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    Neutrino NO-TUNNEL
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    Thumbs up Una nuova fonte di energia rinnovabile diventa realtà: energia dai vulcani

    Un orizzonte promettente nella ricerca di fonti di potenza "pulita"
    Abituato a usare vapori e geyser, ora il paese punta al magma

    Buchi nei vulcani
    Il futuro dell'energia
    In Islanda trivelle fino a 4 km di profondità per "rubare" il calore

    CHI arriva in Islanda da un qualunque Paese europeo si trova catapultato in un ambiente che sembra quello di un mondo extraterrestre. Chilometri di colate laviche, pozze di fango ribollenti, getti di vapore e gas che si alzano da fratture e decine e decine di coni vulcanici ancora attivi o al massimo dormienti. Sotto questa sottile crosta, sempre pronta a spezzarsi per lasciare fuoriuscire colate laviche provenienti dal mantello terrestre, c'è il futuro dell'energia pulita.

    Da quando gli islandesi hanno avuto i mezzi per sfruttare il calore proveniente dal magma che ristagna sotto l'isola l'hanno utilizzato per riscaldare case e serre, ma anche per produrre elettricità. Da sempre, tuttavia, hanno estratto i vapori lontano dai vulcani più attivi. Ora invece hanno iniziato a perforare direttamente il cuore di un'area vulcanica. Il loro progetto, da 20 milioni di dollari, ha come obiettivo quello di ottenere 10 volte più energia rispetto ad ogni progetto precedente e capire qual è il meccanismo che muove la crosta degli oceani sulla quale è sorta l'Islanda.

    L'isola infatti si trova lungo la Dorsale Medioatlantica, la catena di vulcani che divide in due l'oceano. Da questa ruga vulcanica il magma che fuoriesce "spinge" a destra e a sinistra le placche oceaniche confinanti e giorno dopo giorno crea nuova crosta oceanica che va a rimpiazzare quella che sposta. La maggior parte della dorsale si trova a migliaia di metri sotto il livello del mare, ma in prossimità dell'Islanda è venuta vicino alla superficie e così le continue eruzioni hanno creato l'isola che è emersa circa 17 milioni di anni fa.

    Grazie a questa particolare situazione, circa il 90% delle case islandesi sono riscaldate dall'energia catturata dai magmi vulcanici. Numerose infatti, sono le stazioni geotermiche che producono elettricità sfruttando il vapore estratto da pozzi profondi da 600 a 1.000 m, dai quali esce a 240° C. Ma ora gli Islandesi vanno oltre. Omar Friedleifsson dell'Iceland Geosurvey è responsabile del IDDP (Iceland Deep Drilling Project): "Poche settimane or sono abbiamo perforato un pozzo profondo 3.082 metri, ma ora vogliamo raggiungere almeno i 4.000 m di profondità".

    Il pozzo perforato è chiamato tecnicamente RN17 e si trova sulla penisola Reykjanes. Questo pozzo tuttavia, che era il candidato numero uno per raggiungere la profondità necessaria, è stato abbandonato a causa di un crollo interno che impedisce di proseguire la perforazione. Il progetto è stato spostato in un altro sito, un'area detta RN19, non molto distante dalla prima. Tra poche settimane inizierà la nuova perforazione.

    A circa 4.000 metri di profondità i ricercatori sperano di trovare ciò che viene definita "acqua supercritica", una condizione dell'acqua che è una via di mezzo tra il vapore e l'acqua fluida, ma che ha in sé una enorme quantità di energia. Ciò significa che da un solo pozzo dove la temperatura potrebbe essere di circa 300 gradi centigradi con una pressione 200 volte superiore a quella che vi è sulla superficie terrestre, si può estrarre energia per creare una centrale geotermica con una potenza compresa tra i 5 e i 50 megawatt, energia paragonabile a quella di una piccola centrale atomica. Abbinando questa immensa riserva energetica al progetto che vuole utilizzare l'idrogeno per tutti i veicoli circolanti, l'Islanda potrebbe diventare il luogo abitato più "pulito" del pianeta entro il 2010.

    (7 aprile 2006)

    http://www.repubblica.it/2006/04/sez...o-energia.html

  2. #2
    Neutrino NO-TUNNEL
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    Energia Geotermica a Napoli

    Un pozzo profondo due chilometri verrà scavato a Bagnoli, per estrarre energia dai Campi Flegrei, dove gli antichi collocavano l'accesso all'Inferno. I <<campi ardenti>> sono da sempre un paesaggio suggestivo e inquietante, con fumarole, acque sulfuree e ribollenti, puzza di zolfo. Qui il magma, a pochi chilometri dalla superficie, incontra le falde acquifere dando vita a un meccanismo, in gran parte ancora da spiegare, in grado di provocare eruzioni, ma anche il bradismo, cioè l'innalzamento e abbassamento della terra. E'così da millenni. Solo tra il 1969 e 1985 la terra si è sollevata di 3,5 metri. Poi il fenomeno ha rallentato, ma negli ultimi dodici anni ha comunque fatto registrare un innalzamento di quattro centimetri.
    Per questo motivo, e per l'alta densità di popolazione che vi risiede, la ricerca scientifica si è dedicata molto a questo territorio. Finora, però, nessuno aveva pensato di perforare i Campi Flegrei per vedere a che profondità si trova il magma, trasformando questi sommovimenti in energia geotermica.
    L'enorme giacimento di calore del sottosuolo, infatti può azionare le turbine di una centrale elettrica, ma anche alimentare impianti di riscaldamento, immettendo nel circuito cittadino l'acqua riscaldata dalle rocce bollenti presenti nella crosta terrestre. E' questo l'obiettivo del progetto internazionale Campi Flegrei caldera Deep Drilling Projet, presentato a Napoli dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV, http://www.ingv.it/).
    "Le ricerche degli ultimi anni indicano che l'interazione tra il magma e la falda acquifera è la chiave per interpretare i fenomeni di bradismo e le eruzioni, spiega Giuseppe De Natale, responsabile e ideatore del progetto insieme alla ricercatrice Claudia Troise, entrambi dell'INGV. La perforazione profonda è un passo decisivo per la comprensione di quest'area vulcanica e per perfezionare le tecniche di mitigazione del rischio. Questa nuova ricerca avrà anche un importante risvolto sociale: i vulcani sono fonte di paura, ma possono diventare anche un'occasione unica di rilancio economico, essendo enormi <<caldaie>> per produrre energia pulita e rinnovabile".
    L'Italia è la quinta produttrice al mondo di energia geotermica dopo l'Usa, Filippine, Messico e Indonesia, precede il Giappone e l'Islanda, ed è quindi la prima in Europa. L'elettricità pulità prodotta è però solo l'1,5% di quella nazionale, anche se consente di risparmiare un milione centomila tonnellate equivalenti di petrolio annue, evitando l'emissione in atmosfera di un pò più di tre milioni di tonnellate di anidride carbonica. Dati irrisori, tutto sommato, visto che l'Italia ha inventato lo sfruttamento geotermico e che per 45 anni è stata l'unica nazione ad avere impianti del genere.
    La prima centrale geotermoelettrica entrò in funzione nel 1913 a Lardarello in Toscana, dove sono concentrate anche tutti gli impianti nazionali: Travale-Radicondoli, Montiero e Monte Amiata. Si tratta di pozzi che producono in totale 810 megawatt e ben cinque miliardi di kWh di energia elettrica all'anno: il 10% della produzione geotermica mondiale e il 25% del fabbisogno elettrico della Toscana. Oggi gli Usa producono più di 2.564 di megawatt di energia geotermica e nel mondo si consumano 8.900 megawatt elettrici e ben 27.800 per il riscaldamento diretto (centri termali, serricolture, ecc.) con una riduzione di CO2 immessa in atmosfera pari a più di tredici milioni di tonnellate annue
    (dati Enel).
    Basta guardare all'Islanda per rendersi conto dell'occasione persa: nonostante nel Paese nordico lo sfruttamento del calore della Terra sia recente, il governo punta a utilizzare in futuro esclusivamente energia eco-compatibile. Gli islandesi, inoltre hanno sviluppato nuove tecnologie per pescare <<acqua supercritica>> (una condizione a metà tra liquido e vapore), presente in prossimità di camere magmatiche. Acqua con un'energia così elevata da consentire la costruzione di impianti in grado di produrre centinaia di megawatt. Come il nuovo pozzo costruito nell'impianto geotermico del vulcano Krafla, che utilizzando l'acqua supercritica, sarà molto più produttivo.
    "L'Italia ha un sottosuolo con caratteristiche molto simili all'Islanda, sottolinea Gudmundur Omar Fridleifsson, dell'Icelandic Geological Survey, il maggior esperto per lo sfruttamento di energia dai vulcani, ma mentre noi sfruttiamo al meglio le nostre risorse eco-compatibili, l'Italia è costretta a importare una grande fetta di energia".
    Ecco allora l'idea di sfruttare il sottosuolo di Napoli, utilizzando le conoscenze acquisite dagli islandesi: il primo pozzo sperimentale sarà realizzato entro la fine del 2008, nell'ex area industriale di Bagnoli, sarà profondo due chilometri e attrezzato con strumenti di monitoraggio. Altri, da un chilometro e mezzo, saranno aperti nelle acque del Golfo di Pozzuoli, per un primo studio approfondito sul vulcanismo a mare. Entro il 2009, sempre a Bagnoli, inizieranno i lavori per il secondo pozzo a terra, che sarà utilizzato per verificare se ci sono le condizioni per cominciare a costruire la prima centrale geotermica, e per studiare la struttura calderica fino a cinque chilometri di profondità.
    "Questo pozzo, spiega la Troise, ci permetterà di studiare il sistema geotermale in tutta la sua estensione, fino alla temperatura critica, dove l'acqua si trasforma in gas, che dovrebbe trovarsi a circa tre chilometri. Andando ancora più giù, potremo calcolare a che profondità si raggiungono i mille gradi centigradi, dove si trova la camera magmatica".
    La temperatura del nostro pianeta aumenta di circa cinquanta gradi ogni chilometro di profondità, mentre nei Campi Flegrei, in alcune zone, si può arrivare a duecento gradi già a cinquecento metri.
    "Per questo gli attuali strumenti di monitoraggio dovranno essere migliorati, se vogliamo misurare sismicità, deformazione, temperatura ed emissioni gassose, sottolinea Paolo De Natale, direttore dell'Istituto Nazionale di Ottica Applicata del CNR (INOA, http://www.ino.it/). A Napoli ci sarà un osservatorio profondo unico al mondo, in grado di cogliere anche i più flebili segnali di un'eruzione".
    E, forse, anche una nuova generazione di centrali. La Campagnia importa più dell'80% dell'energia di cui ha bisogno, di cui circa 800 megawatt sono utilizzati solo nella provincia di Napoli: un solo pozzo di acqua supercritica riuscirebbe a generare 50 megawatt.

    http://www.alagoas.it/economia50.asp

 

 

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