Originariamente Scritto da
Emiliano
Soldati israeliani a Budapest
Maurizio Blondet
13/03/2007
Il premier socialista Ferencz Gyurcsany a colloquio con George W. Bush
BUDAPEST - Ufficialmente il governo ha parlato di «delegazione militare».
Ma agli ungheresi è parsa una delegazione un po' troppo affollata: duecento soldati israeliani.
Sono arrivati dall'aeroporto in due pullman a finestrini ciechi fino alla sinagoga centrale di Budapest, un enorme edificio che occupa un intero isolato.
Lo squadrone della Israeli Defense Force è entrato dal garage nell'edificio, e apparentemente sono ancora lì dentro. (1)
Non a pregare.
Apparentemente, aspettano il 15 marzo, giorno storico della liberazione dell'Ungheria dall'Austria (1848).
Si temono manifestazioni come quelle esplose nel settembre scorso contro il governo ungherese di Ferencz Gyurcsany.
Come si ricorderà, Gyurcsany fu sentito dire ridacchiando a microfoni aperti che per vincere le elezioni aveva dovuto mentire «giorno e notte».
Uno scherzo troppo pesante per gli ungheresi, che accusano questo individuo di avere svenduto il paese al «capitale straniero».
Nel culmine dei disordini, il 23 settembre, un aereo da trasporto con la stella di Davide scese all'aeroporto di Budapest, pronto si dice a portare in salvo in USA o in Israele il primo ministro e la sua famiglia, se la rivolta diventava una rivoluzione.
La calma non è tornata.
Il governo aumenta le tasse, il costo della vita cresce, il potere d'acquisto cala.
Gli ungheresi continuano a dire che Giyurcsany sta ancora svendendo pezzi del patrimonio pubblico, aziende municipali di servizio pubblico, l'aeroporto e persino 300 ospedali al «capitale straniero».
Sulle riviste ebraiche di Israele e degli USA, si dice che queste continue allusioni al capitale straniero nascondono forti sentimenti antisemiti.
La comunità ebraica è stata invitata dai rabbini a prendersi una vacanza all'estero il 15 marzo, che coincide anche con Purim.
Evidentemente il «capitale straniero» ha mandato le truppe per proteggere i suoi investimenti.
Tra le voci che circolano nella capitale che fu teatro dell'eroica rivoluzione anticomunista, una cinquantina di quei 200 sarebbero franchi tiratori, cecchini pronti ad appostarsi sui tetti per controllare la folla che si riunirà il 15 marzo.
Quanto al governo, mette in giro altre voci: che gruppi di manifestanti, fascisti, stanno ricevendo armi da fuori.
I cecchini di Tsahal potrebbero anche provocare qualche morte di troppo, sì da giustificare una repressione sanguinosa?
Strane ore scorrono a Budapest.
Da un lato, a molti, ricordano un passato tragicamente sinistro: il 1919, quando il partito comunista ungherese, sotto Bela Kun (alias Abel Cohen) dichiarò una repubblica sovietica di breve durata, ma che instaurò il terrore rosso nei suoi 133 terribili giorni di esistenza: ci furono 590 esecuzioni capitali senza processo.
Quel governo era costituito, oltre che da Kun, da S. Gusev e da V. Frunze, un triumvirato totalmente ebraico-russo.
Faceva parte del giro l'ebreo Georgy Lukacs, il critico letterario del sovietismo.
Il triunvirato giudeo-bolscevico fu cacciato con l'aiuto dell'ammiraglio Horty, l'uomo forte romeno.
(...)
Maurizio Blondet