Il riscaldamento globale è la religione dei nostri tempi
N. 52 – 14 marzo 2007**
IBL Focus
di Richard Lindzen *
Il mondo è destinato alla catastrofe ambientale. O
almeno, questo è quanto ci viene incessantemente
ripetuto da politici e sedicenti esperti. Costoro ci avvertono
che, se non saremo capaci di attuare drastici
cambiamenti, la Terra verrà devastata dai mutamenti
del clima e dal riscaldamento globale.
Intere specie andranno perdute, le coltivazioni saranno
annientate, alluvioni e carestie spazzeranno il pianeta
e le economie del mondo occidentale precipiteranno
nella più nera delle recessioni.
Come tutti sanno, vi sono state numerose profezie di
sventura su scala globale. Tra di esse, forse nessuna ha
raggiunto le vette retoriche del rapporto di Sir Nicholas
Stern sulle conseguenze economiche del mutamento
climatico. Con una convinzione scevra da dubbi,
l’autore afferma che: «Le prove scientifiche sono ormai
preponderanti. Il cambiamento del clima presenta gravissimi
rischi su scala globale ed esige una urgente risposta
sulla medesima scala».
Lo studio, commissionato dal governo britannico nel
luglio del 2005 e pubblicato con grande clamore nell’ottobre
del 2006, appariva particolarmente autorevole,
in quanto Stern, Direttore del Government Economic
Service, è uno dei funzionari statali di maggior
livello in Gran Bretagna.
Le sue conclusioni, inoltre, apparivano estremamente
solide dal punto di vista scientifico, giacché la ventina
di funzionari incaricati di stilare il rapporto aveva
consultato una vastissima gamma di dati e studi pubblicati.
Tony Blair ha definito il rapporto Stern come il documento
più importante mai realizzato nel corso dei
dieci anni del suo mandato come Primo Ministro e ha
fatto un appello affinché il piano d’azione delineato nel
rapporto, che prevede una maggiore regolamentazione
e un aumento della tassazione, venga adottato in toto.
«Questo disastro non si verificherà in un lontano futuro
fantascientifico, ma nel corso della nostra vita» ha
detto Blair, che ha proseguito affermando che «al mondo
non esiste un problema più grave, più urgente e più
arduo da affrontare del mutamento climatico».
Tutto ciò ha contribuito a far sì che il rapporto Stern
si trovasse al centro del dibattito. Il leit motiv del rapporto
consiste nell’asserzione che nella comunità scientifica
esista un consenso pressoché unanime in merito
ai pericoli posti dal cambiamento del clima. Questa
asserzione, in realtà, è falsa: tra gli scienziati non esiste
alcuna unanimità.
In tutte le 550 pagine del suo rapporto, Stern mostra
una baldanzosa sicurezza, come se in merito alle questioni
affrontate non esistesse alcun dubbio.
E tuttavia, questa sicumera non è in alcun modo giustificata
dalla realtà scientifica. Per Stern e i suoi alleati
politici sarà una scomoda verità, ma in realtà i fatti
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concreti a sostegno delle sue tesi di così ampio respiro
sono a dir poco esigui.
In una recente dichiarazione, Stern ha candidamente
ammesso che, quando il governo britannico gli ha
commissionato lo studio, aveva una vaga idea di cosa
fosse l’effetto serra, ma non era del tutto sicuro.
Questa incapacità di comprendere la scienza del clima
traspare da ogni pagina del rapporto. Stern equivoca
il significato dei dati, distorce le prove al fine di conformarsi
ai dogmi dei suoi mandanti politici, spara più
o meno a casaccio cifre di ogni tipo, suscita allarmismo
invece di favorire una discussione razionale e inventa
di sana pianta la storia del clima terrestre.
Il rapporto Stern è costellato di fondamentali errori
concettuali. L’autore sembra essere convinto che la
previsione del clima sia una scienza ormai matura, nata
sul principio del Diciannovesimo secolo. Questo abbaglio
è certamente la causa del tono di certezza dei suoi
pronunciamenti.
In realtà, quella della previsione del clima è una disciplina
relativamente recente, nata da pochi decenni
grazie, almeno in parte, allo sviluppo dei calcolatori
elettronici.
Non vi sono certezze sul passato, né tanto meno sul
futuro. Stern dichiara baldanzosamente che l’innalzamento
delle temperature globali recentemente registrato
non ha precedenti negli ultimi mille anni di storia.
In realtà non è possibile avere alcuna certezza in merito,
in quanto i dati relativi ai secoli passati sono del
tutto inaffidabili.
Nella migliore delle ipotesi, abbiamo a disposizione
misure accurate per gli utlimi cinquant’anni. Le sole
misurazioni attendibili della temperatura su scala globale
sono fornite dai palloni meteorologici, a partira
dal 1958 e dai sistemi di misurazione a microonde, a
partire dal 1978.
I dati desunti da questi sistemi indicano una blanda
tendenza al riscaldamento, ben lungi dall’avvicinarsi
alle profezie apocalittiche di Sir Nicholas.
Per giunta, questa leggera tendenza potrebbe tranquillamente
essere causata da irregolarità, quali eruzioni
vulcaniche o fenomeni meteorologici come El Niño
(consistente in una considerevole fluttuazione delle
temperature oceaniche del Pacifico, che ha conseguenze
sul clima).
A sostegno delle sue cupe profezie, Stern – come tutti
i fanatici del riscaldamento globale – ignora tutte
le prove che non si adattano alla sua ideologia. Stern
glissa sul fatto che, sulla base di una serie di resoconti
storici, nel Medioevo l’Europa era decisamente più
calda di quanto non sia oggigiorno, mentre nel Diciassettesimo
secolo la temperatura era inferiore, causando
la cosiddetta “Piccola Era Glaciale”, durante la quale
spesso il Tamigi rimaneva gelato per mesi di fila.
Stern, peraltro, parla di un «notevole scioglimento
dei ghiacci e un aumento del ghiaccio galleggiante nelle
acque circostanti la Groenlandia, causato dall’innalzamento
globale della temperatura».
Con tutto ciò, diversi studi scientifici di impeccabile
serietà hanno mostrato come in realtà la massa della calotta
glaciale della Groenlandia si stia ampliando, mentre
Stern, per giunta, omette il fatto che oggigiorno le
temperature della Groenlandia sono inferiori a quelle
registrate nel 1940 e hanno esibito variazioni minime
dagli anni Ottanta del Settecento, quando iniziò la registrazione
di tali misurazioni.
Agli ambientalisti piace toccare le corde più sentimentali,
mostrando immagini di orsi polari in affanno
su ghiacci che, ci viene detto, sono sempre più ridotti.
Quello che non ci viene detto è che oggi si stima che vi
siano 22.000 orsi bianchi, rispetto ai 5.000 del 1940.
Peraltro non possiamo essere certi che i mutamenti
di lungo periodo del clima siano dovuti all’umanità.
Esistono svariate altre possibili spiegazioni; tra di esse,
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ad esempio, vi è l’ipotesi che la causa principale del
mutamento climatico siano le radiazioni solari.
In effetti il clima può fluttuare anche in assenza di
una qualsivoglia causa esterna, altra considerazione
bellamente ignorata dal rapporto Stern, che preferisce
ripetere l’idea di moda che il capitalismo occidentale
sia l’unico responsabile di ogni siccità e ogni disastro
che si abbatte sul pianeta.
Peggio ancora, Stern non tiene in nessuna considerazione
la capacità dell’umanità di adattarsi all’ambiente
e di migliorarlo. Sarebbe difficile mettere in discussione
l’asserzione che, più di un secolo dopo il culmine della
Rivoluzione industriale, la Gran Bretagna è oggi un
Paese più pulito, più sano e meno inquinato di quanto
non fosse sul finire dell’epoca vittoriana, quando imperavano
smog, malattie e bassifondi degradati.
La scienza autentica consiste nel raccogliere dati e nel
mettere alla prova le proprie teorie, e non nel fare da
claque per questa o quella ideologia.
È questo l’aspetto che più turba dell’attuale dibattito
in tema di riscaldamento globale. Il salutare scetticismo,
che dovrebbe trovarsi al cuore di ogni indagne
scientifica, viene trattato con disprezzo.
Lungi dall’essere il solido capolavoro che vorrebbe
Blair, il rapporto Stern è manifestamente inadeguato.
Si tratta di una ripetizione del “dodgy dossier” (il famoso
rapporto dei servizi segreti britannici che asseriva
l’esistenza di arsenali di armi di distruzione di massa
nell’Iraq di Saddam Hussein), nel quale ogni asserzione
viene presentata come se fosse un fatto assodato e i
dati vengono distorti per favorire un ben preciso obiettivo
politico.
Personalmente sono d’accordo con quell’economista
che ha osservato: «Se un mio studente mi presentasse
questo rapporto per la sua tesi di Master, se fossi di
buon umore gli darei un voto appena sotto la sufficienza
per l’impegno dimostrato, ma più probabilmente lo
cestinerei senza tanti complimenti».
Ormai ci stiamo allontanando dalla scienza per entrare
nel regno del fanatismo religioso, dove i seguaci
della fede, colmi di indignazione e certi della propria
rettitudine, sono convinti di possedere una verità superiore.
Come una religione, l’ambientalismo è pervaso da
un odio per il mondo materiale e, come la religione,
pretende dai suoi seguaci devozione, e non rigore intellettuale.
L’ambientalismo non tollera il dissenso: chi mette in
dubbio le profezie di sventura viene considerato alla
stregua di un eretico, di qualcuno che “nega il mutamento
climatico”, per servirsi di un’espressione ormai
comune e che riecheggia l’accusa di “negare l’Olocausto”.
Inoltre, proprio come avviene per numerose religioni,
la via per la salvezza consiste nell’esecuzione di rituali
superstiziosi, come sostituire una lampadina con
una a basso consumo o piantare un albero dopo un
viaggio in aereo.
L’aspetto veramente tragico, tuttavia, è in modo in
cui questa ideologia di dubbio valore ha raggiunto una
prosizione predominante nella nostra vita pubblica.
I politici adorano l’ordine del giorno dei verdi, com’è
ovvio che sia, in quanto seguirne le raccomandazioni
significa più controlli, più regolamentazione, più tasse,
più incontri al vertice e più occasioni di mettere in mostra
con il dovuto sussiego il proprio zelo.
La tragedia è che gente come Sir Nicholas Stern si
serva di una scienza fasulla per perseguire i propri scopi.
* Richard Lindzen è Ordinario di Meteorologia presso il
Massachusetts Institute of Technology.
** Questo articolo è apparso originariamente l’8 marzo
2007 sul quotidiano londinese Daily Mail con il titolo
“Global Warming: The Bogus Religion of Our Age”.
Il FOCUS è liberamente scaricabile: http://brunoleoni.servingfreedom.net...52_Lindzen.pdf
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Segue una interessante pagina di approfondimento sul tema del Think Tank Torinese
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