4 giugno 1956 il Dipartimento di Stato Americano pubblica il rapporto segreto di Kruscev, in cui si condanna il "culto della personalità" di Stalin. E si aggiungono i particolari del suo essere dispotico all'interno del partito. (Il Pcus mi sembra non abbia mai smentito tale documento, sebbene Togliatti ammise che ci fossero delle parti non originali.)
Nell'appendice del libro "Togliatti ed il dopo Stalin" di Felice Froio, ed. Mursia vi è la traduzione di quel rapporto.
In Italiano
http://www.ebbemunk.dk/stalin/krusciov1.html
in Spagnolo
http://www.marxists.org/espanol/khru.../febrero25.htm
ed Inglese
http://www.fordham.edu/halsall/mod/1...v-secret1.html
Il New York Times pubblica il "rapporto segreto" presentato da Kruscev durante il XX congresso del PCUS. «Il dipartimento di Stato - dice la nota che accompagna il testo - ha di recente ottenuto da fonte confidenziale copia di un documento che si presume sia una versione del discorso pronunciato dal nuovo segretario del partito, Nikita Kruscev, alla seduta del 25 febbraio 1956 del XX Congresso del Partito comunista dell'Unione Sovietica [...] il dipartimento di Stato non garantisce l'autenticità del documento». Secondo alcuni storici, sono stati i comunisti polacchi a far giungere negli Stati Uniti il documento.
Pasolini scrisse
"Era un'epoca della mia vita in cui io, come scrittore, non potevo non tenere costantemente presente quella prospettiva e quindi questa non poteva non far parte immanente e continua della mia ispirazione. Non c'è dubbio che dopo il XX Congresso del Pcus io mi sono sentito sempre meno dubbioso, sempre più sicuro, sereno e deciso sul piano ideologico".
Dedica poi una poesia, Una polemica in versi, uno dei poemetti che compongono Le ceneri di Gramsci, criticando la burocratizzazione del PCI di quel tempo
"L'ora è confusa, e noi come perduti
la viviamo…", mi mormoravi, amaro,
disilluso di ciò che hai avuto per dieci anni dentro, così chiaro
che tra mondo e mente quasi era un idillio:
e ha la tua stanchezza – un po' volgare –
una smorfia di vecchio figlio
di immigrati meridionali
affamati e vili dietro il cipiglio
di poveri arrivati, d'ingenui dottrinari.
Hai voluto che la tua vita fosse
una lotta. Ed eccola ora sui binari
morti, ecco cascare le rosse
bandiere, senza vento.
[…]
Poi il canto, che s'era levato
gioioso, disperato, cessa, e il vecchio
lascia cadere la bandiera, e lento,
con le lacrime agli occhi,
si ricalca in capo il suo berretto.
Su questa baraonda della Villa, il buio
che sommerge la disperata allegria,
è, forse, più l'ombra del dubbio
che la precoce notte. È la nostalgia
dei vecchi tempi, la paura, pur bandita,
dell'errore, che spira tanta malinconia
– non l'aria d'autunno, o una sopita
pioggia – sulla sfiorita festa.
Ma in questa malinconia è la vita.
(P.P. Pasolini, Una polemica in versi,
da Le ceneri di Gramsci, Einaudi, Torino 1981)