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    Predefinito Benedetto XVI ha abolito il limbo? Una sana catechesi sul tema

    Il Papa abolisce il limbo: i bimbi non battezzati vanno in paradiso



    Pubblicato un documento della Commissione teologica internazionale

    CITTA' DEL VATICANO

    Il Papa abolisce ufficialmente il limbo. Dopo lunghi anni di studio, un documento della Commissione teologica internazionale pubblicato oggi, stabilisce che il limbo - il luogo che accoglie i bambini non battezzati - riflette una «visione eccessivamente restrittiva della salvezza». Ad anticipare il documento è l’agenzia dei vescovi americani, Catholic News, Cns.

    Si tratta, per il Vaticano, di «un problema pastorale urgente», perchè il numero dei bimbi morti senza battesimo «è in aumento» e anche perchè in molti casi di troviamo di fronte a «vittime di aborti». Il documento era in discussione alla Commissione teologica dal 2004, quando era il cardinale Joseph Ratzinger a presiederla. È stato l’attuale presidente, il cardinale William Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, a presentare al Papa il documento, lo scorso 19 gennaio. Benedetto XVI ha approvato il testo e ne ha autorizzato la pubblicazione.

    Nel testo si spiega che «la misericordia di Dio vuole che tutti gli esseri umani siano salvati» e che «la Grazia ha priorità sul peccato». Il testo è di 41 pagine ed è intitolato «La speranza di salvezza per i bimbi che muoiono senza essere battezzati».

  2. #2
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    Predefinito Per una catechesi cattolica sul Limbo - I parte

    IL LIMBO NELLA RIVELAZIONE DIVINA

    Un'intervista di Bruno Forte


    Un Sacerdote, ci scrive: "L'ultima bella: si sta parlando dell'abolizione del Limbo. Tanti Santi Padri ne hanno parlato; atti del Magistero ne fanno espressa menzione; noi con la Chiesa lo abbiamo creduto ed ora la "Chiesa" stessa viene a dirci che non è vero: in altre parole, che ci ha ingannati! Di quante cose potremmo dire lo stesso! Ma basti così".
    Da un'intervista rilasciata da mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto, ad Avvenire del 18/1/2006, membro della Commissione Teologica Internazionale «incaricata da papa Wojtyla di studiare "la sorte dei bambini morti senza Battesimo" e che sta preparando un testo da trasmettere a papa Ratzingen».
    Il titolo dell'intervista è apparentemente rassicurante: Giù le mani dal Purgatorio (l'intimazione è rivolta al medievalista francese Jacques Le Goff che nega Limbo, Purgatorio ed Inferno); ma rassicurante non è il contenuto dell'intervista, dato che Bruno Forte le mani, a sua volta, le mette sul Limbo.
    «L'idea del Limbo - egli dice - era nient'altro [sic] che un'opinione teologica" e, come tale, "non vincolava [sic] in alcun modo [sic] la fede"; perciò «è da molto tempo che una migliore chiarificazione dei termini in questione e il conseguente abbandono dell'idea di "Limbo" erano apparsi ai teologi più avveduti come la prospettiva su cui lavorare». Naturalmente, tra questi teologi "più avveduti" (di chi lo vedremo) Bruno Forte si premura di segnalare "Joseph Ratzinger, l'attuale Benedetto XVI”; esposta quindi la nuova teoria, ci informa che la dottrina cattolica del Limbo è già scomparsa dal nuovo "Catechismo della Chiesa Cattolica" (senza neppure attendere il lavoro di "chiarificazione" di cui sopra). E avrebbe potuto aggiungere che, ancor prima, la cosiddetta "riforma liturgica" aveva introdotto, accanto al rito per le esequie dei bambini battezzati, anche un rito per i bambini non battezzati. In tal modo, capovolgendo la norma liturgica per cui spetta alla lex credendi di stabilire la lex orandi è stata introdotta una lex orandi, che contraddice la rivelazione divina e gli insegnamenti costanti della Chiesa, ma che, ciò nonostante, si spera che diventi un giorno lex credendi. E così dal "si deve pregare come si crede" si è passati al "si deve credere come si prega"!
    D'altronde, alla dottrina cattolica del Limbo lo stesso Forte, nell' intervista, già canta il De profundis con i verbi tutti rigorosamente al passato ("era", "non vincolava"), per cui non è affatto temerario pensare che la Commissione Teologica Internazionale si sia radunata, non per "una migliore chiarificazione dei termini in questione", ma per celebrare solennemente i funerali della dottrina cattolica sul Limbo, già abbandonata dalla "nuova teologia".
    Seguiamo ora la via per la quale Bruno Forte si sforza di "rivedere gli insegnamenti costanti del magistero e di reinterpretare la rivelazione scritturale iniziale".
    Forte comincia con l'affermare che "l'idea del Limbo [...] era nient' altro [sic] che un'opinione teologica, nata per salvaguardare da una parte la tragicità delle conseguenze del peccato originale [minimizzate - spiega subito dopo - dai pelagiani], dall'altra la giustizia e misericordia di Dio".
    L'«idea del Limbo» non è nata dalla polemica antipelagiana, ma da una verità formalmente rivelata da Dio.

    Ci dispiace per Bruno Forte, ma l'idea del Limbo non è nata affatto dalla polemica antipelagiana, dalla necessità di salvaguardare contro questi eretici la dottrina del peccato originale. L'idea del Limbo è nata, per dirla col Journet, da una "rivelazione scritturale iniziale" e precisamente dalla solenne affermazione di Gesù a Nicodemo sulla assoluta necessità del Battesimo: "In verità, in verità ti dico, nessuno, se non nasce per acqua e Spirito Santo, può entrare nel regno di Dio" (Gv 3, 5); affermazione rafforzata dal mandato di "battezzare" tutte le genti (Mt 28, 19) e dalla precisazione che "chi crederà e sarà battezzato sarà salvo" (Mc. 16,16).
    La Chiesa, senza attendere la polemica antipelagiana, trasse da questa verità di fede divina la prima conclusione: che non c'è speranza di salvezza soprannaturale per i bambini che muoiono senza Battesimo prima di aver raggiunto l'età della ragione. Perciò, seguendo la tradizione ricevuta dagli Apostoli, Essa ebbe cura di battezzare anche i bambini: "Ecclesia ab Apostolis traditionem suscepit etiam parvulis baptismum dare", "la Chiesa ha ricevuto dagli Apostoli la tradizione di battezzare anche i bambini" attesta, tra gli altri, Origene (Ad Romanos, VI, 6) e il Concilio di Trento sancirà che si battezzano i bambini appena nati "ex tradizione Apostolorum", "secondo la tradizione ricevuta dagli Apostoli" (Denz. 791).
    Anche i Padri, sia greci, sia latini (=Tradizione), non attesero l'eresia di Pelagio per affermare all' unanimità che i bambini morti senza Battesimo, prima dell'età della ragione, sono esclusi dalla visione beatifica e per interrogarsi, come vedremo, sulla sorte di questi bambini nell'aldilà, avviando così la seconda tappa della riflessione teologica che, partendo dalla "rivelazione scritturale iniziale" porterà alla dottrina del Limbo.
    La polemica contro i pelagiani diede al Magistero solo l'occasione per riaffermare quella che già era dottrina comune e costante della Chiesa, confermata dalla prassi universale ed incontrastata di battezzare i bambini.
    I pelagiani, per eludere la forza dei testi evangelici sulla necessità del Battesimo, favoleggiavano di una "Vita eterna", cioè di una beatitudine soprannaturale, cui sarebbero stati ammessi senza Battesimo i bambini e i giusti pagani, e la distinguevano artificiosamente dal "Regno dei Cieli" cui, secondo la rivelazione di Gesù a Nicodemo, si può accedere solo per il Battesimo. Innocenzo I così riassume e condanna la dottrina dei pelagiani: «che i bambini senza la grazia del Battesimo possano ricevere il premio della vita eterna è cosa da insensati» (P.L.t. 33 col. 785).
    La definitiva condanna, con la riaffermazione solenne della dottrina costante e comune della Chiesa, venne, però, dal Concilio di Cartagine (418).
    Nel canone 2 di questo Concilio si legge:
    «chiunque nega che si debbono battezzare i bambini nati da poco o dice che essi vengono battezzati per la remissione dei peccati, ma che non traggono affatto da Adamo il peccato originate che viene espiato dal lavacro della rigenerazione, da cui consegue che per essi la formula del Battesimo "in remissione dei peccati" viene intesa non come vera, ma come falsa, sia anatema. Infatti non si deve intendere quanto dice l'apostolo [Paolo]. "Per un solo uomo è entrato il peccato nel mondo (e attraverso il peccato la morte), e si estese a tutti gli uomini; in lui tutti hanno peccato" (cf. Rm. 5,12), diversamente dal senso in cui la Chiesa cattolica, ovunque diffusa, sempre lo ha inteso. A motivo di questa regola della fede anche i bambini, che non hanno potuto ancora commettere peccato alcuno, vengono perciò veramente battezzati per la remissione dei peccati, afinchè mediante la rigenerazione venga in essi purificato quanto attraverso la generazione hanno contratto».

    E poiché i pelagiani si appellavano a Gv 4, 12, il successivo canone 3 aggiunge:

    «se qualcuno afferma che il Signore ha detto: "Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore" (Gv 14, 2), così che si debba intendere che nel regno dei cieli ci sia un qualche luogo intermedio o un qualunque altro luogo, dove vivano beati gli infanti che trapassarono da questa vita senza il Battesimo, senza dei quale non possono entrare nel regno dei cieli, che è la vita eterna, sia anatema. Infatti, giacché il Signore dice: "Chi non sarà rinato dall'acqua e dallo Spirito Santo non entrerà nel regno dei cieli" (Gv 3, 5), quale cattolico può dubitare che parteciperà della sorte del diavolo chi non ha meritato di essere coerede di Cristo? Chi infatti manca dalla parte destra, senza dubbio finirà in quella sinistra"».

    Il Concilio di Cartagine - ricordiamo - fu approvato da papa Zosimo e il suo testo sarà ripreso, con l'aggiunta di poche precisazioni, dal concilio di Trento (1546):
    «Se qualcuno nega che i bambini appena nati debbono essere battezzati, anche se figli di genitori battezzati, oppure sostiene che vengono battezzati per la remissione dei peccati, ma che non ereditano da Adamo niente dei peccato originale che sia necessario purificare col lavacro della rigenerazione per conseguire la vita eterna, per cui nei loro confronti la forma del Battesimo per la remissione dei peccati non sia ritenuta vera, ma falsa: sia anatema.
    Infatti quello che dice l'Apostolo: "A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e col peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché in lui tutti hanno peccato" (Rm 5,12), non deve essere inteso diversamente dal senso in cui la Chiesa cattolica, ovunque diffusa, l'ha sempre inteso. A motivo di questa regola di fede, per tradizione ricevuta dagli Apostoli, anche i bambini, che non hanno ancora potuto commettere da sé alcun peccato, vengono perciò veramente battezzati per la remissione dei peccati, affinchè in essi sia purificato con la rigenerazione quello che contrassero con la generazione. "Se, infatti, uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio" (Gv 3,5)
    » (Denz. 791).

    Fonte: si si no no, 15.3.2006

  3. #3
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    Predefinito II parte

    Il disturbo provocato dall'eresia pelagiana

    Molto prima della polemica antipelagiana i Padri greci, si erano interrogati sulla sorte nell'aldilà dei bambini esclusi dalla visione beatifica perché morti senza Battesimo e quindi con il solo peccato originale. Essi erano giunti concordemente alla conclusione che questi bambini non avevano da soffrire pene afflittive. Erano gli esordi della dottrina cattolica sul Limbo. Perché se il termine "Limbo", per designare il luogo riservato ai bambini non battezzati, è piuttosto tardivo (XIII secolo), non altrettanto tardiva è "l'idea del Limbo" come sorte o stato particolare riservato a questi medesimi bambini nell'aldilà. E questa "idea" non nasce, come vuole Bruno Forte, dalla polemica contro i pelagiani, ma nasce molto prima, già con i Padri greci, per esplicitazione graduale e coerente del contenuto latente nella verità di fede affermata da Nostro Signore Gesù Cristo in Gv. 3, 5.
    I Padri latini, invece, pur affermando concordemente che i bambini morti senza Battesimo sono esclusi dalla visione beatifica, in generale sembrano non essersi posti, al pari dei Padri greci, il problema della loro sorte nell'aldilà. Ora il Concilio di Cartagine del 418 veniva a parlare per essi di "partecipazione alla sorte del diavolo". Ma in che modo doveva intendersi questa partecipazione? Nel senso limitato che i bambini morti senza Battesimo sarebbero rimasti privi della visione beatifica al pari del diavolo oppure nel senso più ampio che, al pari del diavolo, essi sarebbero stati tormentati dalle pene dell'inferno? Si apre così la via anche per i Padri latini ad un'ulteriore riflessione teologica sullo stato nell'aldilà dei bambini morti senza Battesimo.
    Si sa che Sant'Agostino, prima della polemica antipelagiana, era giunto nel De Libero Arbitrio (1.3, c.23) ad una conclusione simile a quella dei Padri greci: privazione della visione beatifica a motivo del peccato originale ereditato da Adamo, ma assenza di pene afflittive a motivo dell'assenza di peccati personali. La polemica suscitata dai pelagiani, lungi dal far "nascere" l'idea del Limbo, come vorrebbe Bruno Forte, fu, invece, responsabile di una temporanea deviazione nello sviluppo della dottrina cattolica sul Limbo, perché Sant'Agostino, per salvaguardare la realtà del peccato originale, che i pelagiani riducevano a nulla, indurì la sua posizione e giunse a parlare di "pena", sia pure "mitissima" ("la più mite") e di "damnatio omnium levissima" ("dannazione la più mite di tutte") per i bambini morti senza Battesimo. Questo indurimento, però, non fu senza esitazioni e ripensamenti. "Ma, poiché siamo arrivati alla pena dei bambini, sono, credimi in gravi angustie e non trovo assolutamente nulla da rispondere" scrive, ad esempio, nell'Epistola 166 (c. 6, 16) e altrove confessa di non saper definire "la natura e l'intensità" della "damnatio omnium levissima" riservata a queste anime e che, comunque, egli non si sentirebbe di dire (come per i dannati) che sarebbe stato meglio per loro che non fossero mai nati (Contra Iulianum Pelagianum 1. 5, c. 11).
    Queste perplessità dimostrano che Sant'Agostino, nonostante l'occasionale indurimento, continuò a propendere per una sorte dei bambini morti senza Battesimo diversa da quella dei dannati propriamente detti.

    Dal Limbo come "stato" al Limbo come "luogo"

    La speculazione teologica successiva superò la deviazione e l'indurimento occasionale di Sant'Agostino approfondendo la distinzione tra peccato originale, che è ereditato, e peccato attuale, che è personalmente commesso. Per questa via si ritornerà alla posizione più mite dei Padri greci e dello stesso Sant'Agostino prima che scoppiasse la polemica antipelagiana: i bambini, morti senza Battesimo, prima di aver raggiunto l'età della ragione, sono esclusi dalla visione beatifica a motivo del peccato originale, ma è incompatibile con la giustizia divina che chi è colpevole solo di una colpa ereditata sia punito come chi è colpevole di colpe personali.
    Questa ripresa nella direzione giusta della riflessione teologica sul Limbo fu stimolata ed accompagnata da una serie di interventi magisteriali.
    Nel 1201 Innocenzo III scrive che il peccato originale "è contratto senza consenso", mentre il peccato attuale "è commesso con consenso" e che "la pena del peccato originale è la privazione (carentia) della visione di Dio, mentre la pena del peccato attuale è il tormento della geenna perpetua" (lettera Majores Ecclesiae 1201 Denz. n. 410).
    Nel 1274 la professione di fede imposta ed accettata dall'imperatore Michele Paleologo nel Concilio di Lione e testualmente ripresa dal Concilio di Firenze nel 1439 dice che "le anime di quelli che muoiono in peccato mortale o con il solo peccato originale discendono tosto negli inferi, ma per esservi puniti con pene differenti" (Denz. 464). A questo punto nasce, per necessità di chiarezza, il termine "Limbo dei bambini". Mentre fino a quel momento si indicava con il nome generico "inferi" (=luoghi inferiori) la dimora di coloro che erano esclusi dalla visione beatifica, dal XIII secolo, stabilita la sorte diversa, si cominciò ad indicare con il nome "inferno", al singolare, la dimora dei dannati e con il nome di "Limbo dei bambini" il soggiorno dei bambini morti senza Battesimo: uno stato diverso esige un luogo diverso, anche in previsione della "resurrezione della carne" cioè del ricongiungersi delle anime con i rispettivi corpi".
    Dalla conclusione dell'assenza di pene afflittive per i bambini morti senza Battesimo e quindi con il solo peccato originale si passerà poi a riflettere sullo stato di conoscenza e di amore di queste anime. Sarà il lavoro delle "Scuole" e particolarmente di San Tommaso d'Aquino.
    Nel 1794 Pio VI, condannando la 26a proposizione del sinodo filogiansenista di Pistoia, dichiarò "falsa, temeraria, ingiuriosa per le scuole cattoliche la dottrina che rigetta come una favola pelagiana quel luogo degli inferi (che i fedeli ovunque chiamano con il nome di Limbo dei bambini), nel quale le anime di coloro che muoiono con il solo peccato originale sono punite con la pena del danno [=privazione della visione beatifica] senza la pena del fuoco" (Denz. 1526).
    In tal modo la dottrina del Limbo qual era stata precisata dai teologi medioevali, e segnatamente da San Tommaso d'Aquino, qual era da secoli correntemente insegnata nelle "Scuole" cattoliche sotto gli occhi del Magistero (e quindi con la sua almeno tacita approvazione) e qual era comunemente creduta dal popolo cristiano ricevette l'approvazione formale e autorevole del Romano Pontefice: essa non era una favola pelagiana, ma una credenza perfettamente ortodossa. Tanto più che, mentre i pelagiani pretendevano di attribuire ai bambini morti senza Battesimo (e anche ai giusti pagani) la beatitudine soprannaturale, la dottrina del Limbo si limitava a prospettare per loro una beatitudine naturale, quale sgorga dalla conoscenza e dall'amore naturale di Dio portati al più alto grado in esseri che, con la separazione dal corpo, hanno raggiunto il completo esercizio delle proprie facoltà spirituali naturali: intelligenza e volontà.

    Prima conclusione

    A questo punto siamo già in grado di giudicare l'affermazione di Bruno Forte che "l'idea del Limbo [...] era [?] nient'altro [sic] che un' opinione teologica", e, come tale, "non vincolava in alcun modo [sic] la fede". Siamo in grado di giudicare anche l'altra sua affermazione: «è da molto tempo che una migliore chiarificazione dei termini in questione e il conseguente [?] abbandono [sic] dell'idea di "Limbo" erano apparsi ai teologi più avveduti come la prospettiva su cui lavorare». Questo, infatti, potrebbe ammettersi solo se ai teologi fosse lecito di essere "più avveduti" del Vangelo, della Tradizione e del Magistero, perché il "Limbo" non è una questione di "termini" da chiarire, ma è una "dottrina cattolica certa" o "conclusione teologica", cioè una verità gradualmente, ma correntemente dedotta da due premesse, di cui una formalmente rivelata da Dio (l'assoluta necessità del Battesimo) e l'altra conosciuta per via di ragione (la giustizia di Dio).

    Fonte: si si no no, 15.3.2006

  4. #4
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    Predefinito III parte

    La "nuova dottrina"

    Bruno Forte, però, non si ferma qui. Come abbiamo già accennato, egli passa ad illustrare la "nuova dottrina" che dovrebbe soppiantare nella fede del popolo cristiano la dottrina tradizionale del Limbo ("nuova dottrina" che, intanto, è già stata surrettiziamente introdotta sia nella liturgia "riformata" sia nel nuovo "Catechismo della Chiesa cattolica").
    "Il bambino - egli dice - morto senza Battesimo, non colpevole in alcun modo di questa mancanza, viene affidato alla grazia di Cristo che lo salva. Ma chi glielo affida? È qui che si colloca la mediazione sacramentale della Chiesa: è la preghiera del popolo di Dio, a cominciare da quella dei genitori del bambino, che può ottenere questo dono immenso dalla misericordia del Signore".
    "Dottrina", questa, non solo affatto estranea alla tradizione della Chiesa, ma anche già riprovata. Quando, infatti, il Gaetano avanzò l'opinione che i bambini morti senza Battesimo dovessero essere ritenuti battezzati a motivo del desiderio della Chiesa e dei genitori, la sua ipotesi corse il rischio di essere condannata come "eretica" nel Concilio di Trento e, comunque, definita "falsa" dal Soto (grande teologo domenicano anche lui), fu fatta raschiare dall'Editio piana delle opere del Gaetano per ordine espresso, come sembra, dello stesso San Pio V. E a ragion veduta, perché la fede della Chiesa e dei genitori può solo portare il bambino al fonte battesimale, ma non può supplire la virtù del Sacramento né, come vedremo, il desiderio del Battesimo, di cui il bambino è ancora incapace.
    Bruno Forte, però, ci dice che «una simile visione positiva della salvezza, peraltro, è comune alla grande tradizione cristiana, che la estende senza remore a tutti quei giusti, che, non avendo, conosciuto Cristo senza averne colpa, non per questo sono dannati, partecipano anzi alla comunione dei santi per un inconsapevole e non di meno reale "Battesimo di desiderio"».

    Una distinzione cancellata

    Ma come può - domandiamo - la "nuova teoria" iscriversi nella "grande tradizione cristiana" del "Battesimo di desiderio", dato che la Chiesa ha sempre parlato di desiderio personale (e non di desiderio altrui) e i bambini, morti senza Battesimo prima di aver raggiunto l'età della ragione, sono affatto incapaci di un siffatto desiderio? Affermare il contrario, che il bambino sia capace di un atto di desiderio personale prima del risveglio della ragione, significa contraddire l'esperienza universale e l'evidenza più comune e, anzitutto, significa contraddire, oltre la prassi costante della Chiesa, una lunga, ininterrotta, serie di documenti del Magistero, che puntualmente distinguono il caso degli adulti da quello dei bambini. Infatti, mentre la Chiesa non tardò ad affermare che per gli adulti il Battesimo d'acqua può essere supplito dal Battesimo di desiderio, per i bambini, privi ancora dell'uso di ragione, non ha mai trovato un equivalente al Battesimo di acqua ed ha costantemente insegnato che, nella normale economia di salvezza, non vi è per loro nessun altro mezzo e perciò incessantemente ha chiesto di battezzarli al più presto.
    Abbiamo già citato il can. 3 del Concilio di Cartagine (418), il quale, contro i pelagiani, ribadisce in modo categorico che "i bambini morti senza Battesimo non possono entrare nel Regno dei cieli che è la vita eterna".
    Ancora più esplicito il Concilio di Firenze: "Quanto ai bambini, dato il pericolo di morte che spesso può minacciarli, poiché non possono essere aiutati con altro mezzo se non con il sacramento del Battesimo per il quale sono liberati dal dominio del demonio e resi figli adottivi di Dio, la Chiesa ammonisce che il Battesimo non deve essere differito di quaranta o ottanta giorni o altro tempo, secondo certe usanze, ma che sia amministrato il più presto possibile, avendo cura, però, che, in imminente pericolo di morte, siano battezzati subito, senza nessuna dilazione" (Denz. 712).
    Il Concilio di Trento nel Decreto sulla giustificazione afferma che il passaggio dallo stato di peccato allo stato di grazia, "dopo l'annunzio del Vangelo, non può avvenire senza il lavacro della rigenerazione (o Battesimo) o senza il suo desiderio". Desiderio che, però, dev'essere personale e non degli altri (di qui il rifiuto dell'opinione de Gaetano). Tanto è vero che il Catechismo Romano, pubblicato da San Pio V per decreto del Concilio di Trento, ancora una volta insiste sulla necessità di battezzare i bambini, incapaci di desiderio personale, al più presto: "Occorre esortare costantemente i fedeli perché portino i loro figli, non appena possono farlo senza pericolo, alla chiesa e li facciano battezzare con la solenne cerimonia. Si pensi che ai piccoli non è lasciata alcuna possibilità di guadagnare la salvezza, se non è loro impartito il Battesimo. Quanto grave dunque è la colpa di coloro che li lasciano privi di questa grazia più del necessario, mentre la debolezza dell' età li espone a innumerevoli pericoli di morte!".
    A sua volta il Concilio provinciale di Colonia (1860), i cui decreti furono riveduti e verificati dalla Santa Sede, riassume con estrema precisione l'insegnamento costante della Chiesa: "Gli adulti che non possono ricevere di fatto (re) il Battesimo possono salvarsi ricevendolo con il desiderio (voto). Ma per i bambini, dato che sono incapaci di un tal desiderio, la fede insegna che sono esclusi dal Regno del cielo, cioè dalla beatitudine soprannaturale, se muoiono senza essere stati rigenerati dal Battesimo".
    La dottrina universale e costante della Chiesa è riaffermata poi, alla vigilia - si può dire - del Vaticano Il, da Pio XII nel celebre discorso alle ostetriche (29 ottobre 1951): "Se ciò che abbiamo detto finora riguarda la protezione e la cura della vita naturale, a ben più forte ragione deve valere per la vita soprannaturale, che il neonato riceve col Battesimo. Nella presente economia non vi è altro mezzo per comunicare questa vita al bambino, che non ha ancora l'uso della ragione. E tuttavia lo stato di grazia nel momento della morte è assolutamente necessario per la salvezza; senza di esso non è possibile di giungere alla felicità soprannaturale, alla visione beatifica di Dio. Un atto di amore può bastare all'adulto per conseguire la grazia santificante e supplire al difetto del Battesimo; al non ancor nato o al neonato bambino questa via non è aperta".
    Infine, contro le deviazioni che qua e là già serpeggiavano nel mondo cattolico, il 18 febbraio 1958 il SantUffizio emanava il seguente Monitum: "Si è diffusa in alcuni luoghi l'abitudine di differire il conferimento del Battesimo per fittizie ragioni di comodità o di indole liturgica. A questa dilazione possono essere favorevoli alcune opinioni [teologiche], prive di solido fondamento, circa la sorte eterna dei bambini che muoiono senza Battesimo. Perciò questa Suprema Sacra Congregazione, con l'approvazione del Sommo Pontefice, ammonisce che i bambini devono essere battezzati al più presto secondo la prescrizione del can. 770 ed esorta i parroci e i predicatori ad insistere sull' esecuzione di questo dovere"'.
    Infine nel testo approntato per l'ultimo Concilio dalla Commissione Teologica si legge: "Il Concilio dichiara vane e prive di fondamento tutte le sentenze secondo cui si ammette per i bambini un mezzo [di salvezza] diverso dal Battesimo ricevuto di fatto. Tuttavia non. mancano motivi per ritenere che essi riceveranno eternamente una certa felicità consona al loro stato».
    Malgrado la deviazione poi imposta al Concilio dall'agguerrita minoranza modernista, questo testo resta ad attestare che la dottrina del Limbo era un pacifico possesso della Chiesa fino all'ultimo Concilio.
    A questi documenti del Magistero corrisponde la prassi costante della Chiesa, che mai, in duemila anni, ha dato ai genitori la minima speranza che il loro desiderio o quello della Chiesa potesse supplire all'assenza del Battesimo. (…)

    Fonte: si si no no, 15.3.2006

  5. #5
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    Friedrich Pacher, Cristo nel Limbo libera le anime dei progenitori e degli antichi patriarchi, 1460 circa, Museum of Fine Arts, Budapest

    Beato Angelico, Cristo nel Limbo, 1450 circa, Museo di San Marco, Cella n. 31, Firenze

    Domenico Beccafumi, Discesa di Cristo nel Limbo, 1530-35, Pinacoteca Nazionale, Siena

  6. #6
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    Una piccola riflessione pare necessaria. Premetto che, forse, sarebbe bene attendere che il testo (dell'approvazione papale) sia disponibile. Fino ad allora rimane un dato: dalle anticipazioni è evidente che nessun testo tratto dalla Tradizione è stato preso a fondamento. Ciò rende parecchio problematico quanto vi si afferma. Senza contare i gravissimi problemi che pone circa la necessità e l'utilità del c.d. pedobattesimo. E poi: da quando o da che età diventa necessario alla salvezza il battesimo, ovvero il bambino non è più coperto da questa "grazia speciale" che lo porta ad essere salvo in caso di sua morte prematura? Problema gravissimo e gravido di conseguenze.
    Le risposte che si ricavano non sono assolutamente sufficienti e sono puramente retoriche, senza alcuno spessore teologico.

  7. #7
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    Chiederanno perdono per la verità sul limbo?

    22/04/2007

    «Aboliamo il Limbo: tutti i bambini vanno in Paradiso».
    Ma se è vero, come vorrebbero, che «Gesù li salva anche senza battesimo», perché avrebbe istituito la Sua Chiesa, con la missione di battezzare?
    Il cardinale Ratzinger, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva detto che il «Limbo» era soltanto un'ipotesi teologica di secondaria importanza per quanto riguarda la salvezza.
    E ciò seguiva quanto aveva detto in precedenza Giovanni Paolo II, che aveva praticamente cancellato la verità sul Limbo.
    Ora una commissione teologica ha preparato il documento dove questa abolizione del Limbo è giustificata, non solo perché sarebbe una dottrina di origine «medioevale», ma perché l'immensa bontà divina salva tutti e tanto più i bambini, anche se non battezzati.
    L'«unico» imbarazzo per questa «revisione» risiede nel fatto della necessità del Battesimo per la salvezza, secondo la parola di Gesù.
    Inoltre, tutto nella Sua Chiesa, dal sacerdozio alla gerarchia, dalla missione ai sacramenti, deriva ed è ordinato giustamente a questa istituzione della misericordia divina racchiudente il potere di salvezza del sangue del Salvatore.

    La verità sul Limbo implica princìpi negati dal modernismo, e cioè:
    - la volontà di salvezza divina, che si manifesta e si esplica secondo la rivelazione e perciò nei modi condizionati dai precetti che sono predicati dalla Chiesa nel nome di Dio;
    - la gratuità assoluta del dono della visione beatifica nella gloria di Dio.
    La grazia soprannaturale non è «dovuta» all'uomo perché necessaria al perfezionamento della sua natura.
    La natura umana è superata infinitamente dalla grazia che è sproporzionata alla capacità dell'uomo di averla se non per dono gratuito di Dio.
    La visione beatifica è una grazia meritata dal sangue di Cristo, mai un «diritto» come insinua il modernismo.
    Giovanni Paolo II ha ignorato l'esistenza del Limbo come non facente parte della fede cattolica.
    Prima di lui il de Lubac, autore di «Surnaturel», opera condannata da Pio XII nella «Humani Generis»: «Alcuni deformano la vera nozione della gratuità dell'ordine soprannaturale, quando pretendono che Dio non può creare esseri dotati di intelligenza senza chiamarli ed ordinarli alla visione beatifica» (Denzinger 3891).

    Sul soprannaturale implicito nella natura umana, non come gratuità ma come necessità, il cardinale Siri vedeva l'apertura «ad una specie di monismo cosmico, ad un idealismo antropocentrico» («Getsemani», Roma, 1980, pagine 54-58).
    Si vorrebbe la «riduzione» della trascendenza, un «addomesticamento» del soprannaturale, contiguo al naturale, per passare dal Dio fatto uomo all'uomo che si fa dio.

    Il germe dell'aggiornamento dottrinale nella questione del Battesimo è stato coltivato tra altri dalla «mente teologica» di Maritain.
    Jacques Maritain fu uno degli autori venerati da Paolo VI, che tradusse il suo «Cristianesimo Integrale» e lo invitò come unico consulente laico del Vaticano II.
    Tra le idee ambigue di questo pensatore francese, convertito alla fede dall'esaltato Léon Bloy, spuntò quel buonismo umanitaristico, di modernistica memoria, che ispirò l'immensa «simpatia e comprensione» per le altre religioni, specialmente quella dell'uomo che si fa dio, come assicurò Paolo VI alla chiusura del Vaticano II (7 dicembre '65).
    Quale altra mentalità lo può aver portato perfino a lamentarsi davanti al mondo politico italiano perché Dio ha ignorato la sua preghiera di salvare Moro?
    Quale idea porta oggi i preti televisivi, come don Mazzi, a dire d'essere spesso arrabbiati con Dio che permette certe nefandezze?
    Non è forse in questa stessa linea di idee, secondo il mondo, che si manifestò anche l'origenismo di Giovanni Paolo II, che vedeva l'inferno vuoto e chiese perdono per il passato della Chiesa?
    In questi pensieri «buonisti e perdonisti» si palesa quell'«orgoglio di bontà» intento a correggere le cose in cui, secondo l'evoluto modo di sentire dell'uomo moderno, la giustizia divina si dimostrerebbe scarsa!
    Sono le idee anticristiane di radice gnostica che caratterizzano tanto il mondialismo massonico quanto le sue manovre ecumeniste.
    In nome del primo furono scatenate le guerre e le rivoluzioni, causando molti milioni di morti.
    La seconda, l'operazione ecumenista, fu promossa inoculando in nome della stessa Chiesa quel «buonismo perdonista» che soffoca la fede dell'uomo spirituale, come Dio lo ha creato.
    Ciò è molto ben spiegato nel capitolo «Maritain, buonista metafisico», di Maurizio Blondet («Il Collasso», Il Minotauro, 1999, pagine 121-127).
    Esso aiuta a scavare sulle radici infette del Vaticano II che, come si vede ora, continuano a contaminare la vita del mondo contemporaneo.

    «Il 'buonismo' prevarrà sulle porte degl'inferi?
    C'è da chiederselo - non per ridere, ma con inquietudine - nel leggere 'Le Cose del Cielo', un volumetto che accoglie certi testi senili di Jacques Maritain, a cura di Nora Possenti figlia (editore Massimo).
    II sottotitolo suona : 'Riflessioni sulla vita eterna'.
    In realtà, Maritain vi fantastica sul come sia l'aldilà.
    Ovviamente, é l'inferno a interessarlo di più, per un motivo che sarà poi chiaro.
    L'inferno di Maritain può sembrare ortodosso: v'è l'esclusione eterna dalla visione di Dio (la 'pena del danno'), e la 'pena del senso': 'una giusta pena naturalmente determinata; naturalmente generata dalla colpa' (pagina 74).
    'Vi è anche il fuoco' (pagina 75).
    D'accordo, Maritain s'immagina che i dannati siano 'degli attivi: lavorano tutto il tempo, hanno la religione del lavoro. Costruiscono e i loro edifici crollano a causa delle loro divisioni e dei loro odii ... essi faranno delle città nell'inferno, delle torri, dei ponti, vi condurranno battaglie ... nel male stesso manifestano i doni e le energie ontologiche di cui la creatura non sarebbe sprovvista se non quando cessasse di essere' (pagina 77).
    Ciò assimila i dannati agli Alsura della tradizione indo-tibetana, ai Titani.
    Ma quello che conta è che, 'poiché l'anima resta rivolta contro Dio e fissata nell'odio, il fuoco non le serve a nulla e la brucia eternamente' (pagina 75).
    'Eternamente, però, non proprio'.
    Per Maritain - ecco il punto che gli sta a cuore - le anime sante protestano contro l'eternità dell'inferno: 'Il nostro amore, questo amore che [Dio] ci ha dato, come potrebbe essere soddisfatto di vedere Dio odiato senza fine, e senza fine bestemmiato da esseri usciti dalle sue mani? Vedere il crimine aggiungersi al crimine? E tra i maledetti ce n'è di quelli che amiamo [...] No, noi non cesseremo mai, continueremo a pregare e a gridare per il sangue del Salvatore, ah!, senza avere, lo sappiamo bene, il minimo diritto di essere esauditi, e lasciando solamente la follia dell'amore esalare da noi liberamente, gratuitamente' (pagina 78).

    Il 'Limbo' secondo Maritain e compagni
    Citata questa frase (che è di 'Ernst Hello, e che Bloy ha ripreso e orchestrato'), Maritain si permette di 'sperare' che Dio cambi la volontà dei dannati, 'fissata nel male in virtù dell'ordine della natura in maniera assoluta e immutabile', con un 'miracolo'.
    Per farla breve: ogni dannato viene 'perdonato (sempre dannato ma perdonato)' (sic) e cosí 'lascia i luoghi bassi, viene fuori dal fuoco, è trasportato nel limbo. Egli gioirà, benché rimanga ferito, di quella felicità naturale' di cui godono i bimbi morti senza battesimo, 'e che è ancora un inferno rispetto alla gloria' (pagina 79).
    'Il fuoco dell'inferno resta eterno in se stesso, continua a bruciare senza fine […]. Ma coloro che vi erano stati immessi ne sono stati tratti fuori - per miracolo' (pagina 80).
    Resta, per Maritain, che 'questi perdonati sono dei perduti. Non sono stati salvati, non sono riscattati'; solo, 'la loro anima è tratta fuori dalla pena del senso in quanto causata dal fuoco' (ibidem).
    Spero si capisca l'enormità di quel che viene qui elucubrato.
    E che si veda la radice torbida di quella malattia del cattolicesimo che - in mancanza di migliori approfondimenti - s'è chiamata 'buonismo', e di cui Maritain è stato uno dei massimi diffusori.
    Il 'buonismo', che è una forma del sentimentalismo, rivela qui che la radice di ogni sentimentalismo è la sensualità, il materialismo sensuale.
    Maritain infatti suppone che il destino dei dannati possa essere migliorato sottraendoli al fuoco; è il dolore fisico, la 'pena del senso', quello che per lui pesa davvero.
    La pena del danno, l'esclusione da Dio, è qualcosa che si può sopportare, non è vero?
    Tutto ciò è ovviamente insensato.
    Se, come dice Maritain, 'la giustizia di Dio è la sua pazienza' (pagina 74), ossia se fosse vero che Dio 'soffre che delle creature formate a sua immagine lo rifiutino ... eternamente', sarebbe piú coerente ipotizzare che, per por fine alla propria sofferenza, Dio concedesse anche ai dannati la salvazione, ossia la visione di Sé; perché il 'fuoco' non è che un 'simbolo' del dolore della mancata visione: anche se un simbolo radicalmente concreto, che realmente brucia ogni fibra dell'essere umano, anima-e-corpo.
    Ma pretendere la salvazione finale dei dannati è palesemente eretico, e Maritain se ne astiene.
    I 'buonisti' infatti amano le vie oblique.

    E cosí Maritain, piú 'buono' di Dio, fantastica che i dannati siano portati al cerchio piú alto dell'inferno, il limbo.
    Anche qui un segno della misera idea della giustizia che hanno i buonisti: la giustizia - che è esatto calcolo della relazione per cui si dà 'a ciascuno il suo' - vorrebbe allora un altro miracolo: se i dannati per 'miracolo' godono la felicità naturale del limbo, allora i bambini morti senza battesimo, cioè senza colpe attuali e personali, penano come i dannati.
    Non sarebbe ciò ingiusto?
    Ma questa è evidentemente una domanda che i 'buonisti' non si pongono nemmeno quando si tratta dell'aldiquà, della giustizia penale terrestre ed umana.
    Non a caso gran parte della 'politica' buonista verte sulla sentimentale voglia di alleviare le pene dei condannati: no alla pena di morte, poi no all'ergastolo, poi pene 'rieducative' piuttosto che 'afflittive'… tutto ciò senza considerare che le vittime dei condannati omicidi hanno subìto, loro sì, la pena di morte, l'afflizione, il dolore.
    Maritain innalza questo buonismo piccinamente terrestre a metafisica: anche nell'aldilà, suppone, non deve esistere più giustizia penale.
    E le vittime saranno confuse coi colpevoli.
    Nel limbo di Maritain, riempito di dannati 'perdonati', ogni infanticida sarà eternamente a fianco della sua piccola vittima, penando (mitemente) e godendo (naturalmente) né più né meno che essa.

    Il 'revisionismo' buonista (e conciliare) dell'amore di Dio
    Tutto nasce, credo, dal presupporre che 'la giustizia di Dio è là sua pazienza'.
    Invece, la giustizia penale di Dio è il suo amore stesso, la faccia del suo amore che rivolge ai peccatori non pentiti.
    Nulla nei testi evangelici autorizza il sospetto che la gloria di Dio, la carità di Dio, sia diminuita dalla presenza eterna dei malvagi; men che meno che Dio 'soffra' delle loro sofferenze, del loro rifiuto, della loro eterna bestemmia.
    La parabola delle vergini stolte è spaventosamente chiara.
    Esse dal loro orribile 'fuori', nella notte, bussano contro la porta chiusa;ma non turbano la festa dello Sposo che ha luogo dentro.
    Del resto nessuna delle parole di Gesù sull'inferno autorizza minimamente le speranze di Maritain.
    Al contrario tutte dicono che la minaccia della pena, che la giustizia penale metafisica, è qualcosa di così reale sul suo indicibile piano di realtà, che non può neppure esser detto con parole umane.
    Gesù allude all'inferno con due metafore.
    La piú popolare, quella del 'fuoco', in realtà parla di un fuoco che arde in eterno qualcosa come spazzatura, residui che non servono e non sono piú nulla.
    Ai dannati è minacciata la Geenna - la discarica dei rifiuti di Gerusalemme, dove irriconoscibili resti della vita, sporcizie della vita, bruciavano tra fumi maleodoranti; al loglio è promesso che sarà 'gettato nel fuoco' (o nel forno).
    Ma piú agghiacciante, piú disperata, è la metafora del 'fuori'.
    Gesù, quando allude a 'le tenebre esteriori dove non è che pianto e stridor di denti', deve ricorrere a 'parole scelte da una zona estrema del linguaggio', come fa dire Thomas Mann al suo diavolo, che con il nome di Sammael ('angelo del veleno') si presenta al musicista Leverkhun per comprargli l'anima.
    Perché 'si possono usare molte parole, ma tutte stanno soltanto per nomi che non esistono. Questa è precisamente la gioia segreta, la sicurezza dell'inferno: che non è enunciabile, che è salva dal linguaggio. Che esiste semplicemente, ma non la si può mettere nel giornale, non la si può rendere pubblica, non se ne può dare una nozione critica con parole [...] Di simboli bisogna accontentarsi mio caro, perché là tutto finisce, non solo la parola indicatrice, ma tutto [...] ogni pietà, ogni grazia, ogni riguardo, e fino all'ultima traccia di comprensione per l'obiezione incredula e scongiurante: questo voi potete, eppure non potete fare di un'anima. Invece sí, lo si fa, e avviene senza il controllo della parola [...] Incontrollato, nell'oblio, fra spesse mura'.

    E infatti ciò che piú colpisce è come Gesù, nell'alludere a ciò che avviene nelle tenebre esteriori, ricorra a una frase di impersonalità inaudita, una impersonalità di secondo grado.
    Non dice che 'nelle tenebre esteriori' si piange e si stridono i denti.
    Non dice nemmeno che 'non c'è altro' che pianto e stridore; già quell''altro' è di troppo, perché non c'è più, forse, nemmeno la minima traccia di 'altro'.

    Tutto ciò che c'è, là 'fuori' 'non è che pianto e stridor di denti'.
    Lungi dall'esserci i dannati che costruiscono torri e ponti e battaglie, come immagina Maritain: non ci sono più, 'i doni e le virtù ontologiche delle creature'.
    Potremmo addirittura sospettare che non esistano nemmeno più esseri umani nel senso proprio, ma solo residui.
    C'è infatti là fuori qualcuno che piange e stride?
    A prender le parole di Cristo nel senso letterale, non c'è che 'pianto e stridore'.
    E taccio su quello stridere di denti: noi abbiamo esperienza del battere di denti, nel gelo estremo, o del digrignare i denti, nella rabbia umana; ma lo stridere dei denti allude a un dolore, un gelo e una rabbia stritolatori, di cui non c'è esperienza possibile nell'aldiquà.
    In questa prospettiva, la fantasia di Maritain appare come una frivola svalutazione della terribile serietà di Gesù.
    Non è difficile scoprire da quali suggestioni Maritain si sia indotto a tanto.
    Egli stesso ci mette sulla strada, con la sua citazione di Hernst Hello e di Léon Bloy.
    Come ho altrove raccontato, Bloy ed Hello, furono travolti da una frenesia messianica sui generis: suggestionati dalle speculazioni attorno alle visioni di La Salette, e ancor piú dalle 'voci' e 'visioni' che visitavano Anne Marie Roulé, la prostituta di cui Bloy aveva fatto la sua amante mistico-carnale, essi aspettavano l'imminente Secondo Avvento.
    Non il ritorno di Gesù tuttavia, ma del 'Paraclito', della Terza Persona; che avrebbe, secondo loro, abrogato la legge di Gesù, proclamando 'bene' ciò che Gesù aveva dichiarato 'male'.

    Difatti, secondo le 'rivelazioni' ricevute, essi credevano che il 'Paraclito' fosse 'identico a Lucifero'.
    Prefigurato da tutti i rifiutati della Scrittura - da Caino, dal Figliol Prodigo, dal Cattivo Ladrone - l'ultimo 'segreto' che il Padre aveva in serbo per l'umanità stava per essere rivelato: Lucifero il Rifiutato sarebbe stato alfine manifestato come Spirito Santo, il Nemico come vero e definitivo Salvatore.
    Colui che era stato relegato nei 'luoghi lontani' sarebbe stato riassunto nel piú alto dei cieli.
    Solo pochi comprendono che la nuova rivelazione negherà e abrogherà la vecchia, la legge di Gesù, e instaurerà la libertà di Lucifero-Liberatore: di fatto solo Bloy (che si considerava l'Elia dell'imminente rivelazione) ed Hello.
    A questa visione luciferina Bloy rimase fedele.
    Anche quando la sua ispiratrice, la bella Anne Marie Roulé, fini in manicomio ormai del tutto demente.
    Di fatto Bloy oserà rivelare il gran segreto rovesciato nel suo 'Dagli Ebrei la salvezza': la cui edizione fu curata, nel 1905, da Jacques e Raissa Maritain.
    Cosí è senza stupore che ritroviamo nell'operetta senile di Maritain, nella sua fantasticheria sul riscatto buonistico dei dannati dall'inferno al limbo, una gentile attenzione speciale per Lucifero.
    'Lucifero senza dubbio sarà l'ultimo a cambiare. Durante un certo tempo egli sarà solo nell'abisso, si crederà il solo condannato ai tormenti senza fine, e il suo orgoglio sarà senza confini. Ma anche per lui si pregherà, si griderà. E alla fine, anche lui sarà restituito al bene, nell'ordine della sola natura, reso suo malgrado all'amore naturale di Dio, portato per miracolo nel limbo in cui la notte brilla di stelle. Vi riprenderà il suo ufficio di principe - riprovato sempre, riguardo alla gloria; amato di nuovo, riguardo alla natura [...]. Umiliato sempre ; ma umile ora' (pagina 81).
    Anche Lucifero tra i bambini innocenti, e come loro principe.
    Anche lui buonisticamente 'restituito al bene', anche se solo 'naturale', come preme al sentimentalismo.
    Certo, è solo una forma attenuata dell'annunciazione satanica di Bloy, che voleva Lucifero assunto nella Trinità, banditore della nuova legge che dice bene il male e male il bene.
    Maritain era troppo letto dagli ecclesiastici per farsene banditore, senza rischio di un anatema.
    Ma, confondendo in un'infantile indistinzione 'limbica' il bene e il male, mostrando la giustizia come opposta all'amore, già la sua attenuazione non prepara la via alla venerazione di Lucifero, a cui Bloy voleva si volgessero i 'veri spirituali'?».

    La verità sul Limbo dimostra essere la carta da tornasole dell'inversione conciliare poiché palesa, contro ogni elucubrazione gnostica, l'abisso esistente tra gli esseri umani redenti dal sangue del Salvatore e quelli che per volontà umana, propria o altrui, non lo hanno desiderato, cercando di meritarselo, ma lo hanno ignorato o rifiutato.

    L'aggiornamento dottrinale nella questione del Battesimo da parte di certi vescovi e dei loro periti, seguì le idee del teologo tedesco Karl Rahner, S.J., che fu l'eminenza grigia del Vaticano II e che, in seguito, ha diffuso le sue idee sulla salvezza universale con rinnovata autorità.
    Ecco quanto dice nel suo libro «Il Cristiano Anonimo»: «Ci possono essere, e in effetti ci sono, degli individui che sono effettivamente giustificati nella grazia di Dio che conseguono la salvezza sovrannaturale alla vista di Dio... anche se non appartengono alla Chiesa [...] come una realtà storica visibile.[…] Nessuna dimostrazione veramente teologica di tale tesi può qui essere fornita attraverso le scritture o la tradizione.
    Tale dimostrazione non sarebbe facile, perché l'ottimismo che questa tesi comporta si è solo chiarito ed asserito gradualmente nella fede consapevole riguardo alla salvezza per i catecumeni non battezzati in Ambrogio, attraverso la dottrina del baptismus flaminis e il votum ecclesiae del Medio Evo e al Concilio di Trento, fino all'insegnamento esplicito negli scritti di Pio XII che affermano che anche un semplice votum implicito per la Chiesa e il battesimo possono essere sufficienti.
    E' stato dichiarato al Vaticano II che nemmeno gli atei sono esclusi da questa possibilità di salvezza...
    La sola condizione necessaria che si riconosce su questo punto è la necessità di fedeltà ed obbedienza dell'individuo alla sua propria coscienza personale.
    Quest'ottimismo riguardo alla salvezza mi sembra uno dei più notevoli risultati del Vaticano II.
    Infatti, quando consideriamo la teologia ufficialmente accettata riguardo a tutte queste questioni che, fino al... Concilio è stata quella più o meno tradizionale, possiamo solo meravigliarci a quanto poche controversie siano sorte durante il Concilio riguardo a tali asserzioni di ottimismo circa la salvezza, e meravigliarci anche a quanto poca opposizione l'ala conservatrice del Concilio abbia portato su questo punto, a come tutto ciò abbia avuto luogo senza preparazione di scenario o grande scompiglio anche se questa dottrina ha segnato, nello sviluppo della consapevolezza della Chiesa riguardo alla sua fede, una fase molto più decisiva che, per esempio, la dottrina della collegialità nella Chiesa, la relazione fra le scritture e la tradizione, l'accettazione della nuova esegesi, ecc».

    L'esistenza del Limbo non è forse conseguenza della necessità della Redenzione?
    Ebbene, l'idea della «redenzione universale», lanciata dal cardinal Wojtyla nella «Gaudium et Spes», ha profondamente cambiato questa fede, per cui molti «teologi buonisti» abolirono il Limbo in nome della loro idea di carità.
    Vediamo come hanno inserito allora questa pastorale conciliare nel «nuovo catechismo» (Libreria Editrice Vaticana, 1992), ufficializzando così le «dosi ridotte» di modernismo che, mischiate con «ampie dosi» di dottrina tradizionale, rendono il Vaticano II e il «suo catechismo» il lievito dei grandi inganni dei nostri tempi.
    § 846. Fuori della Chiesa non c'è salvezza
    . Come bisogna intendere questa affermazione spesso ripetuta dai Padri della Chiesa? Formulata in modo positivo, significa che ogni salvezza viene da Cristo-Capo per mezzo della Chiesa che è il suo Corpo. «Lumem gentium», 14. Non potrebbero salvarsi quegli uomini che, non ignorando che la Chiesa cattolica è stata da Dio per mezzo di Gesù Cristo fondata come necessaria, non avessero però voluto entrare in essa o in essa perseverare.
    § 847. Questa affermazione non si riferisce a coloro che, senza loro colpa, ignorano Cristo e la Chiesa: Lumen Gentium, 16. Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, e tuttavia cercano sinceramente Dio, e sotto l'influsso della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di Dio, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna.
    Si inizia con l'equivoco verbale di nominare «affermazione spesso ripetuta» quel che in verità è un dogma, e proprio il dogma che si dice di voler spiegare ed è nel titolo del paragrafo.
    Segue la seconda insidia: l'affermazione dogmatica che esclude la salvezza fuori della Chiesa, perciò necessariamente espressa in modo negativo.
    L'idea di cambiarla con una formula positiva non solo dà adito a pensare che l'espressione abbia un senso troppo negativo, ma che ci sia sempre una versione positiva in corrispondenza a quanto è espresso in negativo, il che è falso.

    Per esempio, ai comandi divini espressi in negativo, come non uccidere, non corrisponde una qualsiasi espressione positiva.
    Ora, questa nozione di chiesa - popolo - umanità è quella che impregna anche il «nuovo codice canonico», che perciò è la legge di una nuova chiesa.
    Questo insegnamento, che distingue fra conoscere e ignorare riguardo alla Chiesa, esclude la grazia.
    In altre parole, la salvezza sarebbe ottenibile dall'uomo mediante la sua capacità di sapere ed operare adeguatamente secondo coscienza: cioè l'eresia pelagiana condannata già dal IV secolo.
    Per salvare gli uomini il Signore ha versato il suo sangue, da cui è nata la Chiesa e da cui provengono i sacramenti, per primo il Battesimo.
    Essi sono i segni sensibili custoditi dalla Chiesa attraverso cui la grazia suscita la fede che salva.
    E' vero che «la fede senza le opere è morta» (Giacomo 1, 4), ma «in virtù delle opere della legge nessun uomo sarà giustificato dinanzi a Dio»... solo «dalla legge della fede» (Romani 3, 20, 28).
    Il «nuovo catechismo» rinnova più avanti le supposizioni ed eccezioni qui sollevate.
    § 1257. Il Battesimo è necessario alla salvezza per coloro ai quali è stato annunziato il Vangelo e che hanno avuto la possibilità di chiedere questo sacramento...
    Dio ha legato la salvezza al sacramento del Battesimo, tuttavia Egli non è legato ai suoi sacramenti.
    § 1260. «Cristo è morto per tutti [...], perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col Mistero pasquale» (Gaudium et Spes, 22).
    Ogni uomo che, pur ignorando il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, cerca la verità e compie la volontà di Dio come la conosce, può essere salvato.
    E' lecito supporre che tali persone avrebbero desiderato esplicitamente il Battesimo, se ne avessero conosciuta la necessità.
    § 1261... La grande misericordia di Dio... e la tenerezza di Gesù verso i bambini... ci consentono di sperare che vi sia una via di salvezza per i bambini morti senza Battesimo.

    Il Signore insegnò: «In verità, in verità ti dico che se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio» (Giovanni 3, 5).
    Gesù stesso ha dato l'esempio facendosi battezzare nel Giordano da Giovanni Battista.
    La Chiesa non poteva insegnare diversamente perché la sua autorità deriva dalla parola del Signore ed è per tutti gli uomini universale (cattolica).
    Qui, invece, si insinua la necessità del Battesimo solo a coloro che sono stati evangelizzati e hanno la possibilità di riceverlo.
    Si scontrano così col canone V del Concilio di Trento: «Se qualcuno dice che il Battesimo è opzionale, cioè che non sia necessario alla salvezza, sia anatema».
    Inoltre, essi rendono opzionale la loro evangelizzazione, anzi la rendono rischiosa, poiché da essa derivano limiti alla salvezza altrimenti inesistenti.
    Mentre la professione di fede cattolica è fondata sulla dottrina per cui gli uomini devono andare incontro alla grazia, domandarla a Dio e prepararsi per riceverla nella Chiesa, la «credenza» modernista, qui velatamente professata, ritiene che la grazia sia ovunque, che la Chiesa sia solo uno dei suoi molteplici canali e il sacrificio del Signore una tra le diverse vie di salvezza per tutti gli uomini, note solo alla misericordia divina.
    In verità, Dio ci ha mandato il Signore, che ha stabilito la Chiesa come unico ovile di salvezza dei redenti.
    Ebbene, «il modo che Dio conosce» fu rivelato a noi ed affidato alla sua Chiesa per predicare la verità in tutto il mondo.
    La posizione di quanti considerano lecito supporre che sia possibile compiere la volontà di Dio, come la si conosce (o immagina), «anche ignorando il Vangelo di Cristo, per essere salvati», non corrisponde al vero e certamente non riguarda l'autorità cattolica istituita da Gesù Cristo (Marco 16, 16).
    I riformatori conciliari della fede svelano così che la loro autorità non è universale, né necessaria.
    Il sentimentalismo di quest'ultimo paragrafo è perciò ipocrita.
    Il peccato originale è una verità innegabile quanto il fatto che Gesù patì il sacrificio della croce per lavarlo.
    Ma sta agli uomini ricorrere, per se stessi e per i loro figli, al potere del sangue di Cristo, da cui sgorga la misericordia divina.
    Chi diluisce la necessità di questo sangue, diluisce la gravità di quella colpa, fino a negarne la verità dogmatica.

    Così il delitto dell'aborto è ridotto a un male sociale, ignorando la privazione che è quella del Limbo, dove le anime dei bambini non nati non soffriranno di certo per colpe altrui, ma saranno private del dono della visione di Dio.
    I pastori del «Concilio pastorale» dichiarano oggi ad alta voce che intendono le dottrine conciliari come un'apertura che va oltre il «pancristianesimo» dell'unione delle religioni, per servire all'animazione "spirituale" della democrazia universale fondata sull'autonomia e sulla libertà dell'uomo moderno.
    A questo scopo vi sono oggi modernisti in qualsiasi sede episcopale e commissione teologica per l «omologazione» a una religione mondiale.
    Chiederanno scuse perfino per il Credo nella discesa agli Inferi del Salvatore?
    Il buonismo conciliare è capace di tutto!

    Araì Daniele

    FONTE

  8. #8
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    Anche i bambini che muoiono senza il Battesimo vanno in cielo

    Secondo un documento della Commissione Teologica Internazionale


    ROMA, domenica, 22 aprile 2007 (ZENIT.org).- Con un documento di 41 pagine dal titolo “La Speranza di salvezza per i bimbi che muoiono senza essere stati battezzati”, preparato dalla Commissione Teologica Internazionale e approvato da Papa Benedetto XVI il 19 aprile, si conferma che i bambini che muoiono senza Battesimo sono destinati al paradiso.

    In questo contesto viene superata la tradizionale concezione del limbo (luogo in cui i bimbi non battezzati vivono per l'eternità senza comunione con Dio) perché riflette “una visione troppo restrittiva della salvezza” e si sostiene la tesi che sottolinea come la misericordia di Dio “vuole che tutti gli esseri umani siano salvati”.

    A questo proposito, gli esperti della Commissione Teologica hanno scritto che riflettendo sulla misericordia di Dio “la nostra conclusione è che i molti fattori che abbiamo considerato (…) danno serie basi teologiche e liturgiche alla speranza che i bambini morti senza battesimo siano salvi e godano della visione beatifica”, anche perché l’esclusione di bambini innocenti dal Paradiso non sembra riflettere lo speciale amore di Cristo per “i più piccoli”.

    Ampi stralci del documento sono stati pubblicati dall’agenzia dei Vescovi statunitensi, Catholic News Service (CNS), mentre la versione integrale sarà pubblicata in lingua italiana il 5 maggio dalla “Civiltà Cattolica”, rivista quindicinale della Compagnia di Gesù.

    La Commissione Teologica Internazionale ha cominciato a studiare la questione del limbo nel 1994, quando era presieduta dall’allora Cardinale Joseph Ratzinger, che già nel 1984 aveva espresso il suo parere personale secondo cui avrebbe lasciato “cadere questa che è sempre stata solo una ipotesi teologica”.

    Quella del limbo è un’ipotesi che ha avuto origine nel XIII secolo, e che si è poi radicata nella tradizione. Sostiene l’esistenza di un luogo, il limbo appunto, in cui si trovano i bimbi che muoiono senza essere battezzati.

    Dal punto di vista catechetico il limbo compare nel Catechismo del 1904 di Pio X, ma non c’è nel catechismo del 1992, firmato da Giovanni Paolo II.

    La Commissione Teologica Internazionale ha rilevato come i vari Pontefici e Concili siano stati sempre attenti a non definire il limbo come questione dottrinale, lasciando la questione aperta.

    Il documento firmato dal Pontefice precisa che con questo atto si risolve un “problema pastorale urgente”, perché si assiste ad un incremento dei bambini che muoiono senza aver ricevuto il Battesimo, soprattutto l’enorme numero di bambini che sono “vittime di aborti”.

    Secondo la teoria tradizionale i non battezzati erano destinati al limbo, ma il documento precisa che “i bimbi non pongono alcun ostacolo personale nella via della grazia redentrice”; per questo motivo “Dio può sempre dare la grazia del battesimo anche senza che sia conferito il sacramento, e questo va considerato in particolare quando il conferimento del battesimo fosse impossibile”.

    Il documento pontificio riprende e sviluppa quanto il Catechismo della Chiesa Cattolica ha scritto al numero 1261: “Quanto ai bambini morti senza Battesimo la Chiesa non può che affidarli alla misericordia di Dio, come appunto fa nel rito dei funerali per loro. Infatti la grande misericordia di Dio che vuole salvi tutti gli uomini e la tenerezza di Gesù verso i bambini che gli ha fatto dire ‘lasciate che i bambini vengano a me e non glielo fa impedire’ (Mc 10,14) ci consentono di sperare che vi sia una via di salvezza per i bambini morti senza battesimo”.

    FONTE: Zenit, 22.4.2007

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    Esistenza del Limbo: tentativo di conciliazione

    Francesco Raiola


    23/04/2007

    Benedetto XVI mentre battezza un neonato

    §131. E' grave danno esser fuori dalla Chiesa?
    Esser fuori dalla Chiesa è danno gravissimo, perchè fuori non si hanno nè i mezzi stabiliti nè la guida sicura alla salute eterna, la quale per l'uomo è l'unica cosa veramente necessaria.
    §132. Chi è fuori dalla Chiesa si salva?
    Chi è fuori dalla Chiesa per propria colpa e muore senza dolore perfetto, non si salva; ma chi ci si trovi fuori senza propria colpa e viva bene, può salvarsi con l'amor di carità, che unisce a Dio, e, in spirito, anche alla Chiesa, cioè all'anima di lei.

    Si tratta di affermazioni del «Catechismo di san Pio X»; lapidarie, sintetiche, chiarissime.
    Di limpidità cristallina, enunciano verità semplici ed eccelse.
    Alla luce di tale contenuto, cerchiamo di gettare luce sulla recente vicenda relativa alla «smentita» del Limbo.
    Occorre subito chiarire preliminarmente una cosa: la Commissione teologica che ha espresso il «verdetto» non ha assolutamente alcun potere vincolante per il fedele; anche se si tratta, infatti, di un'autorevole studio condotto dalla Santa Sede ed approvato dal Pontefice, esso non appartiene al novero del Magistero ecclesiastico (né ordinario né straordinario); e questa certezza la otteniamo riflettendo su un fatto (indubitabile): i prelati, in questa occasione, non stanno «insegnando la verità», come da ordine evangelico, ma stanno semplicemente «discettando su ipotesi teologiche»; è chiaro che queste conclusioni potranno in seguito avere dei riflessi sull'insegnamento ecclesiastico, ma, per ora, non è così.
    Questo, tanto dovuto per chiarezza; così capiamo di cosa stiamo parlando.
    Ora, premesso ciò, entriamo nel merito dell argomento e facciamolo partendo dagli stralci del documento redatto di cui siamo in possesso (la prossima integrale pubblicazione è prevista infatti per il 5 maggio 2007) e riservandoci di eventualmente smentire quanto qui sostenuto, successivamente alla lettura di tutto il documento.
    «La nostra conclusione - si legge nel testo di cui pubblica ampi stralci l'agenzia dei vescovi americani CNS - è che i molti fattori che abbiamo considerato (...) danno serie basi teologiche e liturgiche alla speranza che i bambini morti senza battesimo siano salvi e godano della visione beatifica». (1)

    Come è evidente, dal tenore delle asserzioni sopra riportate, nel testo, in realtà, non emerge con chiarezza un'idea certa e definitiva pronunciata in ordine ad una verità rivelata.
    Si sostiene, infatti, che vi siano molti indizi (molti fattori che abbiamo considerato), da cui scaturiscano sospetti (basi teologiche), per arrivare ad una conclusione per nulla risolutiva (… «la speranza che i bambini morti senza battesimo siano salvi e godano della visione beatifica»); tra l'altro, tale evanescenza emerse anche da una dichiarazione (del passato ottobre) di monsignor Bruno Forte (membro della Pontificia Accademia Teologica): «Il peccato originale è una realtà che realmente segna la fragilità della condizione umana; il battesimo è necessario per rimuoverlo, ma nel caso di un bambino che non è stato battezzato, senza alcuna sua colpa, il potere salvifico di Cristo dovrebbe prevalere sul potere del peccato». (2)
    L'uso del condizionale (dovrebbe prevalere) lascia pensare che stiamo davvero nel campo delle ipotesi teologiche e non in quello delle definizioni dogmatiche.
    Ma allora, cosa è cambiato?
    Se il Limbo era soltanto una mera ipotesi teologica, l'attuale costruzione dottrinale non chiarisce molto di più, si limita soltanto a «spostare» il problema in un diverso orizzonte, ma non lascia la mente sgombra da dubbi.
    Cosa dobbiamo credere, dunque?
    Certamente i passi del Catechismo di san Pio X, riportati in testa all'articolo, ci danno un lume.
    Occorre credere, innanzi tutto, che fuori della Chiesa non v'è salvezza; che l'unica via attraverso la quale l'uomo possa accedere al mistero di Dio, possa entrare per le porte del paradiso è Cristo stesso, vivo e vivente nella sua santa Chiesa.
    Coloro che si salvano - tutti (credenti o non credenti, per ignoranza invincibile) - è dai meriti e per i meriti di Gesù e della sua santa Chiesa che vengono redenti.
    Ma chi ti ha creato senza di te, non può salvarti senza collaborazione.
    Quindi, anche coloro, che fuori della Chiesa - non per propria colpa - si salvano per propria personale adesione a quell'«amor di carità», che, grazie al sacrificio cruento della croce che si effonde sull'umanità decaduta, diviene mezzo per la salvezza del singolo individuo.
    In realtà, è verissima l'asserzione per la quale Dio non è «vincolato ai sacramenti» (chi può sondare le vie misteriose e nascoste per le quali l'Onnipotente possa portare a Sé un'anima?), ma soltanto se giustamente «bilanciata» dalla seria consapevolezza che non ci si possa salvare se non per i sacramenti
    La coerenza della rivelazione ci obbliga a credere questo.

    La Chiesa attualizza il mistero di Cristo, unico redentore dell'umanità, e apre i forzieri del proprio inesauribile tesoro, elargendolo attraverso i segni sacramentali.
    I sacramenti, precisamente, conferiscono la grazia, in una parola, la vita eterna, Dio stesso e la sua vita, così come rivelata e donata da Cristo.
    I sacramenti sono i mezzi visibili per i quali il mistero di Cristo ci tocchi e divenga vita in noi.
    Il sacramento del santo battesimo è, pertanto, assolutamente indispensabile alla salvezza.
    Sappiamo infatti che il peccato originale, pur essendo un peccato contratto «per discendenza», è capace di macchiare l'anima e di separare da Dio, eternamente.
    Come è possibile, dunque, che ci si salvi e si acceda direttamente in Cielo?
    Il Limbo è spiegazione perfettamente coerente e logica con le premesse enunciate: si ha colpa generazionale, ma non peccato personale; non ci può salvare, ma non si può neppure subìre lo stesso castigo di coloro che hanno reiteratamente peccato personalmente contro Dio.
    E allora?
    Ad avviso di chi scrive, è possibile operare un tentativo di conciliazione tra le «due» opposte posizioni dottrinali: il Limbo, certamente non può essere un'ipotesi liquidata così in fretta; non ci si salva soltanto per il valore infinito del sacrificio di Cristo, ma anche per «l'applicazione» di quel merito all'indegno peccatore; la differenza è sottile, ma è molto suggestiva, perché concerne lo stesso limite che corre tra il «pro multis» ed il «per tutti» pronunciati durante la Transustanziazione.
    Sappiamo che, per volontà di Benedetto XVI, le traduzioni in lingua volgare nel Novus Ordo riportanti il «per tutti» dovranno essere corrette nell'arco di circa due anni e sostituite con il «per molti»; l'argomento teologico sotteso a questa intenzione è proprio quello che presuppone da parte del peccatore la ricezione di questa effusione ed aspersione del sangue preziosissimo di Cristo; Gesù versa tutto il suo sangue, ma se lo si rifiuta, non c'è altro fine se non la dannazione eterna.
    Quanto detto sembra protendere quindi per una nuova conferma del Limbo ed un rifiuto categorico ed in blocco dello studio della Commissione Pontificia; ma non è così.
    Esistono infatti due assiomi importati da ricordare: da un lato, il desiderio del sacramento, che è in grado di supplire, in mancanza d'altro, la stessa efficacia del sacramento stesso, il quale diviene attuale in forza della volontà dell'individuo di ricorrere ad esso come mezzo esclusivo di salvezza.
    E dall'altro, il concetto di «vicariato», che, forse oramai caduto nel «dimenticatoio teologico», conservandosi perfettamente valido, può venirci in aiuto per comprendere.
    I genitori che battezzano un figlio e professano per lui la fede della Chiesa, si fanno vicari del figlio stesso; questo è più che sufficiente affinchè il Battesimo sia validamente conferito in capo al neonato incosciente.
    Questo mistero è grande ed appartiene alla stessa opera salvifica di Cristo, vittima offerta per tutti in espiazione dei peccati.

    Possiamo quindi provare a tirare delle conclusioni: il neonato che dovesse perdere la vita prima del santo Battesimo (o il bimbo che venga abortito nel seno della madre) non potrà salvarsi, se non v'è chi desideri per lui (vicariamente) l'effusione del sacramento.
    I primi ad essere chiamati a ciò sono proprio i genitori.
    Nel caso dell'infanticidio (l'aborto) è difficile pensare che un genitore che decida di togliere la vita ad un figlio lo faccia desiderando per lui quella del cielo, ma è evidente che, come dice la Sacra Scrittura, ove anche una madre si dovesse dimenticare, il Signore non si dimenticherà; quindi è possibile che la preghiera ed il sacrificio delle anime grandi (di tutti i tempi) della Chiesa - coloro che, perfettamente aderite a Cristo, sono una cosa sola con Lui - delle anime sacerdotali ed imperiali, che, vittime per la Chiesa, arrivino ad ogni dove, possano «supplire» in qualche modo, intercedendo per ogni bimbo non battezzato, e, soltanto come Dio sa, ottenere dalla misericordia del Padre l'effusione del sangue di Gesù, senza il quale nessuno può vedere la luce della vita.
    E' il mistero di Cristo e della Chiesa: Gesù associa a Sé anime che siano con Lui opera di redenzione e di vittimazione a beneficio dell'umanità intera.
    Come è evidente: è sempre e solo la Chiesa a salvare, sempre solo Cristo.

    Francesco Raiola

    --------------------------------------------------------------------------
    Note
    1) tratto da «Il Papa abolisce ufficialmente il limbo», ANSA.it
    2) tratto da «Il Papa: "Il limbo non esiste Dio salva tutti gli esseri umani"», repubblica.it

    FONTE

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    A proposito del Limbo

    Maurizio Blondet


    25/04/2007

    Numerosi lettori mi hanno sollecitato ad esprimere un parere sulla «cancellazione» del Limbo.
    La mia competenza teologica è però nulla o quasi; tutta la questione mi procura però un profondo disagio.
    Io credo - se posso tentare una riflessione, prendetela per quel che vale - che ci sia qui un errore clericale e generale, dovuto allo spirito dei tempi.
    Tale spirito ci ha abituato a trattare certe cose come «diritti», sicchè ci domandiamo se i piccoli morti senza battesimo abbiano o no il «diritto» al paradiso, o peggio se Dio abbia il «diritto» di confinarli nel Limbo, se Dio non sia «ingiusto».
    Noi, oggi, pensiamo che una legge che non conceda «diritti» si possa cambiare a maggioranza, e che questo cambiamento possa avvenire arbitrariamente, come la concessione del «diritto» alle nozze per i gay…
    Invece, per i dottori della Chiesa, il mondo dell’aldilà è fondamentalmente oggettivo, più e quanto quello materiale.
    In qualche senso, il bambino morto senza battesimo è ancora un essere soltanto «naturale», il cui destino post-mortem seguirà quello degli esseri naturali, tutti feriti dal peccato originale.
    Il battesimo invece è una seconda nascita, che oggettivamente apre ad un destino soprannaturale.
    Come ogni altro sacramento che dà un carattere indelebile (Cresima, Ordine) esso è una iniziazione che apre ad un grado di superamento della natura umana, in termini di una «realizzazione dell’essere».
    Il bambino battezzato, se muore, muore in grazia, «curato» del peccato originale, e ciò oggettivamente, come un malato di malattia batterica viene «oggettivamente» guarito da un antibiotico.
    Il bambino non battezzato resta oggettivamente diminuito, malato per l’aldilà.
    Questo credevano i padri che inventarono, se così si può dire, il Limbo.
    Temo che la correzione odierna sul Limbo si iscriva in una generale confusione di cosa sia la salvazione.
    Certo, essa non è possibile senza i sacramenti; ma persino i sacramenti aprono alla salvezza in forma virtuale; l’uomo a cui Dio concede la prova di vivere deve poi «realizzare» in sé la potenzialità.
    Non c’è manica larga, perchè non è oggettivamente possibile, senza la interiore metanoia, conversione profonda dell’essere.

    Dio stesso non può, credo (oso dire) salvare un peccatore incallito e non pentito.
    L’invisibile ha le sue «leggi» come il mondo di qua ha oggettive, per esempio, leggi della fisica e della chimica.
    E come nell’aldiquà chi vuol essere muscoloso deve sollevare pesi (non può, se non fatica), così ci sono metodi accertati per diventare degni della salvezza; anzi, non degni, perché qui non si tratta di «diritto» e di «merito», ma ancora di qualche cosa di oggettivo.
    Quali metodi?
    Senza pensare ad una specie di yoga, è indubbio che ogni santo che abbia fondato un ordine o una confraternita ha indicato metodi, vie spirituali, adatte al tipo umano che l’ordine attrae: gli esercizi di Loyola sono un metodo, la «Imitazione di Cristo» è un metodo, il «cammino» di monsignor Escrivà è un metodo.
    Non si tratta di yoga, perché questi metodi si riducono, con accentuazioni di una o dell’altra delle virtù teologali, con appoggi a specifici sentimenti (la compassione bruciante per i peccatori in padre Pio, la pietà attiva per gli ultimi in madre Teresa, lo spirito militare di sacrificio in Loyola) ad uno solo: morire a se stessi, e nel cristianesimo morire per amore.
    Il metodo dei metodi è ciò che dice Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Dio vive in me».
    Da questa frase, esattissima e profonda insieme, si intuisce che cosa sia la santità: il santo è «già» nel paradiso, perchè è «diventato» il Paradiso anche nella sofferenza dell’aldiquà.
    Perché già la sua natura umana («io») è diventata sopra-natura, e perfino contra-natura, dato che la Carità in cui Cristo ci ha preceduto, lasciandosi crocifiggere, è contraria all’istinto di conservazione, alla voglia di godere e di piacere.
    Se ci fosse un altro mezzo più facile, Cristo stesso l’avrebbe indicato; evidentemente, passare la porta stretta è una necessità oggettiva.
    L’Amore supera ogni preteso «diritto», però.
    L’intercessione di Cristo e di coloro che hanno «completato ciò che manca alla grazia di Cristo» volontariamente facendosi corredentori, può compiere miracoli di cui non sappiamo nulla, come nulla sappiamo del rapporto che i bambini non-battezzati, innocenti sacrificati, possano stabilire con Gesù nel dramma della morte.
    Sappiamo per fede che Dio non lascia nessuno privo di possibilità.
    Sappiamo che il Suo regno ha molte dimore.

    Personalmente, così mancante come sono in carità, la sola cosa che conta, spero in una dimora anche piccola e lontana, purchè nella salvezza.
    Intuisco che il mio destino di battezzato, comunicato e cresimato possa essere infinitamente peggiore del limbo: mi è dato un tempo, e lo sto sprecando.Chiedo a Dio la grazia di vedere, di «essere», ed intanto ho paura di soffrire e voglio godere.
    Quanti di noi sono in questo stato?
    Oggettivamente, non siamo «reali».
    Possiamo invocare la compassione di Dio?
    Servirà, dato che entrare o no nel «Paradiso» è un fatto oggettivo?
    D’altra parte, Dio è onnipotente, ed è radicalmente Misericordia…
    Forse bisogna concludere che non sappiamo nulla, e che dobbiamo fare di più, invocando e piangendo per smuovere la sua compassione.
    Aggiungo due cose che so pericolose.
    L’idea che per il santo l’aldilà sia già l’aldiquà è adombrata nel detto buddhista per cui il Samsara è il Nirvana stesso, visto e vissuto da chi «non trema più»: san Francesco che ringrazia Dio per l’acqua e per «sora nostra morte corporale» è già nella beatitudine, mentre soffre ancora qui.
    Santa Bernadette che negli ultimi istanti ringrazia per la sua malattia, «le piaghe di fuoco e di fumo», per il giorno doloroso in cui suo papà vedendola vestita da suora, intimidito, le diede del voi anziché chiamarla «figlia mia», ha raggiunto lo stato dell’essere in cui il «samsara» (il dolore desiderante, insito nel vivere naturale) è identico al «nirvana» (dove tutto è perfetto e sensato, anche il dolore); è lo stesso concetto per cui non basta «accettare» la croce, bisogna «amare» la croce.
    Dire infinitamente sì alla sua volontà.

    Altro caso pericoloso: metodi ascetici oggettivi sono conosciuti anche nell’Islam.
    Ogni confraternita islamica fornisce a chi vi è affiliato una grazia, ma insegna anche una via di superamento di sè.
    Possono esservi anche vie aberranti, che portano all’abisso.
    Ma in ogni caso, mi pare che le sole religioni radicalmente «false» siano quelle che non comportano una via, per le quali la grazia «basta».
    Come quella il cui fondatore predicò «pecca fortiter sed crede fortius», quella stessa che indica come segno di predestinazione alla salvezza il successo negli affari.
    E questa religione osa dirsi anche cristiana.
    In questo senso credo che buddhisti e musulmani - se spiritualmente onesti - siano più vicini a Cristo dei luterani.

    Maurizio Blondet

    FONTE

 

 
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