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    Predefinito 20 maggio - S. Bernardino da Siena

    In onore del grande apostolo del Nome SS. di Gesù, apro questo thread.

    Aug.

    *****
    dal sito SANTI E BEATI:

    San Bernardino da Siena Sacerdote

    20 maggio - Memoria Facoltativa

    Massa Marittima, Grosseto, 8 settembre - L'Aquila, 20 maggio 1444

    Canonizzato nel 1450, cioè a soli sei anni dalla morte, era nato nel 1380 a Massa Marittima, dalla nobile famiglia senese degli Albizzeschi. Rimasto orfano dei genitori in giovane età fu allevato a Siena da due zie. Frequentò lo Studio senese fino a ventidue anni, quando vestì l'abito francescano. In seno all'ordine divenne uno dei principali propugnatori della riforma dei francescani osservanti. Banditore della devozione al santo nome di Gesù, ne faceva incidere il monogramma «YHS» su tavolette di legno, che dava a baciare al pubblico al termine delle prediche. Stenografati con un metodo di sua invenzione da un discepolo, i discorsi in volgare di Bernardino sono giunte fino a noi. Aveva parole durissime per quanti «rinnegano Iddio per un capo d'aglio» e per «le belve dalle zanne lunghe che rodono le ossa del povero». Anche dopo la sua morte, avvenuta alla città dell'Aquila, nel 1444, Bernardino continuò la sua opera di pacificazione. Era infatti giunto morente in questa città e non poté tenervi il corso di prediche che si era prefisso. Persistendo le lotte tra le opposte fazioni, il suo corpo dentro la bara cominciò a versare sangue e il flusso si arrestò soltanto quando i cittadini dell'Aquila si rappacificarono. (Avvenire)

    Patronato: Pubblicitari, Preghiere

    Etimologia: Bernardino = ardito come orso, dal tedesco

    Emblema: IHS (monogramma di Cristo)

    Martirologio Romano: San Bernardino da Siena, sacerdote dell’Ordine dei Minori, che per i paesi e le città d’Italia evangelizzò le folle con la parola e con l’esempio e diffuse la devozione al santissimo nome di Gesù, esercitando instancabilmente il ministero della predicazione con grande frutto per le anime fino alla morte avvenuta all’Aquila in Abruzzo.

    Martirologio tradizionale (20 maggio): Ad Aquila, nell'Abruzzo, san Bernardino da Siena, Sacerdote dell'Ordine dei Minori e Confessore, che illustrò l'Italia colla parola e coll'esempio.

    Per ascoltare le prediche efficacissime di questo frate francescano di fine Medioevo, si radunavano folle di fedeli nelle piazze delle città, non potendoli contenere le chiese; e mancando allora mezzi tecnici di amplificazione della voce, venivano issati i palchi da cui parlava, studiando con banderuole la direzione del vento, per poterli così posizionare in modo favorevole all’ascolto dalle folle attente e silenziose.

    Origini e formazione

    San Bernardino nacque l’8 settembre 1380 a Massa Marittima (Grosseto) da Albertollo degli Albizzeschi e da Raniera degli Avveduti; il padre nobile senese era governatore della città fortificata posta sulle colline della Maremma.
    A sei anni divenne orfano dei genitori, per cui crebbe allevato da parenti, prima dalla zia materna che lo tenne con sé fino agli undici anni, poi a Siena a casa dello zio paterno, ma fino all’età adulta furono soprattutto le donne della famiglia ad educarlo, come la cugina Tobia terziaria francescana e la zia Bartolomea terziaria domenicana.
    Ricevette un’ottima educazione cristiana ma senza bigottismo, crebbe sano, con un carattere schietto e deciso, amante della libertà ma altrettanto conscio della propria responsabilità.
    Studiò grammatica, retorica e lettura di Dante, dal 1396 al 1399 si applicò allo studio della Giurisprudenza nella Università di Siena, dove conseguì il dottorato in filosofia e diritto; non era propenso alla vita religiosa, tanto che alle letture bibliche preferiva la poesia profana.
    Verso i 18 anni, pur seguitando a vivere come i coetanei, entrò nella Confraternita dei Disciplinati di Santa Maria della Scala, una compagnia di giovani flagellanti, che teneva riunioni a mezzanotte nei sotterranei del grande ospedale posto di fronte al celebre Duomo di Siena.
    Aveva 20 anni quando Siena nel 1400 fu colpita dalla peste; e anche molti medici e infermieri dell’Ospedale di Santa Maria della Scala, morirono contagiati, per cui il priore chiese pubblicamente aiuto.
    Bernardino insieme ai compagni della Confraternita si offrì volontario, la sua opera nell’assistenza agli appestati durò per quattro mesi, fino all’inizio dell’inverno, quando la pestilenza cominciò a scemare.
    Trascorsero poi altri quattro mesi, tra la vita e la morte, essendosi anch’egli contagiato; guarito assisté poi per un anno la zia Bartolomea diventata cieca e sorda.

    La scelta Francescana

    In quel periodo cominciò a pensare seriamente di scegliere per la sua vita un Ordine religioso, colpito anche dall’ispirata parola di s. Vincenzo Ferrer, domenicano, incontrato ad Alessandria.
    Alla fine scelse di entrare nell’Ordine Francescano e liberatosi di quanto possedeva, l’8 settembre 1402 entrò come novizio nel Convento di San Francesco a Siena; per completare il noviziato, fu mandato sulle pendici meridionali del Monte Amiata, al convento sopra Seggiano, un villaggio di poche capanne intorno ad una chiesetta, detto il Colombaio.
    Il convento apparteneva alla Regola dell’Osservanza, sorta in seno al francescanesimo 33 anni prima, osservando appunto assoluta povertà e austerità, prescritte dal fondatore san Francesco; e con la loro moderazione, che li distingueva dagli Spirituali più combattivi nei decenni precedenti, gli Osservanti si opponevano al rilassamento dei Conventuali, con discrezione e senza eccessi.
    Frate Bernardino visse al Colombaio per tre anni, facendo la professione religiosa nel 1403 e diventando sacerdote nel 1404, celebrò la prima Messa e tenne la prima predica nella vicina Seggiano e come gli altri frati del piccolo convento, prese a girare scalzo per la questua nei dintorni. Nel 1405 fu nominato predicatore dal Vicario dell’Ordine e tornò a Siena.

    La sua formazione, studi, prime predicazioni

    Dopo un po’, da Siena andò con qualche compagno nel piccolo romitorio di Sant’Onofrio sul colle della Capriola di fronte alla città; da tempo questo conventino era abitato da frati dell’Osservanza, qui fra’ Bernardino volle costruire un nuovo convento più grande, esso apparteneva all’Ospedale della Scala ed egli riuscì ad ottenerlo in dono, ma giacché i Frati Minori non potevano accettare donazioni, si impegnò a versare in cambio una libbra di cera all’anno.
    Aveva circa 25 anni e restò alla Capriola per 12 anni, dedicandosi allo studio dei grandi dottori e teologi specie francescani; raccogliendo e studiando materiale ascetico, mistico e teologico.
    In quel periodo, fu a contatto col mondo contadino ed artigiano delle cittadine dei dintorni, imparando a predicare per farsi comprendere da loro, con espressioni, immagini vivaci e aneddoti che colpissero l’attenzione di quella gente semplice, a cui affibbiava soprannomi nelle loro attività e stile popolano di vivere, per farli divertire; così la massaia disordinata era “madama Arrufola” e la giovane che ‘balestrava’ con occhiate languide i giovani dalla sua finestra, era “monna Finestraiola”.
    Per una malattia alle corde vocali che per qualche anno lo colpì, rendendo la sua voce molto fioca, Bernardino da Siena, stava per chiedere di essere esonerato dalla predicazione. Ma inaspettatamente un giorno la voce ritornò non soltanto limpida, ma anche musicale e penetrante, ricca di modulazioni.
    Sul colle della Capriola tornava spesso dopo i suoi lunghi viaggi di predicatore, per ritrovare li spirito di meditazione e per scrivere i “Sermoni latini”; formò molti discepoli fra i quali san Giacomo della Marca, san Giovanni da Capestrano, i beati Matteo da Agrigento, Michele Cercano, Bernardino da Feltre e Bernardino da l’Aquila.

    Il grande predicatore popolare

    Nel 1417 padre Bernardino da Siena fu nominato Vicario della provincia di Toscana e si trasferì a Fiesole, dando un forte impulso alla riforma in atto nell’Ordine Francescano.
    Contemporaneamente iniziò la sua straordinaria predicazione per le città italiane, dove si verificava un grande afflusso di fedeli che faceva riempire le piazze; tutta la cittadinanza partecipava con le autorità in testa, e i fedeli affluivano anche dai paesi vicini per ascoltarlo.
    Dal 1417 iniziò a Genova la sua prodigiosa predicazione apostolica, allargandola dopo i primi strepitosi successi, a tutta l’Italia del Nord e del Centro.
    A Milano espose per la prima volta alla venerazione dei fedeli, la tavoletta con il trigramma; da Venezia a Belluno, a Ferrara, girando sempre a piedi, e per tutta la sua Toscana, dove ritornava spesso, predicò incessantemente; nel 1427 tenne nella sua Siena un ciclo di sermoni che ci sono pervenuti grazie alla fedele trascrizione di un ascoltatore, che li annotava a modo suo con velocità, senza perdere nemmeno una parola.
    Da queste trascrizioni, si conosce il motivo dello straordinario successo che otteneva Bernardino; sceglieva argomenti che potevano interessare i fedeli di una città ed evitava le formulazioni astruse o troppo elaborate, tipiche dei predicatori scolastici dell’epoca. Per lui il “dire chiaro e breve” non andava disgiunto dal “dire bello”, e per farsi comprendere usava racconti, parabole, aneddoti; canzonando superstizioni, mode, vizi.
    Sapeva comprendere le debolezze umane, ma era intransigente con gli usurai, considerati da lui le creature più abbiette della terra. Le conversioni spesso clamorose, le riconciliazioni ai Sacramenti di peccatori incalliti, erano così numerosi, che spesso i sacerdoti erano insufficienti per le confessioni e per distribuire l’Eucaristia.
    Quando le leggi che reggevano un Comune, una Signoria, una Repubblica, erano ingiuste e osservarle significava continuare l’ingiustizia, Bernardino da Siena, in questi casi dichiarava sciolti dal giuramento i pubblici ufficiali e invitava la città a darsi nuove leggi ispirate al vangelo; e le città facevano a gara per ascoltarlo e ne accettavano le direttive.

    Il trigramma del Nome di Gesù

    Affinché la sua predicazione non fosse dimenticata facilmente, Bernardino con profondo intuito psicologico, la riassumeva nella devozione al Nome di Gesù e per questo inventò un simbolo dai colori vivaci che veniva posto in tutti i locali pubblici e privati, sostituendo blasoni e stemmi delle famiglie e delle varie corporazioni spesso in lotta tra loro.
    Il trigramma del nome di Gesù, divenne un emblema celebre e diffuso in ogni luogo, sulla facciata del Palazzo Pubblico di Siena campeggia enorme e solenne, opera dell’orafo senese Tuccio di Sano e di suo figlio Pietro, ma lo si ritrova in ogni posto dove Bernardino e i suoi discepoli abbiano predicato o soggiornato.
    Qualche volta il trigramma figurava sugli stendardi che precedevano Bernardino, quando arrivava in una nuova città per predicare e sulle tavolette di legno che il santo francescano poggiava sull’altare, dove celebrava la Messa prima dell’attesa omelia, e con la tavoletta al termine benediceva i fedeli.
    Il trigramma fu disegnato da Bernardino stesso, per questo è considerato patrono dei pubblicitari; il simbolo consiste in un sole raggiante in campo azzurro, sopra vi sono le lettere IHS che sono le prime tre del nome Gesù in greco (ma si sono date anche altre spiegazioni, come l’abbreviazione di “In Hoc Signo (vinces)”, il motto costantiniano, oppure di “Iesus Hominum Salvator”.
    Ad ogni elemento del simbolo, Bernardino applicò un significato; il sole centrale è chiara allusione a Cristo che dà la vita come fa il sole, e suggerisce l’idea dell’irradiarsi della Carità.
    Il calore del sole è diffuso dai raggi, ed ecco allora i dodici raggi serpeggianti cioè i dodici Apostoli e poi da otto raggi diretti che rappresentano le beatitudini; la fascia che circonda il sole rappresenta la felicità dei beati che non ha termine, il celeste dello sfondo è simbolo della fede; l’oro dell’amore.
    Bernardino allungò anche l’asta sinistra dell’H, tagliandola in alto per farne una croce, in alcuni casi la croce è poggiata sulla linea mediana dell’H.
    Il significato mistico dei raggi serpeggianti era espresso in una litania: 1° rifugio dei penitenti; 2° vessillo dei combattenti; 3° rimedio degli infermi; 4° conforto dei sofferenti; 5° onore dei credenti; 6° gioia dei predicanti; 7° merito degli operanti; 8° aiuto dei deficienti; 9° sospiro dei meditanti; 10° suffragio degli oranti; 11° gusto dei contemplanti; 12° gloria dei trionfanti.
    Tutto il simbolo è circondato da una cerchia esterna con le parole in latino tratte dalla Lettera ai Filippesi di San Paolo: “Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, sia degli esseri celesti, che dei terrestri e degli inferi”.
    Il trigramma bernardiniano ebbe un gran successo, diffondendosi in tutta Europa, anche s. Giovanna d’Arco volle ricamarlo sul suo stendardo e più tardi fu adottato anche dai Gesuiti.
    Diceva s. Bernardino: “Questa è mia intenzione, di rinnovare e chiarificare il nome di Gesù, come fu nella primitiva Chiesa”, spiegando che, mentre la croce evocava la Passione di Cristo, il suo nome rammentava ogni aspetto della sua vita, la povertà del presepio, la modesta bottega di falegname, la penitenza nel deserto, i miracoli della carità divina, la sofferenza sul Calvario, il trionfo della Resurrezione e dell’Ascensione.
    In effetti ribadiva la devozione già presente in san Paolo e durante il Medioevo in alcuni Dottori della Chiesa e in s. Francesco d’Assisi, inoltre tale devozione era praticata in tutto il Senese, pochi decenni prima dai Gesuati, congregazione religiosa fondata nel 1360 dal senese beato Giovanni Colombini, dedita all’assistenza degli infermi e così detti per il loro ripetere frequente del nome di Gesù.
    Quindi la novità di s. Bernardino fu di offrire come oggetto di devozione le iniziali del nome di Gesù, attorniato da efficaci simbolismi, secondo il gusto dell’epoca, amante di stemmi, armi, simboli.
    L’uso del trigramma, comunque gli procurò accuse di eresie e idolatria, specie dagli Agostiniani e Domenicani, e Bernardino da Siena subì ben tre processi, nel 1426, 1431, e 1438, dove il francescano poté dimostrare la sua limpida ortodossia, venendo ogni volta assolto con il favore speciale di papa Eugenio IV, che lo definì “il più illustre predicatore e il più irreprensibile maestro, fra tutti quelli che al presente evangelizzano i popoli in Italia e fuori”.

    Riformatore dell’Ordine Francescano

    Bernardino, che fin dal 1421 era Vicario dei Frati Osservanti di Toscana e Umbria, nel 1438 venne nominato dal Ministro Generale dell’Ordine Francescano, Vicario Generale di tutti i conventi dell’Osservanza in Italia.
    Nella sua opera di riforma, portò il numero dei conventi da 20 a 200; proibì ai frati analfabeti o poco istruiti, di confessare e assolvere i penitenti; istituì nel convento di Monteripido presso Perugia, corsi di teologia scolastica e di diritto canonico; s’impegnò a fare rinascere lo spirito della Regola di s. Francesco, adattandola alle esigenze dei nuovi tempi.
    Rifiutò per tre volte di essere vescovo di diocesi, che gli furono offerte.

    Gli ultimi anni, la morte

    Nel 1442, sentendosi oltremodo stanco, soffriva di renella, infiammazione ai reni, emorroidi e dissenteria, rassegnò le sue dimissioni dalla carica, che aveva accettato per spirito di servizio verso l’Ordine.
    Nel fisico sembrava più vecchio dei suoi 62 anni, aveva perso tutti i denti, tranne uno e quindi le gote gli si erano incavate, ma quell’aspetto emaciato l’aveva già a 46 anni, quando posò per un quadro dal vivo, oggi conservato alla Pinacoteca di Siena.
    Libero da responsabilità riprese a predicare, nonostante il cattivo stato di salute; i senesi gli chiesero di recarsi a Milano per rinsaldare l’alleanza con il duca Filippo Maria Visconti contro i fiorentini; da lì proseguì poi per il Veneto, predicando a Vicenza, Verona, Padova, Venezia, scendendo poi a Bologna e Firenze, nella natia Massa Marittima predicò nel 1444 per 40 giorni.
    Ritornato a Siena si trattenne per poco tempo, perché voleva ancora compiere una missione di predicazione nel Regno di Napoli, dove non si era mai recato, con l’intenzione di predicare anche lungo il percorso; accompagnato da alcuni frati senesi, toccò il Trasimeno, Perugia, Assisi, Foligno, Spoleto, Rieti, ma già in prossimità de L’Aquila, il suo fisico cedette allo sforzo e il 20 maggio 1444 fu portato in lettiga al convento di San Francesco, dentro la città, dove morì quel giorno stesso a 64 anni, posto sulla nuda terra come s. Francesco, dietro sua richiesta.
    Dopo morto, il suo corpo esposto alla venerazione degli aquilani, grondò di sangue prodigiosamente e a tale fenomeno i rissosi abitanti in lotta fra loro, ritrovarono la via della pace.
    I frati che l’accompagnavano, volevano riportare la salma a Siena, ma gli aquilani, accorsi in massa lo impedirono, concedendo solo gli indumenti indossati dal frate, oggi conservati nel convento della Capriola a Siena.
    Nelle città dov’era vissuto, furono costruiti celebri oratori, chiese, mausolei, come quello di S. Bernardino nella omonima chiesa dell’Aquila, dove riposa.
    Sei anni dopo la morte, il 24 maggio 1450, festa di Pentecoste, papa Niccolò V lo proclamò santo nella Basilica di S. Pietro a Roma. San Bernardino è compatrono di Siena, della nativa Massa Marittima, di Perugia e dell’Aquila.
    Una città in California porta il suo nome. È invocato contro le emorragie, la raucedine, le malattie polmonari. La sua festa si celebra il 20 maggio.

    Autore: Antonio Borrelli


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    L’innamorato di Siena

    La vita di San Bernardino è costellata di episodi che illustrano la sua grande devozione verso la Madonna.


    San Bernardino da Siena [ricordato il 20 Maggio] ci è stato tramandato da una radicatissima tradizione come il predicatore del Santo Nome di Gesù [effigiato nel trigramma JHS, "Jesus hominum Salvator - Gesù Salvatore degli uomini" che accompagna fin dalle origini l’immagine del Santo].

    Possiamo essere però certi che i suoi contemporanei non lo stimarono meno come devoto e cantore innamorato di Maria. I suoi più antichi biografi ci assicurano che fra Bernardino coltivò verso la Madre del Signore un’autentica devozione filiale e confidenziale. La vita del Santo senese, infatti, è costellata di episodi che illustrano questa sua devozione; a cominciare dal fatto che tutte le più importanti date della sua vita coincidono con la Natività della Vergine, l’8 Settembre: così per la nascita [avvenuta a Massa Marittima nel 1380], il Battesimo, l’entrata in Noviziato e la Prima Professione religiosa tra i Frati Minori Francescani, la Prima Messa e il primo Discorso al popolo.

    Il nome stesso gli fu imposto dai pii genitori perché egli fosse, come San Bernardo, devoto della Madonna. Rimasto presto orfano, la sua fanciullezza trascorse in casa degli zii paterni a Siena, la Città che i contemporanei si compiacevano chiamare "Vetus Civitas Mariae Virginis", l’antica Città della Vergine Maria.

    Si racconta che una sera Bernardino, ormai grandicello, uscendo per la consueta passeggiata serale, si sia limitato a dire alla buona zia Pia e alla cugina Tobia, che si prendevano cura di lui, che "sarebbe andato a trovare la sua amanza, ché gli pareva non poter riposare senza averla prima veduta!…". Un fulmine a ciel sereno non avrebbe potuto lasciarle più sorprese, anche perché sapevano bene che quelle "pratiche di mondo" non potevano lasciare tranquille le persone per bene… Cugina Tobia venne a sapere che ogni sera Bernardino usciva da Porta Camollia, un luogo che non godeva punto buona fama. Decise quindi di pedinarlo; ed una volta lo seguì alla lontana, senza perderlo di vista. Possiamo ben immaginare quale fu la sua meraviglia al vedere il giovane cugino inginocchiato dinanzi ad una pia immagine della Vergine cui il tempo non riusciva a cancellare un angelico sorriso! Bernardino era innamorato della Regina del Cielo.

    Nel nome di Maria

    Si narra che, trovandosi un giorno fra Bernardino a predicare a L’Aquila, mentre spiegava dal pulpito il senso biblico della "Donna vestita di sole e coronata di stelle" , apparve sopra di lui una stella di straordinario fulgore: era la Vergine Immacolata che si compiaceva di concedere un raggio della sua luce al cantore delle sue glorie.

    Ripetutamente la Vergine si degnò apparirgli; ma la grazia più singolare che Bernardino ottenne dalla "Celeste fidanzata" fu senza dubbio quella di poter vincere la resistenza dei più ostinati peccatori, parlando loro di Maria.

    Predicatore instancabile, nel suo vagabondare a piedi attraverso tutta l’Italia divenne ovunque molto popolare. Gli fu offerto di diventare Vescovo per ben tre volte; ma egli rifiutò, poiché avrebbe così dovuto abbandonare ciò che egli sentiva come la sua principale vocazione, quella del missionario itinerante.

    Il Santo senese si serviva nella sua predicazione di immagini popolari, in modo da incidere più efficacemente nel cuore dei suoi uditori; come quella della cipolla, tenuta insieme foglia a foglia, per spiegare la necessità dell’unione e della concordia.

    Apostolo del nome di Gesù, e nel nome di Maria, San Bernardino ricorda ancora oggi come recuperare all’Italia valori cristiani e pratica religiosa che sono l’eredità più preziosa della storia millenaria del nostro Paese.

    Bianca Maria Veneziani

    Fonte: Madre di Dio, 2006, fasc. n. 5

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    Predefinito Dai "Discorsi" di san Bernardino da Siena, sacerdote

    Disc. 49 sul Nome di Gesù

    Il nome di Gesù è la luce dei predicatori, perché illumini di splendore l'annunzio e l'ascolto della sue parole. Donde credi si sia diffuse in tutto il mondo una luce di fede così grande, repentina e ardente, se non perché fu predicato Gesù? Non ci ha Dio "chiamati alla sue ammirabile luce" (1 Pt 2, 9) con la luce e il sapore di questo nome? Ha ragione l'Apostolo di dire a coloro che sono stati illuminati e in questa luce vedono la luce: "Se un tempo eravate tenebra, ore siete luce nel Signore: comportatevi perciò come figli della luce" (Ef 5, 8). Perciò si deve annunziare questo nome perché risplenda, non tenerlo nascosto. E tuttavia nella predicazione non lo si deve proclamare con un cuore vile o con una bocca profanata, ma lo si deve custodire e diffondere come da un vaso prezioso. Per questo il Signore dice dell'Apostolo: Egli è per me un vaso eletto per portare il mio nome davanti ai popoli, ai re e ai figli di Israele (cfr. At 9,15). Un vaso eletto, dice dove si espone un dolcissimo liquore da vendere, perché rosseggiando e splendendo in vasi preziosi, inviti a bere; per portare, soggiunge, il mio nome. Infatti,come per ripulire i campi si distruggono con il fuoco le spine e i rovi secchi e inutili e come al sorgere del sole, mentre le tenebre vengono respinte, i ladri e i nottambuli e gli scassinatori si dileguano: così quando la bocca di Paolo predicava ai popoli, come per il fragore di un gran tuono, o per l'avvampare irruente di un incendio o per il sorgere luminoso del sole, l'infedeltà era distrutta, la falsità periva, la verità splendeva, come cera liquefatta dalle fiamme di un fuoco veemente. L'Apostolo portava dovunque il nome di Gesù con le parole, con le lettere, con i miracoli e con gli esempi. Infatti lodava sempre il nome di Gesù e gli cantava inni con riconoscenza (cfr. Sir 51, 12; Ef 5, 19-20). E di più, san Paolo presentava questo nome, come una luce, "davanti ai re, ai popoli e ai figli di Israele" (At 9,15) e illuminava le nazioni e proclamava dovunque: "La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente come in pieno giorno" (Rm 13,12). E mostrava a tutti la lampada ardente e splendente sul candelabro, annunziando in ogni luogo "Gesù, e questo crocifisso" (1 Cor 2, 2).
    Perciò la Chiesa, sposa di Cristo, sempre appoggiata alla sue testimonianza, giubila con il Profeta, dicendo: "Tu mi hai istruito, o Dio, fin dalla giovinezza, e ancora oggi proclamo i tuoi prodigi" (Sal 70,17), cioè sempre. E anche il profeta esorta a questo, dicendo: "Cantate al Signore, benedite il suo nome, annunziate di giorno in giorno la sua salvezza" (Sal 95,2) cioè Gesù salvatore.

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    Da dom Prosper Guéranger, L’Année Liturgique - Le Temps Pascal, Paris-Poitiers, 1902, XII ediz., t. III, p. 461-470

    LE XX MAI.

    SAINT BERNARDIN DE SIENNE, CONFESSEUR.


    Dans une autre saison de l'année liturgique, lorsque nous apportions nos hommages et nos vœux au berceau de l'Enfant divin, une de nos journées fut consacrée à célébrer la gloire et à goûter la douceur de son nom. La sainte Eglise tressaillait de bonheur en prononçant ce nom chéri que son céleste Epoux a choisi de toute éternité, et le genre humain respirait à l’aise, en songeant que le grand Dieu qui pourrait s'appeler le Juste et le Vengeur, consentait à se nommer désormais le Sauveur. Le pieux Bernardin de Sienne, que nous fêtons aujourd'hui, nous apparut alors portant dans ses mains et élevant aux regards des hommes ce nom béni entouré de rayons. Il invitait toute la terre à vénérer avec amour et confiance cette appellation sacrée sous laquelle se révèle divinement toute l'économie de notre salut. L'Eglise attentive acceptait ce signe sacré ; elle encourageait ses fidèles à recevoir des mains de l'homme de Dieu un bouclier si puissant contre les traits de l'esprit des ténèbres, à goûter surtout un nom qui nous apprend jusqu'à quel excès Dieu a aimé le monde ; et lorsque le saint nom de Jésus eut enfin conquis par son adorable beauté tous les cœurs chrétiens, elle lui consacra une des plus touchantes solennités du Temps de Noël.

    Aujourd'hui le noble enfant de saint François a reparu, et ses mains tiennent toujours la glorieuse effigie du nom sacré. Mais ce n'est plus l'appellation prophétique de l'Enfant nouveau-né, le doux nom que la Vierge-mère murmurait avec tendresse et respect, penchée sur son berceau; c'est un nom qui retentit plus fort que tous les tonnerres, c'est le trophée de la plus éclatante des victoires, c'est la prophétie accomplie en son entier. Le nom de Jésus promettait au genre humain un Sauveur; Jésus a sauvé le genre humain en mourant et en ressuscitant pour lui ; il est maintenant Jésus dans toute la plénitude de son nom. Parcourez la terre, et dites-nous en quel lieu ce nom n'est pas connu ; dites-nous quel autre nom a jamais réuni les hommes en une seule famille.

    Les princes de la Synagogue ont voulu arrêter l'essor de ce nom victorieux, l'étouffer dans Jérusalem ; ils ont dit aux Apôtres: « Nous vous défendons d'enseigner en ce nom (1)»; et c'est pour leur répondre que Pierre a prononcé cette forte sentence qui résume toute l'énergie de la sainte Eglise : « Mieux vaut obéir à Dieu qu'aux hommes. » Autant eût valu essayer d'arrêter le soleil dans son cours ; et lorsque bientôt la puissance romaine s'est mise en devoir de mettre obstacle par ses édits à la marche triomphante de ce nom devant lequel tout genou doit fléchir, elle s'est vue réduite à l'impuissance. Au bout de trois siècles le nom de Jésus planait sur le monde romain tout entier.

    Armé de ce signe sacré, Bernardin parcourut au XVe siècle les villes de l'Italie armées les unes contre les autres, et souvent même divisées jusque dans leur propre sein. Le nom de Jésus entre ses mains devenait l'arc-en-ciel de la paix ; tout genou fléchissait, tout cœur ulcéré et vindicatif s'apaisait, tout pécheur courait aux sources du pardon, dans tous les lieux où Bernardin avait arboré ce puissant symbole. Les trois lettres qui représentent ce nom à jamais béni devenaient familières à tous les fidèles; on les sculptait, on les gravait, on les peignait partout ; et la catholicité acquérait pour jamais une expression nouvelle de sa religion et de son amour envers le Sauveur des hommes.

    Prédicateur inspiré, Bernardin a laissé de nombreux écrits qui révèlent en lui un docteur de premier ordre dans la science de Dieu. Il nous serait agréable, si l'espace nous le permettait, de le laisser exposer ici les grandeurs du mystère de la Pâque ; donnons du moins son sentiment sur l'apparition du Sauveur ressuscité à sa sainte mère. Le lecteur catholique verra avec joie l'unité de doctrine sur ce point si important régner entre l'école franciscaine représentée par saint Bernardin, et l'école dominicaine dont nous avons produit le témoignage à la fête de saint Vincent Ferrier.

    « De ce que l'histoire évangélique ne donne aucun détail sur la visite que le Christ fit à sa mère pour la consoler, après qu'il fut ressuscité, on ne saurait conclure que le très miséricordieux Jésus, source de toute grâce et de toute consolation, si empressé à réjouir les siens par sa présence, aurait oublié sa mère qu'il savait avoir été si pleinement abreuvée des amertumes de sa Passion. Mais il a plu à la providence de Dieu de ne pas nous manifester cette particularité par le texte même de l'Evangile, et cela pour trois raisons.

    « En premier lieu, à cause de la fermeté de la foi qui était en Marie. La certitude qu'avait la Vierge-mère de la résurrection de son fils ne fut ébranlée en rien, même pas par le doute le plus léger. On le croira aisément, si l'on veut réfléchir à la grâce très particulière dont fut remplie la mère du Christ-Dieu, la reine des Anges, la maîtresse de l'univers. Le silence de l'Ecriture à ce sujet en dit plus que l'affirmation même aux âmes vraiment éclairées. Nous avons appris à connaître Marie lors de la visite de l'Ange, au moment où l'Esprit-Saint la couvrit de son ombre ; nous l'avons retrouvée au pied de la croix, mère de douleurs, se tenant près de son fils mourant. Si donc l'Apôtre a pu dire : « En proportion de ce que vous aurez eu part aux souffrances, vous participerez aux consolations (2)» ; calculez d'après cela la mesure selon laquelle la Vierge-mère dut être associée aux joies de la résurrection. On doit donc tenir pour certain que son très doux fils ressuscité l'a consolée avant tous les autres. C'est ce que la sainte Eglise Romaine semble vouloir exprimer en célébrant à Sainte-Marie-Majeure la Station du jour de Pâques. Autrement si, de ce que les Evangélistes n'en disent rien, vous vouliez conclure que son fils ressuscité ne lui est pas apparu en premier lieu, il faudrait aller jusqu'à dire qu'il ne s'est pas du tout montré à elle, puisque les mêmes Evangélistes, dans les diverses apparitions qu'ils rapportent, n'en signalent pas une seule qui la concerne. Une telle conclusion aurait quelque chose d'impie.

    « En second lieu, le silence de l'Evangile s'explique par l'infidélité des hommes. Le but de l'Esprit-Saint, en dictant les Evangiles, était de décrire celles des apparitions qui pouvaient enlever tout doute aux hommes charnels au sujet de la croyance en la résurrection du Christ. La qualité de mère eût diminué à leurs yeux le témoignage de Marie ; et c'est pour ce motif qu'elle n'a pas été alléguée, bien qu'il ne pût y avoir, assurément, parmi tous les êtres nés ou à naître, si l'on en excepte l'humanité de son fils, aucune créature dont l'assertion méritât mieux d'être admise par toute âme vraiment pieuse. Mais il fallait que le texte évangélique ne nous produisît que des témoignages qui fussent de nature à être émis en présence de tout le monde ; quant à l'apparition de Jésus à sa mère, l'Esprit-Saint l'a laissée à ceux qui sont éclairés de sa lumière.

    « En troisième lieu, ce silence s'explique par la sublimité même de l'apparition. Après la résurrection, les Evangiles ne disent plus rien sur la mère du Christ, par cette raison que ses relations de tendresse avec son fils furent désormais tellement sublimes, tellement ineffables, qu'il n'y aurait pas de termes pour les exprimer. Il est deux sortes de visions : l'une purement corporelle, et faible en proportion ; l'autre qui a son siège principal dans l'âme, et qui ne convient qu'aux âmes déjà transformées. Admettez, si vous voulez, que Madeleine a eu part avant les autres à la vision purement corporelle, pourvu que vous reconnaissiez que la Vierge a vu avant elle, et d'une manière bien autrement sublime, son fils ressuscité, qu'elle l'a reconnu, et qu'elle a joui tout d'abord de ses délicieux embrassements dans son âme plus encore que dans son corps (3)».

    Lisons maintenant, dans les Leçons trop abrégées de l'Office de saint Bernardin, le récit de ses vertus.

    Bernardin Albizesca, issu d'une noble famille de Sienne, donna dès son enfance des marques éclatantes de sainteté. Elevé dans des habitudes honnêtes par ses parents qui étaient vertueux, il négligea les jeux de l'enfance, et dès ses premières études sur la grammaire on le vit se livrer aux Oeuvres de la piété, au jeune, à l'oraison, et particulièrement au culte de la très sainte Vierge. La charité envers les pauvres éclatait en lui. Après quelques années, dans le but de mieux pratiquer encore toutes ces vertus , il voulut être du nombre des confrères qui servent Dieu à Sienne dans l'hôpital de Notre-Dame de la Scala, d'où sont sortis plusieurs personnages célèbres par leur sainteté. Il s'y exerça avec une ferveur et une charité incroyables à la mortification de son corps et au soin des malades, durant une peste qui sévissait cruellement sur la ville. Entre autres vertus, il garda inviolablement la chasteté, malgré les dangers que pouvait lui susciter la rare beauté de ses traits ; et tel fut le respect qu'il inspira, que les plus licencieux n'auraient osé prononcer un mot déshonnête en sa présence.

    Après une grave maladie qu'il avait endurée avec la plus héroïque patience pendant quatre mois, il conçut le dessein d'embrasser la vie religieuse. Afin de s'y disposer, il loua une petite maison à l'extrémité de la ville, où il vécut inconnu, menant la vie la plus austère, et priant Dieu continuellement de lui faire connaître le parti qu'il devait prendre. L'inspiration divine lui fit préférer l'Ordre de Saint-François, où il excella en humilité, en patience et en toutes les autres vertus religieuses. Le gardien du couvent ayant remarqué cette haute vertu, et connaissant d'ailleurs la science à laquelle ce religieux était arrivé dans les saintes lettres, lui imposa le devoir de la prédication. Le saint accepta humblement cet emploi, bien qu'il s'y reconnût peu propre, à cause de la faiblesse et de l'enrouement de sa voix. Mais avant imploré le secours de Dieu.
    A cette époque, un débordement l'auréole il se trouva délivré miraculeusement de cet obstacle. A cette époque, un débordement de crimes était répandu en Italie, et de sanglantes factions y foulaient aux pieds toutes les lois divines et humaines. Bernardin parcourut les villes et les villages au nom de Jésus qu'il avait toujours à la bouche et dans le cœur, et vint à bout par ses discours et ses exemples de rétablir presque partout la piété et les bonnes mœurs qui avaient disparu. Plusieurs villes considérables le demandèrent au pape pour leur évêque; mais Bernardin refusa constamment cette dignité par une humilité invincible. Enfin cet homme de Dieu, après d'immenses fatigues, après de grands et nombreux miracles, ayant composé des écrits remplis de piété et de doctrine, et vécu soixante-six ans, termina sa vie par une sainte mort à Aquila, ville de l'Abruzze. Il éclata par de nouveaux miracles ; et, six ans après sa mort, le pape Nicolas V le mit au nombre des Saints.

    Qu'ils sont beaux, ô Bernardin, les rayons qui forment nom de Jésus! Que leur lumière est douce, au moment où le Fils de Dieu reçoit ce nom sauveur, le huitième jour après sa naissance! Mais quel œil mortel pourrait supporter leur éclat, lorsque Jésus opère notre salut, non plus dans l'humilité et la souffrance, mais par le triomphe de sa résurrection ? C'est au milieu des splendeurs pascales du nom de Jésus que vous nous apparaissez, ô Bernardin ! Ce nom que vous avez aimé et glorifié vous associe désormais à son immortelle victoire. Maintenant donc répandez sur nous, plus abondamment encore que vous ne le faisiez sur la terre, les trésors d'amour, d'admiration et d'espérance dont ce divin nom est la source, et purifiez les yeux de notre Ame, afin que nous puissions un jour contempler avec vous ses magnificences.

    Apôtre de la paix, l'Italie, dont vous avez si souvent apaisé les factions, a droit de vous compter au rang de ses protecteurs. Voyez-la en ces jours livrée en proie aux ennemis du Sauveur des hommes, rebelle à la voix de la sainte Eglise, et tristement abandonnée à son sort. Ne vous souviendrez-vous pas que c'est dans son sein que vous avez pris naissance, qu'elle fut docile à votre voix, et que longtemps votre mémoire lui fut chère? Intervenez en sa faveur; arrachez-la à ceux qui l'oppriment, et montrez qu'au défaut des armées de la terre, les milices célestes peuvent toujours sauver les villes et les provinces.

    Illustre fils du grand patriarche d'Assise, l'Ordre séraphique vous vénère comme l'une de ses principales colonnes. Vous avez ravivé dans son sein l'observance primitive ; continuez du haut du ciel à protéger l'œuvre commencée par vous ici-bas. La famille de saint François est l'un des plus fermes appuis de la sainte Eglise; faites-la fleurir toujours, soutenez-la dans les tempêtes, multipliez-la en proportion des besoins du peuple fidèle ; car vous êtes le second père de cette famille sacrée, et vos prières sont puissantes auprès du Rédempteur dont vous avez confessé le nom glorieux sur la terre.

    -----------------------------------------------------------------------
    NOTE

    1. Act. V, 28.

    2. II Cor. I, 7.

    3. Sermo LII Dominica in resurrectione, art. III.

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    Vincenzo Foppa: San Bernardino da Siena

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