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  1. #1
    vetera sed semper nova
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    Predefinito Il popolo del Family day

    Non so se si può fare, ma voglio riportare quest'articolo apparso su un quotidiano nazionale e che - secondo il mio punto di vista - ha messo in luce quali veri probemi ha sollevato il popolo del Family day.
    Che ne pensate?


    Un segnale forte e chiaro che scuote anche i cattolici
    Se siamo giunti allo scontro politico culturale sui Dico è
    anche, o forse soprattutto, perché da anni è in atto uno
    scontro ben più grave e lacerante all'interno dello stesso
    mondo cattolico.

    _____
    Che cosa hanno voluto dirci il milione di manifestanti che
    sabato hanno sfilato a Roma per il Family day?
    Se lo chiedono in tanti, preoccupati dall'inusuale
    mobilitazione di una porzione della società.
    Le diagnosi si sprecano, e si sprecano pure gli atti d'accusa:
    una manifestazione antigovernativa, una prova di forza della
    Chiesa, un simbolo di quel neoguelfismo rinascente e mai
    morto in Italia, uno schiaffo alla sinistra, e via
    spoliticando.
    Ma a noi sembra, molto più banalmente, che il popolo del
    Family day abbia solo voluto portare nel cuore del Paese, là
    dove si fanno e disfano le leggi, tre segnali forti e
    chiari.

    Il primo: il matrimonio e la famiglia sono un bene
    oggettivo, patrimonio di tutti gli uomini, credenti e no.
    Questa manifestazione ha chiesto a gran voce la liberazione
    di un prigioniero politico: la laicità, per troppo tempo
    presa in ostaggio dal gotha degli intellettuali laicisti e
    dalla sinistra egemonica di stampo radicale e libertario,
    relegando chi non fosse d'accordo nella comoda riserva
    indiana del cattolicesimo.
    Come se non esistesse un problema reale, tangibile e
    inevitabile: la definizione del nocciolo duro di valori, di
    contenuti e di beni - morali e talora anche giuridici - che
    sta sempre alla base di ogni esperienza politica che
    chiamiamo Stato di diritto.
    Far credere che, per essere un laico a tutto tondo, devi
    essere a favore dei Dico è una truffa, prima ancora che
    morale, intellettuale.

    In secondo luogo, questa manifestazione ha spezzato quel
    sortilegio mediatico in base al quale - ogni volta che
    qualche frangia progressista entra in azione per spazzare
    via un pezzetto di tradizione e identità culturale - subito
    un sondaggio conferma che «il Paese è pronto, la maggioranza
    lo vuole».
    Dopo Roma può ripartire un confronto serio e ragionevole fra
    le diverse anime del Paese, che abbia il coraggio di mettere
    in discussione il dogma del «totalitarismo democratico»;
    cioè l'idea per cui la democrazia sarebbe un guscio vuoto,
    una pura forma dove la volontà di potenza dei più decide
    qualsiasi contenuto della legge.

    Terzo, ma non ultimo per importanza, «contenuto» del Family
    day: un segnale forte e chiaro che scuote la Chiesa al suo
    interno.
    Perché - vogliamo scriverlo senza imbarazzi clericali - se
    siamo giunti allo scontro politico culturale sui Dico è
    anche, o forse soprattutto, perché da anni è in atto uno
    scontro ben più grave e lacerante all'interno dello stesso
    mondo cattolico.
    Girando per parrocchie e per diocesi si può toccare con mano
    l'esistenza di importanti e tutt'altro che marginali
    defezioni.
    Che non riguardano solo le associazioni storicamente legate
    al «cattolicesimo democratico»; non riguardano solo i soliti
    preti più o meno pittoreschi, in salsa no-global o
    catto-comunista.
    Il malessere sale fino alle curie episcopali, nelle quali
    siedono talvolta vescovi che - parlando sottovoce o
    tacendo - non condividono ciò che Benedetto XVI o mons.
    Bagnasco vanno insegnando, coerentemente con la dottrina
    millenaria della Chiesa.

    Sembra prendere corpo la drammatica profezia di un Papa
    insospettabile come Paolo VI, il quale nel 1974 preconizzò
    una Chiesa nella quale si sarebbe diffuso a macchia d'olio
    «un pensiero non cattolico», capace di diventare forse
    maggioritario, ma che - concludeva Montini - non sarebbe mai
    diventato «il pensiero della Chiesa».
    Fra i credenti si è molto restii a scrivere queste cose,
    perché si teme possano suonare come un segno di debolezza, o
    peggio di mancanza di rispetto nei confronti della
    gerarchia.
    Ma noi pensiamo si debba abbandonare ogni indugio, e
    rendersi conto che siamo giunti a un punto di svolta: c'è un
    Papa che, nella tempesta della post modernità, lotta per
    tenere ben saldo il timone della barca di Pietro; ci sono
    vescovi, biblisti, facoltà teologiche, riviste «cattoliche»
    che - come una ciurma ammutinata - non vogliono più prendere
    ordini da lui.
    E poi c'è il popolo dei fedeli, che mostra segni di
    insofferenza per pastori che trasformano la dottrina
    cattolica in un fervorino progressista sulla raccolta
    differenziata e la pace nel mondo.
    Forse - almeno noi lo speriamo - la marcia del Family day è
    un segno che il Papa, da oggi, è un po' meno solo.

    di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
    Il Giornale n. 113 del 2007-05-15

  2. #2
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    Lo scontro è sempre stato latente. Da secoli. Già S. Caterina denunciava all'interno della Chiesa la presenza di fiori fetibondi e marciscenti, che ammorbano il bel Giardino della Chiesa ... . E' il paradigma del grano e della zizzannia, sempre presente. Ci sono i cattolici autenticamente e sinceramente tali e ci sono quelli corrotti dall'ideologia del mondo, protesi al compromesso a scapito della Verità.
    V. QUI e QUI. Così si comprende il conflitto in atto.

  3. #3
    vetera sed semper nova
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    Il coraggio dell’anticonformismo.
    Grazie Augustinus

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da Diaconus Visualizza Messaggio
    Il coraggio dell’anticonformismo.
    Grazie Augustinus
    Più che anticonformismo, direi "coraggio e coerenza" tra la vita e la Verità, che va proclamata e testimoniata, non già nascosta per timore che essa non sia gradita al mondo.

  5. #5
    Veritas liberabit vos
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    Thumbs up Heri, hodie, semper!!!

    Citazione Originariamente Scritto da Augustinus Visualizza Messaggio
    Più che anticonformismo, direi "coraggio e coerenza" tra la vita e la Verità, che va proclamata e testimoniata, non già nascosta per timore che essa non sia gradita al mondo.
    Grazie a Dio l'amico Augustinus non cambia mai

    Mi raccomando non diventare come cristiano mai adulto????



    http://vandeano2005.splinder.com/

  6. #6
    vetera sed semper nova
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    Le minacce di morte e le offese espresse recentemente contro il Papa, contro l’arcivescovo di Genova mons. Angelo Bagnasco, nuovo Presidente della Conferenza Episcopale Italiana e contro il card. Ruini, non sono né il primo né l’ultimo episodio di crescente intolleranza neo-laicista degli ultimi tempi. Esse vanno ricondotte ad un più vasto fenomeno di “cristofobia” che vorrebbe cancellare la presenza pubblica dei cattolici dalla società, attraverso forme di intimidazione psicologica e di aperta persecuzione, come l’introduzione di leggi “anti-omofobe”, destinate a colpire con il carcere e con pesanti ammende finanziarie chiunque voglia diffondere l’insegnamento tradizionale della Chiesa sulla famiglia.

    Le radici di questa cristofobia affondano nella storia del Novecento. La prima grande Manifestazione di “laicismo”che aprì il secolo XX fu la legge di separazione dello Stato e della Chiesa in Francia del 9 dicembre 1905, nota come “legge Combes”, dal nome del presidente del Consiglio Emile Combes (ex-seminarista,poi esponente di spicco della massoneria) che la propose, anche se essa fu approvata dal governo guidato dal suo successore Maurice Rouvier.

    Questa legge prevedeva l’abolizione unilaterale del Concordato napoleonico del 1801; sopprimeva ogni finanziamento e riconoscimento pubblico alla Chiesa, considerando la religione solo nella sua dimensione privata e non in quella sociale.

    Stabiliva inoltre che i beni ecclesiastici erano incamerati dallo Stato, mentre gli edifici del culto venivano affidati gratuitamente a delle “associazioni cultuali” elette democraticamente dai fedeli, senza l’approvazione della Chiesa. La legge di separazione è all’origine di quella tradizione laicista della Francia, che ha trovato la sua ultima espressione nell’accanita opposizione del Presidente Chirac ad ogni forma di riferimento al Cristianesimo nel Trattato costituzionale europeo.

    Lo stesso Chirac, il 23 giugno 2003 commemorando all’Eliseo il 275° anniversario della fondazione della Massoneria, ha rivendicato il ruolo di quei massoni che, dopo aver laicizzato nel 1882 l’istruzione primaria, «con la stessa fermezza e lo stesso entusiasmo,hanno sostenuto la legge del 1901, che garantisce la libertà d’associazione, e quella del 1905, che separa le Chiese dallo Stato. La battaglia per la laicità deve molto al loro impegno. Battaglia permanente, battaglia sempre attuale».

    La battaglia contro la Chiesa, “sempre permanente e sempre attuale”, trovò però sulla sua stradaun nuovo Papa, Giuseppe Sarto, inaspettatamente asceso alla Cattedra di Pietro il 4 agosto 1903, con il nome di Pio X. Con le Encicliche Vehementer nos dell’11 febbraio 1906 e Gravissimo officii del 10 agosto dello stesso anno, san Pio X protestò solennemente contro le leggi laiciste, sollecitando i cattolici ad opporvisi con tutti i mezzi legali, al fine di conservare la tradizionee i valori della Francia cristiana.

    La Chiesa fu accusata di voler fomentare una “guerra di religione”, ma non si piegò. San Pio X emanò, il 6 gennaio 1907, l’enciclica Une fois encore, di cui, proprio per l’attualità e la permanenza della battaglia, è importante ricordare i passi centrali, nel centesimo anniversario.«La Chiesa, si è detto, cerca di suscitare in Francia la guerra religiosa e sollecita con tutti i suoi voti la persecuzione violenta. Strana davvero siffatta accusa. Fondata da Colui che venne in questo mondo per pacificarlo e per riconciliare l’uomo con Dio, messaggera di pace su questa terra, la Chiesa non potrebbe volere la Guerra religiosa se non ripudiando la sua sublime missione e rinnegandola al cospetto di tutti. Al contrario, essa rimane e rimarrà sempre fedele a questa missione di paziente dolcezza e di amore.


    D’altra parte il mondo intero oggi sa, né su ciò può cadere in inganno, che se la pace delle coscienze è spezzata in Francia, ciò non è per colpa della Chiesa, ma per quanto hanno fatto i suoi nemici. Gli spiriti imparziali, anche quelli che non condividono la nostra fede, riconoscono che se nella vostra patria diletta si combatte sul terreno religioso, non è già perché la Chiesa sia stata la prima a ingaggiare la lotta, ma perché a lei stessa è stata dichiarata guerra.

    Questa guerra, da venticinque anni in modo particolare, essa non fa che subirla, Ecco la verità. Le dichiarazioni, mille volte fatte e ripetute sulla stampa, nei congressi, nei convegni massonici, nel seno stesso del Parlamento, provano ciò tanto chiaramente, quanto gli attacchi che vennero progressivamente e metodicamente rivolti contro di lei. Questi sono fatti innegabili, contro i quali le parole non potranno mai prevalere. La Chiesa non vuole dunque la guerra, e la guerra religiosa meno ancora: affermare il contrario significa calunniarla e oltraggiarla
    ».

    Anche oggi la Chiesa, per il suo fermo atteggiamento in difesa della vita e della famiglia, è accusata di voler interferire negli affari politici, di condurre una politica “muro contro muro”, di bandire “crociate” e “guerre religiose”, di “cercare la persecuzione”. In realtà essa reagisce a un’aggressione pubblica all’ordine naturale e cristiano.

    Null’altro essa chiede che di essere se stessa, rimanendo fedele al mandato ricevuto dal suo Fondatore, che è quello di predicare la verità a tutte le genti. Non si può chiedere ai cattolici di tacere, né alla Chiesa di essere diversa da come Dio l’ha voluta. La Chiesa, nel corso dei secoli, è stata perseguitata innumerevoli volte, a causa della sua fede e della sua fedeltà. Lo sarà ancora e sempre risponderà con le parole di san Pio X: «Essa non auspica assolutamente la persecuzione violenta. Essa conosce questa persecuzione per averla sofferta in tutti i tempi e sotto tutti i cieli. Parecchi secoli da lei trascorsi nel sangue, le danno dunque il diritto di dire con santa fierezza che essa non la teme, e che tutte le volte che sarà necessario, saprà affrontarla. Ma la persecuzione, per se stessa, è il male, perché è l’ingiustizia ed impedisce all’uomo di adorare liberamente Dio. La Chiesa dunque non può desiderarla, anche in vista del bene che, nella sua infinita sapienza, la Provvidenza ne trae sempre.


    Inoltre, la persecuzione non è soltanto il male, essa è altresì il dolore; ed è questa un’altra ragione per la quale la Chiesa, che è la migliore delle madri, non la desidera mai per amore verso i suoi figli. Del resto, questa persecuzione, che le viene attribuito di voler fomentare mentre si dichiara di essere fermamente decisi a non praticarla, in realtà le viene inflitta
    ».

    L’atteggiamento fermo e chiaro di san Pio X costrinse la Repubblica Francese ad arretrare. La legge di separazione non fu mai applicata con rigore e l’appello del Papa contribuì a una grande rinascita del cattolicesimo in Francia, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale.

    Un secolo dopo, la Chiesa è nuovamente vittima di quello che Benedetto XVI, ricevendo il 23 settembre 2005 l’ambasciatore messicano, ha definito “un crescente laicismo”. Ma se il XXI secolo è destinato a conoscere una nuova persecuzione laicista, conoscerà anche un inarrestabile movimento di rinascita e restaurazione cattolica.

    (Roberto de Mattei)

    Fonte: Radici Cristiane

  7. #7
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    I Figli? Inquinano!

    Stefano Maria Chiari

    21/05/2007

    Santa Gianna Beretta Molla (1922-1962) con due dei suoi 3 figli: dottore, donna straordinaria, incinta con un tumore all'utero, morì perché non accettò cure che recassero danno alla sua 4 figlia.


    «Se si rinuncia ad un figlio - spiega il professor Guillebaud sul domenicale 'Sunday Times' - gli effetti per il pianeta sono più grandi di tutte le altre cose che si possono fare incominciando dal risparmio di energia elettrica».
    «A suo giudizio le coppie dovrebbero in linea di massima procreare non più di due figli e la regola dovrebbe diventare di routine, soprattutto nei Paesi più ricchi e industrializzati, dove, per effetto dello stile di vita iper-consumistico, le persone emettono una quantità molto maggiore di biossido di carbonio rispetto agli abitanti del Terzo Mondo». (1)
    L'allarme ecologista, connotato del carattere d'urgenza planetaria ed urlato a squarciagola dall'alto dei tetti di tutti i mezzi di comunicazione di massa, sfiora in questo modo il culmine del proprio irragionevole delirio; benché tali affermazioni gravissime abbiano già suscitato vibranti proteste da parte di diversi schieramenti ed associazioni, resta, a ben vedere, il fatto preoccupante che anche solo elucubrare una giustificazione apparentemente razionale di un pensiero tanto perversamente distruttivo sia sintomatico di patologie ben più ampie e diffuse.
    Il figlio - rispetto al quale il Bel Paese vanta in questi anni primati più che negativi in termini di procreazione rispetto anche al resto
    d'Europa - anziché essere segno di speranza e di gioiosa vitalità e giovinezza, rappresenta ultimamente e sempre di più oggetto di
    «paura» per la coppia: quanti aspiranti genitori - angosciati per un lato dallo stato di decadente progressiva precipitazione del livello di civiltà, cui corrisponde simmetricamente, e per converso, un accrescimento degli oneri e delle spese per il sostentamento e la tutela della prole, abilmente favoriti (entrambi) da mirate politiche economiche anti-famiglia - restano perplessi ed intimoriti sul possibile futuro dei loro eredi, tanto da oscurare perfino la fiducia di una fecondità prolifera?
    Forse la forma mentis del comune sentire potrebbe non ravvisare il medesimo pericolo nelle seguenti affermazioni, le quali sembrerebbero invero smentire l'assunto; dalla rete, leggiamo:
    «In Italia, si fanno meno figli di quanti se ne desiderino. Il numero medio desiderato, infatti, è pari a 2,1, molto più alto degli attuali livelli di fecondità (1,3 figli per donna) e non varia molto tra le diverse zone del Paese». (2)

    In realtà è nella stessa proposizione affermativa del desiderio di prolificazione che si cela l'inganno mortifero subdolamente insinuatosi nella vita di coppia.
    Dove si trova la menzogna?
    Il lettore attento, cristianamente formato, saprà trarre un medesimo insegnamento da quanto abbiamo reso noto; la visione sottesa, languidamente pervadente le due posizioni, è infatti identica; da un lato, la paura indotta per la vita e della vita, sfoga una egoistica affermazione di sé, a scapito di qualunque eventuale prevaricante «rivalità territoriale» (devo preservare ad ogni costo l'habitat in cui vivo, a scapito di altre possibili vite umane; se il bambino inquina, è meglio che non ci sia), rispetto alla quale è difficile trovare il discrimine con la mentalità della «rupe spartana» (per cui si vive solo se ed in quanto si serva ad una certa utilità); dall'altro il «desiderio» di avere un certo numero di figli (e non un altro) tradisce la medesima utilitaristica posizione (il figlio che voglio io, non quello che mi è gratuitamente donato. Il figlio oggetto di desiderio e non di amore; ove l'amore implica necessariamente un'apertura alla libertà del Donante), finalizzando la vita di coppia matrimoniale, in ultima analisi, ad una prevaricazione della stessa esistenza, capovolgendo esattamente il comando di Genesi 1,28: «Dio li benedisse e disse loro: 'Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra'».
    Come meravigliarsi dunque che il numero di figli poi realmente ottenuto non corrisponda al numero «desiderato»?
    L'unica pianificazione che conti, in realtà, è quella della Provvidenza; se i coniugi decidono di non sottomettersi spontaneamente a quanto è meglio per loro e per la loro famiglia (cioè la volontà di Dio), non possono poi lamentarsi delle patite conseguenze delle loro scelte.
    Il fatto, indubitabile (che si dimentica) è che è Dio a donare la vita.
    L'uomo non fa che amministrare collaborativamente questo regalo dell'Eterno.

    Ed allora, perché non meditare ancora sulle parole della meravigliosa lettera Enciclica di Pio XI:
    «Fra i beni del matrimonio occupa il primo posto la prole. E veramente, lo stesso Creatore del genere umano che nella sua bontà volle servirsi degli uomini come di ministri per la propagazione della vita, questo insegnò quando nel paradiso terrestre, istituendo il matrimonio, disse ai progenitori e in essi a tutti i coniugi futuri: 'Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra'. (12)
    Questa stessa verità deduce elegantemente sant' Agostino dalle parole dell'apostolo Paolo a Timoteo (13) dicendo: 'Che le nozze si contraggano per ragione della prole', così ne fa fede l'Apostolo: 'voglio che i giovani si sposino'. E come se gli si dicesse: 'E perché?' subito aggiunge: 'A procreare figli, ad essere madri di famiglia'.
    Quanto poi questo sia un grande beneficio di Dio e un gran bene del matrimonio, appare dalla dignità e dal nobilissimo fine dell'uomo: infatti l'uomo, anche solo per l'eccellenza della natura ragionevole, sovrasta a tutte le altre creature visibili.
    Si aggiunga che Iddio vuole la generazione degli uomini, non solo perché esistano e riempiano la terra, ma assai più perché ci siano cultori di Dio, lo conoscano e lo amino e lo abbiano poi infine a godere perennemente nel cielo; il qual fine, per l'ammirabile elevazione, compiuta da Dio, dell'uomo all'ordine soprannaturale, supera tutto quello che 'occhio vide, ed orecchio intese e poté entrare nel cuore di uomo'. (15)
    Da ciò appare facilmente quanto gran dono della bontà divina e quanto frutto egregio del matrimonio sia la prole, germogliato per l'onnipotente virtù divina e con la cooperazione dei coniugi». (Casti Connubii, Pio XI).

    Fine dell'uomo è Dio stesso; ma non è un fine esclusivista, tendente ad emarginare coloro che possano essere potenzialmente inquinanti; è talmente effusivo l'amore del Padre da divenire generativo in se stesso e creativo nei confronti di altro che non sia Lui; da ciò, l'uomo è pensato, voluto ed amato da sempre, in quell'istante eterno senza tempo, nel quale fissare lo sguardo devono coloro che vogliano con Lui cooperare alla vita; questo slancio volitivo, sentimentale e razionale sarà supportato da tanta grazia da essere debellatrice di ogni timore e vittoriosa su ogni male.
    «Date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio». (Luca 6,38).

    Stefano Maria Chiari

    ------------------------------------------------------------------------
    Note


    1) tratto da http://www.ilmessaggero.it/articolo....=HOME_NELMONDO
    2) tratto da http://www.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=69605

    Fonte

  8. #8
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    [FattiSentire.net] Bologna, comincia il Family Gay

    Attacco gay alla Vergine Maria

    E' successo giovedì 17 maggio 2007, durante la settimana in cui la venerata immagine della Patrona di Bologna, la Beata Vergine di San Luca, scende dal Santuario sull'omonimo colle e viene
    posta nella centralissima Cattedrale. Lì, DA SECOLI, riceve l'omaggio di tutti i bolognesi, indipendentemente dalla loro fede o ideologia.
    Un corteo aggressivo con bandiere organizzato da gay e lesbiche parte alle 19 dalla vicina Piazza Maggiore.
    Non è un'iniziativa di qualche psicopatico, ci sono esponenti politici: dalle deputate di Ds e Prc Katia Zanotti e Titti De Simone, al consiglieri comunali Sergio Lo Giudice (Ds), Roberto Panzacchi
    (Verdi) e Valerio Monteventi (Prc).
    Si portano davanti alla Cattedrale, tra la folla di fedeli che entrano ed escono in continuazione.
    Alcuni si buttano a aterra, per impedire l'ingresso in Chiesa.
    Altri innalzano cartelli: «Bagnasco vergogna». Tiziano Loreti, segretario PRC, ironizza: «Vergogna è quasi affettuoso, si fa appello alla parte migliore dell´altro perché controlli la peggiore. E´ una
    espressione religiosa. Bagnasco non deve offendersi».
    Urlano poi insulti contro il coraggioso Vescovo ausiliare, Mons. Vecchi. Grida violente, schiamazzi, minacce, sempre contro
    la Chiesa.
    Qualcuno dalla cattedrale si spazientisce, grida loro di andarsene: «Vergognatevi» urla una buona signora. E´ la molla che fa scattare la rabbia: «Fascisti, fascisti!» inveiscono dal corteo. Si alzano
    minacciosi: anche le iene diventano lupi davanti agli agnelli.
    Si chiudono per precauzione le porte della Cattedrale.
    Questa è la preparazione della manifestazione di giugno di Roma.
    Questo è il dialogo possibile con il laicismo. Giacobbe, Roccella, Pezzotta e altri "buonisti", sono avvertiti.
    Lo scontro sarà peggiore che durante gli anni totalitarismo liberale unitario, quando, nel 1876, un migliaio di anticlericali assaltò il III Congresso Cattolico Italiano a Bologna, nella chiesa della
    SS.Trinità: allora, nemmeno il becero massone Carducci, avrebbe immaginato di offendere
    la Madonna.
    _____

    UNA CITTA' OFFESA
    di Carlo Caffarra *

    L'incivile gazzarra avvenuta davanti al portone della Cattedrale, spalancato per permettere ai fedeli l'accesso per pregare davanti alla venerata immagine della Madonna di San Luca, resterà come
    una macchia che non si cancella nella storia luminosa e commovente dell'amore di Bologna verso la sua Patrona.La città è stata offesa.

    E' stata offesa nel suo sentimento religioso profondo; un sentimento che davanti all'immagine della Beata Vergine sempre sa accantonare divisioni politiche e disuguaglianze sociali, ricomponendo il
    consorzio umano nella più profonda unità dell'amore orante a Maria.

    E' stata offesa anche nella sua tradizione civile che ha sempre visto nella Madonna di San Luca il suo più alto vessillo identitario; una tradizione mai interrotta in 531 anni di discese della Venerata Immagine dal Colle della Guardia.

    E' stata offesa nella sua virtuosa e permanente pratica della tolleranza e dell'ordine civico. Ed è tanto più grave che tale incivile manifestazione, nella quale sono state esibite persino
    scritte al limite del blasfemo, abbia avuto per protagonisti anche due deputati al Parlamento nazionale e alcuni esponenti politici locali.

    Come Vescovo di questa città, ritengo doveroso denunciare che simili episodi sono segno evidente di un degrado civico prima d'ora qui sconosciuto, e richiamare le autorità cui compete a far rispettare quelle regole di convivenza che la città e la Nazione si sono date per il bene comune.

    Invito i fedeli e tutti coloro che tengono tra gli affetti più preziosi quello per la Madonna di San Luca a pregare perché il Signore conforti chi - autorità ecclesiastiche e semplici fedeli -
    ieri è stato oggetto di dileggio e di offese, e perché Egli si lasci incontrare con il suo perdono, sulla via della conversione del cuore, da chi ha agito forse senza sapere quello che stava facendo.

    * Arcivescovo Metropolita di Bologna

  9. #9
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    Bagnasco, appello ai politici:
    "Non ignorate il Family day"

    di Andrea Tornielli - martedì 22 maggio 2007, 09:08
    ·

    Roma - Il Family Day è stato un «appello alla politica» e la società civile «ora attende un’interlocuzione istituzionale». Ma la Chiesa non intende trasformarsi in un soggetto politico e preoccupa «il rischio di una contrapposizione forzosa e strumentale tra laici e cattolici». Il nuovo presidente della Cei Angelo Bagnasco legge la sua prima prolusione di fronte all’assemblea generale dei vescovi italiani riuniti in Vaticano. È un testo dai toni pacati, nel quale emerge l’attitudine eminentemente pastorale dell’arcivescovo di Genova e la volontà a non esacerbare in alcun modo i toni, dopo il successo della grande manifestazione del 12 maggio.
    Bagnasco definisce «un fatto molto importante» e per i vescovi «consolante», la riuscita del Family Day, ricordando il milione e più di partecipanti, l’iniziativa delle associazioni e il contributo delle parrocchie. È stata «un’autentica festa di popolo» che ha colpito «per freschezza e serenità, e per quel senso civico di rispetto degli altri, di proposta e di inclusione che l’ha interamente attraversata». È stata, sottolinea ancora il presidente della Cei, «una testimonianza forte e corale a favore del matrimonio quale nucleo fondante e ineguagliabile per la società», che ha accomunato anche non credenti o credenti di altre religioni. Un evento che «rimarrà come un segno forte nell’opinione pubblica e come un appello decisamente non trascurabile per la politica. È la società civile infatti che si è espressa in maniera inequivocabile e che ora attende un’interlocuzione istituzionale commisurata alla gravità dei problemi segnalati». Bagnasco ha quindi citato la Nota della Cei sui Dico, ma senza rievocarne i contenuti.
    Molto più evidente, invece, la preoccupazione per le condizioni socio-economiche delle famiglie italiane: si «registra una progressiva crescita del disagio economico sia di una larga fascia di persone sole e pensionate, sia delle famiglie che fino a ieri si sarebbero catalogate nel ceto medio». E «c’è un ulteriore schiacciamento delle famiglie che avremmo già definito povere». La situazione più esposta, spiega Bagnasco, «sembra quella della famiglia monoreddito con più figli a carico. Spesso con difficoltà si arriva alla fine del mese», e alle comunità si tornano a chiedere, in forma magari nascosta per motivi di dignità, i «pacchi viveri che parevano definitivamente superati». Il presidente della Cei ricorda le madri sole con figli a carico e le difficoltà delle coppie giovani di fronte al costo della casa; esprime vicinanza alle famiglie delle vittime sul lavoro chiedendo «appalti trasparenti».

    Fonte. Il Giornale, 22 maggio 2007

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    Predefinito questo articolo mi è molto piaciuto

    i protagonisti di ieri
    Il paese «invisibile» s'è fatto folla immensa
    ______________________________

    Marina Corradi (Avvenire del 13 maggio)

    Erano una folla traboccante. Un milione di italiani, forse di più, con uno straordinario numero di bambini. A Roma, con treni partiti a notte fonda, s'erano portati di tutto, come nelle gite della domenica: striscioni e biberon, ombrelli, panini, passeggini, nonni. Dalle magliette da centro commerciale era evidente un'estrazione sociale non elitaria. Era la gente che incontri sui tram e in coda alla posta. Erano facce di un popolo. Eppure, le abbiamo riconosciute con una sorta di tacito stupore; quella folla mite ma determinata ha portato in piazza un'Italia tanto numericamente massiccia, quanto poco rappresentata nei tg e sui giornali.
    Gente che non ama sfilare, né gridare. Questa volta sono usciti allo scoperto, e pur lasciando a casa ciascuno - esitanti a quel viaggio, o non in grado di partire - tanti altri come loro, hanno formato insieme una tale muraglia, che non si potrà più ignorarli. Le telecamere hanno documentato ieri un'Italia invisibile. A leggere gli editoriali dei grandi quotidiani, a sentire certo dibattito politico, l'Italia parrebbe il luogo dove le istanze della modernità su famiglia e matrimonio, pure da tutti condivise, si arenano per l'oscuro potere delle gerarchie della Chiesa. Anche quando il referendum di due anni fa finì rovinosamente per i suoi promotori, l'interpretazione dei grandi media, massicciamente in mano ai devoti del pensiero politicamente corretto, fu che aveva vinto l'astensione - come a dire, la pigrizia di un popolo ignorante. Inammissibile, il dubbio che un'ampia fetta del Paese non avesse ancora aderito al verbo liberal-radicale. La novità di ieri a San Giovanni, è che quell'Italia invisibile si è vista. E anche se hanno cercato di allestire un'improvvisata piazza alternativa, così da far sembrare dimezzata la prima ( e consentire al Tg di Riotta di fare il suo finto ping-pong ), ciascuno ha constatato dove stava l'Italia.
    Non parevano, a guardarli, aggressivi gli italiani riemersi dal cono d'ombra dei media. Né arroganti, come qualche maître à pénser ha accusato. A meno che arroganza non sia semplicemente mostrarsi, e dire pacificamente ciò in cui si crede. Ai giornalisti che febbrili li inseguivano, armati di microfoni e domande culturalmente complesse - «Quante famiglie ci sono? E l'amore, non è una cosa naturale?» - quelli di piazza San Giovanni rispondevano con aria stupita, come chi non capisca come si possa arruffare tanto una faccenda semplice: la famiglia? È fatta da un uomo e una donna che vivono insieme per educare dei figli. Risposta che sembrava irritare i giornalisti. «Ma, e "le" famiglie?», insistevano smarriti, privati del loro timone culturale. E quelli, già andati a scaldare il biberon al bambino.
    L'Italia invisibile è scesa in piazza per dare voce a un'idea spontanea, forse elementare: c'è un dato naturale, che dal giardino dell'Eden in poi porta l'uomo a trovarsi una donna, e lei a trovare lui, e a vivere insieme, e a crescere insieme figli. Questa funzione della famiglia va garantita e protetta , perché è ciò che continua un popolo, e la sua storia. Poi, ognuno vive come crede. Famiglia, tuttavia, è questo: senza plurali, se non nell'accoglienza del cuore.
    C'è una stragrande parte d'Italia che di questa semplice verità è pacificamente convinta. E, da sempre lasciata sola con i suoi problemi e oneri e fatiche, nell'avvertire che le si vorrebbero avvicinare altre "famiglie", che della prima condividerebbero solo i già pochi diritti, si è stancata: ed è andata a Roma per mostrare di esistere. Di esistere ancora, anche se nelle fiction tv si vedono solo "famiglie", e quasi mai quella di tanti italiani che ogni sera si sentono un po' più dei sopravvissuti, ridicoli, e forse anche tonti - dopo trent'anni, ancora con la stessa moglie. Di volere esistere ancora, e sposarsi, e avere figli, quanti ne vogliono, e di voler essere in questo aiutati e tutelati. A volte, le date sono profetiche. Trentatré anni dopo il referendum sul divorzio, da molti visto come l'avvento liberatorio della modernità in Italia, in un milione sono andati in piazza, per dire che la modernità quantomeno non coincide con la fine della famiglia. Che qui invece si gioca, e si sceglie, l'Italia ventura.

    *** ***
    molto bello, grassetti e sottolineature mie

 

 
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