità auspicata da Benedetto XVI sembra ben lontana da quella dell'autentico spirito ecumenico, come indicato da Pio XI. Infatti, il suo sembra più il convergere, il riuscire "a creare spazi di incontro per l’unità nella legittima diversità". Si tratta di un'espressione quantomeno ambigua, che lascia intendere che il suo ecumenismo non consiste nel ritorno degli erranti e dei dissidenti, ma in una "riunione", in una sorta di super-Chiesa, con i non-cattolici. Ma questa "super-Chiesa" non ha per fondatore Cristo, ma la superbia umana.

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da Augustinus Visualizza Messaggio
    Che delusione! L'unità auspicata da Benedetto XVI sembra ben lontana da quella dell'autentico spirito ecumenico, come indicato da Pio XI. Infatti, il suo sembra più il convergere, il riuscire "
    Non credo proprio...
    UT UNUM SINT!

 

 
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