Dieci febbraio, “Giornata del ricordo”
L’altra faccia, tutta italiana, del 27 gennaio, “Giornata della memoria”
Con la legge n. 92 del 30 marzo 2004 il Parlamento italiano ha raccolto l’invito del Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi a “intraprendere una profonda opera di recupero della propria memoria storica per addivenire ad una effettiva unità ed identità condivisa” e rinnovare perciò la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle FOIBE, dell’ESODO dalle loro terre degli Istriani, Fiumani e Dalmati nel secondo dopoguerra attraverso l’istituzione di una giornata a loro dedicata.
Ma istituire ufficialmente un giorno per ricordare non significa molto se non si riempe la forma di contenuti e personalmente credo che passerà molto tempo prima che una delle pagine più efferate nella nostra storia di Italiani trovi la giusta considerazione.
Non voglio qui attizzare polemiche a sfondo politico, la mia stessa deontologia professionale non me lo permetterebbe, ma è un fatto che per più di cinquant’anni la stragrande maggioranza del paese ha ignorato vicende che hanno colpito la nostra italianità e gli stessi libri di storia hanno saltato il problema FOIBE ed ESODO ITALIANO o l’hanno sorvolato rapidissimamente e liquidato con poche parole come fosse solo un semplice episodio di guerra.
Ma i fatti non cessano di esistere perché, volutamente o meno, vengono fatti scivolare nell’oblio e per fortuna negli ultimi dieci anni la storia, quasi a prendersi una rivincita, è emersa lentamente attraverso la stampa indipendente e anche un recente sceneggiato tv come “Il cuore nel pozzo” ha avuto il merito di contribuire a far conoscere questa realtà al grande pubblico, pur essendo accompagnato dalla solita bagarre.
Divulgare sempre più questa Storia, dovrebbe avere il senso oggi di essere un omaggio al popolo d’Istria, della Venezia Giulia, di Fiume e della Dalmazia, un popolo italiano nel sangue e nell’anima che fu disperso, senza più la sua terra, le sue radici; di rendere omaggio a più di ventimila vittime (e sono solo dati ufficiosi) infoibate e ai 350.000 vivi allontanati dalle lorocase e che non possono dimenticare.
Ma per me, che insegno storia ed insegno -o spero di farlo- ai miei ragazzi ad essere obiettivi, a pensare con le loro teste, a non farsi fuorviare da nessuna impostazione ideologica precostituita, far conoscere questa pagina è anche e soprattutto divulgare una verità indispensabile per formarli al concetto stesso di Giustizia: non esistono crimini di destra o di sinistra. Esistono crimini contro l’umanità e basta. Tutti ugualmente esecrabili, tutti da conoscere e da condannare….
La verità lungamente negata, insabbiata o ridimensionata è che tra il '43 e il '45 tutto un popolo italiano ha dovuto abbandonare la sua terra natale nelle province allora italiane di Pola, Fiume, Zara per sfuggire al processo di snazionalizzazione di quei territori da parte del Maresciallo Tito, poi a capo della Repubblica Socialista Jugoslava fino al 1980.
Fu un vero massacro, una pulizia etnica e non politica iniziata in Istria dopo l’armistizio dell’8 settembre del 43 e continuata fino al maggio del 45 quando le truppe titine invasero la Venezia Giulia spingendosi fino alle porte di Udine.
Le foibe, per quei pochi che non ne ricordano il signifcato, sono voragini di natura carsica, presenti in tutta la Venezia Giulia, profonde anche 200 metri, per cui far precipitare in esse la gente costituisce uno dei metodi più sbrigativi per farla sparire senza lasciar traccia. Solo da alcune, perché nella stragrande maggioranza dei casi non è possibile calarvisi dentro, sono state estratte le salme, a grappoli, a partire dal '43.
I prigionieri avevano i polsi legati con filo di ferro, incatenati gli uni agli altri. Spesso era solo il primo della colonna ad essere ucciso e, scaraventato dentro, si trascinava gli altri vivi e destinati ad una morte atroce. Le fotografie ed i filmati d’epoca documentano un agghiacciante genocidio e mostrano vittime già in precedenza torturate e orrendamente sfigurate, nude per evitare ogni possibile riconoscimento.
A volte si estraevano anche i resti di cani che secondo una credenza dovevano servire per fare da guardia alle anime degli infoibati ed impedire di uscire a perseguitare i loro carnefici.
Norma Cossetto
Il caso di Norma Cossetto, studentessa universitaria di appena 23 anni, violentata da 17 partigiani titini, mutilata al seno, pugnalata e infoibata agonizzante è l’emblema di una mattanza senza plausibili giustificazioni, così come assurda appare la morte del sacerdote Angelo Tarticchio ritrovato nella foiba di Vines con i genitali in bocca e, supremo atto di scherno, con una corona di spine in testa o quella di Giuseppe Cernecca, segretario di un Comune, arrestato, torturato, lapidato e poi decapitato perché aveva in bocca due denti d’oro che furono estratti da un orologiaio. La sua testa servì -ad orrore si aggiunge l’orrore- per far giocare a pallone i suoi aguzzini.
E’ la guerra, si potrebbe obiettare, sono solo casi sporadici perpetrati da feroci delinquenti, ma le vittime, non solo infoibate, furono migliaia, quindicimila, ventimila, forse molte di più. Per chi si interroga sulle motivazioni di queste atrocità può valere come risposta quanto detto, nel corso di una pubblica intervista del 21 luglio 1991 da Milovan Gilas, braccio destro di Tito. “Nel 1945 io e il Ministro degli Esteri Edward Kardelj fummo mandati da Tito in Istria. Era nostro compito indurre tutti gli italiani ad andar via con pressioni di ogni tipo. E così fu fatto”.
Mi sembra doveroso ribadire che si è trattato di una pulizia non politica, ma etnica, perché è stata compiuta un’eliminazione fisica di Italiani da parte di Slavi e non di fascisti da parte di comunisti come evidenziato dalla sintesi storica. D’altra parte i fascisti erano già scomparsi dal maggio del 45. Sono le foibe a conservare il segreto del numero reale delle loro vittime, non solo persone che rappresentavano lo Stato Italiano, ma gente comune, uomini donne, bambini; un numero impressionante che si accompagna a quello degli affogati con una pietra al collo o a quello degli spariti nei campi di concentramento slavi o dei fucilati.
Ma questi eventi così luttuosi furono seguiti da un altro altrettanto drammatico: l’esodo. Quando nel '47 l’Istria passa alla Jugoslavia, il Popolo Istriano, Fiumano e Dalmata (una parte del quale si era già rifugiato in Italia a partire dal '43) decide di non voler diventare cittadino jugoslavo e su 400 mila abitanti ben 350 mila abbandonano case, averi, tutto; significativo il caso di Pola che fu abbandonata da 28 mila abitanti su un totale di 30 mila e che Tito trovò praticamente vuota.
La paura dell’infoibamento, della delazione, delle fucilazioni facili, dei licenziamenti, delle angherie, delle confische, delle espropriazioni di ogni tipo di bene individuale, in una parola il terrore, spinse tutto un popolo vissuto in armonia anche plurietnica a cercare asilo in un’Italia sentita come patria e in cui venne disperso in 120 campi profughi e non sempre nell’ottica dell’accoglienza.
Molti emigrarono verso altri paesi d’Europa, nelle due Americhe, in Canada, persino in Australia e per loro l’esodo divenne diaspora; per altri si trattò di restare cinque, ma anche dieci anni in baracche, campi dismessi di prigionia, caserme abbandonate prima di riannodare faticosamente i fili di una vita normale in terra italiana.
Drammatico anche il destino di chi rimase e si ritrovò esule nella propria terra, con l’obbligo di parlare una lingua non propria, senza le proprie istituzioni o la libertà di praticare il proprio culto. Una tragedia dunque non politica, ma umana. E una tragedia taciuta per tanti, troppi anni.
Solo nel 1991 il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga si reca sulla foiba di Basovizza, vicino a Trieste, seguito da Luigi Scalfaro nel 1993.
Piero Fassino, segretario Politico Nazionale dei D.S. nel suo libro “Per Passione” scrive che “le forze democratiche e la sinistra per ragioni di realismo politico rimuovono del tutto l’Esodo...; Stelio Spadaro, già segretario del PCI e del PDS triestino, nel 96, dalle colonne dell’Unità invitava il partito ad una severa autocritica e affermava: “negli anni 43 e 45 il comunismo italiano diede copertura e legittimazione alle foibe…Inoltre agli istriani costretti all’esodo è mancato un riconoscimento morale dell’ingiustizia subita”. E le parole del nostro attuale Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi sono l’importante ultimo riconoscimento di una tragedia che ha colpito tutta l’Italia: “…non si deve dimenticare quel passato. I popoli lo ricordino affinché quelle tragedie non si ripetano...” .
Non dimentichiamo o se non conosciamo, cerchiamo di conoscere. Una nazione senza memoria di sé non è una Nazione. E la storia dei Fiumani, Istriani, Dalmati è storia d’Italia, né i trattati che possono trasferire sovranità possono cancellare questa verità: l’Istria, la Dalmazia, il Quarnaro hanno partecipato per millenni alla cultura e alle vicende d’Italia: dall’epoca romana, al Rinascimento, dall’età moderna con la Repubblica di Venezia e Ragusa fino al Risorgimento e ai due conflitti mondiali.
La Storia deve raccontare fatti e questo inevitabilmente richiama ad una valutazione dei fatti, ma non può per erronei comportamenti ideologici diventare dismemoria. Deve piuttosto prendere la distanza dagli avvenimenti il più possibile e consentire una valutazione serena da parte di chi si avvicina ad essa. Ed è questo, a mio avviso, il senso autentico della Storia necessario per insegnare ai nostri ragazzi a promuovere autenticamente la convivenza pacifica, la collaborazione e la solidarietà in un’Italia democratica, rispettosa delle diversità, ma anche più consapevole della sua unità.
Lucia Vaccarella
da: I.T.I.S. “Luigi di Savoia” – Chieti
Il SAVOIArdo
http://www.itisavoia.ch.it/sito2/ind...=59&Itemid=103
http://www.itisavoia.ch.it/sito2/pdf...do3%20pag1.pdf
http://www.itisavoia.ch.it/sito2/pdf...o3%20pag15.pdf
http://www.itisavoia.ch.it/sito2/pdf...o3%20pag16.pdf
Non posso esimermi dall'aggiungere quanto l'ottima Professoressa Vaccarella ha omesso di "ricordare" nella "Giornata del Ricordo": i sigg. presidenti, dei quali celebra il memore impegno per gli Italiani infoibati, sono nient'altro che complici omertosi del grande inganno in cui, con il loro silenzio, ci fecero vivere per oltre cinquant'anni. Essi, tutti, da Cossiga a Ciampi, ben sapevano che l'altro loro collega, il "più amato", tradì e oltraggiò con cinismo bestiale gli Italiani vivi e morti camminando quasi sulle Vittime, dovendo passarvi accanto per recarsi a baciare il loro infoibatore, a baciare l'assassino dello stesso Popolo del quale il turpe avrebbe avuto il compito istituzionale di rappresentare il Diritto e la Dignità. Ma tacquero.
Furono complici omertosi tutti i presidenti della repubblica, interessatamente, giacchè all'infoibatore dovevano la riconoscenza per il grande aiuto prestato nel ricatto al nostro Sovrano, ricatto che si concluse con l'imposizione della repubblica, madre delle loro carriere politiche.