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  1. #1
    Sardista po s'Indipendentzia
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    Post Po un’iscola prus sarda.

    Apro questo importantissimo tema, anticipando l’inizio del nuovo anno scolastico.
    Il titolo dato al "Thread" è quello della pubblicazione contenente gli Atti del Convegno omonimo, svoltosi ad Arborea l’8-9 maggio 2003 e presentato in un incontro-dibattito presso il Liceo Scientifico di Oristano il 23.05.05, al quale avevo partecipato.

    Prima di entrare nel merito dell’argomento, può essere utile postare la copertina e l’indice del libro (presente in tutte le biblioteche delle scuole sarde), poiché rappresenta lo stato “dell’arte” relativamente alle questioni della cosiddetta “autonomia scolastica” in Sardegna.


    INDICE


    Presentazione
    GABRIELE URAS

    Saluto dell’Assessore Regionale alla Cultura e a1l’ istruzione
    BENIAMINO SCARPA


    RIFLESSIONI ED ESPERIENZE


    Il valore dell'identità nella storia e nella cultura sarda: un’ipotesi per la didattica curricolare
    FRANCESCO FLORIS

    Storia locale, Storia generale e legge regionale 26/97
    ANGELO CASTELLACCIO

    Lingua e cultura sarda nella storia e oggi
    FRANCESCO CASULA

    Scuola e bilinguismo
    MARIA CARMELA CONTINI

    Lingua sarda e Popolo sardo nell'attualità e nelle prospettive
    SALVATORE CUBEDDU

    La ricerca della memoria storica come ricupero della propria lingua e cultura
    PADRE LEONARDO PISANU

    La mia esperienza di docente di lingua sarda in alcune scuole dell'obbligo della provincia di Cagliari
    MATTEO PORRU

    Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, legge 15 dicembre 1999 n. 482
    GIUSEPPE BIGNONE

    Mass Media ed Identità
    NERIA DE GIOVANNI

    Il ruolo dell'editoria sarda per la valorizzazione della lingua e della cultura
    MARIO ARGIOLAS


    IL MONITORAGGIO, I LABORATORI, GLI ESPERTI


    Lingua e cultura sarda nella scuola: prospettive e retrospettive
    GIULIO PAULIS

    L'azione dell'Ufficio Regionale per l'applicazione della Legge Regionale 26
    MARISA SOLLAI

    L'attività di monitoraggio dell'IRRE Sardegna nelle province di Oristano e di Nuoro
    ROSELLA CAPRIATA

    L’attività di monitoraggio in provincia di Cagliari della Fondazione Sardìnia
    PLACIDO CHERCHI

    Il monitoraggio in provincia di Sassari dell'Istituto Bellieni. Su tribagliu de monitorazu chi s'istitutu de istudios e chircas “Camillu Bellieni” at fattu in provintzia de tatarì
    MICHELE PINNA

    Il Laboratorio: Lingua e Cultura
    CESIRA VERNALEONE

    Il Laboratorio: Storia Locale e Storia Generale
    ROSA PIRAS

    Il Laboratorio: Le varietà linguistiche isolane
    DOMENICHINA OLITA

    Il Laboratorio: Competenze dei docenti e formazione
    GABRIELLA LANERO

    Il Laboratorio: la progettazione del POF e del curricolo territoriale: rapporti tra istituzioni scolastiche e territorio
    GIAN CARLO FARNETI

    Lingua e Cultura
    NICOLATANDA

    Storia Generale e Storia Locale
    TITO ORRO

    S’isvilupu de su sardu pro s’ufitzialidade: sa funtzione de s'iscola
    DIEGO CORRAINE

    Competenze e formazione degli insegnanti . per una scuola bilingue
    MARIA TERESA PINNA CATTE

    Riflettere a partire dalle cose
    MARIELLA MARRAS

    CONCLUSIONI

    Qual’ è il futuro della lingua sarda?
    GABRIELE URAS

    GLI AUTORI

  2. #2
    Sardista po s'Indipendentzia
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    Predefinito

    Si dà il caso che la mia attività prevalente sia quella di docente in un Istituto superiore statale di Oristano. Esprimo pertanto considerazioni che derivano dall’aver vissuto in prima persona, da almeno venti anni, le problematiche della scuola in Sardegna.
    Intanto, che lo scollamento tra scuola e “territorio” si fa sempre più stridente è osservazione assodata. Fenomeni come la “dispersione scolastica”, derivano in buona parte dalla estraniazione che la scuola italiana esercita (rispetto al contesto dell’Isola) attraverso i contenuti di alcune materie dell’area “comune”; senza entrare per il momento in merito a obiettivi, strumenti e metodi.
    E’significativa per esempio, analizzando i tabelloni degli scrutini finali esposti nei vari Istituti, l’alta percentuale di debiti formativi nelle materie umanistiche a cominciare dalla Storia, per proseguire con l’Italiano ma non solo (spesso causa di bocciature e conseguenti ripetenze, talvolta di abbandono), e segno di insofferenza da parte degli alunni che dovrebbe far riflettere.
    Quali i motivi?
    La risposta va cercata nella censura sistematica della Storia, così come della Lingua, dell’Arte, delle Tradizioni popolari e della Cultura sarda in generale, contribuendo a far apparire la Sardegna come un’appendice geografica, terra di conquista in balìa dei dominatori di turno, annullando così l’Identità stessa dei Sardi.

    Diventa quindi fondamentale “promuovere” negli studenti (ma prima ancora nei docenti) la riscoperta e conoscenza delle proprie radici storiche e culturali, poiché tale consapevolezza può rappresentare un antidoto alla dispersione scolastica, alla emarginazione, alla omogeneizzazione, acquisendo gli strumenti per confrontarsi con le problematiche della “globalizzazione”.
    E’ abbastanza eloquente in tal senso quanto emerge da un recentissimo documento (mercoledì 9 agosto) dell’Ufficio scolastico provinciale di Oristano ( www.csaoristano.it ):
    QUO VADIS? - Indagine sulle scelte dei maturati delle scuole superiori della Provincia

    Nel dibattito intorno all’identità a alla scuola in Sardegna queste tematiche sono da tempo mature, ma ancora affidate alla sensibilità e iniziativa personale di singoli insegnanti, sullo sfondo di una normativa europea, statale e “regionale” che presuppone ben altra considerazione.
    A seguire, alcune disposizioni di riferimento.
    In ambito europeo:
    la direttiva 1283 del 1996, contenente “indicazioni sull’insegnamento della storia nelle scuole d’Europa in rapporto al problema dell’identità”;
    il Documento della Presidenza Consiglio dell'Unione Europea di Lisbona, Gennaio 2000, avente come oggetto “Occupazione, riforme economiche e coesione sociale. Verso un'Europa dell'innovazione e del sapere”;
    la promozione dell’apprendimento delle lingue e della diversità linguistica — piano d’azione 2004-2006.
    In ambito statale:
    la Legge n. 482 del 15.12.1999, " Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche ";
    la normativa sull’autonomia scolastica derivata dall’articolo 21 della Legge n° 59 del 15.03.97 con i successivi Decreti e Regolamenti applicativi.
    In ambito “regionale”:
    la Legge Regionale 25 giugno 1984, n. 31 “Nuove norme sul diritto allo studio e sull'esercizio delle competenze delegate”;
    la Legge Regionale 15 ottobre 1997, n. 26 “Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna”.

  3. #3
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    In due decreti del Ministero alla Pubblica Istruzione è stabilito che una quota oraria del monte ore annuale dei curricoli sia riservata alle istituzioni scolastiche: passando dal 15 al 20%.

    Decreto Ministeriale del 28 dicembre 2005
    Secondo ciclo: quota oraria del monte ore annuale riservata alle istituzioni scolastiche.

    Decreto Ministeriale n. 47 del 13 giugno 2006
    Quota orario dei curricoli riservata alle istituzioni scolastiche (20 %).
    Applicabilità ad ogni ordine e grado di istruzione.


    Mi chiedo quanti e quali Istituti scolastici in Sardegna, e in che modo, hanno messo in atto tale facoltà esplicitandone nel POF (Piano dell’offerta formativa) la strutturazione.
    Mi chiedo anche se l’IRRE Sardegna abbia raccolto dei dati in proposito.
    Mentre la RAS, a distanza di due anni dal primo decreto, ritarda l’assunzione delle proprie competenze in merito.

    L’attuale Governo della “Regione Autonoma”, ed in particolare l’Assessorato alla Pubblica Istruzione, è responsabile di non aver ancora proceduto alla definizione delle indicazioni di indirizzo, con appositi provvedimenti normativi, in maniera tale da rendere vincolanti l’insegnamento della Lingua, Cultura e Storia della Sardegna nelle scuole di ogni ordine e grado della Nazione Sarda, almeno per la quota riservata del 20%.
    Non mi sembra infatti che abbia avuto seguito (ma potrei sbagliarmi) la Deliberazione n. 17/2 del 26.4.2006 ed il relativo DDL “Principi e norme per l’educazione, l’istruzione e la formazione professionale” che all’Art. 16 accenna appena alla “Tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e linguistico della Sardegna”.
    (Sarebbe stato meglio riportare quanto contenuto nella LR 15/10/97, n. 26).

    Pertanto, alla luce delle considerazioni fin qui esposte, vorrei rivolgere da questo forum l’invito ai rappresentanti del PSd’Az in Consiglio regionale, compreso Beniamino Scarpa che ha già dimostrato sensibilità in materia, affinché si facciano carico di chiedere conto dei provvedimenti in merito.

  4. #4
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    Ritengo a questo punto opportuno riportare due link che rimandano a documenti significativi dell’approccio sardista al tema.

    Nota della Federazione Scuola della
    Confederazione sindacale sarda (C.S.S.)

    sul disegno di Legge che detta
    Principi e norme per l’educazione, l’istruzione e la formazione professionale”.

    Cagliari 02.02.2006




    Intervento di O. Pili sul DDL RAS
    (versione in sardo campidanese e italiano)

  5. #5
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    Dal prossimo post farò seguire una lunga rassegna stampa di articoli sulla scuola in Sardegna, raccolta dai quotidiani sardi.
    Si potranno trovare molti spunti di riflessione.
    Per il momento termino con questa citazione:

    “A people without the knowledge of their past history, origin and culture is like a tree without roots.”


    Marcus Garvey


    Dal retro copertina dell’LP “SURVIVAL” di Bob Marley & The Wailers (Island records inc). 1979.
    OT: ero presente al concerto di Bob Marley allo stadio San Siro di Milano nel 1980, da qualche parte conservo ancora il biglietto di quel memorabile evento.

  6. #6
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    Predefinito L’unione Sarda,14/06/2005

    Saggi. Un libro di Aldo Accardo e Umberto Balocchi

    La storia al servizio della politica


    «La storia - scriveva Paul Valéry - è il prodotto più pericoloso che la chimica dell'intelletto abbia mai elaborato».
    Manuali e ricerche «possono trasformarsi in fabbriche di bombe come quei laboratori in cui l'Ira ha imparato a trasformare il fertilizzante chimico in esplosivo», notava Eric Hobsbawm.
    Quando l'indagine storiografica si trasforma in uno strumento al servizio della politica, allo scopo di legittimare ideologie e nazionalismi, dispute e audience televisivo sono assicurati.
    Ancora si parla delle proteste di Pechino contro il Giappone, accusato di aver omesso dai testi scolastici i crimini commessi dall'esercito imperiale contro i cinesi durante la seconda guerra mondiale.
    Nel Novecento in Europa si è sviluppato un dibattito molto articolato sulla revisione dei manuali di storia. La finalità che attraverso il confronto e l'analisi dei contenuti si prefiggevano di raggiungere diversi organismi internazionali, dalla Fondazione Carnegie alla Società delle nazioni sino al Consiglio d'Europa, era quella di favorire la pace e la cooperazione tra i popoli.
    Politica e storia di Aldo Accardo, docente all'Università di Cagliari, e Umberto Baldocchi, insegnante di Lettere a Lucca, (Laterza, 165 pagine, 20 euro), con l'ausilio di molti documenti inediti, ricostruisce questa discussione appassionata che, soprattutto negli anni Cinquanta, coinvolse intellettuali di quindici paesi del vecchio continente.
    Il volume prende le mosse dalle conclusioni di un'altra recente opera sul tema scritta da Giuliano Procacci, La memoria controversa.
    Per lo storico «non esiste Stato al mondo che non si preoccupi di indirizzare l'insegnamento della storia e di esercitare una qualche forma di controllo sui testi attraverso i quali esso viene impartito». Accardo e Baldocchi descrivono un fiorire di iniziative messe in atto dall'inizio del secolo scorso sino alla fase della costruzione europea da associazioni e governi allo scopo di riformare i libri di storia.
    Clamoroso fu l'intervento di Anatole France al congresso che il Syndicat national des institutrices et instituteurs publics organizzò nel 1919 a Tours. Il premio Nobel per la letteratura proclamò: «Bruciate, bruciate tutti i libri che insegnano l'odio, esaltate il lavoro e l'amore». (wa. f.)

  7. #7
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    Predefinito L’UNIONE SARDA, 5 luglio 2006

    Il dibattito

    Per lingua e scuola una nuova stagione


    di Mariella Marras *

    Ad esaltazione del ruolo territoriale nell’organizzazione del servizio scolastico, importanti competenze sono state trasferite a Regioni, enti locali e scuole.
    Solo decentramento gestionale o esigenza di raggiungere gli standard formativi europei a partire dal contesto e dai reali bisogni?
    Finita l’era dei programmi nazionali, le scuole autonome gestiscono anche il 15% del curricolo.
    Per l’insegnamento della lingua sarda la legge n° 26 dal 1997 finanzia progetti a richiesta con risorse limitate.
    È andata oltre la 482 del ’99 che riconosce la “lingua” sarda fra le lingue delle minoranze storiche “da tutelare”. L’applicazione della normativa di tutela parte dalla Provincia.
    L’articolo 4, recita “nelle scuole materne… l’educazione linguistica prevede, accanto all’uso della lingua italiana, anche l’uso della lingua della minoranza per lo svolgimento delle attività educative. Nelle scuole elementari e nelle secondarie di primo grado è previsto anche l’uso della lingua della minoranza come strumento di insegnamento”.
    Sono le istituzioni scolastiche a deliberare le modalità di svolgimento delle attività di insegnamento della lingua e delle tradizioni culturali delle comunità, stabilendone tempi e metodologie, nonché modalità di valutazione.

    La legge 53/2003 stabilisce che “i piani di studio personalizzati contengono un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale, che rispecchia la cultura, le tradizioni e l’identità nazionale, e prevedono una quota, riservata alle regioni, relativa agli aspetti di interesse specifico delle stesse, anche collegata con le realtà locali”.
    Un riconoscimento significativo per le regioni autonome che così vedono ampliarsi il concetto di autonomia, tanto più per quelle con minoranze linguistiche che trovano, insieme alle possibilità date dalla legge 482/99, la giusta collocazione curricolare ai contenuti culturali di interesse locale.
    Dunque, nel rispetto dell’autonomia metodologica, didattica e organizzativa, il curricolo va costruito nell’ambito di una progettualità rispettosa dell’identità linguistico-culturale regionale.

    In Sardegna, la proposta di legge della giunta sull’istruzione e la formazione professionale, all’articolo 16 prevede “La Regione… tutela, valorizza e sostiene, a partire dalla scuola dell’infanzia, la conoscenza del patrimonio culturale, storico, artistico, ambientale e linguistico della Sardegna, nel rispetto delle capacità linguistiche iniziali di ciascuno, operando per un loro graduale ampliamento”.
    A tal fine la Regione definisce gli obiettivi formativi coerenti con gli aspetti culturali e linguistici della Sardegna ad integrazione di quelli stabiliti con legge statale e sostiene i seguenti interventi: - formazione e aggiornamento degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, da svolgersi in collaborazione con le due Università della Sardegna, la direzione scolastica regionale, l’IRRE, e l’associazionismo professionale docente - ricerca, studio, sperimentazione didattica e progettazione curricolare relativa alla quota regionale nel quadro di una gestione unitaria e integrata della formazione-produzione di specifici materiali e sussidi didattici- raccolta, catalogazione, diffusione in rete di quanto realizzato dalle istituzioni scolastiche, dai centri regionali di formazione professionale, e dalle agenzie formative accreditate in riferimento alla cultura materiale e immateriale e alla lingua del popolo sardo”.

    Se prioritaria è la definizione della quota spettante alle Regioni, bisognerebbe iniziare ad elaborare le indicazioni regionali. A partire dall’influenza che la “lingua- cultura negata” può avere, non solo sulla motivazione ma sull’istruzione e sul senso civico dei giovani, sulla loro capacità di leggere i dati socio-economici e i fenomeni culturali del contesto sia rispetto allo specifico che alla dimensione globale. L’obiettivo è un sistema scolastico di formazione in continuità, dove apprendere riflettendo su ciò che appartiene all’ambiente e all’immaginario, tradizione e modernità, umanesimo e scienza, luogo formativo e motivante di relazioni vitali col contesto.
    Rispetto all’età e alle situazioni cognitive e culturali vanno costruiti i curricoli, coerentemente con gli obiettivi regionali. Le azioni delle scuole autonome dovranno integrarsi in un’elaborazione condivisa e coerente che costruisca gli strumenti per una comunicazione senza barriere.

    Con l’impegno di tutti, può essere questa l’occasione di una nuova stagione per il diritto allo studio e alla formazione. Consapevoli delle nostre specificità, potremo anche meglio accogliere le culture altre che costituiscono l’universo plurilingue dell’immigrazione, anch’esso, com’è accaduto a quello sardo, spesso accanto, ma senza parola.

    * Docente e scrittrice

  8. #8
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    Predefinito L’Unione Sarda, 19/07/2006

    Scuola. L'analisi dei risultati dei 2721 studenti che hanno affrontato l'esame di maturità nei 18 istituti superiori cittadini

    Maturità, una valanga di bocciati


    Dai sei licei arrivano le note migliori. Maturità superata senza problemi da quasi tutti, con una media di bocciature che torna ai livelli di quella nazionale: solo 32 respinti.

    Non passa il 6,5%, oltre il doppio della media nazionale

    Gli studenti cagliaritani escono male dall'esame di maturità. Nelle diciotto scuole superiori della città, su 2.721 ragazzi che hanno affrontato l'ultima fatica 176 sono stati bocciati. Una percentuale del 6,5 per cento, oltre il doppio di quella nazionale (non ancora definitiva perché in fase di elaborazione da parte dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo) che si attesta al 3 per cento. Pesa notevolmente il dato disastroso degli istituti tecnici che raggiungono la poco invidiabile percentuale del 12,5 per cento di bocciature. I cagliaritani si allineano con i colleghi della Penisola per quanto riguarda il raggiungimento del voto massimo, il tanto sognato 100: 217 studenti degli istituti superiori di Cagliari sono riusciti nell'impresa. Il 7,9 per cento, in linea con la media nazionale (8%). Un quadro non proprio idilliaco, in contro tendenza con quello che capita nel resto dell'Italia dove sembra che la bocciatura all'esame di maturità sia diventata una chimera. In città invece non è così. Scarsa preparazione dei ragazzi? Professori e commissioni troppo severe? Il dibattito è aperto, anche perché le differenze tra licei, istituti professionali e istituti tecnici sono notevoli. maglia neraGli studenti meno bravi sono quelli degli istituti tecnici: dei 933 esaminati sono stati bocciati 117. Una percentuale del 12,5 per cento, nettamente più alta della media delle scuole sarde e quattro volte superiore a quella nazionale. Per i ragazzi dei sette istituti tecnici cagliaritani (Buccari, Da Vinci, Martini, Deledda, Bacaredda, Marconi, Giua) un altro record negativo: soltanto in 38 hanno ottenuto il voto massimo, il quattro per cento. promossiDai sei licei (Dettori, Siotto, Alberti, Michelangelo, Pacinotti e Artistico) arrivano le note migliori. Maturità superata senza problemi da quasi tutti, con una media di bocciature che torna ai livelli di quella nazionale (solo 32 respinti, il 2,9 per cento del totale di studenti che si sono presentati all'esame). In evidenza il numero dei "100" assegnati: ben 138 (il 12,6%). Ma nel confronto con gli studenti del resto d'Italia ad avere la peggio sono ancora una volta i nostri ragazzi: la media nazionale dei liceali che hanno chiuso la prova con il punteggio massimo è infatti del 13 per cento. Sconfitta senza attenuanti anche nel duello di percentuali dei bocciati: se a Cagliari la media è del 2,9, nelle scuole della Penisola si scende fino all'un per cento. istituti professionali. Nei cinque istituti professionali (De Sanctis, D'Arborea, Azuni, Pertini e Meucci) la situazione del dopo maturità è una via di mezzo tra il risultato dei licei e degli istituti tecnici. I ragazzi bocciati sono stati 27 su un totale di 698 (il 3,8 per cento): i "perfetti", quelli che hanno meritato il voto massimo, sono stati il 5,8 per cento (41 in tutto). Sul piano delle bocciature la situazione degli istituti cagliaritani è migliore rispetto a quella nazionale (4% i bocciati). cagliaritani asini?Il confronto dunque sembra inappellabile. Se a livello nazionale l'esame di maturità sembra diventato sempre meno selettivo (anche l'anno scorso la media dei respinti era stata del tre per cento), in città questa regola non vale. Basta infatti un confronto con i primi anni del Duemila per verificare che prendere un diploma nelle scuole superiori cagliaritani non è facile: nel 2001 la media dei bocciati fu del 6%, mentre l'anno dopo salì all'8,5%. Dalle scuole della città, nel comunicare i numeri dell'esame, i commenti non sono dei più teneri: cala la media dei voti e spesso aumentano i bocciati. Negli ultimi anni dal mondo universitario cagliaritano è arrivato più volte un grido di dolore: gli studenti che si diplomano hanno una preparazione di basso livello. La conferma purtroppo arriva puntuale con i test d'ammissione ai corsi di Odontoiatria e Medicina, con i nostri ragazzi sempre agli ultimi posti. La difesa si muove sulla tesi della «non predisposizione ai quiz». Ma il brutto risultato di questi esami di maturità sembrano portare il verdetto in un'altra direzione. Ora resta da stabilire chi abbia commesso il "reato": i ragazzi, che non hanno studiato, oppure i professori, troppo severi?
    Matteo Vercelli

  9. #9
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    Predefinito Il Sardegna, 04 settembre 2006

    Controcanto

    Minoranze, la svolta di Fioroni

    Francesco Casula

    Dopo anni, in cui siamo stati alluvionati dalla retorica delle tre I (Impresa, Informatica, e Inglese), finalmente qualcosa, nel ministero dell’Istruzione inizia a cambiare: dopo l’annuncio della riforma dell’esame di stato, Fioroni pare infatti muoversi in controtendenza rispetto alle politiche ministeriali del passato.
    Così, in una recente circolare su: piano di interventi e di finanziamenti per la realizzazione, nell’anno scolastico 2006/7, di progetti nazionali e locali nel campo dello studio delle lingue e delle tradizioni culturali appartenenti ad una minoranza linguistica (Legge 15 dicembre 1999, n.482 art. 5), esprime una serie di affermazioni interessanti e innovative.
    Eccone alcune: «Le lingue sono una caratteristica fondamentale dell'identità individuale e collettiva, e un meccanismo essenziale per mezzo del quale i valori culturali possono essere espressi ed ereditati. Il rispetto per l'identità linguistica e culturale è una caratteristica essenziale della cittadinanza europea. La diversità linguistica è un elemento fondamentale di cultura e democrazia dell'Unione europea, che si adopera anche per tutelare le lingue regionali e minoritarie presenti sul suo territorio. Le diversità linguistiche, infatti, costituiscono per l’Italia e per l’Europa una risorsa».
    Quell’Europa che il 14 febbraio 2002, attraverso il Consiglio “Istruzione”, dopo aver affermato che: “la tutela e la promozione delle lingue minoritarie rappresentano un contributo importante per l’edificazione di una Europa fondata sui principi della democrazia e della diversità culturale ” invitava gli Stati membri ad adottare provvedimenti concreti per favorire la diversità linguistica e l’apprendimento delle lingue, dedicando un’attenzione particolare alle misure intese a favorire le comunità linguistiche il cui numero di parlanti nativi diminuisce da una generazione all’altra.
    La scuola è chiamata a recepire le istanze formative di cui sono portatori gli alunni, le famiglie e, più in generale il territorio, per trasformarle in percorsi di studio strettamente collegati con le realtà locali.
    La scuola deve essere il luogo in cui la diversità è esaltata come fonte di ricchezza e si ravvisa la necessità dell’utilizzo delle lingue minoritarie accanto a quella ufficiale, nel rispetto delle differenze.
    Jà fiat ora!

    * Scrittore

  10. #10
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    Predefinito L’UNIONE SARDA, 06 settembre 06

    Nuovo anno, nuove competenze

    Scuola, la Regione deve colmare i ritardi


    DI FRANCESCO FLORIS

    Con settembre, come sempre, si apre il nuovo anno scolastico.
    Mentre il meccanismo consueto si rimette in movimento nei singoli istituti, impazza l’interminabile querelle della riforma della scuola.
    L’abituale normalità, almeno per quanto riguarda la Sardegna, sembrerebbe turbata da una questione in apparenza di esclusivo contenuto giuridico, ma nella sostanza di notevole spessore politico e culturale per il futuro del sistema scolastico della nostra isola.
    Con la legge 3 del 2001 è stato riformato il titolo V della Costituzione mediante l’introduzione di un nuovo riparto di competenze tra Stato e Regione, che è stato definito dalla Corte Costituzionale un rovesciamento completo; in base ad esso vengono attribuite alle Regioni competenze legislative concorrenti ed esclusive rispetto a quelle che lo Stato ha mantenuto. Questo principio acquista particolare rilevanza in materia di istruzione laddove lo Stato ha mantenuto la competenza solo nell’ambito delle norme generali.
    La Regione, pertanto, acquista in questo mutato scenario un ruolo nuovo in materia di istruzione e formazione, in particolare nel settore della istruzione e della formazione professionale. A questo punto il problema cessa di avere un carattere giuridico e diviene politico e culturale.
    D’ora in poi la Regione dovrà essere in grado di emanare disposizioni legislative, esclusive o concorrenti con quelle dello Stato, che le permettano di recitare il ruolo che la riforma costituzionale le ha attribuito e di riempire gli spazi che la specialità della propria autonomia le assegnano.
    In particolare l’azione della Regione dovrebbe provvedere al più presto a definire il rapporto tra istruzione e formazione professionale.
    Dovrebbe poi essere varata una normativa regionale sulla programmazione dello sviluppo del sistema scolastico nel territorio, capace di determinare indirizzi e organici.
    Infine spetta alla Regione il compito di definire gli indirizzi in materia di salvaguardia del patrimonio identitario.
    Nel giugno scorso la Regione ha emanato la legge n. 9 con la quale ha trasferito una serie di competenze alle province e agli enti locali, ma la mancanza di una legislazione di riferimento di carattere propulsivo e propositivo minaccia di vanificare il provvedimento.
    È auspicabile che la Regione sia capace di colmare questo vuoto con un’azione rapida e incisiva.

 

 
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