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    Cool Storia, primati e curiosità del Genoa.

    LA STORIA DEL GENOA
    -1893..tutto ebbe inizio così

    La storia del Genoa Cricket and Football Club iniziò la sera di giovedì 7 settembre 1893. Quella sera Charles De Grave Sells, S.Green, G.Blake, W.Riley, D.G.Fawcus, Sandys, E.De Thierry, Jonathan Summerhill Senior e Junior, e soprattutto Charles Alfred Payton si riunirono nella sede del Consolato inglese, a Genova, per ufficializzare la nascita di un Club sportivo intitolato al cricket e all’atletica. La comunità inglese di Genova, come del resto quella svizzera e quella tedesca, era allora molto numerosa.

    Questo era dovuto soprattutto allo straordinario sviluppo che avevano avuto i traffici e, di conseguenza, il porto dopo l'apertura del Canale di Suez. Gli inglesi erano grandi giocatori di cricket quindi fondarono un club e successivamente cercarono un campo di gioco adatto ove effettuare le esercitazioni atletiche e le partite di cricket. Il gioco del calcio arrivò in un secondo momento anche perché, data l'estrazione sociale dei componenti del circolo (erano quasi tutti quanto meno appartenenti alla medio alta borghesia), tale sport era considerato in Inghilterra un gioco per le classi meno agiate.

    La svolta avvenne tre anni dopo la fondazione, quando arrivò a Genova colui che può essere considerato a buon diritto il fondatore del calcio in Italia: James Richardson Spensley. Era un medico trasferito dall'Inghilterra a Genova per curare i marinai inglesi delle navi carboniere. Coltissimo, appassionato di religioni orientali, conosceva perfettamente tra le altre lingue il sanscrito ed il greco, viaggiatore instancabile, corrispondente per il Daily Mail, appassionato di pugilato, filantropo, durante il suo soggiorno genovese si dedicò al sostentamento dei trovatelli e nel 1910 fondò la sezione italiana dei boy-scout.

    Ma Spensley fu soprattutto un grande appassionato di football, sport che praticava regolarmente. Cominciò così ad allestire una vera e propria squadra di calcio sul modello di quelle britanniche. Si occupava di arruolare per le partite del sabato gli equipaggi delle navi inglesi alla fonda nel porto e talvolta anche gli operai, sempre di nazionalità anglosassone, delle ferriere Bruzzo. Nell'assemblea del 10 aprile 1897 riuscì a far passare la sua mozione per l'ingresso nel Club di soci italiani ( fino a 50 all'inizio, senza limite, dopo alcuni anni).

    Ed infine egli trovò uno nuovo stadio a Ponte Carrega, lungo le rive del torrente Bisagno, all'interno dello spazio utilizzato come pista velocipedistica dalla Società Ginnastica Colombo . Intanto in Liguria erano nate altre due squadre di calcio: il Liguria Sampierdarena ed il Football Liguria. Mentre Torino possedeva ben due sodalizi che praticavano esclusivamente il calcio: l'International Football Club e il Football Club Torinese (oltre alla Società Ginnastica che aveva aperto da poco una sezione di football e alla Juventus che però era ancora la squadra del Liceo Massimo D'Azeglio). Tra i club di Torino e quelli liguri si erano già giocate diverse partite nel corso del 1897.

    -Il Genoa leggendario

    1898 - 1900


    L'otto maggio 1898, nell' ambito dei festeggiamenti in occasione della Esposizione Internazionale per i cinquanta anni dello Statuto Albertino, ebbe luogo al Velodromo Umberto I di Torino il primo Campionato italiano di calcio. Si trattava di un quadrangolare, nel quale il Genoa conquistò la finale ai danni della Società Ginnastica per 2 a 1. Nel pomeriggio la finale fu disputata davanti a oltre un centinaio di spettatori per un incasso di 197 lire.

    Si conosce la formazione del Genoa: Baird, De Galleani, Ghigliotti, Pasteur, Spensley, Ghiglione, Le Pelley, Bertollo, Dapples, Bocciardo, Leaver. Dopo i tempi regolamentari Genoa ed International di Torino erano ancora sull' 1-1. Nei supplementari il "golden goal" fu messo a segno dall'ala sinistra genoana Leaver. Un triplice grido di "Urrah!" da parte dei giocatori di entrambe le squadre (alla moda inglese) salutò la vittoria dei Grifoni, che si erano così aggiudicati il primo campionato italiano di calcio. La Società si portò a casa una coppa generosamente offerta dal Duca degli Abruzzi, mentre a ciascun giocatore andò una medaglia d'oro stile rococò. Furono proprio queste medaglie, chiamate "targhette", il simbolo tangibile della vittoria nel campionato. Di scudetto si parlò soltanto dal 1924 e fu di nuovo il Genoa la prima squadra ad appuntarselo sulle maglie.

    Iniziò così il primo ciclo della prima grande squadra di football italiana. Nella stagione seguente fu ancora il Genoa (che aveva definitivamente fissato la ragione sociale in Genoa Cricket and Football Club e aveva adottato le nuove camicie a strisce verticali biancoblu) ad aggiudicarsi il titolo battendo l'International FBC. Nuovo secolo e nuovo titolo ad appannaggio del Genoa, che vinse (3-1) sul FBC Torinese nella finale di Torino del 22 aprile 1900. La stagione successiva vide la prima sconfitta del Genoa in campionato: l'inarrestabile galoppata del Milan che, eliminate la Mediolanum e la Juventus, non si fermò neppure il 5 maggio a Ponte Carrega dove gli (anglo)genovesi si arresero ai rossoneri capitanati da Herbert Kilpin.

    1901 - 1905

    Il 1901 va ricordato per un fatto importante: ancora un mutamento nei colori sociali che divennero granata e blu scuro disposti a quarti sulla camicia; fu il primo passo verso la tonalità definitiva: qualche tempo dopo divennero rosso-azzurri e quindi (verso il 1904) irrevocabilmente rossoblù. Nel 1902 il Genoa riprese il suo filotto di successi. Il campionato cominciò a farsi più corposo: nell’eliminatoria ligure-lombarda il Genoa Club ebbe vita più facile anche se incontrò per la prima volta in campionato l'Andrea Doria, Società Ginnastica genovese, la cui sezione del football era stata rafforzata da alcuni fuoriusciti genoani, come Franco Calì. Il 13 aprile il Genoa si riappropriò del titolo, che avrebbe ceduto solo nel 1905 alla Juventus, e che gli avrebbe permesso di aggiudicarsi la coppa Fawcus messa in palio nel 1902 dal suo presidente e destinata alla squadra vincitrice di tre titoli consecutivi. Nell'ottobre del 1902, per la prima volta in Italia, venne fondato dai rossoblù il "vivaio" per ragazzi d’età inferiore a sedici anni.

    Quest’iniziativa avrebbe dato i suoi frutti e due anni dopo avrebbe portato al Grifone un altro primato: vittoria nel primo campionato riserve. Venne così definito in realtà il torneo disputato dalle squadre giovanili delle varie società. Quella del Genoa, allenata dall'infaticabile dottor Spensley, era composta da validi elementi molti dei quali avrebbero sostituito i "fondatori" al termine della loro carriera. Nel 1903 il Genoa andò ad incontrare, primo club italiano, una società straniera all'estero. Si trattava del Football VeloClub Nizza, che il 27 aprile venne battuto per 3 a 0 nel suo stadio. Sempre in quell'anno (a dicembre) il socio-giocatore Henry Dapples mise in palio una coppa particolare: la Palla Dapples. Il premio, infatti, consisteva in una sfera d'argento delle stesse dimensioni e delle stesse caratteristiche (con cuciture in rilievo) di un pallone da football. Oggi non si può capire l'importanza che avevano questi piccoli, ma combattuti tornei, quando il campionato rappresentava solamente il clou della stagione. Molte di queste sfide (spesso con ricche coppe in palio) erano considerate altrettanto importanti.

    La Palla Dapples prevedeva degli scontri diretti al termine dei quali, ogni volta, il vincitore si portava a casa il trofeo per poi cederlo alla squadra sfidante che lo avesse battuto. Venne disputata per ben sei anni e attraverso 47 incontri, finché il 20 dicembre 1909 se lo aggiudicò definitivamente il Genoa.



    1906 - 1911

    Nel 1906 volse al crepuscolo la stagione dei cosiddetti "fondatori", il primo grande squadrone del calcio italiano: Spensley aveva quasi quarant'anni e per molti altri si avvicinava il momento del ritiro. Quell'anno il Genoa non riuscì ad arrivare in finale (dove si scontrarono il Milan e la Juventus). Il 1907 si aprì con l'annuncio,da parte della Federazione, del nuovo campionato: si sarebbero effettuate 6 partite tra le squadre di Genova, Torino e Milano. Per la prima volta nella sua storia il Genoa venne eliminato in campionato dalla concittadina Andrea Doria. Quello stesso anno la Società si trovò a far fronte alla necessità di trovare un nuovo campo di gioco, perché l'ex Velodromo di Ponte Carrega era destinato ad attività industriali. Il nuovo campo si trovava sempre nella vallata del Bisagno, ma più a nord rispetto a Ponte Carrega.

    Per tre anni il Genoa si avvalse del nuovo campo, che venne inaugurato l'otto dicembre 1907. Nel frattempo la Federazione, su pressione d’alcune società nelle cui fila militavano esclusivamente atleti italiani, decise di proibire il Campionato ai calciatori stranieri. A questo diktat si opposero il Genoa, il Milan e il Torino. Iniziò così nel 1908 il primo campionato "autarchico" da cui si sarebbe dissociata, dopo un paio di giornate, anche la Juventus, e che sarebbe stato poi vinto dalla Pro Vercelli (che si sarebbe accaparrata ben 5 campionati in sei anni). Il Genoa si preparò al nuovo campionato avvalendosi di nuovi acquisti (Herzog e Hermann), che arrivavano dalla Svizzera. La Svizzera rappresentò, sin dall'inizio, l'altra anima, oltre a quella britannica, del Genoa nonché una preziosa fonte di rifornimento d’atleti. La squadra fu completata da altri elementi di valore, quali il centromediano Luigi Ferraris e l'ala Marassi (detto "catapulta") entrambi provenienti dalle giovanili di Spensley. Il nuovo campionato (1909) rivide in campo le squadre blasonate, grazie alla revoca dell'assurdo regolamento sui giocatori stranieri.

    Anche se il titolo di campione d'Italia tardava ad arrivare, la squadra si coprì di gloria andando a vincere altri trofei. Il più prestigioso fu quello messo in palio dall'ex presidente Goetzlof: la coppa, che portava il suo nome, sarebbe stata assegnata alla squadra capace di ottenere consecutivamente quattro risultati positivi (vittorie o pareggi) con altrettante sfidanti. Il Genoa la conquistò battendo l'Inter fresco di titolo con un clamoroso 10 a 2. Il 22 gennaio 1911 venne inaugurato il nuovo stadio di Marassi, che ricordava molto da vicino gli impianti inglesi, fu subito considerato il migliore d'Italia. Ad ottobre ricominciò il campionato e il Genoa si presentò con ottimi giocatori: dall'Inghilterra erano arrivati Miller, Stocker e Marsch, dalla Svizzera il portiere Surdez e l'attaccante Comte che andarono ad aggiungersi all'ala Mariani (ex Milan) e all'inglese Murphy arrivati la stagione precedente. L'inizio del nuovo torneo fu esaltante per il Genoa: 13 punti su sette partite. Ma, ancora una volta , lo scoglio fu rappresentato dalla Pro Vercelli che, con un goal per tempo, interruppe sul proprio campo la cavalcata vittoriosa dei rossoblu.


    1912 - 1913

    Il 1912 fu l'anno in cui ebbe inizio l'allestimento dello squadrone, che nel giro di dieci anni effettivi (esclusa la parentesi bellica) avrebbe vinto tre scudetti, ne avrebbe persi due per un soffio (e per due ragioni diverse), avrebbe fornito molti uomini alla Nazionale e solo l'entrata dell'Italia nella Grande Guerra gli avrebbe impedito di cogliere molti più allori. Fu il Genoa (insieme a quello dei primi sei campionati) che avrebbe contribuito a tenere in vita la propria leggenda anche durante gli anni bui del secondo dopoguerra. Il Grifone stava dandosi una struttura sull'esempio delle società professionistiche britanniche, anche se in Italia la concezione dilettantistica dello sport era un dogma indiscutibile. Quel campionato, nonostante gli sforzi finanziari e sportivi, vide il Genoa arrivare solamente al terzo posto. La squadra, come abbiamo visto, era stata rinforzata, ma non abbastanza. Mancava un elemento fondamentale, che sarebbe arrivato a Genova il 30 luglio 1912. Si trattava di William Garbutt, il primo allenatore professionista del Genoa e del calcio italiano.

    Questi attuò una vera e propria rivoluzione nei metodi d'allenamento (fino ad allora delegati al capitano della squadra), importandone alcuni dalla madre patria, inventandone altri, frutto della sua grande esperienza.Tutti lo chiamavano, con reverenza, "Mister Garbutt": è per questa ragione che ,ancora oggi, gli allenatori di calcio sono appellati dai propri giocatori col titolo di "Mister". Dall'Inghilterra Garbutt si portò in Italia anche i rinforzi della squadra. Buona parte dei giocatori stranieri erano professionisti nella loro patria e gli stipendi che il Genoa pagava loro venivano camuffati sotto le voci più strane come "rimborso spese", "malattia", "viaggio in cerca d'impiego" oppure erano messi a libro paga in qualcuna delle aziende di proprietà dei dirigenti rossoblù. Erano quelli gli anni di un trofeo allora piuttosto importante: la Coppa Lombardia venne messa in lizza dal marchese Piero Negrotto Cambiaso, presidente del Casteggio FBC. Secondo il regolamento il costoso premio sarebbe andato alla squadra vincitrice di sette sfide anche non consecutive.

    Il Genoa volle strafare, andando a vincere , tra il 1910 e il 1921, tutti e sette gli incontri in fila. Al campionato 1912-13 parteciparono ben 30 squadre divise in tre gironi settentrionali e tre meridionali. Il Genoa, battuto dalla Pro Vercelli in finale, fu costretto a ripiegare al secondo posto a pari merito con il Casale. Ma il Genoa non demordeva e continuava, tassello dopo tassello, a costruire una squadra sempre più forte.

    Geo Davidson, un imprenditore scozzese trapiantato a Genova e uno dei soci fondatori del vecchio Athletic Club, nell'estate del 1913 decise di assumere la presidenza del Genoa. Davidson si diede immediatamente da fare per trovare i rinforzi adeguati: acquistando dal Milan il terzino Renzo De Vecchi.


    1913 - 1919

    Il campionato 1913-14 fu, nonostante tutto, un ulteriore passo di avvicinamento all'agognata meta della vittoria finale che mancava ormai da dieci anni. Il Genoa si qualificò al girone finale, ma la vittoria finale arrise al Casale. Il 4 ottobre 1914 iniziò il nuovo campionato: gli uomini di Garbutt, in questa stagione, furono una vera e propria macchina da goal.

    Finché giunse un dispaccio dalla Federazione: il campionato era stato sospeso, perché l'Italia era entrata in guerra contro l'Austria. Per quasi quattro anni (dalla primavera del 1915 all'inverno 1918-‘19) l'attività calcistica, salvo sporadici tornei regionali, fu pressoché abbandonata. La Grande Guerra provocò vittime anche fra le fila del Genoa. Il primo a cadere fu Luigi Ferraris, poi il portiere Adolfo Gnecco, l'ala Carlo Marassi, l'attaccante Alberto Sussone e il terzino Claudio Casanova deceduto a Genova per i postumi delle ferite. Il vuoto più grande venne, però, lasciato da James Spensley, che si era arruolato come ufficiale medico, nell'esercito britannico e fu ferito a morte in Germania, mentre stava generosamente soccorrendo un soldato tedesco oltre le linee.

    Il 24 maggio 1920 venne inaugurata nelle tribune dello stadio una lapide commemorativa dei 25 soci del Genoa caduti nella Grande Guerra. Il 1919 fu un anno ricco di numerose novità. Ricominciò ufficialmente l'attività sportiva italiana dopo la parentesi bellica, ma soprattutto la Federazione decise finalmente (23 settembre) di assegnare il titolo del campionato 1914-15 così bruscamente interrotto, nominando il Genoa vincitore per la settima volta. Nel frattempo si cercarono nuovi validi elementi: arrivarono i fratelli Bergamino, l'ex terzino Ghigliano, il centravanti Brezzi, quasi tutti futuri nazionali. Ma l'elemento migliore il Genoa se lo ritrovò in casa e lo scoprì in occasione di un'amichevole giocata a Marassi. Si trattava del diciannovenne Ottavio Barbieri.


    1919 - 1923

    Il primo campionato del dopoguerra vide il Genoa compiere una passeggiata nel Girone Ligure e nel girone di semifinale, nel quale si piazzò al primo posto. Il Genoa era dunque considerato il favorito tra le tre finaliste dei gironi settentrionali. Ma sul neutro di Milano l'arbitro Varisco assegnò un inesistente rigore alla Juventus che riuscì così a pareggiare la rete iniziale di Santamaria. Poi convalidò un goal bianconero realizzato in palese fuorigioco. Non contento espulse Della Casa e De Vecchi, il capitano, per proteste. A tale affronto anche Traverso rientrò di sua volontà anzitempo negli spogliatoi. Contro un Genoa, ridotto in otto, la Juve triplicò facilmente, anche se i Grifoni riuscirono inutilmente a raccorciare le distanze con Sardi. L'estate del 1920 iniziò con un cambio al vertice della Società: lo scozzese Davidson lasciò la presidenza a Guido Sanguineti, senza peraltro abbandonare completamente il timone della nave rossoblù. Il Genoa negli incontri d'andata del Girone Ligure riportò risultati disastrosi: riuscì a vincere solo con lo Spezia e con la Rivarolese per squalifica a tavolino.

    Riuscì comunque ad agguantare la qualificazione per le semifinali senza tuttavia andare più in là. Quel campionato così negativo fu però di insegnamento per la nuova dirigenza. Nell'estate del 1921 Sanguineti acquistò un buon numero di giovani provenienti dalle squadre minori genovesi, che nel torneo precedente avevano messo in difficoltà il Grifone. La novità della stagione 1921-22 più clamorosa fu che la Federazione, per divergenze sulla gestione del Campionato, si scisse e si formarono così due tornei. Il Campionato della Confederazione Calcistica Italiana (cui facevano parte il Genoa e le altre squadre più forti) aveva abolito i gironi regionali (cosa che invece mantenne la Federazione Italiana Gioco Calcio) introducendo quattro gironi, due al Nord e due al Sud.

    Il Genoa trionfò nel suo, surclassando squadre blasonate come il Torino, il Casale e l'Internazionale, ma perse in semifinale contro la Pro Vercelli. Il campionato 1922-1923 fu il più esaltante per il Genoa. Polverizzato il Milan e il Bologna ed entrato di gran carriera nelle finali del Girone Nord (che vinse entrambe eliminando il Padova e la Pro Vercelli), il Genoa si qualificò per le due finalissime contro la Lazio.

    A Roma la squadra genovese si aggiudicò la vittoria dell'ottavo campionato, da cui uscì imbattuto: 28 partite utili consecutive che, sommate alle cinque del torneo successivo, costituirono un record per lunghissimo tempo imbattuto.


    1923 - 1925

    La stagione 1923-24, se non così trionfale come la precedente, fu altrettanto prodiga di successi. Arrivato primo nel Girone A della Lega Nord il Genoa superò il Bologna nelle due finali di Lega (1-0 e 2-0) per concludere la vittoriosa galoppata con le due finali nazionali con il Savoia di Torre Annunziata. L'ultima partita, quella che sancì la definitiva vittoria del titolo, fu giocata il 7 settembre 1924, il trentunesimo compleanno del Grifone. Nel campionato 1924-1925 il girone A della Lega Nord fu vinto piuttosto agevolmente anche se non con la scioltezza dei tre precedenti. Successivamente il Genoa si ritrovò per la terza volta di fronte al Bologna. La prima finale andò ai genoani, la seconda ai bolognesi. La “bella” venne disputata il 7 giugno sul campo (neutro) del Milan strabordante di tifosi di entrambe le squadre e di molti milanesi.

    Ben presto un gran numero di squadristi bolognesi, entrati in campo, andarono a schierarsi tutt'intorno al rettangolo di gioco. L'arbitro Mauro diede il fischio d'inizio della partita sperando di veder arrivare i duecento agenti promessigli per ristabilire l'ordine. Non giunsero mai. Alla fine del primo tempo il Genoa conduceva per 2 a 0. Al 16' della ripresa l'arbitro assegnò un calcio d'angolo, ma il "pubblico" di fede bolognese entrò sul terreno di gioco per andare a reclamare il punto, convinti che il pallone avesse superato la linea fatale prima di finire fuori. Mauro, pur in balia degli squadristi, per tredici minuti rimase sulla sua posizione; poi assegnò la rete al Bologna fra l'incredulità dei giocatori e dei supporter genoani. Infine, a sei minuti dalla fine Schiavio (Bo) pareggiò, mentre Pozzi (Bo) tratteneva vistosamente De Prà (portiere genoano) onde impedirgli la parata. De Vecchi e i suoi non rientrarono in campo per i supplementari. L'arbitro aveva loro assicurato che riteneva chiusa la partita al momento dell'invasione di campo da parte dei "tifosi" bolognesi e che avrebbe dato, secondo regolamento, partita vinta al Genoa per 2 a 0.

    Ma l'arbitro Mauro, evidentemente minacciato, nel suo rapporto cambiò completamente la versione dei fatti trasformando un'invasione in piena regola in una "presenza di alcuni estranei sul terreno di gioco". Il 5 luglio la partita venne nuovamente ripetuta, ma anche questa volta finì in pareggio. La Federazione propose di effettuare un'altra finale, ma i dirigenti genoani si rifiutarono di disputare altri incontri finché le cose non si fossero definitivamente chiarite. Quando sembrava che dello scudetto 1924-25 se ne sarebbe riparlato in autunno, improvvisamente giunse da Roma un diktat: la finale si sarebbe disputata improrogabilmente il giorno dopo (18 agosto) alle sette del mattino a porte chiuse. Se il Genoa si fosse rifiutato di giocare sarebbe stato radiato dalla Federazione. I giocatori, praticamente già tutti in vacanza, furono richiamati precipitosamente. I bolognesi, avvertiti per tempo, avevano continuato ad allenarsi per un mese intero. Il risultato fu scontato: i rossoblù di Garbutt furono beffati dai bolognesi in contropiede a cinque minuti dalla fine.


    1926 - 1929

    Il lustro successivo agli spareggi con il Bologna fu caratterizzato dalla sensazione che il Genoa si sarebbe ripreso ben presto il titolo, così beffardamente scippatogli. Nei campionati 1925-26 e 1926-27 il Genoa non brillò particolarmente, seppur partecipando ai gironi finali in entrambe le stagioni e piazzandosi rispettivamente al terzo e al quarto posto. Il fascismo, intanto, stava pesantemente contaminando (le finali del '25 avevano rappresentato un primo clamoroso segnale) anche il mondo del calcio. Il Genoa fu costretto prima ad inserire il fascio littorio sul proprio stemma, poi ad italianizzare nome e ragione sociale, che divennero Genova 1893 Circolo del Calcio. Alla fine della stagione Garbutt (anche per le pressioni di alcuni dirigenti che vedevano di malocchio britannico in una squadra e in una Società ormai completamente autarchiche) rassegnò con molti rimpianti le dimissioni. Lo sostituì De Vecchi: dapprima l'anziano capitano fu giocatore-allenatore poi, dal dicembre del 1928, diede ordini solo dalla panchina.

    Nel frattempo venne presentato il progetto per il nuovo stadio di Marassi. Il nuovo impianto, la cui costruzione iniziata qualche tempo dopo si protrasse fino al 1934, realizzato in cemento armato avrebbe sostituito le antiche strutture in legno. Col 1926-27 iniziò il campionato con due gironi nazionali e un girone finale a 6 squadre. Nella stagione successiva il Genoa ebbe un inizio travolgente: conquistando ben 19 punti nelle prime dieci partite, ma alla fine arrivò secondo a solo due punti dal Torino per merito soprattutto dell'elevata media-goal del bomber Levratto (20 reti in 27 partite). Nel 1928-29 aumentarono ancora le partecipanti al massimo campionato: 16 per ciascuno dei due gironi nazionali, le cui rispettive vincitrici si sarebbero incontrate in due finali. Il Genoa fu solo quarto nel suo girone. Prima ancora che il campionato abbia termine i rossoblù parteciparono allo spareggio con il Milan per poter disputare la Coppa Europa, l'antenata della Coppa UEFA di oggi.

    Ma quella prima esperienza in una competizione europea terminò al primo turno, quando i rossoblù vennero sconfitti a Vienna dal Rapid per 5 a 1. A settembre la svolta: la Federazione, come già programmato molti mesi prima, diede il via al campionato a girone unico nazionale. Il Genoa arrivò secondo a sole due lunghezze dai campioni d’Italia. Fu quella l'ultima volta nella sua storia in cui il Genoa fu in lizza fino all'ultima giornata per lo scudetto. Intanto giunse l' allenatore ungherese Geyza Czecagny, che fu in realtà un ottimo allenatore benché non fosse ben visto dai giocatori e soprattutto da De Prà.

    -Dal Paradiso all'inferno

    1933 - 1936

    La nuova stagione si aprì con i migliori auspici, in quanto i dirigenti (il presidente Vincent Ardissone e G.Sanguineti, nuovamente nel consiglio) pensarono ad un serio rafforzamento dell'organico e così andarono a pescare in Sudamerica. Nonostante ciò, il Genoa totalizzò 14 punti su 13 incontri: una media decisamente modesta per una squadra, che era partita, come al solito, con grandi ambizioni.

    Il primo gennaio 1933 iniziarono i festeggiamenti per il quarantennale del Grifone: da quel giorno lo stadio di Marassi sarà intitolato a Luigi Ferraris, il giocatore rossoblu primo caduto nella Grande Guerra. Nel torneo 1932-33 il Genoa terminò all'ottavo posto in coabitazione con la Triestina. Nel campionato 1933-34 il Genoa, pur non schierando più autentici fuoriclasse, possedeva una formazione da tranquillo centroclassifica. Ed invece finì al penultimo posto: fu così la serie B nell'anno della prima vittoria dell'Italia in un Campionato Mondiale. Per i tifosi fu un colpo tremendo, anche, perché allora il Genoa era la squadra più blasonata d'Italia.

    Ma, allo stesso tempo, un altro fatto aumentò l'amarezza dei sostenitori del Grifone: mentre il Genoa discendeva nel purgatorio cadetto, per la prima volta dal campionato a girone unico, la Sampierdarenese approdava alla massima serie. Il Genoa in serie B, a quei tempi, rappresentava un fatto assolutamente anomalo, una sorta di bestemmia. Per questo alcuni dirigenti formarono un comitato per convincere i grandi "papaveri" romani a mantenere il Genoa in serie A per i suoi grandi meriti sportivi. Ma, giustamente, non se ne fece niente e i rossoblù dovettero rialzarsi con le proprie forze. Il Genoa era indubbiamente la squadra più forte della serie B, e riuscì a tornare in Serie A.


    1936 - 1938

    Il Campionato (1935-1936) fu sostanzialmente tranquillo con un ottavo posto finale. Intanto, il presidente Costa fu costretto ad abbandonare il timone per i motivi di salute prima della fine del torneo, così nel marzo del 1936 venne eletto presidente della consulta Juan Claudio Culiolo. Tra l'altro proprio in quell'anno affluì nelle casse sociali una notevole quantità di denaro, grazie a munifiche elargizioni di soci. Il progetto di Culiolo era chiaro: riportare il Genoa ai fasti dei primi anni Venti attraverso una serie di "step" a partire dalla vincita della Coppa Italia (giunta proprio quell'anno alla sua seconda edizione dopo lo sporadico esordio del 1922), poi la conquista dello scudetto e successivamente la vittoria in una competizione europea. Il Genoa arrivò sesto: una più che onorevole posizione dopo un avvio scoppiettante. La stagione del Genoa ebbe un'improvvisa impennata proprio nel finale con la vittoria della terza edizione della Coppa Italia, quando il Genoa sconfisse la Roma in finale.

    Centrato il primo obbiettivo il prossimo passo era la conquista del tanto sospirato decimo scudetto, anche se con la vittoria della Coppa Italia la Società acquistava il diritto di partecipare alla Coppa dell'Europa Centrale. Il Genoa sconfisse al Luigi Ferraris il Gradjanski con un pesante 3-1, bissato una settimana dopo a Zagabria, senza concedere ai croati nemmeno il goal della bandiera.
    I quarti di finale videro i genovesi opposti ai viennesi del Admira. Il Genoa era in vantaggio di 1-0, quando a pochi minuti dalla fine, l'arbitro assegnò un rigore dubbio agli avversari, ciò avviò una vivacissima discussione tra i giocatori delle due squadre, che si trasformò in una rissa, nella quale vennero coinvolti anche gli staff tecnici delle due squadre.

    Il risultato venne omologato, ma la Federazione internazionale decise l'eliminazione di entrambe le squadre. Nella stagione successiva, il Genoa (allenato per la terza volta da Garbutt) rimase in lizza per lo scudetto sino a meno di un mese dalla fine del campionato, piazzandosi infine al terzo posto. Culiolo non si arrese e volle lo squadrone per tanto si impegnò in una dispendiosa campagna acquisti. In estate, per la seconda volta consecutiva, il Grifone partecipò alla Coppa Europa, che non aveva intenzione di lasciarsi sfuggire dopo la beffa dell'anno precedente, ma invece si fermò alle semifinali.


    1939 - 1944

    La stagione 1939-40 si aprì con l'intenzione, da parte della dirigenza, di continuare la politica di rafforzamento della squadra, mentre il trainer cercava di adeguare il gioco del Genoa con le più avanzate tecniche calcistiche britanniche. Garbutt decise cioè di far giocare i suoi con il cosiddetto "Sistema" (detto anche WM per la disposizione in campo dei giocatori) abbandonando l'antiquato "Metodo". Furono acquistati atleti che potessero inserirsi al meglio in questa inedita tattica: Neri, Conti, Battistoni e Garibaldi. Garbutt, costretto a rientrare in Inghilterra per gravi motivi familiari, da agosto a novembre, lasciò al fido Barbieri il compito di sperimentare il "Sistema". Il Genoa, in campionato, alternava confortanti successi a pesanti sconfitte. A dicembre si decise di tornare al vecchio "Metodo" e la squadra ne trasse subito dei benefici: i Grifoni inanellarono un filotto di sette partite utili (con sei vittorie) consecutive.

    Alla sesta giornata persero, per il resto del campionato, il portiere titolare Fregosi, sostituito per altro in maniera egregia dal nuovo acquisto, il nazionale Ceresoli. Ma la sfortuna si abbatté ancora sul capo del povero Grifone: Battistoni e Scarabello si infortunarono seriamente. Nonostante tutto il Genoa si piazzò quinto a pari merito col Torino. Intanto l’Italia entrò in guerra, ma l'attività calcistica non si fermò. Inizia il primo campionato di guerra e la dirigenza rossoblù fu costretta a limitare gli acquisti. Ben dieci giocatori furono richiamati sotto le armi, anche se le licenze non sarebbero mancate. Garbutt venne "invitato" ad allontanarsi, il sostituto naturale del vecchio Mister fu ovviamente Barbieri, che avrebbe guidato la navicella rossoblù al nono posto, a pari merito con Triestina, Roma e Venezia. A luglio il presidente Culiolo si dimise, chiudendo con un bilancio ricco di molte soddisfazioni, ma deludente per aver mancato il sospirato decimo scudetto. Lo sostituì il commissario straordinario ingegner Nino Bertoni il quale scelse come allenatore Guido Ara.

    Il Genoa nel campionato 1941-42 ritornò a respirare un'aria più consona alle sue tradizioni, esibendosi in non pochi pezzi di bravura: conquistando il quarto posto finale.Anche nel campionato successivo il Genoa si confermò sullo stesso livello dell'annata 1941-42. La guerra incendiava l'Europa (e non solo); anche in Italia gli eventi stavano precipitando. Dopo l'8 settembre non fu più possibile organizzare un campionato unico. E mentre da Roma in giù si disputarono coppe e tornei minori, nel Nord la Federazione organizzò, nel 1944, un campionato di guerra o come si chiamò allora dell'Alta Italia diviso in gironi regionali o interregionali. Il Genoa arrivò solo quinto (su dieci squadre partecipanti) nel girone Piemontese-Ligure.


    1946 - 1948

    Quando la guerra finalmente finì, il Genoa rinserrò le fila. Nel luglio diventò presidente Antonio Lorenzo, imprenditore piemontese che mise a dura prova le proprie risorse finanziarie per sostenere il Grifone, che proprio in quei giorni, tornò ad assumere l'antica denominazione britannica di Genoa Cricket and Football Club. Il primo campionato del dopoguerra fu diviso in due gironi, uno Alta Italia e uno Centro-Sud; la città di Genova fu l'unica a schierare tre società (Genoa, Andrea Doria e Sampierdarenese). Il Genoa, affidato all'allenatore Viola, aveva recuperato molti dei suoi giocatori d'anteguerra (Bertoni, Sain, Genta, Allasio, Neri), che però non resero più come ai bei tempi. Viola gettò la spugna alla fine dell'inverno dopo una serie di pesanti sconfitte e la squadra, guidata nuovamente da Ottavio Barbieri, si classificò solamente terzultima nel suo girone.

    Unica nota positiva della stagione fu l'esordio in campionato del giovane terzino Fosco Becattini; destinato a diventare non solo un perno della difesa, acclamato capitano, ma anche il calciatore rossoblù con il maggior numero di presenze in prima squadra (425). Pasteur tornò ad essere dirigente ed ingaggiò immediatamente (per la quarta volta) William Garbutt, il più grande allenatore che il Genoa abbia mai avuto. L'anziano trainer accettò con entusiasmo, anche perché la Società gli mise a disposizione un vero e proprio fuoriclasse: l'argentino Juan Carlos Verdeal.

    Per tre stagioni (dal 1946 al 1949) Verdeal rappresentò il faro attorno al quale si cercò di ricostruire quello squadrone che mancava, ormai dai primi anni quaranta, e che avrebbe dovuto riportare il Genoa fra le elette del calcio italiano. Il campionato 1946-47 vide il Genoa classificarsi ad un dignitoso decimo posto. Intanto la Sampdoria, nata nell'agosto del '46 da una nuova fusione tra Andrea Doria e Sampierdarenese, fece la sua comparsa in campionato. Il torneo 1947-48 si rivelò non eccessivamente positivo per i rossoblù che arrivarono dodicesimi a pari merito con l'Internazionale. Nel frattempo fu esonerato l'anziano Garbutt e sostituito con l'aitante Allasio.


    1948 - 1955

    Il torneo successivo (1948-49), fu, per lunghi anni, il migliore campionato disputato dal Genoa nel dopoguerra, superato solamente da quello del quarto posto del 1990-91. In ogni caso fu l'ultimo in cui le aspirazioni per la conquista del decimo scudetto (almeno per buona parte della stagione) non poterono definirsi velleitarie. Il Genoa disputò uno strepitoso girone d'andata, tanto che poté fregiarsi del platonico titolo di campione d'inverno. Il settimo posto, ottenuto dal Genoa quell'anno, suonava quasi come una beffa ripensando alla bellissima galoppata del girone d'andata. Ma, come spesso succede, invece di continuare sulla strada del graduale rafforzamento della squadra si pensò ad un improvviso cambiamento.

    Il presidente Poggi decise di ingaggiare un nuovo trio d'attacco sudamericano e venne licenziato Allasio che lasciò la panchina al britannico Alan Astley. Alla fine il Genoa si piazzerà undicesimo, dopo aver disputato una stagione mediocre. La preparazione alla stagione 1950-51 non fu promettente: Massimo Poggi decise di licenziare la legione sudamericana e di affidarsi ai frombolieri nordici, gli svedesi Mellberg, Nilsson e Tapper, che si dimostrarono però una vera e propria delusione. La vecchia guardia (Becattini, Cattani, Castelli, Dante e Sardelli) non riuscì ad arginare gli attacchi avversari. Le speranze dei Grifoni di rimanere nella massima serie si allontanarono nel derby (perso a 3 minuti dalla fine dopo che il Genoa era riuscito a riagguantare il pareggio sul doppio svantaggio). Il Genoa retrocesse per la seconda volta fra i cadetti proprio quando era stata appena inaugurata (in occasione del fatidico derby di ritorno) la versione definitiva (fino al 1987) dello stadio di Marassi. Nell'estate del 1951 l'imprenditore genovese Ernesto Cauvin diventò presidente.

    La tifoseria era in subbuglio, voleva un immediato ritorno in Serie A. Ma questa volta al Genoa, per rialzarsi, furono necessarie due stagioni. Quando il Genoa tornò nella massima serie Sarosi divenne il nuovo allenatore. Arrivarono alcuni buoni giocatori, che riuscirono nell'impresa di portare in salvo con una certa tranquillità la squadra di Sarosi, il quale decise, poi, di abbandonare la panchina di propria iniziativa a poche giornate dal termine. Il Genoa finì la stagione all'undicesimo posto con il tecnico Bonilauri. Nella stagione successiva si piazzò al decimo posto.


    1956 - 1960

    Nell'estate del 1956 venne acquistato Giulio Cesare Abbadie. Nonostante ciò, la squadra era debole e ben presto cominciò ad intravedersi lo spettro della serie B. La salvezza arrivò all'ultima giornata. Anche il campionato successivo non fu prodigo di soddisfazioni per i tifosi rossobù: un tranquillo, anche se modesto dodicesimo posto. Arrivò il nuovo presidente Fausto Gadolla, che portò alcuni promettenti giocatori, come gli ex nazionali Grezzi, Magnini, Pantaleoni e il centravanti Maccacaro. Il Genoa disputò un campionato sostanzialmente tranquillo. A torneo appena concluso il presidente Gadolla manifestò, invece, serie intenzioni di dimettersi.

    Alla fine, fu convinto a rimanere, ma condusse una campagna acquisti a dir poco deficitaria e a fine campionato giunse l'inevitabile retrocessione (la terza). Ma i guai non erano finiti: la Società era stata accusata dalla Commissione Disciplinare della Federazione di illecito sportivo (tentata corruzione dei calciatori dell'Atalanta) e, per questo, condannata a 10 punti di penalizzazione da scontarsi nel campionato successivo di serie B.

    Questo avrebbe compromesso irrimediabilmente un pronto ritorno. Nell'estate del '60,oltre alla conferma di Annibale Frossi alla guida della squadra, si riuscirono ad acquistare alcuni pezzi pregiati, benché molti giocatori di categoria superiore non fossero allettati dal dover disputare un torneo cadetto con fondati dubbi su un pronto ritorno in A, a causa degli allora ancora dieci punti di penalizzazione, . Il campionato venne portato a termine dall'allenatore in seconda Angelo Rosso e ancora una volta la Società si trovò a far fronte a pressanti impegni finanziari.


    1961 - 1964

    Aldo Dapelo, capo del Comitato di presidenza, tuttavia non si tirò indietro e per la stagione 1961-62 riuscì ad allestire una squadra competitiva. L'allenatore Renato Gei, sulle prime, non soddisfò la tifoseria a causa del suo passato di giocatore e tecnico blucerchiato; ma i risultati gli diedero presto ragione. Iniziò per il Grifone una galoppata trionfale, tanto che alla fine del girone d'andata era già virtualmente promosso. La brillante promozione aveva illuso i dirigenti a lasciare inalterata la squadra, convinti che avrebbero potuto ottenere almeno un tranquillo stazionamento a centroclassifica. Ma alcuni elementi (molti non più giovani) non ripeterono l'exploit avvenuto nella serie cadetta e dopo tre pesanti sconfitte consecutive si dovette correre ben presto ai ripari.

    Al cosiddetto mercato di riparazione arrivarono i brasiliani Almir e Germano, che tuttavia non contribuirono a migliorare la situazione. La classifica, giornata dopo giornata, si fece sempre più preoccupante: Renato Gei in primavera presentò le proprie dimissioni ed ancora una volta fu Angelo Rosso a sobbarcarsi la responsabilità della conduzione tecnica. All'ultima partita di campionato a Marassi il Genoa raggiunse la salvezza. Nell'estate del 1963, a campionato concluso,si ripropose l'eterno problema del deficit di gestione e quello forse ancora più grave di non riuscire a trovare un presidente per la più antica Società calcistica italiana. Finalmente il petroliere Edoardo Garrone, uno degli imprenditori cittadini di maggior spicco, si dichiarò disponibile, ma qualche settimana dopo morì, mentre era in vacanza in Norvegia. Si trovò, comunque, un altro presidente: si trattava dell'imprenditore edile Giacomo Berrino, che chiamò alla guida della squadra l'allenatore del Torino Beniamino Santos. Il Genoa arrivò ottavo in coabitazione con altre tre squadre.

    Nel giugno del 1962, il Genoa volle respirare nuovamente un'aria più consona alle sue tradizioni, anche perché l'ultima avventura del Genoa in Europa risaliva ormai al 1938. Decise così di partecipare alla Coppa delle Alpi, che era un torneo internazionale ufficiale, disputato fino al 1988, e che rappresentava, negli anni sessanta, un trofeo di tutto rispetto. Il Genoa vinse per due edizioni la Coppa delle Alpi (1962 e '64) mentre nel 1963 conquistò la Coppa dell'Amicizia italo- francese nel 1963. Si concluse così una stagione felice, che avrebbe potuto essere il preludio per imprese maggiori se, proprio quell'estate, non si fosse inaugurata una ben triste tradizione: quella cioè di cedere i "pezzi pregiati" sul mercato al miglior offerente, spesso senza preoccuparsi della validità della (eventuale) contropartita tecnica. I tifosi imbestialiti assediarono la sede ma tutto fu inutile. Ma le disgrazie non vengono mai da sole. In quel nerissimo luglio del 1964 morì in un incidente stradale Beniamino Santos, colui che aveva plasmato la squadra terminata in una dignitosa posizione di classifica.


    1965 - 1969

    Per la stagione 1964-1965 venne ingaggiato Paolo Amaral, il tecnico brasiliano, che aveva condotto la Juventus al terzo posto nel campionato 1962-63. Amaral fu un precursore della "zona" ma il Genoa non aveva certo giocatori in grado di applicare un tale modulo di gioco. All'ottava giornata la squadra aveva raggranellato solo 4 punti e Amaral venne esonerato. Al suo posto arrivò Roberto Lerici. Non ci fu più nulla da fare: a fine campionato il Genoa retrocesse. Berrino voleva un pronto ritorno in serie A e così si affidò ad una accoppiata sicuramente vincente: Giuseppe ("Gipo") Viani in qualità di direttore tecnico e Luigi ("Cina") Bonizzoni allenatore. Le premesse, almeno dal punto di vista tecnico, erano confortanti anche se, ovviamente, le casse sociali del Genoa erano modeste. Il campionato tuttavia riservò ancora delusioni: dopo un avvio tutt'altro che esaltante la squadra sembrò rimettersi in carreggiata, ma alcuni risultati negativi

    (soprattutto in trasferta) impedirono ai rossoblù di salire sul treno per la serie A, perso per 2 soli punti dalla terza. Per di più Viani venne coinvolto in un grave incidente stradale, che lo allontanò dai campi di calcio per alcuni mesi. Il 5 maggio 1967 sparì la gloriosa formula "Genoa Cricket and Football Club" che verrà finalmente ripristinata nel 1997. La campagna acquisti venne condotta di nuovo da Viani non ancora completamente rimessosi dal terribile incidente. Fu forse questo il motivo del fallimento della stessa.
    Il campionato risultò compromesso: per la prima volta nella sua storia il Genoa fu costretto a disputare per la terza volta consecutiva il campionato di serie B. Ma questo campanello d'allarme non sembrò essere ascoltato dai dirigenti, che invece di affidare la squadra ad un tecnico esperto, richiamarono sulla panchina Livio Fongaro, allenatore in seconda, che venne, poi, sostituito prima della fine dell'anno solare.
    A lui subentrò Aldo Campatelli. La situazione sembrò volgere al meglio e la squadra parve sul punto di risalire la classifica quando una serie di inopinate sconfitte la riportò tra le acque limacciose del fondo classifica.Il campionato terminò con il Genoa appaiato al 15° posto.


    1970 - 1971

    Per il campionato 1968-69 Berrino e Renzo Fossati decisero di confermare Campatelli e di accaparrarsi due campioni non più giovanissimi ma ancora validi: Antonio Valentin Angelillo ,in qualità di regista del centrocampo,e William Negri. Cedute per motivi di bilancio due punte, che in serie B avrebbero potuto aumentare il peso propulsivo dell'attacco, arrivarono molti giovani come l'ala Perotti, Rossetti e il centravanti Morelli. La squadra partì piuttosto lanciata e, alla decima giornata, era in testa alla classifica. Ma in breve perse molti punti e Campatelli lasciò la panchina all'allenatore in seconda Maurizio Bruno, per seri motivi di salute. Alla fine il Genoa non riuscì ad andare al di là del sesto posto totalizzando 41 punti. Fossati non mollò e delegò al nuovo general manager Aredio Gimona la campagna acquisti. I nuovi arrivi non alimentarono eccessive speranze per una immediata risalita fra l'élite del calcio: gli attaccanti Benvenuto e Rigotto, il terzino Piampiani, l'ex libero Ferrero e il mediano Rinero non entusiasmarono i tifosi. L'allenatore prescelto fu il toscano Franco Viviani. Ancora una volta, i risultati costrinsero Fossati

    ad esonerare l'allenatore dopo una decina di giornate e di affidare la squadra ad un tecnico d'esperienza, Maurizio Bruno. Il torneo si trascinò verso un dolorosissimo epilogo: a gennaio del 1970 Fossati diede le dimissioni, su pressione di un gruppo di politici locali, le finanze facevano acqua ed i giocatori minacciavano uno sciopero se la Società non teneva fede agli obblighi contrattuali. Fu così incaricato di sistemare il bilancio il giovane avvocato Virgilio Bazzani. In primavera Gimona si nominò direttore tecnico scegliendo Bonilauri allenatore. La conclusione del calvario avvenne il 31 maggio 1970, a Reggio Emilia, quando un rigore inesistente condannò definitivamente, a due giornate dal termine, il Genoa alla serie C. La risalita del Genoa fu affidata ad allenatore di grandissima personalità e di notevole talento calcistico: Arturo Silvestri (soprannominato "Sandokan") per la sua grinta da eroe salgariano.

    Arrivarono anche nuovi acquisti: l’ala Corradi, il portiere Lonardi, lo stopper Benini. Il 4 settembre entrò in Società, in qualità di presidente, l’imprenditore toscano Angelo Tongiani, il quale portò in dote al Grifone il centravanti Cini e il giovanissimo attaccante Desolati. Il campionato non fu una passeggiata: l’unica squadra che contese la promozione ai rossoblù fu la Spal. Comunque ai Grifoni bastò un anno per un ritorno tra i professionisti. La grande soddisfazione per il risultato sportivo conseguito non trovò una risposta adeguata da parte dei dirigenti, vista la situazione societaria ancora una volta ingarbugliata a causa degli attriti tra il presidente Tongiani e gli azionisti di maggioranza Berrino e Fossati. Tant’è che Silvestri fu costretto a minacciare le dimissioni nel caso non fosse riuscito ad ottenere almeno due giocatori di suo gradimento per rinforzare la squadra: alla fine arrivarono il terzino Manera e la mezz’ala Simoni. In settembre il Genoa tornò in Coppa Italia dopo un anno d’assenza, dove uscì imbattuto dal proprio girone.


    1971 - 1977

    Nell’assemblea del 28 ottobre 1971 venne deciso, per far affluire fondi alle casse societarie, di seguire il modello del Real Madrid: in pratica i tifosi potevano acquistare azioni del valore nominale di 2500 lire ciascuna. L’iniziativa ebbe successo (i soci arriveranno a quota 14.000 nel giugno del 1973). Con l’autunno ritornarono a galla gli antichi malesseri: la squadra risentì dei contrasti societari e non rispose adeguatamente alle direttive di Silvestri. Comunque superato il pericolo di una nuova possibile retrocessione, Silvestri riuscì, domenica dopo domenica, a rinsaldare la squadra, tanto che ai primi d’aprile si trovò ad un passo dalla zona promozione. Purtroppo la corsa verso la serie A si interruppe bruscamente e la squadra terminò senza infamia e senza lode a centroclassifica. A fine stagione l’avvocato Meneghini (che aveva sostituito Tongiani per alcuni mesi in qualità di amministratore unico) consegnò il suo mandato nelle mani degli azionisti di maggioranza Berrino e Fossati, eletti rispettivamente presidente e vicepresidente.

    Grazie agli introiti ricavati dalle vendite di due giocatori, vennero acquistati il portiere Spalazzi, il centrocampista Scarrone e l’attaccante Listanti. Ma la vera rivelazione fu il giovane centrattacco Bordon. Finalmente la edizione 1972-73 fu una galoppata travolgente, che si concluse con la tanto attesa e sospirata promozione in serie A. Ma i dirigenti si trovarono, improvvisamente, a far fronte ad una situazione molto impegnativa ed onerosa sotto il profilo finanziario. Silvestri dovette affidarsi a due grandi campioni del passato (Rosato e Corso). Un nefasto presagio di un torneo non propriamente felice fu il rifiuto dei giocatori rossoblù di recarsi a Napoli per disputare una partita di Coppa Italia, terrorizzati dell’eventualità di una epidemia di colera, nonostante tutte le garanzie e le precauzioni che la società azzurra aveva assicurato.

    Una volta iniziato il campionato, i radi risultati positivi e le sempre più frequenti sonore sconfitte, soprattutto contro le blasonate, portarono il Genoa sul fondo della classifica. Alla fine del campionato fu nuovamente retrocessione e lo sconforto per questo accadimento fu ulteriormente aggravato dal fatto che la Sampdoria, anch’essa retrocessa sul campo ma con tre punti in più dei rossoblù, venne ripescata per un presunto illecito tra Foggia e Verona. Poco dopo Berrino uscì definitivamente di scena. Ci vollero due anni per riuscire a centrare una nuova promozione. Quando il Genoa si trovò nuovamente nella massima serie Fossati cercò di darsi da fare nella campagna acquisti, Simoni (allenatore artefice del ritorno in serie A) fu confermato. La partenza fu piuttosto blanda, ma i "gemelli del goal" rossoblù (Pruzzo e Damiani) furono gli artefici principali della rimonta, ciò permise al Genoa di posizionarsi in un tranquillo undicesimo posto.


    1977 - 1981

    La squadra gli inizi del campionato 1977-78 rimase pressoché inalterata se si escludono gli arrivi di Silipo in difesa insieme al lungo stopper Berni. Dopo quattro partite il Genoa era solo in testa alla classifica, cosa che non si verificava da ormai lunghe decadi. Poco dopo il Genoa cominciò a perdere posizioni su posizioni.Nel frattempo il presidente Fossati decise di licenziare il direttore sportivo Silvestri e chiamò Riccardo Sogliano. Questi cominciò a rilasciare dichiarazioni sugli acquisti e le cessioni per il campionato successivo, proprio mentre il campionato entrava nella sua fase cruciale. Tra i giocatori cominciò a serpeggiare il panico e gli avvenimenti precipitarono e, ancora una volta, il Genoa retrocesse, pur avendo una coppia di attaccanti come Pruzzo e Damiani!


    Il "ciclone" Sogliano, come preannunziato, attuò una vera e propria rivoluzione eliminando più di mezza squadra, tra cui Pruzzo. Arrivarono il centravanti Musiello e nuovamente Bruno Conti (in prestito). Inoltre i difensori Magnocavallo, Gorin, centrocampisti Odorizzi, Criscimanni, Miano, Sandreani, i giovani Miano e Boito, oltre ai confermati Damiani, Girardi, Rizzo, Ogliari. Il nuovo allenatore Maroso, dopo la decima giornata, fu sostituito da Ettore Puricelli, il quale, a poche giornate dalla fine, lasciò il posto a Gianni Bui. Nonostante ciò, la squadra genovese riuscì ad evitare la retrocessione in serie C. Nuova stagione (1979-80) e nuova rivoluzione societaria: nuovo direttore sportivo (Alfredo Mosconi) e nuovo allenatore, il vulcanico napoletano Gianni Di Marzio.

    Un campionato all’insegna dell’anonimato con qualche rimpianto (il bel derby perso per 3 a 2 dopo essere passati in vantaggio all’inizio della ripresa). Alla fine del campionato 1980-‘81 il Grifone fu promosso nella massima serie: dopo essere partito come outsider, la squadra inanellò una serie di risultati positivi, che permisero il successo finale. Il ritorno in serie A vide la partenza del valido terzino Sebino Nela, ma arrivò il forte centrocampista Pasquale Iachini, il difensore Romano e la giovane promessa (mai mantenuta) Capezzuoli.


    1982 - 1985

    Per la squadra rossoblù il campionato 1981-'82 non fu tranquillo, ma comunque restò in serie A, in quella stagione per la prima volta nel calcio italiano fu stampato il nome di uno sponsor sulla maglia da calcio. Per il campionato 1982-83 il Grifone si rafforzò acquistando un altro straniero: si trattò del nazionale olandese Jan Peters un forte centrocampista.La stagione iniziò subito all’insegna della jella: Vandereycken si infortunò, Peters spesso dovette chiamarsi fuori per disturbi muscolari. Comunque il Genoa in campionato ebbe l’accortezza di battere sistematicamente le avversarie nella lotta per non retrocedere. Il Genoa disputò il suo terzo consecutivo campionato di serie A: non accadeva dalla prima metà degli anni Sessanta!

    Simoni volle trovare un sostituto a Vandereycken, Peters, nonostante gli acciacchi, venne confermato, mentre arrivò Francisco Chagas Eloi. Nella prima parte del girone d’andata e quella del ritorno registrarono i risultati più negativi per il Grifoni. Alla fine, il successo nell’ultima domenica di campionato sull’ormai scudettata Juventus non servì: il Genoa scese per l’ennesima volta in seconda serie tra la durissima contestazione dei tifosi. Il presidente non si arrese e tornò prepotentemente sul mercato: licenziò il general manager Vitali e assunse Spartaco Landini. Cede Briaschi alla Juve, Martina al Torino e altri giocatori minori. Eloi tornò in Brasile, mentre Peters rimase ancora per una stagione. Arrivarono il portiere Cervone, il difensore Bonetti, il centrocampista Mauti, l’attaccante Auteri. Inoltre venne utilizzata la schiera dei "Primavera", tra i quali spiccano Eranio, Rotella e Bosetti. Nuovo ovviamente anche l’allenatore, cioè Tarcisio Burgnich. Fu un campionato strano con minimi storici per quanto riguarda gli spettatori e gli abbonati, con i tifosi più intenti nel contestare Fossati (alle prese anche con pesantissimi problemi di natura fiscale) dentro e fuori lo stadio nel supportare una squadra che, se adeguatamente sostenuta, probabilmente, avrebbe forse potuto anche ottenere i nove punti, che alla fine le mancarono per agganciare il treno della promozione.

    -L'ultimo grande Genoa

    Nel giugno del 1985 si affacciò sul proscenio rossoblu un personaggio destinato a lasciare un profondo solco nel bene e nel male nella storia del Genoa nell’ultima parte del ventesimo secolo: Aldo Spinelli, imprenditore di successo nel ramo dei trasporti. Spinelli nella tarda primavera del 1985 si recò da Fossati per chiedere il 40% delle azioni. Ma si rese conto, ben presto, dell’impossibilità di una convivenza con il patron rossoblu, allora non esitò ad acquistare l’intero pacchetto azionario. Il 21 giugno 1985 divenne ufficialmente il proprietario del Genoa, facendosi affiancare in qualità di amministratore delegato da Sandro Mazzola. Si aprì così il primo ciclo della gestione Spinelli (che durerà ben dodici anni) comprendente le prime tre stagioni: per due volte la promozione venne mancata per un solo punto, mentre nel terzo campionato (1987-88) la squadra si salvò dalla C solo all’ultima giornata.

    Nell’estate del 1985 la campagna acquisti-cessioni era già stata iniziata sotto la gestione Fossati: Bonetti venne ceduto, mentre dall’Inter arrivò Bini. Mazzola e Landini (destinato a rimanere al fianco di Spinelli fino al suo ultimo giorno di presidenza) acquistarono gli attaccanti Ma rulla, Tacchi, Trevisan, Guerra, Boscolo, Butti e Vincenzo Torrente. Inutile sottolineare la futura lunga militanza di Torrente, destinato a diventare oltre che capitano della squadra, anche uno dei giocatori con il maggior numero di presenze in assoluto fra i rossoblù di tutti i tempi. Il campionato si trascinò nella mediocrità e per quell’anno si chiuse la porta della serie A. A fine stagione Mazzola presentò le dimissioni: l’allora amministratore delegato, più volte, aveva manifestato diversità di vedute con il Presidente. Perotti (subentrato nel corso della stagione a Burgnich), venne riconfermato sulla panchina anche per il campionato 1986-87. Per quanta riguarda la campagna acquisti fu rilevante l’arrivo di Sergio Domini. Il Grifone, fin dalle prime partite, si dimostrò imbattibile (e imbattuto) fra le mura amiche, ma piuttosto fragile lontano da Marassi dove collezionò ben 8 sconfitte. Tuttavia si tenne sempre a ridosso, e talvolta anche all’interno, della zona promozione, ma anche quell’anno la promozione fu rinviata.

    Per la stagione successiva la scelta dell’allenatore cadde su Gigi Simoni. Tra i giocatori si segnalano: Briaschi, Caricola, Gentilini e Pecoraio. Le “magagne” della squadra vennero subito a galla aggravate, anche, da una circostanza indipendente dalle responsabilità della Società: il Comune decise, in occasione dei Mondiali di Calcio del 1990, di ristrutturare completamente lo stadio di Marassi. Il progetto era assurdo: il nuovo stadio (che come si sa non avrebbe mai avuto l’agibilità in quanto realizzato in un’area già estremamente congestionata) si sarebbe ritrovato con quasi 20.000 posti in meno di quello vecchio! Il campionato 1987-88 ebbe uno svolgimento a dir poco drammatico: già all’ottava giornata si contavano ben 4 sconfitte casalinghe e nessuna vittoria! Gigi Simoni fu esonerato e Spinelli richiamò Perotti. Il finale del torneo fu al cardiopalma e rappresentò l’ennesima Via Crucis nella storia dei sostenitori rossoblù, ma la promozione fu ancora rimandata. Sogliano (nel frattempo richiamato da Spinelli) si mise al lavoro per costruire finalmente una squadra che possa tornare finalmente nella massima serie, anche se poi abbandonerà la Società all’inizio del campionato per divergenze di idee con Spinelli.

    Arrivò, quell' anno, il Professor Scoglio, professore di ginnastica (da cui appunto il titolo usato a mo’ di appellativo), dotato di una spiccata personalità,profondo psicologo, preparatore meticoloso, quasi maniacale,una grande competenza di calcio, nonostante sia come giocatore, sia come allenatore non abbia mai calcato i grandi palcoscenici, insomma era la persona giusta, grazie anche al suo spirito positivo, per risollevare il morale e le sorti di una Società, di una squadra e di una tifoseria ormai da decenni connotate di una perenne negatività. Su indicazione del Professore vennero acquistati l’attaccante Fontolan, la punta Nappi e il centrocampista Ruotolo,Onorati e Quaggiotto Ferroni e Pusceddu. Confermati Eranio, Torrente, Caricola, Briaschi. Con l’inserimento di Signorini (libero di grande valore) il mosaico fu completo. La stagione si aprì con uno strepitoso girone d’andata (il Genoa fu campione d’inverno),anche se si attenuò nella seconda parte del torneo, dove fu la regolarità a dettare legge nel cammino del Grifone verso la serie A. Il Genoa raggiunse la promozione a quattro giornate dal termine. Il vulcanico Professore, che da mesi aveva firmato il rinnovo del contratto per la stagione 1989-90, si mise subito al lavoro e volò in Sudamerica, dove identificò i tre stranieri che faranno al caso del Genoa: Perdomo, Aguilera e il centrocampista Ruben Paz. Il girone d’andata si dimostrò piuttosto anomalo: a risultati decisamente positivi fece riscontro una preoccupante serie di sconfitte interne. Comunque i tifosi e la dirigenza continuarono ad avere fiducia nel Professore, il quale nella seconda parte del torneo riuscì ad assicurare al Genoa una salvezza relativamente tranquilla. Sostituito il portiere Gregori con la riserva Braglia, il Grifone si rimise in carreggiata, grazie ad un buon numero di pareggi, a qualche vittoria con solo tre sconfitte di misura. Il Genoa chiuse, alla fine, all’undicesimo posto.

    Scoglio lasciò la panchina a Osvaldo Bagnoli (allenatore del Verona “scudettato ” nel 1985). Ceduti Perdomo e Paz insieme a Gregori e Urban, Bagnoli fece rientrare Onorati ed Elio Signorelli, mentre vennero acquistati il regista Bortolazzi e la punta Pacione. Ma il “colpo” dell’estate fu rappresentato dall’acquisto del centravanti della nazionale cecoslovacca Thomas Skuhravy. Furono ovviamente confermati i vari Aguilera, Ruotolo, Signorini, Eranio, Collovati, Fiorin, Braglia, Caricola. Il Genoa ebbe un discreto inizio di campionato, caratterizzato da diversi pareggi, un paio di sconfitte esterne. Ma ful'arrivo di Claudio Vaz Leal detto Branco a segnare una svolta. Dopo aver inflitto una sconfitta alla Sampdoria durante il derby (vinto 2-1, grazie ad una splendida punizione di Branco), i ragazzi di Bagnoli erano a 2 punti dalla zona UEFA. Nell’ultima decisiva partita il Genoa si ritrovò contro la Juve: la vittoria nella partita sanciva il diritto a partecipare alla Coppa UEFA. Il Genoa vinse 2-0: si ritrovò quarto in campionato. Spinelli non se la sentì di mettere ulteriormente in atto degli investimenti sostanziosi: arrivarono solo il portiere di riserva Berti e l’attaccante Iorio. Così poté considerarsi già un gran successo che nessun titolare venisse ceduto. La stagione 1991-92 rimane nel ricordo come quella della disputa della Coppa UEFA. Nessuno si sarebbe aspettato un cammino così autorevole in Europa da parte della squadra rossoblù: dapprima venne eliminato il Real Oviedo, poi la Dinamo di Bucarest. Il Genoa approdò così agli ottavi,che superò battendo lo Steaua. Il sorteggio per i quarti sembrò poco favorevole al Genoa: l'avversario era il Liverpool. Fu all’Anfield Road (partita di ritorno) che il Genoa si impose: i Grifoni furono la prima squadra italiana a battere il Liverpool sul suo terreno in una competizione ufficiale. Ma la favola del Genoa in Coppa UEFA finì a causa dell’Ajax, che eliminò il Grifone. Intanto in campionato le cose non andarono meglio: la squadra si piazzò al 13° posto. Nell’estate del 1992, proprio quando si pensava che, nonostante tutto, fosse iniziato un ciclo, il giocattolo si ruppe. I primi a partire furono l’allenatore Bagnoli, seguito da Eranio e Aguilera.

    Il campionato 1992-93 è caratterizzato dal succedersi di ben tre tecnici sulla panchina rossoblù: Bruno Giorni (con lui arrivarono Fortunato, Panucci, Sacconi,Van’t Schip, Padovano), Gigi Maifredi e alla fine Claudio Maselli. Comunque la squadra riuscì ad ottenere la salvezza piazzandosi tredicesima. Maselli venne confermato anche per il campionato successivo e fu con lui che i dirigenti, i giocatori e la tifoseria il 7 settembre celebrarono i cento anni di vita della più antica società italiana di calcio. Venne ceduto Branco (sostituito tuttavia dal forte terzino Dan Petrescu) e anche la rivelazione Fortunato (destinato a scomparire di lì a poco per una gravissima malattia). Arrivarono Luca Cavallo, Detari, Nappi, Ciocci e Vink. Maselli non riuscì a terminare sulla panchina il girone d’andata, il suo sostituto fu Franco Scoglio. L’arrivo del Professore fu un vero e proprio toccasana: alla fine la squadra si piazzò al 10° posto. Il Professore, da tempo, stava preparando un “progetto”, che avrebbe dovuto riportare il Genoa ai livelli della Coppa UEFA: aveva in mente tre giocatori Di Canio, Klinsmann e Jokanovic, che avrebbero costituito un trio strepitoso.Spinelli rifiutò di affrontare un investimento di tale portata senza una contropartita economica di peso, il Professore rinunciò così al suo progetto. Giunsero a Genova il difensore Delli Carri, Manicone, Marcolin. Ma quella del 1994 viene ricordata come l’estate di Kazuyoshi Miura, il primo calciatore giapponese a giocare in Italia. Benché fosse osannato in patria, l’impatto con la realtà italiana fu durissimo (anche a causa di un infortunio nella partita d’esordio) non riuscì ad adattarsi alle richieste di Scoglio. Alla quinta giornata di campionato Spinelli decise di licenziare Scoglio, sacrificato sull’altare per aver emarginato il giapponese. Venne invitato a sedersi sulla panchina Pippo Marchioro, che, dopo altri 14 turni, venne esonerato. A dieci giornate dalla fine venne riesumato Maselli. Il Genoa sembrava condannato alla retrocessione (pur avendo 40 punti in classifica!), la speranza di salvezza si riaccese all’ultima giornata: il Genoa ottenne la possibilità di giocarsi sul campo la salvezza con il Padova. Lo spareggio finì ai rigori, decisamente amari per i grifoni, che retrocessero in serie B. In questa stagione disastrosa va ricordato anche un tristissimo episodio: domenica 29 gennaio poco prima della partita (sospesa su decisione dei giocatori alla fine del primo tempo) il giovane tifoso rossoblù Vincenzo Spagnolo fu accoltellato a morte da un ancor più giovane sostenitore rossonero.


    Il resto è cronaca, non mi sento di considerarla storia.
    tratto dall'ottimo sito http://web.dsc.unibo.it/~lauri/ig/index.html

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    I PRIMATI DEL GENOA
    • » Prima società di calcio nata in Italia (1893)
    • » Prima squadra vincitrice del campionato nazionale (1898)
    • » Prima società italiana a istituire il settore giovanile (1902 - ragazzi sotto i 16 anni)
    • » Prima squadra italiana a disputare una partita all’estero (1903 – Football Veloclub Nizza-Genoa 0-3)
    • » Prima società italiana ad assumere un allenatore professionista (1912 - Garbutt; nasce da qui la consuetudine di chiamare "mister" l'allenatore) » Prima società italiana ad avvalersi di giocatori professionisti (1912 -Grant)
    • » Squadra italiana che ha segnato il maggior numero di reti (16) in trasferta a una squadra avversaria (Acqui F.B.C.) nel massimo campionato di calcio (1914)
    • » Prima squadra italiana a vincere un campionato senza subire sconfitte (1922/23)
    • » Prima squadra italiana a giocare in Argentina e Uruguay (1923)
    • » Prima squadra italiana ad appuntare lo scudetto sulle maglie (1924)
    • » Prima squadra italiana, al pari della Juventus, a partecipare ad una competizione europea (1929 - Coppa Europa Centrale)
    • » Prima squadra italiana ad adottare come modulo di gioco il "sistema" (1939 All. Barbieri)
    • » Prima squadra italiana a vincere la Coppa delle Alpi (1962)
    • » Squadra italiana che ha subito il minor numero di reti (13) nei campionati di serie B a 20 squadre (1988/89)
    • » Prima squadra italiana a superare il Liverpool allo stadio "Anfield Road", nell'ambito di una competizione ufficiale europea (1992 Liverpool-Genoa 1-2 - Coppa Uefa)
    LE CURIOSITA' SUL GENOA
    • 1906 - (a Milano: Genoa-Juventus 0-2) - Prima squadra italiana, al pari della Juventus, ad avere al seguito un "treno speciale" di tifosi in occasione di una partita
    • 1912 - Prima società a vincere il campionato nazionale di pallanuoto
    • 1920 - (a Milano: Genoa-Juventus 2-3) - Prima squadra italiana ad annoverare tra le sue fila un giocatore (Baciccia Traverso) che abbandona il campo in segno di protesta per un gol segnato in fuorigioco dalla squadra avversaria
    • 1922 - (viaggio Genova/Savona) - Prima società italiana a organizzare una nave di tifosi al seguito della squadra
    • 1924 - Prima società italiana a far operare di menisco un giocatore (Alberti)
    • 1927 (a Roma: Alba-Genoa 1-3) - Prima squadra italiana a utilizzare l’aereo per andare a disputare una partita in trasferta
    • 1962 - (Little Club Genoa) - Prima squadra italiana per la quale alcuni tifosi si organizzano in un club con sede propria
    • 1971 - (a Sassari: Torres-Genoa 0-1) - Prima squadra italiana per la quale la propria tifoseria noleggia una nave al seguito
    • 1977 - (Genoa-Torino 1-1) - Prima partita trasmessa a colori dalla RAI
    • 1991 - (Oviedo-Genoa 1-0) - Prima squadra italiana la cui tifoseria organizza una carovana di autoveicoli con tanto di assistenza medica e tecnica in occasione di una partita valida per la Coppa Uefa
    • 1994 - Prima squadra italiana a schierare un calciatore di nazionalità giapponese (Miura)
    • 1998 - Prima squadra italiana ad avere un newsgroup su Internet
    • 1999 - (Genoa-Salernitana 3-0) - Prima partita del Campionato Nazionale di serie B giocata in anticipo al venerdì e trasmessa in televisione (Tele+)
    • 1999 - (Cagliari-Genoa 3-1 / Coppa Italia) - Prima partita ufficiale della storia del calcio terminata mediante la direzione di due arbitri
    • 2001 - Prima squadra italiana a schierare calciatori di nazionalità tunisina (Badra, Bouzaiene, Gabsi, Mhadhbi)

  3. #3
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